Metto fra i comici anche il nome di questo scrittóre ben noto, nato a Venezia nel 1756 dal Conte Casimiro, napoletano, e da Angiola Olivati, veneziana, perchè, già vedovo della comica Monti, « che in quell’epoca – scrive Iacopo Ferretti – in cui era di moda recitare il verso tragico cadenzato, come i sonetti si recitavano dai novizii di Parnaso, era una rediviva figlia di Roscio, » fatta società colla insigne comica Marta Colleoni, si diede anche all’arte del recitare, nella quale riuscì mediocremente ; « fu discretissimo – dice lo stesso biografo – e non apparve più sulle scene. » Visse col De Marini, collo Zuccato, col Fabbrichesi, col Vestris e col Blanes, e ne fu poeta. Quest’ultimo lo chiamò al suo letto di morte, perchè lo consigliasse, come vedremo, nel testamento ; ma in mezzo a tanti legati non vi fu un solo scudo lasciato al povero consigliere che fu al morente pietoso di utili ricordi di gratitudine.
Morto il Ricci di colera nel '55, Raffaello Landini prese lo scettro della maschera di stenterello, nè più ebbe chi lo imitasse o gli si accostasse. Nell’ Homme blasé, nonostante la innata modestia che lo faceva tremar di spavento al ricordo del Ricci, insuperato in quella parte, fu grandissimo.
Perduto l’impiego, tornò all’amor della scena, in cui aveva fatto da giovine buone prove coi filodrammatici, e si scritturò con Rossi, colla Goldoni, colla quale lo vediamo il 14 giugno 1815 rappresentar la parte di Sole nella Caduta di Fetonte dell’Avelloni, poi con Dorati, prima padre nobile, poi caratterista, nel qual ruolo entrò il '22 nella Compagnia Reale Sarda, e vi fu acclamatissimo, fino al '28, anno della sua morte. […] Fu autore di un Teatro italiano, edito a Torino da Alliana e Paravia, in tre volumi, il primo dei quali comprende la Storia del Teatro italiano di Luigi Riccoboni, tradotta e ridotta, preceduta da alcuni cenni biografici di lui, il secondo lo Stato attuale del Teatro italiano, in cui sono notizie preziosissime di attori e attrici del suo tempo, e il terzo uno Studio sull’ arte della Declamazione teatrale. Nella Compagnia Reale Sarda, almeno per l’anno 1825-26, aveva lo stipendio annuo di lire 6000 con tre serate a mezzo, secondo l’uso comico.
Forse lo Scaramuccia ebbe l’elenco in quaresima e nol pubblicò che in agosto, quando la Germoglia, morto il marito, passò a seconde nozze col Tassani ? […] O lo Scaramuccia ripubblicò un elenco degli anni scorsi ? […] Certo l’elenco del Cosentino è stato pubblicato colla scorta del documento che ci dà il Tassani marito di Elena Germoglia, figliuola del caratterista Giuseppe Petrucci (V.), « giovane e bellissima attrice – scrive Cosentino – che lo ajutava a portare il fardello del capocomicato irto di difficoltà pecuniarie, » e che si meritò dal pubblico veronese l’onore della presente effigie nel IV atto di Medea.
» Codesto vizio dell’andare a soggetto non lo lasciò più. […] E chi non lo riconoscerebbe a quell’aria di bontà e di dabbenaggine ? […] Chè tal è il porgere di Adamo Alberti, quale gl’Italiani (non parlo di quelli che si tagliano i pensieri alla francese) han sempre voluto che sia : quale la benigna natura glie lo ha largito, dotandolo di una voce scorrevolissima e sonora, d’un volto grazioso ed espressivo, d’un gesto pronto e vivace, d’un movimento libero e securo ; quale glie lo han raccomandato a prova nel suo tirocinio teatrale i due suoi maestri, cioè il proprio genitore, comico distinto a que’tempi, ed il celebre Francesco Augusto Bon, autore ed attore reputatissimo ; e quale finalmente più conveniva allo stile di Goldoni, su le cui commedie si è per dir così modellato sin dalla età sua prima. […] Ancora : Non ha lo Alberti elemento, se questo non è comico del tutto.
Si destina la cena, alla quale vuole intervenire lo stesso Demeneto. […] Vi accorre lo stesso Pleusidippo e chiama il ruffiano in giudizio. […] Eutico suo amico figliuolo di Lisimaco lo raggiugne, lo consola, intercede per lui presso il padre, e ne ottiene che gli ceda Pasicompsa. […] Ella lo saluta col nome di padre. […] Eutropio e San Girolamo lo dicono Tarantino, il Galateo lo vuol nato nella Rudia di Lecce.
Ridottosi vecchio in Padova, lontan dal teatro, vi fu dopo alcun tempo richiamato dalla passione dell’arte : ma la sua ricomparsa lo fe’battere per sempre in ritirata. Mosso a pietà di un povero sordo-muto, lo aveva raccolto e istruito : e, insegnatagli con ogni amore la parte di Giulio nel noto dramma L’Abate de l’Epée, pensò di produrlo in quella colla Compagnia di Antonio Morelli che allora recitava in Venezia. […] … L’arguto Buratti, poeta veneziano, lo annichilì con questo epigramma : O vu che podè tuto, Giusto e clemente Iddio, Deghe la vose al muto, Toleghela a Bonfio.
Educato, gentile, senza albagia per il suo merito, era amato e stimato non solo da’ suoi fratelli d’arte, ma da tutti quelli che lo conoscevano. […] Sul tardi spirò un vento così glaciale che lo costrinse a ritornare, tutto tremante, in Torino, anche prima che la festa fosse finita. […] Ma in ciò non concordano nè il Costetti, nè il Colomberti, che lo fan perire di fiero scompiglio di umori.
XIV), e lo vediamo il 1593 a Genova. […] Sì dalla istanza del 1593, scritta di pugno del Fabbri (V.), ma oltre che dagli altri sottoscritta dal Salimbeni per sè e per gli assenti, sì dal tenore di questa lettera dettata a nome della Compagnia, il Neri ne lo ritiene (e io con lui) in conto di Capo. […] Bartoli, che aveva letto male, commentò : « Zanobio nativo di Piombino luogo della Toscana. » E molti lo seguirono ; ma io credo sia evidente trattarsi dell’appellativo di un tipo speciale di vecchio servo, derivato forse dal modo pesante di muoversi e discorrere, come il Succianespole negl’ Innamorati di Goldoni, il Pizzuga nella Villana di Lamporecchio di Del Buono, e altri moltissimi di simil genere.
Egli stesso racconta che la soggezione e l’emozione lo paralizzarono per modo, che la sua voce non arrivò a’suonatori di orchestra. […] Questi ventun anni lo compensaron davvero della travagliosa e dura vita ch’ egli aveva fatto peregrinando di Compagnia in Compagnia, di ristrettezze in ristrettezze, specialmente nella Compagnia precedente con Sterni solo, prima, poi con Sterni e Rescalli. […] Pietro Barsi ne fu uno de’migliori ornamenti ; e se bene a lui si potessero spesso rimproverare alcuni difetti di pronuncia e di cadenza che gli venivano dal paese natale, e fors’anche dalle Compagnie in cui militò più anni, non si potevano in lui non riconoscere molte e pregevoli qualità di artista, fra le quali, prima di tutte forse, lo studio del vero. L’Alberto Pregalli, I Fourchambault, I Borghesi di Pontarcy, I nostri buoni villici, Goldoni e le sue sedici commedie lo hanno collocato tra i migliori caratteristi del teatro italiano.
.), in Compagnia di Corrado Verniano (o forse più esattamente Vergnano) per un triennio, per doventar di nuovo capocomico di una compagnia di giro, che lasciò dopo alcuni anni, ritirandosi dalle scene per la morte di un unico fratello che lo lasciò tutore de' figli e amministratore del loro ricco patrimonio. […] Colomberti, contemporaneo, lo chiama un « ottimo Padre Nobile, riuscito ugualmente bravo nei tre generi di recitazione, » e Luigi Aliprandi, contemporaneo e scritturato, dice di lui largamente ch'ebbe figura possente, ma voce alquanto aspra, e modi risoluti e austeri, da farlo credere di una severità grandissima ; mentre, in realtà, era l’uomo più mite e indulgente del mondo. […] Mi pare sarebbe molto meglio ve ne faceste uno nuovo…. » L'attore lo guardò umilmente, e balbettò : « Si fa presto a dirlo…. ma…. » E Tessari di rimando : « Ho capito. » E senza perdere un istante lo condusse da un mercante di panni.
VII) ci apprende come il Cotta, risolto di farsi commediante, avesse la ventura di capitar nelle mani di Francesco e Agata Calderoni che lo guidarono nella diritta via dell’arte. […] Nemico acerrimo di ogni volgarità, dei doppi sensi, di quelle licenze in somma, tanto vive in iscena su lo scorcio del secolo xvii, si diede con molto acume a purgare il teatro, arricchendolo delle opere migliori. […] Quindi gran confusione ; quindi lo scoraggiamento del Cotta, la sua sconfitta, il suo abbandono del teatro per sempre. […] Ben io lo provo nel tuo ciglio sereno, se ognor, che il guardo giri un strale avventi a saettarmi il core. […] Perchè solo coi raggi puote acciecar chi lo mira.
Scaramuccia ebbe l’animo di dire alla Regina, che s’egli avesse preso il Delfino tra le braccia, lo avrebbe calmato. […] E quattrocento n’ebbe lo stesso anno pel viaggio ch’ ei doveva fare d’ordine di S. […] Più avanzava negli anni, e più le donne lo attraevano. […] Madama suddetta le rispose : Sua Altezza ne parli al Re ; che lei rispose : Io non ne voglio parlare a Sua Maestà se non ce lo vuole lo mandi via lui. […] E qui revere(n)temette lo reverisco Di V.
In mezzo a siffatta allegrezza il fanciullo fa un cenno, lo scoglio si trasforma in un carro trionfale, sul quale egli ascende. […] Io stesso non lo compresi allora, né avrei giammai potuto comprenderlo se procurata non m’avessi in particolar modo la spiegazione. […] Se la intende cogli occhi più facili ad essere ingannati che non lo sono le facoltà dell’anima. […] Il dramma musicale è una spezie di libro scritto nel linguaggio de’ suoni, e però fa d’uopo conservare dappertutto lo stesso idioma. […] [NdA] L’inverosimiglianze a cui diede luogo il coro furono così grandi che giunsero a far ristuccare di esso gli uditori a segno di costringerli (come lo dice un antico autore) ad alzarsi dai sedili, e abbandonar lo spettacolo subito che cominciava la cantilena.
Il De Sommi lo cita col Montefalco, il Veratto, l’ Olivo, lo Zoppino da Mantova, tra i molti galanti homini che di recitare perfettamente si sono dilettati a' tempi nostri (poco oltre la metà del secolo xvi).
A Fano lo colse una febbre violenta, causata dai disagi patiti, e la convalescenza fu lunga. […] Papà se ne ammalò e per più giorni non escì di casa, egli credeva di essere rovinato, aveva perduto ogni fiducia in sè stesso e già pensava ad un secondo addio, quando una mattina Ernesto Rossi andò a trovarlo a casa, lo incoraggiò, lo rianimò e lo persuase di ritornare al Teatro. […] Puoi immaginare lo scompiglio, tutta la casa per aria, agitazione, trambusto, ma…. c’era Benedetti. […] Cesare Rossi, disimpegnò benissimo le parti tutte, che io lo preferii sempre più nel serio che nel ridicolo : perchè nel comico ebbe la disgrazia di imitare Gattinelli : e le copie sono sempre peggiori degli originali : nel serio…. lo guidai io, e non volli che mi imitasse, ma che mi studiasse….. […] Giudicar Cesare Rossi nel periodo estremo dell’arte sua, quando le poche figure che ancor presentava, tra le tante che lo poser sì alto, eran già sbiadite, alternate con le figure nuove, a mostrar le quali il vecchio metodo e il vecchio spirito non eran capaci, è, per lo meno, ingiusto.
In questo difetto cadono gran parte de’ tragici vostri, perché in quegli argomenti ne’ quali l’amore ha luogo naturalmente, troppo lo esaltano, ed in quelli dove naturalmente non lo ha, ve lo vogliono in ogni maniera ficcare e ve lo ficcano e lo dilatano in guisa che distruggono il grande ed il generoso de’ loro caratteri. […] Dunque gli scrittori tanto nella prosa quanto nel verso che vissero nel secolo del Trecento, diedero lo stato della perfezione alla lingua. […] [4.198ED] Se lo somiglia, perché non emendasi? […] Rapin, Réflexions, p. 122), che aveva così giustificato lo spostamento della tragedia dal fine politico a uno psicologico ed amoroso. […] Martello, Vita… scritta da lui stesso fino l’anno 1718, p. 288) «che spesso lo voleva suo commensale, lo fece conoscere a’ letterati di tutta la corte, lo introdusse in tutti i luoghi più riguardevoli, ed in somma in quattro mesi e mezzo che l’autore dimorò in Parigi, ebbe mediante questo letteratissimo mecenate onori incredibili».
All’ottobre avrebbe mutato convento per lo studio della teologia, e avrebbe officiato a Pentecoste. Si diede poi alle Missioni apostoliche, e lo vediam percorrere tutta la Marca Anconitana, e fece con grande successo il quaresimale del '77 a Bologna, in quella stessa chiesa della Mascarella, ove, rinnegata la fede, avea preso moglie. Suo vivo desiderio sarebbe stato quello d’andar tra'barbari, missionario, beato di affrontare e sostenere il martirio per la fede di Cristo, ma la morte lo colse del '78, mentre stava predicando in Romagna.
Di questo Mozzana non abbiam notizie ; ma due lettere di Anton Maria Coccino da Venezia del 18 febbraio 1650 e del 4 marzo 1651 al Duca di Modena che lo richiedeva di alcuni artisti, accennano a un Truffaldino, che non s’è potuto identificare, ma che potrebb' essere il nostro attore. Ecco i passi che lo riguardano : Truffaldino m’ ha detto che quando parti da Mantova fu honorato da quella Altezza d’una medaglia d’oro, e lo impegnò per l’anno uenturo, et che desobbligato da questo ambise de seruir a V.
Ciò sarebbe lo stesso che levare ogni sua influenza alla storia, ogni sua forza alle prove critiche e morali. […] [16] Ma nulla fa capir meglio lo spirito delle antiche rappresentazioni quanto lo zelo de’ primi padri della chiesa nel riprenderle e condannarle. […] Ora qual è lo sbaglio da me commesso? […] [85] «E lo stesso Sig. […] Non segue forse lo stesso nelle altre arti rappresentative?
Solamente el se lagna, e ghe despiase, Che se diga, che el guasta la moral, E che penne lo scriva venerande Con parole sporchissime e nefande. […] Chi l’ ha proposto, no xe tanto in drio, Nol lo diria, se dirlo nol podesse. El ne lo mostrerà, che el ghe xe drio ; Nol lo fa per invidia, nè interesse. […] La rabbia che lo rode, caro ben, Per bocca vostra ghe fa dir assai. […] Chi paga chi lo frusta ne parè, E senza un fia d’inzegno una puttella.
Suo padre lo destinò agli uffici delle finanze, ma appassionatissimo per l’arte comica, sordo a ogni rimostranza, dopo di avere recitato co’filodrammatici, comparve sulle scene di Lodi il 1798, come primo amoroso della Compagnia di Pietro Pianca, dalla quale passò in quella di Andrea Bianchi, sino al 1801. In codest’anno egli dovè cedere alla volontà imperante del padre che lo restituì al suo ufficio ; ma dopo un anno di prigionìa del corpo e dello spirito, rotto ogni ritegno, superato ogni ostacolo, determinò di tornar sul teatro per non abbandonarlo più. […] Oltre lo studio accurato sull’incedere e sul gesto, De Marini occupava moltissimo tempo per trasformare il suo volto, e bene spesso egli recavasi al teatro due ore prima del principiare dello spettacolo. […] Egli teneva nella sua tavoletta di teatro scatolette con varj colori per dipingersi in modo che quando si presentava sulla scena molte volte il pubblico non lo riconosceva che al suono della voce. […] De Marini, appena lo potè, prese il sistema di destinare un abito apposito ad ogni produzione, incominciando dalla parrucca alle scarpe, meno, s’intende, l’abito borghese, che, per questo non diferenziava che la testa.
L' arte lo affascinava ognor più. […] se lo avesser visto nel Padre Prodigo, nei Fourchambault, nel Torquato Tasso di Goldoni, lavori d’ indole così disparata ! […] Egli ebbe aperto da lui un nuovo orizzonte…. il metodo suo seguì, si assimilò ; grande interprete del concetto, non lo era meno della parola. […] L' '85, a Nizza, Giuseppe Pietriboni, quando si facevan sulla scena lavori di riadattamento nel teatro incendiato, visto nella penombra socchiuso un uscio, e credutolo quello di un camerino, lo aperse e vi entrò. […] Dio lo guardi sempre.
Le signore, senza le quali tutto langue, contente di piacere nel lor linguaggio naturale, nè parlano il nostro, nè lo intendono : come ci amerebbero esse ? E per difficile che sia il liberarsi dell’abito d’infanzia e dell’educazione, il nostro zelo ci sprona, e per poco voi ci mettiate in istato di perseverare, noi diverremo, lo spero, se non attori eccellenti, men ridicoli certo ai vostri occhi, fors’anco sopportabili. […] Il gusto del pubblico è mutato e perfezionato : perchè non lo è quel degli autori ? Meglio a compiangere degli autori, noi siamo responsabili e di ciò ch' essi ci fan dire, e del come noi lo diciamo. […] L'atto di morte lo dice Ufficiale del Re.
Più profondo insieme e più maligno nelle sue mire egli lo prenderà come un diversivo offerto talvolta al popolo spensierato per nasconder agli occhi suoi l’aspetto di quelle catene che la politica va lavorando in silenzio, per infiorare gli orli del precipizio, dove lentamente lo guida il despotismo, e per mantenerlo più agevolmente in quella picciolezza e dissipazione di spirito, che tanto comoda riesce a chi vuol soggiogare. […] [7] In quale degli accennati aspetti deggia fissare lo sguardo chiunque la storia d’un teatrale spettacolo imprende a narrare può da ogni lettore avveduto dopo qualche riflessione fatta su cotali materie non difficilmente conoscersi. Se fosse quistione di scrivere per lo teatro, e non del teatro, l’uomo di gusto esser dovrebbe l’unico giudice, che se ne scegliesse, siccome quello, che avendo meglio d’ogni altro studiate le regole di piacere ad un pubblico illuminato, meglio d’ogni altro saprebbe additare que’ mezzi, che a così fatto fine conducono. […] Ma presto m’avvidi, che siffatto metodo cangierebbe la storia in una discussione polemica rincrescevole al pubblico , il quale pago per lo più di trovarne il vero poco si cura di risapere, se gli altri abbiano smarrita la via. Mi riserbai non per tanto a farlo in qualche occorrenza, ove mi parve che lo richiedesse il bisogno, e m’astenni sul medesimo riflesso dall’affastellare ad ogni pagina le citazioni sì per non frastornar ad ogni tratto l’attenzione del lettore, come per non ingrossar di troppo il volume.
Ora l’avvelena nel giardino per usurpargli lo stato… Tosto vedrete che la sposa s’innammora dell’uccisore. […] quanto disse lo spirito è troppo certo. Polonio lo chiama per commissione della regina. […] Mirate là, là… lo vedete? […] Egli trascura le occasioni di piacere o interessare che presentagli naturalmente lo scioglimento.
Riva Luigi, figlio del precedente, nato a Verona il 1790, si esercitò giovinetto nell’arte comica ; e lo vediamo il 1815 primo amoroso al fianco della zia Gaetana. Morto Antonio Goldoni, il 1817, egli lo sostituì nella direzione dell’azienda, riducendo al nulla in soli cinque anni di sregolatezze ogni avere della povera vedova.
L'Ajo era fuggito alla Commenda ad abbracciare il primogenito maschio, e quando ricomparve sulla scena, il pubblico, messo a parte omai dell’avvenimento, lo accolse con tale scoppio di applausi che fece piangere di consolazione il fortunato padre. […] Il padre lo aveva destinato all’avvocatura, sebbene egli inclinasse più alla medicina : ma ossequente all’autorità paterna, era già per recarsi all’Università di Firenze, quando quegli morì. […] Ma ragioni d’interesse lo tolsero dopo varj anni dai suoceri per fare una società con Antonio Feoli, che sortì esito disastroso, sì ch'egli ritornò attore scritturato nella nuova Compagnia di Luigi Bellotti-Bon, dove, ahimè ! […] A proposito della testa smisurata di Vestri, lo stesso Mazzocca racconta che egli « si divertiva talvolta a entrare in un negozio di cappelli, e provarne un gran numero, senza mai trovare quello che facesse al caso suo. » Pochi particolari si hanno del valor suo artistico, ma per comune consentimento egli fu ritenuto come quello de'figli che più si accostasse all’arte prodigiosa e spontanea del padre.
Ora l’avvelena nel giardino, per usurpargli lo stato . . . […] Orazio, dice Amlet; quanto disse lo spirito è troppo certo! Polonio lo chiama per parte della regina; egli manda tutti via, e parte. […] La regina confusa, compunta, abbattuta, confessa il suo torto, e lo prega a più non dire. […] Mirate lì, lì . . . lo vedete?
Bartoli lo dice « comico abile ancora (1781) per recitare qualche parte seria, e può essere fatto degno di qualche applauso. » Ma lo rivediam Dottore con la Coleoni l’autunno del 1795 al S.
E. creda, io lo lascierò andare ; ma sottopongo che quest’attore se non è perfetto, ha tutti i doni della Natura, e che per primo amoroso non saprei come rimpiazzarlo, salvo sempre che la sua salute sussista (?) […] Avogadro di Treviso (V.) ; gli accordai lo stipendio di lire it. 3000 annue, ebbe un acconto di circa £. 1350, recitò due volte in Padova, una in Venezia, e fu così male accolto che dovetti lasciarlo in libertà, e perdere le somme sborsate. […] Il giornale del Dipartimento del Reno (Bologna, martedì, 14 aprile 1812) rendendo conto delle recite che là si tenevano dalla Compagnia Reale, così parla del Bettini : Bettini è un giovane dotato di molti pregi, e ce li ha fatti conoscere nelle rappresentazioni dei Baccanali e del Maometto in cui sostenne con molto valore le parti di Eburio e di Leid, e ne riscosse i più vivi e reiterati applausi ; nè potrà a meno di ottenere lo stesso incontro ovunque, se con pari ardore vorrà farsi valere in ogni rappresentazione.
Carlo De’ Medici, che lo aveva richiesto per l’autunno. […] Illma la mia sincerità, lo stato in cui mi trovo, non u’ ha dubbio che richiede humil.te solievo, tutta uolta quando potrò ottener licenza da Mantoua facendo ogni tentatiuo, (è che lo farò presentialmente, uolendomi portar colà fra tre o quattro giorni) in tal caso mi confermerò diuoto alla generosità di V.
Figlio di un ciabattino di Udine, dove nacque verso il 1780, fu allevato nel mestiere del padre, morto il quale, vagando di paese in paese, or questo or quello frecciando, s’ imbattè in una piccola compagnia di comici che lo accolsero in qualità di socio, e da cui fu licenziato, dopo la prima sua comparsa in pubblico. […] Dalla Compagnia del Perotti, passò in quella di Antonio Raftopulo col ruolo di secondo caratterista, poi in altra secondaria con quello di primo assoluto ; e tanto crebbe in rinomanza collo studio indefesso, col ferreo volere, e colle chiarissime attitudini, che il Perotti lo richiamò e lo tenne con sè fino alla sua morte, accaduta nel 1820.
Nato il 3 agosto 1851 a Torino, mostrò sin da ragazzo un amor singolare al teatro ; ma il padre lo mandò, per distornelo, presso alcuni parenti a Vienna, ove stette tre anni. […] Veramente la nuova divisione de'ruoli e delle parti ha fatto di lui un primo attore, ma, secondo le considerazioni antiche, oggi egli è sempre primo attor giovine ; come, secondo le moderne, si dee dire che primo attore egli è da un pezzo, almeno da quando, ammalatosi il Salvadori, egli lo sostituì nell’Armando con la Marini. Il Reinach, di elegantissimo vestire e di modi squisiti, fu lungo tempo l’ammirazione, direi quasi, lo spasimo delle signore.
Forse lo stesso Lutio, che firmò la supplica degli Uniti con Gio. […] Forse lo stesso Burchiella, come abbiam detto al nome di questo (V.) ?
Secondo poi il Sand, Tabarino sarebbe stato lo Zanni della Compagnia che si recò in Francia il '70, condotta da Alberto Ganassa ; ma non ci dice, al solito, a qual fonte abbia attinta la notizia. […] E apparteneva a questa famiglia, o era lo stesso del '59, quel Tamborino o Tabarrino ciarlatano savojardo nel giornale manoscritto del Fuidoro, riferito da Croce, che il dicembre del '69 pubblicamente nel largo della Piazza di Castello a Napoli, fatta nel suo banco una scena, vi faceva recitar da dieci persone e a tutte sue spese comedie ; e pel concorso grande che vi era senza pagare, vendeva una conserva di ginepro, che era contravveleno ? […] Sua madre non lo rivide più. […] L'orgoglio lo tentò ; comperò una terra feudale, vi prese possesso e la fece da signore. […] E, fosse pur di Zanni, com’è a supporre, lo rappresentava col suo nome di casa o con un nome di teatro ?
Pero si estos mismos Eruditos tubiesen tiempo y paciencia para léer las Dedicatorias de nuestros tiempos, no dejarìan de observar lo mucho que hasta en esto los Modernos distamos y hemos degenerado de los Antiguos. […] Mi Libro, Señor, en esto no es nada moderno; y quisiera, publicandole, acertar en lo demas asi como he fido dichoso en la eleccion de mi Mecenas. […] Como hubiera profanado sus manos con mi Libro el Grande que, à manera de los Despotas Orientales hace alarde de mirar con loco defayre todo lo que, segun él, no alcanza hasta su grandeza? […] S’introduce egli con una filosofica prospettiva, che a rintracciarlo mena dalla più alta sua sorgente l’origine e lo sviluppo de’ drammi, e che si stende passo passo or occulta or palese per tutte le parti o essenziali o integranti dell’opera. […] L’autore intanto, siccome esser lo deve ogn’uom di buon senso, é un partigiano dichiarato degli antichi e del loro buon gusto; ed il principale suo scopo sembra essere di rimenarvi, e di rassodarvi i moderni.
.): “La descrizione, a dire il vero, non e la più vantaggiosa al gusto Spagnuolo: se poi lo sia l’originale, lo decideranno quelli che hanno visto i Teatri di Madrid”. […] Antonio Ponz1: “En quanto à lo material de los dos edificios, si se comparan con los verdaderos Patios, ò verdaderos Corrales que habia antiguamente, se pudieran llamar magnificos; pero en realidad son defectuosos, particularmente el de la Cruz, que se hizo el primiero”. […] E con tali sagge provvidenze inspirò lo spirito di decenza in un Teatro, dove interviene il fiore della Grandezza Spagnuola di ambo i sessi, la Uffizialità più distinta, e la gente seria ben nata, che ama in qualche ora di godere tranquillamente dello spettacolo senza essere disturbata dalla plebaglia. […] Intorno al secondo punto, in cui dimostrate dubitare della verità descritta con quelle urbanissime parole, se poi lo sia l’originale, offendete me, e voi stesso col presumere senza fondamento, e senza veruno precedente esame, una persona mendace. […] E voi osate dire, se lo sia l’originale?
Le vide egli, se ne approfittò, e più oltre spingendo lo sguardo esaminò con maggior diligenza la natura, la quale essendo solita per lo più di corrispondere con una specie di gratitudine a chi la contempla, si compiacque di premiarne le cure con manifestargli una parte de’ suoi misteri, e con alzare, per così dire, alcun poco quel velo di cui si ammanta. […] In effetto la maggior parte delle arti di prima e seconda necessità, le quali nascono da bisogni comuni, per lo più si ac quista senza esempio. […] Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologica, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose, che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli. […] Al sovvenirsi di quel bene, per lo piacere che gliene ridondò, cerca di tornarlo a gustare formandosene esattamente l’idoletto, e allora che l’imitazione sembragli corrispondente agli oggetti da prima conceputi, si compiace della rassomiglianza e si rallegra. […] Ora se l’uomo per natura si occupa continuamente a dipingersi le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio di ogni imitazione, che è il perno, su cui volgesi la poesia; per la qual cosa Aristotile nella Poetica chiamava l’uomo animale attissimo a imitare che impara per rassomiglianza.
Nè dopo che lo stesso Cornelio ebbe trattato quest’ argomento, il pubblico si dilettò meno della Sofonisba di Mairet2. […] Ma lo stile che solo sa preservare i componimenti dall’obblio, e il sublime tragico che eleva gli animi e concilia l’attenzione, attendevano un ingegno raro che si andava disviluppando. […] Voltaire negò questo in un luogo delle sue opere, e lo confessò in un altro con queste parole: Mairet fut le premier qui en imitant la Sophonisbe du Trissino introduisit la règle des trois unités. […] La Sofonisba di Cornelio (disse ottimamente il conte di Calepio) per esser feroce, e non sentire alcun affetto per lo marito abbandonato, si rende meno atta a farsi compatire . . .
Il collega rifiutò l’incarico e lo pregò di darlo in sua vece a Tommasino, altro collega, del quale era ben nota la probità, e il quale in fatti dopo aver avuto l’assentimento di un fratello dell’Alborghetti all’intiera esecuzione del testamento, pare l’acconciasse nel miglior modo con la vedova che molto ebbe a lodarsi di lui, e che poi andò a seconde nozze con un comico italiano, Francesco Materazzi, detto il Dottore. […] Carlino, Tremori e Sant’ Elia, presenti alla recita, notati in lui non pochi pregi di espressione, di pronunzia, di dizione, lo fecero scritturare dal loro impresario, Silvio Maria Luzi, in qualità di amoroso toscano. […] Restò con quella impresa due anni, terminata la quale, subentrarono Pietro Monti, Adamo Alberti, e lo stesso Prepiani, coi quali rimase, sempre applaudito, fino al’51. […] Tornò poi all’arte in Compagnia Gattinelli, in cui (nel Teatro Goldoni di Firenze, e nel’ 700’ 72) rappresentò per ben quattordici sere il Giovanni da Procida con tal successo, che non lo chiamavan più se non con quel nome.
Esiliato il 1689, d’ordine del Re, Bartolomeo Ranieri per aver con indiscrezione parlato delle cose del tempo, Costantini lo sostituì, con gran soddisfazione del pubblico, sino al ’94 ; nel quale anno sostituì per le parti di primo amoroso Marc’ Antonio Romagnesi, detto Cintio, che assunse quelle di Dottore. […] Lui stesso confessa che li sbiri l’assalirono per pigliarlo in Piazza, e che nel correre in detta speciaria, vedendosi seguire da essi sbiri pose mano alla spada contro di loro, ne voleva che lo pigliassero, e che voleva sapere prima d’ordine di chi lo volevano pigliare, sì che poi loro li dissero essere per ordine di Vostra Altezza Serenissima, onde si rese a detti Esecutori, che condussero prigione, che sono le formali della di lui confessione. […] Esso fu il primo ad avvertir la marcia de’ nemici in Italia, dai quali ebbe poi manomesso ogni suo avere ; e il Cavaliere di Lislière, inviato dal Re in Italia, ne rilasciò ampia testimonianza, in forza della quale egli potè al suo ritorno in Parigi, che fu il 1708, avere in ricompensa l’ufficio d’ Ispettore di tutte le barriere di Parigi, che lo mise in grado d’intraprender nel 1712, con varia fortuna, spettacoli di opera comica alle fiere di S.
Generico primario pel triennio del 1843 e '44 con Corrado Vergnano, lo vediamo il '46 Direttore, Primo Attore e Conduttore di una Compagnia, della quale era primo ornamento Adelaide Ristori, e facevan parte la moglie Adelaide Laugier, dilettante bolognese, e i minori fratelli, Francesco e Alessandro, generici (che vediam trent’anni dopo, conduttori della Compagnia Alessandro Manzoni), e il vecchio padre Tommaso. Avanzato in età, ritornò alle parti di generico, e lo vediam tale il '68 nella Compagnia del brillante Tommaso Massa, con una Elisa Zocchi, forse figliuola.
Seguì per lo più le orme di Plauto, ma nel viluppo lo sorpassa d’invenzione e di proprietà. […] Lo stile è comico buono per lo più, benchè talvolta soverchio affinato alla maniera Plautina per far ridere. […] Tutti i generi sono buoni secondo l’avviso di Voltaire, fuorchè il nojoso, e (aggiungerei) fuorchè lo spropositato e l’eterogeneo. […] I caratteri forti, niuno l’ignora, sono di numero limitati, e dipinti bene una volta, se vogliano replicarsi, riescono per lo più languide e fredde copie. […] Gli Spagnuoli lo maneggiarono molte volte con felicità, ma sempre trascurando ogni saggia regola adottata dalla culta Europa, e talvolta violentando la verità nel condurre lo scioglimento.
.), che era « rarissimo in rappresentare la persona di un facchino bergamasco, ma più raro nelle argutie e nelle inventioni spiritose : » il Rossi, nella Fiammella, lo loda insieme a Battista da Rimino, perchè « osservano il vero dicoro de la Bergamasca lingua ; » e Francesco Andreini (Bravure, XIV) lo cita insieme a' comici di quella famosa Compagnia, « che pose termine alla dramatica arte, oltre del quale non può varcare niuna moderna Compagnia di Comici. »
Abbandonò il ’20 circa la casa paterna ; e lo troviamo già capocomico e caratterista il ’21 a Grosseto. […] La esiguità delle parti a lui affidate, e la passione vivissima per l’arte lo fecer lasciare quella compagnia : nè sappiamo ove si recasse sino al ’35 ; nel quale anno lo vediam negoziante di mobili in Napoli.
mo Hauendo Pietro Paulo comico vna lite in Reggio, per la cui spedizione egli preme, come importante molto a suoi interessi, ha hauto ricorso da me, acciò che lo raccomandi a V. […] Io lo faccio con la presente, e m’ assicuro che l’A. […] A diciotto anni, in compagnia di Ciotti, Barsi e altri, cominciò a recitare in un teatrino improvvisato, e dal '53 al '62 si scritturò con lo Stenterello Landini al Teatro della Piazza Vecchia, per le sole stagioni di Carnevale e di Quaresima, e con Laura Bon (V.) per le domeniche dell’estate al Politcama.
E qui incomincia lo strano, anzi il vero caratteristico segno del tempo. Il Podestà di Cremona, fattone regolare processo, lo condannò, ma quando volle applicare la pena dovuta, la scena si cangiò ad un tratto. […] Che razza di vigilanza e di cura avesse delle cittadine questo strano funzionario, lo abbiamo visto ; ma quello che ci ha fatto vera sorpresa, si è che il Governatore gli dette ragione, e ne scrisse al Podestà in questi termini : 1636, ai 5 di giugno.
Lo ammirai prima come autore che come attore : dopo averlo inteso recitare, lo cercai ; non appena lo conobbi, gli volli bene. […] Non lo conoscevamo che da pochi mesi e ci pareva un vecchio amico. In famiglia ci annunciavamo a vicenda l’arrivo della sua compagnia, dicendo : – Viene Pilotto ; – il che significava : – avremo il grande piacere di riveder quel viso buono, di riudire quella cara voce, e di applaudirlo, e di sentirlo applaudire. – Non lo rivedremo più, non potremo più applaudire che le sue commedie. […] Infatti tutto quanto il miglioramento della classe interessava non lo trovava indifferente : e discuteva, scriveva, sempre con quel cuor di galantuomo sulle labbra, e con una visione alta e nobile per il bene e per la gloria del palcoscenico.
Minosse lo stima anzi meritevole di castigo per la matta impresa ; ma Eaco e Radamanto lo giudicarono degno degli Elisii. […] Ciuffini le rimprovera lo sposalizio. […] Lucrezina lo promette. […] Elfrida lo rincora. […] Affinchè morendo rassomigli lo spettro ?
Il De Sommi lo cita assieme al Verato e ad altri fra quelli che si dilettaron di recitar perfettamente : e lo dice mirabile.
Ma l’amor della poesia in genere e della rappresentativa in ispecie, lo fece abbandonar per questa foro e pandette. « I suoi naturali talenti – si scriveva il 1821 nelle Varietà teatrali di Venezia – la sua coltura, e la prontezza del suo spirito, giunti che sieno a farsi conoscere dal pubblico, mirabilmente coprono lo svantaggio in lui di una voce monotona e non insinuante, e di uno sceneggio sovente, se naturale, troppo confidenziale, se nobile, troppo ricercato. »
Tratto dall’amor della scena, entrò in una filodrammatica, e in brevissimo tempo sviluppò tali attitudini, che il Demarini, uditolo, gli fu largo di quelle lodi che lo decisero a lasciar l’arte del bulino per quella di commediante ; e abbandonata la casa paterna e la moglie e i figliuoli, si scritturò in una compagnia di pochissimo conto, passando, dopo alcuni anni di vagabondaggio, in quella di Francesco Taddei, col quale stette dodici anni. […] Al merito distintissimo dell’attore, le virtù dell’uomo si ammiravano in lui congiunte, chi lo conobbe lo amò, chi lo udì sulle scene non si stancò dall’applaudirlo. […] Circa poi al non essere Aspasia la sedotta, ma la sorella, l’ ho fatto, e lo ritornerei a fare se fatto non l’avessi. […] Io partirò il 2 agosto per Firenze, e di là raggiungerò la Compagnia a Viterbo, se le forze me lo permettono.
mo lo rimise al S. […] se Decio, il quale lungamente lo fece languire, e li disse più volte che non sapea cosa dirli, alfine che li darebbe una lettera per Bologna, e che gli augurava buon viaggio, che non si potè mai haver la lettera, e che parti doppo aver di ciò parlato in Modena, e sino à Cavalieri, c’erano nell’anticamera di S. […] E pare che il Marchese Decio fosse lo spauracchio de'Comici, se dobbiam credere a una nuova raccomandazione in nome del serenissimo senza nome del raccomandato nè dello scrivente, ma che concerne certo la faccenda Sacco, al Conte Francesco Dragoni Governator di Bersello à Modena, intestata A Lei Sola, e che comincia : Ella havrà riguardo a non lasciar cader il negotio, nè la confidenza sul Sig. […] mo di Cell, « ch'è un Principe così grande – dice il Sacco nella prefazione – così giusto, e così pio, e ci grazia non solo dell’alta sua protettione, ma ci comparte una mercede così copiosa, che può far la fortuna, anche a chi pretende distintione assai superiore a quella di Comico », è forse la più importante opera del Sacco, sì per la varietà imaginosa delle scene, sì per la comicità ond’è piena, e anche per lo stile men reboante del solito. […] Il Valentini ce lo dà in abito spagnuolo, e tale a un dipresso lo vediamo in una delle sue apparizioni nella illustrazione della Cameriera brillante di Goldoni (Ediz.
Forse egli, buono, sarebbe rimasto col cognato sino alla morte ; ma l’umor bestiale di lui, fattosi ancor più intrattabile pel ridicolo sopravvenir di una senile passione amorosa, lo spinsero a partirsene per congiungersi coi figli : lo vediam poi più tardi con la Battaglia insieme a Giacomo Modena. […] Carlo Gozzi, sostenitore per cinque lustri di quella Compagnia, parlando dell’imminente suo sfasciarsi, dopo di avere citato i nomi di coloro che se ne allontanarono, dice : « Atanasio Zannoni di lui cognato, valentissimo comico, onest’uomo, e d’indole dolcissima, ferito dalle stravaganze del vecchio inviperito, trattava di sottrarsi dalla Compagnia, ecc. » Il Gozzi, pregato dal Sacco d’interporsi perchè egli non se n’andasse, lo pregò a sua volta, promettendogli di far firmare al Sacco quella famosa scrittura che lo spogliava di ogni despotismo, e il buon uomo Atanagio…. diè la parola di rimanere, ridendo però sulla scrittura disegnata, perocchè (diss’ egli) lei vedrà che con mio cognato le scritture non vagliono un fil di paglia. Anche nel noto ditirambo de'partigiani di Truffaldino lo Zannoni è favorevolmente ricordato assieme agli altri comici. […] Naturalmente i giudizi su di un attore van dati in considerazione dei tempi in cui egli fiorì ; chè se s’avesse a giudicar lo Zannoni col criterio che s’ha oggi dell’arte, tutti quei lardellamenti storico-scientifico-filosofici cel mostrerebbero artista enormemente peso.
Comico del secolo xvi, appartenente forse alla Compagnia di quel Bartolommeo Zito, che sotto il nome di Tardacino, pubblicò nel 1628 un comento alla Vajasseide del Cortese ; nel quale appunto, al proposito del D’Auriemma, dice : « …. chillo che faceva lo Pascariello a la commedia, soleva dicere ca se fosse stato a tiempo nuostre non averria portato le culonne d’Ercole ncuollo pe fi all’ultema parte de Spagna ; ma s’averria puosto no pignato mmaretato napolitano de la deritta, e na Goglia potrita (olla podrida) a la spagnola de la senistra, e chelle portannole pe lo munno, averria potuto dicere co cchiù raggione : Non plus ultra !
Lasciò la Compagnia Sadowski per entrar in quella di Luigi Bellotti-Bon, dalla quale fu strappato per rammollimento cerebrale che dopo vario tempo di vita ebete lo spense a Milano sua patria, in una casa di salute, il 18 febbraio 1884, a ore 3 di mattina. […] In quella sera Felice Cavallotti improvvisava durante lo spettacolo un’ode che lesse l’Annetta Campi-Piatti, prima attrice della Compagnia, e che trascrivo qui, perchè mirabilmente compendia in poche strofe l’arte veramente grande di Giovanni Ceresa. Sul letto di lunghi dolori sta il pallido artista sognando ; passeggia fra ignoti bagliori dai vivi lo spirito in bando : E mentre le strofe dei canti sommesso parlando gli van, gli passan, gli passano avanti le larve di un giorno lontan ! […] » Sdegnosa tacendo lo guata, la bella codarda sovrana….
E si raccomanda a mani giunte alla carità dell’amico perchè lo sciolga, sia pur con penale…. […] E il Costetti ne'suoi Dimenticati vivi aggiunge : « O era la vanità che lo dominava, o la voglia d’imitare l’artista Majeroni che non toglieva per niun conto l’enorme pizzo, serbandolo fin anco nel Luigi XI. » Ma qui erra lo scrittore, poichè, proprio nel Goldoni, il Majeroni sacrificò e pizzo e mustacchi. […] Lo ricordo nel secondo, in cui, nonostante certi difetti di recitazione, emergeva l’antico pregio dell’originalità per alcune parti specialmente, come dell’ Oliviero di Jalin nel Demimonde, in cui non ho mai trovato chi per la eleganza e la verità, lo facesse dimenticare, o del Cavaliere d’ Industria, a proposito del quale, l’ Arte del 28 gennaio '55, in una lettera a Fanny Sadowski, dice : Vi ricordate di Peracchi nel Caralier d’Industria !
Alfonso l’assicura che è per lei perduto, e morto, ma Albumasar lo trova vivo. […] perchè Ormusse confessa lo stesso? […] Robusto, appassionato, sublime n’è lo stile. […] affinchè morendo rassomigli lo spettro; capriccio curioso! […] ya lo comprehendo.
) se davvero figurasse in quella Compagnia più tosto questo che quel comico, e se davvero ne fosse capo lo Scala, non essendovi di ciò prove di sorta. […] Gabbrielli Francesco e Onorati Ottavio) non che lo Scala, rassegnandosi a vedere lo sfascio della Compagnia ; chè senza tali personaggi essa sarebbe stata priva dell’ anima e dello spirito. […] ma, ma domandandogli poi, che buon vento lo spingeva in costà, mentre si assettavano i bariletti, mi mostrò una lettera di V. […] S. quanto passava acciò egli non facesse un viaggio a sproposito ; et così lo fermai di testa. […] Se adunque lo Scala non viene, V.
È 'l gran cor, che di furia empia si accende se gelosia lo prende ? […] È profonda pietà, che l’uman srale d’alti rimorsi grave tra gli spettri e le rughe tutto solve ; e lo gran giorno pave che Iddio 'l ritorni in poca e muta polve ? È la ragion che lascia il pover capo e tra' dolor lo sfascia ; oppur vi fa ritorno con l’alma, giovin sempre e innamorata ?
ma circa della Compagnia la qualle deba star in cori io son a ubidire li suoi comandi si come ò fatto per lo pasato ma suplico ben Sua Altezza Ser.ma a darme licenza che piccone non stia alla porta poi che questo carneuaile ma sasinato e se bufetto non parla e flaminio perche afato camerata con loro, ma questo non lo dico per la camerata, ma perche son stato a robato et de laltri compagni sono del mio umore pero scrino la mia uolunta el dotore non parla perche a meso el pitore in compagnia bufeto non parla per la camerata e perche uole il bologna suo compare il Cap.° non dice niente per amor di Girolomo suo seruo non ce altro che me otanio et pantalone che se lamentano poi che non siamo ariuati mai alla prima sera et tante e tante sere ni è stato magior popolo et paga alterata Consideri Vostra Altezza el tutto oltre che so da bona mano che e un ladro et molti compagni dicono che Vostra Altezza Ser. […] ma a darne tal licenza poi che non lo fo per meterli un altro portinaro ma solo quello che la Compagnia comanda poi che uengo per seruire e non per comandare la suplico di subita risposta e con tal fine li bacio vmilmente la sacra Veste di roma el dì 16 genaro 1647.
.° 36 dello stesso giornale per la stagione di primavera al Fu Obizzi di Padova, lo dice applaudito nelle parti da tiranno, e lo esorta « a raddoppiare il suo zelo, onde coprire qualche naturale svantaggio ».
Sparge odorosi unguenti, sciuga con pioggia d’ or perle cadenti : e se in piaga d’ Amor ferito il lascia, poichè stese l’ unguento il crin lo fascia. […] Partito il suo lodatore, e capitato da lei Paolo Abriani, noto letterato, lessero unitamente il presentato Sonetto, e lo trovarono si goffo e disgraziato, che non poterono far a meno di prorompere in una solenne risata. […] Ciò fatto, l’ Abriani compose un altro sonetto sopra il medesimo soggetto, ed inviollo alla Coris, che lo trovò del tenore seguente : ( ?) […] A. mentre lo ritrovano a cantare, voi fareste disperarmi, poichè sono tanto importune che non credo possa far di meno di non disperarsi leziendole, lo prego però a perdonarmi del ardire, conoscendo che il tutto nasce dalla necessità che mi stimola ad essere ardita. […] te lo riverisce rendendole gratie della memoria che si compiace tener di lei, assicurandolo che non fa altro che studiare da Trufaldino per poter servire l’ A.
Come i colori accozzati su un quadro niun effetto cagionano senza il disegno che è lo spirito vivificante della pittura, così la combinazione de’ suoni nulla giova a interessare senza la melodia. […] Se per lo contrario le parti producono tutte un solo e medesimo canto, in qual guisa s’otterrà l’armonia, che è una combinazione equitemporanea di più modulazioni diverse? […] Il loro andamento è più spiritoso e più vivo che non soleva essere per lo passato: donde spicca maggiormente il divario tra il recitativo e il canto propriamente detto. […] In ogni cosa, che prese a perfezionare, ha saputo imprimere lo spirito d’invenzione e la natura riflessiva e sagace, cui portavalo il proprio temperamento. […] Una fantasia creatrice congiunta con una pieghevolezza d’organi a tutta pruova lo mettevano in istato di poter inventar mille forme di canto sconosciute e pellegrine.
Quello che parla all’imaginazione, che ne ricrea lo spirito, e lo sorprende, quello che porta seco un certo carattere di novità, e di singolarità è accolto e gustato contrasporto, e quasi direi con delirio. […] E più felice ancora colui che dopo aver toccato il segno, non lo lascia smarrire di nuovo! […] Distinguo la melodia libera da quella che non lo è. […] Non avviene lo stesso della melodia obbligata, o vocale. […] La mancanza di questo induce dell’imbarazzo, e del disordine in tutte le parti, e per esso nella musica lo spirito gode del canto presente di quello che lo ha preceduto, e si accorge in certa guisa del canto che dee venire in appresso.
Si destina la cena, alla quale vuole intervenire lo stesso Demeneto. […] Eutico suo amico figliuolo di Lisimaco lo raggiugne, lo consola, intercede per lui presso il padre, e ne ottiene che gli ceda Pasicompsa. […] Ella lo saluta col nome di padre. […] Ma tale per lo più è l’indole e l’ingegno fecondissimo di Plauto. […] Eutropio e san Girolamo lo dicono Tarantino, il Galateo lo vuol nato nella Rudia di Lecce.
In queste appar chiaro lo sforzo di dir cose straordinarie, l’intento, ahimè fallito, di innalzarsi il famoso monumento d’Orazio…. […] Come uitio pestilente poi, li prohibisco, lo affrettarsi, anzi li costringo, potendo, a recitar molto adagio, Et dico molto, facendoli esprimere con tardità, ben tutte le parole fin all’ultime sillabe. senza lasciarsi mancar la uoce, come molti fanno, onde spesso lo spettatore, perde con gran dispiacere, la conclusione della sentenza. […] Et se farà la parte di una serua, nell’uscir di casa, saper scotersi la gonella lasciuamente, se la ocasion lo comporta, ouer mordersi un dito per isdegno, et simili cose, che il poeta, nella testura della fauola, non puo esplicatamente insegnare. […] Ma per che ogni nouita piu piace assai, riesce molto piaceuole spettacolo ueder in scena habiti barbari, et astratti dalle nostre usanze, et quindi auiene che riescono per lo piu cosi uaghe le comedie uestite alla greca. […] e pur ci seruiamo per lo piu di cose fatte.
Questo personaggio rappresenta ordinariamente un buon bottegajo, e per lo più un maestro lavoratore di canapa, di che abbonda, più che d’altro, quel Territorio. Figurasi un Uomo di buona fede, facile a lasciarsi ingannare, ed è quasi sempre nelle Commedie dell’ arte lo scopo delle furberie del Brighella, delle impertinenze dell’ Arlecchino, e della derisione degli amorosi.
Comico universale, come lo chiama Fr. […] Il Bartoli lo disse egregio anche nelle parti di tragedia, e mediocremente addestrato nell’arte del canto.
Alla fine dello stesso anno l’apoplessia lo colse nel suo domicilio di Parigi, Via dei Petits-Champs, ove morì il 6 settembre 1783. […] Se Carlino era il cucco del pubblico per l’arte sua, non l’era meno di quanti lo conobbero, per le sue qualità morali. […] La natura lo aveva dotato di grazie inimitabili : la sua figura, i suoi gesti, i suoi movimenti prevenivano in suo favore : le sue maniere ed il suo talento lo facevano ammirar su la scena, e prediligere nella società. […] Rosaura viene con Scapino per vedere questo caro fanciullo, e mentre lo accarezza, giunge Pantalone. Ella tenta nasconderlo ; ma egli lo vede e vedutolo, domanda a chi appartenga.
V’è chi lo dice in confidenza, chi con una confusione che ributta. […] Chi sei mangia fra’ denti, chi lo canta ridendo. […] Oh qual fine politico e legislativo per cui i governi lo debban permettere! […] Quella dei recitanti si distingueva in “diverbio”, che corrispondeva al nostro dialogo, e “monodia”, ch’era lo stesso che i nostri monologhi o soliloqui. […] ) espressamente lo distingue dal parlar ordinario e dal canto.
Perchè sappia lo spettatore in qual guisa fu la regina assalita e difesa, il conte lo narra a Cosmo suo servidore fatto a tal sine dal poeta rimanere indietro. […] lo rammenti? […] Addio… Ti amai, lo sai. […] Ma chi lo salva dalla morte? […] Il re vuol fargli qualche grazia, e lo sprona a domandarne alcuna?
Ci fu persino (e fra questi il Duca di Ventignano, soprintendente de’ reali teatri) chi lo giudicò un nuovo De Marini. […] Aveva l’Asti un bel far rotare in alto la spada, andando alla quinta e tornando a dietro poi, rosso come un gallinaccio per l’indignazione con cui proferiva le parole : « sì, con questa spada, lo giuro ! […] … lo giuro !
L’Adelaide Tessero, Salussoglia, Penna, Cosset e Toselli stesso campeggiavano per innegabil valore artistico personale, e ognuno sapeva ogni sera sollevar meritamente il pubblico all’ entusiasmo ; ma la Cagliero aveva certe maniere tutte sue, certe inflessioni di voce così spontanee, così incosciamente affascinanti, che lo suggestionava addirittura. […] Bene : la Cagliero giovanetta, nova dell’arte, sin dalle prime sue prove su la scena, esercitava già su di me e di tutto il pubblico lo stesso fascino della grande artista italiana. […] Se aveva da ridere, lo faceva di gran cuore, e la sua risata argentina si comunicava subito negli spettatori ; se aveva da piangere, senza punto preoccuparsi, piangeva liberamente, apertamente, sinceramente, sul serio, e a quelle di lei mescolava il pubblico le sue lagrime ch’era un gusto a vederle.
Fu per vario tempo capocomico, e tale lo vediamo citato nella memoria tolentinate con moltissima lode. […] Fu noto in tutta la Società artistica per le sue distrazioni, natural conseguenza di quella sua mitezza d’indole che lo faceva fiacco, debole, infingardo. […] In alcune parti, come del Maestro ne’ Rantzau, ebbe assai pochi che l’uguagliassero, niuno che lo superasse.
Scrupolosissimo ne'suoi doveri, non lo era meno ne'suoi diritti. […] Alla stessa ora, per tempissimo, s’alzava, e studiava la parte se premeditata, o passeggiava su e giù per la stanza, se improvvisa, componendo, ricomponendo lo sceneggio e i discorsi.
Quanto al personaggio di Colombina, lo si vorrebbe far risalire al teatro antico ; e il Sand trascrive una scena della Mostellaria, mettendo a raffronto delle serve del teatro italiano la Scafa plautina. Sino alla Colombina del xvii secolo, il tipo della servetta, si chiamasse Colombina, o Nespola, o Franceschina, o Diamantina, o Ricciolina restò pressochè invariato, se ne togli quelle variazioni di forma che le venivano dall’attrice che lo rappresentava. Nella Colombina del xvii e xviii secolo, abbiamo lo stesso tipo con accentuazione marcata di birichineria e di civetteria insieme : vero ideale di servetta. […] E lo so da mia madre che in fatto di galanteria era una meraviglia. […] Chi abbia come me veduto e sentito nella Cameriera astuta del Castelvecchio le finezze d’espressione, d’intonazione, di dizione della Daria Cutini-Mancini, benchè già fuor dell’arte, può ben essersi fatta una idea chiara e della importanza di quel ruolo, e del valore di chi lo rappresentava, e degli schietti entusiasmi del pubblico.
Nè solo del recitare si occupò, che la musica e il ballo conobbe a segno da poter cantare e danzare in commedia con garbo, quando il bisogno lo richiedeva. […] Fu infatti lo Zanarini capocomico dal 1782, cioè dall’uscita dalla Compagnia Sacco, del cui tempo il Gozzi ci ha lasciato la seguente notizia, nell’Amore assottiglia il cervello, al 1790. […] Il carnovale dell’anno dopo allo stesso Valle, andò in iscena colla stessa compagnia la seconda tragedia di Vincenzo Monti Galeotto Manfredi, nella quale col solito grande successo lo Zanarini sostenne la parte di Ubaldo degli Accarisi (Galeotto era Giuseppe Orsetti). Cessato di essere capocomico, si scritturò con Antonio Goldoni, primo attore con scelta di parti e direttore ; e con lui stette fino al '95, anno in cui passò con Luigi Perelli, col quale lo vediamo quell’ autunno al San Luca di Venezia sostenere per la prima volta le parti di padre. […] Levato poi di buon mattino, lo fe' tosto atterrare da contadini al par di lui intolleranti, e lieto dell’opera sua se n’andò nella vicina chiesetta a celebrar la messa.
Bene : con lo stesso personale, senza segretarj, nè amministratori, faceva quattro recite al giorno. […] Da dodici anni egli vive a Zante, mantenuto da'suoi figli, alimentato dalla speranza di venire a morir nella terra, che lo vide nascere. […] Nè cotal senso di sovranità baldanzosa era difficile perdonargli, siccome quello derivato in lui dal piedistallo di gloria, in cui lo avevan posto per trenta e più anni monarchi e principi e uomini prestantissimi nelle arti, nelle scienze, nelle lettere, di ogni paese. […] Morto il Trivelli, Rossi lo sostituì con Salvator Rosa ; se ne accollò i debiti, continuò l’azienda, assoluto e solo padrone. […] Una delle scene che più mi ferì fu quella del teatro, quando il Re, veduto versar nell’orecchio del Re del dramma il veleno, alle parole di Amleto : Lo avvelena per carpirgli lo Stato.
Prima di poter dare una qualsiasi risposta, bisognava far le ricerche opportune sul Trivellino, sperando che le notizie che lo concernono, potesser dare alcun lume sulla quistione. […] r mangelli due uolte, io pregato da cauaglieri per l’agiustamento non solo lo fecci ma per satisfare questi sig. […] na Flaminio era morto in detta opera e non lo poteua inuitare et io era ciamato dalla S. […] A. dove che suplichiamo, dico, per una lettera di fauore in bologna a qualche cauagliere acciò lo fauorischa in riguardo di S. […] A. la ueda et lo fatta copiare in bona forma e qui umilmente inchinandomi con tutti di mia casa con Profonda riuerenza bacciamo la sacra porpora al Sere.
I suoi occhi nerissimi mostravano or languidi, or lampeggianti lo stato dell’anima. […] S. voglia, che sia in breve come lo spero. […] lo accusò nientemeno che di volerlo assassinare. […] Io lo so ; ma, perchè non voglio nulla del vostro, per questo parlo con soverchia libertà. […] Paga enorme a quel tempo, con la quale, ben nota lo scrivente, se ne sarebber tornati via con le borse piene.
Così ce lo descrive l’anonimo critico di Stuttgart nel suo Contributo alla storia e alla prosperità del Teatro : Gioacchino Limperger è giovane ; ni arte, nè natura lo innalzano.
Ernesto Rossi che lo ebbe socio il 1863, l’anno in cui si cominciò a manifestare l’indebolimento cerebrale, lasciò scritto di lui : « Il Trivelli nacque da una agiata famiglia torinese : era uomo abbastanza istruito : rappresentò le parti di brillante, e se non lo si potè dire un bell’originale di artista, fu una buona copia di Bellotti-Bon.
Filippo Foscari, dato un ultimo sguardo al Palazzo magnifico, dal quale, lui tuttavia padrone, Vittorio Emanuele assisteva alle Regate, domandò alla scena un qualche sollievo all’angoscia sua ; e l’arte lo accolse pietosa, e Filippo Foscari doventò di punto in bianco un buon mamo, sotto le spoglie di giacometto, la maschera inventata da Luigi Duse, poi un mediocre caratterista. […] La compagnia si era data più specialmente al repertorio goldoniano, alternato coi vaudevilles, di cui s’era fatta come una specialità ; tanto che, avendo fanatizzato a Milano, lo stesso Verdi ne vedeva talvolta le prove.
Nel ’59 questi andò con Bellotti-Bon, e Kodermann lo sostituì. […] Egregio padre nella Prosa di Ferrari, fu grande nella Quaderna di Nanni di Carrera, in cui, al terzo atto, a detta dello stesso autore, non ebbe chi lo superasse, nè chi gli si accostasse.
, figlio di Giovanni, artista drammatico, fu così grande promessa artistica nella sua infanzia, che lo stesso De Marini si vuole ne avesse invidia. […] Il pochissimo sviluppo della persona e della voce, non solo non gli concesse di toccar la mèta sognata, ma lo condannò alle parti di servo.
Carteggio) lo raccomandava vivamente a S. […] Io sono di lui contento, Roma lo ha stimato e lodato…. » Non sappiamo s’ei fosse accolto nella Compagnia di Venezia, ma sappiamo che, datosi poi all’arte comica, riuscì attore. egregio per le parti buffe.
– Sulla scena lo dicon Florindo, e lo chiamano Florindo dei Maccaroni. – Ah ! […] lo conosco ; è un brav’uomo : faceva la parte di Don Giovanni nel Convitato di Pietra ; si pensò di mangiarsi i maccheroni d’Arlecchino, e da ciò gli diedero questo soprannome….. » La Compagnia di Florindo fu quella con cui viaggiò Carlo Goldoni il 1720 da Rimini a Chioggia. […] Io giocava passabilmente bene al tressette, giuoco favorito di mia Madre, che me lo insegnò.
Traspare in Prometeo una grandezza di animo che nelle disgrazie lo rende degno di rispetto. […] Il Viperani e lo Scaligero nelle loro Poetiche ne osservano la manifesta inverisimiglianza di vedervisi a un tempo stesso Agamennone ucciso e sepolto. […] Nè di ciò pago lo scorto poeta, in una lunga scena di Elettra col Coro e con Oreste, fa che questi appalesi la repugnanza e l’incertezza che lo tormenta, la quale si va poi dissipando col sovvenirsi delle terribili circonstanze dell’ammazzamento di Agamennone, alle quali fremendo dice che darà la morte a Clitennestra, indi a se stesso. […] Segue nell’atto quarto l’uccisione di Egisto; ed il pianto che sparge per lui Clitennestra, serve di cote al furor di Oreste, e lo determina ad ucciderla. […] Vedi lo Scoliaste di Aristofane presso il citato Stanley.
Il gusto che percepisce, confronta ed analizza i rapporti; la critica che ci rende sensibili alle bellezze e ai difetti e che, indicando gli errori altrui, ci premunisce contro alle inavvertenze proprie, sono non men necessari ai progressi dell’umano spirito di quello che lo siano gli slanci del genio sempre coraggioso, ma talvolta poco avveduto. […] La seconda è quel freno salutare, senza cui gl’impeti più felici non sono per lo più che altrettanti indizi di non lontana caduta. [3] Incoraggiato da tai riflessi oso offrirvi, o Signore, insiem colla storia del più brillante spettacolo di Europa alcune mie osservazioni sulla maniera di perfezionar le varie e moltiplici parti, che lo compongono.
Prima di essere a Roma il Cherea fu già a Venezia, ove lo vediamo la sera del 10 gennaio 1508 recitar nei Menechmi di Plauto a S. […] Riappare a Venezia nel carnevale del 1522, e lo vediamo recitare il 2 febbraio una tragedia in casa Grimani alla presenza del vescovo d’Ivrea, il 9 detto una commedia nel Convento dei Crocicchieri, e il 12, nello stesso luogo, la Mandragola. E il 5 e il 16 gennaio dell’anno seguente lo vediamo sempre a’Crocicchieri prender parte a una bellissima commedia, over cosa d’amore…., poi il 3 gennaio 1525 all’Orba, in casa Querini Stampalia a S.
La cagione dell’andar Michelagnolo in Francia si fu, che essendo egli stato ascoltato da alcuni Signori Francesi in casa di un Titolato, parve loro tanto grazioso, come lo era in effetto, che ritornato in Francia ne discorsero in Corte, laonde s’invogliò di sentirlo il gran Re Luiggi XIV, allora giovane, e lo fece chiamare con onorato stipendio. […] Furono allievi di Giuseppe Ribera, detto lo Spagnoletto, e furon tra’più furiosi, inscritti nella Compagnia della morte, al tempo della rivoluzione di Masaniello.
Morto il Berti, egli lo sostituì nell’azienda della Compagnia, e s’acquistò in breve rinomanza di capocomico egregio. […] Carico di brillanti da Murano, una bottega parea da vetrajo, e dal mezzo in giù la figura faceva d’una piramide per i lunghi e mal posti fianchetti, che lo ristringevano in alto e dilatavansi in linea obliqua quasi sino alle calcagna. […] Ostinato come un mulo nell’errore de' comici vecchi, voleva ancora fare le parti da giovine, e riputavasi il più necessario di quella Truppa, quando bastava che lo vedesse in iscena la Udienza, per replicare un oh !
A trent’anni ebbe un vivo alterco a Trieste con un tale che lo percosse pubblicamente. Il Rotti pensò di vendicar vilmente l’offesa ; e appostatosi di notte sotto un ponte della città, sulla strada che conduceva all’anfiteatro Mauroner, al momento in cui l’offensore passava, gli scaricò in pieno petto un’archibugiata, che lo ferì ma non uccise : e fu gran ventura per l’assassino, che fu condannato a soli sei anni di lavori forzati.
Le vide egli, se ne approfittò, e più oltre spingendo lo sguardo esaminò con maggior diligenza la natura, la quale essendo solita per lo più di corrispondere con una spezie di gratitudine a chi la contempla, si compiacque di premiarne le cure con manifestargli una parte de’ suoi misteri, e con alzare, per così dire, alcun poco quel velo di cui si ammanta. […] In effetto la maggior parte delle arti di prima e seconda necessità, le quali nascono da bisogni comuni, per lo più si acquista senza esempio. […] Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologicà, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli. […] Al sovvenirsi di quel bene, per lo piacere che gliene ridondò, cerca di tornarlo a gustare formandosene esattamente l’idoletto, e allora che l’imitazione sembragli corrispondente agli oggetti da prima conceputi, si compiace della rassomiglianza e si rallegra. […] Ora se l’uomo per natura si occupa continuamente a dipingersi le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio di ogni imitazione, che è il perno, su cui volgesi la poesia; per la qual cosa Aristotile nella Poetica chiamava l’uomo animale attissimo ad imitare che impara per rassomiglianza.
Il Bartoli lo dice Comico al servizio di S. […] Antonio Lolli, nella quale si accenna ad un inganno di Florindo, che non lo mostrerebbe, a dir vero, uno stinco di santo. […] re che lo hauesse presentato. […] Ma neanch'essa lo soccorre. […] Finito il carnovale a Modena, Florindo si restituì in patria, e il Duca lo raccomandò con ogni larghezza, il 3 marzo 1681, a Francesco Magnacavallo suo Agente a Napoli e al fratello di lui Ortensio, dei quali Florindo ebbe sempre a lodarsi.
Oh, sì, ch'El la benedissa dassèno, come che lo fasso mi dal profondo del cuor, povera vecchietta santa !… Quel poco di buono che ho moralmente e artisticamente lo devo a lei ! […] (però ero simpatica, e questo ve lo dico io !). […] al punto che volevo chiedere lo scioglimento ; tuttavia siccome ero a Venezia, ov'era anche mia sorella, che parlava venezianissimo, fui aiutata, e seguitai. […] Egli diffatti aprì uno studio fotografico in Padova ; ma lo colpi una grave malattia d’occhi, e tutto andò per aria….
A questi dì in Italia, in Francia, e nelle Spagne fremerebbe lo spettatore a una scena simile alla terza dell’atto III. […] Ma il dramma napoletano lo Cecato fauzo comparve sulle scene di questa città sin dal 1727 allorchè Krüger era bambino. […] Ah se la mia rimembranza è a lui così amara e crudele, se anche me egli non può obbliare… Mano; egli a me più non pensa… almeno lo spero… lo spero? […] Le più pregiate sono; lo Spirito-forte in cinque atti, gli Ebrei, il Tesoro in un atto solo. […] Sappiamo che tutti sono costruiti alla foggia moderna a più ordini di palchetti, e con platea di forma per lo più ovale.
Le prime sue commedie che tirarono maggiormente l’attenzione del pubblico, furono lo Stordito, ed il Dispetto amoroso. […] Il carattere di Alceste contrasta egregiamente con quello di Filinto, e dà movimento a tutti gli altri che lo circondano. […] E chi gli negherà il talento filosofico ove ponga mente a quella sagacità, che lo mena ad entrar da maestro nel mecanismo delle umane passioni? […] Se imbatteva in qualche personaggio originale degno di ritrarsi sulla scena, non lo perdeva di vista prima d’averlo pienamente studiato (Note VI). […] Per lo più essa rappresentava commedie dell’arte ripiene sovente di apparenze e trasformazioni per dar luogo alle facezie e alle balordaggini dell’Arlecchino.
A questi dì in Italia, in Francia e nelle Spagne fremerebbe lo spettatore a una scena simile alla terza dell’atto III. […] Ma no; egli a me più non pensa . . . almeno lo spero . . . lo spero? […] Le più pregiate sono lo Spirito-forte in cinque atti, e gli Ebrei, ed il Tesoro in uno solo. […] Essi tutti sono costruiti alla foggia moderna a più ordini di palchetti e con una platea di forma per lo più ovale. […] Federigo II il Grande diceva di Lessing: io lo stimerei, se non avesse composto Emilia Gallotti.
Non era ne’ primi lustri estinto il gusto e lo spirito di verità nell’ espressione e di semplicità nella favola acquistato coll’ imitazione de’ Greci. […] Benchè in esse lo stile alcuna volta appalesi qualche studio soverchio, pur vi si notano molti pregi tragici, oltre alla costante regolarità de’ drammi Italiani. […] Or dimmi non son questi Chiari segni e ragioni, ond’egli creda Già meritar lo ’mpero, e lo procuri? […] Carlo prende questa varietà come ostinazione del nemico a tenersi occulto; se ne sdegna, lo rimanda alla prigione e ne risolve la morte. Federigo ignora la mutazione del re, e quando Corradino è chiamato dal custode per la funesta esecuzione, lo lascia uscire credendo che vada alle nozze.
[11] Gli Arabi ne avevano lo stesso trasporto per la musica e le stesse opinioni intorno alla sua possanza. […] La timida pernice, l’incauto tordo e il francolino che fugge lo sguardo degli uomini, inciampano frattanto negli agguati ch’egli ha teso loro nelle ascose reti. […] Tal era l’affetto che quest’autore portava al ritmo, che lo credeva compagno indivisibile di tutta la natura. […] Talché ogni genere, ogni cantilena, ogni modo aveva il suo particolar uffizio che lo distingueva. […] In conseguenza gli autori o inventori delle note musicali contenti d’agevolare lo studio al solo fine che richiedevano le circostanze loro, non sospettaron neppure i cangiamenti che doveano col tempo sopraggiungere alla musica, e le novelle vie che aprir poteva in quest’arte lo sviluppo successivo del genio.
come accoppi tu lo specchio e la spada? […] Io credo (il creditore) che sia sempre lo stesso. […] Le Vespe lo rimproverano di tirannia. […] La legge lo condanna. […] Essi l’abborriscono e lo temono.
La persona prestante, la voce soavissima e forte, unite ad una viva passione per l’arte e ad una ferrea volontà di riuscirvi, lo fecer salire in brevissimo tempo sino al grado di primo attore, passando per le migliori compagnie del suo tempo, come quella di Salvini (1867), di Vitaliani (’68), la Romana (’69), di Bellotti-Bon (’71-’74) ; e recitando al fianco de’migliori artisti che gli furon sempre affettuosi compagni. […] Francesco Artale oggi è stabilito a Napoli, ove, in unione alle sue due figlie prime attrici giovani e amorose, dotate di non comuni pregi artistici, trae vita modesta e onorata in mezzo alla stima e all’affetto di chi lo circonda, recitando pur sempre, e pur sempre applaudito.
Andò a sostituire il 1826, nella Compagnia Reale di Torino, l’amoroso Giacomo Borgo, al fianco della Marchionni e di Luigi Vestri ; e quivi lo vediamo nel’29 primo attore a vicenda or col Boccomini, or col Perini : ruolo che sostenne con crescente favore sino al’35 ; nel qual anno uscì dalla Reale, sostituitovi da Giovanni Battista Gottardi, per divenir conduttore di Compagnie or buone, or mediocri, delle quali egli era l’anima. Cammillo Ferri era più tosto piccolo di statura e alcun poco tozzo : ma la voce magnifica, il volto espressivo, il sentimento vivo, l’ingegno pronto lo compensarono a esuberanza del difetto : e dice il Regli (op. cit.
Fu molti anni con la Battaglia ; poi con lo Zanerini, col Bianchi, col Pianca e Paganini, e finalmente col Fabbrichesi nella formazione della Reale Compagnia italiana. […] A testimonianza del valor suo, Francesco Righetti nel secondo volume del suo Teatro italiano, dice : « Il personaggio di servetta era semispento nelle compagnie comiche, e colla morte della celebre Maddalena Gallina, che mirabilmente lo rappresentava, e per il nuovo genere introdottosi in Italia di commedie, in cui il ridicolo entra appena di furto, e per l’abbandono della commedia goldoniana. »
L'estate del 1800 lo vediamo al San Giovan Grisostomo di Venezia, dove si salva da un probabile disastro colla nuova tragedia di A. […] Lo vediamo poi a Pavia il giugno del 1810, dove non avrebbe trovato modo di svincolar la condotta impegnata, se non gli fosse venuto in soccorso il proprietario dell’ Arena del Sole di Bologna che lo Zuccato andò a inaugurare il 5 di luglio con gran pompa di preavvisi-fervorini.
Lo stesso Fiorilli, il famoso Scaramuccia, è ricordato negli annali del teatro, con parole di alta ammirazione e di alto stupore ancor più per lo schiaffo ch’egli sapea dare col piede a ottantatrè anni, che per la prontezza e sottigliezza delle risposte. […] Massimo Trojano, quando appunto la commedia italiana pareva metter per opera di questi tre, intelligentissimi, radici solide e profonde nella Corte (si vuole che lo Scolari fosse uno Zanni perfetto), spirito bizzarro, irrequieto, indipendente, rimproverato da un collega in Landshut, il violinista italiano Battista Romano a cui doveva danaro, per la sua vita oziosa e sregolata, tócco nell’orgoglio, appostò un giorno l’odiato nemico, e lo freddò con un colpo di fucile. […] Ma le rappresentazioni non andavano troppo in lungo ; chè, nell’anno 1575, visto il dissesto nell’amministrazione di Corte (il giovane principe, non troppo misurato nelle spese, aveva già un debito di 229,375 fiorini), si determinò di licenziare 51 persone del seguito, fra le quali e i nostri saltatori e lo stesso Scolari : e con essi probabilmente se ne andò gran parte della vita gaja e gioconda di Trausnitz.
V. non lo soccorre di quanto accena nella sua. […] Circa il Padre Francesco non occorre che uenghi a Mantoua perchè lo fariano prigione è se l’ esaminarano li essami non si confrontariano dell’ uno e dell’ altro è potrebbe succedere del danno tanto al Sig. […] r Antonio del denaro è non lo uoglia rimettere puole spedire il Padre Francesco doue io li ho scritto che non ui sarà pericolo, è questo sarà all’ hosteria di Cerese et l’ istesso Padre mi puol mandare auisare che anderò io in persona acciò sia sicuro à leuare il denaro che per uia denaro si cauerà fuori, La suplico per l’Amor di dio a far questa gratia acciò che possi fare le sante feste costì in Modena mentre per fine resto facendoli profondissima riuerenza. […] Giunto in quel largo, il vecchio si fermò ; prese il suo cappello, lo pose sul suolo, ed aspettò.
E in tutte queste opere, quando il temperamento gliel consenta, sa mostrar l’arte sua poderosa « fatta – scrive Angiolo Mori — di intendimenti di una accuratezza sottile, umanamente intima, di cui è profondo il concetto ; con una recitazione tutta moderna, di una rispondenza assoluta dell’anima con lo stato della coscienza femminile nella triste e tormentosa ora che passa. » Fin qui della artista. […] Ella, consapevole del suo valore, irrigidita nello sforzo costante di una meta prefissa, e di cui, per molti anni, ha forse creduto di avere smarrito la limpida visione, assorta perennemente nella ricerca di una perfettibilità, che è il tormento e la forza dei grandi artisti, Italia Vitaliani non sa trovare quelle parole ambigue che dicono e non dicono, quelle frasi rivolute entro cui il pensiero guizza e si smarrisce con agilità serpentina : no, quando una persona, sia pure un personaggio, la secca, essa lo dimostra ; quando un lavoro, sottoposto al suo giudizio, le spiace, essa lo dice, senza perifrasi nè pietose tergiversazioni ; quando è di cattivo umore non sa trovare una maschera di giocondità da collocarsi sul viso ; che se poi ella, o per la naturale bontà dell’animo o per altre considerazioni, cerca di nascondere il suo pensiero o velare le sue impressioni, esiste allora una tale antitesi fra il suono della parola forzatamente benigna e l’impaziente lampeggiare degl’ immensi occhi grigi, che si comprende subito come la più lieve finzione le riesca fastidiosa. […] Mentre la macchina vola attraverso i campi o in riva al mare, io dimentico il palcoscenico, dimentico le piccole e grandi miserie della notorietà, e vivo di me e per me, o meditando o ritemprandomi lo spirito con sane e forti letture. » Nella sua esistenza affannosa e turbinosa….
Ed altrove lo rammenta al re lo stesso Alcimene. […] Oh venga innanzi ; lo stesso Le parlerò.. […] Perchè non congiungere lo scioglimento all’ azione ? […] Robusto appassionato sublime a me ne sembra lo stile. […] Voi lo credete, E piangete così ?..
Non seguì la storia, ma verso la fine introdusse un pentimento di Tomiri per ricavarne lo scopo morale che si prefisse. […] … Or dimmi non son questi Chiari segni e ragioni ond’egli creda Già meritar lo’mpero, e lo procuri? Solimano per tali insinuazioni, e per una falsa lettera dell’indegno Rusteno, crede traditore il figlio, e a se lo chiama. […] Carlo prende questa varietà come ostinazione del nemico a tenersi occulto, se ne sdegna, lo rimanda alla prigione e ne risolve la morte. Federigo ignora la mutazione del re, e quando Corradino è chiamato dal custode per la funesta esecuzione, lo lascia uscire, credendo che vada a nozze.
Sparì lo spirito di cavalleria coll’abolizione dell’anarchia feudale, e collo stabilimento delle monarchie. […] Dal che avvenne quello, che suole quando s’abbandona un sistema, cioè che per lo più si prende il partito opposto. […] Ma con quanto maggior grazia, brevità e disinvoltura si dice lo stesso dal Metastasio? […] È necessario amarlo Perch’ei lo creda? […] Non lo sperar.
Concludono il discorso, come in tutte le versioni, lo schizzo di Enea in Troja e il quadro di Ifigenia in Aulide, scritto in prosa francese, due argomenti destinati all’intonazione, scelti per la loro efficacia scenica. […] Il favoloso e l’invenzione hanno un ruolo importante proprio come mezzi per sedurre e rapire lo spettatore, in una ideale concordia tra tutte le parti del dramma. […] E’ vero che quando le prime e le seconde parti coniurant amice, anche lo spettatore grossolano sente senza intendere un maggiore piacere: ma è vero altresì che la difficoltà e la rarità di tale accordo obbliga, per così dire, i teatri da guadagno a fidarsi più di quelle arti delle quali son giudici tutti, e queste poi sciolte da ceppi d’ogni relazione e convenienza, ostentano in piena libertà senza cura di luogo o di tempo tutte le loro meraviglie, e seducono il popolo col piacere che prestano dal desiderio del maggiore, di cui lo defraudano. […] L’interesse si è decisamente spostato da una considerazione del quadro complessivo della gerarchia dei generi letterari all’interno della tradizione poetica italiana all’analisi di uno spettacolo in sintonia con i gusti del pubblico, in grado di cogliere le sollecitazioni provenienti dall’esterno e atto a rispondere alla richiesta di una poesia allo stesso tempo formativa e consona a intercettare le passioni umane e ad accompagnare lo sviluppo verso un nuovo umanesimo che pone la sensibilità e lo sviluppo intellettivo dell’uomo reale al centro del discorso. […] Nelle Riflessioni lo scrittore rivaluta l’opera buffa come genere che permetteva una più armonica integrazione tra musica e azione e limitava il rischio presente nei drammi seri di una musica artificiale dissociata dalle parole.
Esordì come primo attore e amoroso con lo stenterello Mori a Pitigliano. […] Vestri in Compagnia Nazionale, andò il Calabresi a sostituirlo con Vitaliani ; morto il Vestri, lo sostituì con la Marini, con cui restò cinque anni, e con cui si recò in compagnia di Francesco Garzes, dopo la tragica fine del quale andò socio e scritturato con Paladini e Zampieri, che abbandonerà la quaresima del ’97, scritturato pel nuovo triennio in Compagnia di Claudio Leigheb e Virginia Reiter.
Canzachi Giovanni Camillo, bolognese, detto lo Zoppo. « Recitò assai bene – dice Fr. […] Passò poi il Canzachi al servizio dell’Elettor di Sassonia e lo vediamo il 3 agosto del 1748 (onomastico del re) prender parte all’inaugurazione del nuovo teatro a Varsavia, e il Carnevale del 1749, recitar nella commedia Amor non ha riguardi, sostenendovi la parte di Tabarino (V.
Da quella sera lo Zacconi ebbe coscienza della sua forza, e la visione chiara e precisa di quella specie di fascino che la sincerità e la verità possono operare sul pubblico. […] Una linea ancora, e forse lo Zacconi toccherebbe il grottesco ; ma la linea non c’è, e invece del grottesco abbiamo il sublime e per concepimento artistico e per espressione…. […] Che se poi per maestro si volesse intendere colui dal quale si succhia e il metodo dello studio, e il fondo dell’interpretazione, e le originalità della dizione, allora certo lo Zacconi rigetterebbe il giudizio, come de'più erronei. Egli aveva già 27 anni, quando entrò nella Compagnia dell’Emanuel, e lo intese per la prima volta. […] Se lo Zacconi affermasse che oggi, tempo di troppo sapere, un artista coscienzioso non può permettersi il lusso di morire a soggetto, di spasimare genialmente, avrebbe, nel fondo, tutte le ragioni.
Perchè sappia lo spettatore in qual guisa fu la regina assalita e difesa, il conte lo narra a Cosimo suo servidore fatto a tal fine rimanere indietro dal poeta. […] lo rammenti? […] Allo svegliarsi Dorotea vedendosi dappresso un Affricano cerca lo sposo. […] Il re lo manda a chiamare? […] Anche lo stile è più sobrio e lontano da molte stranezze nazionali di que’ tempi.
Sentito una volta recitare in una stamberga dal celebre Mascherpa, fu subito scritturato pel venturo anno in qualità di amoroso, e le sue prime prove furono disastrose ; ma il Mascherpa, che fu per lui più padre che capocomico, lo incitò a perseverar nello studio, e lo riconfermò per altri due anni, ne' quali vide avverarsi le previsioni che aveva fatte sull’avvenire artistico di lui.
Il 9 aprile 1691, avendo Leandro (Rechiari) e Coviello (Sacchi) già ricevuto ordine di recarsi dopo Pasqua a recitare a Vicenza, poi a Verona, lo Zanetti, nulla sapendo di sè, da Bologna si raccomandava alla clemenza e generosità di S. A., affinchè non lo abbandonasse, e lasciasse senza occasione di recita, vale a dire senza il mensuale sussidio della Ser.
Cosentino, L'Arena del Sole, Bologna, Zanichelli, 1903) si rileva come lo Zocchi fosse il '32 all’Arena del Sole di Bologna, ove per graziosa concessione speciale, generata da speciali inflessibili circostanze potè recitar tutti i giorni dal 23 aprile al 30 giugno. Facean parte della Compagnia Grassi, Martinez, Salvini, Angela Zocchi moglie del capocomico, e lo Stenterello, che dello spaventoso repertorio, era magna pars.
come accoppi tu lo specchio e la spada? […] Io credo (il creditore) che sia sempre lo stesso. […] Le Vespe lo rimproverano di tirannia. […] La legge lo condanna. […] Essi l’abborriscono e lo temono.
Provvida nonpertanto la Natura lo fornì di tali secreti efficaci espedienti, che nella propria essenza e nelle circostanze della sua esistenza egli rinvenne i mezzi d’escire dallo stato ferino e selvaggio e di respingere e tener lontano ogni assalitore. Quindi lo veggiamo forte e potente per affrontare, distruggere o soggiogar gli animali e sagace per conservare e proteggere le famiglie e per raccorle in villaggi elementi di città d’imperi e di nazioni grandi. […] e quali ordigni lo spinsero tant’oltre? 1 Fisica costituzione agile e flessibile, 2 Mente curiosa calcolatrice, 3 Bisogni che lo stringeano; più nettamente, Corpo attivo, Ragione investigatrice, Bisogni eccitativi. […] Ma lo spirito indagatore irrequieto che lo predomina, scorrendo rapido e curioso per tanti oggetti sensibili che lo circondano, fa germogliare in lui con incredibile fecondità nuovi desiderj, gli presenta nuovi bisogni da soddisfare, e gliene addita le guise.
È impossibile : dovrei dirne troppo male, e la carità del prossimo me lo vieta. […] E se non ci appare artista completo, ciò si dee forse a una recitazione affaticata, direi quasi ansimata, e a un’andatura curiosa in certi inceppamenti, che lo rendono monotono tal volta. […] Prima di recitare il Kean volli uscire dall’assoluta oscurità : lo studiai dopo due anni che ero nell’arte, e lo rappresentai dopo dodici : non mi piacqui perchè ero troppo enfatico : lo ristudiai da capo, ed ora sono contento di me. […] L’anno scorso una parte di codesti critici, che ora mi va addentando cosi rabbiosamente, levava ai sette cieli la mia interpretazione del Nerone per la mia naturalezza e l’abbandono d’ogni convenzionalismo : ed ora per l’ Otello fingono di pensarla diversamente : e si spiega la resipiscenza : abituati alla traduzione del Carcano hanno intuito che Otello è un melodramma, mentre lo splendido verso di Cossa, senza suono e senza rumore, li aveva persuasi, che i Romani erano uomini come noi. […] Otello, generale della potenza più civile d’allora, non lo vogliono uomo come noi : lo vogliono africano a tutti i costi !
Nel 1846 lo troviam, sempre amoroso, nella Compagnia Solmi e Pisenti. […] Al dire di Giovanni Cinelli che lo conobbe, Francesco Antonazzoni, smesse col crescer degli anni le parti di innamorato, si diede a recitar quelle di Capitano, e morì vecchio in Firenze.
Ma una malattia fierissima lo colse e lo allontanò dalle scene, alle quali è tornato oggi dopo un anno, salutato con gioia sincera dai compagni d’arte e dal pubblico.
Costui si chiamava Francesco Massaro…… Cerlone lo adocchiò e se ne giovò per le sue commedie…. Una sera, nel 1768, il pubblico della Cantina, mentre applaudiva freneticamente al Massaro, lo vide, d’un subito, arrovesciarsi addietro e stramazzar, con un grido, sul palcoscenico.
La modestia, più che il suo intrinseco talento artistico, lo arrestò nel suo cammino, il quale avrebbe potuto essere più glorioso, ma però quella modestia, che io chiamerei temenza di sè medesimo, gli valse maggiormente la stima dei suoi compagni e della critica, perchè ebbe il piacere e la soddisfazione di recitare sempre a fianco dei più bravi artisti italiani. Come uomo, di una onestà e di una probità veramente esemplare, per cui mai gli mancò la stretta di mano e l’ amicizia vera di quanti lo conobbero.
Il 5 maggio del’99 il Principe cugino annunzia al Duca da Firenze l’arrivo di Flaminio, e lo ringrazia di una lettera piena di cortesie ch'ei gli mandò per suo mezzo. […] ,143) riferisce i particolari della uccisione del famoso musico Siface, dallo Zibaldone di Anton Francesco Marini, il quale alla data 10 luglio 1704, dice : « Discorrendosi questo dì 21 luglio 1704 di Siface musico celebre ; mi disse Giuseppe Sondra detto Flaminio, comico del Principe di Toscana, che il Quaranta Marsilio lo facesse egli ammazzare tra il Ferrarese e il Bolognese, ecc. » Sperandio Bartolommeo, mantovano, sostenne con molto successo, e in varie compagnie di giro, la maschera di Arlecchino, nella seconda metà del secolo xviii.
In un articolo del Fanfulla della Domenica del 1° gennajo 1888, Giuseppe Costetti lo dice non figlio d’arte, mentre il Colomberti lo fa nascer da genitori oriundi napoletani che esercitavan l’arte drammatica.
Ma la passione per l’arte drammatica lo vinse a segno, che, dato un addio ai libri mastri, si scritturò in una Compagnia comica in qualità di amoroso, diventando in breve attore di qualche pregio. […] Il '64 lo vediam direttore di una Compagnia, di cui faceva parte il Meneghino Luigi Preda, e di cui erano prima attrice sua figlia Antonietta, distinta artista, e primo attore suo genero Achille Cottin : poi, finalmente, amministratore di quella di Luigi Bellotti-Bon, di cui fu più che scritturato, amico, e da cui si tolse sol quando per la vecchiezza e gli acciacchi fu costretto a ritirarsi a Firenze.
Colpa è di loro la niuna rassomiglianza che ravvisa lo spettatore fra la natura che doveva imitarsi, e le belle arti che promettono d’imitarla. Colpa è di loro lo sconcerto e disunione che regna nel tutto, e gl’infiniti abusi che hanno preso piede in ciascuno di questi rami in particolare. […] [9] Metastasio (chi lo crederebbe?) […] Il ritornello, il cantore, e la prima parte dell’aria cominciano di nuovo, e si replica due volte lo stesso andirivieni collo stesso apparato di note e di gorgheggi. […] Ciò è a un dipresso lo stesso che dire che la natura è fatta per ubbidire alla musica, non la musica per imitar la natura.
E lo stesso sarebbe anche a’ giorni nostri, se in essa non usasse veramente il suo soperchio l’amore della novità. […] Datosi a cercare l’imitazion musicale che conviene ai poemi drammatici, volse l’ingegno e lo studio a trovar quella che in somiglianti soggetti usavano gli antichi Greci. […] È da credere che se ne sarebbe compiaciuto lo stesso Virgilio, tanto è animata e terribile. […] E le tante varietà in cui lo vanno girando tuttavia e rigirando, non bene sogliono riferirsi a un centro comune, a un punto di unità. […] E da che si mise nel buon sentiero la poesia, lo smarrì la musica.
indi lo condanna e l’abbraccia. […] ella ripiglia, e lo giustifica. […] Ella però senza altro esame si abbandona alle prime furie, lo chiama mostro, perfido, lo fa trascinare presso la tomba di Cresfonte, e gli si avventa per ferirlo. […] Perchè si cerca che lo scelerato rimanga punito sulla scena? […] Contarini dice a Bianca, che viene lo sposo col sacerdote.
In essa, una sera, uscendo di teatro a Milano, gli fu, per ordin certo del tradito, ch'era tornato in Italia, tirato un colpo di pistola che lo ferì in un fianco. Recuperata la salute, mercè i soccorsi de'medici e della Marchesa Litta, risolse di farsi frate ; ma l’austerità di quella vita lo fe'abbandonare il convento per recarsi a Vienna, ove colle raccomandazioni della medesima Litta ottenne un posto nell’Ambasciata d’Italia. […] Libertà, libertà, ricco tesoro, dolce quiete del cor, lo grido io pure, nè giammai tacerò finchè avrò vita, …………… DISPERAZIONE Ohimè !
Botta ieri per il più tardi, poiché lo vedo spesso. […] L’andare e il fermarsi, lo starsi e il sedere inopinatamente si alternano e s’interrompono. […] In questo senso tutto è bello in natura, o, ch’è lo stesso, tutta la natura è bella per sé. […] Essa degenera se trapassa i suoi confini; e perciò l’eroismo confina con lo strano, con lo incredibile e col ridicolo; ed è facilissimo lo sdrucciolare dall’uno all’altro. […] Per poco che si ecceda, si tocca subito lo snaturato, l’ampolloso, l’inverosimile.
L’eloquenza la gravità e la copia delle sentenze filosofiche caratterizzano lo stile di Euripide. […] Non fu tragico Anassandride, come lo reputò lo spagnuolo Andres nel parlar rapidamente di ogni letteratura, ma comico della commedia mezzana secondo Ateneo, ed in essa, e non nel teatro tragico, introdusse le deflorazioni e le avventure amorose. […] Domata la greca ferocia col timore delle potenze straniere, si avvezzò ad una commedia più discreta, più delicata, la quale si circoscrisse a dilettare con ritratti generali mascherati di modo che lo stesso vizioso deriso, senza riconoscersi nel ritratto, rideva del proprio difetto.
L’Ambiziosa è quella che a me cara la rese, e se non fia, lo dica il pianto di Malvina bella. […] Giagnoni Domenico, attore brillante de’ più vivaci e garbati, nato a Cecina (Pisa) il 27 giugno 1846, da Bartolomeo e da Pini Aurora, morì a Porta al Borgo, comune di Pistoia, di Émbolo, il 7 agosto 1883, compianto da quanti lo conobbero. […] E qui finisco, che di quest’acqua « sat prata biberunt » una bistecca mi attende, una buona bottiglia mi chiama ; e la bistecca è il mio debole che mi rinforza, il vino la mia passione che mi rasserena, dappoichè, come dice Byron, è solamente in fondo al bicchiere che non si trovano inganni, e « un peu de vin pris moderement est un remede pour l’ame et pour le corp. » Addio dunque, opprimi, ammala anche Alarico (nome teutonico che vuol dire molio potente) e di’ lui che sto bene quantunque sia sempre magro come una colonna gotica, ma la magrezza non guasta, anzi interessa ; vedi Paride magro, come lo dipinge Virgilio, Eneide ; Leandro magro…. come narra la favola, Abelardo magro come descrive Rousseau, Romeo magro come lo dipinge Shakspeare, Iacopo Ortis non lasciò tempo al tempo di farlo ingrassare come narra Foscolo, e se il Petrarca era grasso gli è perchè era canonico e non corrisposto…. ci scommetterei, malgrado i suoi « Fiori fronde erbe antri onde ombre auri soavi » fra le quali ti mando a prender fresco e ti saluto e ti salutiamo, vi salutiamo e sono l’amico MENICO.
Così scrivea il Caraccio, mentre gran parte dell’Europa, e singolarmente l’Italia, adulterato il gusto e lo stile teneva dietro alle stranezze di Lope de Vega e di Giambatista Marini e di Daniele Gasparo di Lohenstein. […] Non avremmo noi quì ripetuto questo giudizio tanto vantaggioso al Caraccio, se un regnicolo pochi anni fa non avesse voluto asserire in una prefazione che lo stile di lui si risente dell’infelicità del suo tempo. […] Tutto in essa è sconcerto, stranezze, puerilità; nè lo stile nè la versificazione rendono tanti spropositi tollerabili. […] I personaggi per lo più sono inutili ed episodici; le inconseguenze continue; lo stile ineguale ora plebeo e della feccia del volgo, ora fuor di proposito elevato, sempre sconvenevole e lontano dalla tragica gravità, la versificazione dove pomposa, dove triviale. […] E’ argomento di perfezione, che mentre i personaggi subalterni cicalano a dismisura, Elisa, figura principale del quadro, in cinque atti recita appena 170 versi, e Jarba non men necessario all’azione è riserbato solo per lo scioglimento con sotterrar Didone?
Entra nel mio studio a passi contati, ed io mi alzo : costui fa un gesto propriamente pittoresco per dirmi che non m’incomodassi ; s’avanza, e lo fo sedere : ecco il nostro colloquio. […] Questa, sì, questa sarà la lancia e lo scudo, di cui armato andrò a sfidare i teatri tutti del mondo. […] Può darsi che domani lo termini e lo spedisca. […] Diga ognun quel che vol, mi son l’istesso ; colle donne, lo so, soffrir bisogna, e qualcossa donar bisogna al sesso. […] Mantener la quale lo inquietava assai meno della difficoltà di trovare un attore abile e piacevole quanto il perduto Pantalone.
E acconsentito il Re, e avuta certezza del tradimento, si slanciò sull’indegno con la spada sguainata per farne pronta vendetta : ma rientrato poi in sè stesso, lo fe’ arrestare e tradurre al Castello di Konigstein, dove stette rinchiuso per oltre venti anni, e donde uscì per intercessione di altra Dama, la quale, padrona dell’animo del Re, si fece da lui condurre al Castello. E visitata la prigione ov’era Mezzettino, questi con la barba lunga e incolta si gettò alle ginocchia di Augusto, che dopo tre mesi lo fece liberare, ordinandogli di lasciar Dresda e la Sassonia. […] Riapparve poi il Costantini l’ 8 successivo nell’Amant Etourdi, commedia italiana, recitandovi la parte d’intrigante in francese, alla presenza della Duchessa di Maine ; il 12 nell’Arlequin dévaliseur de Maison, o les Fâcheux, commedia italiana in cui sostenne ancora la parte di un intrigante, e il 13 finalmente nell’Arlequin Empereur dans la lune, commedia dell’antico teatro recitata il 1684 la prima volta all’Hôtel de Bourgogne : nella quale lo stesso attore rappresentò una parte di furbo e una scena notturna con Arlecchino applauditissima. […] Se ne fecer corti i calzoni e lo si rese più grazioso, conservando solamente la qualità della stoffa a striscie di differenti colori. […] Il Costantini l’andò poi allargando, rappresentando sotto quelle spoglie, come lo Sganarello nel teatro di Molière, parti di marito ingannatore o ingannato, talor servo di Ottavio, e talora di Cintio.
Queste imprese, secondo che io mi avviso, cantavansi da’ ciarlatani così denominati, siccome ben osserva il Muratori, dal cantare che per lo più facevano, le gesta di Carlo Magno. […] Bettinelli) oggi senza favor de’ Principi, senza emulazione, senza ricompense, nella decadenza di tutto, e nel languore delle artistesse, hanno elleno sempre in Italia gran voga, e continuano a far l’ammirazione degl’ intelligenti e disappassionati Oltramontani per lo singolar talento, che in esse posseggono i nostri a quel grado che vuole il migliore entusiasmo. […] Non hanno meritato lo studio dell’altre nazioni i tanti argomenti nuovi di drammi Italiani, da cui gli Oltramontani nei loro drammi di simile argomento hanno spesse fiate traportato con poco variamento non pur il piano, l’ intreccio, la condotta, le situazioni, lo scioglimento, ma i costumi, i caratteri, i pensieri, e gli affetti degl’ interlocutori posti in azione? Non meritano lo studio dell’altre nazioni i drammatici Italiani del XVI secolo, se non per altro, per la cultura, proprietà, purgatezza della loro lingua che a que’ tempi rifioriva? […] IV dell’opera sua ebbe a dire con sensi di verità: Si distingueva l’Italia sopra le altre nazioni per la superiorità di parlare con tanta cultura la propria lingua, come se di questa sola facesse tutto lo studio.
Si recò a quindici anni a Verona, per impararvi il mestiere di sartore ; ma innamoratosi del teatro, entrò in una piccola compagnia, in cui dalle ultime parti potè salir ben presto a quelle di prima importanza, quali di padre e di tiranno ; e con tal successo, che in capo a pochi anni lo vediam già nello stesso ruolo in Compagnia del vecchio Zanerini, di cui potè seguire, senza servilità, la vecchia scuola, e di Maddalena Battaglia (1795-96), destando a Venezia, al San Gio. […] E pur cosi quando del Norte ai liti in te lo Sveco eroe par redivivo, e le sue gesta e sua fierezza imiti. […] Apertosi il 1820, quel teatro, restaurato, colla Fedra dell’Orlando, di cui eran parti principali la celebre Grassini, la Pasta e Debegnis basso, egli fu dopo reciproche provocazioni generate dal divieto agli studenti di partecipare alle prove degli spettacoli, ferito a un braccio la notte del 25 giugno così gravemente, che i dottori Fabris e Ruggeri nel lor rapporto lo dichiararono in pericolo di vita. […] Tornò il '32 a Bologna, ma i fatti di Cesena lo ricacciarono in esilio : e fu a Brusselle correttore di stampe, maestro di scuola e commerciante di maccheroni e di cacio lodigiano ; poi in Isvizzera, poi di nuovo in Francia, d’onde tornò, dopo sette anni di esilio, a riveder la patria e i parenti, per amnistia del nuovo imperatore austriaco Ferdinando I. […] E già sacro l’invidia de'pedanti lo fece, e lo consola l’eco possente della tua parola.
Duranson è Don Geronimo della commedia, Mèlidor è il marito ingannato e guasto dall’usurajo trasformato in amico, ed Acelie è la savia consorte; e le convenzioni maneggiate con accorgimento, e la donna di piacere persuasa prudentemente la quale dà le armi per iscoprire vie più il nero carattere di Don Geronimo; e lo scioglimento, e la carica tolta al traviato e passata dal provvido Ministro ad un di lui tenero figliuolo, tutto appartiene al Francese, di cui per altro non si sono trasfuse nella commedia le grazie e le morali vedute. […] Anche la Fanatica per ambizione del medesimo autore, di cui si parla nella pagina 277, prende l’argomento e lo scioglimento di un finto fallimento di altra novella del medesimo Francese, l’Ecole des Peres; l’innamorato però che finge disprezzarla e riprenderne i difetti, mostrando un’apparente estrema freddezza, è tolto dal Desden con el Desden di Agostin Moreto.
Sospettando del Buonamici, Tomeo lo fa arrestare e condurre alle carceri di S. […] Carlino anche nel 1800 ; dove lo troviamo nel 1803, usciti di Compagnia alcuni importanti attori, tra’quali il Pertica, scritturato per le parti serie e sostenute.
« Modenese, nacque – dice il Bartoli – da onesta e civilissima famiglia, occupando il padre suo la carica di cassiere nell’ impresa dei pubblici lotti di tutto lo Stato del Serenissimo di Modena. » Dallo spoglio fatto nell’Archivio comunale di Modena, più Goldoni col nome di Antonio risultan quivi nati nella prima metà del secolo scorso, ma non si può dire qual sia il nostro di essi. […] Troviamo il nome di Goldoni anche tra’ comici del secolo xvii, secondo un cenno dello Scherillo (op. cit), il quale ci riferisce, nè sappiamo da qual fonte, essere stato lui lo Scaramuccia del Callot.
Il Bartoli lo dice grande nel premeditato e all’improvviso ; e aggiunge che sapeva anche farsi applaudire ne' semplici annunci fuor del sipario per lo spettacolo del domani.
Il 23 dicembre del 1880 fu inaugurata al Goldoni di Venezia una lapide in ricordo di lei colla seguente iscrizione : a marianna moro-lin che del veneto dialetto quantunque non suo sentì le grazie e sulle scene col cuore e coll’arte inimitabilmente lo espresse la società filodrammatica carlo goldoni in segno di affettuoso ricordo pose Ella morì a Verona la notte del 19 giugno '79, quasi improvvisamente. […] Nella commedia La mama non mor mai, rappresentata la prima volta a Trieste il 12 febbraio 1880, la vera protagonista, come lo dice il titolo stesso, è la madre morta ; e questa ci vien descritta simile alle altre donne che il Gallina creò per la Moro-Lin : 1875, Rosa — El moroso de la nona ; 1877, Marina — Telèri vechi ; 1878, Marianzola — Mia fia ; 1879, Teresa — I oci del cor.
Suetonio però da lui citato lo chiama espressamente anfiteatro: Apud Fidenas supra XX hominum millia gladiatorio munere amphitheatri ruina perieranta. […] Lepido Mnestere, e quando egli ballava, se sventuratamente qualche spettatore facesse il più picciolo strepito, se ’l faceva recare innanzi e di propria mano lo flagellavaa. […] E perchè Apelle indugiò alcun poco a rispondere, lo fece battere aspramente, insultando frattanto al di lui dolore, con dire che nel tuono lamentevole ancora spiccava la dolcezza della di lui vocea. […] Il perno però su cui volgesi la tragedia Romana, è lo stesso della Greca, cioè il fatalismo, se tralle conosciute se ne eccettui la Medea, che regge per la sola combinazione delle passioni, nè mette capo nella catena di un destino inesorabile. […] Cosi la vera drammatica senza perfezionarsi nel Lazio fu distrutta dalle depravazioni mimiche, ed il teatro divenne lo scopo delle invettive de’ Cirilli, de’ Basilii, degli Agostini e de’ Lattanzii.
Ne cangiò lo scioglimento aggiungendovi il fanciullo Tomi figlio del giocatore, che occupa la maggior parte dell’atto V. […] Prêvot lo tradusse in francese intitolandolo le Joueur che si stampò in Parigi nel 1762. […] Ma una ipotesi troppo rara scopre lo studio dell’autore di mettere in tali circostanze un uomo virtuoso che a stento si rinvengono ne’ processi criminali più famosi. […] L’esperienza ne convince che il patetico può risvegliarsi per lo più con un tratto semplice ma vero ricavato dal fondo del cuore umano; a che dunque caricar le tinte a sì alto segno? […] Fecero lo stesso altri autori di drammi semilugubri.
E se invece di Tortoriti, lo Scaramuccia fosse qui davvero il Fiorilli, come mai con un personaggio di Matamoro al suo fianco non si sarebbe fatto cenno di suo padre ? […] ) che lo dice inventore di questa stragofissima parte ; mentre del Fiorillo Matamoros il Cecchini medesimo ci dà un’ ampia testimonianza, dicendo ch’ egli fu huomo in altri comici rispetti di una isquisita bontà, posciacchè per far il capitano spagnuolo non ha havuto chi lo auanzi, & forse pochi che lo agguaglino. […] E non con gli occhi sol, ma ancor col fiato il ciel spaventa, ed ogni stella errante, e se contro gli vien nemico stuolo, lo fa col soffio gir per l’aria a volo.
Pur quali ostacoli non vince l’attività, l’ingegno, e lo studio? […] Racine; benché la greca riesce più tragica e importante per lo spettacolo di Fedra morta. […] Ma lo dirò io? […] E in questo si vede chiaro lo spirito de’ greci sempre intento a dipigner la natura, e lo spirito de’ moderni inclinato a spingerla oltre, e a preferire al vero lo specioso. […] La regina non soffre davanti gli occhi il rifiuto, ma lo ascolta, senza esser veduta.
Ma don Giovanni personaggio sensato lo riprende. […] Il viluppo e lo scioglimento di questa è fondato, come nella precedente, nell’artificio di due finte lettere. […] La locuzione è propria e naturale, l’azione semplice condotta felicemente, lo scioglimento fa onore all’umanità ed in conseguenza all’autore. […] Un Leandro innamorato che si vede cacciato di casa, ne tasta il coraggio, lo conosce poltrone, e lo mette in fuga. […] Simili favolette introducono per lo più molti personaggi vestiti di caratteri proprii de’ tempi presenti, de’ quali si rilevano le ridicolezze ed i vizii.
Che già non avrebbono più ragione di dire esser l’opera una composizione sconnessa, mostruosa e grottesca; ma per lo contrario ravviserebbono in essa una viva immagine della greca tragedia, in cui l’architettura, la poesia, la musica, la danza e l’apparato della scena si riunivano a crear la illusione, quella possente sovrana dell’uomo, e in cui di mille piaceri se ne formava uno solo ed unico al mondo59. […] In alcune parti del dramma ho seguito l’antico poeta, e in alcune altre il moderno; facendomi però lecito di recedere tra le altre cose dall’uno con lo aver reso l’azione semplicissima, e di recedere dall’altro con lo aver rappresentata Ifigenia di costume eguale.
Egli cambiò la natura stessa de’ suoi stati, e i costumi de’ popoli, e introduce fra loro lo spirito d’industria, le arti, le scienze, collegi, accademie, stamperie, e librerie. […] Incoraggiare e perfezionare i poeti, i quali sono l’anima di tutto lo spettacolo, ed essi inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, i quali rappresenteranno con tanta energia e sensibilità animati da questo spirito, con quanta freddezza e durezza rappresenteranno copiando unicamente gli attori stranieri. […] I cori dell’opera son composti di venti o trenta persone, che per lo più vengono dall’Ukrania, o picciola Russia, dove si applicano molto alla musica vocale.
Lo stesso Robinet in altra lettera dell’ 8 marzo 1670 ci fa sapere come, tornato Fiorilli d’Italia, e ripreso il suo posto in compagnia, l’attore che lo aveva in quei due anni sostituito, assumesse la maschera del Capitano : Depuis peu l’ancien Scaramouche, qui paroit une fine mouche, est dans sa troupe de retour, et divertit des mieux la Cour. […] Ma qui parmi che il Robinet abbia torto, poichè, non già al ritorno di Scaramuccia assunse l’attore che lo sostituì la maschera del Capitano, ma assai probabilmente tornò alla maschera antica, poichè sappiamo dal Soleirol come il Bianchi facesse già le parti di Capitano nel 1645. […] Questo attore, secondo i Parfait, scomparve dalla scena verso il 1680, poichè d’allora in poi nè lo Scenario di Biancolelli, nè il Teatro di Gherardi ha più la maschera di Spezzaferro ; erronea deduzione, poichè l’ Arlequin Lingère du Palais (vol.
La partenza de’ guerrieri dai loro villaggi (cosi ne parla lo storico Robertson a), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in agguato, la maniera di sorprendere l’avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa de’ prigionieri, il ritorno dei conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra. […] Ora non ne poteva nascere come nella Grecia lo spettacolo teatrale che pure in seguito vi si vede coltivato? […] Chi le calunnie per le quali fu mandato pel sentiero segnato dal Colombo un giudice maligno e parziale che gli forma un processo criminale, lo dichiara colpevole, e lo rimanda alle Spagne carico di catene? […] Non s’inventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa del Colombo, del cui viaggio ei si prevalse, la quale si accennò dal Gomara, si credè colla naturale sua bontà dal l’Acostae dal Uezio, ed oggi si risuscita dal Lampillas, tuttochè lo stesso Oviedo l’avesse narrata come pura favola, e lo storico filosofo Robertson avesse dimostrato nella nota 17 del tomo I di essere stata conosciuta come un maligno ritrovato dell’ingratitudine suggerito dalla viltà della gelosia nazionale ?
La partenza dei guerrieri dai loro villaggi (così ne parla lo storico Robertson 34), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in aguato, la maniera di sorprendere l’ avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa dei prigionieri, il ritorno de i conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra. […] Or non ne poteva nascere come nella Grecia lo spettacolo scenico che pure in seguito vi si vede coltivato? […] Chi le calunnie per le quali fu mandato pel sentiero segnato dal Colombo un giudice maligno e parziale che gli forma un processo criminale, lo dichiara colpevole, e lo rimanda alle Spagne carico di catene? […] Non s’inventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa del Colombo, del cui viaggio ei si prevalse, la quale si accennò dal Gomara, si credè colla naturale sua bontà dall’Inca Garcilasso, si trascrisse dall’ Acosta e dall’Uezio, ed oggi si risuscita dal Lampillas, tuttochè lo stesso Oviedo l’avesse narrata come pura favola, e lo storico filosofo Robertson avesse dimostrato nella nota 17 del tomo I di essere stata conosciuta come un maligno ritrovato dell’ingratitudine suggerito dalla viltà della gelosia nazionale?
Del recitare alla peggio, io non lo fò poi che sarebbe un offendere me stesso per far dispetto ad altri. […] Il perchè più brevemente che potrò con questa mia lo paleserò a V. S. et lo potrà mostrare a S. […] Fritellino è buono da farsi odiare non solo da comici, ma da tutto il popolo, e lo vediamo con isperienza poichè se volle compagni bisogna vadi per forza de prencipi, o che li pagi ; lasso il voler tirare più parte degli altri. […] S. non ha potuto sentire per esser amalato lo troverebbe un secondo Arlichino.
mo Spedisco Aurelio, perchè serua a Vostra Altezza con ogni puntualità maggiore nella Compagnia dei Suoi Comici, e già che uengo auuisato, ch' ella mi habbia fauorito della persona di Florindo, io non lascio di ringratiarnela di cuore, assicurando l’Altezza Vostra, che perfettionato il futuro Carneuale resterà à di lei dispositione lo stesso Florindo, confidando, che il simile seguirà d’Aurelio. […] Dicono i fratelli Parfaict che il Padre di Riccoboni lo conobbe, e più volte sentì la sua messa.
Traspare in Prometeo una grandezza d’animo che nelle disgrazie lo rende degno di rispetto. […] Pure quali ostacoli non vince l’attività, l’ingegno e lo studio? […] E questo ci addita lo spirito de’ Greci ognora intento a copiare con esattezza la natura, e lo spirito de’ moderni propenso a spingerla oltre, a manierarla, a preferire al vero lo specioso. […] Non dee lo spettatore affaticarsi, non esercitare il suo ingegno. […] È lo stesso difetto di verisimiglianza osservato nell’Andromaca.
Irene torna coll’ infante; la madre vuole stringerselo al seno, ma nel fissarvi lo sguardo si avvede che non è il suo Eraclio, ma sì bene il figlio della stessa Irene che eroicamente lo sacrifica alla salvezza della prole reale. […] Il ver ti narro; ed altrove lo rammenta al re lo stesso Alcimene. […] Intende poi che si è accesa una gran mischia tra’ proci, Telemaco e lo straniere. […] Forse la versificazione vorrebbe essere più armoniosa, e lo stile talvolta più energico. […] Oh chi congiungesse lo stile del sig.
Quando l’arte si mostra più della natura, lo spettatore si sovviene dell’autore, lo vede passeggiar tra gli attori, riflette alla realità, e svanisce ogni illusione. […] A quelli giorni il teatro italiano, il francese, e lo spagnuolo ancora fremerebbe a una scena simile alla III dell’atto III tra madama Orgone e M. […] Eccone uno squarcio che ne mostra lo stile e ’l patetico. […] Nell’altra tragedia del signor Moratin lo stile si vede migliorato di molto, e lo sceneggiamento é più conseguente; ma presenta un’eroina violata da un moro, la quale forse dispiacerà alla delicatezza del nostro secolo; dacché gli odierni teatri culti esigono una rigorosissima decenza. […] Egli naturalmente ha lo stile umile e dimesso, e batte lo stramazzone tosto che vuol nobilitarlo, ma ciò non gli nocerebbe gran fatto sempre che sapesse scegliere il genere di commedia conveniente alle sue forze.
Ma anche questa volta vi rimase poco tempo, chè la cattedra lo richiamò a sè. […] Il miglior degli elogi gli fece nell’Italia di Napoli del 1865 (n. 189) Luigi Settembrini, il quale conchiudeva : « così si scrive, benedetto Iddio ; così lo scrittore ti afferra, e ti stampa nell’anima ciò ch’egli vuole. […] E da molti ancora che lo conobbero sentii dire più volte : non ci si poteva vivere accanto ! […] Ignaro de la vita che fugge, a’ tuoi futuri danni non pensi allor che accovacciato sul pavimento dell’aprica stanza ti scaldi taciturno a’ rai del sole, ed all’ insetto che ti ronza intorno volgi obliquo lo sguardo, e lo sollevi fraternamente all’augellin che canta da la pensile gabbia. […] Quando il povero parroco, nella bella commedia del Garelli I contingenti piemontesi, esce a far la sua parte, il pubblico lo prende su come viene, e se la figura è meschina e i modi sono piccoli, il pubblico se ne compiace di più perchè lo rassomiglia all’uno o all’altro dei tanti curatucoli di campagna, che son di sua conoscenza ; ma se il parroco recita in italiano, allora il pubblico, ci si perdoni la frase, si monta diversamente, e vuol figura veneranda, vuol modi gravi, vuole unzione, vuole insomma quell’ ideale, che invano si vorrebbe da taluni scompagnare dall’arte.
Ci volevan per lo meno 30,000 franchi all’anno. […] Ora : le pretese eran senza dubbio fortissime, specie a quel tempo ; ma la Ristori era la Ristori ; e Righetti, uomo equo e intelligente, lo capiva, e voleva conciliar quelle col bilancio non pingue della Compagnia. E cercandole con lusinghevoli parole la via del cuore, tentò diminuir di metà lo stipendio, e accordarle in quella vece un terzo degli utili. […] Fu allora che « come un baleno — è lei che lo dice — da un cantuccio della sua mente scaturì l’ardito progetto di andare in Francia. » Ma il Righetti, nella gran prudenza poco intraprendente, si oppose al proposito nuovo : troppi i rischi, possibile l’insuccesso artistico, possibilissimo il finanziario. […] Nelle parti odiose si trovan per lei delle scuse, e pare che il suo personaggio non possa agire altramente sia che la fatalità lo spinga, o la passione lo trascini, o le circostanze lo dominino.
Comala figliuola del re d’Inistore o dell’isole Orhney amando Fingal figliuolo di Comhal lo segue in abito virile. […] E chi lo saprà? […] La nominata Miss Cowlei compose l’ Evasione e lo Stratagemma della bella. […] Quando l’arte si mostra più della natura, lo spettatore si sovviene dell’autore, lo vede passeggiar tra’ personaggi, riflette alla realità, e l’illusione della fantasia è distrutta. […] Egli come attore non ebbe colà chi lo pareggiasse; ebbe bensì chi gareggiò con lui.
Il Goldoni, che lo chiama Francesco Bruna, detto Golinetti, dice di lui nel vol. […] Il Paroncin veneziano è quasi lo stesso che il Petit-Maître francese ; il nome almeno significa la stessa cosa ; ma il Paroncin imita il petit-maître imbecille, ed evvi il Cortesan veneziano, che imita il petit-maître di spirito. […] Siccome una gran parte di quella commedia era a soggetto, ha fatto credere agli amici suoi, che anche la parte sua era opera del suo talento, e che tutto quel che diceva, lo diceva all’ improvviso. […] Ho scritto dunque intieramente il Prodigo sulla Brenta, e poi ho ricavato dalla Commedia lo scheletro, o sia il soggetto, e l’ ho dato ai Comici, tenendo nascosta la Commedia scritta.
Le interpretazioni dell’Abate de l’Epée, di Misantropia e pentimento, del Cavaliere di spirito, del Cavaliere di buon gusto, delle due Pamele, e di altri lavori comici, drammatici, o tragici, lo collocarono fra i migliori del suo tempo. Sposò in quel torno Maria vedova Buccinieri, già servetta di buon nome, e formò la quaresima del 1818 una buona società col primo attore Luigi Velli, di cui facevan parte comici egregi, quali : il Vismara, il Dones, lo Zuanetti, il Baraldo, la celebre Polvaro, ecc. […] Il Guagni che lo sostituì stette in Compagnia fino alla morte del Mascherpa. […] Questo lo stato di servizio di Napoleone Masi, il quale, senza elevarsi alle massime altezze, fu sempre attore assai festeggiato per una vena di comicità spontanea e vivissima, e per correttezza di dizione.
Avrei dovuto aggiungere : inevitabili in chi si abbandona con tutte le esuberanti doti dell’anima sua d’artista, senza lasciar tempo nè modo alla mente d’infrenarla e guidarla con lo studio paziente, profondo dell’analisi psicologica in ogni minima parte : a quell’abbandono di anima si accoppia naturalmente, nell’improvvisazione, quell’abbandono di persona che non può tenere l’artista inconsapevole dal mostrare alcuna volta quelle siffatte scorrettezze. […] Il pubblico, il quale, più del godimento intellettuale, si appaga di un godimento immediato che lo scuota là per là, è assai più soddisfatto davanti a codesta attrice, che ad altre, forse intellettualmente o artisticamente più…. come dire ? […] Se v'è temperamento artistico, non si può aver sempre lo spirito rispondente a ogni chiamata. […] Con questo corredo di preparazione ho ripreso, per poco, lo studio dei versi e poi le prove lentamente, tentando di dar vita a quella figura che sapevo e che…. il pubblico solo ora può dire in quanta parte di vero abbia reso.
Comala figliuola del re d’Inistore, e dell’isole Orhney amando Fingal figliuolo di Comhal lo segue in abito virile. […] E chi lo saprà? […] La nominata Miss Cowlei compose l’Evasione, e lo Stratagemma della Bella. […] Quando l’arte si mostra più della natura, lo spettatore si sovviene dell’autore, lo vede passeggiar tra’ personaggi, riflette alla realità, e l’illusione della fantasia è distrutta. […] Come attore Garrick non ebbe colà chi lo pareggiasse; ebbe bensì chi gareggiò con lui.
Niun poeta francese, compreso anche lo stesso Boeleau che il deprimeva sì ingiustamente, l’ha uguagliato, quando egli ha voluto, nella sublimità e nella forza della espressione. […] Per lo passato niun pensiero si prendevano i poeti di preparar le decorazioni. […] Eppure oltre a sessanta ne scrisse tra occupazioni per lo più contrarie al poetico genio. […] Chi di voi lo vuol per padre? […] Ed allora il dramma sortì dalla schiavitù dove lo tenevano oppresso i macchinisti e gli impresari, e prendendo per compagne, e non mai per sovrane, la decorazione e la melodia, ei comparve fregiato di tale splendore quale non ebbe mai da’ Greci in qua nel lungo corso di molti secoli.
Riserbomi solo il ricordargli che io in verun luogo non ho mai ciò preteso, o dimostrato tale orgoglio; e che il contrastare a qualcheduno un merito, non è lo stesso che appropriarselo. […] E per ribatterla vi si accinge; non col mostrare p. e. un bel passo patetico visto e notato da Rapin, in cui si manifestasse fornito di cuore, ma con allegare un sereno sensato ragionamento, in cui Rapin giudiziosamente afferma che lo Spettatore vuole essere commosso. […] Vi diranno che questa elasticità di congegnazione, accoppiata a una fantasia mobilissima, forma l’Uomo per natura sommamente sensitivo agli urti degli oggetti che lo circondano. […] Ma con tutte le sue ottime Riflessioni fatte sulla Poetica in generale, egli intanto conchiude, che solo “Omero l’incoraggisce, e Virgilio lo riscalda, e gli altri Poeti lo assiderano, tanto sono essi per lui languidi e freddi”. […] E dove trovasi lo scherzevole, il dilettoso, le badin nel Canto VII. della Gerusalemme?
Di questa precisione e aggiustatezza abbiamo pochi esempli tra’ moderni, i quali per lo più fanno rispondere a’ personaggi quel che comanda la rima o L’armonia de’ versi. […] Ulisse L’interrompe per L’arrivo del Ciclope, e Sileno lo fa nascondere. […] Ulisse si discolpa narrando il vero e accusando Sileno, ma il Coro favorendo il padre lo smentisce. […] Il Coro lo seconda, e per dissimulare canta in lode del Ciclope. […] Essi lo prendevano da quelle immaginette, eui per mezzo di nervi e di cordicelle occulte davano movimento, facendole gestire, muovere e camminare come se fossero animate.
Venga il canchero a questa professione e a chi ne fu lo inventore ! […] Ma se dalle scene è sparito il Capitano, è restato lo spagnuolo. […] Chillo che frange li monti e spacca lo monno – per lo mezzo & insomma l’arci – bravura, terrore e tremore della Tier – ra e dell’ Inferno – Con la capricciosa e ben compita Livrea del detto – Smedola vosi. […] Oh essi sanno il lor mestiere alla perfezione ; essi conoscono l’umor del padrone, lo strisciano, l’incensano, lo magnificano, mentre bevono e mangiano a sazietà. […] La falce di Saturno, lo Scudo di Pallade ?
Le prime sue commedie che più tirarono l’attenzione del pubblico, furono lo Stordito ed il Dispetto amoroso. […] Questa favola ha una tinta di farsa, ma vi si motteggia lo stile affettato romanzesco che le donne stesse prendevano nelle conversazioni. […] Il carattere di Alceste contrasta egregiamente con quello di Filinto, e dà movimento a tutti gli altri che lo circondano. […] E chi gli negherà il talento filosofico ove ponga mente a quella sagacità che lo scorge ad entrar da maestro nel mecanismo delle umane passioni? […] Per lo più essa rappresentava commedie dell’arte ripiene sovente di apparenze e trasformazioni per dar luogo alle facezie e balordaggini dell’Arlecchino.
La voce armoniosa, la correttezza della dizione, la spontaneità de'sali, lo fecer subito amato e ammirato dal pubblico della Piazza Vecchia, Teatro degli Arrischiati, sì che vi fu perfino chi lo paragonò a Vestri nella facoltà di trascinare il pubblico al pianto ed al riso.
Colto e gentile, s’ebbe la stima di quanti lo accostarono, e la sua morte fu seguita dal generale compianto. […] Gustavo Modena che s’era aggregato alla sua Compagnia, scrive a Calloud da Parma il 20 novembre del '42 : « La Compagnia Vergnano non piacque ; e con essa, te lo dico schietto, i Parmigiani sono ingiusti.