Ne’ rimproveri, nelle invettive era risentito e sentenzioso ; e giocando la maschera del Traccagnino mostravasi lepido e negli scherzi facetissimo e vivace. […] Quindi togliendosi la maschera ne copri la faccia al Rubini, e riverendo il popolo sull’istante partì.
Recitò sotto la maschera di Pantalone.
.), nella maschera dell’ arlecchino.
Nato a Venezia al principio del secolo XVIII, passò dall’impiego di fattore all’arte del comico, nella quale riuscì felicemente sotto la maschera del Pantalone.
Bartoli, fratello della precedente, recitò sotto una maschera che pare da lui inventata, non avendone trovato indizio nè prima, nè dopo lui, chiamata Agonìa, forse dalla magrezza del volto, dalla fatica del parlare, dalla lentezza del muoversi, dall’ansamento del respiro.
Tatarone, ossia, vecchio che vuol fare il tata, il mimmo, parlando con favella mozza, infantile ; fu soprannome d’un comico bolognese, che recitò nelle migliori Compagnie con la maschera del Dottore,« e si mostrò – dice Francesco Bartoli – grazioso insieme ed erudito nel sostenere il carattere del suo secondo vecchio, parlando con assiomi latini, e facendosi distinguere per ottimo commediante.
Recitava anche bene parti senza la maschera, e avrebbe meritata – disse Fr.
Recita (1781) nella maschera dell’arlecchino con qualche spirito ; travagliando altresì ne'caratteri caricati con buona grazia.
Benchè non possedesse il dialetto bolognese recitò sufficientemente sotto la maschera di Dottore.
Andati a rovescio gli affari, rimasto privo quasi di sostentamento, si diede all’arte del comico nella quale riuscì egregiamente sotto la maschera del Pantalone.
Recitava anche sotto la maschera d’Arlecchino, festeggiatissimo.
E Giovanni Tabarini di Venezia diede col suo casato il nome alla famosa maschera del Ponte Nuovo di Parigi, figurante un quarant’anni più tardi, come servo del Ciarlatano Mondor, sotto la quale si celava Giovanni Salomon suo socio ? O essa, ignara pur anco dell’esistenza dell’attor Tabarini, fu la caricatura di Francesco Tabarin, contemporaneo di Salomon, parigino, e marito di una Francesca Coulignard (per l’appunto anche la moglie di Tabarino, maschera, si chiamava Franceschina) ? […] Quanto al costume ho riprodotto la maschera del Sand, che non è che una variante dei tanti Zanni di Callot, e non ha che vedere nè con quella della stampa attribuita ad Abraham Bosse, contemporaneo di Mondor, fatta nella prima giovinezza, poco dopo la sua andata da Tours a Parigi, nè con quella della stampa che sta in fronte all’ Inventaire universel des œuvres de Tabarin (Parigi, 1623), molto somigliante del resto, se ben più piccola, all’altra : se non che Tabarino là è senza barba e coll’ enorme tesa del cappello, base del costume tabarinesco, calata sull’occhio manco (pagina 556), mentre qui ha la lunga barba a punta e la tesa rilevata ai due lati, come in questa riproduzione ammodernata che precede le opere tabarinesche nell’edizione del 1858.
Sosteneva la maschera del dottore, « rappresentando – scrive il Bartoli – l’avvocato dei poveri con valore ed energia. » Fu in varie Compagnie, fra cui quella di Pietro Rossi e di Gerolamo Medebach.
Cavallucci Bartolommeo, romano, fu assai pregiato da’suoi concittadini nella maschera di Pulcinella.
Creò con molto successo la parte di Mamma Agata nelle Convenienze Teatrali del Sografi, e recitò anche talvolta colla maschera di Arlecchino.
Si dedicò più specialmente alla maschera del Brighella, che sostenne assai degnamente, e in cui fu sostituito dal Marliani, serbandosi egli attore generico de' più provetti.
Comico, fiorito nella seconda metà del secolo xvii, con la maschera del dottore, e famoso col nome di Dottor Lanternone.
Eugenio Despois nella sua edizione di Molière (Les grands Ecrivains de la France) trova che il carattere del servo è identico nell’una e nell’altra commedia : Molière ne avrebbe solo mutato il nome, facendo dello Scappino, maschera, mascheretta, mascherina italiana, il suo Mascarillo. […] Nullameno l’opera che diede al Beltrame maggior grido, alla quale dobbiam tante notizie particolareggiate di comici del suo tempo, fu la Supplica, della quale vedasi il frontespizio, pag. 267, a illustrazione della maschera del Beltrame. […] Ed ora alcune parole sulla maschera che egli creò. […] La sua maschera è la stessa di Scappino. […] L’incisione del Joulain, che è nel Riccoboni, è modellata sulla maschera della Supplica qui riprodotta.
Manzoni Giovan Battista, piacentino, nato verso il 1730, esordì col ruolo d’innamorato, dedicandosi poi esclusivamente alla maschera d’arlecchino, che sostenne con molto favore, e per la novità e spontaneità de' lazzi, e per le ariette musicali che mescolava con molto garbo nelle varie commedie.
Dopo la prima gioventù potrebbe avere abbandonato le parti amorose per quelle di Capitan Coviello, che è appunto maschera napoletana.
Fu impiegato nella Compagnia d’Antonio Sacco più anni, e nel 1770 passò con quella di Girolamo Medebach per recitarvi nella maschera del Dottore, ma poco ivi potè far valere il suo spirito e la sua lodevole abilità, poichè giunto a Modena, tocco da apoplessia, vi morì in quell’estate in età d’anni 38. » Così Fr.
Egli fu, secondo un contemporaneo, eccellente artista ; recitava ordinariamente nelle commedie italiane le parti di nobile veneziano, e sotto la maschera di Pantalone era impareggiabile. […] ) Per tutto quanto concerne la maschera del Pantalone, V.
Cominciò a recitar colla maschera, ma fu costretto dal pubblico a lasciarla alla seconda scena […] Nel resto si conformò al carattere dello Scapino, poichè la maschera dell’uno è uguale a quella dell’altro.
Pedretti Carlo, veneziano, e perlaro, si sentì attratto alla scena per modo, che, abbandonata un bel giorno l’arte sua per quella drammatica, si scritturò in una modesta compagnia, in cui riuscì egregio Tartaglia, maschera ormai abbandonata dopo la morte di Agostino Fiorilli.
Recitava intorno al 1623, nella Compagnia dei Comici Uniti sotto la maschera di Dottor Graziano Forbizone da Francolino.
Riuscito nella maschera del Brighella un mediocre imitatore del celebre Atanasio Zanoni, esordì nel 1755 in Compagnia di Vincenzo Bazzigotti.
Attore reputatissimo, recitasse egli a viso scoperto, o con la maschera del Dottore o del Brighella.
Cola (Nicola) sarebbe stato dunque anche allora nome di persona e maschera ?
Le parole trascritte starebber dunque a provare ch'egli snaturò la maschera del Brighella. […] Ne traggo alcuni per dar l’idea di che cosa fosse diventata la maschera di Brighella Cavicchio di Val Brembana, disceso dalla parte alta di Bergamo, furbo, ladro, raggiratore, rivale in amore di Arlecchino, intrigante, mezzano di matrimonj. […] Pare che la maschera di brighella venisse al mondo sotto brutto auspicio.
Venuto a maturità, vestì la maschera del Brighella, sotto la quale si mostrò pur valentissimo, e morì in Bologna nel 1850.
Fu scritturato dal Riccoboni per la Compagnia italiana del Reggente che si recò a Parigi il 1716, e vi recitò sotto la stessa maschera per molti anni.
Buon comico per le parti improvvise sotto la maschera dell’ Arlecchino.
Di Giacomo, lo troviamo (1739) primo amoroso in una Compagnia che rappresentava commedie burlesche in un giardino fuori Porta Capuana, detto il Giardeniello ; della qual Compagnia faceva parte il Pulcinella Domenicantonio di Fiore, che, senza dubbio, coll’arte sua e co’suoi ammaestramenti fece prender più tardi al Barese la risoluzione di mettere anch’esso la maschera del pulcinella. […] Tornato da Roma il Barese smette la maschera e diventa or generico, ora caratterista nelle opere buffe.
Locatelli Domenico, detto Trivellino in teatro, recitava mirabilmente le parti di spiritoso intrigante, in costume di arlecchino senza la maschera. […] Hiersera i comici nell’ultimo atto della comedia uenerono un pocho alle mani, cioè Triuelino e Ottauio dentro pero, e dicono che fosse Triuellino che dasse un pugno ad ottauio. che subito cio seguito Triuellino uenne fuori senza maschera e domandò perdonanza allo Ser.
Recitò nelle commedie all’improvviso e scritte, e verso il 1780 mise la maschera di Pantalone.
— Fino al 1768 però, secondo la ricostruzione del ruolo della Compagnia di Tommaso Tomeo, fatta dal Di Giacomo, il Cioffo riapparirebbe sotto l’antica maschera del Tartaglia, per la quale salì in grandissima fama.
Forse era nome di maschera ?
Recitava il Tomasoli anche senza la maschera parti di vario carattere, e fu, dice Fr.
Mise da giovine la maschera del Pantalone, poi quella del Dottore ; e, dice il Bartoli, che sosteneva or l’una or l’altra con egual maestria.
Cominciò col sostener mediocremente le parti di innamorato, poi, con moltissimo plauso, la maschera del Brighella.
Vedi, per la maschera, al nome di Bocchini, p. 459, ov’è la deliziosa scenetta del Callot.
Si diede a sostener la maschera del Brighella, e dice il Bartoli (1781), che egli era comico sufficiente, e musico di molta abilità, e che, data la sua ancor fresca virilità, poteva sperare de' migliori progressi alla sua mediocre fortuna.
Fu poi con la Battaglia, e sostituì egregiamente il D'Arbes nella maschera del Pantalone.
Abbiamo in molte lettere dell’Archivio di Modena precise notizie di questo comico, il quale fu rinomatissimo artista sotto la maschera del Dottore, e col nome teatrale di Dottor Brentino, a differenza del suo omonimo Giovan Angiolo Lolli che sotto la stessa maschera fu celebre in Francia col nome di Dottor Baloardo.
Figlio del precedente, fu degno successore di lui nella maschera di Tracagnino che sostenne lungo tempo al S.
.), che recitava a meraviglia le parti di prima donna, formò una compagnia di giovani, e si recò nella Marca Anconitana ov' era proibito alle donne di apparir sulla scena, e ove s’ebbe la migliore accoglienza specia sotto la maschera del Dottore, in cui si mostrò molto esperto per la elegante facondia, e la natural comicità.
Costantini Gabriele, veronese, figlio del precedente, fu capocomico e artista rinomatissimo nella maschera d’ Arlecchino.
Filippo Foscari, dato un ultimo sguardo al Palazzo magnifico, dal quale, lui tuttavia padrone, Vittorio Emanuele assisteva alle Regate, domandò alla scena un qualche sollievo all’angoscia sua ; e l’arte lo accolse pietosa, e Filippo Foscari doventò di punto in bianco un buon mamo, sotto le spoglie di giacometto, la maschera inventata da Luigi Duse, poi un mediocre caratterista.
Avanzando negli anni, abbandonò la Compagnia, ch'era allora al Sant’ Angelo, e messa la maschera del Brighella, si andò scritturando in Compagnie di giro, ultima delle quali fu quella di Onofrio Paganini, in cui morì a Bologna nel carnevale del '78.
In esso il Preda rappresentò la sua parte in dialetto, al fine di riuscir più efficace e acquistar popolarità ; e tale n’ebbe successo, che, abbandonate le fisime del coturno, si diede alla maschera del Meneghino, ammodernizzandone costume e repertorio, e diventando in breve non indegno successore del celebre Moncalvo.
Dicon le note del tempo che i versi dell’astigiano declamasse mirabilmente, e che niuno gli stesse a petto nella maschera del brighella.
La fine e pur frivola società di Corte bavarese, e soprattutti il giovine Max Emanuel, si stancò presto di quelle rozze rappresentazioni : la riapparizione di Treu e compagni sul teatro di Corte a Monaco ebbe per resultato la chiamata di comici stranieri : e questa volta furono italiani, venuti da Venezia sullo scorcio del 1689, e capitanati da Giovanni Nanini, che rappresentava in commedia la maschera del Dottore.
Per tutto quel che concerne la maschera del Dottore, vedi Bianchi (De) Ludovico.
Recitava nella maschera del Dottore, e il 1736 trovavasi in Compagnia di Argante(V.
Dopo studiata la pittura con Matteo Borbone, partì da Bologna, ancor giovinetto, collocandosi in qualità di paggio presso un capitano di vascello ; il quale prese molto ad amarlo per averlo sentito improvvisar bizzarrie poetiche, e recitar maestrevolmente sotto la maschera del Dottore.
Lo chiamarono comunemente Felicino Sacchetto per distinguerlo da Antonio Sacchi, il celebre Truffaldino, da cui derivò atteggiamenti e arguzie e prontezza nella maschera dell’arlecchino, che sostenne con buon successo e per molti anni in Compagnia Medebach a fianco del brighella Giuseppe Marliani (V.), che gli fu largo di utili ammaestramenti.
Nell’opera di Jarro : L'origine della maschera di Stenterello (Firenze, Bemporad, 1898), sono riferiti alcuni saporitissimi aneddoti concernenti la Zandonati : e tra gli altri quello di una potente bastonatura, di notte, concertata tra 'l Morrocchesi stesso, il fratello di Del Buono e il servitore.
Uno de’migliori artisti giovani di oggidì, nacque casualmente a Brindisi da Pio De Sanctis, mediocre attore sotto la maschera di Pulcinella.
Cangiata la maschera di Arlecchino in quella di Brighella, ottenne applausi quanti volle.
,143) riferisce i particolari della uccisione del famoso musico Siface, dallo Zibaldone di Anton Francesco Marini, il quale alla data 10 luglio 1704, dice : « Discorrendosi questo dì 21 luglio 1704 di Siface musico celebre ; mi disse Giuseppe Sondra detto Flaminio, comico del Principe di Toscana, che il Quaranta Marsilio lo facesse egli ammazzare tra il Ferrarese e il Bolognese, ecc. » Sperandio Bartolommeo, mantovano, sostenne con molto successo, e in varie compagnie di giro, la maschera di Arlecchino, nella seconda metà del secolo xviii.
Da un’arte non fabrile – dice il Bartoli – passò il Bugani a far il comico esercitandosi nella maschera del Traccagnino.
Il carnevale del 1817, egli era, (dopo di essere stato alcun tempo capocomico con la moglie prima attrice) al Tordinona di Roma in Compagnia Benferreri, di cui era parte principale la maschera del Pulcinella, con la moglie e il figliuolo Cesare allora decenne.
Addestratosi co' Filodrammatici della sua città natale nelle parti di Pantalone, riuscì comico egregio, e fu più anni sotto quella maschera, con Antonio Sacco, col quale anche si recò in Portogallo.
È citato da Maurice Sand fra i principali attori che sostennero in Italia la maschera dell’arlecchino.
« Eccellente comico nella maschera da Pantalone, il quale fu impiegato per molti anni ne' Teatri di Napoli.
A proposito dell’interpretazione di Luigi XI, Parmenio Bettòli dettò un lungo articolo, da cui traggo il brano seguente : …… Nella grande scena del quarto atto col Solitario, ebbe moti, accenti e una espressione della maschera del volto da far correre brividi tra gli spettatori.
Bolognese, nato circa il 1628, fu reputatissimo attore in Francia sotto la maschera del Dottore, col nome di Grazian Baloardo.
Recitava sotto la maschera di Truffaldino, e abbiamo di lui un Curioso capriccio di bellissimi giuochi non più veduti, edito dal Malatesta a Milano, senza data.
Figlio dei precedenti, nato il 1750, fu ottimo artista sotto la maschera di Brighella.
Figlio del precedente, nato a Venezia il 25 marzo del 1732, esordì alla Comedia italiana il 17 luglio 1754 colla maschera di Dottore nel Double mariage d’Arlequin.
Baldi Francesco, detto Ciccio, attore napoletano, sosteneva con molta grazia la maschera del Pulcinella.
Celebre comico napoletano, sotto la maschera di Pulcinella.
Passò quindi nella Compagnia Pizzamiglio, recitandovi di nuovo sotto la maschera del Pantalone coll’antico successo.
La maschera chiassona, urlona, cha atterra un reggimento di soldati con un semplice guarda voi ! […] Così, la maschera del Capitano, generata a Napoli dal soldato spagnuolo, trapiantandosi con altro nome in altre regioni, ne assumeva senza dubbio anche il dialetto. […] La maschera riprodotta qui dietro è la stessa, incisa dal Joulain, che il Riccoboni pubblica nella sua opera (Histoire du Théâtre Italien. […] Napoli, Mollo, 1688) la maschera di Giangurgolo ha assunto il nome di Morello e il carattere di un servo sciocco e pauroso. […] A complemento dello studio sulla maschera del Capitano, V. anche Adolfo Bartoli (op.
Il Duca di Parma più che protettore e benefattore, fu amico di Buffetto ; e durante le noie che questi ebbe a patire pel suo matrimonio con Colombina, il Duca potè conoscere e amare anche il piccolo Domenico, il quale, molto probabilmente, per intromissione e raccomandazione di Buffetto stesso, che volea bene al figliastro come a figliuolo, fu dal Duca mandato a Parigi per assumervi nella compagnia italiana la maschera dell’arlecchino. […] Non mi fu dato rintracciare il titolo della commedia colla quale egli esordì : si sa solo che il primo Zanni della compagnia era Locatelli (Trivelino), e il secondo Biancolelli ; che, recitando con istraordinaria verità, finì col vincerla sulla recitazione raffinata, ma un po’manierata di Trivelino ; morto il quale, nel 1671, egli ne prese il posto, conservando la maschera di arlecchino, e diventando in breve l’idolo del pubblico.
Lo troviamo agli ultimi del’700, conduttore di una Compagnia, nella quale egli sosteneva la maschera del Brighella.
Recitava con grazia e vivacità sotto la maschera di Arlecchino nelle Compagnie di Venezia.
Rappresentava la maschera del Dottore, e sappiamo di lui (V.
Zan Farina dunque non solamente fu maschera del teatro italiano, ma vi ebbe chi sotto quel nome recitò con grido, se fu proposto dal Martinelli per una Compagnia che doveva recarsi a Parigi.
La maschera qui riprodotta (pag. 985), è nelle Composizioni di Rettorica dell’ arlecchino Martinelli (V.), al nome del quale è pure la riproduzione di una lettera inedita ove si discorre del Garavini.
È citato dal Bartoli, come attore del suo tempo (1781) di sufficiente abilità per la maschera del Brighella, e più ancora per le parti serie.
Oltre ai vari manifesti, che provano la parte che egli aveva in quella Compagnia, tra’ quali, non ultimo, quello per la beneficiata della Perini, in cui è detto che « lungi dal proporre un trattenimento insulso e senza alcun profitto morale, l’attrice ha preparato una giocosa commedia di autore classico, in cui senza alcuna mostruosità vi è annessa la maschera di Stenterello…. […] (Verrà nello spettacolo sostenuta una parte ridicola di referendario dalla maschera dello Stenterello).
Venne il 1824 nell’Italia centrale, destando entusiasmo dovunque con quella compagnia che aveva accolto un nuovo e grande artista, non mai superato, Luigi Vestri, e la giovinetta Amalia Bettini ; e più tardi la maschera del Meneghino, sostenuta dal Piomarta. […] Altro vantaggio era un contratto di privativa, contro qualunque altra Compagnia di prosa che non agisse con la maschera del Pulcinella.
Con l’ammaestramento di Nicola Cioffo, riuscì poi egregio nella maschera del Tartaglia a segno da esser disputato dalle migliori compagnie.
Dopo alcuni anni di capocomicato si scritturò nella Compagnia di Antonio Sacco a Venezia, recitando sotto la maschera di Pantalone.
Fiorillo Silvio, creatore della maschera di Pulcinella, perfezionata poi dal Calcese, e di quella di Capitan Matamoros, sotto il cui nome arrivò fino a noi, autore di varie opere poetico-teatrali, nacque a Napoli nella seconda metà del sec. […] In essa troviamo il personaggio di Scaramuzza, servo del Capitan Squarcialeone, rappresentato molto probabilmente dal figliuolo Giovan Battista, scritturato pertal parte nella Compagnia che recitò a Genova il 1614, e divenuto poi famoso colla maschera di Trappolino.
Che abbia poi questi che vedere con Bernardino Lombardi, del quale il Belgrano non sarebbe alieno dal crederlo figlio o fratello, e suo successore nella maschera di Pedrolino, non mi riesce di capire.
Michelangelo rappresentava estemporaneamente la parte di Pulcinella avendola studiata sin dalla fanciullezza da Andrea Calcese ammirato in tal carattere in Napoli ed in Romaa, e da Francesco Baldo, dal quale ricevè anche in dono la maschera stessa usata dal primo di lui maestro il nominato Calceseb. […] Vuolsi avvertire che questa maschera di Pulcinella non era miga caricata mostruosamente come poi si alterò col dipartirsi dalla prima.
.), fra i suoi prologhi ne ha uno anche pel Pantalone, che metto qui a dare una chiara idea di quel che fosse la maschera a'primi del '600. […] Tutti son d’accordo nel dare in sul principio alla maschera di Pantalone il calzone intero a coscia, o maglione, mutatosi poi in calzone alla spagnuola a mezza gamba con le calze…. […] Una nuova specie di maschera di Pantalone o Magnifico ci ha dato il Bertelli (V. vol.
Bolognese, comico del Serenissimo di Parma Antonio Farnese, fu attore di assai pregio per la maschera dell’Arlecchino, sotto nome di Tracagnino (nel linguaggio romagnolo risponderebbe al Tombolotto de’Toscani).
Infatti, pochi anni dopo, noi lo vediamo abbracciare la maschera di Brighella, nella quale fu eccellente, non tralasciando, nelle commedie premeditate, di sostenere ancora le parti serie.
Morto il Biancolelli, Angelo Costantini fu chiamato a sostituirlo ; e la sera del 1° settembre 1688, che fu la prima recita dopo la chiusura del teatro in segno di lutto pel perduto artista, egli in una scena preparata all’uopo ricevè da Colombina la maschera e l’abito di Arlecchino, non mutando però mai il suo nome di Mezzettino. […] Molto dispiacque al pubblico di vedere una maschera su la faccia piacevole, se bene alquanto bruna, del Costantini ; ma egli serbò il ruolo di Arlecchino sino al successo di un nuovo arrivato, il Gherardi, che lo sostituì, recitando sempre a viso scoperto, sino alla soppressione del teatro nel 1697 ; dopo di che fu obbligato a recarsi a Brunswick ov’ era una compagnia italiana, colla quale recitò il Mezzettino.
Ma benché amasse la poesia e la musica, i suoi piaceri consistettero ne’ balli in maschera, e in altre gran feste date alla nazione.
A sinistra Silvia con veste color di rosa e bustina bleu a maniche gialle, vista di profilo, che tien colle due mani il grembiale bianco, tra Arlecchino che reca la maschera e Scapino che scoppia dalle risa.
E levatasi Buffetto la maschera, e fattale una profondissima riverenza, li Cavalieri del recitare l’applaudirono. […] La maschera del Buffetto, come si vede anche dalla magnifica stampa di Stefano della Bella, è identica a quella di Brighella, uno dei due Zanni della Commedia dell’arte, di cui non ha mutato che il nome. […] Al momento di accennare al costume di Buffetto, mi balzò agli occhi della mente la maschera, anzi il ritratto di un antico Brighella, di cui non solamente il costume, ma e il tipo mi par concordino a segno con quelli di Buffetto da essere scambiati. […] Il solo fatto adunque che può lasciar dubbio sulla identificazione del Brighella trivelliniano con Buffetto nostro, è : il non esser egli colà citato col nome della sua maschera.
È citato dal Quadrio sulla fede del Sansovino, che ne fa menzione assieme a un tal Franciotto, come Improvvisatori in maschera.
Cenzo (De) Gaspare, nato a Napoli il 1800 da gente di piccola borghesia, recitò sotto la maschera di Pulcinella, esordendo a diciott’anni nel Teatrino di Donna Marianna.
Tentò a Firenze la maschera di Stenterello, ma fu accolto a fischi ; nella Suor Teresa del Camoletti, per mancanza d’un’ attrice, sostenne la parte di Suor Giuseppa.
Esordì sotto le spoglie della nova maschera (parrucca nera liscia con codino dritto all’ingiù, due segni neri alle sopracciglia, fazzoletto bianco al collo, giubba turchina, panciotto goldoniano a fiori, calzoni rossi, calze bianche, scarpe nere con fibbie) il 1832-33 al S. […] La maschera del Giacometto, anzi, in questi impiegava più che nelle commedie di Goldoni.
Bartoli ci dà così le prime notizie artistiche di lui : Danzando in Firenze sotto la maschera di secondo Zanni nel Teatro della Pergola, fu veduto dal Gran Duca Gio. […] Esegui il comando di quel Sovrano, mostrossi dispostissimo a tale esercizio, e veramente trasportato poi dal genio alla Comica professione, pose la maschera del Truffaldino con sicurezza, e di grado in grado collo studio s’andò perfezionando, divenendo finalmente un inimitabile, e famoso Comediante. […] Potrebbe adunque esser questo il ritratto suo, giacchè quel che parmi certo si è non trattarsi qui di una semplice imagine della maschera di arlecchino, ma di un vero e proprio ritratto.
Andato a Parigi vi ottenne il più clamoroso successo sotto la maschera dell’arlecchino.
Passato di Francia in Ispagna alla Corte di Filippo II, riferisce il Bartoli che non essendovi troppo bene inteso, mescolò, impratichitosi di quella lingua, alcune parole spagnuole al proprio dialetto bergamasco ; e molti ne inferirono ch’egli fosse di Bergamo, tanto più che nelle lettere facete di Cesare Rao, si trova un Lamento di Giovanni Ganassa, di lingua bergamasca ridotto nell’italiana toscana ; ma non è ben chiaro se si tratti della lingua materna di lui, o di quella, come a me par più probabile, della maschera ch’ei rappresentava.
Fu a quattordici anni accettato come porta-bandiera in un reggimento ; ma venutagli a morte la madre, e non andandogli troppo a genio la carriera militare, si diede all’arte del comico, esercitandosi dapprima in qualche teatrino particolare, poi affrontando il gran pubblico sotto la maschera dell’Arlecchino, nella quale divenne in poco tempo attore senza rivali. […] Nella seconda vi hanno giudizi importanti sull’arte di Préville, il grande attore francese, e sulla differenza tra il recitare colla maschera e a viso scoperto…. Alla fine dell’opera (Terza edizione, Paris, Canel, 1828) è fra le altre note istoriche la seguente : Quanto a Carlino, il marmo non ha avuto cura sin qui di eternarne le sembianze : il suo volto sconosciuto quasi anche a’contemporanei, poichè celato costantemente sotto la maschera, non è conservato che in un pastello assai mediocre, di cui poche copie furon distribuite agli amatori. […] Mai una compagnia italiana conta più di undici attori o attrici, fra’quali cinque, compreso Scaramuccia, non parlano che bolognese, veneziano, lombardo, napoletano : e quando s’abbia a recitare una tragedia, dov’entrin molte persone, tutti vi prendon parte, non escluso l’ Arlecchino, che toglie la sua maschera ; e tutti declamano de’ versi in buon italiano (il testo ha : en bon romain….).
Salvini ne’suoi Ricordi (Milano, Dumolard, 1895) : Amilcare Belotti fu la delizia dei pubblici italiani, e specialmente dei Romani, che in vederlo si rammentavano di tratto in tratto della loro maschera prediletta, del Rogantino.
Barbiere dì professione, passò dalla bottega al Teatro, mettendosi la maschera del Doctore, perchè sapeva partar Bolognese.
Manduco era un personaggio ridicolo coperto di una maschera di grandi guance con certi dentacci che si movevano e facevano molto strepito, ond’è che i ragazzi se ne spaventavanoa. […] Essa avea due gran gobbe nel petto e nelle spalle, coprivasi di ampie braghe insino a’ piedi, portava in testa una berretta aguzza, e una maschera in volto alterata da un gran naso. […] Nerone stesso, secondo Suetonio, colla maschera finta a somiglianza delle femmine che egli amava, cantando rappresentò Canace che partorivaa.
Manduco era un personaggio ridicolo coperto di una maschera di gran guance con una gran bocca aperta e con certi dentacci che si moveano e facevano molto strepito, ond’è che i ragazzi se ne spaventavano132. […] Essa avea due gran gobbe nel petto e nelle spalle, coprivasi di ampie braghe insino a’ piedi, portava in testa una beretta aguzza, e una maschera in volto alterata da un gran naso. […] Nerone stesso, secondo Suetonio, colla maschera finta a somiglianza delle femmine ch’egli amava, cantando rappresentò Canace che partoriva145.
Sotto la maschera dell’ Arlecchino egli sapeva strappare le lagrime, glorioso predecessore in questo del non men glorioso Petito (V.).
Ella, consapevole del suo valore, irrigidita nello sforzo costante di una meta prefissa, e di cui, per molti anni, ha forse creduto di avere smarrito la limpida visione, assorta perennemente nella ricerca di una perfettibilità, che è il tormento e la forza dei grandi artisti, Italia Vitaliani non sa trovare quelle parole ambigue che dicono e non dicono, quelle frasi rivolute entro cui il pensiero guizza e si smarrisce con agilità serpentina : no, quando una persona, sia pure un personaggio, la secca, essa lo dimostra ; quando un lavoro, sottoposto al suo giudizio, le spiace, essa lo dice, senza perifrasi nè pietose tergiversazioni ; quando è di cattivo umore non sa trovare una maschera di giocondità da collocarsi sul viso ; che se poi ella, o per la naturale bontà dell’animo o per altre considerazioni, cerca di nascondere il suo pensiero o velare le sue impressioni, esiste allora una tale antitesi fra il suono della parola forzatamente benigna e l’impaziente lampeggiare degl’ immensi occhi grigi, che si comprende subito come la più lieve finzione le riesca fastidiosa.
Vuolsi ancora osservaro che i naturali del l’isola di Sandwich hanno una specie di maschera con buchi per gli occhi e pel naso; alla cui parte superiore appongonsi picciole bacchette verdi che da lontano pajono piume ondeggianti, e dal l’inferiore pendono pezzi di stoffa che si prenderebbero per barbe.
Ma benchè amasse la poesia e la musica, i suoi piaceri consistettero ne’ balli in maschera e in altre gran feste date alla nazione.
Or mascherato fingevasi un Personaggio, or senza maschera altro ne rappresentava ; e nelle sue favole non introduceva visibilmente Donna alcuna, e neppure da femmina egli vestivasi, ma solo dentro la scena voleva, che la voce della Donna fosse sentita.
Invecchiato il Lolli, Romagnesi, che non era più giovine, e a cui non più si addicevan le parti d’ Innamorato (1694), lo sostituì nella maschera del Dottor Baloardo, nella quale ci fu tramandato in effigie dal bulino del Mariette, un de' più benemeriti della storia iconografica del nostro teatro.
I quali se non sono un chiaro esempio di poesia, traggon valore dalla notizia che ci danno dell’opera artistica del Gabbrielli, che evidentemente non si arrestava alla maestria varia del musicista, nè alle buffonate della maschera, ma sapeva anche spaziar degnamente nel campo della tragedia. […] Il Pantalone della Podagra è così mal trattato da detto male che l’anno passato con noi in Venetia non si potea vestire ne allacciar la maschera, e per mettere nna statua in scena, che non mova altro che la lingua, non mi par bene.
Benchè però egli amasse la poesia e la musica, limitaronsi i suoi piaceri ai balli in maschera e ad altre feste che diede alla nazione.
S’io mi fossi uomo da inorgoglirmi del talento che mi fornì natura pel teatro, sia a viso scoperto, sia colla maschera, ne’ principali ruoli e serj e comici, in cui mi s’ è visto rifulgere tra gli applausi, agli occhi de’ più gentili e intelligenti, avrei bene di che soddisfare al mio amor proprio.
Cherilo l’ateniese che fiorì nel l’olimpiade LXIV, avea trovata la maschera ed abolita la feccia, di cui prima tingevansi gli attoria, e Frinico accomodò quest’invenzione anche alle parti di donne.
.), e forse fu maschera (in una lieve variazion di brighella, capostipite della famiglia de'primi Zanni) con atti e parlare leziosi ; ma non saprei dire se il significato di « allettamento, attrattiva prodotta dal sapere usare le piacevolezze, i motti, sali, ecc., » poi di effeminatezza e peggio, derivi dalla maschera, o questa da esso.
Dagli altri sonetti pubblicati dal Bartoli ne tolgo uno del Cavaliere Gerosolimitano Fra Ciro di Pers, dettato con ingegnosa strampaleria, e che trovo ancora nella raccolta di motti Brighelleschi di Atanasio Zannoni (Torino, 1807), da lui probabilmente recitato a qualche innamorata, sotto la maschera di Brighella : Alla Signora Maria detta Celia in Commedia Celia, e Maria, voi siete e Mare, e Cielo, E sono i pregi in voi del Ciel, del Mare.
Vuolsi ancora osservare che i naturali delle isole di Sandwich hanno una specie di maschera con buchi per gli occhi e pel naso, alla cui parte superiore appongonsi picciole bacchette verdi che da lontano pajono piume ondeggianti, e dall’inferiore pendono pezzi di stoffa che si prenderebbero per una barba. Coloro che se ne coprono, vanno ridendo e facendo gesti istrionici, che indicano di esser maschera ridicola.
Non v’ha nemico più temuto dagl’impostori letterarj, politici e morali, quanto un buon teatro; per la qual cosa essi adopreranno sempre gli ultimi loro sforzi per avvilirne l’occupazione, temendo di esser su di esso scherniti, suo principal oggetto essendo il separar l’oro dall’alchimia, la maschera dalla realità, i veri utili scrittori da que’ larghi promettitori eterni di opere che non si producono, i quali sono gl’insetti divoratori della messe che dovrebbe alimentar la povertà meritevole, la modesta filosofia, la virtù infelice che dà riputazione fin anco a’ paesi corrotti, la quale mentre riscuote un apparente rispetto, vien lasciata languire nell’indigenza.
Finalmente, dopo cinque anni d’incredibili peripezie, in cui la fame aveva pur sempre la più gran parte, a traverso plaghe inospitali, in barroccio, in carretta, a piedi, or cogli Stenterelli Serrandrei e Miniati, or con Benini e Gelich e De Carbonin e altri, recitando da vecchio e da giovine, da promiscuo e da mamo, e fin sotto le spoglie della maschera Faccanapa, contrapposto vivente e poco fortunato del Faccanapa di legno inventato dal Reccardini, che formava le delizie del popolo triestino, mentr' egli, Zago, era con Gelich, Tollo e Papadopoli al Teatro Mauroner, pur di Trieste, eccotelo – dico – finalmente di sbalzo (agosto '76) a Napoli con 5 lire al giorno, generico della Compagnia Veneziana di Angelo Moro-Lin, salutato da un fragoroso, unanime applauso al suo primo apparir sulla scena, dopo appena tre sere dal suo debutto.
Gran genio aveva il Bellotto per esercitarsi nella maschera da Pantalone ; però, travestito in quella foggia, andava in tempo di carnevale per le vie e ne’ pubblici ridotti, parlando come un personaggio da commedia, e facendo anche delle scene graziose insieme con altri suoi amici mascherati in diversa guisa.
, 38) dice : E quando si rifletta che la verginità di Carlotta Marchionni non fu una maschera astuta per gabellare irresponsabilmente non dirò la scostumatezza, ma nemmeno le facili mondanità della vita del teatro, ma fu invece una castità immacolata e tersa, non appannata mai neppure dal soffio della maldicenza che, fra le quinte, è vipereo ; è da pensare piuttosto che quell’anima forte e quella vigorosa fantasia si piacessero del contrasto fra la severità del costume che s’era imposta, e le sfrenate amorose passioni che doveva rappresentare.
Dovevate anzi pensare che noi altre donne al pari degli uomini ci serviamo di questa maschera per ingannare il pubblico.
Dovevate anzi pensare che noi altre donne al pari degli uomini ci serviamo di questa maschera per ingannare il pubblico.
Il Goldoni si schermì ancora, ma dovè poi cedere alle più che gentili insistenze del D’Arbes (gli aveva messo, come acconto, nella scatola da tabacco alcuni ducati d’oro) ; e chiestogli per lettera se la commedia doveva essere col Pantalone in maschera o a viso scoperto, ebbe questa risposta, che delinea ancor più la comicità e, diciam pure, furberia di quel bel tipo che ci pare di vedere e di sentir discorrere, e che chiameremmo a base di birignao.
Ma di grazia che cosa guadagnano i declamatori di mestiere nell’applauso fugace di un branco di compatriotti che vivono di relazioni, quando della di loro sottile eloquenza, della dialettica cavillosa, della maldigerita erudizione e della maschera filosofica, avveggonsi tosto gli nomini migliori della culta Europa?
Ma di grazia che cosa guadagnano i declamatori di mestiere nell’applauso fugace di un branco di compatriotti che vivono di relazioni, quando della di loro sottile eloquenza, della dialettica cavillosa, della mal digerita erudizione e della maschera filosofica, avveggonsi tosto gli uomini migliori della culta Europa?
Il Dottore vivente a quell’epoca e a noi noto sin qui era il Lolli ; ma egli, recatosi a Parigi nel 1653 per assumere nella Compagnia italiana la maschera di Dottor Baloardo, tornò in Italia, non so in che anno (nel’58 era certamente a Roma, come si vede ai nomi di Lolli e Bandinelli) per poi restituirsi una seconda volta a Parigi, ove e precisamente nel ’70, fece rappresentare una comedia intitolata Il Gentiluomo campagnuolo, ovvero Gli stravizzi di Arlecchino.
Per non avere appreso o per non seguire i veri modi del cantare, adattano le stesse grazie musicali ad ogni sorta di cantilena, e co’ loro passaggi, co’ loro trilli, colle loro spezzature e volate fioriscono, infrascano, disfigurano ogni cosa: mettono quasi una lor maschera sul viso della composizione, e arrivano a far sì che tutte le arie si rassomigliano, in quella guisa che le donne in Francia, con quel loro rossetto e con que’ tanti lor nei, paiono tutte di una istessa famiglia.
Dominando ancora le maschere sulla scena, abbandonò il Cavicchi gli amorosi per darsi tutto allo studio della maschera di Brighella nella quale riuscì mirabilmente, tanto che fu dal Fiorilli riconfermato per cinque anni come ruolo primario assoluto. […] Il 1820, in Compagnia di Andolfati era il Cavicchi Giovanni per le parti di caratterista, di cui dice laconicamente il Giornale dei teatri : non si può negare a questo attore un sufficiente talento ; conosce la comica ed è applaudito ; poi Cavicchi il giovine (unico per la maschera del Brighella).
Un curioso prologo è questo, composto, al dire di esso Bartoli, in occasione di dover recitare a Bologna nel carnevale del 1611…. e che qui io pubblico intero, assieme alla riproduzione del frontespizio, per dare una idea ben chiara di questa variazione (sudiciotta, se vogliamo) della maschera del Dottore, di cui, per quanto io mi sappia, non è traccia fuorchè nel nostro Aniello.
Michelangelo rappresentava estemporaneamente la parte di Pulcinella studiandola sin dalla fanciullezza da Andrea Calcese ammirato in tal carattere in Napoli ed in Roma96, e da Francesco Baldo, dal quale ricevè anche in dono la maschera stessa usata dal primo di lui maestro il Calcese97. […] Non era miga questa maschera caricata mostruosamente come poi si formò la maschera del Pulcinella col dipartirsi dalla prima.
Plutarco nella Vita di Focione racconta ancora di un tragedo che nell’uscire sul pulpito richiese una maschera degna di una regina e un corteggio proporzionato.
Dopo una infinità di avventure in cui non sempre, stando al biografo, ebbe che vedere l’onestà, s’imbattè a Fano in una compagnia di comici d’infimo ordine ; nella quale spacciatosi per artista celebre, gli fu concesso di esordire, sotto la maschera dello Scaramuccia, nel Convitato di pietra : commedia da lui scelta e da lui prediletta, come quella in cui doveva essere una cena squisita. […] Quivi diè fondo a tutto quel che aveva messo in serbo, acquistando un superbo equipaggio e pigliando alcuni servi…. ma, rimasto poco dopo al verde, quello dovette vendere, questi licenziare : e, per campar la vita, aggregarsi a una compagnia che recitava allora in Napoli, nella quale ancora, e sempre sotto la maschera di Scaramuccia, ebbe il maggiore e miglior de’successi.
Dovevate anzi pensare, che noi donne al pari degli uomini ci serviamo di questa maschera per ingannar il pubblico.
In Alemagna erano a que’ tempi in assai voga i giuochi di carnevale, ne’ quali la gioventù mascherata si portava per le case, e vi recitava alcuni dialoghi convenienti alla maschera presa da ciascheduno.
Eschilo abbigliò ancora le persone tragiche con vestimenti gravi e maestosi, fece ad esse calzare il coturno, e migliorò l’invenzione della maschera di Cherilo e di Frinico.
Le parti femminili, come bene osserva il medesimo Maffei, si rappresentavano solamente dagli uomini; e viene ciò con ispezialità assicurato da Platone, cui rincresceva appunto che gli uomini comparissero sulla scena da donnea Plutarco nella Vita di Focione racconta ancora di un tragedo che nell’uscire sul pulpito richiese una maschera degna di una regina e un corteggio proporzionato.
Ma nel 1767 se ne cangiò la forma interiore dall’architetto spagnuolo don Ventura Rodriguez per uso de’ pubblici balli in maschera.
Sono stato lungo, ma era necessario parlar chiaro et senza maschera, se ben si tratti de commedianti, perchè non siamo in commedia, et io dico da buon senno.
Recitando in Londra una volta il personaggio di Zeffiro, gli fu presentata al sortire dà una maschera sconosciuta uno smeraldo di gran valore. […] Quest’uomo eccellentissimo, che alla gravità dell’antica musica ha saputo unir così bene le grazie della moderna, compose ancora una saporitissima critica intitolata il teatro alla moda, senza nome, senza data e senza luogo di stampa, ma che fu per altro mandata in luce poco dopo il mille e settecento, ove colla licenza che permette la maschera, schiera ad uno ad uno con festiva ironia tutti i difetti che dominavano al suo tempo in sulle scene.
Cherilo inventor della maschera 27.
Casali Gaetano, comico di rari pregi al servizio del celebre ciarlatano Buonafede Vitali, Bissoni Giovanni, e primo fra tutti il famoso Tabarrini, da cui poi la maschera di Tabarino, quasi sempre (V.
Il teatro de los Caños si costrusse anche alla foggia moderna con platea e palchetti per rappresentarvisi opere buffe; ma nel 1767 se ne cangiò la forma interiore dall’architetto spagnuolo Don Ventura Rodriguez per uso de’ pubblici balli in maschera.
» Ciò che vi ha di veramente ammirevole nell’attrice, si è la trasformazione successiva in emozioni diverse che la sua maschera rende così bene, e che ben si comprendono senza alcun soccorso del testo.
Sono poi piacevoli commedie di caratteri le seguenti : 1 i Pregiudizii de’paesi piccioli, nella qual favola si rileva la ridicolezza de’paesi provinciali pieni di nuovi nobili divenuti tali per danaro di plebei che erano, e schivi ed orgogliosi ricusano di ammettere ne’loro casini un uffiziale che non è meno che l’Imperadore ; 2 i Falsi Galantuomini, nella qual commedia anche va incognito un sovrano, e scopre le bricconerie di molti birbanti che prendono il nome di galantuomini, e le ingiustizie e le oppressioni onde tiranneggia un presidente che riduce all’ultimo esterminio un innocente colla speranza di acquistarne la moglie ; 3 l’Avvertimento alle maritate dipintura di un giovane ingannato da un don Geronimo che lo aliena da una buona moglie, l’avvolge in dissipazioni, in debiti, in prodigalità, gli presta con esorbitanti usure sotto un nome supposto, e lo riduce all’orlo del precipizio ; ed a tanti sconcerti ripara la moglie colla propria dote e saviezza ; 4 l’Avviso ai maritati, ossia la Correzione delle mogli capricciose, nella quale una dama vana, indocile, ritrosa, inobediente vien trasformata in umile, rassegnata e modesta negli abiti e nelle maniere da un ricco uffiziale che la sposa, l’allontana da tutto ciò che prima a lei piaceva, e mostrando con forza un apparente rigore alla bella prima, la guarisce ; solo in tal favola si mira come ozioso il personaggio del conte Ippolito, e si fa credere morto, e nulla poi produce per l’argomento ; 5 la Filosofia de’birlanti ripiena, forse troppo, di caratteri comici, fra quali anche si vede incognito un Duca di Borgogna ; 6 Non contar gli anni a una donna si aggira sul risentimento di una giovane innamorata, il cui amante ha avuta l’imprudenza di contraddirla (allorchè ella diceva di avere anni ventidue di età.) e di sostenere che ne contava ben ventisette ; i parenti si adoprano per calmarla, ma in fine prende l’amante a lor consiglio una freddezza ed indifferenza apparente, ella ne smania, vuol ricondurlo al suo amore, e finge di essersi avvelenata ; la menzogna si scopre e n’è derisa, e calmata al fine sposa il suo amante ; 7 la Fanatica per ambizione di quattro atti rappresenta una figliuola d’un ricco negoziante, la quale presa da matta vanità e da superbia intollerabile disprezza chiunque aspira alle sue nozze, dice a tutti sul viso i lor difetti, e se ne concilia l’odio ; uno di essi la tratta con pari alterigia ed insolenza, la rimprovera alla sua volta e la mortifica ; avviene il cangiamento di lei per un fallimento apparente del padre e per l’abbandono e l’alienazione di tutti quelli che la bramavano quando era ricca ; 8 il Matrimonio in maschera è un capriccio di una signora che s’intalenta di sperimentare se un cavaliere che ella ama, saprebbe ravvisarla e distinguerla a viso nudo in una festa di ballo, non avendogli mai parlato senza maschera ; a forza di tali ipotesi condotte con circostanze poco verisimili ella si assicura d’essere amata, si smaschera e lo sposa ; 9 la Cambiale di matrimonio, ossia la Semplicità favola poco vivace e piacevole rappresenta l’avarizia di un negoziante Inglese di Europa, e la semplicità di un Inglese di Europa, e la semplicità di un Inglese di America ; l’Europeo accetta la commissione di trovare all’ Americano una sposa e pensa di dargli sua figlia, la quale è gia prevenuta di un altro ; l’Americano zotico nelle maniere ma semplice e benefice all’ intendere le ripugnanze della sposa per lui a cagione del giovane che ella ama benchè privo di beni, risolve di fornirgli i mezzi da soddisfare l’aivarizia del padre di lei colle proprie ricchezze ; ma uno zio del giovane più ricco dell’ Americano gli dona il suo e tutto si calma. […] Lo stesso Ciascun di voi vorria sotto altra maschera. […] È prosa, dice l’invidia sotto la maschera di gran poeta ; ma il più meschino nomo che professa lettere, non cercherà gran poesia nel teatro, dove non si richiede, a meno che comprenda poco la differenza de’ generi. […] Odorico non mostra nè saviezza nè costanza in ciò che delibera ; e queste nozzecosi a buon tempo affrettate hanno l’aria sguajata, anzi la maschera (e nulla più di maschera) delle nozze di Marzia con Arbace nel Catone.
La maschera nuoce all’attore (sia parlante o mutolo, com’è il ballerino) e allo spettatore. […] Ma si tolga poi via la maschera. […] Che bel contrasto di sentimenti che la maschera oscurava! […] Ecco quante perdite cagiona la maschera. […] [Sez.VI.2.3.7] Non mi si opponga il costante uso che della maschera fecero gli antichi.
Questo Coro grottesco di uomini con maschera di uccelli di varie specie imitava al possibile la fisonomia di coloro che si volevano dal poeta additare e mordere; ed oltre a fare una capricciosa decorazione, serviva a dar motivo alla musica di esser varia e piacevole coll’imitazione del canto di varii uccelli. […] Osò accusarlo a dispetto di ogni difficoltà, avendo gli artefici timorosi ricusato di farne la maschera, e niuno attore volendo montare in iscena a rappresentarlo. […] Non temere, no; che sebbene per la paura che si ha della di lui potenza, niuno degli artefici finora ha osato di farne la maschera, pure sarà siffattamente imitato, che verrà tosto conosciuto, essendo questo teatro pieno di spettatori savii e sagici.
Alle volte Prassitele innamorato di Frine le donava in regalo un orologio da saccoccia di questi che si chiamano mostre; alle volte la stessa cortegiana compariva nell’Areopago di Atene vestita in maschera alla veneziana.
Non vi fu ipocrita o sia attore che ardisse di rappresentare, il personaggio del potente Cleone, né artefice che ne volesse far la maschera, come si dice nell’atto I; per la qual cosa Aristofane dovette egli stesso montare in palco, e rappresentarlo, tingendosi alla meglio il volto, e studiandosi di contraffarlo in tutto, perché si ravvisasse.
Cherilo l’ateniese, che fiorì nell’olimpiade LXIV, avea trovata la maschera ed abolita la feccia, di cui prima tingevansi gli attori, e Frinico accomodò quest’invenzione anche alle parti di donna. […] Abbigliò ancora le persone tragiche con vestimenti gravi e maestosi, e migliorò l’invenzione della maschera di Chetilo e di Frinico.
Essi sortivano alla scena con una gran maschera che copriva loro la testa, la quale era chiusa da per tutto se non che verso la bocca s’apriva in una larga fissura chiamata dai Latini hiatus. I labbri di detta apertura erano lavorati ora di legno duro, ora d’un osso, ora d’una pietra detta da Plinio calcophonos, e tutta la maschera al di dentro era foderata di lame sottili di bronzo o d’altra materia consistente affinchè la voce nel sortir della gola diventasse più forte e più intensa ripercuotendosi in quei corpi elastici, e tutta pelle angustie della fessura ripercotendosi.
Corràl de la Crux, Corràl del Principe, Corràl de los Caños del Peral, chiamansi i teatri pubblici di Madrid, de’ quali l’ultimo chiuso da molti anni, fu rifatto nel 1767 in nuova forma senza tavolato per la scena, essendo destinato ai balli in maschera, oggi pur anco aboliti.
È prosa, dice l’invidia sotto la maschera del gusto; ma che bella prosa che fa obbliare tanti e tanti versi!
Questo coro grottesco di uomini con maschera di uccelli di varie spezie, imitava al possibile la fisonomia di coloro che si volevano additare e mordere; ed oltre a fare una capricciosa decorazione, serviva a dar motivo alla musica di essere varia e piacevole coll’ imitazione del canto di varj uccelli. […] Osò accusarlo a dispetto di ogni difficoltà, avendo gli artefici timorosi ricusato di farne la maschera, e niuno attore volendo montare in iscena a rappresentarlo. […] Non temere no; che sebbene per la paura che si ha della di lui potenza, niuno degli artefici finora ha osato di farne la maschera, pure sarà siffattamente imitato, che verrà tosto conosciuto, essendo questo teatro pieno di spettatori savj e sagaci.
Piacevoli commedie di carattere sono poi le seguenti: 1 i Pregiudizj de’ paesi piccioli, in cui si dimostra la ridicola picciolezza de’ paesi provinciali pieni di nuovi nobili divenuti tali per danaro di plebei che erano, i quali ricusano di ammettere ne’ loro casini un Uffiziale che non è meno che l’Imperadore: 2 i Falsi Galantuomini, in cui anche un sovrano va incognito, e scuopre le bricconerie di molti birbanti che prendono il nome di galantuomini, e le ingiustizie ed oppressioni di un Presidente che riduce all’ultimo esterminio un innocente colla speranza di acquistarne la moglie: 3 l’Avvertimento alle Maritate, dipintura di un giovane ingannato da un Don Geronimo che lo aliena da una buona Moglie, l’avvolge in dissipazioni, in debiti, in prodigalità, gli presta con esorbitanti usure sotto l’altrui nome, e lo riduce all’orlo del precipizio; ai quali sconcerti ripara la Moglie colla propria saviezza e colla sua dote: 4 l’Avviso ai Maritati, ossia la Correzione delle Mogli capricciose, nella quale una Dama vana, indocile, ritrosa, inobediente vien trasformata in umile, rassegnata, e modesta negli abiti, e nelle maniere da un ricco Uffiziale che la sposa, l’allontana da tutto ciò che prima a lei piaceva, e mostrando con forza un apparente rigore alla bella prima, la guarisce; solo in tal favola si mira come ozioso il personaggio del conte Ippolito che si enuncia come suo marito, e si fa credere morto, e nulla poi produce per l’argomento: 5 Non contar gli anni a una Donna si aggira sul risentimento di una giovane innamorata, il cui amante ha avuta l’imprudenza di contraddirla allorchè ella si faceva di anni ventidue, e di sostenere che ne contava ben ventisette; i parenti si adoprano per calmarla, ma prendendo l’amante a lor consiglio una freddezza ed indifferenza apparente, ella ne smania, vuol ricondurlo al suo amore, e finge di essersi avvelenata, ma scoperta la sua macchina n’è derisa, e calmata al fine sposa il suo amante: 6 la Fanatica per ambizione di quattro atti rappresenta una figliuola di un negoziante ricchissimo, la quale presa da matta vanità e da superbia intollerabile, disprezza quelli che aspirano alle nozze di lei, dice a tutti sul viso i lor difetti, e se ne concilia l’odio; uno di essi la tratta con pari alterigia ed insolenza, la rimprovera alla sua volta e la mortifica; ne vien poi procurato il cangiamento con un fallimento apparente del padre e con un abbandono e un’ alienazione di tutti quelli che la bramavano quando era ricca: 7 il Matrimonio in maschera è un capriccio di una Signora che s’intalenta di sperimentare, se un Cavaliere che ella ama, saprebbe ravvisarla e distinguerla a viso nudo in una festa di ballo, non avendogli mai parlato senza maschera; a forza di tali ipotesi condotte con certe non molto verisimili circostanze ella si assicura che l’ama, si smaschera, e lo sposa: 8 la Cambiale di matrimonio, ossia la Semplicità che non è delle più vivaci e graziose, rappresenta l’avarizia di un negoziante Inglese Europeo, e la semplicità di un Inglese Americano; l’Europeo accetta la commissione di trovare all’Americano una sposa, e pensa di darle sua figlia, la quale è già prevenuta di un onesto giovane; l’Americano zotico e selvaggio nelle maniere, ma semplice e benefico, al vedere le ripugnanze della sposa e all’intenderne la sorgente, risolve di fornire al giovane amato colle proprie ricchezze i mezzi di soddisfare l’avarizia del Padre che ricusava di dargliela per non esser ricco; ma uno zio del giovane più ricco dell’Americano gli dona il suo, e tutto si calma. […] Quest’Odorico non mostra molta saviezza nelle sue disposizioni; e queste nozze così a buon tempo assrettate hanno l’aria, anzi la maschera (e nulla più di maschera) di quelle di Marzia con Arbace nel Catone.
Ne’ giorni che durava la festa (cioè dal Natale insino all’Epifania) tutti assistevano all’uffizio divino in abito di maschera o di commedia.
Tu da essi imparerai a nascondere i tuoi fini e a prendere la maschera dell’onore e della probità per arrivare al tuo intento a costo di chiunque sarà così sciocco di fidarsi della tua apparente onestà.
Tu da essi imparerai a nascondere i tuoi fini e a prendere la maschera dell’onore e della probità per arrivare al tuo intento a costo di chiunque sarà così sciocco di fidarsi della tua apparente onestà.
Cherilo l’Ateniese che fiorì nell’ olimpiade LXIV, avea trovata la maschera ed abolita la feccia, di cui prima tingevansi gli attori46, e Frinico accomodò quest’invenzione anche alle parti di donne. […] Eschilo abbigliò ancora le persone tragiche con vestimenti gravi e maestosi, fece ad esse calzare il coturno, e migliorò l’invenzione della maschera di Cherilo e di Frinico.
Tali sembrano con ispezialità le seguenti: la quarta dell’atto I di Zopiro ed Omar in cui si disviluppano i caratteri e si prepara egregiamente la venuta di Maometto; la quinta dell’atto II sommamente maestrevole onde riceve le ultime fine pennellate il di lui ritratto, facendo che egli col suo gran nemico deponga la maschera e manifesti i suoi grandi disegni, e lo chiami a parte dell’impero mostrandogli la necessità che non gli permette altro partito; quelle dell’ atto IV di Zopiro con Seide e Palmira e singolarmente la quinta della riconoscenza, la quale se non è nuova, almeno avviene in una situazione ben patetica e non usitata; e finalmente l’interessante terribile scioglimento che rende sempre più detestabile il carattere del ben dipinto impostore.
Ma gli atellani rispettati dal popolo, come ingenui, si esenzionarono da tale oltraggio, per lo qual privilegio chiamaronsi propriamente personati 93, come quelli che giammai deponevano la maschera.
Terma dà avviso a Dulcidio che Olvia se disfraza (si traveste; e quanto opportunamente ella va in maschera!)
L’una si è l’evidenza di espressione che conservavano i pantomimi nonostante la somma difficoltà che dovevano sentire nel rappresentare, essendo privi dell’aiuto degli occhi e della fisionomia a motivo della maschera, onde, come sa ognuno, aveano coperto il volto.
La quarta dell’atto I di Zopiro ed Omar in cui si disviluppano i caratteri e si prepara egregiamente la venuta di Maometto; la quinta dell’atto II sommamente maestrevole onde riceve le ultime fine pennellate il di lui ritratto, facendo che egli abboccandosi col suo gran nemico deponga la maschera e manifesti i grandi suoi disegni, e lo chiami a parte dell’impero mostrandogli la necessità che non gli permette altro partito; quelle dell’atto IV di Zopiro con Seide e Palmira, e singolarmente la quinta della riconoscenza, la quale se non è nuova, almeno avviene in una situazione ben patetica e non usitata; e finalmente l’interessante terribile scioglimento che rende sempre più detestabile il carattere del ben dipinto impostore.
Essi ottennero il nome di veri attori personati, non perchè soli usaffero della maschera, ma perchè soli ebbero il privilegio di non mai deporla sulla scena; là dove gli altri istrioni commettendo qualche fallo di rappresentazione, a un cenno del Popolo doveano smascherarsi e soffrirne a volto nudo le fischiate27.
E finalmente essi ottennero il nome di veri attori personati, non perchè soli usassero la maschera, ma perchè soli ebbero il privilegio di non mai deporla sulla scena, la dove gl’altri istrioni, commettendo qualche fallo di rappresentazione, ad un cenno del popolo dovevano smascherarsi e soffrirne a volto nudo le fischiatea Ma per qual pregio particolare vennero in simil guisa privilegiate e conservate ancora dopo che la scena latina ammise drammi migliori?
Forse per tutto quel tempo d’ignoranza, di barbarie e di distruzione non rimase altro dell’antico che qualche vestigio delle farse atellane e l’uso di qualche maschera, che la plebe pur sempre ritenne, che diede l’origine all’arlecchino e ad altrettali caratteri mimici, di cui ogni paese d’Italia vanta il suo proprio.