Presentatosi appena in sul palco quel personaggio, un enorme applauso……..
Da un lato quindi Algarotti guarda alle discussioni italiane del primo Settecento, dall’altro egli pubblica il suo scritto in un momento in cui il discorso sul dramma per musica era al centro di un dibattito europeo6, nel quale erano coinvolti in Francia esponenti di primo piano della philosophie; un dibattito che, se riguardava apparentemente il confronto tra i modelli opposti dell’opera francese e dell’opera italiana, segnava una trasformazione radicale del gusto, in nome di una maggiore aderenza della poesia alla natura e all’uomo, in termini laici e illuministici. […] Il dibattito sul teatro musicale che aveva animato le discussioni dell’inizio del secolo si collocava all’interno della riflessione sulla tradizione nazionale ed era strettamente connesso con le questioni che dominano il quadro culturale primo settecentesco: la riforma dei generi letterari, il confronto con la cultura francese, l’eredità della poesia secentista11. […] Nella lettera inviata da Vienna il 9 febbraio 1756 ad Algarotti, Metastasio converge così sul degrado dei gusti del pubblico senza addentrarsi nello specifico delle argomentazioni dell’amico veneziano, che pur riconoscendo la qualità dei testi metastasiani e l’eccellenza dei suoi drammi, delineava un modello di teatro per musica più adatto ai tempi e al costume europeo e che quindi, per questioni organizzative e soluzioni teoriche, andava oltre il modello metastasiano: Ho letto il vostro Saggio; vi ci ho trovato dentro, l’ho tornato a leggere, per essere di nuovo con esso voi; da cui non vorrei mai separarmi. […] La dedica quindi è già un segnale di una diversa destinazione e orchestrazione dello scritto, che si colloca all’interno di un dibattito più ampio sull’organizzazione degli spettacoli teatrali, sul loro ruolo e responsabilità nella società contemporanea, un tema presente fin dalla Introduzione che precede il primo paragrafo dedicato come sempre al Libretto. […] Il testo è notevolmente ampliato, gli argomenti sono corredati da un maggior numero di esempi e approfondimenti e il discorso è più curato e controllato; Algarotti scrive dopo che sono stati pubblicati diversi interventi sul melodramma e intende collocarsi nel dibattito contemporaneo, rivolgendosi a un pubblico più ampio rispetto ai destinatari di ambito più specificatamente veneziano e mitteleuropeo delle redazioni precedenti.
Poichè sul Greco teatro ειδικῷ, formale, preso come spettacolo abbiamo in grazia della gioventù ragionato a sufficienza, non increscerà per diletto ed erudizione, quando per altro non fosse, formarsi di esso una meno confusa idea, considerandone la struttura ύλικην, materiale. […] In Suida troviamo ancora che il gramatico Sosibio Spartano compose un trattato sul genere di commedia usato dalla sua nazione. […] Plutarco nella Vita di Focione racconta ancora di un tragedo che nell’uscire sul pulpito richiese una maschera degna di una regina e un corteggio proporzionato.
Gl’ Inglesi amano sul teatro più a vedere che a pensare. […] Ciò (dice Pietro Baile) viene riferito da Balsac sul testimonio di Camden in una lettera de’ 25 di giugno 1634 scritta al conte di Execester. […] A noi basta ascoltare sul merito di Shakespear i suoi più dotti compatriotti, o i più istruiti stranieri.
Poi qualche riflessione aggiugneremo sul loro stile. […] Perciò i duetti, i terzetti, i quartetti ecc. di questo grand’uomo fanno sì maraviglioso effetto sul teatro. […] È cosa indecente l’udire allora costoro miagolar sul teatro con languidi modi musicali, come avvien tuttavolta. […] Ecco il paragone, sul quale si devono esaminare gli ornamenti che si vogliono dare all’interno de’ teatri. […] Ora questa degradazione di statura e di musica, fece sul teatro il più bel giuoco.
Ognun sà che i primi poeti greci furono insiem sacerdoti, e che eglino medesimi recitavano al popolo i loro componimenti, il qual costume durò sul teatro costantemente fino ai tempi di Sofocle, il primo fra i tragici antichi che cominciasse ad abbandonarlo. […] 31 Basta la semplice esposizione dei fatti per capire quanto la rappresentazione di essi divenga impropria sul teatro, ove la libertà degenera sì spesso in licenza, e l’allegrezza in tripudio. […] L’Angelo Custode è il difensore, e quasi era sul punto d’ottener la liberazione, allorché giugne San Lazzaro, il quale informandosi del giudizio, si volta dicendo: «Che! […] Disputa con lui sull’astinenza, e sull’Incarnazione, sul qual proposito il diavolo cita San Tommaso ed Averroe. […] Se non che l’esempio di questo grande armonista non ha avuta alcuna influenza nell’Italia dove la musica ecclesiastica con discapito della religione, con iscandalo degli esteri, e con irreparabile iattura del buon gusto dura sul medesimo piede dopo due secoli, nonostanti alcune rispettabili eccezioni che, per esser poche, non bastano a derogare al costume generale.
[4.2] Chiunque, in ciò che si spetta alla danza, se ne sta alle valentìe di cotesta nostra e non va col pensiero più là, ha da tenere senz’altro per fole di romanzi molte cose che pur sono fondate in sul vero: quei racconti, per esempio, che si leggono appresso gli scrittori, degli tragicissimi effetti che operò in Atene il ballo delle Eumenidi, di ciò che operava l’arte di Pilade e di Batillo, l’uno de’ quali moveva col ballo a misericordia e a terrore, l’altro a giocondità e a riso, e che a’ tempi di Augusto divisero in parti una Roma.
Il defunto re Gustavo per animar la nazione congedò la compagnia francese, e compose egli stesso la Generosità di Gustavo Adolfo recitata da cavalieri e dame di corte sul teatro di Utrichsdahalb.
Pubblicò in gioventù molte poesie, nelle quali, più che la elevatezza della forma son da ammirare una freschezza e spontaneità che non si attenuarono in lui col sopravvenir degli anni, come può far fede la lirica seguente dettata in sul cader dell’ ’89, e pubblicata or non ha molto con altri versi in un volumetto fuor di commercio.
Fatto il liceo nella città nativa, fu da vicende domestiche condotto a Firenze, quand’era sul punto di darsi agli studj legali.
Di lui scrissero il Piazza, il Bonazzi, il Regli, il Piccini, il Polese, il Pavan ; di lui parlaron sul feretro Tommaso Salvini e Gattesco Gatteschi.
A lui si attribuiscono il famoso [ILLISIBLE]mente morta sillabato sul corpo della povera Margherita, e il non men famoso per me non è è più demani, nè dopodomani….
Laonde per adempiere a questo mio dovere, anticipando colla presente le informazioni del di lei Congiunto, le quali certamente non possono essere così sicure, come le mie, intorno a’ miei disegni, le dico, che ho scarabocchiato, può dirsi, in sul ginocchio e come la penna getta, un Ragionamento, in cui ribatto le obiezioni del precitato suo Volume, e che già è nelle mani dell’Impressore. […] Una volta misteriosa si rinchiuse co’ Sacerdoti dell’Egitto: vaga di sapere, e di vedere navigò talora co’Fenici: errò fin anco per le nevose rupi del Caucaso: passeggiò gran tempo sotto i Portici di Atene: svolazzò su i cimieri degli Scipioni, e de’ Cesari: non si atterrì al feroce aspetto de’ Goti: oggi si delizia nell’amena Italia, ride sulla dilettosa Senna, milita nella potente Spagna, scherza lungo il Tamigi, volteggia sul Baltico; e chi sa che un dì non s’innamori di un Turbante?
Prosegue sul medesimo stile colla figlia in proposito del principe Amlet che l’ama, versando copiosamente regole e sentenze morali in tuono famigliare, e le impone di più non parlargli. […] Aggiugne che egli scrisse in nome del re di Danimarca al re d’Inghilterra di far, per quiete comune, morire immediatamente i due messaggi, e sugellò la lettera col sigillo del padre che seco avea, sul quale erasi formato quello che usava il re presente. […] Non comprende l’enorme differenza che corre trallo spiegar la pompa oratoria nel Foro o nel Senato Romano e nel Pritaneo di Atene contro l’ambiziosa politica di Filippo e le ruberie di Verre, e tral mettere in azione sul teatro un cadavere insanguinatò? […] Gl’Inglesi amano sul teatro più a vedere che a pensare. […] Ciò (dice Pietro Bayle) si riferisce da Balsac sul testimonio di Camden in una lettera de’ 25 di Giugno 1634 scritta al conte di Execester.
Porta sul volto La vergogna, il rimorso, e lo spavento. […] Il sig. duca don Domenico Perrelli impresse in Napoli in un tomo nel 1777 quattro melodrammi, la Circe, Cesare in Armenia, Lisimaco, e l’Adolfo sul gusto ragionevole dell’opera istorica, ma non si rappresentarono. […] La sua Ifigenia in Aulide collo scioglimente naturale del Racine fu rappresentata in quell’anno colla musica del Valenziano Vincenzo Martin, il quale abbisognava di più lungo soggiorno in Italia per riuscire sul teatro di San Carlo ripieno dell’armonia immortale de’ Jommelli, de’ Piccini, de’ Mai e de’ Paiselli. […] Dorat, il quale sul Regolo di Metastasio compose la sua tragedia Regulus. […] Ma dove mai io ne dedussi quel glorioso vantaggio dell’Italiano sul tragico Francese?
Ma invano alzarono la voce Villegas, Antonio Lopez, Cascales, e nel secolo seguente Luzàn, Mayàns, Nasarre, e Montiano contra più di dodicimila componimenti drammatici, lavorati sul medesimo conio, i quali ogni dì compariscono sulle scene spagnuole. […] Sono anche regolari, sebbene la scena non n’é stabile, e suol passarsi da una camera di conversazione a una di dormire, a un’altra casa, a un’osteria, in piazza, alla borsa ecc… Già a’ tempi suoi si satireggiavano sul teatro inglese le persone nobili e titolate. […] Le altre di lui commedie più pregiate sono l’Amore in un Bosco, rappresentata sul teatro di Londra nel 1762, il Gentiluomo maestro di Ballo, e l’Uomo Franco, tradotta e imitata dal signor di Voltaire nella Prude, o Gardeuse de Cassette.
Chi pingendo natura, al paragone starà di te, cui l’orrido subbietto sul brando micidial tragge boccone, tal che piaga non fìnta apri nel petto ?
Il ' 56 diventò capocomico egli stesso, e continuò a esserlo fino alla fine della sua vita artistica che si chiuse il '69 ; anno in cui si recò definitivamente a Firenze (vi si era già recato nel '64 col fermo proposito di lasciar l’ arte, alla quale tornò poco di poi, sollecitato da Riccardo Castelvecchio ad assumere la direzione della sua Compagnia Dante Alighieri), affine – dice un suo biografo, Cesare Calvi – « di proseguire alcuni studj sull’arte e sul teatro che durante il suo artistico peregrinaggio non poteva condurre a fine, » ma in realtà – dice un annotatore – per darsi a non so che lucroso commercio.
Notabile è in fine la di lei grandezza d’animo, con cui dopo aver vinto Leovigildo colle armi, fa trionfare la religione sul desiderio di vendetta, e gli perdona. […] Di più nella morte di Astianatte il dolore di Andromaca prende le prime parti sul personaggio principale. […] Ciò illanguidirebbe l’ effetto tragico appunto sul finire quando dovrebbero essere più energici. […] Quando ancora la congiura riuscisse, altro non porterebbe sul teatro che un evento comunale. […] Egli non riscuote dal pubblico altra pietà che quella che si dà ai malvagi che spirano sul patibolo.
Capitolo sesto Riflessioni sul meraviglioso. […] Mara era un altro che gettavasi sopra coloro che riposavano tranquillamente sul letto, e levava loro la facoltà di parlare e di muoversi. […] [20] Salita poi sul teatro continuò a comparire unita alle farse, agl’intermezzi ed ai cori, che con grande apparato esponevansi agli occhi. […] Per quanto adunque s’affaticassero que’ valent’uomini della non mai abbastanza lodata camerata di Firenze, non valsero a sradicare in ogni sua parte i difetti della musica, che troppo alte aveano gettate le radici, né poterono dar alla unione di essa colla poesia quell’aria di verosimiglianza e di naturalezza che avea presso a’ Greci acquistata, dove la relazione più intima fra queste due arti dopo lungo uso di molti secoli rendeva più familiare, e per ciò più naturale il costume d’udir cantar sul teatro gli eroi e l’eroine.
Ciò basti sul capriccio fisedico del Pepoli. […] Alla cena che fa il di lei marito sul balcone ? […] Nell’atto III si trattengono sul matrimonio stabilito Annetta e la figlia. […] Ella li ripete i discorsi tenuti colla Madre sul genio di Settimio. […] Porta sul volto La vergogna, il rimorso e lo spavento !)
Andò poi a Roma a recitare (che allora non era colà interdetto alle donne il prodursi sul teatro), ed ivi diede alla luce una commedia in prosa intitolata : Il Ruffiano in Venezia, e Medico in Napoli, stampata per Bartolommeo Lupardi l’anno 1672 in forma di dodici.
Stavasi per cominciare un tressette, ed un picchetto ; ma una tavola di faraone che avevano piantata sul cassero, tirò tutti a sè.
Tai prodigi sul Ren mirò felice Delfina de la scienza alta Eroina Onde vie più a lei bramar non lice.
Rimase con la Internari due anni ancora, poi passò il '33-'34 nella società Domeniconi e Pelzet, pella quale fu pubblicato a Pistoja un opuscolo di versi, tra cui scelgo il seguente SONETTO al merito singolare del caratterista Signor LUIGI TADDEI Or che nube di duol par che si stenda di giovinezza sul celeste fiore, nè più il sorriso d’innocente amore nè più lieta l’avvivi altra vicenda ; bello di gloria e amor dritto è che splenda il raro ingegno che fa scorrer l’ore inavvedute e care anche al dolore con semplice e gentile arte stupenda.
La sorpresa, la curiosità, l’amor nascente, tutti i moti improvvisi o progressivi dell’anima son dipinti sul suo volto con tale espressione non ancor trovata sin qui.
Poichè sul teatro Greco οιδικῶ, formale, preso come spettacolo abbiamo in grazia della gioventù ragionato a sufficienza, non increscerà per diletto ed erudizione, quando per altro non fosse, formarsi di esso una meno confusa idea, considerandone la struttura ιλικην, materiale. […] In Suida troviamo ancora che il gramatico Sosibio Spartano compose un trattato sul genere di commedia usato dalla sua nazione. […] Le parti femminili, come bene osserva il medesimo Maffei, si rappresentavano solamente dagli uomini; e viene ciò con ispezialità assicurato da Platone, cui rincresceva appunto che gli uomini comparissero sulla scena da donnea Plutarco nella Vita di Focione racconta ancora di un tragedo che nell’uscire sul pulpito richiese una maschera degna di una regina e un corteggio proporzionato.
È grido che il Blanes spingesse la verità a tale esagerazione, che, nel Carlo XII, dovendo presentarsi in scena bagnato, si faceva buttar sul capo due grosse secchie d’acqua ; e rappresentando una volta l’Aristodemo, s’investì della parte a segno, che si ferì davvero e gravemente : e si racconta che la Pellandi atterrita dal fatto, e dal pensiero che un giorno o l’altro, nella veemenza delle passioni, potesse anch’ella riportar qualche ferita, impetrò allora e ottenne dal Governo che non più si adoprassero in scena armi vere. […] Gualtieri, passò a quelle di generico primario : da queste poi, a quelle di caratterista e promiscuo, ultimo grado della sua vita artistica, sul quale egli si trova tuttavia a fianco di Claudio Leigheb e di Flavio Andò, molte volte applaudito, sempre rispettato da ogni pubblico.
Un artista indisposto era surrogato da lui sul momento : e quando ei non sapeva che dire, infilava un discorso a modo suo, magari estraneo alla commedia, e aveva sempre ragione lui. […] Oltre all’album di Yambo, abbiamo sul nostro artista un saporitissimo studio umoristico di Jarro (Fir., Bemporad, 1897), un numero unico illustrato (Pisa, 1886), con una cocente epigrafe di Cavallotti, uno studio novissimo di Antonio Cervi (Bologna, Beltrami, 1900), e finalmente un novissimo scherzo di Jarro(Firenze, 1901) intitolato Il naso di Ermete Novelli.
Quei che attendono alle cose della religione e alla loro giurisprudenza, si applicano sui comenti dell’Alcorano, e sui decreti de’ gran signori e i tetfà de’ Mufti, come noi sulla Bibbia e i santi padri, e sul codice e le costituzioni de’ nostri principi.
Per questi passi si venne in Francia ad introdurre l’uso di rappresentare i Misteri che nel 1380 si stabilì sul teatro per mezzo del Canto Reale.
Ecco il brano ch’egli riporta dalle memorie mss. del Ghiselli : È da sapersi che due sere prima che questi istrioni terminassero le loro comedie furono gettati sul Teatro sonetti in biasimo della Beatrice, una delle recitanti, dalli Cavalieri parziali dell’ Eularia altra comica.
Comparso alla ribalta quando il periodo eroico del teatro italiano era sul tramontare, non si lasciò prendere dal tono enfatico, dal fare atteggiante all’eroico de’comici più in voga del suo tempo, ma si accostò per intuito forse delle nuove esigenze, ma senza dubbio per sentimento individuale, a quegli attori come il Bellotti-Bon, per dirne di uno, che prepararono il gusto attuale della recitazione semplice della commedia.
Ella, consapevole del suo valore, irrigidita nello sforzo costante di una meta prefissa, e di cui, per molti anni, ha forse creduto di avere smarrito la limpida visione, assorta perennemente nella ricerca di una perfettibilità, che è il tormento e la forza dei grandi artisti, Italia Vitaliani non sa trovare quelle parole ambigue che dicono e non dicono, quelle frasi rivolute entro cui il pensiero guizza e si smarrisce con agilità serpentina : no, quando una persona, sia pure un personaggio, la secca, essa lo dimostra ; quando un lavoro, sottoposto al suo giudizio, le spiace, essa lo dice, senza perifrasi nè pietose tergiversazioni ; quando è di cattivo umore non sa trovare una maschera di giocondità da collocarsi sul viso ; che se poi ella, o per la naturale bontà dell’animo o per altre considerazioni, cerca di nascondere il suo pensiero o velare le sue impressioni, esiste allora una tale antitesi fra il suono della parola forzatamente benigna e l’impaziente lampeggiare degl’ immensi occhi grigi, che si comprende subito come la più lieve finzione le riesca fastidiosa.
Egli s’ ingannava sul fine e sull’effetto delle rappresentazioni sceniche. […] Egli è notabile però che ad onta di tanti ammazzamenti, di tanto sangue e di tanti enormi delitti esposti sul teatro inglese, ogni dramma è preceduto da un prologo rare volte serio, e seguito da un epilogo ordinariamente comico anche dopo i più malinconici argomenti. […] Egli con due dissertazioni su gli spettacoli, che formano una specie di storia del teatro inglese, si lusingava di poter disingannare il pubblico sulle novità introdotte da Garrick, e sul di lui modo di rappresentare. […] Il Mendico che nell’ultima scena torna sul teatro col commediante, gli dice: “nel corso dell’ opera avrete notata la grande rassomiglianza che hanno i grandi co’ plebei; è difficile decidere, se ne’ vizj di moda la gente culta imiti i ladroni di vie pubbliche, ovvero se questi ladroni imitino la gente culta”. […] Per mostrar poi al pubblico il nobil frutto delle di lei cure e del patriotismo che univa gl’ Inglesi a mantenere un’ opera così utile, si schierarono sul teatro 75 giovanetti, de’ quali niuno oltrepassava gli anni 18, e 40 uomini provetti vestiti tutti dalla società.
I concetti sono figli de’ costumi, e le stesse passioni generali nel genere umano si modificano esteriormente sul genio delle razze o famiglie diverse nelle quali esso è diviso. […] I moderni non vedrebbero con piacere sulle loro scene Filottete zoppicante e disteso nell’atto II colle convulsioni: ma ciò si rappresentava senza sconcezza sul teatro della dotta Atene. […] Perchè sul verde prato al rezzo assisa I miei mali ingannar non mi è concesso? […] A un furor da baccante che trasporta Ecuba fuori di se, far succedere un dubbio sul fatto? […] Tra’ frammenti di Euripide trovansi alcuni versi di una sua tragedia sul medesimo personaggio.
Veggonsi sparse qua e là alcune savie riflessioni sul carattere e sul gusto particolare di ciascheduna nazione.
Essa è senza dubbio Tragedia, e non Dialogo allegorico, ed è anteriore alle vane pretenzioni fondate sul Vasco, o su qualche altra produzione posteriore. […] Vediamo ora ciò che dice l’Apologista sul merito di questa Tragedia. […] Quando l’Apologista fida sul di lui giudizio, avrà certamente scoperti in lui requisiti, che il rendano giudice competente delle altrui Tragedie; ed io gliene saprei grado, se me gli additasse.
celebri professori di essa in Italia 352. in Germania 405. gl’Inglesi migliorano la loro sul gusto italiano 396. […] Sieguono sul principio tragedie regolari 270. […] Commedie e Autos di Lope 263. e di molti altri Comici che scrissero stravagantemente sul gusto di Lope 263.
Giovanni Guglielmo di Gerstenberg nato nel 1737 a Tundern, imitatore della maniera di Ossian nelle sue Poesie di uno Scaldo, ha dato al teatro tedesco l’Ugolino tragedia terribile sul gusto inglese. […] Due tragedie in prosa sul gusto inglese si coronarono verso il 1780 in Amburgo, cioè i Gemelli di Klinker , ed il Giulio di Taranto di Leusewitz, nell’ultima delle quali si notano alcune bassezze ed assurdità. […] Giovanni Goete nato nel 1749 in Francfort sul Meno, oltre ad alcune favole comiche in prosa sparse di versi per cantarsi, ha composto una tragedia patriotica, che chiamò spettacolo intitolata Göz di Berlichingen, notabile per la lunghezza, equivalendo almeno a quattro tragedie regolari, pel numero degli attori che passano i trenta, e per le assurdità non inferiori a quelle di Shakespear.
Giovanni Guglielmo di Gerstenberg nato nel 1737 a Tundern, imitatore della maniera di Ossian nelle sue Poesie di uno Scaldo, ha dato al teatro tedesco l’Ugolino tragedia terribile sul gusto Inglese. […] Due tragedie in prosa sul gusto Inglese si coronarono non ha molti anni in Amburgo, cioè i Gemelli di Klinker, e ’l Giulio di Taranto di Leusewitz, nella quale si notano molte bassezze ed assurdità. […] Giovanni Goete nato nel 1749 in Francfort sul Meno, oltre ad alcune favole comiche in prosa sparse di versi per cantarsi, ha composto una tragedia patriotica che chiamò spettacolo, intitolata Göz di Berlichingen, notabile per la lunghezza equivalendo almeno a quattro tragedie regolari, pel numero degli attori che passano i trenta, e per le assurdità non inferiori a quelle di Shakespear.
Qual cosa in somma si può egli aspettare che riesca di buono da una banda di persone dove niuno vuole stare nel luogo che gli si appartiene, dove tante soperchierie vengon fatte al maestro di musica, e molto più al poeta, che dovrebbe a tutti presiedere e timoneggiare ogni cosa, dove tra’ cantanti insorgono tutto dì mille pretensioni e dispute sul numero delle ariette, sull’altezza del cimiero, sulla lunghezza del manto, assai più mal agevoli ad esser diffinite, che non è in un congresso il cerimoniale, o la mano tra ambasciadori di varie corone?
Si recitarono parimente alcuni passi, e di poi il semicerchio si avanzò sul teatro, rispondendo in coro le persone di ambo i lati, e finirono cantando e ballando.
Sul feretro, Giovanni Procacci lesse le seguenti parole, che dicon chiaro e bene le lodi del povero morto : Spesso, ahi troppo spesso, ebbi a dire l’ultime parole d’addio sul feretro di carissimi amici ; ma non fu mai pietà simile a questa.
in cui con uno studio ingegnoso di eliminazione venne a riconoscere nel Pedrolino Giovanni Pellesini : studio che servì a porre in evidenza l’acume di argomentazione del signor Valeri, avendo io rinvenuta nell’Archivio di Stato di Modena, la seguente lettera di Don Giovanni Medici, che toglie ogni dubbio sul proposito : Ser.
I moderni non vedrebbero oggi con piacere sul teatro un personaggio, come Filottete, zoppicante, e disteso nel II atto colle convulsioni. Ma ciò si rappresentava senza sconcezza sul teatro della savia Atene. […] L’Ifigenia in Tauride rappresenta la riconoscenza di Oreste colla sorella sul punto d’esser da lei sacrificato, e la loro fuga, seco portando la statua di Diana Taurica. […] Perché sul verde prato al rezzo assisa I miei mali ingannar non m’é concesso? […] Quando il fatto deponesse ancora così vantaggiosamente in favor delle Tragedie moderne; quando potessimo esser sicuri della riuscita di queste sul teatro ateniese, pur dovremmo esser cauti nel pronunziar sulla preferenza.
Cornelio Cetego, e secondo Varrone, anche più tardi, montò sul teatro sei anni appresso di Livio Andronico, e a tal segno fiorì nella poesia comica, che gli antichi romani lo posponevano solo a Cecilio Stazio e ad Accio Plauto, e di molto lo preferivano a Terenzio. […] Secondo il messo che lo riferisce, mai Edipo non fu più sofistico ragionatore che sul punto di volerli ammazzare: ………… Moreris? […] Or questo debbe con somma cura fuggirsi da’ poeti, perché lo spettatore che ha motivo d’ingannarsi sul di loro disegno, allorché si dispone a un oggetto, e ne vede poi maneggiato un altro, se ne vendica col disprezzo. […] Ritrovandomi un giorno in un luogo, in cui erano parecchi giovani alterosi di quella solita superficiale tintura di lettere, che basti in Francia per farli ammirare, gl’intesi discorrer sul merito degli antichi e moderni comici. […] Forse l’un e l’altra opinione avrà qualche fondamento sul vero; e quel che da prima sarà stato decente, poté col tempo, come avvenir suole nelle umane cose, degenerare e cadere in oscenità.
Ragionare sull’attore vuol dire infatti riflettere sul personaggio da lui interpretato, sul corpo tramite il quale mette in scena le passioni, sul suo ruolo di educatore all’interno della società. […] Occorre dunque formarsi un mondo ideale che, pur essendo modellato sul reale, trasformi il vero in verosimile. […] Capitolo XVII: Salfi si sofferma qui sul dialogo. […] Lo stesso mento, ancorché meno docile, pur talvolta o si aguzza e si contrae, o si abbandona e si appoggia sul petto. […] In questa maniera dalle tante osservazioni che fa l’artista sul vero si forma un mondo ideale, che mentre è verisimile, perché sul reale formato, è di questo assai più bello ed interessante; ed in questo mondo ideale dee pur cercare l’espressione, il suo tipo.
E se la regolarità, il buon gusto, la verisimiglianza, l’interesse e l’unità di disegno, pregi che si ammirano spesso nella francese, si congiungessero sul Tamigi alla robustezza e all’attività del britanico coturno, oggi che ha questo deposte le antiche buffonerie che lo deturpavano, sarebbe forse a suo favore decisa la lite di preferenza. […] la Place, e rappresentata con applauso sul teatro di Drury-Lane nel 1719, la Vendetta uscita al pubblico nel 1721, ed i Fratelli che comparve nel 1753, riputata inferiore alla seconda per lo stile, ma meritevole d’indulgenza come frutto di un uomo pervenuto agli anni sessantanove dell’età sua. […] Egli s’ingannava sul fine e sull’effetto delle rappresentazioni sceniche. […] Egli con due dissertazioni su gli spettacoli che formano una specie di storia del teatro inglese, si lusingava di poter disingannare il pubblico sulle novità introdotte da Garrick, e sul di lui modo di rappresentare. […] Per mostrar poi al pubblico il nobil frutto delle di lei cure e del patriotismo che univa gl’Inglesi a mantenere un’ opera così utile, si schierarono sul teatro 75 giovanetti, de’ quali niuno oltrepassava gli anni diciotto, e quaranta uomini provetti vestiti tutti dalla società.
Vi si eseguiscono poi con destrezza tutti gli esercizj ginnici Spagnuoli, come corse di tori e giuochi di canne: si fanno combattimenti navali sul gran fiume che bagna la citta: si formano castelli di legno coperti di tela dipinta, e se ne imprende l’assedio e la difesa: vi si esercita la pittura, la danza, la musica: e vi si trovano teatri. […] Non credo adunque (per tornare al Cabotto) che il Lampillas, per quanto egli siasi apologista spacciato, possa fondarsi senza pericolo di esser deriso, sul non essere stato quel valoroso argonauta Veneziano impiegato in Ispagna pel corso di quindici anni, per mostrare la di lui insufficienza.
Ora vediam di tracciar qui cronologicamente l’itinerario dei Gelosi (coi quali però non si può affermare se fosse sempre il Pasquati, mutando egli, come tutte le celebrità, di compagnia anche per una sola stagione), riassunto sui varj studj apparsi in giornali e riviste e volumi dal D'Ancona, e arricchito poi di aggiunte dal Solerti nel suo studio in collaborazione col Lanza sul Teatro ferrarese nella seconda metà del secoloxvi. […] Tutti son d’accordo nel dare in sul principio alla maschera di Pantalone il calzone intero a coscia, o maglione, mutatosi poi in calzone alla spagnuola a mezza gamba con le calze….
… Con una intonazione altissima, disperata, proferiva sul fondo della scena la prima parte della frase, e correva poi con magnifica armonia di movimenti alla ribalta, proferendo l’ultima parte con una voce di basso, rauca, sorda, terribile, che metteva un fremito nella folla. […] Come sul suo petto non brillò quasi mai una delle tante decorazioni, pur da lui possedute, che coprivano nelle officialità il petto dell’altro, così, all’opposto dell’altro, egli fu in ogni tempo e in ogni dove sprezzatore del più piccol mezzo che procacciandogli successo, gliel venisse intimamente attenuando.
Calcante e Sinone sul dinanzi del teatro pregano ad alta voce la dea; e al loro canto concertano a luogo a luogo strida e lamenti di gente ferita e presso a morire.
Lasciamo stare i Greci, de’ quali non avrà egli certamente preteso parlare; perchè tra questi non vi fu schiera di commedianti, nella quale non entrassero gli stessi poeti, confondendosi gli uni negli altri nel libero popolo Ateniese sempre che gli autori non mancavano, come Sofocle, di voce e di disposizioni naturali proprie per comparire sul pulpito.
Ippolita non son io, che in furioso sembiante accolga furie virili per atterrire sul Termodonte i nemici.
E mi par dovrebbero bastare queste parole a dar l’idea esatta dell’arte del Moncalvo e del fascino ch' egli esercitava sul pubblico.
Comico rinomatissimo per le parti di Dottore, fiorito sul finire del secolo xvii, fu al servizio del Duca di Modena con Anna Arcagnati sua moglie, detta in commedia Rosaura.
La Harpe cominciò i suoi lavori tragici col Warwick tirando la sua favola dalla storia di questo generale che collocò sul trono britannico Edoardo donde il volle poscia discacciare. […] Or è giusto calunniare sul teatro! […] Arnault per quanto a me è noto, pubblicò tre tragedie negli ultimi due lustri del secolo XVIII recitate sul teatro della Repubblica. […] Il teatro cangia in una cappella particolare della casa di Contarini con altare, in cui una porta aperta nel mezzo lascia vedere una sala con finestre che danno sul palazzo dell’ambasciadore di Spagna. […] Bianca si getta sul corpo dell’estinto, e sembra morta.
Ma una mente che fa buon uso delle sue facoltà, e un cuor che sente, qual si richiede nella tragedia, verserà pietose lagrime al racconto del veleno preso dalla regina e dei di lei discorsi, alla compassionevole tenera contesa con Erminia, e al quadro delle donne affollate intorno a Sofonisba moribonda, di Erminia che la sostiene, del figliuolino che bacia la madre, e dell’inutile sforzo che fa costei per vederlo sul punto di spirare154. […] L’altro Edipo di Orsatto Giustiniani, di sopra mentovato nel libro I, rappresentato nel 1585 in sul teatro di Vicenza, opera del famoso architetto Palladio, é traduzione di quello di Sofocle. […] ……………… Quando apparve in sonnio Il fratello al fratello in forma e in abito Che s’era dimostrato sul proscenio Nostro più volte a recitar principi, E qualche volta a sostenere il carico Della commedia, e farle serbar l’ordine. […] Si può anche qui notare, che i commedianti napolitani per una certa loro natia vivacità, disposizione e attitudine si sono in ogni tempo sopra quei di altre nazioni contraddistinti nel contraffare a meraviglia in sul teatro gli altrui difetti e ridicoli. […] E di ciò contento, non si sovviene della musica, Lo spettatore ch’é sul fatto, se ne sovviene, ma non altrimenti che sovviene del verso, del musico, delle gioie false, delle scene dipinte, e dice a se stesso, il poeta fa parlare Aquilio come si dee, come richiedesi al di lui stato?
Niuna cosa pruova più pienamente ciò che sul bel principio ragionammo ne’ fatti generali della scenica poesia, quanto il nuovo rigore usato contro Anassandride ed il silenzio imposto al Coro, onde furono atterriti e incatenati i poeti della commedia mezzana. […] Egli fiorì regnando Alessandro Magno poco prima di Menandro, e di anni novantaquattro in circa mori sul teatro ridendo smoderatamente, dopo aver composte novanta favole, delle quali Giulio Polluce, Ateneo e Stobeo hanno conservati varii nomi, e Grozio ne ha raccolti i frammentia Il di lui figliuolo natogli in Siracusa portò il nome di Filemone il minore, e fu contemporaneo di Menandro, e più volte con lui contese per la corona scenica, e quasi sempre il vinse.
ma in materia del far hauer merito a tutta la somma di que’ denari, ch’ io ho sul Monte di Pietà in Firenze, tre volte Ella me n’ ha domandato. […] Per notizie più ampie e particolareggiate sul De Somi, vedi il D’Ancona, op.cit. […] Gli avvertimenti sulle Commedie nuove, sul parlare adagio, sul sillabare, sulla truccatura, sulla pronuncia delle ultime sillabe, sul gestire, sul non scordare oggetti necessari alla azione, sul buttafuori, o sveglione, o, come si dice oggi, soggetto, sulle scene vuote potrebber bene attagliarsi alle scene di oggi.
Vatry nelle sue erudite Ricerche sul l’origine della Tragedia nel tomo XV delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle-Lettere di Parigi.
Fu là che divenne padre di Marco, il quale, montato sul teatro, mutò il nome di Napolioni in quello di Flaminio.
Quel botticino, recitava sul gusto del passato secolo, e aveva la smania di far ancora quelle parti, che gli stavano bene quarant’anni avanti.
Polonio sul medesimo stile prosegue colla figlia in proposito del principe Amlet che l’ama, versando copiosamente regole e sentenze morali in tuono famigliare, e le impone di più non parlargli. […] Gli attori che sostengono le parti del re e della regina del dramma, si abbracciano affettuosamente; la regina s’inginocchia con gran rispetto; il re la fa alzare, e piega la testa sul petto della sposa, indi si pone a giacere in un letto di fiori, e si addormenta; la regina si ritira. […] Aggiugne che egli scrisse in nome del re di Danimarca a quel d’Inghilterra di far per quiete comune morire immediatamente i due messaggi; e suggellò la carta col sigillo del padre che seco avea, sul quale erasi formato quello che usa il presente re.
Dovè dunque concepirsi di tal modo, che le macchine per appagare la vista, l’armonia per dilettare l’ udito, il ballo per destare quella grata ammirazione che ci tiene piacevolmente sospesi agli armonici, graziosi, agili e leggiadri movimenti di un bel corpo, cospirassero concordemente colla poesia anima del tutto, non già qualunque o simile a quella che si adopera in alcune feste, ma bensì drammatica e attiva, ad oggetto di formare un tutto e un’ azione bene ordinata, e cantata dal principio sino al fine, e (per dirlo colle parole del più erudito filosofo e dell’ uomo del più squisito gusto che abbia a’ nostri dì ragionato dell’opera in musica, cioè del conte Algarotti) di rimettere sul teatro moderno Melpomene accompagnata da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio. […] Se ne sovviene veramente lo spettatore ch’è sul fatto, ma non altrimenti che si sovviene del verso, del musico, delle gioje false e delle scene dipinte; e dice a se stesso: Il poeta fa parlare Aquilio come si deve e come esige il suo stato?
Lodevole nell’atto I è il ritratto che in Tito si fa de’ partigiani del regno, ed in Furio de’ repubblicisti, sul gusto delle politiche discussioni di P. […] Notabile in fine è la di lei grandezza d’animo, con cui dopo aver vinto Leovigildo fa trionfare la religione sul desiderio della vendetta, e gli perdona. […] Tu mi accusasti Che di Seleuco io meditai la morte, E per aver qualche ragion sul trono, Chiesi a te le tue nozze. […] Parimente la riconoscenza segue diversamente, cioè non per la lettera d’Ifigenia da recarsi in Argo, come nella greca favola, ma pel nome di Oreste scritto sul monumento erettogli come morto; ed anche in questo si bramerebbe che tali onori funebri e tal dolore d’Ifigenia non si fossero totalmente fondati sul di lei sogno e prima della notizia recata da Lico che in Argo regna Menelao. […] Non ci affrettiamo a parlare di queste tre tragedie, sapendo che l’autore nel tempo della pubblicazione del Gerbino pensò ad accumulare alcune sue riflessioni sul teatro che sono state accresciute con susseguenti cartucce, letterine, ed analisi.
Questa dipintura, oltre all’essere ben graziosa, ha il merito di prevenire l’uditorio sul carattere del protagonista. […] Dall’altra parte Diego ha fatti prodigii di valore, ha salvata la vita all’Imperadore, si è fatto ammirare nella Goletta, è stato il primo a montare sul muro di Tunisi, ma sempre sfortunato si trova tuttavia povero. […] Diamante scrisse anche una favola sul Cid, e Pietro Cornelio ne trasse alcuni pensieri. […] La favola si aggira sul timore che ha Marianna di una predizione di un astrologo che ella perirebbe preda di un gran mostro, e che Erode col pugnale che sempre porta allato darebbe la morte alla persona da lui più amata. […] La favola spagnuola si aggira sul matrimonio che Jarba vuol contrarre con Didone.
Quanto alle commedie poi dalla narrazione a cui ci accingiamo di quelle dell’Ariosto, del Bibbiena e del Machiavelli, si vedrà che furono scritte assai prima del 1520, cioè intorno al 1498 o poco più; e per conseguenza che l’epoca gloriosa della poesia regolare drammatica dovrà fissarsi sul bel principio del secolo XVI. […] Or questo furbo così trincato si ha prefisso, giusta le sue regole economiche, di tosar prima a poco a poco Massimo e Camillo, e poi di scorticarli fin sul vivo e fuggirsi. […] Fausto travestito sul punto di picchiare è trattenuto prima da una donna che toltolo pel medico vuole che vada a visitar suo marito infermo, indi da due palafrenieri di un cardinale che il chiamano da parte del padrone, e finalmente da un servo di casa pieno di vino, per cui è costretto a ritirarsi. […] Il medico che stà in osservazione vede entrare questo mercatante in casa senza raffigurarlo, si dispera, vuol ire su a cogliere sul fatto la moglie, batte la porta, ma non essendo ravvisato dalla fante per essere nella guisa accennata travestito, è ingiuriato ed escluso. […] La prima intitolata Erofilomachia, ovvero Duello d’Amore e d’Amicizia, si pubblicò nel 1586, ma era stata composta nella giovanezza dell’autore, e come nota lo Zeno sul Fontanini, fu recitata in Perugia con singolar piacere, e si ristampò più volte.
Quel che vi si avanza specialmente dell’ignoranza provata de’ sacerdoti spagnuoli sino al XV secolo, è fondato, come ognun vede, sulle cure presene per distruggerla da tutto il Concilio Matritense e sul testimonio del celebre storico Mariana. […] Seguì Cervantes a lavorare sul medesimo, per quel che appare non solo dalle ultime otto commedie che egli produsse, ma da qualche titolo delle prime perdute, come la Destruicion de Numancia, la Batalla Naval, la Jerusalèn, I poeti scenici poi lodati dal medesimo Cervantes tutti scrissero sregolatamente. […] Ma passiamo agli altri drammatici che fiorirono sul finir secolo XVI e sull’incominciar del seguente. […] Il sempre invitto felice apologista Lampillas ebbe a male che io avessi chiamate visioni le ciance del Nasarre sul Naarro. […] Bisognerebbe essere impastato, com’egli è, d’impudenza e malignità, per confondere nella mia Storia l’Accademia di Madrid che fioriva sin dal declinar del secolo XVI e cominciar del XVII con l’altra quivi pure incominciata sul finir del terzo lustro del secolo XVIII instituita da Filippo V.
Declinando dal settentrione e dando uno sguardo a Costantinopoli (ad oggetto di lasciar le ultime pennellate di questa istoria al teatro Italiano) termineremo questo libro IX, dopo un breve saggio sul grado di coltura della Turchia Europea e della commedia che vi si rappresenta, con descrivere il teatro Spagnuolo degli ultimi tempi.
Contuttociò sul teatro di Foote e poi di Drury-lane si è rappresentata una farsa col titolo di Escrocs, in cui si motteggiano i metodisti setta novella fondata da Withefield forse vivente ancora.
Intanto a ragionare io ti sentenzio della Carnovalesca e lieta festa, che dileguar seppe dai cor l’assenzio spargendoli di gioja immensa e presta, narra del grasso giovedì il concorso, che la Donna dell’Arno avea sul corso.
Immaginarsi la gioia di entrambi : Colombina gli fe’dono d’un suo ritratto in miniatura, del quale aveva già fatto promessa per lettera, e sul quale egli scrisse la seguente ottava : Già fu il mio primo nome d’Isabella, Franchini nel cognome fui chiamata, Colombina tra’comici son quella, Ch’ora qui tu rimiri effigiata, Mi mutai di Franchini in Biancolelli, Quando in Francesco già fui maritata : Vedoa restai, & hora non son più, Che son moglie a Buffet Carlo Cantù.
Forse ella v'andò colla madre, comica anch'essa, e forse prima a portar sul teatro il nome di Celia, della quale il Magnin avrebbe potuto notar l’apparizione a Parigi il 1572 ?
Nè solamente a Firenze gli accadde di dover cedere alle insistenze del pubblico, e replicar sul momento or questo, ora quel brano, chè anche la narrazione di Pilade dovè replicare immediatamente « siccome un pezzo applauditissimo di scelta musica — com’egli ci avverte — nelle scene illustri di Ferrara, di Siena, di Pavia, di Torino, di Bologna. » Fu il 1811 nominato Professore di declamazione e d’arte teatrale nella Accademia di belle arti a Firenze, e vi stampò nel 1832 un corso di lezioni, corredando la duodecima, dei gesti, di quaranta tipi che rappresentano l’attore ne'momenti più importanti della sua arte, e di cui do qui dietro un piccol saggio.
E pare che il Marchese Decio fosse lo spauracchio de'Comici, se dobbiam credere a una nuova raccomandazione in nome del serenissimo senza nome del raccomandato nè dello scrivente, ma che concerne certo la faccenda Sacco, al Conte Francesco Dragoni Governator di Bersello à Modena, intestata A Lei Sola, e che comincia : Ella havrà riguardo a non lasciar cader il negotio, nè la confidenza sul Sig.
Il piano é semplice, e l’economia della favola é sul gusto de’ greci; ma é scritta in prosa, giusta il progetto anni sono proposto da M. […] Porta sul volto La vergogna, il rimorso, e lo spavento!) […] Son bellezze parimente originali fatte per l’immortalità tutte le vie tentate da Tito per sapere il segreto di Sesto; le angustie di quell’infelice, posto nel caso d’accusar Vitellia, o di commettere una nuova ingratitudine verso il suo buon principe; l’ammirabile combattimento de’ sentimenti da Tito nel soscriver la sentenza; il trionfo della sua clemenza sul giusto risentimento ec. […] Metastasio é quegli, ……………… Alla cui mente spira Degli erranti fantasmi ordinatrice Aura divina, e ch’or nel molle Sciro Or d’Affrica sul lido, ora mi pone Sull’aureo Campidoglio, ed or di speme Or di vani terrori il petto m’empie. […] Guido d’Arezzo benedettino eccellente musico in sul principio del XI secolo, avendo studiati gli scritti degli antichi, vi aggiunse le proprie scoperte, e compose un metodo di musica più facile e più giudizioso.
Se di tragedie intenda di favellare quest’ultimo nell’ode che a lui indirizza116, Pollione ebbe anche il merito di uscire da’ soliti argomenti tratti da Omero e dalle favole Greche, ed esporre con nobile intrepidezza sul teatro di Roma la civile querela di Cesare, e Pompeo, ed il giogo imposto dal vincitore a tutta la terra, fuorchè al gran cuore di Catone, Et cuncta terrarum subacta Præter atrocem animum Catonis 117. […] Persio ci parla di alcuni suoi contemporanei che avendo composta una tragedia d’Issipile montarono essi medesimi sul pulpito a recitarla. […] Accompagna degnamente le tragedie descritte la Troade, la quale abbraccia parte dell’Ecuba e parte delle Trojane di Euripide, aggirandosi sulla divisione delle schiave Trojane tra’ vincitori, sul sacrifizio di Polissena all’ombra di Achille, e sulla morte di Astianatte. […] Secondo il Messo che lo riferisce, mai Edipo non fu più sofistico ragionatore che sul punto di volersi ammazzare. […] Ciò debbe da’ poeti fuggirsi con somma cura: perchè lo spettatore che ha motivo d’ingannarsi sul di loro disegno, se ne vendica col disprezzo.
Si recitarono parimente alcuni passi, e di poi il semicerchio si avanzò sul teatro, rispondendo in coro le persone di ambo i lati, e terminarono cantando e ballando. […] Speriamo che nuova luce sul teatro di Ansano abbia ad apportare l’eruditissimo Sacerdote Uomobuono de’ Bucachi che stà tessendo la storia della sua patria.
Nonpertanto ultimamente sul teatro di Foote, e poi su quello di Drury-Lane, si é rappresentata una farsa o commedia col titolo di Escrocs, nella quale vengono motteggiati i metodisti, setta novella fondata da Withefield che vive ancora. […] Alcune traduzioni di qualche commedia del Goldoni, come della Sposa Persiana e del Bourru Bienfaisant son piaciute moltissimo al popolo, e dovea esserne lodato (fuorché in alcune alterazioni fatte senza gusto agli originali) qualunque egli siasi chi ha impreso a mostrare sulle scene spagnuole queste commedie; ma sul medesimo teatro sono state motteggiate da soliti piccioli compositori di saynetes, e ricevute con freddezza da alcuni pochi, che invecchiati in un certo lor sistema di letteratura, sdegnano di approvar dopo il popolo ciò che lor giugne nuovo, Vel quia nil rectum, nisi quod placuit sibi, ducunt, Vel quia turpe putant parere minoribus, et quae Imberbes didicere, senes perdenda fateri.
Dovè dunque concepirsi di tal modo, che le macchine per appagare la vista, l’armonia per dilettar l’udito, il ballo per destare quella grata ammirazione che ci tiene piacevolmente sospesi, e gli armonici, graziosi, agili e leggiadri movimenti di un bel corpo, cospirassero concordemente colla poesia anima del tutto, non già qualunque o simile a quella che si adopera in alcune feste, ma bensì drammatica e attiva , ad oggetto di formare un tutto e un’azione bene ordinata e cantata dal principio sino al fine , e (per dirlo colle parole del più erudito filosofo e dell’uomo di gusto più squisito che abbia a’ nostri giorni ragionato dell’opera in musica, dico del conte Algarotti) di rimettere sul teatro moderno Melpomene accompagnata da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio . […] Se ne sovviene veramente lo spettatore che è sul fatto, ma non altrimente che si sovviene del verso, del musico, delle false gemme e delle scene dipinte, e dice a se stesso: Il poeta fa parlare Aquilio come si deve e come esige il suo stato?
Il Coltellini per incoraggiarlo dopo poche recite mise sul cartellone : Le disgrasie di un bel giovane, e mio padre si tenne sicuro di scuotere finalmente l’indifferenza del pubblico. […] la bonaccia tenne la barca circa un mese sul piano dell’Adriatico, e quando i naviganti giunsero a Fano, la guerra volgeva già al suo termine.
Pietro Chiari contro i Conti Gozzi e l’Accademia de' Granelleschi, tre sonetti dello stesso Chiari per la partenza della Compagnia Sacco, i quali dieder motivo alla Raccolta, con le risposte a ognuno, e de' quali ecco il primo, come saggio : In occasione | Della partenza da Venezia per Lisbona | della Compagnia Comica di | Antonio Sacco : Anime ree più nere de l’inchiostro, Amiche a l’Alcoran, più che al Vangelo ; Obbrobrio, e disonor del secol nostro, Pesti de la Natura, odio del Cielo ; Respiri Italia in voi perdendo un Mostro, C'ha il fiel negli occhi, e fin sul core il pelo : Andate pur, seguite il destin vostro, Più a voi contrario, che le fiamme al gelo. […] Garrik in Inghilterra, Preville in Francia, e Sacchi in Italia : e nella Prefazione al Servitore di due padroni, Scenario, ossia Commedia a Soggetto, composta il 1745, mentre era a Pisa fra le cure Legali, dice di lui : I sali del Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che riescono più saporite, quando prodotte sono sul fatto dalla prontezza di spirito, dell’occasione, del brio.
In effetto non vi si trascurano le arti di necessità, di comodo, e di lusso, fabbricandovisi particolarmente per eccellenza quadri e stoffe di penne, antichi lavori messicani, non mai più da veruno imitati: vi si eseguiscono con destrezza tutti gli esercizi ginnici spagnuoli, come corse di tori, e giuochi di canne: vi si fanno combattimenti navali sul gran fiume che bagna la città: vi si formano alcuni castelli di legno coperti di tela dipinta, e se ne imprende l’assedio, e si difendono: e finalmente vi si coltiva la pittura, la danza, e la musica, e vi si trovano teatri.
A quel sua già favorita attrice, il Maffei, forse punto sul vivo, diede in ismanie, tanto che il Martelli nella sua lettera di pentimento, scrisse : …. tolga Dio, che io abbia nè meno per ombra avuta questa intenzione.
Ippolito Lucas, sul proposito de’tipi comici forastieri che servirono alla Commedia di Molière e di Regnard (La France qui rit, par Baumgarten.
Seguì Cervantes a lavorare sul medesimo piano, per quel che appare non solo dalle ultime otto commedie ch’egli produsse, ma da qualche titolo delle prime perdute, come la Destruicion de Numancia, la Batalla Naval, la Jerusalèn. […] Ma passiamo agli altri drammatici che fiorirono sul finir del secolo XVI e sull’incominciar del seguente. […] Il sempre invitto apologista Lampillas ebbe a male che io avessi chiamate visioni le ciance del Nasarre sul Naarro. […] Bisognerebbe aver la di lui impudenza e malignità per confondere nella mia storia l’Accademia di Madrid che fioriva sin dal declinar del secolo XVI e nel cominciar del XVII con l’altra qui vi pur incominciata sul finir del terzo lustro del nostro secolo instituita da Filippo V. […] Mi getta sul viso una collezione di dodici atti con sus loas (che in questo luogo significano introduzioni in dialogo) fatta da Don Joseph Ortiz di Villena pubblicata in Saragoza nel 1644, cioè più di mezzo secolo dopo del fiorir di Lope; di che più d’un di lui nazionale non ha potuto trattenersi di ridere.
E perchè nel tempo stesso mi trovava fornito di notizie ulteriori sul Teatro Spagnuolo, per rendere più proporzionate le membra della mia Storia, questo parimente ho aumentato quasi al pari dell’Italiano. […] Ma il Signor Lampillas che stima pregiudizj la Storia e l’Evidenza, che sa convertire un Commediante Spagnuolo in un buon Poeta, e i di lui Dialoghi sul mestiere de’ Commedianti Spagnuoli in una Storia Teatrale delle antiche Nazioni, ha cangiato quì un’ Accademia di bella Letteratura in una Compagnia Comica.
Contemporanei di Cervantes e di Lope furono il dottor Ramòn, Miguél Sanchez, il dottor Mira de Mescua, Tarraga, don Guillén de Castro, autore del Cid, Aguilar, Luis Velez de Guevara, Antonio Calarza, Gaspar de Avila ed altri molti, i quali scrissero tutti sul gusto di Lope. […] Esse di poi si svilupparono meglio sul teatro e si conobbero col nome di autos nel secolo XVI.
Rimettendoci al citato Discorso storico-critico riguardo al Lampillas, trattenghiamoci ora sul sig. […] Huerta ignorando l’idioma in cui sono scritti i miei libri teatrali che pur voleva mordere, cadde ne’ riferiti strafalcioni sulle parole e sul sentimento che ne attaccò.
Vi son stati de’ Commedianti che sul carattere del Dottore la pensaron in modo diverso. […] Olindo Guerrini a pag. 123 della citata opera sul Croce, dice : Se non sotto questo nome (Grasiano da Francolino), pure la caricatura del legista cattedratico del vecchio studio bolognese deve essere, quasi quanto lo studio stesso, antichissima.
mi ad ubbidire, ma altrimenti più tosto harebbono eletto di andare dispersi, perchè vedevono la loro manifesta rovina, mentre si disunissero et dovendo rovinare col dividersi, più tosto harebbono eletto di fare ogni vil mestiero che più recitare, e tutto hanno fondato, secondo me, sul vedere il buon guadagno che hanno fatto quest’ anno. […] Parmi ozioso il fermarsi sul granchio preso dal Quadrio, che fa moglie dello Scala Orsola, detta in commedia Flaminia, ch'era la moglie del Frittellino Cecchini.
Questo scrittore, che a’ suoi tempi recò grande ornamento alla città di Roma, e di anni settanta mori nel 584, l’anno 514 quando cominciò a comparire Andronico sul teatro latino, nacque in Rudia nella Japigia secondo Plinio e Silio Italico e Pomponio Mela. […] Lo riceve poi Argirippo, il quale con questa chiave riapre quell’uscio che gli era stato chiuso in sul viso. […] E quando il pensi men, t’esce sul viso. […] Rimane qualche dubbio sul luogo della scena. […] Il lodato Denina par che abbia scritte le ultime sue operette .in fretta, arrestandosi sul primo pensiere senza esaminarlo gran fatto; come può comprovarsi con varie osservazioni sul mentovato Discorso, e sul Proseguimento delle Rivoluzioni d’Italia accreditato suo primo lavoro.
Or questo furbo così trincato si ha prefisso, giusta le sue regole economiche, di tosar prima a poco a poco Massimo e Camillo, e poi di scorticarli fin sul vivo e fuggirsi. […] Tutti i discorsi dello scempio Dottore Che’ imparò in sul Buezio leggi assai, hanno somma grazia, e ne rilevano la goffaggine senza bisogno di sforzo veruno istrionico per far ridere, come non rare volte può notarsi ne’ migliori comici stranieri. […] Fausto travestito sul punto di picchiare è trattenuto prima da una donna che toltolo pel medico vuole che vada a visitar suo marito infermo, indi da due palafrenieri di un cardinale che lo chiamano da parte del padrone, e finalmente da un servo di casa pieno di vino, per cui è costretto a ritirarsi. […] Il medico che stà in osservazione, vede entrare questo mercatante in casa senza raffigurarlo, si dispera, vuol ire a cogliere sul fatto la moglie, batte la porta, ma non essendo ravvisato dalla fante per essere nella guisa accennata travestito, è ingiuriato ed escluso. […] La prima intitolata Crofilomachia ovvero Duello d’Amore e d’Amicizia, si pubblicò nel 1586, ma era stata composta nella giovanezza dell’autore, e come nota lo Zeno sul Fontanini, fu recitata in Perugia con singolar piacere, e si ristampò più volte.
L’intendimento de’ nostri poeti fu di rimettere sul teatro moderno la tragedia greca, d’introdurvi Melpomene accompagnata dalla musica, dal ballo e da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio.
Prima di vomitare un dubbio offensivo non urbano, non già sul sapere, ma sulla onestà, e veracità altrui, dovevate cercare di assicurarvi del vero; che per fare delle apologie non manca mai tempo.
Nel libro XXXVI cap. 13 ne favella sul l’autorità di Varrone.
Allora il Pisani toscano compose le sue favole sul medesimo gusto.
Ma conoscenza di dritti, osservazioni sul costume, raziocinj, artifizio di lagnarsi impunemente, sagacità di ottenerlo per via di giuoco, sono idee di popoli già in gran parte dirozzati, e per conseguenza può bene asserirsi che di tutti i generi poetici il teatrale è quello che singolarmente alligna nelle società già stabilite, e dove regna una competente cultura.
Ricordo di aver letto sul proposito dell’artista : « Se tutti lo imitassero, nessuno studierebbe più la parte, e ritorneremmo ai bei tempi della commedia a soggetto.
Naturalmente le notizie sul Ferravilla non possono esser sì diffuse come quelle di altri grandi che apparvero e appariranno in quest’opera.
Se vuoi pensar, le risponde, ch’io son sul fior degli anni, che vivo fralle delizie e gli agi, fralle vivande e i vini, fralle feste e i balli, fra gli ozj e i sonni, Tu non ti ammirerai, se maritarmi Disponga, e cerchi ancor con tanta brama. Ella seguita sempre sul medesimo gusto, e poi narra il concertato con Annibale, la promessa fattale di matrimonio, i loro congressi notturni, e lo stabilimento di partirsi con lui in abito militare. […] Non manca nè di regolarità nè di nobiltà, nè porta la taccia degli eccessi ne’ quali trascorse al suo tempo l’amena letteratura; ma col discorso egli tentò invano insegnare che nelle tragedie, sul di lui esempio, dovessero usarsi i versi rimati.
Non si maravigli adunque il lettore se nel dipigner, che farò, lo stato attuale dell’opera più non udrà risuonar que’ gran nomi che tanto splendore alla nazion loro recarono, se troverà le moltiplici parti che concorrono a formar il dramma, tutte per l’addietro ad un sol fine dirette languir in oggi separate e disciolte, se vedrà finalmente rapirsi dalle altre nazioni qualche ramo del fortunato alloro che pareva destinato dal cielo a crescere ed allignare soltanto sul terreno privilegiato della Italia. […] Rozza in sul principio come lo erano i costumi degli abitanti, si disse che ratteneva i fiumi, ammansava le tigri e innalzava le muraglie di Tebe al suono della lira per significar con siffatte allegorie la prodigiosa influenza che acquistò sugli animi di quei popoli fra le mani di Lino, d’Anfione e d’Orfeo. […] [13] E incominciando dalla poesia quantunque libera errasse in sul principio e vagante senz’altra regola che l’orecchio, né altra misura che gli spazi di tempo impiegati nel proferir le parole, guari non andò che dall’istinto ammoniti i poeti la frenarono con severa legge e invariabile. […] Il ritmo musicale era in tal guisa modellato sul ritmo poetico che l’indole, natura e durazione dell’uno era precisamente conforme all’indole, natura e durazione dell’altro. […] I loro racconti mi sembrano avere la stessa autorità che le Relazioni del famoso inglese Valtein Raleing sul paese del Dorado nel Perù.
…Ma conoscenza di dritti, osservazioni sul costume, raziocinio, artificio di lagnarsi impunemente, sagacità di ottenerlo per via di giuoco, sono idee di popoli gia in gran parte dirozzati, e per conseguenza può bene asserirsi che di tutti i generi poetici il teatrale è quello che singolarmente alligna nelle società già stabilite, e dove regna una competente coltura ecc.
I Confratelli vi si sottomisero, ma non istimando di poter continuare a montar sul palco con loro decoro, cessato l’oggetto della loro confraternità, si diedero ad ammaestrare alcuni nuovi attori che rappresentarono sino al 1588 quando il loro teatro si cedette ad un’altra compagnia di attori formata in Parigi con real permissione.
I Confratelli vi si sottomisero; ma non istimando di poter continuare a montar sul palco con loro decoro, cessato l’oggetto della loro confraternita, si diedero ad ammaestrare alcuni nuovi attori che rappresentarono sino al 1588, quando il teatro fu ceduto ad un’ altra compagnia di attori formata in Parigi con real permissione.
Se vuoi pensar, le risponde, ch’io son sul fior degli anni, che vivo fralle delizie e gli agi, fralle vivande e i vini, fralle feste e i balli, fra gli ozii e i suoni, Tu non ti ammirerai, se maritarmi Disponga e cerchi ancor con tanta brama. Ella seguita sempre sul medesimo gusto, e poi narra il concertato con Annibale, la promessa fattale di matrimonio, i loro congressi notturni, e lo stabilimento di partirsi con lui in abito militare. […] Non manca nè di nobiltà, nè di regolarità, nè porta la taccia degli eccessi di stile, ne’ quali trascorse a suo tempo l’amena letteratura; ma col disborso l’autore tentò invano insegnare che nelle tragedie, sul di lui esempio, dovessero usarsi i versi rimati.
In quel secolo per la Francia fortunatissimo forse la poesia francese pervenne alla possibile venustà per le favole del Racine e pe’ componimenti del Boileau; ma il drammatico scrittore ebbe sul legislatore del Parnasso Francese il vantaggio del raro dono della grazia, che la natura concede a’ suoi più cari allievi, agli Apelli, a i Raffaelli, a i Correggi, a i Pergolesi, a i Racini, a i Metastasii. […] Tomiri che nella Morte di Ciro del Quinault va cercando sul teatro les tablettes perdute, fu ben meritevole della derisione del Boileau. […] Il leggitore imparziale da se giudicherà tra Racine ed Huerta a qual de’ due meglio competano i gentili elogii d’ignoranza, d’imbecillità, di meschinità, d’incapacità che lo spagnuolo declamatore temerario profonde a larga mano sul tragico francese; e meglio se ne assicurerà allorchè getterà lo sguardo su i componimenti drammatici del signor Vincenzo, che sembra una immonda arpia di Stinfalo che imbratta e corrompe le imbandite mense reali di Fineo.
Ma la di lui Melanida è una specie di romanzo fondato sul cangiamento di un nome, e troppo lontano dall’ essere commedia, benchè vi si trovi qualche situazione interessante. Il suo Amor per amore è sul medesimo gusto alieno dal vero comico, ma più languido ed a parer mio meno pregevole per aver l’ autore in tal favola voluto valersi delle fate e delle trasformazioni. […] Clement nelle sue osservazioni critiche sul poema della Declamazione teatrale di M.
E forse trovereste ancora quel pregio nel saper ripetere tutto ciò che sulla ormai fino a’ barbieri nota diffinizione Aristotelica della Tragedia, sul terrore e la compassione da purgarsi in essa per mezzo di tali passioni, hanno ragionato, esposto, comentato i Robertelli, i Vettori, i Castelvetri, i Piccolomini, i Patrizj, i Riccoboni, i Maggi, i Villani, i Biscioli, i Gravini, gli Einsj, i Dacier, ed altri famosi trattatori di Poetica. […] Questi vi diranno, che sebbene l’Uomo sia nel genere degli animali, è nondimeno composto di un’ Anima immortale, e di un Corpo a lei strettamente congiunto; e che per la prima vanta una Ragione che lo costituisce superiore agli esseri, che ne son privi1, e pel secondo, benchè soggetto a tutte le leggi e forze dell’Universo e di ogni sua parte, si trova dotato di una elasticità e attività di fibbre, e di nervi, che lo rende atto a signoreggiare sul rimanente del mondo animale, minerale, e vegetabile.
Dalle quali lettere, congiunte a tutte le altre di comici, e non son poche, si vede chiaro come essi non abbiano pensato a importunare l’Altezza Impresaria, o chi per essa, se non che per battere cassa, o narrar pettegolezzi di retroscena, o invocar la protezione a figliuoli, od altro di simil genere : e mai una lettera che accenni all’arte loro, mai la notizia di un successo o di un fiasco, mai un giudizio, sia pure per gelosia, sul modo di recitare del tale attore o della tale attrice ; nulla in somma di ciò che avrebbe potuto gettare e con tanto interesse un po’di luce in questo buio della nostra scena d’una volta. […] Il volume è in rilegatura originale, tutta pergamena, con taglio a fregi dorati sul dorso e sui piatti, i quali portan ripetuto un occhietto con entro le iniziali in due righe a tre a tre : M.
Tutto ciò che vedesi sul teatro viene da essi adattato alla storia di Elena. […] le quercie forse giurano sul falso? […] Al giudizio precede l’usato sacrifizio agli Dei; nel che si noti che quasi sempre sul teatro soleva introdursi la pompa di un sacrifizio. […] Mi viene in mente in tal proposito un altro giudizio agitato in un intermezzo sul teatro Spagnuolo avanti di un ridicolo giudice pedaneo, ossia Alcade di un picciolo villaggio. […] L’oggetto del poeta in questa favola denominata così da un Coro di Equiti o Cavalieri che vi s’introduce, fu dí fare sul teatro una denunzia di stato contro Cleone cittadino potente, manifestando le di lui estorsioni e ruberie.
Questa dipintura, oltre all’essere ben graziosa, ha il merito di prevenire l’uditorio sul carattere del protagonista. […] Dall’altra parte Diego ha fatti prodigii di valore, ha salvata la vita all’imperadore, si è fatto ammirare nella Goletta, è stato il primo a montare sul muro di Tunisi; ma sempre sfortunato si trova tuttavia povero. […] Diamante scrisse anche una favola sul Cid, e Pietro Cornelio ne trasse alcuni pensieri. […] El Tetrarca de Jerusalèn contiene le avventure di Marianna ed Erode, ed è forse la più famosa delle di lui rappresentazioni istoriche e quella che più spesso ho veduta riprodursi sul teatro di Madrid. La favola si aggira sul timore che ha Marianna di una predizione di un astrologo, che ella perirebbe preda di un gran mostro, e che Erode col pugnale che sempre porta allato darebbe la morte alla persona da lui più amata.
Sebbene il Beretta fosse già stato scritturato dal Duca, pare che non raggiungesse subito la compagnia, come avrebber desiderato i comici, e specialmente il Truffaldino Palma, che si raccomanda sul proposito a un ministro del Duca con la lettera seguente, tratta dagli Archivi de’ Gonzaga, e come l’altre gentilmente comunicatami dall’ egregio cav.
Fu anche Luigi Del Buono, come dice la lapide commemorativa, egregio scrittore di commedie e di operette, tra le quali, una delle più note e più lodevoli, la Villana di Lamporecchio, la cui protagonista fu studiata sul vero nella persona di Virginia Venturini di Lamporecchio, che viveva al servizio di lui, e lo pettinava ogni mattina, acconciandogli il codino stenterellesco che egli non abbandonò mai.
Sette anni dopo, cioè nel 1770 l’istesso Moratin fe rappresentare ed imprimere Ormesinda altra sua tragedia colla medesima versificazione, e la prima di quel secolo XVIII comparsa sul teatro di Madrid. […] Dopo ciò Rachele affetta desiderio di partire, ed il re si ostina a farla rimanere, perdona agli Ebrei, vuol pure che ella governi per lui, e colla maggior gravità di sovrano impone alla guardia che a lei obedisca e la colloca sul trono. […] Essi si meravigliano della leggerezza di Alfonso, e non hanno torto, giacchè ora minaccia, ora teme, ora ordina il bando degli Ebrei, ora si pente, ora esiglia Rachele, ora la pone sul trono, e non è mai lo stesso. […] Rachele si consola alla meglio, si asside un’ altra volta sul trono, parla de’ pubblici affari, decreta, e fa quello stesso ch’ella un secolo prima fece nella favola di Diamante la Judia de Toledo. […] Huerta rifare la Venganza de Agamemnon del maestro Perez de Oliva che la compose in prosa, e la scrisse sul gusto stravagante del Bermudez con ottave, odi, stanze, e con ogni sorte di versi rimati, ed anche con assonanti.
E che giova trattenersi sul Filolauro di Bernardo Filostrato, che esso Quadrio chiama atto tragico, ma che nella Drammaturgia dell’Allacci è detto solacciosa commedia? […] Ma la dipintura nell’atto V di Canace sul letto funesto col bambino allato e col pugnale alla mano dono di Eolo suo padre, e le di lei parole nell’ atto di trafiggersi sperando di sopravvivere nella memoria di Macareo, e quelle indirizzate al figliuolino, hanno una verità, un patetico, un interesse sì vivo, che penetra ne’ cuori e potentemente commuove e perturba. […] Ma in generale lo stile è puro, sobrio, e più d’una fiata grave e vigoroso, e sparso di utili massime or sulla legislazione or sul governo or sulla religione. […] Bongianni Grattarolo di Salò sul lago di Garda coltivò ancora a que’ dì la poesia tragica talvolta con felicità. […] Non è così ben tenuto il teatrino di Sabbioneta che pure sussiste; ma è parimente di forma antica e bellamente architettato dal rinomato Scamozzi, il quale avea terminato il teatro Olimpico sul disegno del Palladio.
Tutto ciò che vedesi sul teatro, viene da essi adattato alla storia di Elena: il paese diventa Egitto, il tempio chiamasi casa di Proteo, l’altare vien detto sepolcro, la donna ch’è presente detta Critilla, è presa per Teonoe figlia di Proteo. […] le quercie forse giurano sul falso? […] Al giudizio precede l’usato sacrifizio agli dei; nel che si noti che quasi sempre sul teatro soleva introdursi la pompa di un sacrifizio. […] Mi viene in mente a tal proposito un altro litigio agitato in un intermezzo sul teatro Spagnuolo avanti di un ridicolo giudice pedaneo, o sia Alcalde di un picciolo villaggio. […] L’oggetto del poeta in questa favola denominata da un coro di Equiti o Cavalieri che vi s’introduce, fu di fare sul teatro una denunzia di stato contro Cleone cittadino potente, manifestando le di lui estorsioni e ruberie.
A conoscere quanta grazia aggiunga allo stile la sola inversione, quando si fa secondo i movimenti dell’armonia, basta osservare i periodi di Cicerone, l’inesprimibile bellezza de’ quali diverrà un suono rozzo e insignificante, un cadavero senz’anima soltantochè si cangino dall’ordine loro le parole, mettendo sul principio quelle, che sono al fine, ovvero sul fine quelle, ch’erano in principio. né avviene altrimenti nella lingua italiana. […] [19] La seconda, della immaginazione pronta e vivace, che tanto influisce sul naturale degli Italiani, la quale fra le molte modificazioni degli organi destinati all’esercizio della parola trova subito quelle, che alla maniera loro di concepire maggiormente si confanno.
E che giova trattenersi sul Filolauro di Bernardo Filostrato, che l’istesso Quadrio chiama atto tragico, benchè nella Drammaturgia del l’Allacci si dica solacciosa commedia ? […] Un cuore non indurito da’ pregiudizii verserà pietose lagrime al racconto del veleno preso dalla regina, ai di lui discorsi, alla compassionevole contesa con Erminia, ed al quadro delle donne affollate intorno a Sofonisba che trapassa, di Erminia che la sostiene e del figliuolo che bacia la madre, la quale inutilmente si sforza per vederlo l’ultima volta sul punto di spirare. […] Ma la dipintura nell’atto V di Canace sul letto funesto col bambino allato e col pugnale alla mano dono di Eolo suo padre, e le di lei parole nel l’atto di trafiggersi sperando di sopravvivere nella memoria di Macareo, e l’espressioni indirizzate al figliuolino, banno una verità, un patetico, un interesse sì vivo che penetra ne’ cuori e potentemente commuove e perturba. […] Ma in generale lo stile è puro, sobrio, e più di una fiata grave e vigoroso, e sparso di utili massime or sulla legislazione or sul governo or sulla religione. […] Bongianni Grattarolo di Salò sul lago di Garda coltivò ancora a que’ dì la poesia tragica talvolta con felicità.
Io ne ho veduta, pochi anni fa, sul teatro spagnuolo in un Intermezzo l’azione principale e la difesa del Pecoraio fatta da Patelin, e la contesa dell’avvocato e del cliente che lì vale delle di lui istruzioni per non pagarlo.
V. l’articolo inserito sul Cittadino di Ginevra nella seconda edizione delle Memorie letterarie di Palissot.
L’ ha guastà la moral ; volesse Dio, Che sto peccà sul toni nol gavesse.
Ma la morte lo colse anzi tempo, e quel povero teatro, in cui il Duse aveva militato decorosamente e trionfalmente ventotto anni, sul cui frontone si leggeva : Al popolo Padovano consacrava Luigi Duse riconoscente, oggi, (perchè ?)
Ma la bella Euridice Movea, danzando, il piè sul verde prato Quando (ria sorte acerba!) […] Il Maffei nel Discorso sul teatro italiano, e il Quadrio mostrano bensì d’averla veduta. […] Sentasi nell’atto secondo il gentil dialogo fra Isabella e il capitano spagnuolo, il quale per antica benivolenza della nazione italiana verso di noi debbe esser sempre posto in ridicolo sul teatro: Cap.
., morto nel 1765, ha scritte tre buone tragedie, il Busiri, (tradotto in Francia da M. de la Place) rappresentata con applauso sul teatro di DruryLane nel 1719, la Vendetta uscita nel 1721 e i Fratelli tragedia rappresentata nel 1753, la quale si tiene per inferiore alla Vendetta, quanto allo stile, ma merita indulgenza per esser uscita da un uomo di sessantanove anni. […] Ma ad onta di tante morti, tanto sangue, e tanti delitti enormi esposti sul teatro inglese, vi si osserva, che ogni dramma é preceduto da un prologo rare volte serio, e seguito da un epilogo ordinariamente comico, anche dopo i più malinconici argomenti, e vi si vede sovente l’istessa attrice, che sarà morta nella tragedia, venir fuori co’ medesimi abiti a far ridere gli spettatori. […] La lezione che prende Constant da Lovemore, attaccato del medesimo suo morbo, sul modo di contenerli colla moglie, é ben graziosa nella scena II.
Se di tragedie intenda favellare quest’ultimo nell’ode che a lui indirizzaa, Pollione ebbe anche il merito di uscire da soliti argomenti tratti da Omero e dalle favole Greche, ed esporre con nobile intrepidezza sul teatro di Roma la civile querela di Cesare e Pompeo, ed il giogo imposto dal vincitore a tutta la terra, fuorchè al gran cuore di Catone, Et cuncta terrarum subacta Praeter atrocem animum Catonisb. […] Accompagna degnamente le due tragedie descritte la Troade, la qualo abbraccia parte dell’Ecuba e parte delle Trojane di Euripide, aggirandosi sulla divisione delle schiave Trojane tra’ vincitori, sul sacrifizio di Polissena all’ombra di Achille, e sulla morte di Astianatte. […] Secondo il Messo che lo riferisce, mai Edipo non fu più sofistico ragionatore che sul punto di volersi ammazzare. […] Ciò vuolsi dai poeti fuggire con somma cura; perchè lo spettatore che ha motivo d’ingannarsi sul di loro disegno, se ne vendica col disprezzo.
Sette anni dopo, cioè nel 1770 l’istesso Moratin fe rappresentare ed imprimere Ormesinda altra sua tragedia colla medesima versificazione, e la prima in questo secolo comparsa sul teatro di Madrid. […] Dopo ciò Rachele affetta desiderio di partire, ed il re si ostina a farla trattenere, perdona agli Ebrei, vuol pure, ch’ella governi per lui, e colla maggior gravità di sovrano impone alla guardia che a lei obedisca, e la colloca sul trono. […] La caccia però nel dramma di costui, che non si limita a un giorno, ma che abbraccia sette anni, non è ripiego inverisimile, là dove nella favola dell’Huerta il re s’invoglia di andare alla caccia poche ore dopo che il popolo ha chiesta la morte di Rachele, quel popolo ch’egli ha mortificato con farla sedere sul trono e con rivocare il bando degli Ebrei. […] Rachele tosto si consola, si asside un’ altra volta sul trono, parla de’ pubblici affari, decreta, e fa quello stesso ch’ella un secolo prima avea fatto nella Judia de Toledo del Diamante. […] Huerta ha voluto ancora rifare la Venganza de Agamemnon del maestro Perez de Oliva che era in prosa, scrivendola sul gusto del Bermudez con ottave, odi, stanze e con ogni sorte di versi rimati, ed anche con assonanti.
In tale lavoro importante e arduo, come il soggetto divino sul quale lavora, egli è generalmente maestoso, meraviglioso o patetico e così totalmente lontano da ogni soluzione ordinaria e comune, che l’ascoltatore attento è affascinato da una infinita varietà di nuova e piacevole modulazione e nello stesso tempo da un disegno e un’espressione adattati in modo così raffinato, che il senso e l’armonia coincidono ovunque. […] settizonio: facciata monumentale di un Ninfeo che sorgeva sul Palatino, fatta a più piani di colonne.
Puntella l’Apologista la riferita congettura sul Rueda con un’ altra ugualmente invincibile.
Angelo sul monte, del quale dice il nomato Alberti descrivendo la Campagna di Roma, benchè io abbia veduto molti teatri et anfiteatri…. non però non ho mai veduto il simile a questo .
Non era la solita sovrapposizione dell’artista sul personaggio ; era un vero e proprio lavoro di transustanziazione, da cui l’attore usciva trasformato.
Vivono invece quelle sul teatro, consultate da chiunque si dia a tal genere di studj, e specialmente La storia del Teatro italiano, opera più che altro di polemica, per quella benedetta quistione della derivazione della commedia dell’arte dall’antica Atellana, e dello Zanni arlecchino dall’antico Sannio, che aveva sotto certo rispetto le stesse caratteristiche del costume : quistione non ben risolta tuttavia.
A questa mollezza universale seminata nelle tragedie francesi volendo rimediare Longepierre compose una Elettra tutta sul gusto della greca tragedia, semplice, senza episodj, senza sfigurarne il tragico soggetto con un freddo intrigo amoroso. […] Benchè privo egli si dimostri di certe qualità che enunciano l’uomo di gusto e d’ingegno, come altresì di ogni conoscenza dell’eroismo e del patetico vero, di naturalezza ed eleganza di stile e di armonia di versificazione, con tutto ciò il di lui Assedio di Calais e Gabriela di Vergy ebbero una riuscita invidiabile sul teatro, e non se ne scorsero tutti i difetti se non alla lettura. […] Chi può veder senza nausea un uffiziale come Bajardo mandare un biglietto di disfida al suo generale sul punto di darsi una battaglia, ed il generale accettarla preferendo un litigio privato alla causa del sovrano? […] Or è giusto calunniare sul teatro?
Il quarto tratterà del patetico delle arti, cioè dell’influenza delle passioni sulla espressione e sul gusto, e delle differenti vie prese dalle arti per eccitarle, dove si dimostrerà che il diletto che ci arrecano i diversi generi e gli stili diversi nella pittura, nella scoltura, nella musica, nella poesia, nell’eloquenza, e nella storia nasce da queste due uniche sorgenti amor del piacere, e fuga del dolore. Nel quinto si parlerà a lungo delle cause estrinseche che possono accrescere, diminuire alterare, o variar l’espressione, dove partitamente si esporrà l’influenza del clima sul gusto, quali religioni debbano essere favorevoli, quali contrarie al progresso delle arti d’imitazione, come giovino e come nuocano i diversi sistemi di morale, e di legislazione, e in quanto contribuiscano le opinioni pubbliche, lo spirito di conquista, lo spirito filosofico, lo spirito di società, l’ascendente delle donne, il commercio, ed il lusso. […] Il solo che ci sembra convenire è l’indicato dall’autore nel testo, sul quale non mi trattengo, perché a un di presso il medesimo che da me fu lungamente proposto nel primo capitolo del primo tomo e illustrato in seguito per tutto il corso dell’opera.
Ella piagne, ella si percuote il bel petto, ella si lascia cadere sul giacente corpo, e giunge viso a viso e bocca a bocca, ella l’inaffia del suo pianto. […] E di tal letterato avea il Manfredi gran concetto, e lo desiderava vicino per udirne il parere sul suo Contrasto amoroso, come l’udì sulla tragedia.
Non incresce tanto in tal componimento un buon numero d’incoerenze, ed il piano mal congegnato, quanto il pessimo esempio che ne risulta per chi v’assiste, per cui meriterebbe d’escludersi dalle scene mal grado della riuscita che ebbe sul teatro dell’Opera comica della strada Favart. […] Essa si compose da i tre autori Radet, Barrè e Bourgueil, e si rappresentò al finir d’agosto del 1800 sul teatro del Vaudeville.
Tomiri che nella Morte di Ciro di Quinault va cercando sul teatro ses tablettes perdute, fu ben meritevole della derisione di Desprèaux. […] Il lettore da se giudicherà tra Racine ed Huerta, a qual de’ due meglio competano i gentili elogj d’ignoranza, d’ imbecillità, di meschinità, d’ incapacità, che quest’ultimo declamando profonde a larga mano sul tragico Francese.
Contemporaneamente l’erudito Niccolò Amenta Napoletano nato nel 1659 e morto nel 1719 dal 1699 in poi fe recitare ed imprimere le sette sue commedie, la Costanza, la Fante, il Forca, la Somiglianza, la Carlotta, la Giustina, le Gemelle, tutte scritte in bella prosa e con arte comica alla latina, e sul gusto del Porta e dell’Isa. […] alla cena che fa il di lei marito sul balcone?
Ed è possibile che la storia non ci abbia detto nulla sul conto di un così rimarchevole personaggio ? […] Chiudo la serie con due madrigali : l’uno, ignoto, scritto Sopra i uarij effetti di pallore, e rossore, che si uiddero sul uolto di Florinda mentre recitaua la pazzia in scena ; e sopra la stessa pazzia.
Questo scrittore che a’ suoi tempi recò grande ornamento alla città di Roma, e di anni settanta morì nel 584, l’anno 514 quando cominciò a comparire Andronico sul teatro Latino, nacque in Rudia nella Japigia secondo Plinio, Silio Italico e Pomponio Mela. […] Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi ascoltando i consigli suggeriti dal buongusto. […] Lo riceve poi Argirippo, il quale con questa chiave riapre quell’uscio che l’era stato chiuso in sul viso. […] Padre, l’infamia non si estingue mai, E quando il pensi men, t’esce sul viso. […] Rimane qualche dubbio sul luogo della scena.
Ritrovandomi io un giorno in un luogo, in cui erano parecchi giovani alterosi di quella solita superficiale tintura di lettere, che basta in Francia a farsi ammirare dall’immensa turba degl’ infarinati, gl’ intesi discorrer sul merito degli antichi e moderni comici.
Ma la di lui Melanida è una specie di romanzo fondato sul cangiamento di un nome, e troppo lontana dall’esser commedia, benchè vi si trovi qualche situazione interessante. Il suo componimento Amor per amore è sul medesimo gusto alieno dal vero comico, ma più languido ancora ed a parer mio meno pregevole per aver l’autore in tal favola voluto valersi delle fate e delle trasformazioni. […] Il signor Clement nelle sue Osservazioni critiche sul poema della Declamazione teatrale di Dorat scrive ancora: «Io vorrei coperti di ridicolo i nostri attori ossessi, i quali caricano tutto, e non sanno parlare se non per convulsioni, e fanno patire chi gli ascolta per gli strani loro sforzi di voce e pel dilaceramento del loro petto.»
chè la parola infame sul labbro è a pochi : e questi pochi or sono di te men degni.
A dirla io non posi studio veruno a ponderare questi difetti diffusamente rilevati da quell’Erudito; e solamente intesi di accennare il modo di comporre del Cueva, che io non avea letto come il confessai, sul testimonio di un nazionale. […] Gli consiglio però a non fondare speranza veruna sull’esempio delle Medee Greche e Latine, e sul Maometto (p.
Sino al 1640 in circa si mantenne il teatro in Francia sul sistema delle farse di Hardy184. […] I moderni, scortati dal Petrarca, attinsero nella filosofia platonica un’idea più nobile dell’amore, e ne arricchirono la poesia, e quindi così purificato passò sul teatro.
Gettata sul conio della precedente è la Señorita Mal-criada impressa e non rappresentata ch’io sappia, nella quale si descrive una fanciulla ricca guasta dall’educazione di un padre spensierato, come nell’altra è una madre oscitante e mattamente indulgente che corrompe il costume del figliuolo. […] Introdotto sul teatro equivale all’intermezzo degl’Italiani, e alla petite-pièce de’ Francesi.
Teodoro Balsamone autore del XII secolo sul canone 62 del Concilio Trullano che proibisce agli uomini il prender vesti femminili e coprirsi con maschere, osserva che a suo tempo ancora nel natale di Cristo e nell’epifania i chierici si mascheravano in chiesa. […] Ma se egli voleva rallegrare i suoi compatriotti a spese dell’Italia, dovea prima assicurarsi d’aver ragione, altrimente il ridicolo ricade sul derisore, come ora è avvenuto.
Era nata la lor discordia, perche ciascuno di essi pretendeua d’essere stato il fondatore, il fabricatore della città di Bologna, e non hauendo chi desse sopra di ciò la sentenza erano quasi quasi venuti alle mani ; perciò tutti allegri del mio arriuo Con mille reverenze e mille inchini fattomi sedere pro tribunali, &c, volsero, ch’io gli fussi il Giudice ; e sul vero Ci voleua un tant’huomo in tanta lite.
Egli mi ha fatto spesso ridere e piangere : effetti non facili entrambi da prodursi ora sul mio animo, almeno da un commediante.
Ma ad attuare il nuovo disegno s’interponeva un ostacolo non facilmente sormontabile : suo marito, da cui non si sarebbe mai separata, era sul punto di ottenere un appalto governativo, in società con amici, che gli assicurava un ottimo resultato : forse, dopo un triennio, l’utile di dieci mila scudi.
Vagheggiò la morte su la scena fra lo splendore dei lumi, il fragor degli applausi, come quella d’un generale sul campo di battaglia : il fato che gli fu prodigo di tante dolcezze, gli serbò la più amara delle delusioni : su la grande arte sua, in mezzo agli urli della folla esaltata, al teatro di Odessa, calò il sipario per sempre ; e abbandonato, forse già dimenticato, il grand’uomo nella piccola Pescara esalò l’ultimo respiro alle 11,45 del 4 giugno 1896.
Oh che bello spettacolo sarebbe allora quello di vedere il Manfredini a farla da eunuco sul teatro di Venezia, e su quello di Bologna! […] E quando ciò accadde sul teatro greco? […] [71] «Senza tanto declamare e senza ripetere ciò ch’è stato già detto da altri (cioè che vi sono molti guastamestieri che le regole non sono ancora tutte perfette; e che se anche lo fossero esse non basterebbero per formare un grand’uomo, lo che è più vero) poteva dire che pochi riescono nell’arte musica, perché non tutti son nati per la medesima; ma non perché i maestri insegnano il contrappunto ai loro scolari col fargli ritrovare gli accordi, e concertare le parti sul cembalo mentre questo è falsissimo.» […] Se i drammi di Metastasio fossero ben accompagnati dalla musica e ben eseguiti dai cantanti, senza dubbio ci moverebbono di più che se fossero semplicemente recitati, ma appunto perché non c’è codesto accompagnamento ben adattato né cotesta acconcia esecuzione, essi ci lasciano sul teatro freddi quanto un ghiaccio. […] [NdA] Vedi Giambattista Mancini nelle Riflessioni pratiche sul canto figurato.
Il Clero cui importava che i popoli non venissero distratti dalla divozione, alla prima proscrisse siffatti spettacoli, indi cangiando condotta e seguendo lo stile delle precedenti età, quando ad onta de’ divieti si videro introdotti nelle Chiese, ne ripigliò egli stesso l’usanza, esercitando L’arte istrionica, e mascherandosi e cantando favole profane nel Santuarioa Teodoro Balsamone autore del XII secolo sul Canone 62 del Concilio Trullano che proibisce agli uomini il prender vesti femminili, e coprirsi con maschere, osserva che a suo tempo ancora nel Natale di Cristo, e nell’Epifania i chierici si mascheravano in chiesa. […] Ma se egli voleva rallegrare i suoi compatriotti a spese dell’Italia, dovea prima assicurarsi di aver ragione, altrimenti il ridicolo viene a ricadere sul derisore, come ora è avvenuto.
Lo stesso Muratori, negli Annali d’Italia all’anno 1036 parlando delle famose nozze di Bonifazio marchese di Toscana con Beatrice di Lorena, dice coll’ autorità del celebre Donizione citato qual testimonio di vista che “per tre mesi nel luogo di Marego sul Mantovano si tenne corte bandita.
., si figurava che scappasse fuori pel ventre insieme colle interiora, Gesù Cristo sulle spalle di Satana volava sul pinnacolo ec.
Sopraggiunge il padre Oceano stesso a prestargli un amichevole uffizio, ed in gravi ragionamenti si trattengono sul nuovo regnator de’ numi, ed in tal proposito Oceano gli porge salutari consigli: Deh te stesso conosci e al tempo servi.
Si dice ancora che il novello autore male in arnese arrivò in tempo che Cecilio giaceva per cenare, e sul principio si fece sedere in una panca accanto al letto; ma dopo alquanti versi maravigliato Cecilio e dall’eleganza e proprietà dello stile rapito, l’invitò a cenar con lui, e dopo la cena si prosegui l’intiera lettura della commedia consomma continuata ammirazione del vecchio poeta. […] Così tormentato dalle innocenti richieste materne rimanendo solo riflette con libertà sul l’avventura della moglie e sul proprio stato. […] Scarmigliati i capelli, i piedi nudi, Incolta, rozza, e col pianto sul viso, Vestita malamente: alla per fine, Se in essa il fior della beltà non era, Avrian tai cose ogni bellezza estinta.
Stampiglia, Salvi, e sopratutto il dottissimo Apostolo Zeno, oltre al recare anch’essi sul Teatro Musicale azioni di personaggi proprj della Tragedia, si studiarono di apportarvi decorazioni più naturali, e situazioni più tragichè. […] Qual Pittura più degna di quel Principe de’ Pittori della Trasfigurazione sul Taborre?
In tal modo adoperando, saremo sicuri che la musica ne darà bene spesso sul teatro un qualche saggio di quella vittoriosa sua forza che mostrava ne’ tempi addietro, e che presentemente nelle dotte composizioni dispiega di Benedetto Marcello, uomo forse a niun altro secondo tra gli antichi e primo certamente tra’ moderni.
Chi ti ha dato de’ pugni sul viso?
Soprattutto quale concepibile superiorità non avea Angelica Bilington sopra il castrato Mattucci sul nostro teatro di San Carlo, tutto che questi avesse una voce eccellente?
Chi ti ha dato de’ pugni sul viso?
Gettata sul conio della precedente è la Señorita Mal-criada impressa e non rappresentata, in cui si descrive una fanciulla ricca guasta dall’educazione di un padre spensierato, come nell’altra è una madre tale che corrompe il costume del figliuolo: vi si vede una D.
Prima di poter dare una qualsiasi risposta, bisognava far le ricerche opportune sul Trivellino, sperando che le notizie che lo concernono, potesser dare alcun lume sulla quistione.
Ecco i due epitaffi che egli dettò per Isabella sua : il primo scolpito in bronzo sul sepolcro di lei in Lione, il secondo stampato nella nuova edizione delle di lei rime. […] Nei Balli di Sfessania la caratteristica dei personaggi è di esser lunghi, secchi, allampanati, dinoccolati ; nella grottesca collezione de’gobbi la caratteristica è di rincontro quella di esser nani, pingui : tolta questa caratteristica, il tipo è lo stesso, avente per nota dominante la maschera dal naso aguzzo e le due enormi penne sul cappello o berretta.
A tempo di Paolo Cortes, per quanto egli stesso racconta, fecesi anche sul colle Quirinale la recita dell’Asinaria.
A tempo di Paolo Cortes, per quanto egli stesso racconta, fecesi anche sul colle Quirinale la recita dell’Asinaria.
Huerta ignorando l’idioma in cui sono scritti i miei libri teatrali che pur volea mordere, cadde ne’ riferiti errori su le parole e sul sentimento che ne attaccò.
V’auguro fortuna e quando vi verrà in capo di pensare a me ricordatevi di parlare sul serio e che io non scherzo mai.
— Piccoli tratti estetici sul teatro.
Ella piagne, ella si percuote il bel petto, ella si lascia cadere sul giacente corpo, e giunge viso a viso e bocca a bocca, ella l’innaffia del suo pianto.
Angelo sul monte, del quale dice il lodato Alberti, descrivendo la Campagna di Roma, benchè io abbia veduto molti teatri & anfiteatri . . . . . . non però non ho mai veduto il simile a questo 159.
Invece di trasportare l’arte di que’ primi Maestri a’ moderni costumi e genj delle Nazioni, esse si videro trasportate a’ tempi de’ Greci, e de’ Romani: e in vece di vedersi sul Teatro i ritratti de’ moderni Italiani, si videro quelli delle nazioni antiche”.
Così tormentato dalle innocenti richieste materne rimanendo solo riflette con libertà sull’avventura della moglie e sul proprio stato. […] E tanto bella più tu la diresti, Quanto nulla ha, che sua bellezza aiti: Scarmigliati i capelli, i piedi nudi, Incolta, rozza, e col pianto sul viso, Vestita malamente: alla per fine, Se in essa il fior della beltà non era, Avrian tai cose ogni bellezza estinta.
E avutone il permesso, si diè a fare ogni specie di smorfie piacevoli, sicchè il Delfino prima si chetò come sorpreso, poi cominciò a ridere, e rider tanto che la sua smodata ilarità lasciò alcune traccie poco piacevoli…. sulle mani e sul vestito di Scaramuccia ; la qual cosa fe’ smascellar dalle risa la Regina e le Dame e i Gentiluomini di Corte presenti al fatto.
Clement nelle sue Osservazioni critiche sul Poema della declamazione teatrale di M.