Adunque l’invenzione di questo Dramma appartiene di tutta ragione all’Italia, benchè sembrasse diversamente al P. […] Or chi avrebbe pensato che il Lampillas, il quale volle escludere dal numero delle pastorali il Cefalo, e l’ Orfeo, non che i due Pellegrini degl’Italiani, ad onta poi di Garcilasso, e tutta la Nazione Spagnuola, avesse motu proprio a stimare, e nominar Dramma (nel rigore di tal voce) un’ Ecloga?
Ma i Caligoli sono come le fiere addimesticate, che non mai si spogliano di tutta la nativa ferità, e quando meno si attende, la riprendono. […] Se non tutta l’eccellenza drammatica rinacque nel Lazio, una gran parte in Italia ne risorse.
Recita il ’53 a Schio la Francesca da Rimini, e giunto all’apostrofe all’Italia, proibita dalla censura, la recita tutta d’un fiato in mezzo alle acclamazioni del pubblico, mandando a rotoli recita e stagione, e finendo poi coll’essere incatenato e tradotto come un malfattore al Castello di Mantova. Il ’55 a Vercelli mette su uno spettacolo, I briganti calabresi, pel quale s’ingolfa in un mondo di spese : ma lo spettacolo fa furore, un forte guadagno è assicurato ; ed eccoti l’arena di legno, terminato appena lo spettacolo, tutta in fiamme, ecco ogni cosa letteralmente distrutta.
La interpretazione dell’alto dramma e della tragedia fu buttata dall’artista al pubblico, quando questi era più imbevuto di tutta l’arte comica di lui…. […] In quella compagnia disciplinata, egli, se bene spirito indipendente, sapeva essere disciplinato, perchè la disciplina era fatta tutta d’amore.
E al Rasi tocca il merito d’avere compresa e misurata tutta l’importanza e d’avere accennato al da farsi. […] Allora la Duse cominciava ad esser nota e pregiata come prima attrice ; Cesare Rossi aveva già asceso il culmine del capocomicato ed aspirava, con tutta la forza della sua tromba nasale, a quella commenda che è il sogno d’oro d’ogni artista provetto ; e Luigi Rasi si era nobilmente affermato come scrittore, come dicitore squisito, come maestro a cui son noti e familiari tutti i segreti dell’arte scenica. — A distanza di diciannove anni, mi è grato oggi ristampare ciò che scrivevo, e aggiungere che le promesse di quei giorni non furon fallaci.
Il loro dialogo ha tutta l’energia della passione, ed è soprammodo lontano dalla durezza delle sentenze lanciate ex abrupto alla maniera di Seneca. […] L’ammazzamento inspira tutta la compassione. […] E ciò fu poco quando l’Europa tutta più non conosceva la drammatica? […] Orazio le succede; e l’interesse in tutta l’azione trovasi diviso tra due personaggi. […] Ma quello che più importa è che tutta la vaga scena di Seneca vi si vede malconcia.
L’uso ne fu portato più avanti dal Lampugnani compositor milanese, che rivolse a siffatto oggetto tutta la sua attenzione. […] Certo è ch’egli farebbe schiamazzar dalle risa tutta l’udienza se accingersi volesse all’impegno di esprimer colla sua voce tai cose. […] Il canto non basta più volte per far capire agli uditori tutta l’agitazione onde vien lacerata l’anima del personaggio. […] La musica strumentale ricomincia a fine di dare alle parole tutta la varietà d’espressione ond’è suscettibile il sentimento finché termina la prima parte. […] Pare che l’anima loro non esista fuorché nei tasti del cembalo, che la loro esistenza tutta si raduni sulle punte dei diti, e che gli spartiti siano la carta geografica dove si comprende tutto il loro universo scientifico.
E che importa che una situazione ben dipinta si collochi più in uno che in altro atto, purchè sia ben preparata, e se ne comprenda tutta l’arte e la vaghezza? […] Serpeggia per tutto il dramma una forza tragica terribile; ma nel l’atto terzo si tratta della morte di Polidoro, per la quale l’azione è manifestamente doppia, benchè tutta si rapporti ad Ecuba. […] Ecuba con tutta sicurezza del suo infortunio e con enfasi afferma che vede una strage inopinata, incredibile, tutta nuova. […] Così è condotta tutta la scena. […] Quando poi i moderni partendo da altri principii e accomodandosi al gusto ed ai costumi correnti fanno uso di nuovi ordigni per cattarsi l’attenzione de’ contemporanei, essi meritano tutta la Iode.
Nel secolo XVI quella nazione avea una milizia la meglio disciplinata di tutta l’Europa, alla quale se si fosse rassomigliata l’odierna di Mustafà, il trionfarne avrebbe costato assai più al general Romanzow che ne ha riportata sì compiuta vittoria sotto gli auspici dell’immortal genio di Caterina II.
Forse allontanandoci da questa divisione di Giusto Lipsio, non incorreremo in errore, se col dottissimo nostro Mazzocchi divideremo tutta la scalinata in orchestra e in un luogo popolare, e suddivideremo questo in equestre e popolare.
Forse allontanandoci da questa divisione di Giusto Lipsio, non incorreremo in errore, se col dottissimo nostro Mazzocchi divideremo tutta la scalinata in orchestra e in luogo popolare, e questo suddivideremo in equestre e popolare.
Non potendo ella sopra il mio credito di circa duemila lire somministrarmi scudi settanta fiorentini, che mi necessitano pel pagamento degli impegni da me contratti qui in Firenze, nè tampoco pagarmi il costo della vettura pel trasporto di me e mia famiglia fino a Forli, crescendo d’ora in ora i miei bisogni, nè trovando conciliabili i suoi mezzi pecuniarj con le esigenze della Compagnia tutta, io sono costretto a prevenirla essere per me di necessità di provvedere sull’istante ai bisogni della mia esistenza, a quelli di mia moglie, de’miei quattro figli, non potendo più sostenermi in siffatta pendenza.
ma obligargli piu tutta la compagnia no lo posso e no lo deuo fare p i rispetti sudetti di tener sempre imoto tutti co in ventioni Masanieleschi et un Cattiuo ne fa cento io no prometto che p la mia casa, e saremo a Dio piacendo quest’Autunno umilmente a seruire V.
Il ragazzo soffri le parole, ma non i fatti, e le scagliò in faccia tutta la roba di bottega che seco aveva, segnandola in fronte, e scottandola col caffè.
E in tutte queste opere, quando il temperamento gliel consenta, sa mostrar l’arte sua poderosa « fatta – scrive Angiolo Mori — di intendimenti di una accuratezza sottile, umanamente intima, di cui è profondo il concetto ; con una recitazione tutta moderna, di una rispondenza assoluta dell’anima con lo stato della coscienza femminile nella triste e tormentosa ora che passa. » Fin qui della artista.
I professori, che hanno tutta l’anima nelle dita, stimano che altre cognizioni non vi siano d’apprendere nell’arte loro fuor di quella di prestar il cembalo, e di seguitare l’usanza. […] La prima, che non essendo stata l’Italia né tutta intiera, né lungo tratto di tempo soggiogata dai barbari, la favella italiana ha potuto conservar i suoi primitivi caratteri meglio delle altre nazioni, dove la lingua, e i costumi non men che la religione, e le leggi hanno dovuto piegare sotto il furore delle conquiste, come si vede nella lingua francese, la quale altro non è, se crediamo a’ loro autori più illustri, che un antico dialetto celtico diversamente alterato, e nella spagnuola tutta impastata di latino, e di gotico idioma, cui s’aggiunse dell’arabo non piccola parte. Ora l’origine del moderno italiano non dee tutta ripetersi dal latino parlare o dal settentrionale, ma dai rottami ancora della lingua italica primitiva anteriore alla latina, e che formavasi dai dialetti etrusco, indigene, osco, greco, sabino, e tant’altri usati dai rispettivi popoli che abitavano questi paesi. […] Si crede inoltre, che in quasi tutta la nostra pronunzia si senta la gorgia, e che la maggior parte delle parole finiscano in “-as”, “-es”, “-os”, “-us”, dal che troppo frettolosamente si conchiude, ch’essa non sia buona per accoppiarsi colla musica.
Non è che un lungo romanzo in dialogo, in cui mostrasi tutta l’oscenità senza velo col pretesto di riprenderla a. […] Celestina poi anima di tutta l’azione muore uccisa nell’atto dodicesimo, per la qual cosa ne’ seguenti nove atti l’azione cade, si rende straniera al nome del protagonista, e si raffredda. […] Altro non v’ha che appartenga al Bermudez che i discorsi lunghi, nojosi, impertinenti, la mortale languidezza, e la viziosa versificazione rimata con sonetti, ottave, terzine ecc.; là dove il Ferreira di miglior gusto, fuor che ne’ cori, usò in tutta la tragedia con senno il verso sciolto. […] Ma le parole del Cervantes hanno tutta l’aria d’ingenuità che manca alla dissertazione, e distruggono sì manifestamente le sofistiche congetture del Nasarre, che io stimo che non mai quell’erudito da buon senno prestò fede egli stesso a quel che si sforzò di persuadere agli altri. […] Bastò questo all’acuto Huerta per arzigogolare ed asserire que es mas que probable ser el mismo Cervantes autor de las Cortes de la Muerte , e quindi dedurre con logica tutta sua che Cervantes scrisse auti sacramentali.
E se mai se ne volesse un esempio forestiere, el Musico por amor commedia spagnuola è tutta recitata, fuorchè ciò che cantasi da colui che si finge musico. […] Le bellezze dello stile nelle particolarità narrate, che i Francesi chiamano beautez de detail, sono tante nella seconda scena dell’atto II, che pur dovrebbe questa tutta ripetersì. […] E quì domando a que’ dotti scrittori che vorrebbero trarre l’origine dell’opera musicale da secoli più remoti, e riconoscerla in tutte le pastorali, domando, dico, se loro sembri verisimile che il famoso Manfredi sì scrupoloso negli abiti e nel ballo, avrebbe inculcata al compositore di musica tutta la diligenza nelle sole canzonette, punto non facendo motto della musica di tutto il rimanente, se tutta la pastorale avesse dovuto cantarsi?
E se mai se ne volesse un esempio forestiere, el Musico por amor commedia Spagnuola è tutta recitata, fuorchè ciò che cantasi da colui che si finge musico. […] Le bellezze dello stile nelle particolarità narrate, che i Francesi chiamano beautez de detail, sono tante nella seconda scena dell’atto II, che pur dovrebbe copiarsi tutta. […] E qui domando a que’ dotti scrittori che vorrebbero trarre l’origine dell’opera musicale da secoli più remoti, e riconoscerla in tutte le pastorali, domando, dico, se loro sembri verisimile che il famoso Manfredi sì scrupoloso negli abiti e nel ballo, avrebbe inculcata al compositore di musica tutta la diligenza nelle sole canzonette, punto non facendo motto della musica del rimanente, se tutta la pastorale avesse dovuto cantarsi?
Ecco ciò che scriveva Giovan Battista : Era tutta questa Compagnia in arme, ma molto più s’ offendevano con la lingua arrotata che con il ferro, ond’ io quasi stetti per tornare a dietro. […] Versa dagl’occhi lagrimoso humore Vicenza tutta al tuo partire, è, rade Sono le penne, che di lei pietade Non mostrino, scrivendo il suo dolore. […] tà d’un anno intero, ottenga la supplicata grazia, la qual tutta ridondando a gloria dell’ A. […] S., ho voluto parteciparla a tutta la compagnia ; et per trovarli tutti uniti gli parlai dietro il Palco doppo la Comedia, et mi ritirai in una camera dove si spogliamo et vestemo, ma Lelio marito di Florinda non volse venire, et ben che io supplicassi et gli mandassi doi volte un servitore publico a dirli che io volevo parlar de ordine di S.
Cotale spiegazione, che tutta dipende dalla maniera con cui agiscono i suoni sulla nostra macchina, e dalla intima relazione che passa tra la vista e l’udito, relazione sospettata prima dalla esperienza, poi messa nel suo maggior lume dal Neutono, oltrachè diventerebbe troppo prolissa, non è essenzialmente legata col mio argomento3. […] [17] Ma non è men bella l’altra che corrisponde a quell’aria tutta lirica dell’Orfeo: «Chi mai dell’Erebo Fra le caligini Sull’orme d’Ercole O di Piritoo Conduce il piè? […] Le lagrime sono li suoi argomenti: la fedeltà, e la costanza sono i suoi titoli: tutta la sua logica consiste nel far valere la sua tenerezza, e la sua sommissione. […] Ciò sarebbe lo stesso, che render affatto inverosimili tali componimenti, i quali hanno bisogno di tutta la magia della musica per esser probabili. […] La loro immaginazione tutta occupandosi nel godimento, non lascia il tempo alla fredda ragione di riflettere se ciò che vede, sia vero o falso; l’immagine del luogo che si ha presente, seguita a mantener l’illusione quando più non s’ascoltano i suoni, e la grand’arte combinata della musica e della pittura consiste nel mantenerlo nell’errore costantemente.
In queste l’arte di riuscire dipende tanto dalla particolare organizzazione di chi le coltiva, dal maggior o minor grado di sensibilità e di fantasia, dall’attuale disposizione di coloro che ricevono le impressioni, e dalle idee dominanti in una nazione o in un secolo; le relazioni loro sono così fine, così complicate, così difficili; la natura ch’esse prendono a imitare si ripiega, s’asconde e si mostra in sembianze così differenti or nel morale or nel fisico, secondo le abitudini, gl’interessi, le passioni, i climi, e i governi che a superare cotanti ostacoli non basta un talento mediocre, ma vuolsi tutta l’estensione e l’energia del genio. […] [8] Nonostante la mentovata scarsezza di esemplari imitabili resterebbe ancora alla musica una più che competente ricchezza, se la poesia meno schiava nella scelta degli argomenti le somministrasse tutta la copia di situazioni espressive ond’ella potrebbe servirsene. […] Non somministrando il cuore altri sentimenti che quelli che può infatti somministrare, fa di mestieri sostituire il linguaggio della immaginazione e dello spirito che signoreggiano ampiamente nel teatro moderno, dal che deriva la rovina della musica e della poesia; poichè siccome questa altro non fa sentire per il comune che l’“idolo”, il “nume”, il “rio destino”, le “stelle infauste”, gli “astri tiranni”, le “ritòrte”, le “catene”, la “prigionia d’amore” con siffatti riempitivi dell’affetto e del metro, così quella si riduce quasi tutta ad ariette inzuccherate e a rondò. […] E tali sono ancora le danze fuori di luogo frapposte almeno nella maggior parte, essendo certo che un giorno di lagrime e di lutto quale dovea essere per gli Argivi quello ove perduta aveano ad un solo tratto pressoché tutta la stirpe dei loro re, non era il più a proposito per ordinare quattro balli differenti. Tralascio l’inverosimile cambiamento di Creonte nell’ultima scena contrario al maligno e scellerato carattere che da tutta l’antichità gli viene attribuito, e fatto solo per cavar d’impaccio il poeta terminando col solito formolario d’uno sposalizio.
S’avvicina, piange, le parla colla eloquenza propria d’un’anima che conosce tutta la sua umiliazione, e che vorrebbe pur patteggiare fra la religione e l’amore. […] A conoscer poi quando la natura abbia forza per se sola a produrlo, basta osservare se i tratti che si mostrano in lei fissano tutta l’attenzione del nostro spirito in maniera che dopo averla veduta, e dopo ch’ella ha parlato, la nostra curiosità e il nostro desiderio richieggano ancora qualche cosa di più, oppure rimangano appieno soddisfatti. […] Allora gli ornamenti aggiunti alla semplice e schietta natura nuocono invece di giovare, perché da una banda chiamano a se parte di quell’attenzione che dovrebbe tutta e intiera fissarsi sul tale oggetto, e dall’altra cuoprono colla loro pompa alcune bellezze naturali di esso onde restando inosservate, oppur non sentite non eccitano l’interesse. […] Dove esprimendosi nelle parole un equabil languore mi si salta all’improvviso dal più basso al più acuto scorrendo molte volte tutta l’estension della voce con mille impertinentissimi gruppi di note? […] I labbri di detta apertura erano lavorati ora di legno duro, ora d’un osso, ora d’una pietra detta da Plinio calcophonos, e tutta la maschera al di dentro era foderata di lame sottili di bronzo o d’altra materia consistente affinchè la voce nel sortir della gola diventasse più forte e più intensa ripercuotendosi in quei corpi elastici, e tutta pelle angustie della fessura ripercotendosi.
La dichiarazione di amore fatta da Varo nella scena quarta dell’atto II con tanta poca grazia e fuor di tempo, cioè mentre la reina è in procinto di tutta abbandonarsi alla di lui fede, fa torto al carattere enunciato dell’uno e dell’altra. […] Nondimeno la lettura riposata della tragedia toglie alla critica tutta la forza. […] La medesima passione si manifesta in tutta la sua forza nell’atto V. […] Merope tutta commossa meritamente ripiglia: Comment? […] Ma il V atto cui non rimane materia sufficiente, non contenendo che un lungo monologo di Medea, e Teseo che viene fuori a dire che ha vinto, mancò poco che non tirasse seco a terra tutta la tragedia.
La pace, ove consiste tutta la favola, non dice mai una parola. […] Così i vecchi passeranno per padri di tutta la gioventù. […] Qui campeggia tutta la mordacità del comico. […] Tutto è ordinato colle formalità giudiziarie di Atene, e si tratta con tutta la serietà il gran litigio. […] Or in queste parole non sembra che la finzione tutta svanisca, e si converta in verità?
Né avvi solo chi pianga davvero al pianto simulato della finta Didone, e chi rida a tutta possa all’astuzie di un Davo; ma chi anche per lungo tratto l’orme di tal finzione nel suo cuor conservando, le mediti, le riproduca in se stesso, e ne favelli sovente col medesimo ardore ne’ privati colloqui. […] Voi gli avete renduto il cortesissimo ufizio di Lucina, e io vivamente me e congratulo coll’autore, con voi, e coll’Italia tutta, cui da quest’opera non poco onore ridonderà.
Alcuni anni or sono ella non aveva ancora toccato la sommità dell’arte alle quali mostrò sempre di aspirare : ma il grado già alto in cui si trovava nella sua giovinezza, congiunto alla dolcezza degli sguardi, alla soavità del sorriso, alla melodia della voce, all’armonia perfetta di tutta la persona, all’espressione di natural candore, a tutto un esteriore insomma di donna ideale, giustificava pienamente gli entusiasmi del pubblico ; il quale, abbacinato dalla miracolosa fusione, non sapeva più se l’arte soverchiasse la bellezza, o la bellezza l’arte. […] E l’attrice con anima e mente di artista, potè, nonostante la insufficienza del tempo per lo studio e per le prove, che le desse l’agio di mettersi tutta nel suo personaggio, riuscir buona in alcune parti, incantevole in altre, che più si attagliavano al suo temperamento artistico.
[4] Quei pesanti raccoglitori chiamati eruditi, che hanno tutta l’anima riposta nella sola reminiscenza, che valutano le ragioni secondo il numero delle citazioni, e il merito degli autori secondo i secoli della loro nascita, giudicano a un dippresso dell’arte drammatica come il famoso cieco di Cheselden giudicava delle rose, delle quali per quanto s’ingegnassero i circostanti a fargli capire la soavità e freschezza di colorito, altro egli non potè sentire giammai che le spine. […] Questo dottissimo religioso, del quale è inutile fermarsi a tesser l’elogio, poiché meglio di me lo fa l’Italia tutta e l’Europa, fu il primiero, che mi confortò alla intrapresa, che rimosse da me ogni dubbiezza, che m’indicò le sorgenti, che mi fornì buon numero di libri rari, e di manoscritti, e che m’aprì ne’ suoi famigliari discorsi fonti d’erudizione vieppiù copiosi di quelli che ritrovassi negli autori. […] Egli abbraccia in tutta la sua estensione il suo oggetto.
87.) togliere al Trissino anche il merito dell’invenzione per una ragione tutta sua: “Non può pretenderla poichè trovò in Tito-Livio e l’argomento e il piano della sua Tragedia”. […] La maggior parte delle scene vien tradotta quando da verbo a verbo, quando con giunte, variazioni, o troncamenti, quando posponendo, o anteponendo, qualche scena, o tutta, o in parte. […] Due soli versetti producono quell’effetto che si distrugge cogli accennati consigli, ventilatoj, gemiti che riempiono tutta l’estensione dell’atmosfera.
I Menecmi tratta da Plauto vien pregiata dagl’ intelligenti; ed è da notarsi che l’ autore la dedicò a Desprèaux contro di cui poi scrisse una satira, parendogli di non essergli stata dall’Orazio della Francia renduta tutta la giustizia. […] Moliere condusse diversamente quest’argomento, lo spogliò delle mostruosità originali, e vi fece una dipintura dell’empio dissoluto tutta propria del pennello di Moliere. […] Si direbbe tutta di Cimabue o di altro guastasanti una figura animata da Raffaello o dal Correggio per averne quel rozzo pittore fatto una volta un arido informe e sproporzionato embrione?
Eugenio innamorato meno nojoso, che ostenta sempre una morale avvelenata da un’ aria d’importanza e precettiva: che egli non dovrebbe continuare nè a moralizzare nè a corteggiar Pepita promessa ad un altro, a cui il padre ha già contati diecimila scudi per le gioje: che Pepita in tali circostanze non dovrebbe nell’atto II innoltrarsi in una lunga e seria conferenza deliberativa col medesimo e con la Zia: che il carattere di Bartolo portato a tutto sapere e tutto dire non dovrebbe permettergli di tacer come fa in tutta la commedia l’ importante secreto della finta lettera posta di soppiatto in tasca di D. […] Itramezzi che oggi nelle Spagne si rappresentano nell’intervallo degli atti delle commedie, o sono alcuni antichi entremeses buffoneschi di non molti interlocutori che continuano a recitarsi per lo più dopo l’atto I, o sono sainetes 26, favolette più copiose di attori e più proprie de’ tempi presenti, perchè vi si dipingono i moderni costumi nazionali, e se ne riprendono le ridicolezze e i vizj, recitandosi con tutta la naturalezza e senza la cantilena declamatoria delle commedie. […] Ma coloro che in tutta la mia dimora in Madrid dal settembre del 1765 alla fine del 1783 fornirono di tramezzi le patrie scene, non seppero mai dar sì bel passo, 1 perchè non si avvisarono d’imparar l’ arte di scegliere i tratti nella società più generali, allontanandosi dalle personalità, per formarne pitture istruttive, 2 perchè non hanno dato pruova di saper formare un quadro che rappresenti un’ azione compiuta; 3 perchè hanno mostrato d’ignorar la guisa di fissar l’altrui attenzione su di un solo carattere principale che trionfi fra molti, ed hanno esposto p.e. una sala di conversazione composta di varj originali con ugual quantità di lume, e dopo avergli fatto successivamente cicalare quanto basti per la durata del tramezzo, conchiudono perchè vogliono, non perchè debbono, con una tonadilla.
Ma ridducendo tutte le mie prettensioni, e tutti i miei disgusti a un punto, dico, che con tutta quella dovuta humiltà e riverenza ch’a me s’aspetta, et a V. […] Il volume è in rilegatura originale, tutta pergamena, con taglio a fregi dorati sul dorso e sui piatti, i quali portan ripetuto un occhietto con entro le iniziali in due righe a tre a tre : M. […] Si che il popolo tutto parte scandalizzato, e mal soddisfatto di costoro, portando oltre di ciò nella memoria i bruttissimi ragionamenti recitati, nella seguente sera, non spenderebbe un bagattino per sentir di nuovo cotali sciocchezze, già per tutta la terra, con beffe d’ognuno divulgate e sparse.
Non è che un lungo romanzo in dialogo, in cui mostrasi tutta l’oscenità senza velo col pretesto di riprenderla30. […] Celestina poi, anima di tutta l’ azione, muore uccisa nell’atto dodicesimo, per la qual cosa ne’ seguenti nove atti l’azione sensibilmente cade e si raffredda. […] Altro non v’ha che appartenga al Bermudez che i discorsi lunghi, nojosi, impertinenti, la mortale languidezza, e la viziosa versificazione rimata con sonetti, ottave, terzine ecc.; là dove il Ferreira di miglior gusto, fuor che ne’ cori, usò in tutta la tragedia con senno il verso sciolto. […] Ma le parole del prologo del Cervantes hanno tutta l’aria d’ingenuità che manca alla dissertazione, e distruggono sì manifestamente le sofistiche congetture del Nasarre, che io stimo che non mai quest’erudito da buon senno prestò fede egli stesso a quel che si sforzò di persuadere agli altri. […] Nè il Nasarre che cercava in tutta la penisola drammi regolari composti prima del fiorir di Lope; nè il Lampillas che voleva mettere alla vista la stessa cosa, e che conta sempre le glorie de’ Portoghesi come appartenenti agli Spagnuoli; nè altri critici ed apologisti ch’io sappia, seppero o mostrarono di sapere la regolarità di questa commedia.
[Intro.2] E però non sarebbe maraviglia se cotesto ingegnoso ordigno, fatto di tanti pezzi com’egli è, non sempre rispondesse al fin suo, ancorché a ben unire e a congegnare insieme ogni suo pezzo, venisse posta da coloro che il governano tutta la diligenza e tutto lo studio.
Il re O-Too padrone di tutta l’isola di O-Taiti essendosi recato in Oparre il mentovato capitano Cook nel 1777 nel terzo suo viaggio, volle fargli godere nella propria casa un heevaraa spettacolo pubblico, nel quale le tre sue sorelle rappresentavano bellamente i principali personaggi, seguito da alcune farse che riescirono assai grate al numeroso concorso.
Questi tre rari ingegni spiegavano tutta la loro energia nel delineare con maestria singolare le umane passioni, nel dipignere con verità e naturalezza i costumi, nel trionfare per una inimitabile semplicità di azione, sapendosi per tutto ciò egregiamente prevalere della più poetica e più armoniosa delle favelle antiche e moderne, e adoperando quasi sempre una molla per la loro nazione efficacissima, cioè la forza del fato e l’infallibilità degli oracoli consacrati dalla religione.
Il più celebre capocomico del secolo xviii, che dovè gran parte della sua celebrità, se non tutta, a' vincoli artistici ch'egli ebbe con Carlo Goldoni, nacque a Roma nel 1706 circa da Giovanni Francesco, e gli furon messi i nomi di Agostino, Raimondo, Girolamo.
Proprio tutta la Compagnia, composta, coll’Isabella e con la Piissimi, l’altra prima donna che aveva recitato il 6 La Cingana, delle solite dieci persone.
XCV), Al proprio Genio, premettendole alcune parole d’iperbolica lode per tutta l’opera poetica di Cintio.
La pace, ove consiste tutta la favola, non dice mai una parola. […] Così i vecchi passeranno per padri di tutta la gioventù. […] Quì campeggia tutta la mordacità del Comico. […] Tutte è ordinato colle formalità giudiziarie di Atene, e si tratta con tutta serietà il gran litigio. […] Ora in queste parole non sembra che la finzione tutta svanisca, e si converta in verità?
Ma i figli degli antichi Tartari che inondarono le provincie del Romano Impero sotto i nomi di Goti, Unni, Eruli, Gepidi, Vandali e Longobardi, con istabilir nelle conquiste una nuova forma di governo assai peggiore dell’antica, ci tolsero i patrii costumi ed il linguaggio, e ci coprirono di tutta la loro barbarie. […] In questi paesi (dice Robertson nell’introduzione alla Storia di Carlo V) i più coltivati e civilizzati di tutta l’Europa , scendevano i crocesignati prima di passare in Asia, e vi lasciavano immense somme pel trasporto verso Terra Santaa. […] Fiorirono principalmente i Trovatori verso la mettà del secolo XII nella Provenza, Linguadocca, Guascona, Gujenna, nel Limosino, nel Poitù, nell’Alvernia, in somma in tutta la parte di Francia che si diceva Gallia Gotica, o Meridionale, o Provenzale. Furono detti Trovatori quelle persone decorate ed ingenue che coltivarono la Gaja Scienza, cioè la poesia tutta a que tempi rivolta a sviluppar concetti amorosi che comprendeva la scienza d’amore; e per lo più tali trovadori erano Cavalieri, Principi, Vescovi, Canonici, Claustrali, e donne distinte per nobiltà, talento e pregi naturali. […] La gnavasi il Naudè nel 1645 col Gassendi di esser tutta via in osservanza in qualche monistero della Provenza.
Antonio la coprì tutta d’argento, Petreio d’oro, Q. […] Nella scena di Medea e Creonte scorgesi il medesimo artificio della Medea greca; ma in quella latina ella guarda certo nobile contegno in mezzo alle preghiere che tira tutta l’attenzione. […] Non timor vincit virum, Sed trepida pietas…… Nati patrem vicere…… L’indignazione, l’impeto, l’orgoglio, tutta in fine Medea si manifesta ad ogni tratto. […] Astianatte rinserrato nella tomba di Ettore, e scoperto dall’astuto Ulisse, le materne agitazioni e preghiere, l’inflessibilità del greco, tutto in somma produce un movimento che tira tutta l’attenzione, e lacera i cuori sensibili. […] La declamazione generale di Megara nell’atto II fa desiderar il patetico che si ammira in Euripide, quando tutta la famiglia di Ercole spogliata del regno rifugge all’ara di Giove per evitar la morte.
Le sue favole sono ingegnose e regolate; le passioni trattate con tutta verità, e vivacità; i caratteri vari e ben coloriti; lo stile ricco, sublime, ed elegante; e la versificazione armonioso quanto comporta il metro nuovo in teatro, dal suo nome chiamato Martelliano. […] La più felice sembrami Giunio Bruto, la cui arringa é un miracolo d’eloquenza animata da tutta la bellezza poetica conveniente alla scena. […] La-Santé impressa in Parigi nel 1728, nella quale si pretende dimostrare che la letteratura francese é superiore a quella di tutta l’Europa, si encomia sommamente la Merope del Maffei208. […] Esse vi conservano tutta la sublimità, e solo vi si spogliano dell’affettazione talvolta ragionevolmente imputata all’originale. […] Egli é nella drammatica maraviglioso, unico, incomparabile; lo dice tutta Europa, E lo direbbe ancor Affrica e ’l Mondo, s’egli fosse autore per tutte le nazioni.
La storia antica e moderna è tutta ripiena di siffatti esempli. […] Il volto è quello in cui, come in un quadro, tutta l’anima si dipinge. […] Sotto questa relazione, l’espressione si enuncia più o men generale ed intera; perocché tutta la persona convenientemente si atteggia, e tutta esprime la passione che la governa. […] In questo senso tutto è bello in natura, o, ch’è lo stesso, tutta la natura è bella per sé. […] Dee in tali casi l’attore tutta sentirne la forza, ma dee avere, ad un tempo tutta l’arte di regolarla convenientemente ed accomodarla al suo fine.
Ma la nazione Peruviana, senza dubbio la più colta di tutta l’America, oltre all’avere inventata e migliorata l’agricoltura con tante altre arti, seppe qualche cosa di geografia, meccanica ed astronomia, ed ebbe polizia e legislazione eccellente per la natura e per l’indole di que’ popoli, nella quale trionfa una sana morale. […] Tali rappresentazioni eseguivansi nelle sacre festività più solenni (una delle quali era la mentovata Raymi) assistendovi il maggior inca con tutta la corte.
Ma la nazione Peruviana senza dubbio la più colta di tutta l’America, oltre all’avere inventata e migliorata l’agricoltura con tante altre arti, seppe qualche cosa di geografia, meccanica e astronomia, ed ebbe polizia e legislazione eccellente per la natura e per l’ indole di que’ popoli, nella quale trionfa una sana morale. […] Tali rappresentazioni eseguivansi nelle sacre festività più solenni (una delle quali era la nominata Raymi), assistendovi il maggior Inca con tutta la Corte.
Si come hora conossendo non havere errato (come tutta la compagnia ne farà per me fede) lo supplico di credere che la maggiore ambizione che io habbia, è di essere ammesso tra il numero de’ suoi servitori, et che confesso che la E. […] S. se questa mia non è stata lettera, ma un processo, tutta via mi scusi, essendo che quello che ho fatto, ho fatto per bene e per avisare S.
Anchora che da Mantoua non habbia hauuto tal auiso nondimeno qua si dice ch' essendo uenuto capriccio al Duca di uedere una Comedia dai Gelosi che fosse tutta redicolosa et faceta, i recitanti lo seruirno con farne una ingieniosissima et ridicolosissima solo che tutti i recitanti erano gobbi della qual cosa Sua Altezza rise tanto, et tanto piacere se ne prese che niente più, finito il spasso, chiamo quei Principali comedianti et disse qual di loro era stato l’inuentore. […] Considerè no ghe manca chi crede ch'el non haver robba sia una gran felicità, vordè quel balordo de Crate che buttò via i so bezi, e Antippo che venduo tutta la so facultae la butete in mar per che sti balordi diseva che i ghe impediva i studij e nu altri per hauer occasion de studiar con tanta industria cerchemo de cavar soldi da vu altri ; e molti de vu cognosando che i soldi son de comodo e non descomodo, cosi mal volontiera i ne i da e cosi facilmente i ne stronza la paga.
Segue la parlata di Priamo a Pirro, tutta strumentata; indi Priamo … telum imbelle sine ictu Coniicit etc.
Crebbero poi fra noi con tutta prestezza gli studi scenici, e vi si coltivarono giusta la forma regolare degli antichi da quelli stessi gran letterati, a’ quali dee l’Europa il rinascimento del gusto della lingua latina e dell’erudizione, al dotto Muffato, dico, e al non mai pienamente lodato Petrarca.
Lo stesso Pietro Corneille nel 1634 nella prefazione alla Vedova diceva di non volere nè totalmente seguirle, nè tutta usare la libertà del teatro francese.
Ammiravasi in Populonia la famosa statua di Giove fatta tutta di una vite che si conservò lungamente senza veruna macchia9.
Composi dunque una Commedia a lui principalmente appoggiata, col titolo di Momolo Cortesan…… Il Golinetti la sostenne con tutta la desiderabile Verità…..
Nel Mattino di Napoli dell’ 11 agosto '97 un abbonato milanese dice che Meneghino trae la sua origine da Domenica, essendochè era uso in Milano, nei secoli passati, di chiamare in servizio, per tutta la giornata di Domenica, un uomo del popolo, il quale si prestava al disimpegno di molteplici faccende, acconciandosi anche a fungere da servo straordinario.
Ermete Novelli, uno dei pochi, il solo forse, veramente capace d’intendere quella recitazione tutta impulsi, senza un fil di meccanica, dettò nel Fanfulla domenicale del 31 gennaio '92, poco dopo la morte di lei, un articolo ricco di commovente entusiasmo, da cui mi piace, per chiuder degnamente questo mio, stralciare un brano, che si riferisce a una recita di Fernanda al Margherita di Genova per la famiglia di Carlo D'Antoni.
E ciò fu poco quando l’Europa tutta più non conosceva la drammatica? […] Orazio le succede; e l’interesse in tutta l’azione trovasi diviso tra due personaggi. […] Ma quello che più importa è che tutta la vaga scena di Seneca vi si vede malconcia. […] Vide l’Italia tutta in quel secolo di luce quasi tutti que’ componimenti con diletto e plauso indicibile impressi e rappresentati; e la fama e la riuscita ne fe molti imprimere e rappresentare e piacere in Francia ancora; e questa è storia. […] L’abate Saverio Lampillas con critica piacevolissima, e tutta nuova e tutta sua negò l’invenzione al Trissino perchè ricavò l’argomento della sua tragedia della Storia di Tito Livio.
In alcune circostanze le immagini ritratte dal vivo par che si scostino dalle caricature de’ nostri giorni; ma chi non sa che di tutta la poesia, la comica è la più soggetta ad alterazioni per le maniere e pe’ costumi? […] Piacevole è l’intrigo di questa commedia, che su di un semplice fondamento aggirandosi produce varii ridicoli colpi di teatro, i quali con tutta naturalezza apportano lo scioglimento. […] Col viso tutto alzato al cielo si sputa in su, poi con tutta la persona si dà una scossa, poi si apre gli occhi, si parla, e si muove i membri: allor la morte si va con Dio, e l’uomo ritorna vivo. […] Nel prologo che è in prosa come tutta la commedia, lo confessa l’autore stesso. […] Il suo spirito sconcertato merita tutta la compassione!
E già tutta allentata al Mar cruccioso L’ira credea, che le sue calme infetta, Mentre che in grembo accolto alla diletta Sua Colomba, prendea pace e riposo. […] mo patrone, et intendendo il mutamento solo della prima Donna, senza tocarme ponto nisuna satisfazione delle parole infame et ingiuriose con quasi fatti usatemi dal dottore et moglie, a mia moglie et io come tutta Roma ne informato contra a ogni ragione et senza riguardo del Patrocinio di S. […] A. si pò informare non solo da Comici ma da tutta Roma, come ho detto, perche il negocio fu troppo publico ; e ben che li broi fatti da l’Angela et il dottore siano stati grandi non dubito pero che la uerità non si sapia quando S.
Benchè le rappresentazioni de’ martiri Cristiani sieno poco atte ad eccitar la tragica compassione, per essere la loro morte un vero trionfo che non lascia allo spettatore luogo a dolersi; pure il Poliuto pel carattere eroico del martire e per l’amore che egli ha per la sua sposa Paolina che egli sacrifica ai doveri della religione abbracciata, è una tragedia che tira tutta l’attenzione. […] Dotato d’ingegno straordinario e soccorso dalla lettura degli antichi mostrò sulla scena la ragione accompagnata da tutta la pompa e da tutti gli ornamenti de’ quali è capace la lingua francese. […] Ma essi con noi converranno che vi si scorge principalmente un tuono continuato di fredda elegia e di galanteria, per cui spariscono i tratti importanti di libertà che tutta ingombra l’anima di Solone. […] Dopo alcune scene galanti, elegiache al pari delle già indicate, comparisce nell’ultima Solone moribondo, il quale si mette a declamare lungamente con tutta l’inverisimiglianza per uno che stà spirando, e racconta verbosamente che Policrita, non è sua figlia e che si chiama Cleorante.
Il piano è ideato con pratica e scorgimento: l’azione semplice diletta e interessa: i caratteri vi sono bene espressi e vivaci: i sali spirano urbanità e piacevolezza: lo stile conveniente e spiritoso senza sforzo e senza pregiudizio della naturalezza: la versificazione ha tutta l’armonia che può comportare la natural monotonia del verso Alessandrino. […] Degne di essere singolarmente notate mi sembrano le seguenti scene: la terza dell’atto II piena di pitture naturali del gran mondo di Parigi; la settima dell’abboccamento di Valerio con Cleone; la nona dell’atto III che contiene un giuoco di teatro di Cleone il quale sottovoce ora anima Valerio a farsi credere uno stordito, ora fa notare a Geronte le di lui sciocchezze ed impertinenze; mentre che Valerio adopera tutta la sua industria per riescire a screditar se stesso, e Geronte s’ impazienta, freme, si pente e risolve di rompere ogni trattato. […] Quivi quando alcun tratto si dipigne Di candor, di bontà, dove trionfi, E del proprio splendor tutta sfavilli L’umanità benefica e gentile, Di pura voluttà s’empie ogni cuore, Quivi s’intende di natura il grido. […] Gli abiti, i popoli, le damigelle, le guardie e le machine vi fanno tutta l’ azione”.
Saverio, in tutta la vostra diceria contro l’Opera Italiana si vede che vacillate, ora appressandovi a chi vitupera assolutamente il Canto, ora a chi ne riprende l’abuso. […] Essi credettero, che il comporre pel Teatro fosse lo stesso, che scrivere per le Chiese, per le Accademie, per le Camere private, e tutta la cura posero a soddisfare i più celebri Cantori, i Bernacchi, i Nicolini, i Farinelli, i Cafarelli, gli Egizielli, i Manzoli, i quali attendevano ad accreditarsi per Musici squisiti colle più fine difficoltose arditezze felicemente superate colla loro voce. […] Simile a questi recitativi fu il Pigmalione del Filosofo, Poeta, e Musico Ginevrino Rousseau, in cui con esito felicissimo adoperò una Musica tutta espressiva senza il moderno canto figurato. […] Ditemi, Signor Apologista, potete essere sicuro, che oggi tutta la proprietà necessaria alla Drammatica sia ridotta al punto di perfezione richiesto? […] Gl’inverisimili ammassati nelle Commedie Spagnuole da quasi tre secoli hanno prodotta tutta l’illusione sufficiente per chi le ascolta, ed oggi giorno la producono.
Questi nei non possono scemar la riputazione di ottimo tragico con tutta giustizia acquistatasi dal robusto M. […] Tutte le altre, come i Guebri, i Pelopidi, gli Sciti, Erisile, le Leggi di Minos ec., colorite senza dubbio dal medesimo pennello maestro che incanta e seduce i cuori, dimostrano, tutta volta che non sempre l’istesso genio vigila, e produce Alzire e Maometti. […] Nell’Edipo, sua prima tragedia rappresentata nel 1718 avendo l’autore 24 anni, non evitò il gelo dominante allora nel genere tragico degli amori subalterni, e l’istesso Voltaire si rimprovera con tutta ragione la galanteria della vecchia Giocasta con Filottete. […] Collé, intitolata La Partie de Chasse d’Henri IV che noi abbiamo letta, i caratteri son dipinti con tutta la maestria comica, e la locuzione é molto falsa e felice. […] Gli abiti, i popoli, le damigelle, le guardie, e le macchine vi fanno tutta l’azione».
giudicate e coronate in faccia alla Grecia tutta, si recitarono prima privatamente? […] Winckelmann nella Storia delle Arti di Disegno osservò ancora che Menandro fu il primo a cui la grazia comica mostrossi in tutta la sua beltà, e comparve sulla scena menando seco le grazie e le venustà di un polito linguaggio, una misura armonica, un dolce concento, purgati costumi, il piacevole mescolato coll’utile e la fina critica condita di sale attico.
Nel pronunziar delle sue parole udivi tutta la gentilezza del favellare toscano, ma vi trovavi, dallo studio e dal continuo correre per l’Italia, rimosso ogni senso di aspirazione. […] Io ho quella di Luigi Forti colla data del 22 gennajo 1822, tutta riempita di mano del Vestri e da lui firmata.
Quei che pretendono che tutta l’arte comica consista nel solo ritrarre i costumi senza molto aver cura d’istoriar l’azione, riflettano che i costumi, spezialmente locali, sono come le mode passeggieri, ma l’azione esposta con bell’ arte in vaghi quadri appassionati o piacevoli conviene ad ogni tempo. […] Una sola è la molla, ma attivissima e ben collocata dà moto a tutta la machina. […] Ma quando intende esser quella veramente di lui sorella, cade nelle smanie di Edipo senza però oltrepassare i limiti prescritti alla commedia, e la vivacità delle passioni che risveglia quest’evenimento, agita e scompiglia la casa tutta, la quale avventuratamente si rassetta col manifestarsi uno scambio accaduto alla fanciulla in fasce, per cui è riconosciuta per figlia di un altro concittadino. […] Prima che Napoli e Sicilia avessero un’ opera tutta cantata, ebbero una festa teatrale composta di danza, di musica e di machine eseguita nel 1639 sotto il vicerè Ferrante Afan de Ribera nella sala del real palazzo di Napoli nel passar che vi fece l’infanta Maria sorella di Filippo IV, che andava in Ungheria a trovare il re Ferdinando suo sposo. […] L’Italia poi che al dir del Maffei e nel bene e nel male suole andare innanzi ai concorrenti e soprastare, addottrinò così bene nel canto i suoi castrati, e tanti n’ebbe che potè fornire all’Europa tutta molte voci soprane conservate in quest’infelici con tanto oltraggio della natura.
Da tal punto i poeti teatrali rivolgono tutta la loro curiosità verso gli oggetti non religiosi, notano le grandi rivoluzioni e gli eventi mediocri, né scoprono l’ingiustizie, le stravaganze, il ridicolo, ne tentano la correzione, ed i teatri fortunatamente si veggono cangiati in tante scuole di sana morale.
I precedenti fatti principali, variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi, e de’ gradi di coltura, compongono la storia de’ teatri di tutta la terra.
Quel chimico che vide la prima accidentale esplosione del nitro, imprigionò Motezuma, strangolò Guatemazin, giustiziò Atabualpa, tradì e condannò l’innocente cazica Anacoana, spopolò tutta l’America.
Que’ pochi cittadini, tra’ quali tutta si concentrò la pubblica autorità, posero freno alla licenza di tal dramma, e più non soffrirono di essere impunitamente sulla scena nominati e motteggiati.
La milizia turca nel secolo XVI era la più disciplinata di tutta l’ Europa.
Delo presenta a’ nostri giorni ancora nel pendio di una collina a cui si appoggia, e intorno a trecento passi lontano dal mare, che riguarda la punta del gran Rematiari, qualche reliquia di un bel teatro di marmo, il cui diametro preso con tutta la profondità degli scaglioni è di 250 piedi e la periferia di 500154. […] Se ne occupavano perciò con tutta l’accuratezza i Temistocli e i Pericli per cattarsi la benevolenza popolare.
Shakspeare mi apparve in tutta la sua grandezza : Amleto con Ernesto Rossi era un poema vasto, smisurato, quale non aveva mai visto, nè vidi poi. […] Io, schiettamente, passato sopra alla sciattezza della lingua e dello stile, e alla piccola vanagloria che emergon da tutta l’opera, ho trovato e trovo codeste pagine (del primo volume specialmente) un preziosissimo contributo alla storia del nostro teatro del secolo xix, specie per la dovizia degli aneddoti di ogni genere e pei giudizi chiari e precisi di tutti gli artisti, e non furon pochi, i quali militaron con lui.
E quindi con tutta ragione la chiamò doppia, perchè in fatti doppia la favola ne divenne. […] Vengono i servi che sono iti a prenderla, e dicono fra loro di aver lasciato indietro le donne con tutta la folla delle serve che la precedono e la seguono, e cariche di oro e di vesti di valore inestimabile. […] Allora l’invidioso maledico Luscio chiamò Terenzio ladro e plagiario, gridando ridicolamente, come pur fassi a’ nostri di, quando altro non si sa dire che la sua sostanza è tutta tolta dal Colace, favola scritta da Nevio e da Plauto. […] Ed ella tutta sciogliendosi in la grime, gli si lasciò cadere in braccio, con un atto di tanta confidenza e di tanto affetto, che fece ben conoscere non esser queste le prime tenerezze del loro amore. […] Noi la trovammo a tesser tutta intenta Vestita di una veste assai mezzani, E quella tinta di color lugubre.
In alcune circostanze le immagini ritratte al vivo par che si scostino dalle caricature de’ nostri giorni; ma chi non sa che di tutta la poesia, la comica è la più soggetta ad alterazioni per le maniere e i costumi? […] Piacevole è l’intrigo di questa commedia, che su di un semplice fondamento aggirandosi produce varj ridicoli colpi di teatro, i quali con tutta naturalezza apportano lo scioglimento. […] Anche Virginio figliuolo dell’autore fu indotto a lavorarvi, e da prima tutta la ridusse in prosa, indi la riscrisse in verso; ma il di lui travaglio si è perduto113. […] Nel prologo che è in prosa come tutta la commedia, lo confessa l’istesso autore. […] Andres) un’ aria fresca, delicata, moderna e tutta lontana dalla lentezza e dal languore.
La milizia musulmana nel secolo XVI era la più disciplinata di tutta l’Europa.
Al contrario ove lo spirito filosofico tutta riempia la mente del suo rigore per modo che paga del metodo e dell’analisi nulla si curi di arricchir la fantasia e fomentar l’ardor poetico che nutresi d’immagini, questo spirito compassato agghiaccia l’entusiasmo, snerva la passione, irrigidisce il gusto.
Ivi una crazia si paga a testa ; ed è facil capire ch’ella sia tutta roba senza grazia.
E un giorno che l’Isabella col padre, la madre e i figliuoli era a colazione da Buffetto, egli la pregò di volergli lasciare per tutta la giornata il minor di essi Domenico Giuseppe, cognominato Menghino, d’anni 7 e mezzo, ma di tanta svegliatezza che il più delle volte si faceva a racconsolar con belle parole Buffetto dei suoi dolori.
Ma dopo quattro anni di continui trionfi, morì in Verona, l’autunno del 1827, pianto non solo dalla famiglia artistica, che perdeva in lui il più onesto e forte dei capocomici, ma da quanti, conosciutolo, avean potuto ammirarne la onestà dell’animo, la generosità e la delicatezza a tutta prova.
re Duca, Virginia et Lucilla Maioni commici con la loro Compagnia supplicano a Vostra Altezza Serenissima a volergli concedere licenza di poter recitare Commedie nella Città di Reggio per tutto questo Carnouale, ch'il tutto otterrà per gratia singolarissima dalla benignità di Vostra Altezza Serenissima quale Dio mantenga felicissima con tutta la Ser.
E il Garzoni, dopo di aver parlato dell’Andreini, dell’ Armani, e della Lidia : Ma soprattutto parmi degna d’ eccelsi honori quella divina Vittoria, che fa metamorfosi di sè stessa in scena, quella bella maga d’ amore, che alletta i cori di mille amanti con le sue parole, quella dolce sirena, ch' ammalia con soavi incanti l’ alme de' suoi divoti spettatori : e senza dubbio merita di esser posta come un compendio dell’ arte, havendo i gesti proporzionati, i moti armonici e concordi, gli atti maestrevoli e grati, le parole affabili e dolci, i sospiri ladri e accorti, i risi saporiti e soavi, il portamento altiero e generoso, e in tutta la persona un perfetto decoro, qual spetta e s’ appartiene a una perfetta comediante.
I Trovatori fiorirono ed abbondarono principalmente verso la metà del XII secolo nella Provenza, Linguadocca, Guascogna, Gujenna, nel Limosino, nel Poitou, nell’Alvernia, in somma in tutta quella parte di Francia, che Gallia Gotica, o meridionale, o Provenzale fu detta. […] Bardi chiamaronsi i Poeti Celti della Gallia, della Scozia, dell’Irlanda e della provincia di Galles nella Gran Brettagna; e Scaldi quei della Scandinavia, e di tutta l’antica Germania.
.), Francesco Mondella, e l’Accademia degli Ortolani ; ed ebbe stanze da Giovanni Acciajoli e da altri : rime tutte che seguono l’orazione del Valerini ; alle quali tengon dietro le rime dell’Armani stessa al Duca di Mantova, a Lucrezia D’Este, alla Città di Vicenza, al Duca di Ferrara, e un’ode tutta sensuale in memoria certo de’suoi amori. […] Il Sand inesattamente fa nascere l’Armiani (sic) a Vicenza, anzichè a Venezia, come abbiamo dal Valerini stesso, e dice che nel 1570 ella divien celebre per tutta Italia ; mentre sappiamo ch’essa rese l’anima al Creatore il dì 11 settembre l’anno 1569 ; e che « un Gandolfo, del quale rimane sconosciuto il cognome, a’15 settembre così scriveva al Castellano di Mantova : « La Vicentia comediante è stata atosegata in Cremona.
Venere vorrebbe a lui darla, ed Amore le si oppone, dicendo che disconviene ad un mortale possedere tutta intera una diva. […] I motteggi che vi campeggiano, consistono per Io più in una lotta di concetti e di scherzi mordaci sulla parola, de’ quali i Francesi de’ Dipartimenti comprendono a stento tutta l’acutezza, mentre i Parigini che l’assaporano pienamente, escono dallo spettacolo canticchiando le strofette ascoltate che bentosto si adottano e passano in moda. […] Le facciate laterali e la posteriore sono decorate col medesimo ordine, ma in pilastri con una galleria in arcate su tutta la lunghezza.
Ora tutte queste sceniche produzioni del secolo XV. che il Lampillas non cura di vedere, non danno al Signorelli dritto di affermare, che fra noi crebbero con tutta prestezza gli studj scenici, e che attendendo alle dipinture de’ caratteri e delle passioni, ed altri meriti de’ Drammi lodati, giustamente si asserisce che allora si coltivò la Poesia Scenica giusta la forma regolare degli Antichi?
Gli abitatori di Venezia, e dell’ Italia tutta, non erano per lei che goffi, dozzinali, ignoranti, insopportabili.
Appunto a forza di vederla e di leggerla, la so tutta a memoria.
Egli è in forza di questa maravigliosa unione di sublimi qualità di natura e di arte, che quest’insigne attore ha saputo cattivarsi l’ammirazione di tutta l’Italia, ad onta di due importantissimi difetti, cioè dell’uso troppo più del bisognevole della mimica.
Si rappresenta nelle Trachiniane la morte di Ercole, avvenuta per lo dono funesto di Dejanira, nella quale si vede con tutta verità e delicatezza delineato il carattere d’una moglie tenera o gelosa. […] Trema la mente in me stupida e tutta Per timor sbigottita: Da sollecita tema Scuotere il cor mi sento. […] Il tragico che serpeggia in tutta la tragedia, é terribile; ma l’azione é doppia, benché tutta si rapporti ad Ecuba. […] Questa dubitazione non é contraria al senso e alla lettera dell’originale, in cui non dubitativamente, ma con enfasi Ecuba afferma che vede una strage inopinata, sorprendente, tutta nuova? […] E così é condotta tutta la scena.
E siccome la di lui grave autorità fa tutta l’impressione dovuta nell’animo del Signorelli, la crederà anch’egli una Congrega di Arlecchini; e crederà in conseguenza, che le Commedie del Naarro potessero essere allora ascoltate in Italia, affermando non solo, che ciò fosse verisimile, ma vero ancora, s’egli così prescriverà. […] Il Signorelli adunque adotta le ben ponderate opinioni del Signor Lampillas, ed al cenno di sì instruita scorta, è pronto a tenere per un tessuto di pregiudizj tutta la Storia Civile, e Letteraria universale.
Delo presenta a’ nostri giorni ancora nel pendio di una collina a cui si appoggia, e intorno a trecento passi lontano dal mare, che riguarda la punta del gran Rematiari, qualche reliquia di un bel teatro di marmo, il cui diametro preso con tutta la profondità degli scaglioni, è di 250 piedi, e la periferia di 500b. […] Se ne occupavano perciò con tutta l’accuratezza i Temistocli e i Pericli per cattarsi la benevolenza popolare.
Ora se gli attori pantomimi giunsero a rappresentare con tal verità e delicatezza che non soccorsi dall’elocuzione tutta sapevano esprimere una favola scenica, come si può senza nota di leggerezza asserire, che l’arte pantomimica à la honte de la raison humaine fit les delices des Grecs et des Romains , secondochè declamò m. […] Egli è certo che quando Tiberio cacciò da tutta Italia gl’istrioni per la loro somma petulanza e immodestia, e quando Nerone medesimo, alcun tempo dopo averli richiamati, fu costretto per timore di qualche grave pericolo a bandirli da Roma, non cessarono le rappresentazioni teatrali.
Quest’arte celeste questo sforzo portentoso dell’umano ingegno, impaziente d’ogni confine porta la contemplazione per tutta la natura, e facendo tesoro degli oggetti verì gli ordina nella fantasia, gli colora, gli adorna, gl’illeggiadrisce, e trasportando con viva imitazione l’evidenza del vero nella bellezza del finto, ne congegna l’armoniosa catena di vive immagini che mulcendo l’udito penetra negli arcani avvolgimenti del cuore umano, ed ammaestra dilettando. […] In fatti essa gl’insinua per l’udito, la drammatica gli presenta alla vista: essa ammonisce gravità, questa giocondamente nasconde il precettore e manifesta l’uomo che favella all’uomo in aria affabile e popolare: la morale tende a convincere l’intendimento, la drammatica illustra l’intendimento stesso cominciando dal commuovere il cuore: ha quella per angusto campo una scuola, questa un ampio teatro, dove assiste tutta la nazione, dove s’insegna in pubblico e sotto gli occhi del Governo, s’insegna nell’atto stesso che si offre allo spettatore un piacevole ristoro dopo i diurni domestici lavori.
Se di tragedie intenda favellare quest’ultimo nell’ode che a lui indirizzaa, Pollione ebbe anche il merito di uscire da soliti argomenti tratti da Omero e dalle favole Greche, ed esporre con nobile intrepidezza sul teatro di Roma la civile querela di Cesare e Pompeo, ed il giogo imposto dal vincitore a tutta la terra, fuorchè al gran cuore di Catone, Et cuncta terrarum subacta Praeter atrocem animum Catonisb. […] Laonde noi incliniamo a prestar tutta la fede a que’ Latini scrittori che ebbero sotto gli occhi le tragedie romane da essi esaltate, a que’ Latini che sapevano bene quel che si dicessero sulla propria lingua e poesia; ed assai peco in concorrenza (non ci s’imputi a colpa) crederemo al lodato Denina che con tutta la posterità non ha veduta nè anche una delle tragedie latine. […] L’indignazione, l’impeto, l’orgoglio, tutta in somma ad ogni tratto Medea si manifesta. […] II discorso di Megara nell’atto II fa desiderare il patetico che si ammira nella tragedia di Euripide, quando tutta la famiglia di Ercole spogliata del regno rifugge all’ara di Giove per evitar la morte.
L’intendimento de’ nostri poeti fu di rimettere sul teatro moderno la tragedia greca, d’introdurvi Melpomene accompagnata dalla musica, dal ballo e da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio.
Ammiravasi in Populonia la famosa statua di Giove fatta tutta di una vite che si conservò lungamente senza veruna macchiaa.
Similmente tradussero ed imitarono le commedie spagnuole Ignazio Capaccio napoletano, Pietro Capaccio catanese, Tommaso Sassi amalfitano, Andrea Perrucci traduttore ed imitatore nel 1678 del Convitato di pietra, ed Onofrio di Castro autore della commedia la Necessità aguzza l’ingegno,in cui si vede qualche regolarità unita ad un’ immagine di comico di carattere alla maniera spagnuola, con uno stile che spira tutta l’affettazione di quel tempo di corruttela.
Da tal punto i poeti teatrali tutta rivolgono la curiosità verso gli oggetti non religiosi, notano le grandi rivoluzioni e gli evenimenti mediocri, ne scuoprono le ingiustizie, le stravaganze, le ridicolezze, ne tentano la correzione, e i teatri fortunatamente si cangiano in tante scuole di sana morale.
Il 25 febbraio dell’ '87 manda al Duca i suoi devoti mirallegri per la favorevole impressione da lui lasciata alla Corte e in tutta Napoli, e il primo di marzo il ben tornato a Modena, raccomandandoglisi vivamente per ottenere a un congiunto dottore la provvista d’un governo, per la quale ebbe a scrivere parecchie lettere.
Ma i Caligoli sono come le fiere addimesticate, che mai non si spogliano di tutta la nativa ferità, e quando meno si attende, la riprendono. […] Questi tre rari ingegni spiegavano tutta la loro energia nel delineare con maestria singolare le umane passioni, nel dipignere con naturalezza e verità i costumi, nel trionfare per una inimitabile semplicità di azione; sapendosi per tutto ciò egregiamente prevalere della più poetica e più armoniosa delle favelle antiche e moderne, e adoperando quasi sempre una molla per la loro nazione efficacissima, cioè la forza del fato e l’infallibilità degli oracoli consacrati dalla religione. […] Dopo il Cocalo ed il Pluto di Aristofane, e le favole de i di lui figliuoli, vennero ad illustrar questo genere gli Apollodori, l’uno e l’altro Filemone, Difilo, Demofilo, e più di ogni altro Menandro che divenne la delizia de’ filosofi e ’l modello di Terenzio, e fu il primo a cui la grazia comica si mostrasse in tutta la sua beltà.
Qui, come in tutta la produzione letteraria dell’Andreini, è gusto per tutti i palati : chè a dare un’occhiata alle sue opere, si potrebbe affermare non essere in alcuna di esse l’espressione ben chiara dell’ animo suo, tanto son esse d’indole svariata. […] Ma più notevole di tutte per effetto teatrale deve essere stata la scena nona del terzo atto, l’ultima cioè del lavoro, nella quale Maddalena ha modo davvero di mostrar tutta la potenza sua in un monologo, che, se ne togli il fraseggiare gonfio e bislacco, portato naturale del tempo in cui fu scritto, a me pare teatralmente perfetto. […] Marta Ecco pur, ch’ a te avante pallida e sospirosa, timida e lagrimante sorella a te si piega, e qui tutta s’impiega perchè l’accogli e ascolti.
Fu in Francia una seconda volta, dai primi giorni di febbraio al 26 d’ottobre del 1608, e questa volta direttore e conduttore della Compagnia ; a proposito della quale il Duca Vincenzo in data 10 novembre 1607 annunziava al suo ambasciatore alla Corte Messer Trajano Guiscardi, Fritellino e sua moglie come i migliori personaggi non solo della sua compagnia ma di tutta Italia. […] Ma nel monologo, in cui Frittellino chiude il terzo atto della Flaminia Schiava, è ben descritta tutta la furfanteria e furberia del servo raggiratore ; e alla fine dell’Amico tradito Frittellino, presentandosi in scena esclama : « Eccovi, o Signori, il ritratto di tutte le scelleraggini, il compendio di tutte le furberie, e per dirvi tutto in una parola : eccovi Frittellino. […] II) : Voi che fate professione di parlare in pubblico, raccordatevi d’aver pronto l’occhio, la mano, il piede, anzi tutta la persona, non meno che habbiate la lingua, poichè il concetto, senza il gesto, è appunto un corpo senza lo spirito, havertendo che non si vuol gesticolare in quel modo che molti sogliono fare, e ch’io molte volte ho veduti, che se girano gli occhi pajono spiritati, se muovono il piede sembrano ballerini, se le braccia barbagiani che volano, e se voltano il capo, scolari di Zan della Vigna ; però il capo, le braccia, i piedi, gl’occhi si deono muovere a tempo, con modo, con ordine e con misura, havertendo ancora che non è poco vitio adoprar sempre un sol braccio, o una sola mano, ma che si dee hor l’ una, hor l’altra et hora tutte due muovere, come più comporta il discorso che si recita.
Il gastigo di Nevio contenne la mordacità de’ comici suoi contemporanei, e tutta ne rivolse l’energia alla pretta piacevolezza. […] Da’ loro frammenti non si scorge la guisa che essi tennero nel condurre i loro Anfitrioni; ma è verisimile che come Plauto nel suo essi vi trattassero in una maniera tutta comica l’avventura di Giove con Alcmena, dipartendosi dal camino tragico probabilmente battuto da Euripide nella sua favola perduta intitolata Alcmena. […] Se si trattasse poi di un amore in qualche modo renduto meno illecito, meriterebbe tutta la lode il tratto patetico della divisione di Argirippo e Filenia nella terza scena dell’ atto terzo. […] Questa favola tutta decente e nobile e condotta con regolarità e piacevolezza, dimostra, che se Filemone inventava sempre con simil grazia accoppiando alla ben disposta tela lo stile, certamente con molta ragione venne tante volte in Grecia coronato. […] Essa è tutta onesta e piena di motteggi innocenti e graziosi; e le stesse trappole servili tendono a un oggetto nobile e lodevole.
E quindi con tutta ragione la chiamò doppia, perchè in fatti doppia la favola ne divenne. […] Vengono i servi che sono iti a prenderla, e dicono fra loro di aver lasciato indietro le donne con tutta la folla delle serve che le precedono e le seguono, e cariche di oro e di vesti di gran valore. […] Allora l’invidioso maledico Luscio chiamò Terenzio ladro e plagiario, gridando ridicolamente, come pur fassi a’ nostri dì quando altro non si sa dire: la sua sostanza è tutta tolta dal Colace, favola scritta da Nevio e da Plauto. […] Cajo Pulcro l’abbellì colla varietà de’ colori; Cajo Antonio la coprì tutta di argento, Petrejo di oro, Catulo di avorio; i Luculli la renderono versatile; Pompeo il grande, cui si attribuisce il primo teatro stabile fabbricato in Roma, colla frescura delle acque che fecevi serpeggiare, vi attemperò gli ardori estivi; e Marco Scauro v’introdusse una sontuosità straordinaria ne’ vestiti e nelle decorazioni, e fe costruire il suo magnifico teatro ricco di marmi e di cristalli, e pomposamente ornato di trecentosessanta colonne, il quale era capace di più di ottantamila spettatori113. […] Ed ella tutta sciogliendosi in lagrime, gli si lasciò cadere in braccio, con un atto di tanta confidenza e di tanto affetto, che fece ben conoscere non esser queste le prime tenerezze del loro amore.
Attalchè, quando i cristiani divennero padroni de’ paesi dianzi posseduti dai gentili, si trovarono quasi affatto sprovveduti di musica, qualora non vogliamo con siffatto nome chiamare il canto de’ salmi, che poco differiva dalla pronunzia ordinaria, o quello degli inni, che eseguivasi a due cori da’ Terapeuti, spezie di monaci orientali, che da alcuni eruditi sono stati, non so se con tutta la ragione, confusi coi cristiani del primo secolo. […] Così rovinò il sistema poetico, e musico degli antichi invece del quale nuova poesia successe barbara, e rozza, che tutta la sua vaghezza traeva dal definito numero delle sillabe in ogni verso, e dall’accoppiamento delle desinenze simili da loro chiamate rime, e nuova musica parimenti, la quale fu ben tosto una serie noiosa, e lenta di passaggi spogliati d’ogni dolcezza, senz’altra melodia, che quella che poteva nascere dalla forza, e dalla durazione de’ suoni. […] All’incontro i poeti italiani de’ secoli barbari erano, come quelli di tutta l’Europa, una truppa d’uomini ignoranti, e senza educazione. […] [16] Memoranda sarà mai sempre la festa detta “dei Pazzi” celebrata per molti secoli in quasi tutta l’Europa, dove le più ridicole rappresentazioni si framischiavano a delle cerimonie cotanto licenziose che sarebbero affatto incredibili se attestate non venissero da un gran numero di scrittori saggi ed accreditati.
Metto in vista tutta l’indecenza e la scurrilità delle imitazioni istrioniche. […] Le quali ragioni danno chiaramente a divedere non potersi introdurre il ritmo, o numero antico nella lingua italiana senza alterarla considerabilmente; oltre la difficoltà che sarebbe di assegnar a ciascuna sillaba il suo quantitativo valore, lo che non potrebbe farsi, mancando gli esempi negli autori classici che o per una autorità puramente arbitraria, e perciò insussistente, o per una convenzione generale di tutta la nazione più difficile a conseguirsi che la mutazione istessa. […] L’aria sola è quella che fa conoscere in tutta la sua estensione l’abilità d’un compositore, e d’un cantante; perocché lo stile e la voce nel recitativo sono assoggettate ad una certa regolarità, e precisione, onde uscire non ponno senza violar troppo apertamente i dritti dell’orecchio; laddove l’aria, dove lentamente si sviluppa il motivo musicale, dove il tuono dominante viene condotto per più modulazioni differenti, e dove la melodia fa pompa di tutte le sue squisitezze fe più atta a rallegrare colla varietà de’ suoi disegni, e colla leggiadria del suo canto, che non il recitativo. […] In primo luogo perché qui non si tratta di creare un componimento misto, che partecipi dell’oda e del poema epico, ma di conservare qual’è un’azione musicale tutta drammatica.
La veemenza del carattere di Raimondo diffonde per l’azione tutta un estremo vigore. […] Egli distrugge le altrui imputazioni con evidenze, tutta discopre l’anima sua spartana, e colla sicurezza di morire torna al suo carcere. […] Mirra si rende degna di tutta la compassione, e pure è macchiata del più abominevole ardore che trovisi dall’antichità favoleggiato. […] e par che avvampi L’isola tutta allo strisciar de’ lampi! […] Questi nienti di pura galanteria riempiono tutta la tragedia del Calsabigi.
Ogni sua parte meriterebbe un lungo elogio: lo stile elegante, la divisione chiara e propria, l’erudizione tutta scelta e la scolpita onestà. […] In tale stato brillò precisamente su’ teatri di Venezia, i melodrammi de’ quali, colla suntuosità delle loro decorazioni, attirarono l’ammirazione di tutta Europa. […] In questo secolo si cominciarono a inserir le arie ne’ melodrammi: poiché fin allora tutto fu in essi recitativo e la musica fu tutta in istile recitativo composta. […] Intanto quell’agitazione, ch’è propria dell’allegrezza, mette tutta la loro macchina in movimento. […] Noi, che ci crediamo i depositari del gusto, e capaci di mangiar la torta in capo a tutta la Grecia e a tutta Roma.
Da tal punto i poeti teatrali tutta rivolgono la curiosità verso gli oggetti non religiosi, notano le grandi rivoluzioni, e gli evenimenti mediocri, ne scuoprono le ingiustizie, le stravaganze, le ridicolezze, ne tentano la correzione, e i teatri fortunatamente si cangiano in tante scuole di sana morale.
Bisogna aver paura che il gusto languisca. » A lui rispose l’Andolfati con lettera pubblicata per le stampe nel 1792, nella quale sono le stesse lagnanze, le stesse ragioni di oggidì : cita il caso frequente di commedie magnificate dagli attori e alla rappresentazione cadute per non più rialzarsi ; rimette in ballo la questione delle repliche, e raffronta, al solito, la Francia coll’Italia, annoverando i vantaggi di quella e le condizioni poco liete di questa ; e infine gli dà con molta sottigliezza una stoccata non lieve con le seguenti parole che riproduco testualmente : « Voi mi avete gentilmente prescelto per esporre con la mia compagnia qualche vostra produzione, che sarà certamente conforme alle rispettabili leggi, che vi compiaceste accennarmi : tutta l’ attività de’ miei attori, qualunque ella si sia, verrà impiegata per l’ esecuzione la più scrupolosa, avvalorata dall’ istruttiva vostra comunicativa ; desidero che corrisponda l’esito alle vostre ed alle mie brame : — a voi, per non aver saputo offendere il gusto del pubblico — per prender maggior vigore a perfezionarlo — e acciò non si tema che egli languisca — a me, per aver potuto sotto la vostra scorta contribuire a sì desiderabili conseguenze.
Quando così parlate degl’Italiani del secolo scorso, sembra che abbiate la fantasia riscaldata, e ingombra tutta di Cafri, Utentotti, Eschimali, e Topinambù. […] , diffusero per tutta la Nazione, per mezzo de’ loro individui, il vero lume della Ragione, e delle Esperienze, donde proviene il pensar dritto ed il gusto. […] Intanto esse si rappresentarono per tutta l’Italia, si applaudirono, si replicarono, s’impressero, si reimpressero, si studiarono.
E felicemente trovai, che il dottissimo Gravina l’intendeva a mio modo: “Dee il Poeta (ei dice1) tener del Popolo quel conto, che ne tiene il Principe, il quale sebbene non dee locar tutta la sua fiducia nell’affetto ed inclinazione popolare, perchè gira ad ogni vento; pur non dee credere di regnar sicuramente senza esso . . . . […] Le Poesie delle Grazie, cioè a dire di Pietro Metastasio da circa sessant’anni non si ripetono incessantemente, non che per l’Italia, per l’Europa tutta? […] Ad nostrum tempus (dice Orazio, la cui Epistola bisognava che leggeste tutta, e col soccorso di qualche comentatore), cioè nel secolo di Augusto, non era volgo di gusto corrotto, come voi andate cianciando, ma sapeva pregiare, ammirare, e ascoltare i suoi migliori Poeti scenici.
Il carattere di Bartolo portato a tutto sapere e a tutto dire non dovrebbe permettergli di tacer come fa in tutta la commedia l’importante secreto della finta lettera posta di soppiatto in tasca di don Eugenio, che egli non ignora sin dall’atto I. […] Piacevoli trovo tutte le scene del vecchio don Rocco col suo domestico Muñoz; eccellenti quelle d’Isabella col suo amante e specialmente la dodicesima dell’atto I, e l’undecima dell’atto II; delicatamente espressa l’angustia d’Isabella astretta dal vecchio a parlare all’amante, mentre egli da parte ascolta ed osserva, la quale scena, benchè non nuova, produce tutto l’effetto; commovente quanto comporta il genere comico è la scena in cui Isabella ode il tiro di leva del vascello nel quale è ito ad imbarcarsi l’amante; finalmente tira tutta l’attenzione l’ottima aringa d’Isabella, in cui svela i secreti del suo cuore al marito, detesta l’inganno del tutore, assegna le ragioni di non essersi ella spiegata liberamente, rifondendone la cagione all’educazione che si dà alle donne, onde si avvezzano alla dissimulazione. […] Sogliono recitarsi con tutta la naturalezza, e senza la cantilena declamatoria e l’affettata gesticulazione delle commedie.
Prima che Napoli e Sicilia avessero un’opera tutta cantata, ebbero una festa teatrale composta di danza, di musica, e di macchine eseguita nel 1639 sotto il vicerè Ferrante Afan de Ribera nella sala del real palazzo di Napoli, nel passar che vi fece l’infanta Maria sorella di Filippo IV, che andava in Ungheria a trovare il re Ferdinando suo sposo. […] L’Italia poi che, al dir dell’erudito Maffei, e nel bene e nel male suole andare innanzi ai concorrenti e soprastare, addottrinò così bene nel canto i suoi castrati, e tanti n’ebbe che potè fornire all’Europa tutta molte voci soprane conservate in quest’infelici con tanto oltraggio della natura.
La commedia antica però ricevè tutta la perfezione dall’Attico Aristofane che sempre colla grazia e colle facezie temperava – l’amarezza della satira.
Il coro chiude l’atto raccontando in pochi versi tutta la spedizione di Ezzelino contra Padova, il suo ritorno in Verona e la barbara vendetta da lui presa contro de’ prigionieri.
I precedenti fatti principali variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi e de’ gradi di coltura, compongono la storia de’ teatri di tutta la terra.
Il coro chiude l’atto raccontando in pochi versi tutta la spedizione d’ Ezzelino contra Padova, il suo ritorno in Verona e la barbara vendetta da lui presa contro de’ prigionieri.
Polly, Friport, Mylady Alton hanno tutta la vaghezza comica.
Lo prego de’ miei affettuosissimi saluti al nostro carissimo signor Girolamo, a cui ora non iscrivo per non moltiplicar lettere superfluamente ; siccome la prego de’ miei complimenti alla Signora Sua, ed a tutta la gentilissima famiglia.
Quand’egli era in iscena, scrive Scardeone, il pubblico non s’occupava che di lui : leggendo le opere sue non si è alieni dal crederlo ; specie la Moschetta, di cui abbiam dato un breve saggio al nome di Alvarotto, e che mi par tutta un piccolo capolavoro del genere.
Quando il Re annunciò la sua partenza nel mezzogiorno della Francia per andarvi a raggiungere la sua armata, confermò i comici a Parigi, per trovarveli al suo ritorno ; ma Arlecchino, allegando in iscusa l’età avanzata e il bisogno di riposo, domandò umilmente congedo, il quale poi, non essendogli stato accordato, si prese da sè dopo una serie non breve di accuse e di difese di tutta la Compagnia, dinanzi a cui Messer Arlecchino non era più il conduttore, ma il tiranno.
Degne di essere singolarmente notate mi sembrano le seguenti scene: la terza dell’atto II piena di pitture naturali del gran mondo di Parigi; la settima dell’abboccamento di Valerio con Cleone; la nona dell’atto III che contiene un giuoco di teatro, in cui Cleone sottovoce ora anima Valerio a farsi credere uno stordito, ora fa notare a Geronte le di lui sciocchezze ed impertinenze; mentre che Valerio adopra tutta l’industria per riuscire a screditar se stesso; e Geronte s’impazienta, freme, si pente e risolve di rompere ogni trattato. […] Quivi quando alcun tratto si dipigne Di candor, di bontà, dove trionfi E del proprio splendor tutta sfavilli L’umanità benefica e gentile, Di pura voluttà s’empie ogni cuore, Quivi s’intende di natura il grido. […] Le Vittime claustrali mettono alla vista con tutta la mordacità ed asprezza le vere dolorose istorie de’ rigori inumani, e delle atrocità che si commettevano non di rado nell’interno delle case religiose da i despoti superiori. […] «Gli abiti, i popoli, le damigelle, le guardie e le macchine vi fanno tutta l’azione.»
Se di tragedie intenda di favellare quest’ultimo nell’ode che a lui indirizza116, Pollione ebbe anche il merito di uscire da’ soliti argomenti tratti da Omero e dalle favole Greche, ed esporre con nobile intrepidezza sul teatro di Roma la civile querela di Cesare, e Pompeo, ed il giogo imposto dal vincitore a tutta la terra, fuorchè al gran cuore di Catone, Et cuncta terrarum subacta Præter atrocem animum Catonis 117. […] L’indignazione, l’impeto, l’orgoglio, tutta in somma ad ogni tratto Medea si manifesta. […] L’ un movimento e l’altro è naturale effetto delle ben dipinte gran passioni che perturbano ed interessano, se non per uno o per un altro personaggio, per tutta l’azione. […] Il discorso di Megara nell’atto secondo sa desiderare il patetico che si ammira nella tragedia di Euripide, quando tutta la famiglia di Ercole spogliata del regno rifugge all’ara di Giove per evitar la morte.
Niuno ha saputo meglio di lui adattare sulla lira italiana le corde della greca investendosi di tutta l’anima dei greci poeti più felicemente di quanti il precedettero in Italia finora senza eccettuar il Chiabrera, uomo grande al certo, ma cui mancò nell’imitazione il vero spirito filosofico; I quali si credevano di essere novelli Pindari divenuti allorché fatta avevano una sregolata canzone divisa in strofe, antistrofe ed epodon piena d’“auro-crinito”, “chiom-acquose”, “ombri-lucente”, ed altre parole sesquipedali, ma vuota di vero genio pindarico, senza costume né carattere greco, e soprattutto non cantabile, quando si sà che le greche non mai si scompagnavano dal canto e dal suono. […] Lo Stampiglia, lo Zeno, e più di tutti il Metastasio hanno smentita la comune opinione facendo vedere che l’opera è capevole di tutta la regolarità, e che i soggetti storici senza sminuirle vaghezza le assicurano una perpetuità che senza essi non avrebbe, cosicché non sono più i deliri dell’antica mitologia, ma la verità, ma la sensatezza quelle che costituiscono la natura del dramma. […] Ora ascolti il terrore umiliante di un’ambiziosa regina, la quale in faccia allo stesso santuario ch’essa meditava di profanare, sente aggravarsi sul suo capo la mano vendicatrice dell’onnipotente, a’ cui cenni la morte e la natura non che i turbini e le tempeste s’affrettano ad ubbidire; ora ti si appresenta uno spettacolo degno dei numi, cioè il dolore sublime d’un eroe che si vede accusato dal proprio padre in presenza del re, in vista di tutta la corte, e sugli occhi dell’oggetto che adora, di un delitto, del quale il solo reo è lo stesso accusatore. […] Gli stessi, che risveglierebbono in un selvaggio del Canadà i lamenti di quel Sibarita, il quale non avea potuto in tutta la notte riposare pel disagio recatogli da una foglia di rosa, che gli si era sotto il fianco ripiegata. […] [54] Io non vorrei esser tacciato di soverchia stitichezza nei giudicare, ma tradirei i propri sentimenti se non dicessi che tutta questa scena mi sembra una diceria bella bensì, ma fuori di luogo.
Il gastigo di Nevio contenne la mordacità de’ Comici suoi contemporanei, e tutta ne rivolse l’energia alla piacevolezza. […] Se si trattasse poi di un amore in qualche modo renduto meno illecito, meriterebbe tutta la lode il tratto patetico della separazione di Argirippo e Filenia nella 3 scena dell’atto III. […] Questa favola tutta decente e nobile e condotta con regolarità e piacevolezza, dimostra, che se Filemone inventava sempre con simil garbo, accoppiando alla ben disposta tela lo stile, certamente con molta ragione venne tante volte in Grecia coronato. […] Essa è tutta onesta e piena di motteggi innocenti e graziosi; e le stesse trappole servili tendono a un oggetto nobile e lodevole. […] Aulo Gellio nel rimproverare a Nevio il fastoso epitafio che per se stesso compose, dice che i suoi bei versi mostravano tutta la nativa alterigia Campana, cioè del proprio paese.
. ; poi seguitando altri spropositi domanda loro se haurebbono veduto Oratio solo contro Toscana tutta. […] ma in materia del far hauer merito a tutta la somma di que’ denari, ch’ io ho sul Monte di Pietà in Firenze, tre volte Ella me n’ ha domandato. […] Quivi Accesa d’amor, d’amor accende l’eterno Amante ; e ne l’empirea scena, che d’angelici lumi è tutta piena, dolce canta, arde dolce e dolce splende. […] Prima io ne cauo tutte le parti ben corrette, e quindi, eletti i personaggi che mi paiono più atti [auuertendo il più che si puo, a quei particolari di che ragionaremo più avanti] li riduco tutti insieme ; et consegnato a ciascuno quella parte che piu le si conuiene, fò legger loro, tutta la comedia tanto, che sino a i fanciulli che ui hanno d’ hauer parti ; siano instrutti del soggetto di essa, o almeno di quello che a lor tocca. imprimendo a tutti nella mente, la qualita del personaggio, che hanno da imitare ; et licentiati con questo, le dò tempo di poter imparar le parti loro. […] Nulla di più importante e di più interessante per la storia della scena italiana, di questo dialogo, in cui sono massime e sentenze che assai ben si addirebbero agli attori di oggidì, e da cui possiam capir chiaro come il metodo di recitazione degli antichi comici si mantenesse quasi invariato fino a tutta la prima metà del secolo presente.
Da un altro canto esclama Burattino, che par che il boja gli dia la corda, col sacco indosso da facchino, col berettino in testa che pare un mariuolo, chiama l’udienza ad alta voce, il popolo s’appropinqua, la plebe s’urta, i gentiluomini si fanno innanzi, e a pena egli ha finito il prologo assai ridicoloso e spassevole, che s’entra in una strana narrativa del padrone, che stroppia le braccia, che stenta gli animi, che ruina dal mondo quanti uditori gli han fatto corona intorno ; e se quello co’gesti piacevoli, co’motti scioccamente arguti, colle parole all’altrui orecchie saporite, con l’invenzioni ridicolose, con quel collo da impiccato, con quel mostaccio da furbo, con quella voce da scimiotto, con quegli atti da furfante s’acquista un mirabile concorso ; questi collo sgarbato modo di dire, con la pronuncia bolognese, col parlar da melenso, con la narrazione da barbotta, collo sfoderar fuori di proposito i privilegi del suo dottorato, col mostrar senza garbo le patenti lunghe di signori, col farsi protomedico senza scienza, all’ultimo perde tutta l’udienza, e resta un mastro Grillo a mezzo della piazza. […] Bertolina nella qual si narra tutta la nobiltà del suo parentado per acquistar la gratia sua.
[3.3ED] Qui, toccatami quasi di furto la mano, mi disse all’orecchio di ritrovarci alla cittadella che domina il porto e la città tutta, come anche parte della campagna, luogo non men delizioso che solitario e quasi fatto per parlare da quella cima di materie affatto geniali con piacere e con libertà. […] [4.95ED] Con tutto ciò è stato creduto necessarissimo a ben perfezionar l’armonia che ad ogni otto versi vi sieno due rime contigue, mentre il sempre alternarle in tutta la stanza all’uso de’ Siciliani, senza legarle insieme, come hai tu fatto, intrecciandole alla maniera delle corone, rendeva meno armonioso e raccolto il componimento; lo che per avventura ne’ terzetti non fu necessario, perché i loro periodi son brevi e, se le desinenze non sono contigue, son così poco distanti che non annoia l’attenderle e non sospende soverchiamente l’aspettazione. […] [6.119ED] Il ballo spagnuolo vuol l’abito nazionale che scopra con la sua ben adatta lindura i fini e sottili dintorni della minuta vita, dell’affuselata coscia, della lunga agile gamba e del piè breve o abbreviato dalla scarpetta. [6.120ED] L’aria degl’instrumenti franzesi è per lo più un dolce mescolamento di fievolezza e di spirito. [6.121ED] Quella degli Spagnuoli ha più tosto un non so che di dignità e di querela. [6.122ED] Ma è tutta quella degl’Italiani salterellante e briosa. […] [commento_2.21ED] terza unità: tutta la discussione sull’unità di luogo risponde all’interpretazione ristretta datane da Gravina in Della tragedia, pp. 568-573. […] Martello, Vita… scritta da lui stesso fino l’anno 1718, p. 288) «che spesso lo voleva suo commensale, lo fece conoscere a’ letterati di tutta la corte, lo introdusse in tutti i luoghi più riguardevoli, ed in somma in quattro mesi e mezzo che l’autore dimorò in Parigi, ebbe mediante questo letteratissimo mecenate onori incredibili».
e quanto meno importerà al resto dell’Europa, per non dire a tutta la Terra, non che all’Universo?
Calderòn in tali sue favole espone tutta la filastrocca de’ fatti, alterandone bensì le circostanze ad arbitrio, confondendoli con frequenti anacronismi, e colorendo i caratteri, secondochè glie li presenta la propria immaginazione.
Più azione delle tragedie hanno le commedie di Jodelle, e dipingono i costumi di quel tempo con tutta sincerità.
Chi riflette alla vittoriosa forza della religione sugli animi umani, non istupirà dell’universale accettazione che ebbe sì importante argomento in tutta l’Europa Cristiana.
Chi riflette alla vittoriosa forza della religione su gli uomini, non istupirà dell’ universale accettazione ch’ebbe sì importante argomento per tutta l’Europa Cristiana.
mo Gran Duca le licenze per tutta la Toscana, mercè la lettera di V.
A lui fu per tal modo concesso dai padovani di erigere un teatro in legno, presso il Caffè Pedrocchi, detto allora Teatro Duse, di cui metto qui la riproduzione dell’interessantissimo sipario, il quale, oltre al comprender Luigi Duse nel suo costume, e gli altri di famiglia, l’Alceste sopr’a tutti, in quello de’personaggi nella Figlia del reggimento, dà anche una idea ben chiara di quel che fosse codesto teatro popolare, composto di tutta una famiglia, che viveva patriarcalmente, come non si potrebbe dire, e nella più perfetta delle armonie.
Soprattutto il personaggio di Faddle basso, triviale, poltrone, infame, introdotto in casa di una dama, la quale ne riceve anche lettere amorose, preferito talvolta a un colonnello che la pretende in moglie, e frattanto, come un Coviello o Brighella, preso pel collo, scosso, minacciato, cacciato or da questo, e or da quello, dispiacque con tutta ragione al pubblico, che astrinse il sig. […] I concerti del Fax-Hall e del Renelag, quelli che si danno nella famosa chiesa di San Paolo, e i particolari di tutta Londra, sono composizioni Inglesi. […] L’autor filosofo, retrocedendo fino ai tempi primitivi, ha conseguito di afferrare i veri pensamenti che doveano occupar il primo uomo nella sua prossima dissoluzione; e con un fatto sì comune, com’é la morte naturale di un uomo decrepito, é pervenuto a cagionar quel terror tragico, che in vano tentano di svegliare tante favole romanzesche, tanti delitti atroci spiegati con tutta la pompa nelle odierne tragedie cittadinesche inglesi e francesi.
Capo della Compagnia comica che andò in Francia nel 1600, e fu acclamatissima dal Re e sua famiglia e da tutta la Corte, restò oltr’Alpi fino alla morte della moglie ; dopo questo triste caso, che lo privava di una consorte bella e fedele e di una inarrivabile compagna nel giuoco scenico, abbandonò il teatro e si ridusse a Venezia. […] Il Bevilacqua molto saviamente suppone che la cagione di tal mutamento di nome fosse tutta nel non aver voluto palesare quello vero della famiglia, per un pregiudizio, non interamente scomparso nemmeno oggi…. […] Quest’uomo che si fa annunziare : Capitano Spavento da Valle inferna, sopranominato il diabolico, Principedell’ordine equestre, Termigisto, cioè grandissimo bravatore, grandissimo feritore e grandissimo uccisore, domatore e dominator del l’Universo, figlio del terremoto e della saetta, parente della morte e amico strettissimo del gran diavolo dell’inferno ; quest’uomo che udito, quando era ancora nel ventre della madre, il desiderio del padre di avere un maschio, nasce femmina per pietà del mondo ch’egli avrebbe distrutto, se nato maschio ; che per intimar guerra all’esercito nemico, carica di sè stesso un cannone, e novo projettile, armato di scudo e di stocco, arriva con orribil fragore nel campo, e uccide duecento o trecento soldati ; che mangia la minestra di perle orientali dentro una scodella di finissimo corallo col cucchiajo di carbonchio ardente ; che divora in due bocconi una balena arrostita sulla graticola, che beve in un sorso, brindando agli ospiti, tutta l’acqua del fiume Giordano ; que st’uomo, che non contento di un sol nome spaventoso, si fa anche chiamare Ariararche, o principe della milizia, Diacatolicon, o capitano universale, Capitano Melampigo, o capitano cul nero, Capitan Leucopigo, o capitano cul bianco, è fratello carnale dei Spezzaferri, Matamoros, Fracassa, Terremoti, Rinoceronti, Coccodrilli, Scaramuccia, Spacca, Cardoni, parlando dei più noti ; e dei Spezzamonti, Bonbardoni, Grilli, Mala Gamba, Bellavita, Babei, Taglia Cantoni, a noi tramandati in effigie, che oserei chiamare di esattezza storica molto problematica, dal bulino incomparabile di Giacomo Callot ne’suoi Balli di Sfessania, divenuti omai pressochè introvabili, e ch’io riproduco dall’originale. Ho detto « esattezza storica problematica ; » e corroboro questo mio avviso colla osservazione non superficiale sulle creazioni infinite e, oserei dire, gaiamente indiavolate, del grande artista : si direbbe quasi che i tipi della Commedia italiana fossero la base di tutta l’opera sua.
In oltre quando voi parlate di una sola Città Spagnuola, comparatela con una sola Italiana; ma se vi stendete a tutta la Spagna, dovete riguardare a tutta l’Italia, e non alla sola Città di Roma.
E all’ammirazione del grande attore inglese aggiungiamo quella di Carlo Goldoni, il quale, come abbiam visto, aveva con una sua commedia, offerto modo a Carlino di mostrar tutta la sua valentìa. […] Mi bisognerebbe avere una maggior conoscenza della lingua italiana e più larghe cognizioni per poter dare all’ingegno suo tutta la giustizia che gli è dovuta.
. – Dispensa dalle recite doppie – una recita per settimana di tutta vostra scelta. […] Io pure se Dio mi darà forza e salute ho ferma intenzione di ritirarmi dalle scene dopo altri cinque anni, ma prima di far ciò desidero ardentemente (per quanto il mio scarso ingegno lo permetterà) cooperare con que’ pochi ottimi artisti drammatici che abbiamo in Italia (dai quali cerco imparare e le massime e l’arte) onde formare un buon gusto generale in tutta Italia che va purtroppo scadendo colpa la noncuranza in che si tengono le cose vere e naturali, le finitezze, le sfumature dell’arte come noi le chiamiamo, per applaudire soltanto alle esagerazioni, contrarie il più delle volte al buon senso.
Pensano in contrario che tutta la scienza stia nello isquartar la voce, in un saltellar continuo di nota in nota, non in isceglier quello che vi ha di migliore, ma in eseguire ciò che vi ha di più straordinario e difficile.
I Precedenti fatti principali variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi e de’ gradi di coltura compongono la storia de’ teatri di tutta la terra.
Altre pastorali potrebbero mentovarsi, nelle quali non si vede tutta la corruzione del secolo, se voglia mirarsene con indulgenza qualche languidezza ed ornamento lirico.
Polly, Friport, Milady Alton hanno tutta la vaghezza comica.
Altre pastorali potrebbero mentovarsi, nelle quali non si vide tutta la corruzione del secolo, se voglia mirarsene con indulgenza qualche languidezza ed ornamento lirico.
Dotata di un annuo assegno ed arricchita di privilegi e d’onorificenze, contribuì potentemente a sollevare quasi alla perfezione l’arte drammatica, e a diffondere per tutta Italia il gusto vero per la medesima.
R. il Signor Duca d’Orléans, Reggente ; e sappiamo che Riccoboni, prima di partir dall’Italia e di stringere il patto, aveva indirizzato al Duca di Parma il seguente memoriale : 1° La Compagnia tutta supplica umilmente Vostra Altezza Serenissima di farle accordar la grazia di cui godettero i suoi predecessori, che niuna Compagnia italiana sia ricevuta a Parigi sotto alcun pretesto, quand’ anche tutti i Comici parlassero francese ; e sia generalmente vietato a qualsiasi altro di servirsi de' costumi delle Maschere del Teatro Italiano, quali dell’Arlecchino, dello Scaramuccia, del Pantalone, del Dottore e dello Scapino ; et anche del Pierrot, che, se ben francese, è nato dal teatro italiano.
Saverio La-Santé non men pregiudicato si lusingò ancora di aver oscurata tutta la gloria di questo componimento con quel suo magistrale, «Quid habet Torrismundus? […] La traduzione dell’Aminta in bel versi castigliani del Jauregui, e quella del Pastor Fido del Figueroa, meritano tutta la stima degl’intelligenti. […] Legge egli, p. e., che l’ambizioso e innamorato Aquilio, il quale usa ogni arte per romper la corrispondenza di Sabina e Adriano, vedendo che l’amor d’Augusto e gli sdegni di Sabina combattono per lui, prevede la propria vittoria, ma si dispone a vederla matura, e ad usar tutta l’arte d’un esperto schermidore, il quale esamina il nemico, frena il proprio sdegno, e attende il momento, che lo rende vincitore.
L’altra sorte si è quando chi balla, non contentandosi del piacer materiale della danza, prende ad eseguire un intiero soggetto favoloso, storico od allegorico esprimendo coi passi figurati de’ piedi, coi vari atteggiamenti del corpo e delle braccia, e coi tratti animati della fisionomia tutta la serie di situazioni che somministra l’argomento nello stesso modo che la esprime colla voce il cantore. […] [9] Considerata in genere come un’arte rappresentativa la pantomima è precisamente soggetta alle leggi stesse alle quali soggiacciono tutte le arti d’imitazione, cioè di dare alla spezial materia che scelgono esse come strumento tutta la possibile somiglianza coll’oggetto che vogliono imitare. Così perché la danza rappresenta le azioni umane per mezzo de’ muovimenti e de’ gesti, l’arte del bravo pantomimo consiste nel fare che i suoi gesti e i suoi muovimenti esprimano con tutta la verità ed evidenza compatibile coi principi dell’arte sua l’originale preso a rappresentare. […] Atlante comparve insieme con esse dicendo aver egli appreso in altri tempi da Archimede, che se trovar si potesse un punto d’appoggio fuori del globo sarebbe assai facile il sollevare tutta quanta è la massa della terra; a tal fine esser egli venuto dalla Mauritania nella Gran Bretagna creduta da lui questo punto così difficile a trovarsi, voler non per tanto smuover il globo e scaricarsi da un peso enorme che gli avea per tanti secoli gravate le spalle, consegnandolo ad Alithia compagna inseparabile del più saggio e del più illuminato fra i re. […] Verso l’anno 1740, Hilverding offri agli occhi di tutta la corte per la prima volta sul teatro di Dresda (altri dicono su quello di Vienna) il Britannico del Racine eseguito nell’accennata maniera cui poi tennero dietro l’Idomeneo di Crebillon e l’Alzira di Voltaire.
Winckelmann nella sua Storia delle Arti del disegno) il primo, a cui la grazia comica mostrossi in tutta la sua beltà, comparve sulla scena, menando seco in treno le grazie e venustà di un polito linguaggio, un’ armonica misura, un dolce concento, purgati costumi, il piacevole mescolato coll’ utile, e la fina critica condita di sale attico.
Egli è certo, che quando Tiberio cacciò da tutta Italia gl’ istrioni per la loro somma petulanza e immodestia, e che quando Nerone medesimo, alcun tempo dopo averli richiamati, fu costretto per timor di qualche grave periculo a bandirli da Roma, non cessarono le rappresentazioni delle favole teatrali, segno evidentissimo che non vennero compresi nel bando sotto il nome d’ istrioni i tragedi e comedi, cioè coloro che recitavano e cantavano drammi regolati.
[5.8] Una cosa importantissima, alla quale non si ha tutta quella attenzione che si vorrebbe, è il dover lasciar nelle scene le convenienti aperture, onde gli attori possano entrare ed uscire in siti tali, che con l’altezza delle colonne abbia una giusta proporzione la grandezza degli stessi attori.
Nè molte parole ci vollero a farla risolvere di darsi tutta all’arte ; chè alle innate attitudini e alla recente e pur viva e radicata passione s’aggiungeva la speranza di recare alcun sollievo allo stato allor triste della famiglia, la quale dal più alto fastigio di fortuna era caduta in una relativa povertà.
Gran piacevolezza di motteggi campeggia nell’azione, e tutta l’erudizione seminata nelle Annotazioni. […] e par che avvampi L’isola tutta allo strisciur de’ lampi ! […] Lascio che questi nienti di pura galanteria riempiono tutta la sedicente tragedia di Elvira. […] Questa illusione della sua fantasia è ben lunga occupando tutta la scena ; e non finirebbe mai se non passasse ad un pensiero eterogeneo che la fa discendere dall’ immaginazione alla realità del basso mondo. […] Ma nel giudicar di poesia drammatica la penna può supplire tutta sola al cnore ?
Rispetto alla poesia, l’indole della provenzale tutta fievole e cascante di vezzi è tanto diversa dall’arabica sparsa di pompose figure, e fraseggiata alla foggia orientale; la natura degli argomenti è così differente; così ne è lontano l’andamento dell’una e dell’altra, che il menomo vestigio non si scorge d’imitazione. […] Succedettero in seguito i madrigali, dei quali abbiamo fra i primi l’esempio in quelli di Lemmo pistoiese posti in musica dal Casella compositore di cui ne fa menzione il Dante, e nelle tante madrigalesse, ballate, villanelle, serenate, villotte alla napoletana, ed alla siciliana, e in altri componimenti cantati per tutta l’Italia, e posti in musica persin da celebri donne, che gareggiavano coi più gran compositori. […] L’ignorante e conseguentemente feroce musulmano, sbuccando dalle gole del Caucaso, indi a guisa di turbine tutta l’Asia scorrendo, rivolse alla fine i suoi vittoriosi stendardi verso Costantinopoli, capitale d’un vasto impero ammorbidito dal lusso, snervato dalla mollezza, addormentato fra le più ridicole superstizioni. La Grecia tutta fu una picciola parte delle sue immense conquiste, a motivo delle quali i pacifici coltivatori delle lettere che abitavano quel paese tanto caro alle muse si ricoverarono nella Italia portando seco i preziosi frammenti della greca letteratura.
Ma Augusto lo riempie di confusione mostrandosi inteso di tutta la congiura, ed allora Cinna convinto si appiglia al partito di mostrar coraggio, Vous devez un exemple à la posterité, Et mon trépas importe à votre sureté .. […] Da quanto quì si afferma e si affermò fin dal 1777, apparisce con tutta la chiarezza di non aver io in verun tempo nè ignorato la diversità dell’opera e della tragedia, nè preteso comparare il Cinna colla Clemenza di Tito per dare un glorioso vantaggio al drammatico Italiano sopra il tragico Francese.
Il re O-Too padrone di tutta l’isola di O.
Al contrario, ov’esso riempia tutta l’estensione della mente per modo, che paga unicamente del metodo e dell’analisi, nulla si curi d’arricchir la fantasia e fomentar il fuoco poetico che si nutrisce d’immagini, questo spirito compassato serve per agghiacciar l’entusiasmo, snervar le passioni, e irrigidire il gusto.
Puoi immaginare lo scompiglio, tutta la casa per aria, agitazione, trambusto, ma…. c’era Benedetti.
Ma le parole del Prologo di Cervantes hanno tutta l’aria d’ingenuità che manca alla dissertazione, e distruggono sì manifestamente le congetture del Nasarre, ch’io giudico che mai questo letterato non credé da senno egli stesso quel che si sforzava di persuadere agli altri.
Ora se gli attori pantomimi giunsero a rappresentare con tal verità e delicatezza che non soccorsi dalla locuzione tutta sapevano esprimere una favola scenica, come si può senza nota di leggerezza asserire, che l’arte pantomimica à la honte de la raison humaine fît les delices des Grecs & des Romains, secondo che declama M.
Certo, com’ egli avverte nel Proemio al rappresentare all’ improvviso, bellissima quanto difficile e pericolosa è l’ impresa, nè vi si devono porre se non persone idonee ed intendenti, e che sappiano che vuol dire regola di lingua, figure Rettoriche, tropi, e tutta l’ arte rettorica, avendo da fare all’ improvviso ciò che premeditato fa il poeta….
Siffatta usanza era incompatibile colle mutazioni della scena, e vi voleva appunto tutta la corruzione del gusto di que’ tempi per non riflettere che o cangiandosi la scena, rimaneva lo stesso coro stabile, e allora diveniva un assurdo, o si cangiava anche il coro insiem colla scena, e allora bisognava stiracchiar l’orditura del dramma acciò che vi fosse infine d’ogni atto una situazione la quale rendesse necessaria, o almen verosimile, l’esistenza del coro.
Io veggo (dice già ubbriaco) girar la terra, il mare e il cielo; veggo il trono di Giove e seco tutta la folla degli Dei.
Io veggio (dice già ubbriaco) girar la terra, il mare e ’l cielo; veggio il trono di Giove e seco tutta la folla degli dei.
Dotato d’ingegno straordinario e soccorso dalla lettura degli antichi mostrò sulla scena la ragione accompagnata da tutta la pompa e da tutti gli ornamenti de’ quali è capace la lingua francese.
Vi campeggia gran piacevolezza di motteggi e tutta l’erudizione abbondevolmente seminata nelle Annotazioni.
Chi crederebbe che Tommaso Cornelio avesse voluto procacciare ad Achille la compassione che dovevasi alla sua morte, mentre in tutta quella favola ad altro pare che non attenda se non a renderlo odioso con dare risalto ora alla sua perfidia verso Briseida, ora alla sua violenza contro Polissena. […] Ma in mancanza possiamo osservare che l’un de’ motivi per cui la novella del Marchese Maffei supera quella del Riviera e quella del Torelli, scritte con metodo greco, è l’arte d’ordinar gli accidenti e d’introdurre gli attori, e d’accomodare tutta l’azione all’uso del teatro. […] Tra questi si puote annoverare Beatrice che è nel Corradino del Caraccio, della quale s’accennano bensì varie passate virtù, ma non se ne vede orma nel corso della favola che possa rendere compatibile la di lei disgrazia, sicché tutta la pietà rimane sopra l’innocente Corradino. […] Il poeta dee bensì, come ho toccato sopra, rappresentar ne’ discorsi tutta quella eccellenza di cui è capace, la qualità delle persone e lo stato in cui esse ragionano, e quindi è che si puote anche ne’ gran dolori, con l’uso della retorica, aggiugner perfezione a’ naturali ragionamenti. […] Ma per la medesima ragione si potrebbe dire che non è ragionevole il pretendere di svegliare, a favore de’ principi che si rappresentano sul teatro, della compassione in uditori che sanno esser tutta finta la rappresentanza delle loro passioni e delle loro persone.
In questi paesi (dice Robertson nell’ introd. alla Stor. di Carlo V) i più coltivati e civilizzati di tutta l’Europa, scendevano i crocesignati prima di passare in Asia, e vi lasciavano immense somme pel trasporto verso Terra Santa7.
La storia interna del libro, legata alle diverse circostanze di stesura e di pubblicazione, rileva la centralità attribuita alla questione dall’autore che non solo rivide più volte il testo, ma cercò anche di integrarlo in relazione ai possibili destinatari e in funzione del dibattito complessivo che in questi anni si aggiorna costantemente, in tutta Europa.
Il cavalier Planelli pretende che verso la metà del secolo scorso cominciassero «a inserirsi le arie nei melodrammi poiché fin allora tutto fu in essa recitativo, e la musica fu tutta in istile recitativo composta.
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img135.jpg] Il ’69 lo troviamo in un teatro pubblico di Roma : e andava ogni tanto, con tutta la compagnia, a recitare dalla Regina di Svezia.