Mentre tutte le sue colleghe di ruolo si tuffavano a capo fitto come prime donne assolute nel gran repertorio, ella, per una cotal deficienza di mezzi vocali, rimaneva nella sua modesta cerchia amorosa, facendosi ovunque notare per le grazie del volto, la forza del sentimento e la soavità del dire.
Ma datosi quello all’arte e al capocomicato con poca fortuna, ella dovè sagrificare tutta intera la non lieve somma lasciatale dal marito, e ridursi assieme alla figliuola colla Compagnia de’ piccoli Lambertini in America, ove diventò poi direttrice di filodrammatici, e ove morì sui cinquantacinque anni.
Furon poi con Petronio Zanerini, alla cui scuola ella salì al grado di prima donna assoluta, e finalmente formaron essi compagnia, che durò fino al 1802, anno della morte della moglie.
Egli mi ha detto di havere scritto a lei ciò che le occorre, ed ella potrà intendersene seco, perch'esso è quel che ha in mano tutto questo negotio.
Entrato poi il Vestri nella Compagnia Nazionale, dove non era alcun posto per lei, non volendo ella creare ostacoli alla scrittura del marito, si ritirò dalle scene, e, dopo la morte di lui, a Bologna, traendo meschinamente la vita.
Ebbe onore di rime da varj letterati, e scrisse anch’ ella qualche poesia, non del tutto sprezzabile, come il presente sonetto a suo marito. […] Pare ch’ ella fosse di rara bellezza ; e Alessandro Allori (il Bronzino giovine) le fece in Firenze un tal bellissimo ritratto, che ispirò al Cav. […] Oltre che nell’ Arianna, ella cantò anche nel balletto delle Ingrate, parole del Rinuccini, e musica del Monteverde : e da Torino, proprio al momento della lotta accanita, 13 giorni dopo l’invio della lettera al Cardinal Gonzaga, il Cav. […] Spiegatole il suo desiderio, ella di buona voglia v’acconsentì, e furono in breve tempo conclusi i loro sponsali. […] ma mancando di simil luogo la base e la benefattrice convenne alla povera Lidia tirar la figlia presso di sè, non già per molto custodirla, ma per locarla in alcuna parte degna e sicura, come al presente ella dimora, stando ad allevarsi Damigella con una figlia dell’ Ill.
Fecela ella medesima imprimere in quella Città per Anteo Viotti, e dedicolla alla Serenissima Sua protettrice la Sig.
E continua a dire il Bartoli che « oltre al recitar bene la tragedia, ella esprimeva anche a maraviglia le parti famigliari e le affaticate nelle commedie.
Ma non potendo ella sopperire a tante spese, si tolse dall’arte, trovando aiuto ne' compagni, che le affidarono per l’istruzione teatrale le loro bimbe, tra le quali Adelaide Tessero, Luigia Robotti, Cristina Andrà, ecc.
E venendo a parlar delle Torri, due commedie di sua particolare fatica e di sua invenzione, il Bartoli assicura aver egli toccato il sommo dell’ arte, in una scena specialmente, per la quale ci dice che bisognava vederla per giudicare s’ ella meritava ogni lode di chi sa intendere la forza di quell’ arte, che è tutta propria d’ un bravo Comico e che non è permesso alla penna d’ uno scrittore d’ estenderla al Tavolino in pari modo.
L'aprile del '62 il marito Luigi scriveva da Ferrara all’amico Francesco Righetti : « Antonietta è sempre stata in condizione da non poterle parlare d’affari ; oggi che grazie a Dio, dopo 107 giorni d’infermità va meglio,… » e nel '64, ella moriva in Bologna.
Dopo di aver recitato la primavera del 1779 in Genova, recavasi col marito a Verona, scritturati da Maddalena Battaglia, quando, presso Voghera, datisi i cavalli del legno alla fuga, ella vinta dalla paura, balzò a terra, fratturandosi una gamba, e lasciando quivi dopo alcuni giorni la vita.
Caro signore, poteva ella far a meno di venirci a rattristare.
Tutto potrebbe passare, s’ella non fosse Penelope, se non fosse madre. […] Risponde Eurinoe che ella l’ignora ; ma soggiugne che il vide fremere, arrossire e mirarla con isdegno. […] Ottimamente vi si dipinge lo stato di Clitennestra che palpita alternativamente or pel figlio, or pel marito : ella è madre trovandosi Egisto in salvo ; ella non l’è più quando per lui paventa. […] A costo di morir languendo ella tace, ella sceglie uno sposo amabile che l’adora, ella impetra di abbandonare i suoi, come celebrate siensi le nozze. […] Ciniro la chiama alla sua presenza ; ella viene colla più tormentosa ripugnanza ; obbligata a parlare persiste a tacere ; a Ciniro par di vedere che ella ama, ed ella lo confessa col più angoscioso stento.
no; ella pensa a vendicare certo suo fratello già morto col sangue dell’uccisore che non sa chi sia. […] Ella gli dice che passi co’ suoi a Numanzia, perchè ella l’attenderà presso di un sepolcro che si eleva più degli altri, e gliele addita. […] Terma dà avviso a Dulcidio che Olvia se disfraza (si traveste; e quanto opportunamente ella va in maschera!) […] Torna Dulcidio con fiaccola accesa, ed Olvia spira mentendo con dire che ella amava Giugurta , quando Io spettatore non ignora che ella amava Aluro. […] Ruben la consiglia ad impiegare tutto l’artificio di un pianto insidioso per vincere il re; ma ella già poco spera nelle proprie lagrime.
Siddons eccellente attrice, alla quale tributano gl’Inglesi tutti gli elogj, per la verità, l’espressione, e l’energia, che, al loro dire, ella possiede eminentemente.
.), si fece capocomica ella stessa.
E tanto di consigli e di ammaestramenti la soccorse che in capo a due anni ella diventò una delle più acclamate prime amorose così nelle commedie scritte come in quelle all’improvviso.
Se si fosse decisa ad assumere un ruolo più conveniente, ella sarebbe certo tornata a' bei giorni dei più clamorosi e sinceri trionfi.
Se bene a ogni genere di lavori ella fosse esercitata, non esclusi Adriana Lecouvreur, La Signora dalle Camelie, Due Dame ed altro, assai meglio riuscì, per l’ indole sua, in quelli, ove fosser primo elemento il sorriso e la grazia, l’ingenuità e la monellerìa.
L’assassino fa premure affettuose alla regina, ella resiste un poco, al fine ne ammette l’amore. […] Il re mostra timore, che se egli venisse a morire, ella ne prenderebbe un altro. […] La regina l’assicura che di ciò ella non è capace. […] La regina vuol bere alla salute del figlio; il re cerca impedirlo; ella si ostina, e bee; il re si contrista . . . […] Il re vuol far credere che al vedere il sangue sia svenuta; ma ella grida: no, no, la bevanda, la bevanda . . .
Della maniera del cantare e del recitare [3.1] La buona composizion musica per altro, avutosi riguardo all’effetto che dee produrre, non è il tutto; questo dipende in gran parte anche dal modo con che ella viene eseguita da’ cantori. […] Pare che e’ si sien fitti nell’animo di non mentire per conto niuno, di non volere a niun patto darla ad intendere all’udienza; e se ella per caso gli avesse mai presi in iscambio di Achille o di Ciro, che sono da essi rappresentati sulle scene, fanno ogni lor potere di trarla d’inganno e di certificarla, come disse un bello umore, che essi pur sono in realtà il signor Petriccino, il signor Stoppanino, il signor Zolfanello. […] Certa cosa si è almeno che, rimessa la musica nel primiero suo stato, con grandissima attenzione e non meno di diletto verrebbe da noi ascoltata l’opera dal principio sino alla fine; ed ella imporrebbe agli spettatori uno imperioso silenzio.
Essi si fermano ad ascoltare, et ella comincia a dire : « Io mi ricordo l’anno non me lo ricordo, che un Arpicordo pose d’accordo una Pavaniglia Spagnola con una gagliarda di Santin da Parma, per la qual cosa poi, le lasagne, i maccheroni, e la polenta si uestirono a bruno, non potendo comportare, che la gatta fusa fusse amica delle belle fanciulle d’Algieri : pure come piacque al Califfo d’Egitto fu concluso, che domattina sarete tutti duo messi in berlina. » Seguitando poi di dire cose simili da pazza, essi la vogliono pigliare, & ella se ne fugge per strada, & essi la seguono. […] & Arlecchino, quali fuggonc, & ella dietro seguitandoli. […] Siale tu dunque degno Padre, ed ella a te sia figlia ; e queste carte e ’l nome sien d’alto grido un immortal tesoro. […] Ch’ io sia lontana dal darle molestia, ella può assicurarsene, send’ io stata parecchi mesi senza scriverle di particolare, che pur m’importa. […] Pregò, l’udì chi sempre ascolta pio, noi perchè in guerra noi medesmi ogn’ora tener, se ’n pace ella contenta or siede ?
ed ella, Quodcumque feci , risponde con enfasi, disdegno e calore. […] Giasone vuol troncare il discorso, ed ella freme, invoca Giove, ne implora i fulmini sopra qualunque di loro due. Tenta egli infine di moderarne le furie ad ogni costo, insinuandole di chiedere qualche conforto, al che ella domanda i figliuoli per condurli seco. […] risponde ella colla solita energia e ferocia. […] Ma pure avanti di correre in tal guisa ella è arrestata dall’urgente necessità, di che mai?
Giasone vuol troncare il discorso, ed ella freme, invoca Giove, ne implora i fulmini sopra qualunque di loro due. Tenta egli in fine di moderarne le furie ad ogni costo, insinuandole di chiedere qualche conforto; al che ella domanda i figliuoli per condurli seco. […] risponde ella colla solita energìa e ferocia: Si profugissem prius, ad hoc redirem. […] Vinta dunque dall’ astuto volgesi alle preghiere, confessando di esser vivo Astianatte; miserere matris, ella gli dice; ed Ulisse, exibe gnatum, & roga. […] ma pure avanti di correre in tal guisa ella è arrestata dall’ urgente necessità, di che mai?
Non si sa s’ella si recò in Francia col marito ; certo morì a Paola in Calabria il 24 novembre del 1751 : il che potrebbe far supporre che sia stata anch’essa comica, appartenente probabilmente a famiglia di comici.
Fors’anche perchè modenese, ella parve avere alcun ascendente su l’animo del Duca Alfonso, che le tenne al fonte battesimale un figliuolo, e a cui spesso si volgeva per soccorsi morali e materiali : e vi han parecchie ricevute sue delle solite dieci doppie, che il Duca le faceva pagare come donativo.
Entrò poi l’Amalia il ’44 con Luigi Domeniconi prima attrice assieme a Maddalena Pelzet, quindi (1846) prima attrice assoluta con Angelo Lipparini, col quale stette cinque anni, mostrando, e nel dramma e nella commedia, a qual grado di arte ella era salita.
., II, 110 : Mar[illisible chars], il Brighella della Compagnia, era maritato : sua [illisible chars], la quale era stata ballerima da corda al pari di lui, era una giovine veneziana molto bella ed [illisible chars], poema di spirico e di talenti, e mostrava felici disposiricai per la commedia : ella aveva abbandonato suo marito per giovanile inconsideraterra, e venne a riunirsi con lui dopo tre anni, preadendo l’impiego di serva nella Compagnia di Medebach sotto il nome di [illisible chars].
Nel '63 era già prima attrice egregia sì nelle parti drammatiche, sì nelle tragiche, ma più in queste che in quelle, e nel '69-'70, conduttrice ella stessa d’una compagnia comica, sollevò quasi all’entusiasmo i pubblici più varj d’Italia.
Il suo accento – dicono – commoveva anche nelle mezze tinte, anche in quelle piccole nuances d’un carattere, sulle quali molte altre sorvolano, e che ella afferrava e coloriva a meraviglia.
Oggi ella è prima attrice madre, e tuttavia applaudita, nella Compagnia di G.
Tra le ultime parti che Angela Beseghi creò e che la fecer cara a ogni pubblico, fu quella della Suocera nelle Sorprese del divorzio, per la quale ella non è e non sarà certo, da chi ebbe il piacere di sentirla e di vederla, dimenticata.
Fu la Biancolelli moglie esemplare : ed essendosi sparse contro di lei dicerie calunniose, per mostrare in che conto ella fosse tenuta dalla Corte, l’abbate Torta, limosiniere di S.
Occhi neri, espressivi, lucenti come il diamante, lampeggianti come stelle ; un sorriso che ipnotizzava tutti con quelle labbra più rosse e fresche del corallo, con quei denti che avrebber fatto invidia alle più autentiche perle orientali ; un’indole quasi infantile, semplice, piena di soave ingenuità, sempre bonacciona con tutti, pronta sempre all’ allegria, alla risata argentina, al buon umore : al tempo della primiticcia compagnia dialettale di Giovanni Toselli ella era il vero cucco del pubblico.
Per tal modo ella passò tutta la sua vita artistica in cinque sole Compagnie : di Pesenti e Solmi, del Mascherpa, del Bazzi, del Dondini e del Peracchi, passando in processo di tempo dal ruolo di prima donna giovine a quello di seconda donna e di madre nobile.
In essa, staccatasi dal marito, tornò il '30 ; e vi restò, attrice incomparabile, fino al '53, anno in cui ella abbandonò il teatro.
Nella bellissima prima scena quando nasce l’amor dì Silvia dal racconto del pericolo di Aminta, ella non mostra gl’interni movimenti se non col pianto che le soprabbonda, e il poeta fa che Dafne gli vada disviluppando: Tu sei pietosa, tu! […] Ella piagne, ella si percuote il bel petto, ella si lascia cadere sul giacente corpo, e giunge viso a viso e bocca a bocca, ella l’inaffia del suo pianto. […] Ma questo Tirsi è appunto il medesimo pastorello che col nome di Credulo ella disdegna, e Amarilli è quella stessa Licori pianta da Tirsi per morta. […] Un ratto di Erminia tentato da alcuni pastori ed impedito da Egone, forma l’azione dell’atto IV; ma ella appena liberata, vedendo venire un guerriere, a lui ricorre, lasciando Egone addololorato.
Nella bellissima prima scena quando nasce l’amor di Silvia dal racconto del pericolo di Aminta, ella non mostra gl’ interni movimenti se non col pianto che le soprabbonda, e il poeta fa che Dafne gli vada disviluppando: Tu sei pietosa, tu! […] Ella piagne, ella si percuote il bel petto, ella si lascia cadere sul giacente corpo, e giunge viso a viso e bocca a bocca, ella l’innaffia del suo pianto. […] Ma questo Tirsi è appunto il medesimo pastorello che col nome di Credulo ella disdegna, e Amarilli è quella stessa Licori pianta per morta da Tirsi. […] Un ratto di Erminia tentato da alcuni pastori ed impedito da Egone, forma l’ azione dell’atto IV; ma ella appena liberata, vedendo venire un guerriere a lui ricorre, lasciando Egone addolorato.
Le fu offerto allora di entrare alla Commedia Francese, ma ella non accettò e si ritirò per sempre dalle scene. […] Nel maggiore sviluppo della Commedia italiana, alcuni tipi rimasero pressochè gli stessi, ma un po’, anzi, raffreddati nell’attenuarsi delle precedenti scempiaggini ; Colombina in vece è andata assumendo proporzioni gigantesche : sia ella protagonista o personaggio di contorno, il più delle volte è il pernio su cui s’aggirano tutte le figure di una commedia : la padroncina per ajuto, la padrona per gelosia, i padroni vecchio e giovane, raggirati, sbeffeggiati, per amore, arlecchino, il futuro marito naturale, per ira, per amore, per gelosia, per disperazione, per…. tutto….
S. del suo favore, nella cui benignità havendo ella prima fondata ogni sua speranza, stima che la intercessione mia, come di servitore tanto obbligato et divoto di V.
E se Lidia era nella Compagnia con la Vincenza, forse dovette ella entrare un po', per dispetto, invidia, e gelosia, nell’attossicamento dell’Armani ?
Io m’appello a tutte le dame di tutte le corti più galanti, se si può con miglior dignità ed amabilità in una nobile e gentile conversazione, dir sedete come lo dice la nostra Marchionni ; con quale vivacità di colorito sa ella moltiplicare e compartire le tinte in una scena di gelosia ! […] Ma dove ella è grande, è più grande di tutte. » La società con tanta modestia e direi meglio povertà costituita, andò innanzi dodici anni tra l’ammirazione e l’applauso di ogni pubblico, esempio unico di artistica fratellanza.
Piena di movimento e di patetici colori è la scena di Alcinoe co’ genitori e con Mammolino, quando ella n’è divisa per andare ad essere esposta al mostro. […] Dice anche ch’egli è accinto a partire, ed ella a seguirlo in abito militare. […] Lo stile in generale è nobile, naturale e vivace, benchè non manchi di varj tratti lirici lontani dal vero e dal naturale sulla morte del valoroso innocente Mustafà condannato da Solimano re de’ Turchi suo padre per gli artificj di Rusteno e della regina, la quale con tale ammazzamento si lusinga di salvare il proprio figlio Selino e serbarlo all’impero; ma sventuratamente questo caro suo Selino si nasconde appunto nel da lei abborrito Mustafà; per la qual cosa ella disperata si avvelena. […] Policare n’è trafitto come da una spada; protesta con impeto che morirà prima di lei; la consiglia a fuggire, ella rigetta la proposta, e come amante ed eroina cerca frenarne i trasporti. […] A Dite, ella dice nell’atto terzo, Anderò dall’Egitto, e non da Roma.
Iniziata alla scuola moderna che fugge le convenzioni e cerca l’effetto nel vero, ella sentiva più addentro che non si suole nel riposto concetto dell’arte, e in quelle passioni e in quei caratteri, che più era chiamata ad esprimere, vi rispondeva con rara intelligenza d’artista. […] A questi cannoni si potevano aggiungere la Bohemienne, e il Visconte di Letorières, in cui ella sosteneva con grande successo la parte del protagonista. Al caso, triste caso, ella dovè lo sviluppo largo e immediato della sua innata e ignorata attitudine all’arte.
Essex da’ moti del di lei volto si accorge esser ella la donatrice della banda. […] La riconosce il conte; ma ella come una dama privata gli presenta la chiave della prigione perchè possa fuggire. […] Morta sopra la terra, ella ripiglia e vuol partire. […] Ottaviano si arresta; ella fugge e getta via il pugnale; egli le corre dietro. […] Con quanta energia ella s’irrita alla freddezza di Carlo!
Fu conduttrice di compagnie ella stessa, e finì col ridursi a Firenze, ove per alcun tempo recitò di quando in quando assieme a filodrammatici per campar la vita, e ove trovasi anch’oggi.
Rovesci di fortuna obbligaron la giovinetta a calcar le scene, e la maestra si recò il 1867 a posta da Torino a Milano per assistere all’esordir della sua allieva, che andava a sostituire a metà d’anno la Guendalina Dominici Scalpellini in quella celebrata Compagnia di Bellotti-Bon, nella quale ella salì poi al più alto grado dell’arte, ove seppe mantenersi anche dopo, alternando il ruolo di prima attrice assoluta colle sue creazioni di bimba, quali la Carolina nel Codicillo dello Zio Venanzio di Ferrari, la Ivonne nella Serafina di Sardou, la Celeste nell’Idillio Campestre di Marenco, la Silvia nella Famiglia pur di Marenco, la Ida nella Vita Nuova di Gherardi Del Testa, l’Emma nei Mariti di Torelli, ed altre molte, in cui non ebbe chi la superasse, nè chi la uguagliasse.
Il Kurz rimasto vedovo, ella ne diventò la seconda moglie, e dopo tre anni di studio indefesso, il 15 aprile del 1758, esordì all’I.
Parve a' più una celia ; ma la giovane artista, che assisteva da un palco di proscenio, si levò incontanente ; e recatasi alla ribalta, improvvisò una sestina-fervorino, che le acquistò subito la benevolenza del pubblico, andatasi poi grado a grado mutando in entusiasmo, onde, a tenzone finita, ella fu accompagnata a casa con torce, in mezzo alle più pazze acclamazioni.
Quindi nella scena seguente domandandole Giusto che cosa mai pensi di ciò che si va disponendo, ella con tenerezza risponde : que à mi padre me manda obedecer el santo cielo; si tu remedio encuentras, sin que tenga pesar Cortines, me daràs contento. […] Ella ode il tiro di leva, sviene, e come ripiglia i sensi, con mille ragioni obbliga don Rocco a consentire che ella vada a chiudersi in un ritiro. […] Piacevoli trovo tutte le scene del vecchio don Rocco col suo domestico Muñoz; eccellenti quelle d’Isabella col suo amante e specialmente la dodicesima dell’atto I, e l’undecima dell’atto II; delicatamente espressa l’angustia d’Isabella astretta dal vecchio a parlare all’amante, mentre egli da parte ascolta ed osserva, la quale scena, benchè non nuova, produce tutto l’effetto; commovente quanto comporta il genere comico è la scena in cui Isabella ode il tiro di leva del vascello nel quale è ito ad imbarcarsi l’amante; finalmente tira tutta l’attenzione l’ottima aringa d’Isabella, in cui svela i secreti del suo cuore al marito, detesta l’inganno del tutore, assegna le ragioni di non essersi ella spiegata liberamente, rifondendone la cagione all’educazione che si dà alle donne, onde si avvezzano alla dissimulazione. […] Nell’atto III son da notarsi le seguenti cose; un altro colpo di bacchettona allorchè parlando Chiara con Perrico delle sue nozze clandestine, si accorge che viene il padre, e senza avvertirne il servo muta discorso, e dice, io voleva mettermi tralle cappuccine per meritare con una vita più austera una corona più gloriosa, ma bisogna obedire al padre : la scena in cui don Luigi vorrebbe che ella si fidasse di lui e gli dicesse se inclinerebbe allo stato conjugale, ed ella punto non fidandosi continua sempre col tuono di bacchettona; l’artificio con cui si prepara lo scioglimento colla mutazione non prevista che fa un parente del suo testamento. […] Ayer la vi (egli aggiugne) y ni yo ni quantos asistieron à ella, podimos entender una palabra, tan alegorica, y metafisisca es la maldita Loa.
Una donna, un’ attice, la famosa Neuber ebbe il coraggio di pensarvi e d’intraprenderne l’esecuzione, coll’animare Gottsched, e con lavorarvi ella stessa inoltrandosi nell’ardua impresa, ad onta delle persecuzioni, e scrorrendo per la Sassonia, e facendo la guerra a mal gusto. […] Tristarello , ella risponde, chi vi permette questa libertà? […] Ah mio caro, ella risponde, sento venire alcuno, ho paura che ci osservino; sentite; io men vado fingendo di essere con voi in collera, seguitemi, ma non si presto, perchè non s’insospettiscano. […] Ma l’augusta Marianna Walburga di Baviera che era elettrice di Sassonia discordando da’ nazionali coltivò il melodramma istorico di Zeno e Metastasio, ed ella stessa l’animò colla musica; valendosi anche dell’idioma italiano più del tedesco pieghevole alla melodia tanto nella Talestri opera eroica, quanto nel Trionfo della fedeltà pastorale.
Una donna, un’ attrice, la famosa Neuber ebbe il coraggio di pensarla e d’imprenderne l’esecuzione, e coll’ animare Gottsched a travagliarvi, e coll’ innoltrarsi ella stessa nell’sardua impresa, ad onta delle persecuzioni, correndo per la Sassonia e facendo la guerra al mal gusto. […] Tristarello, ella risponde, chi vi permette questa libertà? […] Ah mio caro, ella risponde, sento venire alcuno, ho paura che ci osservino; sentite io men vado fingendo di essere con voi in collera, seguitemi, ma non sì presto perchè non s’insospettiscano”. […] Ma l’augusta Maria Anna Walburga di Baviera elettrice di Sassonia discordando da’ nazionali coltivò il melodramma istorico di Zeno e di Metastasio, ed ella stessa l’animò colla musica, valendosi anche dell’idioma italiano più del tedesco pieghevole alla melodia tanto nella Talestri opera eroica, quanto nel Trionfo della fedeltà pastorale.
Merita ben di essere dagli esteri conosciuta, singolarmente per le seguenti cose: per le piacevoli scene di Don Rocco col suo domestico Muñoz; per quelle d’Isabella col suo amante, e spezialmente per la 12 dell’atto I, e l’11 del II; per l’angustia d’Isabella astretta dal vecchio a parlare all’amante mentre egli da parte ascolta ed osserva, che benchè non nuova produce tutto l’effetto; per quella in cui Isabella ode il tiro di leva del vascello nel quale è imbarcato l’amante; e finalmente per l’aringa eccellente d’ Isabella, in cui svela i secreti del suo cuore al marito, detesta l’ inganno del tutore, assegna le ragioni di non aver ella parlato chiaro, rifondendone la cagione all’educazione che si dà alle donne onde si avvezzano alla dissimulazione. […] Nell’atto III son da notarsi le seguenti cose: un altro colpo di bacchettona allorchè Chiara parlando delle sue nozze clandestine con Pericco, si accorge che viene il padre, e senza avvertirne il servo muta discorso, dicendo, io volea mettermi tralle cappuccine per meritare con una austerità maggiore più gloriosa corona, ma bisogna obedire al padre: la scena in cui Don Luigi vorrebbe che ella si fidasse di lui e gli dicesse se inclini allo stato conjugale, ed ella punto non fidandosi continua sempre col tuono di bacchettona: l’artificio con cui si prepara lo scoglimento colla mutazione che fa un parente del suo testamento. […] Ayer la vi (egli aggiugne), y ni yo ni quantos asistieron à ella pudimos entender una palabra, tan alegorica, y metaphisica es la maldita Loa.
Siasi pur ella in Paradiso, e goda l’eternità, e per me prieghi. » Intorno alla bellezza, vantata nel sonetto di Michiele, ecco quel che ne dice Gio. […] r Flavio haurà inteso, che ogni cosa si faceva con patto che ella non ci fosse, stimandola mente di V. […] r Fulvio, ma volendo ella che ci sia, mi acheterò, racordandole solo che il povero Leandro non ci ha colpa, nè dovrebbe rimanere schernito, e tanto più che il detto Sig. […] E tanto più che questa è cossa che non a porta disonore, anzi onore e riputacione, e infino si sa chi ella è, e di qual vallore ; ma perchè vedo che mio marito fa (come si suol dire) orecchie di mercante in detta materia, torno a dire che quest’anno che viene io non uscirò fora a recitare se questa donna è in compagnia, e più tosto mangerò radice di erbe e mi contentarò di adimandar la elemosina tanto che viva, quando fosse morto per me il soccorso a altra maniera.
A vista della manifesta ribellione de’ suoi ella dimostrasi così inetta che non sa prendere verun partito per la propria salvezza. […] ella ripiglia, e lo giustifica. […] a questo punto ella ingannava se stessa! […] Non ha ella altri mezzi più certi e più efficaci per liberare il figlio e punire Assur? […] Viene Capello pieno di contento per avere inteso da Contarini che ella ha dato il consenso di prenderlo in isposo.
Gli applausi che ella riscuoteva nella Moglie saggia, nella Vedova spiritosa, nelle Tre Zelinde, nella Pamela nubile del Goldoni ; nell’ Ottavia, nell’ Antigone dell’Alfieri ; nel Galeotto Manfredi (Matilde) del Monti, non valevano a rimbaldanzire quel povero corpo e quella povera anima estenuati dalla miseria e dall’ angoscia.
Bravissima per certi caratteri, si poteva stabilire nel suo mestiero una riputazione onorevole, se contenta d’aver posto il piede nel Socco ridevole, non avesse avuta la smania di calzare il grave Coturno. » Ma il Bartoli si oppone a tale giudizio, dicendo ch’ ella fu somma anche nel tragico, e che se avesse avuto la fortuna di nascere in Toscana, nessuna attrice avrebbe potuto eguagliarla.
Ella conduceva a messa la figlia tutti i giorni, e volea si confessasse tutte le settimane ; il che non le impediva d’accompagnarla ogni dopo pranzo dal vecchio, che diventava bestiale ogni qualvolta ella negavagli un bacio, sotto pretesto che avendo fatte le sue devozioni al mattino non sapeva risolversi a offender quel Dio ch’ella avea forse ancora in sè stessa (Mem.
Secondo Francesco Bartoli, ella morì in vecchia età intorno all’anno 1702.
Lasciata Genova per condursi a Pisa, ella, vinta dalla passione, volle accompagnarlo : ma, creduta fuggiasca, fu inseguita dai parenti, e, raggiunta a Sarzana, ricondotta a Genova, mentr'egli fu messo in carcere.
Voi fiorivate nella Grecia, quando ella trionfava dell’Asia. Voi soggiogaste Roma, allorché ella ebbe posto in catena l’universo.»
Andato il Colomberti a visitarla nella sua villa di Avesa, riferisce ne’ suoi scritti inediti, come, alludendo alle memorie artistiche che adornavano il suo salotto, ella dicesse : « Sono memorie di oltre tomba, e mi ricorderanno a mia figlia e a’ miei nipoti. » E domandatole perchè non avesse in sua figlia lasciata di lei una ricordanza sulla scena, rispose : « E perchè ? […] Ed in che ella non fu prima, una volta sola ?
Oltre della traduzione ch’ella fece del Filosofo Inglese e del Don Quixote, e di varie sue poesie, ella compose pel teatro in più di un genere.
E ancora : ….. la Gramatica adora la verità : ella è in teatro realista, naturalista.
Nello spoglio del suo Teatro delle favole rappresentative, ella entra tre volte.
Ed ella : Come ! […] Resta Elfrida, e viene il re, cui ella dice che seguirà lo sposo. […] Elfrida vuol seguirlo, Orgando la trattiene ; ella tramortisce. […] il carattere di falso e finto e mostra di credere che ella a Ricimero s’inclini. […] Ora di qual tirannia positiva poteva ella lagnarsi e addurla come certa per sua giustificazione ?
Ciò ella attribuisce all’infedeltà di Ati, e dice, Helas! […] La dea crudele gli rende la ragione nell’atto V, ed egli conosce l’eccesso ove ella l’ha spinto, Quoi! […] Nell’atto I si vede la disposizione dell’animo di Armida contro Rinaldo: l’applauso che ella riscuote per tanti cavalieri cristiani da lei imprigionati: la vendetta che medita contro Rinaldo che gli ha liberati.
Essex da’ moti del di lei volto si accorge esser ella la donatrice della banda. […] E la consegnerò tale e quanta ella è, sempre che mi sarà domandata in occasione di nullità o divorzio. […] Morta sopra la terra, ella ripiglia e vuol partire. […] Ottaviano si arresta, ella fugge e getta via il pugnale; egli le corre dietro. […] Con quanta energia ella s’irrita alla freddezza di Carlo!
Perdendosi l’impresa, ella dice, ognuno in Roma altro non perde che la libertà, Ma io, io, se Roma vince, perdo Il marito dolcissimo e i cognati. […] E come avrebbe la regina di loro madre potuto verisimilmente attendere il fine di una relazione circostanziata, piena come ella trovasi dell’orrore della sua perdita? […] Nel voler ella bere Mustafà la trattiene, la fa legare e la manda schiava a Costantinopoli. […] Non è ella una timida Fedra che ama insieme e paventa la vergogna di palesar l’amore: è una imperiosa conquistatrice cui tutto par lecito perchè può tutto, bastandole di velar la sfrenatezza con la politica. […] A che (dic’egli) avrebbe ella Chiamata Dirce da sua madre?
Per quel che io ne penso, per farla avvicinare a Cremete, affinchè nulla egli perda di quanto ella dica. […] Egli si trova di lei innamorato, e pensa infanto che non può ritenerla per sua, avendo ella partorito di un altro. […] La madre il prega perchè ripigli in casa la moglie, proponendo di ritirarsi ella in campagna. […] Ma quest’unica speranza Mi resta, che dovunque ella si sia, Non potrà lungo tempo star celata. […] Ed ella tutta sciogliendosi in lagrime, gli si lasciò cadere in braccio, con un atto di tanta confidenza e di tanto affetto, che fece ben conoscere non esser queste le prime tenerezze del loro amore.
A vista della manifesta ribellione de’ suoi ella dimostrasi così inetta, che non sa prendere verun partito per la propria salvezza. […] Viva e teatrale è parimente la scena seconda dell’atto V, in cui ella posta nel maggior rischio della sua vita sdegna di seguir Varo che vuol salvarla. […] ella ripiglia, e lo giustifica. […] a questo punto ella ingannava se stessa! […] Non ha ella altri mezzi più certi e più efficaci per liberare il figlio e punire Assur?
La danza deve essere una imitazione che, per via de’ movimenti musicali del corpo, si fa delle qualità e degli affetti dell’animo; ella ha da parlare continuamente agli occhi, ha da dipingere col gesto.
Suo marito, quando ella recita, va nel parterre a batter le mani. […] Dice Goldoni : Questa commedia ebbe un bastante incontro, quantunque fosse fatta per averne uno maggiore ; ma Madama Bresciani, che di sua natura era capricciosa un poco ancor essa, credette di vedersi ella stessa rappresentata, e l’umor suo cattivo indeboli la buona riuscita della commedia.
E come avrebbe la regina di loro madre potuto verisimilmente attendere il fine di una relazione circostanziata, piena com’ ella trovasi dell’orrore della sua perdita? […] Non è ella una timida Fedra che ama insieme e paventa la vergogna di palesar l’amore: è una imperiosa conquistatrice cui tutto par lecito perchè può tutto bastandole di velar la sfrenatezza colla politica. […] A che (dic’egli) avrebbe ella Chiamata Dirce da sua madre? […] Ella fu un nobile ritratto della Greca, da cui riportò qualche neo e qualche lentezza, volendola troppo imitare; ma ella non si arrestò a’ soli argomenti greci, come talvolta da’ critici moderni si è asserito. […] Conviene intanto osservare che i soprallodati ingegni Italiani, benchè per far risorgere la tragedia si avvisassero di seguire l’orme de’ Greci, pure la spogliarono quasi totalmente di quella musica, qualunque ella sia stata, che in Grecia l’ accompagnò costantemente.
Piena di movimento e di patetici colori è la scena di Alcinoe co’ genitori e con Mammolino, quando ella n’è divisa per andare ad essere esposta al mostro. […] Dice anche che egli è accinto a partire, ed ella a seguirlo in abito militare. […] Sventuratamente però questo caro suo Selino si nasconde appunto in Mustafà da lei abborrito; per la qual cosa ella disperata si avvelena. […] Policare n’è trafitto come da una spada; protesta con impeto che morirà prima di lei; la consiglia a fuggire, ella rigetta la proposta, e come amante ed eroina cerca frenarne i trasporti. […] A Dite, ella dice nell’atto III, Anderò dall’Egitto, e non da Roma.
La chiusura dell’articolo del Piazza, per esempio, potrebbe far supporre, in quell’accenno all’allontanamento dalla Compagnia della Prima Donna (la Caterina Manzoni, a cui l’opera del Teatro è dedicata), ch' ella avesse a veder qualcosa in quelle ingiurie ; tanto più che sei anni avanti, nella Giulietta (Venezia, mdcci.xxi), non aveva il Piazza saputo trovare in lei altra dote fuorchè una particolare bellezza, come vedremo all’articolo di questa attrice.
Non potendo ella sopra il mio credito di circa duemila lire somministrarmi scudi settanta fiorentini, che mi necessitano pel pagamento degli impegni da me contratti qui in Firenze, nè tampoco pagarmi il costo della vettura pel trasporto di me e mia famiglia fino a Forli, crescendo d’ora in ora i miei bisogni, nè trovando conciliabili i suoi mezzi pecuniarj con le esigenze della Compagnia tutta, io sono costretto a prevenirla essere per me di necessità di provvedere sull’istante ai bisogni della mia esistenza, a quelli di mia moglie, de’miei quattro figli, non potendo più sostenermi in siffatta pendenza.
Morto il padre a Torino nel ’64, ella con la madre e due sorelle restò col Mingoni divenuto allora capocomico.
Azzolini pubblico in fine, e da un’altra del Gualengo scritte da Roma il ’51, ella appare colà con propria compagnia.
……… Ch' Ella fosse congiunta a Cesare Nobili, come inclinerebbe a credere il Belgrano, non si può dire : tuttavia non è assai fuor del probabile, potendosi forse ritenere ch' ella fosse davvero Nobili di nascita da un sonetto di Enriço Sottovello (pag. 68), là dove dice : mentre Camilla Rocca, onor, contento del secol nostro…..
In un mese di tempo aveva ella cangiate ventisei serve.
E perchè quei due soit a proposito della sua non apparita sulla scena italiana di Parigi, mentre si sa ch' ella vi recitò le parti di serva sotto il nome di Violetta ?
Ma da una banda il maggior numero di coloro che hanno professata quest’arte l’han considerata non altramenti che s’ella fosse una cosa di puro istinto e d’abitudine, ned hanno rivolto l’ingegno loro se non se a considerare la sua parte grammaticale, di cui ci esposero soltanto gli elementi; dall’altra poi i filosofi a niente badarono fuorché alle varie combinazioni de’ suoni fra loro, cioè a dire alla sua parte scientifica. […] La melodia libera, la strumentale a modo d’esempio può scorrere a suo grado per tutte le idee musicali che si vorranno, e per quanto vaga e indeterminata sia la sua espressione, purché riesca grata ed uniforme al gusto generale ella ne ha sortito l’intento. […] E sebbene siffatta ripugnanza altro fondamento non avesse nella maggior parte fuorché un pregiudizio favorevole alla presente maniera di poetare, ella tuttavia era appoggiata sulla ragione e sull’indole stessa della lingua italiana, la quale avendo da lungo rempo acquistate regole di costruzione e sintassi alla sua maniera, non poteva sì agevolmente piegarsi alle leggi dell’antica prosodia senza essere da capo a fondo rovesciata. […] [NdA] L’anima della poesia antica era la finzione: per mezzo della favola ella formava la principal sua imitazione, adoperando quello che Aristotile chiamava l’universale, val a dire vestendo i sentimenti e le imagini di tutte le circostanze che potevano lumeggiarle o abbellirle. […] Naque ella dalla natura in un tempo in cui le azioni rappresentate erano dal genere più semplice.
Io porterommi al tempio (ella dice nell’atto III), mi scoprirò al tiranno, gli trarrò dal capo la corona, farò provargli tutta l’ira mia. […] Cresce la di lei agitazione; ma secondo me ella si perde in troppo lunghi discorsi dopo tal notizia intempestivi. […] Dopo di aver saputo da Mentore ancora che tuttavia si combatte, può ella esser curiosa delle circostanze dell’avvenuto? […] Tutto potrebbe passare, s’ella non fusse Penelope, se non fusse madre. […] Eccellente è la dipintura di Clitennestra che palpita alternativamente or pel figlio or pel marito: ella è madre stando Egisto in salvo, ella non l’è più quando per lui paventa.
no: ella pensa a vendicare certo suo fratello col sangue dell’uccisore che non sa chi sia. […] Olvia dunque palesa al suo idolatrado Aluro che Giugurta preso di lei promette di passare in Numanzia colle sue schiere, purchè ella l’accetti per isposo; e gli chiede consiglio su di ciò. […] Ella le dice che passi co’ suoi a Numanzia, mentre ella l’attenderà presso di un sepolcro che si eleva più degli altri, e gliel’ addita. […] Ruben la consiglia ad impiegare tutto l’artificio di un pianto insidioso per vincere il re; ma ella già poco spera nelle proprie lagrime. […] Rachele moribonda chiama Alfonso che giugne, ed ella spirando gli dice che la plebe sollevata l’ha condannata a morire, e che Ruben l’ha ferita.
Intanto un vecchio libertino chiamato Furard proprietario della casa di Zoe, e di lei amante viene a sollecitare l’effetto delle speranze che ella gli ha date, e si raccomanda alla pretesa vicina facendole sapere che già ella più volte ha ricevuto del danaro, e promesso di soddisfarlo. […] Tal procedere sveglia lo sdegno di Madama che comparisce e dichiara che non consentirà mai a tale unione sconvenevole, e rileva quanto occulta ha ella osservato. […] Zoe fa uscire Delancourt dal gabinetto, e palesa esser colui che dall’infanzia l’ha protetta, soccorsa e sollevata nelle sue disgrazie, e che essendo ora nell’estrema povertà, ella per sovvenirlo ha preso danaro da Furard lusingandolo.
Oltre che la fabbrica in tal modo è perpetua, ella viene ad esser più difesa dagl’incendi, a che vanno forse più di ogni altro edifizio soggetti i teatri. […] Dimostra giornalmente l’esperienza che in una stanza ove nudi sieno i muri, ne sono assai poco ripercosse le voci e riescon crude all’orecchio; le spengono gli arazzi di cui una stanza sia rivestita; ma dove ella sia foderata di asse, le voci mollemente rimbombano, e giungon piene all’orecchio e soavi.
Su nobleza limpia, antigua, y tan eclarecida en los Anales de Italia y España: su buengusto é inclinacion declarada en proteger la Musica, la Poesia, la Pintura y las demàs Artes Liberales, como demuestran sus Academias primorosas: sobretodo fu Virtud y Humanidad bien conocida, que tanto realza à la Grandeza; todo esto, Señor, desde que en los Reales Jardines de Aranjuez el verano pasado se dignò hablarme y conocerme, me ha alentado à ofrecerle una Obra, cuyos primeros razgos dibuje aqui y escribì en Español, aunque luego, calcinando los mismos materiales, la di nueva forma, y para habilitarla à correr la Italia tube por mas conducente el valerme en ella de mi Idioma natural. […] La passione pe’ teatri ella é più ardente oggi- giorno, che non l’é stata giammai.
Dopo alenni soporiferi discorsi di Briseida e Crisia, Achille partecipa a questa la di lei libertà, ed ella grata gli augura una corona di lauro che Apollo idolatra; ma immediatamente poi nell’aria gliene augura un’ altra di mirto, nè le basta, se non vede su i di lui capelli fiorire i rami di tal mirto, e nella seconda parte di essa (che conviene alla prima come il basto al bue) si dice : Y de nuestras vidas con afectos nobles aprehendan los robles à permanecer. […] Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi, e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo; che si trova in quest’atto secondo uguale ignoranza delle favole, ed invenzioni Omeriche, e degli antichi tragici; che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia; ignorando che la sacrificata figlia di Agamennone per miracolo di Diana ignoto a’ Greci si trova viva trasportata nel tempio della Tauride; che l’istessa Briseida la prega di volersi intenerire, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas; colle quali parole attribuisce al ferro che non è rovente, le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare; che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni, los pajaros parleros sean mudos testigos che lo stesso Achille dice di avere appreso da Ulisse â despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa dimostra di possedere uno spirito profetico, perchè Ulisse si seppe preservare dalle sirene dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja; che l’istesso Achille pure profeticamente indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma del La Cruz niuno glie l’ha detto; che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo; in fine che La Cruz dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso, cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille?
Per quel ch’io ne penso, per farla avvicinare a Cremete, affinchè nulla egli perda di quanto ella dica. […] La madre il prega perchè ripigli in casa la moglie, proponendo di ritirarsi ella in campagna. […] Ma quest’unica speranza Mi resta, che dovunque ella si sia, Non potrà lungo tempo star celata. […] Già questa ella è gran colpa, Ma pure umana, e che commiser molti, E delle volte ancor quei che fur buoni. […] Ed ella tutta sciogliendosi in la grime, gli si lasciò cadere in braccio, con un atto di tanta confidenza e di tanto affetto, che fece ben conoscere non esser queste le prime tenerezze del loro amore.
Della musica [2.1] Che se niuna facoltà o arte a’ giorni nostri di ciò abbisogna, la musica è dessa; tanto ha ella degenerato dall’antica sua gravità. […] Quasi ella fosse ancor rozza e nell’infanzia, non si rifina di volerla tuttavia abbellire con nuovi ornamenti, d’immaginare nuovi arabeschi musicali, nuovi arzigogoli; e quasi fossimo nella infanzia noi medesimi, mutiamo a ogni momento pensieri e voglie rigettando noi oggi e quasi abborrendo quello di cui avevamo ieri tanta fantasia. […] Infatti ella è opinione de’ migliori nostri maestri che il contrappunto, o vogliam dire l’armonia simultanea di varie parti, possa bensì produrre una certa temperanza, che alla musica di chiesa dà tanto decoro e solennità, ma che a risvegliare nell’animo nostro le passioni non sia atto per niente.
L’ assassino fa premure affettuose alla regina; ella resiste un poco: affine ne accoglie gli amorosi omaggi. […] Il re mostra timore che se egli venisse a morire, ella ne prenderebbe un altro. […] L’uno dice che ciò stà ben disposto dal giudice; l’altro che stà mal giudicato, perchè ella si è ammazzata da se coll’affogarsi; scena comica bassa. […] La regina vuol bere alla salute del figlio; il re cerca impedirlo; ella si ostina, e bee; il re si contrista… Tornano i competitori all’assalto; si colpiscono entrambi, e restano feriti. […] Il re vuol far credere che al vedere il sangue sia svenuta; ma ella grida, no, no, la bevanda, la bevanda….
Ciò avvenne al teatro latino circa la seconda guerra punica, allorché la lingua si trovava nel colmo dello splendore piena, come ella é, di gravità e maestà, servì felicemente que che impresero con coraggio a coltivar la poesia tragica. […] Giasone vuol rompere il discorso ed ella freme, invoca Giove, implora i suoi fulmini sopra qualunque di loro due. Giasone tenta di moderarne le furie ad ogni costo, «Solamen pete»; ed ella chiede di poter seco condurre i figliuoli. […] ma pure avanti di correre in tal guisa ella é arrestata dall’urgente necessità, di che? […] Narrali nel V, come il tumulto é già sedato, Nerone comanda, che Ottavia sia relegata nell’isola Pandataria oggi Ventotiene; e in fatti viene ella fuori condotta da soldati per imbarcarsi.
Avea egli nella pittura di una cupola fatto reggere le colonne, sopra cui ella posava, da mensole; cosa alla quale si storcevano alcuni architetti, protestando ch’essi per conto niuno non l’avrebbon fatto in una fabbrica, e dandogli per ciò non lieve carico; quando tolse loro ogni pensiero, secondo che riferisce egli stesso, un professore, amico suo, il quale si obbligò a rifare ogni cosa a sue spese qualora, fiaccando le mensole, le colonne con la cupola fossero venute a cadere: magra scusa, quasi che l’architettura non si avesse a dipingere secondo le buone regole, e ciò che offende nel vero non offendesse ancora nelle immagini di esso. […] Quanto ella ha di vago e di vario, boschetti, collinette, acque vive, praterie con dei tempietti, degli obelischi ed anche di belle rovine che spuntano qua e là, si trova quivi riunito dal gusto dei Kent, dei Chambers e dei Brown, che hanno di tanto sorpassato il Le Nôtre, tenuto già il maestro dell’architettura, dirò cosi, de’ giardini.
Sua ventura ha ciascun dal di che nasce, disse ’l Petrarca ; s’ella non ha ajuto bisognerà che tosto il mondo lasce. […] La gelosia invase il cuore del di lei marito, benchè ella fosse di condotta onestissima, e tanto lo predominò, che tentò di ucciderla ; e lo avrebbe fatto, se una combinazione non lo avesse impedito.
Segue ella sempre con egual vigore a pregare il padre, ricercandogli in mille guise le vie del cuore; ma nulla ottiene. […] La madre ha detto, ah figlia, ah madre sventurata per cagione della tua morte ; ed ella ripiglia, la medesima misura di versi conviene allo stato mio , ovvero, come traduce il p. […] Achille avea promesso di salvarla dalla violenza; ma quando ella si offre di buon grado alla morte, secondo i principii della religione pagana, non gli era lecito più di liberarnela senza esser sacrilego, e quindi desiste dalla promessa difesa. […] Le profezie di Cassandra nel l’atto secondo, e l’addio che ella dà alla madre e alla patria, sono degne di osservarsi, e rassomigliano in parte a quelle di Eschilo nel l’Agamennone. […] Se ne rallegra Alcmena; ma e da notarsi che verun motto ella non fa sul destino di Macaria degna di tutto il suo dolore, e per esser figliuola del proprio figliuolo, e per l’eroica azione della vergine in pro di tutta la famiglia.
Scorgesi il giudizio di Mairet nelle alterazioni che fece alla storia di quella regina, mentre anticipò la morte di Siface in battaglia, per evitar che ella si vedesse con due mariti vivi, e per destar compassione, alla morte di Sofonisba aggiunse quella di Massinissa, che secondo la storia visse sino all’estrema vecchiezza.
Conchiusa finalmente la pace, buon numero di artisti italiani furono inscritti per le pensioni, e Giovanna Casanova, pe’ suoi lunghi servigi, ne fu tra’ preferiti : e se bene, nonostante la pensione e le sovvenzioni di ogni specie, gli artisti, in genere, fosser costretti a rimpatriare, ella, vissuta durante la guerra a Praga, tornò a Dresda, ove restò, senza mai l’ombra di un lamento, fino alla sua morte, che accadde il 29 novembre del 1776.
La prima apparita sulla scena ella fece in convento.
» E dopo quella memorabile recita, ella tornò a Sampierdarena, ove faceva il carnevale con una compagnia…. non sua.
S’ella non discendeva da tanta altezza sino a Sempronio e Siface, Addisson avrebbe forse nociuto all’arte togliendo a’ posteri ogni speranza di appressarglisi. […] È ravvisata da Hidallàn seguace di Fingal, il cui amore ella avea disprezzato. […] Torna l’amante ed ella spira alla sua presenza. […] “Quante ricchezze (ella dice)! […] Ella piange, ella gli rimprovera la vita passata.
Mortole il padre nel 1802, ella si recò di paese in paese con la madre, sinchè, giovinetta già promettente, potè aggregarsi alla filodrammatica di Verona, in cui esordì il 1° agosto del 1807 colla piccola parte di Carlotta nel Cavaliere Woender : e tanta fu l’ammirazione destata, che dopo poche sere dovè presentarsi colla parte di protagonista nella Ginevra di Scozia di Giovanni Pindemonte, dando le migliori speranze di un grande avvenire artistico.
Nascono in Arlecchino sospetti sulla virtù della moglie ; ella si difende, ed infierisce contro Celio. […] I suoi sospetti raddoppiano ; egli s’adira contro Camilla ; ella si dispera ; scoppiano liti, e restano adirati. […] Camilla vuol rapirglielo, dicendo ch’egli è suo ; ed eccoti arriva Pantalone che obbliga Rosaura a cederlo ; ella sviene, e Fileno accorre in suo soccorso ; Celio che la vede nelle sue braccia, è preso da gelosia.
Il primo a vederla è il figliuolo che prevedendo di dovere al di lei arrivo fuggire dal rigore del padre giustamente sdegnato, piangendo le manifesta la sua colpa, e vuol partirsi disperato, quando ella impietosita dar non voglia a credere al marito che la giovane che è in casa, sia appunto la perduta sua figliuola. […] Ed in fatti su questa lagrimosa parte della storia di Napoli è fondata la schiavitù di Alvida menata via da’ banditi Abbruzzesi, come ella stessa racconta ad Odoardo nell’atto IV.
Ciò ella attribuisce all’infedeltà di Ati, e dice, Hélas! […] La dea crudele gli rende la ragione nel quinto atto, ed egli conosce l’eccesso ove ella l’ha spinto, Quoi!
Che dice ella? che vuole ella? […] Domandando Gherardo dell’età della figliuola di Virginio, questi risponde: Quando fu il sacco di Roma, che ella ed io fummo prigioni di que’ cani, finiva tredici anni. […] Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo, io l’ho veduta, io le ho parlato, ella ha parlato a me, e mi ha data questa lettera e quest’anello che vi porto. […] s’ella è morta!
Per mute carte Di che pianto e che riso esser cagione Melpomene e Talia potrebber mai, S’ella cinto al lor piè coturno e socco Non le adducesse di vivente voce E di gesto possenti in pien teatro Alti affetti a destar, regger costumi ?
Forse ella v'andò colla madre, comica anch'essa, e forse prima a portar sul teatro il nome di Celia, della quale il Magnin avrebbe potuto notar l’apparizione a Parigi il 1572 ?
Nella Comedia è necessaria la proportione del luogo, e la proportionalità del Caso ; la egualità delle persone, maggiore, o minore ; e l’inegualità delle cose ; ella è formata di regole, di quella del trè nel Comico che deue hauere, bella presenza, voce soaue, e buona memoria.
È ravvisata da Hidallan seguace di Fingal, il cui amore avea ella disprezzato. […] Torna l’amante vincitore, ed ella spira alla sua presenza. […] Quante ricchezze (ella dice)! […] Ella piange, ella gli rimprovera la vita passata. […] Nella fine del secolo trionfava sulle scene inglesi madamigella Siddons eccellente attrice, alla quale tributano gl’Inglesi tutti gli elogii per la verità, l’espressione e l’energia, che al loro dire ella possiede eminentemente.
Giunto al felice loco ch’è al mio piacer parato, dove risplende il foco, ripiglio alquanto il fiato, e poi, la lingua sciolta, io parlo, ed ella ascolta. […] Il Sand inesattamente fa nascere l’Armiani (sic) a Vicenza, anzichè a Venezia, come abbiamo dal Valerini stesso, e dice che nel 1570 ella divien celebre per tutta Italia ; mentre sappiamo ch’essa rese l’anima al Creatore il dì 11 settembre l’anno 1569 ; e che « un Gandolfo, del quale rimane sconosciuto il cognome, a’15 settembre così scriveva al Castellano di Mantova : « La Vicentia comediante è stata atosegata in Cremona.
Tornata di Francia in Italia, fu applauditissima specialmente nella rappresentazione di alcune tragedie esumate dal marito, come la Sofonisba del Trissino, la Semiramide del Manfredi, ed altre ; fu grande nella Ifigenia in Tauride di Pier Iacopo Martelli, e nell’ Artaserse di Giulio Agosti ; e si vuole avesse ella il vanto di recitare la prima la Merope di Scipione Maffei, nel 1712.
Se Ella conserva le mie ultime lettere, ella potrà vedere ciò che più o meno produsse effetto.
Che dice ella? che vuole ella? […] Domandando Gherardo dell’età della figliuola di Virginio, questi risponde: Quando fu il sacco di Roma, che ella ed io fummo prigioni di que’ cani, finiva tredici anni. […] Io non ho bevuto, io non vaneggio, io non dormo; io l’ ho veduta, io le ho parlato, ella ha parlato a me, e mi ha data questa lettera e quest’anello che vi porto. […] s’ella è morta!
Questa mimica tanto da lui pregiata è ella veramente giunta al grado di perfezione che comunemente si crede? […] [32] Un’arte qualunque ella sia, allora soltanto può dirsi aver toccata la perfezione quando i mezzi che adopera sono in perfetta corrispondenza col fine, quando la corrispondenza apparisce chiara e sensibile agli occhi dell’ottimo giudice, e quando gli effetti che ne risultano sono tali appunto quali l’arte stessa mi prometteva di produrli. […] Presso a niun altro popolo seppe ella rinvenire le vie di conseguirlo come presso ai Greci; la musica greca fu dunque e dovette essere fra tutte la più perfetta. […] Ma la necessità d’un sì meschino ripiego che spesso è insufficiente a capir l’orditura, e che sempre ne distrae l’attenzione dello spettatore dividendola fra lo spettacolo e il libro, non pruova ella più d’ogni altra cosa che i balli sono altrettanti enimmi, i quali hanno bisogno di commento e d’interprete? […] Nella rappresentazione ella è circoscritta dai sensi, e per conseguenza non può spaziare al di là di quello che questi le somministrano, e che viene appoggiato ad un’intima persuasione.
Bisogna aver paura che il gusto languisca. » A lui rispose l’Andolfati con lettera pubblicata per le stampe nel 1792, nella quale sono le stesse lagnanze, le stesse ragioni di oggidì : cita il caso frequente di commedie magnificate dagli attori e alla rappresentazione cadute per non più rialzarsi ; rimette in ballo la questione delle repliche, e raffronta, al solito, la Francia coll’Italia, annoverando i vantaggi di quella e le condizioni poco liete di questa ; e infine gli dà con molta sottigliezza una stoccata non lieve con le seguenti parole che riproduco testualmente : « Voi mi avete gentilmente prescelto per esporre con la mia compagnia qualche vostra produzione, che sarà certamente conforme alle rispettabili leggi, che vi compiaceste accennarmi : tutta l’ attività de’ miei attori, qualunque ella si sia, verrà impiegata per l’ esecuzione la più scrupolosa, avvalorata dall’ istruttiva vostra comunicativa ; desidero che corrisponda l’esito alle vostre ed alle mie brame : — a voi, per non aver saputo offendere il gusto del pubblico — per prender maggior vigore a perfezionarlo — e acciò non si tema che egli languisca — a me, per aver potuto sotto la vostra scorta contribuire a sì desiderabili conseguenze.
L'Impresa per sostenerla le fece rappresentare alcune tragedie da lei scelte, come la Rosmunda, la Medea ; ma il confronto colla signora Tessari era troppo fresco e la signora Pelzet cadde senza potersi alzare mai più ; tanto che ella stessa domandò di esser sciolta per l’anno venturo.
Chiede a un servo chi ella sia, gli è dato a credere essere una schiava comperata dal figliuolo per servire alla madre. […] Oh taci pure (ripiglia l’altro); ella è tre volte più astuta di quello che tu brami. […] Ma ella si affanna in vano. […] Te fra que’ dieci Compagni ella ha contato, e quindi in bando Andar dovrai. […] È ammirato quanto ella dice, e se ne tratta la vendita.
Pietro; Non confessa ella, che il Calderòn in certi suoi componimenti, che si appressano più alla Tragedia, ha molti tratti patetici, e degni di attenzione”?
Nell’ ’84-’85-’86 venne al marito la malaugurata idea di condurre una Compagnia, della quale ella fu la prima attrice.
., intanto ella sta atendendo il ritratto con grandis.ª ansietà non vedendo l’hora che giunga.
Della qual cosa tanto si mostrò grata la somma artista che gli diè promessa di andar ella stessa ad inaugurar le recite.
Da questo momento non s’han più indizj della presenza di Marinetta a Parigi, il che fa credere ch’ ella fosse in quest’ ultimo viaggio condotta a Firenze, ove si stabilì separata dal marito, forse per incompatibilità de’ caratteri, essendo essa più tosto uggiosa, e venendo egli di dì in dì più avaro. […] Rispondo alla sua morale et amorevolisima letera delli 6 caduto e ne(l)la ringratio quanto so e posso di que’ sensi con i quali ella m’esprime il core nei trati della penna, ma mi duole al somo che la malidicenza m’ abia dipinto in lontananza ( ?) più diforme di quelo che mi sia acorto de avere provato deboleza per quella giovine di che ella mi accenna e vorei ridurele al non essere quello ch’ è fatto, ma non mi posso pentire di quello che io facio non esendo nè in ofesa di Dio, nè in scandolo de gli homini, e se la povera infelice è ridotta a ri sentire le angustie d’ una carcere per me è giusto per legie divina et homana io cerchi di solevarla chon il farla trasportare in uno altro convento dove sia esente dalla penuria in che si trova, e Sua Maestà ch’è un Prencipe nelle relacione incorotto non mi averebe conceduta la gratia se non avesse conosciuta per giusta la mia dimanda ; questa atione in facia de Dio e del mondo è da cristiano e da homo onorato, ciò non ripug(n)ando per pensiero ad una vita civile e da galantomo avendole io distinata una certa somma di denaro per maritarla.
Dopo alcuni soporiferi discorsi di Briseida e Crisia Achille annunzia a questa la sua libertà, ed ella grata gli augura una corona di lauro che Apollo idolatra; ma immediatamente poi nell’aria gliene augura un’ altra di mirto, nè le basta se non vede su i di lui capelli fiorire i rami di tal mirto; e nella seconda parte (che conviene alla prima come il basto al bue) si dice y de nuestras vidas con afectos nobles aprehendan los robles à permanecer. […] Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo: che vi si trova uguale ignoranza delle favole Omeriche e de’ tragici antichi: che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia, ignorando che la sacrificata Ifigenia per miracolo di Diana ignoto a’ Greci dimorava nel tempio della Tauride: che la stessa Briseida lo prega ad intenerirsi, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas, colle quali parole par che attribuisca al ferro le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare: che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni (los pajaros parleros sean mudos testigos): che il medesimo dice di avere appreso da Ulisse à despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa non può dire se non con ispirito profetico, perchè Ulisse non si preservò dalle sirene se non dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja: che anche profeticamente l’istesso Achille indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma niuno gliel’ ha detto: che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo: in fine che l’autore dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’ annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille?
Esta Egloga es muy desigual, y aunque en ella se hallan muchos pedazos excellentes, en el todo no puede compararse con la primera.
Pur non dubitiamo d’affermare che l’Italia soffre tanta penuria di valenti comici, ch’ ella dee della morte del Blanes, come di non lieve perdita, dolersi.
Segue ella sempre con egual vigore a pregare il padre, ricercandogli in mille guise le vie del cuore; ma nulla ottiene. […] La madre ha detto: ah figlia, ah madre sventurata per cagione della tua morte; ed ella ripiglia: la medesima misura di versi conviene allo stato mio, o come traduce il dotto P. […] Achille avea promesso di salvarla dalla violenza; ma quando ella si offre di buon grado alla morte, secondo i principj della religione pagana non gli era lecito più di liberarnela senza esser sacrilego, e quindi desiste dalla promessa difesa. […] Nell’atto quarto comparisce Minerva ad Ulisse e a Diomede, la quale vedendo sopraggiunger Paride, per salvarli fa che il Duce Trojano travegga, ed ella si fa credere Venere, mentre i suoi favoriti non lasciano di ravvisarla per Minerva. […] Se ne rallegra Alcmena; ma è da notarsi che ella verun motto non fa sul destino di Macaria degna di tutto il suo dolore e per esser figlia del suo figliuolo e per l’azione eroica fatta in pro di tutta la famiglia.
Chiede a un servo chi ella sia, e gli è dato a credere essere una schiava comperata dal figliuolo per servire alla madre. […] Ma ella si affanna in vano: Saturione non si ricorda che delle cene di Tossilo e vuol compiere l’ordinata trama. […] Tu fra que’ dieci Compagni ella ha contato, e quindi in bando Andar dovrai, Dord. […] Ecco in qual guisa è stato recato in Italiano questo squarcio dall’erudito Niccolò Eugenio Angelio nella traduzione delle commedie di Plauto ch’ egli in Napoli ha pubblicata nel 1783 in dieci tomi: Quando ella si mette a tavola La non calchi col piede il piede a un uomo, Nè a seder passi alla scranna vicina. […] Dopo che il nome mio si sarà reso Chiaro, e famoso, fonderò una grossa Città, e questa città la chiamerò Gripo, perchè ella sia una memoria Della mia fama, e delle gesta illustri Della persona mia.
Quindi nella scena seguente comandandole Giusto che cosa mai pensi di ciò che si va disponendo, ella con tenerezza risponde, . . . . . . que à mi padre me manda obedecer el santo cielo: si tu remedio encuentras, sin que tenga pesar Cortines, me daràs contento.
Sappi : come tra i fiori è la rosa sol bella, cosi ancor d’ ogni fiore ella è più frale : Ma qual rosa più vaga e porporata è della vita umana ? […] Pensa, pensa, infelice, ch’ ogni alba ha sera, e ch’ ogni vita ha fine, a tuttora ella stando de la caducitate in su’ l confine.
Non era bella, ma la mobilità della sua fisonomia era tale, che appariva quello che ella voleva ; il suo sguardo or scintillante, or languido, esprimeva la gioja e il dolore a sua voglia o capriccio : di una mobilità eccezionale : più natura che arte : troppo contenuto in uno sdrucito recipiente. […] Ben pochi, forse nessuno : ma io sì : e dico con orgoglio a Clementina, e con rammarico per le altre — che ella fu grande, perchè fu vera, vera nel vero patologico e non in un forzato e ricercato verismo con combinazioni di nervosità che fanno della verità una menzogna, dell’arte un giuoco di prestidigitazione !
Quando il Direttore Salvoni risolse di formare una Compagnia stabile pel Teatro Ducale di Parma, chiamò a sè i coniugi Fineschi, ma l’impresa ebbe poca durata, ed essi tornarono a Firenze, ove, al Teatro della Piazza Vecchia e del Cocomero, ella recitò alcuni anni acquistandosi buon nome in ogni genere di lavori, e specialmente nella tragedia francese Giulietta e Romeo, tradotta dall’abate Bonucci.
L'huomo è un animal prodizioso composto de pezzi contrarij, l’anema xe come un principe, el corpo come una bestia, con tutto zò queste do parte se abbrazza così ben tra loro, che i non puol vivere inseme senza verra, ne separarse senza dolor ; podendosi con rason buttar in occhio l’un all’altra de non poder con ella ne senz'ella vivere.
E per ultimo ella riuscì soprammodo sfacciata e insolente a cagione della prosperità della repubblica. […] 42 Della pace ancor tratta la commedia intitolata Lisistrata, ch’é il nome di una ateniese, la quale si fa generale delle donne per astringer gli uomini alla pace; ma ella abbonda di dipinture oscene abbominabili43.
Così in Francia pose il suo seggio una tragedia forse inferiore alla greca per economia, semplicità, naturalezza e apparato, ma certamente da ella assai diversa, e forse più nobile per i costumi, e fondata su di un principio novello. […] Egli é qui da notarli però, che l’opera francese eroica differisce assai dall’italiana oggidì; mercé che ella nacque dalla nostra, qual’era in Venezia e nella Toscana al secolo XVII, quando i nostri drammatici tiravano gli argomenti dalla favola, ed altro oggetto non aveano che di parlare ai sensi con tante macchine e decorazioni.
Il primo a vederla è il figliuolo che prevedendo di dovere il di lei arrivo far che egli debba fuggire dal rigore del padre giustamente sdegnato, piangendo le manifesta la sua colpa, e vuol partirsi disperato quando ella non voglia impietosita dare a credere al marito che la giovane che è in casa sia appunto la perduta sua figliuola. […] Ed in fatti su questa lagrimosa parte della storia di Napoli è fondata la schiavitù di Alvida menata via da’ banditi Abbruzzesi, come ella stessa racconta ad Odoardo nell’atto IV. […] Fin tra gli Assiri, se crediamo ad Ammiano Marcellino, Semiramide introdusse nella sua reggia l’uso di mutilare i cortigiani, allorchè ella regnava sotto il nome e gli abiti del Figliuolo, per confondere la propria voce femminile colle altre effemminate per arte.
Ma a queste (ella risponde) non si passerà se non da chi avrà prima trattenute le più sparute e le vecchie. […] Un’altra donna l’accusa di ateismo, e che coll’aver negato l’esistenza degli Dei, ella che vender soleva ghirlande per gli sagrifizii, dopo le di lui tragedie non vende la mettà delle corone che prima vendeva. […] Io voleva chiamarlo Fidonnide dal nome dell’avolo, ed ella voleva che il nome terminasse in ippo, che dinota nobiltà e generosità a, e si chiamasse o Santippo o Carippo o Callippide. […] E se questa madre vuol chiamare il figliuolo Callippide, p. e., par che desideri nominarlo bel Cavaliere, nulla in lui sofferendo di plebeo o di commune, nè anche il nome; nel che da quanti moderni plebei non viene ella imitata, i quali affettano di chiamare i figliuoli Annibali e Scipioni? […] Anzi dugento, siccome dice ella stessa: Pour moi j’avüe que je suis si charmè de cette piéce, qu’après l’avoir traduite et lue deux cens fois, elle ne me lasse point.
A guisa dell’amore, ella non sa regnare che sola. […] [10] Partendo da un principio inconcusso, cioè che nella musica drammatica tutto esser deve imitazione e che niente può ella imitare dell’umano discorso fuorché l’accento delle passioni o ciò che appresenti allo spirito una rapida successione d’immagini, si deduce con evidenza che poco o nulla può imitare la musica nel semplice recitativo, nel quale poco differente dal parlar ordinario pel tuono della voce tranquilla con cui s’espone, e per le materie che vi si trattano, raro è che spicchi l’energia degli affetti. […] E volgo è ancora l’aggregato degli uditori maggiore assai di quello che comunemente si crede, i quali indifferenti per natia rigidezza d’orecchio al piacere della musica, e disposti a pesar sulla stessa bilancia Gluck e Mazzoni, Pugnani e un dozzinale suonator di festino, potrebbero interrogati sul merito degli attori rispondere come fece quel bolognese che, trovandosi in Roma in una veglia presso ad un tavolino dove giuocavano certi abbati di condizione sconosciuti a lui e insorto fra i giuocatori un litigio intorno ad una giuocata cui egli non aveva potuto badare per aver dormito fino a quel punto, richiesto all’improviso da un abbate: «Che ne dice ella, signore? […] S’ella può esser analoga alle parole dunque può esser espressiva, giacché l’espression musicale non consiste in altro che nel combinare aggradevolmente una serie di suoni analoghi al suono dell’oggetto o all’accento della passione compresa nelle parole.
E ciò che fa la vergogna delle Lettere, e l’indignazione d’un filosofo, ella prese per istrumento il celebre Zarlino di Chioggia, uomo per altro che godendo d’altissima riputazione e fornito di somma dottrina non avea bisogno di scendere a così vili maneggi. […] Sospinse fuore, Che quasi avesse l’ale Giunse ogni Nifa al doloroso suono; Ed ella in abbandono Tutta lasciossi allor nelle altrui braccia.
Ah, mio caro, ella risponde; sento venir qualcheduno: ho paura che ci osservino, che ci ascoltino: io men vado, fingendo di essere in collera con voi, ma non mi seguite sì presto ciocché non s’insospettiscono». […] Ella fece parimente un dramma pastorale intitolato, Il Trionfo della Fedeltà, che ancor ella stessa pose in musica, e fu rappresentato con grande applauso.
Egli si contentò solo di porompere in invettive generali fuori di tempo contra Filostrato, perchè ella Vita di Apollonio affermò, che la Betica in tempo di Nerone neppur conosceva gli spettacoli scenici.
. — Ella – ripresi io – può essere chiamato a fare di tutto, fuori che il brillante : ella non ha nè la figura, nè l’eleganza adatta per disimpegnare quella parte : guardi là !
., 490-91) la sua comica Compagnia « in quel grado medesimo che ella ebbe l’onore di servire per più di due anni la Maestà Fedelis.ª del Re di Portogallo e sua Reale Famiglia », assicurando « ch'essa compagnia era molto migliorata, e che i soggetti comici ridicoli che la componevano, capaci eran di divertire qualunque Principe Cattolico, anche severamente educato. » Ma la voce della Compagnia Lombarda a Napoli era infondata, e Sacco rimase a Venezia.
Ma a queste (ella risponde) non si passerà se non da chi avrà prima trattenute le più sparute e le vecchie. […] Un’ altra donna l’accusa di ateismo e che coll’aver negato l’esistenza degli dei, ella che vender solea ghirlande per gli sacrifizj, dopo le di lui tragedie, non vende la metà delle corone che prima vendeva. […] Io voleva chiamarlo Fidonnide dal nome dell’avolo, ed ella voleva che il nome terminasse in ippo, che dinota nobiltà e generosità 96, e si chiamasse o Santippo o Carippo o Callippide. […] E se questa madre vuol chiamare il figliuolo Callippide, per esempio, par che desideri nominarlo bel cavaliere, nulla in lui sofferendo di plebeo o di comune, nè anche il nome; nel che da quanti moderni plebei non viene ella imitata, i quali affettano di chiamare i figliuoli Annibali e Seipioni! […] Anzi dugento, siccome dice ella stessa: Pour moi (dice nel principio dell’esame delle Nuvole) j’ avoüe que je suis si charmé de cette pièce, qu’après l’avoir traduite & lüe deux cens fois, elle ne me lasse point.
S. come ella può sapere, che all’ hora haverebbe la compagnia satisfatto all’ obbligo che haveva qui in Venezia, e poi a quaresima harei procurato per quanto potevo di servire all’A.
Non per tanto, qualora venisse adoperata con profitto, ella ci sembrerebbe degna di discolpa avendo riguardo ai pregiudizi volgari ricevuti da tante nazioni; ma l’ombra di Nino cede di gran lunga all’ombra di Dario di Eschilo. […] Dice ella nella II scena dell’atto I: «Il m’avait caché ces bruits dans la crainte de m’affliger…… Comme il m’a regardée en répondant!
«La madre infine, l’amorosa madre acqueta i pianti del bambino cui ella porge il proprio latte, e l’addormenta al suono delle dolci nenie ec.» […] Ora la nostra poesia, che tutta quanta è appoggiata al regolamento del tuono, altro ella non considerando nella formazione dei versi fuorché l’ordine degli accenti e il numero delle sillabe, è sommamente difettosa nel regolamento del tempo non avendo veruna misura fissa con cui poter regolare la durazion relativa della pronunzia nelle parole. […] Che se qualche rara volta giugne la nostra musica a muovere qualcuno degli affetti, per esser caso raro, ci fa conoscere che ella intrinseca mente e di sua natura non possiede codesta attività».
Non dovea ella accorgersi dall’aspetto degli astanti, dal dolore inteso, e dalle espressioni della Madre, che non si trattava di nozze?
Passò ella di mano in mano?
Sin tra gli Assiri, se crediamo ad Ammiano Marcellino, Semiramide introdusse nella sua reggia l’uso di mutilare i cortigiani, allorchè ella regnava sotto il nome e gli abiti del suo figliuolo, per confondere la propria voce femminile colle altre effemminate per arte.
Passò ella di mano in mano?
Nel secondo egli la trova, e le corre dietro, ed indi a poco una Driade piangendo annunzia alle compagne la morte di Euridice, e vedendosi venir da lungi Orfeo la Driade manda altre ninfe a coprir di fiori l’estinta, ed ella ne reca a lui l’amara novella.
Nel secondo egli la trova, e le corre dietro, ed indi a poco una Driade piangendo annunzia alle compagne la morte di Euridice, e vedendosi venir da lungi Orfeo, la Driade manda le altre a coprir di fiori la morta ninfa, ed ella ne reca a lui l’ amara novella.
Per quanto si voglia fare uso dell’imperio della tradizione e dell’analogia de’ termini pe’ quali ella costantemente trascorre, e si filtra e modifica, in un oggetto sì facile a variare ed alterarsi, e dopo si lungo tempo ed a capo di tali e tante vicende, questa pretesa analogia dee rimanere così sparuta e tenue, che niuna sensibile relazione di somiglianza può farci ragionevolmente arguire. […] Ogni artista, come puro imitatore della natura, si è studiato di notarne ed esporne gli effetti più importanti e maravigliosi, e spesso, come osservatore diligentissimo ed instancabile, l’ha sorpresa e sperimentata in certi rincontri non ordinari, in cui ella era per avventura più indulgente, più espressiva e più bella. […] E di fatti, s’ella è vera, e perciò corrispondente veracemente alla passione che annunzia, tutti gli organi debbono corrispondere allo stesso fine, e quindi ciascuno debbe accordarsi ed armonizzarsi con l’altro, e formare uno stesso disegno. […] Se tutto il magistero della declamazione consiste nella illusione, come mai potrai ottener questo effetto, se ella non è fatta per conciliarsi la tua credenza? […] Sotto questo rapporto ella soffre nuove modificazioni, che la rendono propria di lui, e costituiscono la natura della declamazione tragica.
Mi par impossibile che persona l’ascoltasse; e l’Arcadia è ella riunita14?» […] [4.98] Ben è vero lodar io quella sorta, sia di misura sia di periodo, che più al parlar grave e naturale si accosta, e però avrai letto nel mio divulgato fragmento lodare io nella tragedia «i versi ambi, perché essi imitano il parlare ordinario e vi stan bene tutti que’ nomi che nella prosa si parlano»; e il verso franzese e diciamo anche il tuo alla gravità del jambo assai si avvicinano; ma perché ho scritto che «vi stan bene tutti que’ nomi che nella prosa si parlano», rifletti che appunto nella tragedia richiedendosi una locuzione chiara, non umile ed impetrandosi la chiarezza dall’usare de’ nomi propri, ella si può far bassa, usandone soverchiamente; quindi aggiungo: «E tali sono i nomi propri, le metafore e i nomi ornati.» […] [4.170ED] Imperocché, se la lingua italiana e vivente non è arrivata alla coltivazione della greca e della latina, come vuol giudicar della perfezione a cui può ella arrivare se non è giunta ad essere coltivata come le due precedenti e se la coltura la può far crescere di copia, di maturità e di bellezza? […] [5.43ED] Ma bisogna supporre per fondamento che in questo vago spettacolo non dee negarsi la preminenza alla musica: ella è l’anima di un tale recitamento e ad essa debbesi il principale riguardo di chi è chiamato a parte o per poesia o per apparato, di simil componimento. [5.44ED] Né voglio qui farti una lezione di musica, imperocché forse vi riuscirei malamente o ancor riuscendovi, mi converrebbe usar termini a te incogniti e tali anche a quelli per avventura che gl’inventarono. [5.45ED] Dirò solamente che, se hai tu udito deplorare la perdita della musica antica, di’ a nome mio a cotesti adoratori dell’antichità, che sono impostori. [5.46ED] Giudica della musica degli Ebrei e degli altri Orientali da’ loro strumenti che erano corni, timpani e trombe. [5.47ED] La cetera poi, l’arpa, la lira e la tibia erano la delizia de’ loro orecchi, come il furon di quelli di tutta la Grecia. […] [5.161] Ma ti sia ben a cuore che in ciaschedun’aria vi sia l’intercalare. [5.162ED] Intercalare chiamano i professori la prima parte dell’aria, che poi ripetesi dal cantore, essendo che in questa facendo il compositore brillar l’artificio delle sue note ha piacere ch’ella si replichi. [5.163ED] Ne gode altresì il musico e ne gode egualmente il popolo; e perciò debbesi aver riguardo che la prima parte, quando ella sia di ottosillabi, non ecceda i tre versi e si contenti di quattro quando saran quadrisillabi; e questa regola si osservi inviolabilmente nelle altre canzonette, secondo la lunghezza e brevità de’ versi che le compongono.
Pabla Vicente chiamossi la figliuola, di cui corse fama che correggesse le composizioni paterne, oltre di averne scritte ella stessa alcune assai bene accolte. […] Il piano, la sceneggiatura, tutto l’atto III col sogno d’Inès; tutto il IV colla patetica aringa fatta al re Alfonso dalla stessa e col congedo che ella prende da’ figliuoli; la forma de’ versi saffici de’ cori, l’atto V, in somma tutto involò al Portoghese senza avvertirne almeno in qualche modo il pubblicoa.
La verità comparisce avanti chiedendo loro aita per trovarsi tutta pesta, e mal concia dalle mani de’ procuratori e degli avvocati, ma accorgendosi chi ella è, la sfuggono, dicendo: «A duo.
., quando ella è partita dal Teatro terminata la I., nè vi s’interpone che il soliloquio di Aja?
Non così fece il Trissino nostro, nel cui dramma non solamente si rende ella in ogni incontro aggradita al popolo, ma non abbandona il marito che con ribrezzo, vinta dalla necessità. […] Inoltre non puote ella traer pietà trovando gli animi disposti a favore della figliuola d’Agamennone, i quali non possono se non odiare chi s’oppone, come Erifile, alla sua liberazione e godere di tutto ciò che la produce. […] Il differire fino alla catastrofe la compassione non pregiudica punto, anzi accresce la virtù della medesima, conciossiaché penetrando ella come in un colpo nell’uditore lo lascia più sorpreso, come appare nel Solimano del Bonarelli, ove appunto ella nasce dalla riconoscenza che fa quegli del suo Mustafa e la reina d’aver cagionato la morte del figliuolo, mentre procurava di salvarlo. […] Né propria del sesso e della sua educazione è la risposta che ella rende a’ consigli materni laddove invidia fuor di proposito la sorte de’ guerrieri. […] Da vari esempli de’ tropi sopra accennati puossi comprendere ancor l’arditezza de’ medesimi: contuttociò vedrassi ella maggiormente da certi altri che particolarmente m’occorrono a tal proposito.
[27] Questa verità dura ma incontrastabile, questo grido universale del buon senso e della filosofia, questo pubblico lamento della ragione replicato da quanti non hanno interesse in negarlo riceverà una maggiore conferma volendo discendere all’esame d’un’aria, qualunque ella sia, che serva d’esempio se non di tutte almeno della maggior parte di quelle che si cantano in oggi sui teatri. […] Ma gli ascoltanti non la chiederebbero con tanta smania, se il compositore avesse l’arte d’interessarli nel soggetto principale, e se l’andamento dell’azion musicale fosse così unito e concatenato che la curiosità dell’udienza venisse ognor più sollecitata a risaperne lo scioglimento, come si vede da ciò che giammai si domanda in una commedia di carattere, o in una tragedia la replica d’una scena per quanto sia ella sublime, forte, o patetica, e per quanto venga dagli attori maestrevolmente rappresentata.
Vigorosa é la declamazione di Clitennestra nell’atto IV; e ’l discorso d’Ifigenia sommamente tenero e patetico e sostenuto da un continuo interesse, benché cominci con una spezie di esordio rettorico, augurandosi ella «l’eloquenza di Orfeo, e l’arte ond’ei seppe costringere i saffi a seguitarlo». […] Quanto alla disposizione, ella sembra gettata nella stampa dell’Ifigenia in Tauride; ma, a mio giudizio, le cede assai in patetico, in movimento, in interesse, e nobiltà.
Imperocché ha ella una variazione d’accento che la rende molto a proposito per la formazione de’ piedi: può, per esempio, in una parola di cinque sillabe, mettendo l’accento sulla seconda, far brievi le tre che le rimangono, come in “determinano”: può fare lo stesso in una parola di quattro sillabe, come in “spaventano”: abbonda moltissimo di piedi dattili come “florido, lucido”, piedi che molto giovano all’armonia a motivo dell’ultima, e penultima breve precedute danna sillaba lunga, circostanza, che più agevole rende la musicale misura: adatta l’accento ora sulla penultima, come in “bravura, sentenza”, ora sull’ultima, come in “morì, bontà, virtù”, dal che vario e differente suono risulta sì nelle rime che nei periodi, e più facile diviene la poggiatura nella cadenza.
Quindi è che se l’Italia ebbe in Cino da Pistoia, in Guido Cavalcanti, e nel Petrarca i suoi Catulli, i suoi Anacreonti, e i suoi Tibulli d’un genere più dilicato, ella non ebbe mai né potè avere degli Alcei, dei Tirtei, dei Pindari, e degli Epimenidi. […] Tenevano dietro le Grazie, e in mezzo a loro la fede coniugale, ch’elleno presentarono alla principessa, ed ella le si offrì per servente e compagna indivisa.
La sublime anima di Cornelio ha ella saputo immaginare Greci e Romani come Temistocle, Regolo e Tito?
Nondimeno perché si conosca se con tutto ciò ella sia oggimai pervenuta alla sua perfezione, convien prima esaminare dove questa perfezione consista. […] Ma oltre a ciò io sento coprirmi il cuore d’un sacro orrore, se ella mi presenta un augusto tempio, o d’allegrezza, se una villa deliziosa. […] Infatti noi senza vedere una persona, e senza sapere l’attuale stato dell’animo suo, dal solo tuono della sua voce ci accorgiamo non solamente s’ella sia attualmente commossa da passione, ma ancora qual sia, se lo sdegno, o l’allegrezza, o il timore, quello onde vien posseduta. […] [Sez.III.2.2.3] È questa sorta di musica amica di tuoni temperati, perché ella, se voglia muovere, deve imitare la voce dell’uomo, la quale non eccede in tuoni troppo acuti o troppo gravi. […] Pensò meglio il Voltaire, che sparse di tutto l’orrore che merita l’ipocrisia, e ne rilevò tutte le funeste conseguenze nella tragedia intitolata il Maometto, che che biasimo ella meriti per altri conti.
Egli insomma portò la melodia teatrale al maggior grado di eccellenza a cui sia stata finora portata, e se non ci fosse stato da troppo immatura morte rapito87 la quale gli proibì di potersi correggere di alcuni difetti annessi al genio ci avrebbe forse fatto vedere, che se la musica moderna non produce i maravigliosi effetti dell’antica, ciò non proviene dall’esser ella incapace di produrli, ma da mancanza delle nostre legislazioni, che non sanno convenevolmente applicarla.
di quanta indulgenza dell’uditorio non ha ella bisogno per partorire l’illusione desiderata!
Come può mai paragonarsi una cosa evidente, qual è la nostra musica, con una che non si vede, qual è la musica greca, che ora esiste solamente nella testa orgogliosa degli eruditi, e che realmente non sappiamo cosa ella si fosse?» […] [92] «Nè si vorrebbe ch’egli avesse asserito che «la musica non sa accompagnarsi colla poesia senza portar seco tutto il corredo degli abbigliamenti, e per conseguenza senza opprimere la compagna, e a guisa dell’amore ella non sa regnare che sola».
Tra gl’Italiani della stessa compagnia ne compose anche il lodato Riccoboni che si stimò il Roscio Italiano di que’ tempi pregiato sommamente da Pier Jacopo Martelli, dal marchese Scipione Maffei, e dall’abate Conti, non meno che da varii leterati Francesi che frequentavano la di lui casa, e scrisse della tragedia e della commedia con molta erudizione e giudizio; come pure la di lui moglie che componeva assai bene in italiano, intendeva il latino, ed alcun poco il greco, e sapeva a fondo la poesia drammatica, e tralle altre sue opere scrisse alcune commedie, ed una dissertazione sulla declamazione teatrale che ella stessa egregiamente eseguiva, e singolarmente allorchè rappresentò ne’ nostri teatri la parte di Merope nella tragedia del Maffei.
In contraccambio ha ella il vantaggio di sembrarci più verosimile e più conforme alla natura, dal che ne viene in conseguenza che sebbene la declamazion recitata abbia minor azione sopra i sensi, è bensì più acconcia a produrre in noi la persuasione, e pertanto ha molto maggior influenza sullo spirito.
Trappola mio, di quelle compagnie non se ne trovano più, e ciò sia detto con pace di quelle, che hoggidi vivono, e se pur se ne trovano, sono compagnie, che hanno solamente tre o quattro parti buone, e l’altre sono di pochissimo valore, e non corrispondono alle principali come facevano tutte le parti di quella famosa compagnia, le quali erano tutte singolari : insomma ella fu tale che pose termine alla drammatica arte, oltre del quale non può varcare niuna moderna compagnia di comici.
Pabla Vicente chiamossi la figliuola, di cui corse fama che correggesse le composizioni paterne, oltre ad averne scritte ella stessa alcune assai bene accolte.