Dalla figura imponente, dal volto leggiadro, dagli occhi nerissimi come i capelli, dalla voce forte e armoniosa, dal gesto nobile, e dalla ricca intelligenza, essa emergeva nella tragedia e nel dramma.
.), mentre sappiam dalla lettera scritta da lui insieme al dottore Savorini essere stato nella Compagnia almeno dalla primavera.
Compagnia Sarda di Torino, dalla quale uscì dopo un anno, per entrare in quella Goldoni-Riva, di cui sposò la prima attrice Luigia Ristori, vedova dell’attore Bellotti (V. […] Morto improvvisamente il Riva a Trieste nella primavera del ’22, e troncato dalla vedova Gaetana Goldoni ogni contratto, il Bon formò quella società comica Bon-Romagnoli-Berlaffa, colla quale si ripromise di ridar vita a tutto il repertorio goldoniano : e tanto vi riuscì che si acquistò il titolo di fedele esecutore testamentario delle volontà dell’italiano Terenzio. […] La società dalla quaresima del 1823 ebbe florida vita sino a tutto il carnevale del 1831. […] Quivi sposò in seconde nozze una giovine padovana, e quivi morì nell’età di oltre settant’anni. – Ebbe onoranze funebri degne di lui : una pietra commemorativa fu alzata sulla sua tomba dalla figlia Laura colla seguente iscrizione : qui riposa Francesco Augusto Bon patrizio veneto scrittore comico dopo Goldoni primo morto in Padova il xvi decembre mdccclviii Laura figlia sua maggiore con doloroso affetto questa pietra pose il gennaio del mdccclix A questo punto lascio la parola a Giuseppe Costetti che con tanto amore ed acume dell’opera letteraria del Bon discorse nel suo studio sulla Real Compagnia Sarda (pag. 23-24).
Leggi sue costitutive derivanti dalla unione della poesia, musica e della prospettiva. […] Cotale spiegazione, che tutta dipende dalla maniera con cui agiscono i suoni sulla nostra macchina, e dalla intima relazione che passa tra la vista e l’udito, relazione sospettata prima dalla esperienza, poi messa nel suo maggior lume dal Neutono, oltrachè diventerebbe troppo prolissa, non è essenzialmente legata col mio argomento3. […] L’uomo generalmente è più dominato dai sensi che dalla ragione. […] Ma quello, che non ha di comune né coll’una né coll’altra è il dover appagare non solo il cuore ma anche l’orecchio, e l’immaginazione; onde non può scompagnarsi dalla poesia i dal canto, dal suono, e dalla decorazione. […] Così avverrà sempre che la critica anderà scompagnata dalla filosofia.
L’uno e l’altro è stato dalla natura con mirabile provedimento ordinato. […] Ciò ch’essi fecero mossi dalla necessità, non potendo più reggere alla fatica, è stato poi confermato dalla esperienza e dalla sana ragione. […] Ciò nonostante gl’Italiani non devono escludersi dalla gloria che giustamente ad essi appartiene. […] Quella ch’era arrivata l’ultima fa degli sforzi per sottrar se stessa e la sua compagna dalla invasione. […] Le sue vestimenta sono ancor bagnate dalla pioggia.
Esordì il’ 52 con Achille Dondini col quale stette un solo anno, e passò dalla Compagnia Robotti, il ’59, in quella di Bellotti-Bon. Scritturata poi dalla Sadowski con Cesare Rossi, restò al fianco di lui sino all’ ’89, anno in cui abbandonò le scene.
(io tacio – dice l’Ottonelli – e tacerò i nomi uditi per degni rispetti), e dalla Principessa N. […] Il quarto parto fu di una figliuola, tenuta dalla Sereniss.
Luca onorato d’applausi, favorito dalla nobiltà e ben veduto da tutto il popolo. Giunto alla vecchiaja (1735), nè potendo più resistere alle fatiche del teatro, pensò d’alienarsi dalla Professione, e di sostituire invece sua il comico Francesco Rubini, e fecelo in questo modo. […] Intanto solo soggiungeremo che il Garelli sopravvisse al suo distacco dalla Professione altri sei anni dimorando sempre in Venezia, e passò agli eterni riposi nell’anno 1740.
Lasciata Genova per condursi a Pisa, ella, vinta dalla passione, volle accompagnarlo : ma, creduta fuggiasca, fu inseguita dai parenti, e, raggiunta a Sarzana, ricondotta a Genova, mentr'egli fu messo in carcere. […] Dettò egli la parte studiata nel Convitato di Pietra per la Pescatrice, recitata dalla figliuola del suo capocomico, Angiola Sacco Vitalba, che dallo stesso Bartoli riferisco in parte, come saggio : SORTITA Libertà, libertà, ricco tesoro, dolce quiete del cor, gridano a gara tra fronda e fronda gli augelletti, e tutte fan eco al canto lor l’aure soavi. Libertà, libertà ; di questa in fine voce soave ognor rimbomba, e suona la bassa valle, il folto bosco, il cupo remoto sen d’ogn’antro opaco, ed io dalla stessa rapita amica voce pieno di pace il cor, l’amena spiaggia torno a veder su'mattutini albori, e grido libertà.
Sciosciamocca (letteralmente : soffia in bocca) è non solamente un tipo e un carattere, non altro, nel suo complesso, che il mammo di un secolo fa : il Filippetto del Goldoni, il Marchese Pipetto del Giraud, rinsanguati, ravvivati dalla recitazione scintillante di Edoardo Scarpetta ; ma anche, un insieme di tipi variatissimi, aggirantisi attorno al tipo fondamentale. […] A questa continuata modificazione del principal tipo, Sciosciamocca deve forse la continuata ammirazione del pubblico, che sin dalla prima apparita al San Carlino rinnovato, lo compensò di tante miserie, di tante lagrime versate, sì da fargli scrivere nelle sue nuove Memorie (Napoli, 1899) : « Dopo tutto, l’essere riuscito a far tanto ridere…. gli altri, dava anche a me il diritto di ridere un poco. » E di qual riso ! Il povero Edoà…, entrato nel campo dell’arte per un usciolino sgangherato, con un vestito che gli cascava di dosso a brindelli, colla faccia macilenta per fame ; che ad ogni passo verso l’agiatezza e la gloria, uno vedea farne contro di lui dalla maldicenza e dall’invidia, trionfando finalmente di tutto e di tutti, autore ammirato, attore idolatrato, il triste suono del piccone distruttore del San Carlino coprì con quello del martello costruttore di un vasto palazzo al rione Amedeo : al battesimo di gloria del San Carlino è succeduta la conferma non mai alterata sin qui de' Fiorentini di Napoli e del Valle di Roma, ove si reca ogni anno a deliziare della sua inesauribile giocondità il gran pubblico della capitale.
In Compagnia Righetti sposò la rinomata attrice Carlotta Polvaro, dalla quale presto fu separato per la incompatibilità dei caratteri. […] Fama volat ; la quale non sa spifferare dalla sua sonora sampogna altro che le lodi di questo Dottore, Plusquamdottore, Archimandritta di tutti i Dottori. […] Io, io fui quella che spalancata la mia larga bottega, chiamai quella Città Felsina, cioè tutta dolcezza, e senza alcuna sorte d’amaritudine, dal nome fel, lis, che vuol dir fiele, e dalla prepositione sine, che significa senza, quasi Felle sine, senza fiele, senza amarezza. […] Costoro, questi cujum pecus, senza l’aiuto mio non si ricordano dalla bocca al naso ; Igitur adunque sappia la Dottoraggine vostra, che Illa ego qui quondam sbalzata fuor del mazzucco di Gioue mio padre, cominciai à pascere tra gl’altri Dei, me ne scesi in terra, à far anch’io edificare vna Città, doue per sempre fusse la sedia, & abitation mia ; e perchè si riconoscesse per Città di Pallade Dea delle scienze, feci tutti i suoi abitatori dotti, e sapienti ; e per dimostrar l’istesso anco co’l nome, la chiamai, non Atene, nò, ma Bononia, che vuol dire Città che non ha ignoranti, dal nome Bò, o Bue, che volgarmente si piglia per ignorante ; dalla dittione non, e dal verbo hauere, cioè Bononia Bò non ha : è però meritamente è chiamata Mater Studiorum. […] Et ideo la Città fu chiamata Bologna, quasi Bonus logos, cioè buon parlare, dalla parola Latina bonus, a, um, che significa buono, e dalla voce Greca Logos, che vuol dire il parlare.
Eccone intanto i principali lineamenti raccolti in un sol quadro somministrati dalla storia verace che nulla vela nel suo corso con maligna reticenza. […] I Selvaggi di Ulietea, anzi di ogni contrada e di ogni tempo, non oltrepassando i balli e i pantomimi accompagnati dal canto, danno a divedere al filosofo investigatore in qual distanza dalla coltura essi trovinsi. […] Tutti poi, senza che gli uni sapessero degli altri, i popoli sotto la linea o nelle opposte zone nell’incaminarsi alla coltura s’imbattono nella drammatica, la coltivano colle medesime idee generali, favoleggiano da prima in versi, ed hanno sacre rappresentazioni, e passano indi a ritrarre la vita civile, ad eccitar ne’ grandi delitti l’orrore e la compassione, a schernire e mordere i vizii de’ privati, e ad esser dalla legge richiamati a temperar l’amarezza della satira; dal che proviene la bella varietà e delicatezza delle nuove favole nate a dilettare ed istruire. […] Questi tre rari ingegni spiegavano tutta la loro energia nel delineare con maestria singolare le umane passioni, nel dipignere con verità e naturalezza i costumi, nel trionfare per una inimitabile semplicità di azione, sapendosi per tutto ciò egregiamente prevalere della più poetica e più armoniosa delle favelle antiche e moderne, e adoperando quasi sempre una molla per la loro nazione efficacissima, cioè la forza del fato e l’infallibilità degli oracoli consacrati dalla religione.
Cominciò col recitar le parti di secondo amoroso nella Compagnia condotta in Francia da Luigi Andrea Riccoboni il 1716 per incarico del Duca d’Orléans ; nel 1757 si diede a sostener parti di maggiore importanza con piena soddisfazione del pubblico, il quale vedeva in lui non solamente un artista coscienzioso, ma un uomo di onestà a tutta prova, come è dimostrato dalla seguente quartina : Mario (era il suo nome teatrale) que chacun renomme Pour un acteur ingénieux, Le rôle que tu fais le mieux, C’est le rôle d’un galant homme. […] Germano di Drancy-le-Grand, presso Parigi, una sua compagna d’arte, la Giovanna Benozzi, artista rinomatissima sotto il nome di Silvia, dalla quale ebbe quattro figli, di cui uno solo, Antonio Stefano, seguì l’arte de’genitori.
Francesco Bartoli ci lasciò di lei il seguente ritratto : Sortì dalla natura i più bei doni, che mai potesse avere una giovane attrice. […] Nelle Commedie fa valere il suo spirito e parla con eleganza e con facondia : e la sua rettorica potrebbe riputarsi studiata, quando non si sapesse che ella crea i suoi concetti in quel momento appunto che gli escono dalla bocca.
Non pertanto il Bonarelli compensa con varie bellezze sì la scelta di quel possibile straordinario che i difetti dello stile, e tali bellezze la preserveranno dalla totale dimenticanza. Le curiose avventure di Filli e Tirsi educati fra’ Turchi allontanano dalla favola il languore che suole accompagnare la maggior parte delle pastorali ripiene di fredde uniformi elegie senz’anima e senza sangue. […] Il lettore s’interessa per essa sin dalla scena terza dell’atto I, quando la finta Clori gentilmente si lagna della freddezza di lei: Sdegni ch’io ti riveggia? […] Un gran movimento riceve l’azione principale dalla riconoscenza di Tirsi, e ne aumenta la vivacità, il trasporto di Filli nel trovarlo infedele per le di lui medesimo parole. […] Non ebbe il Peri altro maestro che il proprio genio e l’udito affinato dalla lettura che nel campo un altro caprajo faceva del Furioso e della Gerusalemme.
Non per tanto il Bonarelli compensa con varie bellezze sì la scelta di quel possibile straordinario che i difetti dello stile; e tali bellezze la preserveranno dalla totale dimenticanza. Le curiose avventure di Filli e Tirsi educati fra’ Turchi allontanano dalla favola il languore che suole accompagnare la maggior parte delle pastorali ripiene di fredde uniformi elegie senz’anima e senza sangue. […] Un gran movimento riceve l’azione principale dalla riconoscenza di Tirsi, e ne aumenta la vivacità il trasporto di Filli nel trovarlo infedele per le di lui medesime parole. […] I parenti non del tutto sforniti di comodi l’aveano mandato a scuola; ma egli spaventato dalla villana sevizia del suo pedagogo lasciò la casa paterna, e si fuggì nelle selve a menar vita campestre, ed in esse senza studio pervenne ad essere poeta ed improvvisatore. Non ebbe il Peri altro maestro che il proprio genio e l’udito affinato dalla lettura che nel campo un altro caprajo faceva del Furioso e della Gerusalemme.
Fu nella Compagnia di Marta Coleoni e in quella di Antonio Goldoni, dalla quale poi passò col noto artista e capocomico Giacomo Dorati, scritturato per le parti di padre nobile e di tiranno, che sostenne, specie nelle tragedie del Pindemonte e dell’Alfieri, col plauso generale. […] Staccatosi poi il Bacci dalla società, e divenuto capocomico solo, si recò, dopo varie vicende, in Alessandria d’Egitto e al Cairo, ove si crede morisse poverissimo…. […] Paolo Fabbri, già vecchio, e probabilmente dalla sua professione ridotto a male.
Cominciò a recitar parti di secondo amoroso il ’26 nella Compagnia di Lorenzo Tassani, dalla quale passò in quella di Monti, Rosa e Marchionni, scritturato per le parti di… trovarobe. […] Entrò il ’35 assieme alla famiglia nella Compagnia di Romualdo Mascherpa in cui stette sino al ’45, per poi scritturarsi in quella Reale Sarda che abbandonò il ’53 per passare dalla parte di attore pagato a quella di capocomico ; e formò una compagnia di cui fu splendido ornamento Clementina Cazzola, (alla quale successer poi e la Pezzana e la Pedretti e Tommaso Salvini), e in cui egli assunse per la prima volta il ruolo di caratterista e promiscuo, cedendo quel di brillante al fratello Achille. Dopo quindici anni di glorioso capocomicato, si scritturò in Compagnia Giuseppe Peracchi, dalla quale uscì la quaresima del ’70 per lasciar definitivamente il teatro.
La parola non è che il suono medesimo quando nel sortir dalla bocca riceve due modificazioni di genere diverso, che articolato lo rendono. […] In che si distingue dalla favella ordinaria? […] Mi contenterò d’osservare che in qualunque sentenza a cui ci appigliamo (nè trovasi alcuna, che alla proposta quistione in ogni sua parte risponda) il canto si distingue specificamente dalla voce pei seguenti caratteri. […] Tanto l’una quanto l’altra consistono nella convenienza delle parole e de’ suoni colla natura dell’oggetto, che esprimono: l’una e l’altra dipende dalla prosodia della lingua non meno che dalla cadenza ritmica del periodo, e da quella dimensione artifiziale, che cerca gli intervalli e i riposi. […] Non è così nell’italiano, cui somministrate venendo dalla pronta fantasia cento cose alla volta, percorre in fretta tutti i tuoni, e modifica in mille guise l’accento naturale.
Sì dalla istanza del 1593, scritta di pugno del Fabbri (V.), ma oltre che dagli altri sottoscritta dal Salimbeni per sè e per gli assenti, sì dal tenore di questa lettera dettata a nome della Compagnia, il Neri ne lo ritiene (e io con lui) in conto di Capo. […] Il Salimbeni dovè certo acquistarsi buona rinomanza in questa parte : e vediam del 1608 a Fontainebleau il Delfino dar per parola d’ordine agli esenti dalla guardia il nome de'migliori personaggi della Compagnia italiana ; oggi Frittellino, domani Pantalone, posdomani Cola, e tre giorni dopo Piombino, e dopo ancora Stefanello (V.
Questo, che a prima vista sembra un paradosso, verrà nondimeno facilmente accordato dal lettor giudizioso qualora ei voglia riflettere che la energia de’ suoni musicali nel muovergli affetti non altronde deriva se non se dalla più vicina imitazione della natura, cioè dalla espressione più esatta di quei toni naturali, nei quali prorompe l’uomo allorché si sente oppresso dal dolore, dall’ira, dalla gioia o da qualunque altra passione impetuosa e vivace. […] E se qualcuno si serviva degl’inni e dei cori nel culto degli dei diversi da quelli che sono prescritti dalle leggi, i sacerdoti e i magistrati dovevano scacciarlo dalla comunità. […] Tra poco la danza si separò dalla poesia e dalla musica, e l’una e l’altra non furono più confidate alle mani del legislatore. […] Quanto più moltiplicavano essi i capricci dell’arte tanto più si scostavano dalla natura. […] Alcuni desumono la loro diversità dalla sola differenza che corre fra i gradi dell’acuto e del grave: altri dall’indole diversa delle cantilene nazionali.
Essa sola sa discernere quel che può esser bello per un sol popolo, e quello che lo farà per moltissimi: ed egli é chiaro che ciò che si chiama buon gusto, non dipende se non dalla conoscenza di questo bello271. […] Vi sono poi certe farse buffonesche che costano poco e fan gran romore dalla scena, come i mostri teatrali spagnuoli, le farse istrioniche lombarde e napolitane e le francesi delle fiere. […] Il buon gusto é una lampada che non si alluma se non alla fiamma dell’ingegno; e perciò uom di buon gusto dovrebbe per verità chiamarsi soltanto colui che dalla natura fu di predante ingegno ampiamente privilegiato, e che de’ propri talenti può fare quell’ottimo uso che si richiede ad innalzarli al raro e dipinto grado di sagace esaminatore, sopraffino conoscitore, e di dotto, gentile e grazioso producitore. […] All’incontro moltissimi fra’ dotti, come son coloro i quali calcolano il corso de’ pianeti, o Fan triangoli, tondi, e forme quadre; coloro i quali vagando pe’ voti spazi della loro immaginazione, voglion dar corpo all’ombre e vendere per dimostrazioni alcune infelici congetture su di soggetti tenebrosi, inintelligibili, e rimoti dal senso e dalla cognizione dell’uomo; coloro i quali con ammirabile franchezza favellano de’ corpuscoli elementari e de’ loro vari moti e accozzamenti nella primitiva formazion delle cose, come se stati fosseri assistenti alla madre natura allorché disciogliendo il caos, partorì il mondo; coloro i quali vogliono farla da riformatori con immaginari sistemi politici; coloro i quali visitando le cave delle piramidi d’Egitto, si arrogano la facoltà di battezzar le mummie, e sputan sulle medaglie per diradarne l’antica ruggine e farci vedere quel che non é; coloro i quali son dottoroni pel solo capitale della memoria, o che per l’enorme lettura hanno l’immaginativa languente; tutti costoro sogliono per lo più avere, spezialmente nelle materie poetiche, non sano palato, guaste sensazioni e gusti così depravati come quelli delle donne pregnanti.
Ma tanti anni indugiò poi a proseguirla in Venezia, che prevenuto dalla morte nel 1796 la lasciò imperfetta, e l’autore cessò di rimettere colà il rimanente. […] Ed ecco ciò che per le mie stampe produco alla luce, implorando dalla garbatezza di chi ama le fatighe felici del sig.
Iniziata ne’segreti dell’arte dalla zia materna, la celebre Carolina Santoni, si fece vivamente applaudire, qual prima donna giovine, a soli sedici anni. […] Questa seconda non è però dalla prima diversa, che fu di casato Clarini, e innestata negli Andreini.
Noi lo vediamo il 1796 nell’elenco dei componenti la gran Compagnia del San Carlino di Napoli al fianco dei Cammarano e dei Fracanzano, dalla quale uscì il 1803, già ottimo caratterista, a niuno secondo per la grande spontaneità, acquistata su quelle scene, ricercato dai migliori capocomici. Fu parte integrante della Compagnia reale italiana del Vicerè condotta da Salvator Fabbrichesi, dalla sua instituzione (1807), fino all’anno della sua fine, che fu il 1815.
Par che talvolta le cose non camminasser troppo bene ; e si sa che a Venezia gli fu venduta all’asta pubblica tutta la roba con quella del capocomico : grave infortunio, compensatogli da una vincita al lotto fatta dalla moglie in quell’istesso tempo di quattrocento Bavare. […] L’umile Attore offre a questo Colto ed Illustre Pubblico in attestato di rispetto e della più alta considerazione, la presente Allegoria recitata soltanto dalla fu Compagnia Goldoni nell’ Anno 1815 giacchè a quella sola apparteneva. […] Luigi sposò poi la Luisa Valenti, comica anch’essa, dalla quale ebbe quattro figli, tutti comici ; tra i quali Teresita, promettentissima attrice, morta a Roma nel’ 93.
Il Dominici nacque il 1838 a Perugia dall’avvocato Francesco e dalla marchesa Emilia Bourbon del Monte Santa Maria. […] Egli il quale non aveva che un fine nella vita : lo studio ; e un fine nello studio : l’arte ;…. che, vittima di una modestia fuor di misura, il più bello e il più fatale degli ornamenti umani, avea l’animo delicato a segno da accoglier ogni dolorosa sensazione che la superbia e ignoranza e invidia gli venivan man mano generando, egli, dico, inconscio della sua forza, si ritrasse alla fine dalla battaglia, più rassegnato che sfiduciato. […] Quando dopo molte, forse troppe prove, mi convinsi che la povertà dell’ingegno e la coltura insufficiente non mi consentivano di uscir dalla mediocrità, deposi la penna, pensando che con opere mediocri non val la pena d’ingrossare il ciarpame artistico-letterario d’Italia.
Dalla cura e dallo studio d’indagare, questa natural pendenza ed avidità di sapere chiamossi da’ latini, e poi da noi, curiosità, come quella che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guida all’attività laboriosa della scienza. Scortato l’uomo da un affetto sì vivo e per indole osservatore non poté non avvedersi di alcuni barlumi e faville maldistinte che nel giro delle cose vanno scappando fuori, e vengono a lui quasi spontaneamente dalla natura presentate. […] E’ noto dalla storia che le nazioni in se stesse ristrette esistono e fioriscono, e per molti secoli ripugnano a comunicare insieme, perché quel timore che raccoglie gli uomini in società, regna lungamente, e si conserva presso di esse, e le rende inospitali ed inaccessibili, siccome furono per gran pezza gli ebrei, gli egizi, gli sciti, i cinesi, i messicani, i moscoviti ecc. […] Si avvezza dunque l’uomo fin dalla prima età, per senso più che per raziocinio, a fuggir quel dolore e quel male, e ad appetir quel piacere e quel bene. […] Ella s’ingegna di copiar gli uomini che parlano ed operano; é adunque di tutte l’invenzioni quella che più naturalmente deriva dalla natura imitatrice dell’uomo; e non é maraviglia ch’ella germogli ed alligni in tante regioni, come produzione naturale d’ogni terreno.
Si ode strepito d’istromenti musicali dalla reggia, perchè il re stà in tavola banchettando e bevendo. […] Sì, alma infelice; scancellerò dalla mia fantasia ogni altra idea ed impressione, eccetto il tuo comando; sì, lo giuro.” […] Va dalla madre. […] Esce il Morto veduto da Amlet, e non dalla regina. […] Vieni forse a riprendere la negligenza di tuo figlio, che indebolito dalla compassione e dalla tardanza obblia l’importante esecuzione del tuo terribil precetto?
La fisica e l’ottica di Newton erano spiegate in tono discorsivo a una marchesa per convertirla dalla filosofia cartesiana alle verità scientifiche newtoniane. […] La vivacità del discorso fin dalla prima redazione è data anche dalla prassi di Algarotti di fare sfoggio dei suoi molteplici saperi e interessi e di operare continui parallelismi tra l’opera in musica, la pittura, la scultura, l’architettura, chiamate in causa in varie parti del Discorso e soprattutto in quelle dedicate alla scenografia. […] L’intento dell’opuscolo è operativo, coniuga la conoscenza dello stato dell’arte con la pratica scrittoria e si avvale di un approccio pragmatico, che nasce dalla conoscenza della situazione reale dei teatri per musica e dalla necessità di soddisfare i gusti del pubblico più che da astratti disegni riformistici. […] Algarotti pubblicò cinque edizioni del Saggio, dalla prima, uscita a Venezia nel 1755, fino alla quinta pubblicata a Livorno nel 1764. Il testo risulta, dalla prima alla quinta edizione, rivisto e progressivamente ampliato e arricchito di note.
Chi é fatto soltanto per appagar l’esteriore de’ sensi, incantato dalla magnificenza delle decorazioni e dalla sveltezza delle danze, dalla lusinghiera musica e da una tenera pieghevole voce, nulla cerca più oltre. Chi poi ha sortito una tempra più fina, rapir si lascia da forza ignota a prender partito pel soggetto che rappresentasi, e gode di essere insensibilmente ingannato dalla verisimile finzione del dramma. […] S’introduce egli con una filosofica prospettiva, che a rintracciarlo mena dalla più alta sua sorgente l’origine e lo sviluppo de’ drammi, e che si stende passo passo or occulta or palese per tutte le parti o essenziali o integranti dell’opera. Oh quanto sono stimabili quegli scrittori che anche in cose di puro piacere discompagnar non fanno le loro vedute dalla sublime infallibile scorta della filososia, che é il più gustoso condimento di ogni opera, e senza di cui ogni opera non é che una pedanteria, una fanciullaggine! […] Aggiugnetevi la necessità di dover dare il suo libro alle stampe di Napoli sua patria, lungi, vale a dire, da’ suoi occhi e dalla felice opportunità di poter ritoccarlo coll’ultime pennellate, che soglion darli talvolta a’ misura che si diviluppano nuove idee, anche sotto lo stridere de’ torchi.
« Quando — traduco liberamente dalla Escena di Barcellona — un’attrice del merito e della fama di Eleonora Duse si presenta a un gran pubblico nuovo, non gli lascia nemmeno il tempo di osservare gli artisti che la circondano : essa assorbe tutto l’interesse. […] Bene : Flavio Andò ha saputo, direm così, staccarsi dalla cornice, e formar quadro esso stesso : egli ha saputo brillare di luce propria.
I coniugi Bettini, fino dalla fondazione della Compagnia Reale Italiana, nell’anno 1807, avevano di stipendio complessivamente zecchini 440. Il giornale del Dipartimento del Reno (Bologna, martedì, 14 aprile 1812) rendendo conto delle recite che là si tenevano dalla Compagnia Reale, così parla del Bettini : Bettini è un giovane dotato di molti pregi, e ce li ha fatti conoscere nelle rappresentazioni dei Baccanali e del Maometto in cui sostenne con molto valore le parti di Eburio e di Leid, e ne riscosse i più vivi e reiterati applausi ; nè potrà a meno di ottenere lo stesso incontro ovunque, se con pari ardore vorrà farsi valere in ogni rappresentazione.
L’Otello, rappresentazione d’argomento patrio, ne sia tra le altre di prova, il di cui buon esito devesi ripetere fuor di dubbio e dalle molte correzioni fatte al non perfetto originale, e dalla sfarzosa decorazione e dalla più accurata esecuzione.
Occupati non per tanto gl’Italiani nel provvedere agli sconcerti cagionati dalla guerra, dalla politica, e dalla natura non pensavano a coltivar le arti più gentili, e molto meno la musica. […] Se già esse non furono bizzarre fantasie prodotte dalla calda immaginazion de’ poeti, la quale non contenta d’ingannare se stessa vuol per fino tramandare le sue illusioni ai secoli futuri. […] Ciò si vede dai nomi che diedero i primi Italiani alle stanze di siffate canzoni somiglianti a quelle de’ provenzali, e dalla poca filosofia con cui le accomodavano ai rispettivi argomenti. […] «Egli mostra chiaramente non avere osservata che la poesia francese era distinta dalla provenzale.» […] Sono tratte queste dall’indole diversa delle due poesie, dal niun vestigio che vi si scorge d’imitazione, dalla niuna allusione ai riti, costumanze, storia, letteratura e mitologia degli arabi, dalla niuna necessità dell’arabica comunicazione affinché nascessero in Europa la musica e la poesia, dalla generalità dei rapporti applicabili a molti altri popoli, e dal trovarsi nella storia della letteratura europea la ragion sufficiente del nascimento delle facoltà poeti che e musicali senza dover ricorrere agli arabi.
Chè tal è il porgere di Adamo Alberti, quale gl’Italiani (non parlo di quelli che si tagliano i pensieri alla francese) han sempre voluto che sia : quale la benigna natura glie lo ha largito, dotandolo di una voce scorrevolissima e sonora, d’un volto grazioso ed espressivo, d’un gesto pronto e vivace, d’un movimento libero e securo ; quale glie lo han raccomandato a prova nel suo tirocinio teatrale i due suoi maestri, cioè il proprio genitore, comico distinto a que’tempi, ed il celebre Francesco Augusto Bon, autore ed attore reputatissimo ; e quale finalmente più conveniva allo stile di Goldoni, su le cui commedie si è per dir così modellato sin dalla età sua prima. […] Passato per più vicende amorose, dalla Pieri alla Colomberti, e viceversa, sposò finalmente la prima, la Lucrezia Pieri, giovine se non più bella, più saggia veramente della Colomberti, e attrice valentissima ; la quale, invecchiando la Tessari, diventò l’idolo del pubblico. […] Divenuto amico intrinseco, dalla giovinezza, di F.
Era co’primi Gelosi, che furono in Francia nel 1577, e in quell’anno istesso preser congedo dalla Corte, non so bene se per tornare in Italia o recarsi in Inghilterra ? […] Lo troviamo il 1584 nella Compagnia degli Uniti, come si rileva dalla seguente lettera da Ferrara al Principe Vincenzo in data del 3 aprile, sottoscritta da tutti i Comici Pedrolino, Magnifico, Gratiano, Lutio, Capitan Cardone, Flaminio, Batt. […] Nel 1587 pare che Messer Battista si fosse fatto capocomico, come può rilevarsi da quest’altra lettera, tolta pure dal D’Ancona (II, 492), dalla quale anche si apprende come egli fosse già da tempo in que’ rapporti relativamente intimi che solean correre fra S.
Cominciò ad acquistar fama nella società formata pel 1851 dalla celebre Carolina Internari, in cui sosteneva il ruolo di prima donna e prima amorosa. […] Pregi incontestabili doveva avere la Caracciolo : che fosse oro colato tutto quel che usciva dalla penna de’suoi laudatori non giurerei.
Capitato a Venezia un Francesco Colleoni di Brescia, giovane elegantissimo, dai modi eletti, dalla fisionomia aperta, secondo amoroso della Compagnia di Petronio Zanerini, e occorsagli sulla riva degli Schiavoni la Marta, giovinetta allora sedicenne, tanto egli se ne invaghì che la domandò in isposa. […] Scioltosi poi il Colleoni dalla Compagnia Zanerini, ne formò una per proprio conto, in cui la Marta sostenne le parti di prima donna assoluta ; e pel merito di entrambi e degli artisti tutti che la componevano, fu quella compagnia giudicata delle migliori che scorresser l’Italia.
Dopo alquante peripezie or con una Compagnia Stecchi, di cui la prima donna era guercia, or con la Pochini, e di nuovo col Rizzotto in Sicilia, poi coll’Arcelli in Calabria, poi soldato nell’8° granatieri, finì coll’entrare il 1872 primo attore nella Compagnia di Federigo Boldrini, diretta dalla Pezzana, colla quale fu in Ispagna e nell’America del Sud. Scioltasi la Pezzana dalla compagnia, egli continuò trionfalmente al soldo del Boldrini, facendo il giro del Brasile : ma perdutivi di febbre gialla il capocomico e la moglie signora Cappella, e il primo attor giovine Ernesto Colonnello, tornò in Italia, dove, il’ 75, fece società con Alessandro Salvini, per passare poi primo attore scritturato con la Paladini, con cui fu a Lisbona, applauditissimo.
. — Dopo di avere recitato, bambina, tra’ filodrammatici della città, dopo di avere studiato il ballo, preconizzata dalla celebre Mayvood una futura ballerina di cartello, dopo di avere studiato il canto a Firenze col maestro Romani e il suo alunno Vanuccini, e di aver cantato a quel teatro della Pergola e ne’ maggiori d’Italia, scritturata per un triennio dal celebre maestro Lanari, eccola finalmente entrare nella Compagnia formata allora da Giuseppe Peracchi, poi in quella di Ernesto Rossi (’63-’ 64), che la chiama nelle sue memorie servetta e seconda donna pregevolissima, e al quale ella tributa la più profonda riconoscenza di scolara. […] Molte compagnie l’ebber con sè attrice comica e compagna incomparabile : dalla prima, come s’è detto, del Peracchi, a quella stabile napoletana dello Squillace (1898).
Colpita a Roma d’influenza, che poi andò mutandosi in polmonite, vi morì il 29 aprile 1900, assistita dal marito, dalla sorella, dal figliuolo, desolati. Fu pianta sinceramente da molti amici, dalla stampa e da ogni specie di pubblico che si vide rapir d’improvviso una delle sue più dilette artiste.
Contava Roma circa 514 anni dalla sua fondazione e presso a centoventiquattro dalla venuta degl’istrioni Etruschi, quando nel consolato di C. […] Mio figliuolo ha bisogno di venti mine richiestegli dalla madre di Filenia. […] Rimpatria, scende dalla nave lasciandovi la fanciulla, e và in busca de’ suoi. […] Patetico è poi il congedo che Carino prende dalla patria nella I scena dell’atto V. […] Vedasi dalla pagina 166 alla 173.
Chi compone drammi per musica è oggimai divenuto un fanciullo di scuola che non può discostarsi dalla riga senza tema di battiture, un fenomeno di questa natura merita che ci fermiamo alquanto per isvilupparne le cagioni. […] Ecco non per tanto che sottraendo dalla musica vocale gli accennati uffizi, il suo impiego si restringe solo a imitar i tuoni della umana favella. […] Eppure non sembra che il pubblico la intenda così se giudicar dobbiamo dalla fredda accoglienza che ha fatta al dramma del Conte Rezzonico. […] «Ricorro a voi non per tanto, attendendo prima di tutto dalla vostra discrezione, che non sarete difficile intorno al prezzo. […] Quanto a me vi dispenso volontieri dalla eleganza, e se vi piace anco dalla grammatica, insegnandomi l’esperienza che si può senza l’una e senza l’altra riscuoter sul teatro un durevole applauso.
Così rovinò il sistema poetico, e musico degli antichi invece del quale nuova poesia successe barbara, e rozza, che tutta la sua vaghezza traeva dal definito numero delle sillabe in ogni verso, e dall’accoppiamento delle desinenze simili da loro chiamate rime, e nuova musica parimenti, la quale fu ben tosto una serie noiosa, e lenta di passaggi spogliati d’ogni dolcezza, senz’altra melodia, che quella che poteva nascere dalla forza, e dalla durazione de’ suoni. […] In contraccambio di tanti pregi egli menò una vita infelice calunniato dalla ignoranza, perseguitato dalla invidia e costretto a fuggirsene altrove da quei monaci stessi ch’egli onorava colte sue virtù ed istruiva coi suoi rari talenti. […] Siffatta invenzione nacque dalla necessità di dover leggere in lontananza su’libri posti in mezzo al coro delle chiese, onde era d’uopo il rappresentar all’occhio l’alzamento e l’abbassamento de’ tuoni con segni marcati e visibili. […] Allora pervenuti al colmo gli abusi, se ne avvidero i supremi regolatori delle cose sacre del danno che poteva risentirne la religione, contro cui nessun colpo si può scagliar più funesto di quello, che le viene indirizzato dalla corruzion del costume. […] Havvi sempre a temere, che le verità più evidenti acquistino dalla discussione un’aria di problema poco vantaggioso per esse.»
Le pitture nobili, le forti passioni, i caratteri grandi tratti dalla storia greca e romana, (quasi le due sole nazioni che somministrino argomenti al teatro, perché esse quasi le sole furono ove si conoscessero quelle virtù che possono riceversi dalla legislazione, e dalla filosofia) si sostituirono sulle scene all’abbominio del buon gusto, che dominava per tutto. […] Quindi s’accorciarono di molto i componimenti, il numero degli atti si ridusse a tre di cinque che solevano essere, si tolsero via gli inutili prologhi, i quali facevano altrettante azioni preliminari separate dalla principale, si abbreviarono i recitativi, e si cacciarono infine delle scene le arie, ove prima si frammettevano contra ogni retto pensare. […] Le commedie musicali eziandio, ovvero siano le opere buffe, ricevettero maggior lume dalla sua penna, tra le quali merita particolar menzione il Don Chisciotte benché i caratteri vi si dipingano con troppo languidi colori a paragone dell’immortale spagnuolo autore di quel romanzo. […] Talvolta gli cadono dalla penna alcune che si direbbe essere state lavorate colla morbidezza metastasiana, come, per esempio, questa: «Dove sei tu Robusta gioventù? […] Ed allora il dramma sortì dalla schiavitù dove lo tenevano oppresso i macchinisti e gli impresari, e prendendo per compagne, e non mai per sovrane, la decorazione e la melodia, ei comparve fregiato di tale splendore quale non ebbe mai da’ Greci in qua nel lungo corso di molti secoli.
Uscito dalla Reale, tornò a vagar di compagnia in compagnia, passando poi nel '52 a' Fiorentini di Napoli, ove stette dodici anni, divenuto omai creatura del suo pubblico. […] In un mio manoscritto di notiziole, raccolte dalla bocca de' vecchi artisti, trovo questa curiosa, e interessante : « Luigi Taddei buttava al pubblico ogni fine di frase, e camminava come un ballerino. » Dettò poesie, non prive di spontaneità e di acume, tra cui una satirica intitolata Artisti e giornalisti, che ha, tra l’altre, strofe come queste : È un foglio inutile, ma molta gente va a sottoscriversi immantinente : gli artisti corrono per la paura come le pecore alla pastura. […] Se con lui sempre starete nuovi scherzi apprenderete, nuove grazie, nuovi sali, e facezie naturali, ch'ei succhiato ha dalla balia per conforto dell’ Italia, chè se l’ode su la scena la dolente si serena, e dimentica gli affanni ch'ella soffre da tanti anni !
La commedia latina si copiò dalla nuova de’ greci, e non ebbe coro di sorta alcuna. […] Ma quantunque sentisse questi le punture, mantenne la parola quanto al premio, e gli diede anche l’anello quasi in segno di ristabilirlo nella dignità equestre, dalla quale pareva Laberio per di lui capriccio decaduto. […] I mimi prodotti da tali scrittori erano ingegnosi, morali e piacevoli, nè si scostavano moltissimo dalla commedia. […] Giulio Batillo di Alessandria dalla prisca danza comica formò l’Italica, la quale per la troppo oscenità diede motivo ai tratti satirici lanciati da Giovenale nella citata satira sesta. […] Batillo favorito da Mecenate giunse a far bandire da Roma e dall’Italia il suo emulo Pilade, benchè Suetonio ci dica essere costui stato esiliato, per avere dalla scena mostrato a dito uno degli spettatori che lo beffeggiava.
Volenteroso, appassionato, riuscì a occupar, dopo non lungo noviziato, il posto di brillante assoluto, che tenne con costante favore del pubblico, passando dalla Compagnia di Michele Ferrante a quelle di Alessandro Monti, di Angelo Diligenti, di Luigi Monti, e di altri, e diventando poi capocomico, or solo, ora in società. […] E concerti diede acclamatissimo a Venezia e a Verona ; e dalla filarmonica di Verona ebbe diploma di professore, e più volte fu ed è tuttavia dal pubblico applaudito come attor comico e come flautista.
Piniere, autore dalla satira intitolata le Siècle, non ne parla diversamente, e si scaglia in ispecie contro la Prude, Ophis e Pinto, mostruosità, aggiugne, che fanno la vergogna del teatro francese. Questi ed altri simili drammi sono discesi dalla tragedia cittadina, la quale, ove si preservi da colori comici, e si contenti di cedere i primi onori al sublime continuato della tragedia grande, potrebbe tollerarsi anche in un teatro che non ignori il buon sentiero. […] Dionigi Diderot filosofo di molto nome morto nel 1787, vide il suo Padre di famiglia nel 1761 rappresentato in Parigi con felice successo, ed applaudito eziandio su’ teatri stranieri, principalmente perchè sin dalla prima scena il pubblico s’interessa per Sofia, e per Saint-Albin, la cui passione è ritratta con ottimi colori. […] Confesso che egli dovea meglio contenersi nel recinto prescritto alla commedia nel toccare le passioni tenere; che nel piano si scorge qualche difetto di verisimiglianza; che i colpi teatrali di tutto l’atto IV prodotti dalla vendetta meditata da madama Murer, sembrano più proprii di un’ opera musicale eroica, che di una commedia. […] Fabrizio cafettiere di ottimo cuore è copiato dalla Bottega del Caffè del Goldoni.
Frattanto la parte ridicola e satiresca de’ Cori che precedettero la poesia Tespiana, appartata dalla tragedia come scoria di niun pregio, errava pe’ villaggi sotto il nome di Commedia preso dal greco vocabolo κομαζειν banchettare. […] La vittoria si dichiarò per gli comici, se ad altro non si miri che al pregio dell’invenzione ed al piacere prodotto dalla novità degli argomenti. Imperciocchè i tragici ricavavano i loro soggetti dalle favole di Omero e dalla mitologia; ma i comici soccorsi soltanto dalla propria immaginazione gli traevano, per così dire, dal nulla, e presentavano uno spettacolo tutto nuovo. […] L’espressioni iperboliche del Mattei vengono contraddette dalla storia, e debbono tenersi puramente per esagerazioni capricciose.
Si è però preteso da taluni troppo leggermente che esse fossero sin dalla loro origine basse non solo e buffonesche ma oscene ancora. […] Contava Roma circa 514 anni dalla sua fondazione e presso a centoventiquattro dalla venuta degl’ istrioni Etruschi, quando nel consolato di C. […] Rimpatria, scende dalla nave lasciandovi la fanciulla, e va in busca de’ suoi. […] Patetico è poi il congedo che Carino prende dalla patria nella prima scena dell’atto quinto. […] Il prologo vien formato dalla Lussuria e dall’Inopia di lei figliuola, la quale dalla madre è mandata ad abitare in casa del giovine Lesbonico, dopo che per le sue prodigalità ha dissipato quanto avea.
Quand’ecco arriva sulla scena lei con una scatola in mano, vestita proprio come una sartina che si rechi a domicilio, e, senza uscire dalla naturalezza, fa sentire la musica di quella voce. […] Enrico Panzacchi, analizzando la interpretazione dell’Adriana Lccouvreur di Clementina Cazzola (V.) e di Virginia Marini, di questa viene a dire : L'Adriana invece rappresentataci dalla Marini è altra donna. […] La passione regna dentro poderosa, assoluta, una di quelle passioni che decidono il destino di tutta una vita, ma pare che dorma e sogni tranquilla carezzata dalla fede e dalla speranza.
Interessante è il secondo incontro della regina tiranneggiata dal fasto e rapita dalla propria debolezza, e del conte combattuto dall’amore di Bianca e dalla speranza del possesso di una regina dotata di bellezza. […] L’uditorio si scompiglia; chi grida da’ palchi, chi dalla cazuela, chi dalla grada; il Grazioso marito della Baltassarra ed Eredia capo della compagnia vengono fuori confusi e disperati per le loro perdite, e termina l’atto. […] Ma chi lo salva dalla morte? […] Che delicato contrasto di un orgoglio nutrito sin dalla fanciullezza, e di un amor nascente nel cuore di Diana! […] Piano così assurdo verseggiato inegualmente in istile lontano dalla gravità e dalla correzione, a chi poteva parer tragedia perfetta se non al signor Lampillas?
Sposò in quell’anno Amalia Vannucci bolognese e attrice, che gli morì a Padova di colèra il '55, e dalla quale ebbe un figliuolo, Rodolfo. […] Passò del '74 in seconde nozze con Sofia Cerretelli, dalla quale ebbe due anni dopo il figliuolo Eleuterio.
Ma come dedurre da ciò che la lingua provenzale derivi dalla catalana? […] Tuttavolta insino a questo giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance apologetiche e le bravate e i lampi e i tuoni strepitosi ed innocui de’ Lampillas, dell’Arteaga, de’ Garcia de la Huerta, ed altri simili trasoni, sofisti e declamatori) a me non è riuscito raccorre nè dalla storia nè da’ romanzi apologetici stessi cosa veruna teatrale di questo secolo, siccome nè anche riuscì al dotto bibliotecario don Blàs de Nasarre nè all’abate Andres. […] Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, ed appresso montarono sudi un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a tal nuovo devoto divertimento.
Ma come dedurre da ciò, che la lingua Provenzale derivi dalla Catalana? […] Tuttavolta insino a questo giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance apologetiche e le bravate e i lampi e i tuoni strepitosi ed innocui de’ Lampillas, degli Garcia de la Huerta ed altri simili trasoni, sofisti e declamatori) a me non è riuscito raccorre, nè dalla storia, nè da’ romanzi apologetici stessi, cosa veruna teatrale di questo secolo, siccome nè anche riuscì al dotto bibliotecario D. […] Fermavansi da principio a cantar nelle piazze, facendo come uno steccato co’ loro bordoni, e di poi montarono su d’un rustico palco in una casa comprata espressamente da alcuni per trarre profitto dalla folla che concorreva a questo nuovo devoto divertimento.
… Ella nacque e crebbe in un guittume di nuova specie : non in quel guittume generato dall’inerzia, dalla sudicieria, dalla mancanza di ogni senso d’arte (e questo può trovarsi in artisti di prim’ ordine) ; ma in quello generato dalle avversità e dall’ambiente. […] Tornata lei l’ ’88 con Zago, che era divenuto nella proprietà e direzione della compagnia socio di Guglielmo Privato, vi è anch’oggi, e vi starà per un pezzo, amata e stimata dai compagni, dal pubblico, dalla stampa, per la dolcezza dell’indole, per la bontà dei costumi, per l’amore e il rispetto dell’arte.
Abbiam visto al nome di Adami Beatrice, com’essa, già moglie di Trappolino, fosse stata nel ’39 rapita in viaggio dal conte Bonaparte Ghislieri ; e dalla lettera del Toschi datata da S. […] A. e dalla Sua serenis. […] A. che egli cessi la sua…… di Masaniello, p che continouamente tiene in moto tutti, e questo lo sa cosi ben fare, che imposibile a dirlo. egli sie licenziato dalla Compagnia fuori dogni ragione, e se dice p la uicenda, V.
A Padova, innamoratosi di un’attrice della Compagnia Boldrini-Peracchi, si scritturò a prova secondo amoroso contro il volere del padre, e aiutato segretamente dalla madre ; ed esordì con la parte di Egidio nelle Scimie di Gherardi del Testa. […] Di taluna di esse (del Padre Prodigo di Dumas figlio) affidò la direzione a Paolo Ferrari, il quale, traeva tale gagliardìa dalla disciplinatezza, dalla sommissione, dal volere di noi giovani, che a volte restava in teatro a dirigere dalle dieci di mattina alle quattro di sera.
Eppure piaceva al pubblico ; ed era l’idolo di Venezia ; e licenziato qualche anno dopo dalla Compagnia di San Samuele, fu preso con avidità dalla Compagnia di San Luca (Gold. […] Dal '25 si passa a una lettera del '35, in cui dopo di avere accennato a un nuovo sputo di sangue avuto il '29 a Padova, racconta come la passata quaresima (1734) tornando da Roma fosse caduto con tutto il calesse in mezzo a un fiume, e avesse dovuto restar due giorni in una casa di contadini per asciugarsi, dalla quale partì a cavallo, essendo il calesse infranto, con vento e neve così terribili, che credette morirsi per via.
Fu la Biancolelli moglie esemplare : ed essendosi sparse contro di lei dicerie calunniose, per mostrare in che conto ella fosse tenuta dalla Corte, l’abbate Torta, limosiniere di S. […] Cloud, in data 10 agosto 1688 (otto giorni dopo la morte di suo marito), la lettera seguente che trovo trascritta e seguita dalla traduzione francese nel citato Manoscritto del Gueullette, e che ritengo tuttavia inedita : Molto oss.
Ma dove il difetto della pronunzia siciliana, se non spariva, si nascondeva, sopraffatto, dirò così, dalla acuta interpretazione del testo e dalla fine cesellatura delle frasi e delle parole, rivelando al pubblico, colla maggior semplicità di mezzi il più riposto concetto dell’ autore, era nelle cose comiche.
Nato da famiglia civile, l’abbandonò giovanissimo, fuggendo, per un amore, dalla terra natale. […] Passò il 1776 con la Faustina Tesi ; ma dopo due mesi fu licenziato dalla compagnia per contese domestiche.
te sodisfatto della virtù e servizio prestatomi dalla Sig.ra Clarice Gigli, e dalla Sig.
Sposatosi finalmente, fece parte della Società Internari-Paladini, e si recò del '30 a Parigi, lasciando la moglie malata in Italia presso la sua famiglia, sostituita per favore nel suo carattere di serva dalla moglie del caratterista Taddei. […] Mortagli poco dopo la moglie (1831), passò a seconde nozze con Fanny Donatelli, divenuta poi buona artista di canto, dalla quale in breve fu per infedeltà separato.
Ma onde sia venuta in mente a’ poeti siffatta idea; per qual istrano cangiamento di gusto una nazione sì colta sene sia compiacciuta a tal segno, che abbia nel teatro antiposta la mostruosità alla decenza, il delirio alla verità, l’esclusione d’ogni buon senso alle regole inalterabili di critica lasciateci dagli antichi; se il male sia venuto dalla poesia ovver dalla musica, o se tutto debba ripetersi dalle circostanze de’ tempi, ecco ciò che niun autore italiano ha finora preso ad investigare, e quello che mi veggo in necessità di dover eseguire a continuazione del metodo intrapreso, e a maggior illustrazione del mio argomento. […] La certezza di tal effetto può facilmente conoscersi dalla esperienza. […] Non occorre punto fermarsi intorno all’origine della prima, essendo noto ad ognuno che nacque dalla mal intesa imitazione de’ poeti greci e latini trasferita al teatro. […] Particolari cagioni fecero sì che tanto questa spezie di maraviglioso quanto quello della mitologia degli antichi s’unissero agli spettacoli accompagnati dalla musica. […] La destrezza è sempre dalla parte del seduttore, e lo sfortunio dalla banda della innocente.
Venuto alla disperazione, risolse di disertare ; ed essendo il suo reggimento non lungi dalla Savoja, si rifugiò sulle terre del Re di Sardegna. […] Alle porte della città, il povero ramingo dovette fermarsi, chè non era permesso l’entrata a chi veniva dalla Savoja, senza un chiaro esame sul suo nome, sul suo stato, sui suoi disegni. […] Ma di quelle ch' ebber maggiore successo fu fatta dalla Vedova Duchesne (M.DCC.LXXII) una bellissima edizione in due volumi in-8°, che comprende Sanson, Le petit Maistre amoureux, Le Frère ingrat, La Feinte inutile, Les Gaulois, La Fille arbitre, L'Amant Prothée, Le Superstitieux, Pigmalion.
Questo traffico de’ letterati è antichissimo (Nota IV); ma distinguasi il plagio vergognoso dalla lodevole imitazione. […] Queste cose fanno riuscire il melodramma italiano diversissimo dalla tragedia francese per la ricchezza e l’ economia dell’azione76. […] Sesto al contrario, personaggio incomparabilmente più tragico78, è combattuto dalla conoscenza delle virtù di Tito, dall’amicizia da lui oltraggiata, dall’immagine d’un gran tradimento senza discolpa, dalla virtù cui non ha del tutto rinunziato, dalla debolezza per Vitellia che lo tiranneggia. […] ) che la commedia può sì bene essere avvivata dalla musica prima che gl’ Italiani gliel’ avessero insegnato colla Serva Padrona”. […] Andres, e vorrebbe sbandirlo dalla scena, non che dall’opera di Metastasio?
La commedia latina si copiò dalla Nuova de’ Greci, e non ebbe coro di sorte alcuna. […] Ma quantunque sentisse questi le punture, mantenne la parola quanto al premio, e gli diede anche l’anello quasi in segno di ristabilirlo nella dignità equestre, dalla quale pareva Laberio per capriccio di lui decaduto. […] Publio Siro così denominato dalla Siria ove nacque, fu schiavo in Roma, ma ottenuta la libertà andò rappresentando i suoi mimi per l’Italia. […] I mimi prodotti da tali scrittori erano ingegnosi, morali e piacevoli, nè si scostavano moltissimo dalla commedia. […] Giulio Batillo di Alessandria dalla prisca danza comica formò l’Italica, la quale per la troppa oscenità diede motivo ai tratti satirici di Giovenale nella citata satira sesta.
Vincenzo Cammarano ebbe due mogli : dalla prima ebbe tre figlie, dalla seconda, Paola Sapuppo siciliana, i maschi, fra’ quali Filippo attore e scrittore di lavoroni popolari mitologici-briganteschi, e Giuseppe geniale pittore che il più delle volte istoriava al S.
Passò il '31, dalla Compagnia Pieri, in quella di Domenico Verzura, poi, nel '33, primo attore in quella di Lorenzo Cannelli, nel '34 di Corrado Vergnano, e nel '35 di Carlo Gol- doni diretta da Augusto Bon, in cui stette due anni. […] Aveva il Landozzi sposata del '34, mentr'era in Compagnia Vergnano, una Maria Chiavistelli, fiorentina, attrice mediocre, ma siffattamente pazza da avvelenar gli ultimi anni del pover uomo, dalla quale ebbe dodici figliuoli, e la quale morì nel Pio Albergo Trivulzio, il 20 ottobre del '91.
Benchè da tanti obblighi non ritraesse che un piccolo stipendio, pure non solo provvedeva alla propria sussistenza, ma siccome era studiosissimo, toglievasi spesso il pane dalla bocca, per comprare dei libri. […] Sembra che il tempo e l’amor materno, non meno delle preghiere della sorella, gli ottenessero il perdono della severa Elisabetta dopo diciassette anni di esilio dalla famiglia : e infatti lo ritroviamo nel 1820 nella Società drammatica della madre e della sorella al posto di primo amoroso assoluto, dopo la scelta del primo attore Meraviglia, con la moglie Teresa, brava prima e seconda donna giovane.
L’abate Genêt ne scrisse altre rapprentate dalla duchessa du Maine colle sue dame. […] Egli é qui da notarli però, che l’opera francese eroica differisce assai dall’italiana oggidì; mercé che ella nacque dalla nostra, qual’era in Venezia e nella Toscana al secolo XVII, quando i nostri drammatici tiravano gli argomenti dalla favola, ed altro oggetto non aveano che di parlare ai sensi con tante macchine e decorazioni. Ma l’opera italiana presente imita le cose sumministrate dalla natura, e gli eroi umani, dopo che vi si sono adoperati i Salvi, gli Stampiglia, gli Zeni, e i Metastasi. […] Ma le rappresentazioni arlecchinesche sono buffonerie conosciute per tali anco dalla plebe femminile, né vi é pericolo che producano in Italia tale effetto. […] Chi poi gli ha detto che le donne in Grecia e in Italia erano talmente allontanate dalla società che non se ne potevano ricavar caratteri per la scena?
In Suida troviamo ancora che il gramatico Sosibio Spartano compose un trattato sul genere di commedia usato dalla sua nazione. […] La sua figura era rettangola dalla parte che serviva alla rappresentazione, e circolare da quella dell’uditorio. […] Nell’alto era ancor situata la macchina versatile, dalla quale giove lanciava i suoi fulmini, come dinota la voce Κεραυνοσκοπειον che le diedero. […] Erano essi fra loro accordati con musica ragione in guisa che scossi dalla voce la rimandavano più sonora e modulata. […] II delle Vic. della Colt. delle Sicilie dalla pag. 146.
Ogni riconoscenza ed applauso esigono dalla grata posterità le utili fatiche del Muratori, del Maffei, del Gori, del Guarnacci, del Passeri, dell’Accademia di Cortona ed anche del Dempstero, i quali sparsero da non gran tempo non picciola luce sulle antichità Etrusche. […] Tali i due Tempii, de’ quali il primo semplice, grave, solido contiene sei colonne, ed altrettante dalla parte opposta, e si allontana dalla maniera Dorica Greca e dall’ordine Toscano de’ tempi posteriori; ed il secondo più picciolo che dinota essere stato da’ Toscani eretto posteriormente, quando già essi appreso aveano a congiungere alla solidità il gusto di ornare. […] Gli spettacoli destinati al ristoro della società dopo la fatica, furono un bisogno conosciuto dalla nuova città più tardi di quello di assicurare contro gli attentati domestici e stranieri la propria sussistenza per mezzo della religione, della polizia e delle armi, Perciò quando l’Etruria sfoggiava contante arti e con voluttuosi spettacoli, e quando la Grecia produceva copiosamente filosofi poeti e oratori insigni e risplendeva pe’ suoi teatri, Roma innalzava il Campidoglio, edificava templi, strade, aquidotti, prendeva dall’aratro i dittatori, agguerriva la gioventù; batteva i Fidenati e i Vei, scacciava i Galli, trionfava de’ Sanniti, preparava i materiali per fabbricar le catene all’Etruria, alla Grecia, e ad una gran parte del nostro emisfero.
Pieri era guidato dall’arte ; Bellotti-Bon dalla sua natura…….. […] Dai modi insinuanti, dalla parola convincente, dall’indole dolcissima, esercitava su’novizj e su’ provetti un fascino ineffabile : non uno de’ vissuti con lui o sotto di lui che non ne abbia ricordato e non ne ricordi tuttavia con profondo rammarico la bontà e la valentia. […] Dire delle lodi tributategli dalla stampa concorde e dal pubblico di ogni specie e da’comici, è superfluo. […] Il Bellotto recitò molti anni sempre ben visto ed applaudito ; ma poi, alienatosi dalla professione, passò ad abitare in Trevigi, dove, fatto già vecchio, terminò felicemente i suoi giorni intorno all’anno 1766. »
Le stupidaggini del Massinelli nella Class di asen, e il cretinesco soggetto della tragedia di Otello, detto dal Càmola nella Bagolamento-fotoscultura, otterrebber con altri gli scoppi d’ilarità prodotti dalla voce, dalla pronunzia, dallo sguardo, dal gesto di Ferravilla ? […] Guardatelo in tutte queste illustrazioni che riproduco dalla citata opera dell’Arrighi per gentil concessione del suo editore Carlo Aliprandi !! […] Ci avete divertito coll’arte sana, che non ha artifizii di belletti, nè sapori d’assenzio ; ma che sgorga limpida e pura dalla roccia granitica della natura umana ; sempre bella, quando è nuda ; sempre bella anche nel suo lato ridicolo e comico.
Lontano dalla grandezza del primo non meno che dalla delicatezza ed eleganza armoniosa del secondo, egli non cade però nè nell’enfatico di quello, nè nell’elegiaco di questo. […] È questo il bell’esempio da proporsi a’ nazionali per tirar tragedie dalla storia patria? […] Contarini gli fa riflettere che l’accusato è condannato dalla legge, e che non dipende dall’arbitrio de’ giudici. […] Gl’Inquisitori Loredano e Contarini per ciò non si rimuovono dalla sentenza data. […] Ecco intanto ciò che rende la storia differente dalla tragedia.
quell’arte, quel giudizio, quelle sentenze tratte dalla più profonda filosofia e rendute proprie del teatro comico? […] Fu questa la prima sua commedia rappresentata nell’additato anno di Roma 587 dalla compagnia comica di L. […] Sventuratamente Panfilo distratto negli amori di Bacchide, punto non le si appressa, comechè pel di lei bel costume prenda ad amarla; indi per impossessarsi di una eredità parte dalla patria, e dimora lontano dalla moglie sino al giorno in cui Filomena partorisce. […] Paventa bene Panfilo di qualche grande sciagura, e corre su dalla moglie. […] Cornelio Merola, dalla compagnia comica di L.
ma come io ho gettato a terra ogni trofeo eretto dalla S. […] Si assaltò perfino di notte da un servo dipendente da Fritellino il figliuolo del Ricci, perchè odiato a morte dalla Cecchini. […] Trascelgo le poche dalla prima parte che ci dicon le lodi di Florinda. […] S. e far si che d’alcuno ajuto sovvenuta sia sì dalla M.tà dell’ Imperatrice, come dalla M.
Tuttavolta il poeta la fa venire dalla figliuola: ma quando? […] Un fatto sì strepitoso avvenuto in pubblico, poteva ignorarti con verisimilitudine dalla regina? […] ; il III terminerebbe col suddetto coro della scena IV dell’atto V; e ’l IV comincerebbe dalla scena V. […] Lo scioglimento si fa per macchina (come nella maggior parte delle tragedie antiche) dalla musa. […] Or questo non é trar la tragedia greca dalle fasce o dalla cuna, ma copiarla.
Una volta, a sollevarla dalla indigenza nella quale fu trascinata un po’dalle vicende dell’arte e molto dalla sua natura, si unirono con pietoso e gentile proposito i migliori artisti nostri, i quali dettero una di quelle rappresentazioni che segnano una data nella storia dell’arte.
Trasferito il padre a Torino, era impiegato di Prefettura, l’Annetta ottenne di poter frequentare la rinomata Scuola di Carolina Malfatti, dalla quale uscirono la Tessero, la Pezzana, Emanuel, Maggi, Diotti. […] Questa figura così vaga, così gentile, intorno alla quale il poeta ha speso un largo tesoro di grazia e di bellezza, è stata incarnata da lei senza mende, senza incertezze e con una ispirazione felicissima, dalla prima all’ultima scena.
Non ancora spirato il secondo anno di studj, s’era nel 1833, il futuro avvocato, appassionatissimo dell’arte, in cui ebbe lezioni, dicono, dalla celebre Pellandi, e in cui fece prova eccellente nella filodrammatica della sua patria, si scritturò primo attore nella Compagnia di Marco Fiorio, di cui era prima attrice Carlotta Polvaro, vedova del brillante Angiolini, la quale egli sposò dopo alcun tempo. Passò con lei dalla Compagnia Fiorio in quelle di Ghirlanda, di Asti, e Domeniconi (1842).
Di lui non abbiam trovato alcun cenno fuorchè nel Quadrio che dice soltanto essere stato anch’egli di singolari talenti dalla natura dotato, e molto favorito da Principi.
Comico milanese. « Innamorato di grido – scrive il Bartoli – che meritò d’essere applaudito per tutto quel tempo, che si fece veder sulle scene, fino che sorpreso dalla morte cessò di vivere intorno al 1750. »
Esce Priamo dalla città alla testa de’ principali Troiani, e celebra la fuga dei Greci e la liberazione della patria. […] Priamo prega gli dei tutelari di Troia d’inspirargli quello che sia per lo migliore; e intanto sacrificano al Xanto e alle Ninfe dell’Ida, invitandole a scendere dalla montagna per unirsi con Venere, la quale fra giubilo di suoni e cantici è per guidare le festevoli sue danze là dove prima, tra gli urli e i gridi, Marte guidava la fiera sua tresca. […] L’Atto terzo incomincia da Enea, il quale in sulle prime vigilie della notte destato dalla terribile visione che ha avuto di Ettore, viene alla tomba di lui, vi reca doni ed offerte, commisera il destino della patria, attesta gli dei di aver fatto quanto era in lui perché non venisse condotto dentro di Troia il cavallo fatale, e domanda agli medesimi dei la forza di cui era dotato Ettore, quando arse le navi dei Greci, perché la Patria, se ha da cadere, non cada invendicata.
E Salvatore Di Giacomo : Altigonda Colli, la romana passata dalla Fenice al S. […] Il Goldoni (ivi, XVI) ci narra particolareggiato l’ accaduto, generato dalla vanità dell’ attore. […] Ho scritto dunque intieramente il Prodigo sulla Brenta, e poi ho ricavato dalla Commedia lo scheletro, o sia il soggetto, e l’ ho dato ai Comici, tenendo nascosta la Commedia scritta.
Ella, scioltasi amichevolmente dal Moncalvo, accettò la scrittura, ed esordì a Milano al Re Vecchio, teatro d’importanza massima a quel tempo, nel dramma « Un fallo » (rappresentato poco innanzi con gran successo dalla Ristori) sollevando all’entusiasmo il pubblico che le diede il battesimo di grandissima. […] Ma la Pia si replicò cinque sere con crescente favore, e la giovinetta, baciata dall’autore e dalla Marchionni, ricevè il battesimo della gloria. […] Gustavo Naiper, il figliastro di Maria Luigia, che la conobbe e ammirò e protesse a Milano, a’primi passi gloriosi dell’arte sua, la presentò alla sorella San Vitale, col mezzo della quale fu invitata a colazione e protetta poi e amata dalla Duchessa.
Da un quadro storico sulle Sette, tratto dalla Inquisizione istituita negli Stati Estensi, risulta che Romualdo Mascherpa fu aggregato alla massoneria nel 1818, per opera dell’ ex-officiale Carlo Zucchi e del capitano Sirelli. […] Fu socio di Calamai, poi scritturato da Sterni e Majeroni, poi da Morelli e dalla Tessero, coi quali s’ebbe, assieme al Mariotti, il diploma d’incoraggiamento del giurì drammatico milanese. […] Giovane, che partita dalla sua Patria diedesi alla comica professione ; e che in alcune vaganti Compagnie da circa sei anni va ritrovando impiego.
Fuggì a diciotto anni dalla casa paterna, ed esordì ad Abbiategrasso. […] Eteocle fu ucciso dal fratello, Agamennone fu ucciso dalla consorte, Edipo ha ucciso il padre, Filippo ha ucciso il figlio, e Meneghino non ebbe mai altro nemico che la mestizia de'suoi uditori. […] Scrisser di lui distesamente il Ghislanzoni, il Regli, il Brofferio….. abbiam lettere di Adelaide Ristori, di Ernesto Rossi, di Alamanno Morelli….. e poesie di ogni specie, fra di cui una Cantata di addio del '33 a Torino, dalla quale apprendiamo com’egli recitasse in italiano il D.
All’emergere dalla seconda barbarie le moderne nazioni Europee, prima di avere chi potesse dettare uno squarcio di prosa competente, abbondarono di Trovatori Provenzali e di Rimatori Siciliani. […] La poesia che dipigne, abbisogna d’immagini che rappresentano le cose, la cui storia dalla prima età si va imprimendo nella fantasià. […] Nell’uno e nel l’altro caso viene dalla vigilanza della legge corretto e richiamato al dovere. […] Ciò ne sugerisce un fondato raziocinio sostenuto da antichissime tradizioni, e dalla storia; che che ne abbiano pensato in contrario Ludovico Castelvetro nelle sue Esposizioni alla Poetica di Aristotile, le Battaux nella sua opera le Belle Arti ridotte ad un principio, e l’autore del l’articole Prose nel Dizionario dell’Enciclopedia.
I Precedenti fatti principali variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi e de’ gradi di coltura compongono la storia de’ teatri di tutta la terra. […] Oltre a ciò vengono dalla musica accompagnate tutte le cerimonie fatte negli appartamenti delle imperatrici. […] Ora se tali cerimonie, solennità e affari venivano quivi dalla musica accompagnati, non doveva essa entrare negli spettacoli teatrali? […] Mancano dunque i Cinesi di arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande, atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel veroa L’ultima opera del riputato Guglielmo Robertson sulla Conoscenza che gli antichi ebbero del l’India, ci presenta nel l’Appendice la notizia di un altro dramma orientale scritto intoruo a cento anni prima del l’era Cristiana. S’intitola Sacontala, tradotto da Iones in inglese dalla lingua Sanskrit.
Giuseppe, e di tutti i Santi protettori ed Avvocati, acciò lo assistano nel punto estremo di sua vita, si apprende come dopo aver lasciato alla Carlotta Corazzi sua diletta consorte (sic) (era una nobile signora veneziana che sposò nel 1817, e dalla quale poi visse diviso) il medesimo trattamento che riceveva vivente il marito, e di avere nominato erede universale il figliuolo Alessandro ch’egli ebbe legittimamente dalla moglie, lasciasse otto scudi fiorentini al mese sua vita natural durante a Coriolano figlio naturale ch’ egli ebbe dalla signora Margherita della Rose, dimorante a Milano e presso un farmacista Cataneo, il quale prega vivamente di cure e assistenze speciali a detto figlio sinchè non sia pervenuto all’età maggiore. […] Alle suppliche della moglie atterrita, alle sue lagrime incessanti egli dovè cedere finalmente : e, passando di pericolo in pericolo, potè varcare il confine e recarsi a Roma sottraendosi così a morte sicura alla quale, per le sue idee liberali, era già stato dalla Commissione reale condannato. […] Dal ’6 al ’10 fu poi colla Compagnia reale italiana del Fabbrichesi, dalla quale si tolse per formar società con Meraviglia, Calamai ed Elisabetta Marchionni la madre della celebre Carlotta : società che andò innanzi a gonfie vele sino a tutto l’anno comico 1822-23.
Costretto dalla sorte a riprender la via dell’arte, entrò nella Compagnia Internari (1823), ove stette più anni, festeggiato e acclamato. […] Esiliato dalla Lombardia, dal Veneto, dalla Toscana, dallo Stato Pontificio, dal Napoletano e dalla Sicilia, dovè rifugiarsi nel Piemonte, ove fino al '61 restò, percorrendone le varie città or con compagnie rilevate, or con formate di nuovo. […] Leone Fortis delineò l’uomo politico nel Capitan cortese del 12 aprile '96 con queste parole : Fu tutto di un pezzo : repubblicano sin dalla prima giovinezza, fiero nemico così dell’ oppressione straniera, come di qualunque arroganza anche tribunizia che mirasse ad imporsi, sia con la dittatura della piazza, sia con quella della Reggia. […] Ma sta in fatto che l’uno e l’altro scopo non ottenner dalla cattedra tutti insieme gli eruditi espositori, com’ egli dalla scena al popolo infiammato.
[Frontispizio] Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente.
Cominciò a recitar nella Compagnia di Nicodemo Manni, dalla quale passò poi in quelle di Girolamo Brandi, di Pietro Rosa, di Francesco Paganini e di Nicola Menichelli, col quale trovavasi del 1782.
Francesco Bartoli dedica una mezza pagina di lodi a questo comico, per aver potuto, dopo uno studio indefesso, accurato e minuzioso, sostituire Agostino Fiorilli nella maschera del Tartaglia, quando questi si tolse dalla Compagnia d’ Antonio Sacco per recarsi in quella di Maddalena Battaglia, riproducendone fedelmente i soggetti ed i lazzi.
Fu il primo amoroso, nel 1850, della Compagnia che Antonio Colomberti formò in società con Eugenia Baraccani, sposata la quale, si fece capocomico egli stesso, separandosi poi amichevolmente dalla moglie, e ritirandosi dopo alcun tempo dall’arte per andare a seguire il figliuolo, divenuto tenore de' più ammirati.
Non molto diversa dalla tragedia era il dramma detto Ilarodia o Ilarotragedia. […] In qual guisa egli maneggiasse questi argomenti tragici scostandosi dalla tragedia senza cadere nella commedia, non si divisa da que’ pochi frammenti che se ne adducono. […] Approssimavasi l’ilarodia alla tragedia, e la magodia non molto si allontanava dalla commedia. […] Platone che dalla sua repubblica escludeva i poeti, pregiava altamente i Mimi di Sofrone. […] Di quì nacque che non volendo gli attori mimici esser tenuti da meno nell’arte di rappresentare, si divisero dalla commedia e l’esempio eccitò altri rappresentatori ancora a separarsene, lasciando ai Comedi la nuda commedia, e così ciascana specie di attori diessi a rappresentar separatamente le proprie farse.
Ella è fornita d’ingegno e di ottimo gusto, capace di discernere la buona dalla cattiva musica, intendendola benissimo ed avendo anche composto alcuna cosa, ond’è che canta con fondamento e sicurezza. […] Un filosofo Italiano per amor dell’umanità impiegò le sue meditazioni per salvar dalla morte gli uomini rei or non sarebbe ancor meglio impiegata la voce de’ veri dotti a muovere la potenza e la pietà de’ principi spagnuoli ed italiani per salvar tante vittime innocenti dalla spietata ingordigia che consiglia e perpetua sì barbara ed umiliante mutilazionea ? […] Solo è da notarsi che ne’ primi tempi l’opera tirava i suoi argomenti dalla mitologia, la quale agevolmente apprestava di grandi materiali per le decorazioni e per le macchine che maravigliosamente si eseguivano da insigni artefici. Si rivolse poi a ricavarli dalla storia, pigliando il miglior sentiero ma pure la poesia vi avanzò poco, e lo spettacolo scemò di pregio per l’apparato. […] Dalla Germania e dalla Francia chiamavansi i nostri maestri ballerini.
Spinto Ulisse da una tempesta in Sicilia non lungi dalla spelonca del Ciclope Polifemo, per salvarsi dalle di lui mani, dopo che ha perduto alcuni compagni, lo sbalordisce e addormenta col dargli a bere del vino generoso, l’ accieca, e fugge con tutto il coro de’ Satiri, i quali intervengono nella favola con Sileno, Ulisse e Polifemo. […] Non molto diversa dalla tragedia era l’ilarodia o ilarotragedia. […] In qual guisa egli maneggiasse questi argomenti tragici scostandosi dalla tragedia senza cadere nella commedia, non si divisa da que’ pochi frammenti che se ne adducono. […] Approssimavasi l’ilarodia alla tragedia, e la magodia non molto si allontanava dalla commedia. […] Platone che dalla sua repubblica escludeva i poeti, pregiava altamente i mimi di Sofrone.
Secondo l’oroscopo che togliamo dalla stessa collezione della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, sposò a diciott’anni in seconde nozze l’Antonazzoni, da cui ebbe un figliuolo. […] Don Giovanni cercò di metter pace agli esacerbati spiriti, e finì, per meglio riuscirvi, col mandare un suo prologo allo Scala, perchè fosse recitato dalla Lavinia. […] Mi escusi della prolissità nello scriverle, e del disgusto ch’avrà riceuto della maniera del mio scrivere, detato dalla purità d’un riverente affetto, e dalla necessità de’ miei interessi, con che, humilmente inchinandomele, la riverisco colle ginocchia e col core, baciandole la cappa. […] re ho auto pacienza sino a quest’ hora, con speranza di essere consolata dalla gracia sua. […] Sentitene la descrizione del Garzoni, e poi dite se non vi par di assistere alle rappresentazioni di certe Passioni di Cristo in certi paeselli di campagna in giorno di fiera, precedute dalla passeggiata de’ recitatori in costume con gran cassa e tromba, e relativi strilloni invitanti il pubblico idiota alla grande solennità.
Gli applausi che ella riscuoteva nella Moglie saggia, nella Vedova spiritosa, nelle Tre Zelinde, nella Pamela nubile del Goldoni ; nell’ Ottavia, nell’ Antigone dell’Alfieri ; nel Galeotto Manfredi (Matilde) del Monti, non valevano a rimbaldanzire quel povero corpo e quella povera anima estenuati dalla miseria e dall’ angoscia. […] Troviamo ancora l’Andolfati nel 1834 in Compagnia di Nicola Medoni ; dopo il quale anno, probabilmente, morì in Piacenza prostrato dai rimorsi e dalla fame.
Nel 1744 egli fu tradotto in carcere, accusato nientemeno di essere stato causa di un incendio : ed ecco il fatto : la sera del 19 febbraio 1744, si recitava al Teatro Malvezzi in Bologna dalla Compagnia di Filippo Collucci romano, il Giustino di Nicolò Beregani da Vicenza. […] L’Angeleri aveva, pare, motivi suoi per non recarsi in patria ; ma dovè andarvi pur troppo : e la prima sera, vestito del suo abito di Brighella, assalito da atroci dolori fu colto istantaneamente dalla morte.
Nullameno Teresa veniva ogni giorno a vederlo, ma sempre accompagnata dalla madre, vecchia attrice che s’era ritirata dal teatro, e che aveva santamente divisato di legare gl’interessi del cielo coll’ opere mondane. […] , I, IV). » Codesta Teresa, divenuta poi l’amante di Casanova, poi, a Londra, la famosa Mistress Cornelys, colla scorrettezza della vita privata, e l’altra figlia, Marianna, cantante anch’essa, colla meschinità del suo talento, ma sopratutto, io credo, la moglie Paolina, ch’era nel 1736 terza donna della compagnia, furon la causa della rovina d’Imer, il quale, dice il Bartoli, « avanzato poi in età fu mantenuto decentemente da’ suoi padroni, i nobili Grimani, onde, dopo d’aver vissuto alienato dalla professione tutto il corso della sua vecchiezza, passò all’eterna beatitudine nel 1758 (op. cit.
Ermenegilda Zucchini è una bella e forte artista, dotata di una rara pieghevolezza nell’afferrare e rendere i più vari personaggi, dalla grottesca suocera della pochade, all’austera signora della commedia inguantata. […] E Le auguro, o meglio, auguro a me e a tutti gli spettatori d’ Italia, di provar lungo tempo le gioie ch'ella sa dar dalla scena con le incomparabili sue riproduzioni artistiche.
La forza degli argomenti, la convinzione dello spirito, l’eccitamento delle passioni, farte insomma di persuadere sebbene non possano ottenersi senza osservar la sintassi, non è perciò che dalla sintassi in tal modo dipendano, che basti l’averla osservato perché altri divenga oratore. […] Il primo benché debole cangiamento venne dalla ecclesiastica. […] Forse ciò deriva dalla temperatura dolce e fervida insieme dell’aria, che domina generalmente in questo paese, la quale, rendendo più ben cotti, più aridi, e conseguentemente più leggieri i legni, e più elastiche le corde, è la cagione altresì che pesino meno e che più acutamente risuonino. […] Infatti come sarebbe possibile, anzi a che gioverebbe la perfezione delle altre parti costitutive della musica, se quella, cui tutte debbono riferirsi, e dalla quale ogniuna principalmente dipende, restasse abbandonata alla ignoranza e al pessimo gusto? […] Ni uno a’ tempi nostri ha sortito dalla natura còrde più valenti, e insiem più flessibili, tenera più sonora, né maggior ampiezza di voce.
Saverio (dalla p. […] Vi pare, acuto Signor Apologista, illazione sobria dedurre dalla modificazione del Canto, la totale deficienza? […] Saverio, la Musica dalla Poesia. […] Dunque voi (sia ciò detto di passaggio) quì vi conformate co’ Criticastri, che escludono dalla Opera il Canto? […] In essi recitativi l’Attore o l’Attrice interrompe le parole come sospesa dalla novità de’ pensieri che le sopravvengono, o dalla varietà delle passioni, o dall’orrore del proprio stato, o dalla confusione, e intanto la Musica secondandola ricerca le vie del cuore dello Spettatore.
Ma si venne al 1799, e al Vestri toccò la sorte di tanti giovani, forse, nella fiamma di amor della patria, un po' troppo audaci : di essere cioè insultato e percosso dalla popolaglia, e chiuso nelle carceri del Bargello, dalle quali uscito dopo breve tempo, nauseato di siffatte inique persecuzioni, abbandonò Firenze e la Toscana, senza sapere ove il suo buon genio lo guidasse. […] Quivi l’incalzar della miseria e della fame lo indussero a tentare, indarno, di trarre qualche profitto da' suoi studi di chirurgia ; e, per sollecitudine di un amico fiorentino, tornò in patria, trattato col maggior de' rigori dal padre, che mal pativa l’animo ribelle di lui, e sopr' a tutto le sue inclinazioni all’arte del teatro, la quale soleva essere guardata allora dalla gente austera, come quasi disonorante. […] Ma ricorsa all’allestimento di un nuovo lavoro spettacoloso : Vita, delitti e morte del celebre assassino Giuseppe Mastrilli, vinse la curiosità del pubblico, il quale fu tanto colpito dalla novità dell’opera, e sopr'a tutto dal valore artistico del Gallina, che ne sosteneva il protagonista, che per ben venti sere affollò il teatro, lasciando deserto il San Benedetto. […] Ma il Carrer dettava queste parole, quando il Vestri era ancora a Napoli col Fabbrichesi : e lo Scifoni, accennando al difetto, quando l’artista era in Compagnia Reale Sarda, così conclude : Notavano in esso gli intelligenti che alcuna volta, troppo compiacente all’ uditorio, nel rappresentare le parti comiche scendeva alquanto dalla sua dignità, abbandonandosi a certe facezie che poco si convenivano. […] Delle sue tante lettere riferisco in fac-simile, ma un po' rimpicciolita, questa, indirizzata all’impresario Pietro Somigli, in cui è accennato al come si trovasse male nella Real Compagnia di Torino : alla quale si riferisce un’altra a Domenico Righetti da Torino, senza data, in cui risponde negativamente alla domanda di lui di voler conoscere il motivo della sua partenza dalla Compagnia, e conclude : « Ciò che ora mi ha determinato si è di tal peso che niuna cosa potrebbe rimuovermi, ed il maggior dispiacere lo forma il non potertene ora manifestare il motivo. » Recitando egli nel R.
Nel 1782 s’eran stabiliti in Verona, « alienandosi – dice il Bartoli – in virtù d’altro impiego dalla comica professione. »
Nonostante l’avanzar dell’età, egli trova modo di far tuttavia qualche apparizione dalla ribalta in compagnie del momento.
Sposò Brigida Sgarri, ballerina, divenuta poi comica anch' essa, e dalla Compagnia del Rossi passò nel '70 in altre di giro, abbandonando le parti d’ amoroso e sostituendo, alla sua morte, il suocero Francesco Sgarri (V.), nella maschera dell’ arlecchino.
Interessante è il secondo incontro della regina tiranneggiata dal fasto e rapita dalla propria debolezza, e del conte combattuto dall’ amore di Bianca e dalla speranza del possesso di una bella regina. […] L’uditorio si scompiglia, chi grida da’ palchi, chi dalla cassuela, chi dalla grada, il Grazioso marito della Baltassarra ed Eredia capo della compagnia vengono fuori confusi e disperati per le loro perdite, e termina l’atto. […] Ma chi lò salva dalla morte? […] Che delicato contrasto di un orgoglio nutrito sin dalla fanciullezza, e di un amor nascente nel cuore di Diana! […] Adunque dalla favola di Candamo risulta uno sciocco insegnamento, cioè che l’arte del regnare non s’impara se non col maneggio.
Scritturato dalla Pasqua di Resurrezione del 1788, scappò a Roma coi denari anticipatigli per la scrittura.
« Sa cantare – scrive il Bartoli – con qualche grazia, e benchè pieghi a quegli anni che dalla gioventù son lontani, pure la sua gracile e piccola figura le serve ancora di qualche schermo contro l’ ingiurie del tempo. »
« Giovane fiorentino – dice il Bartoli – che uscito dalla sua patria, diedesi a recitare fra’comici.
Secondo il giudizio del tempo, egli era ……un cattivo attore, dalla voce insopportabile.
Apparisce dalla censura del sig. […] part. 1, art. 26) afferma che dalla schiera de’ commedianti sogliono per l’ordinario uscir fuori i migliori poeti drammatici; la qual cosa a me sembra che non vedasi verificata in verun paese. […] Certo è poi che fra gl’Italiani la decisione del Denina, che sì franco decreta in tutto quel suo discorso, è molto più manifestamente lontana dalla verità. […] Al Capo II art. 1 pag. 221, lin. 10, dopo le parole, dalla pretesa lentezza e languore, si apponga questa nota (1).
Si può chiamar vuoto della storia teatrale il lungo periodo interposto dalla corruzione della poesia drammatica fino alla perdita della lingua latina, avvenuta per l’incursione delle nazioni barbare nell’imperio romano. […] Ma non per quello ne diminuì il numero, anzi andarono talmente crescendo, che di sole ballerine forestiere, secondo Ammiano105, si contarono in Roma più di tremila, le quali co’ loro cori, e con altrettanti loro maestri, furono privilegiate ed eccettuate da un bando di sfratto dalla città intimato per timore di carestia a tutti gli stranieri filosofi, retori ed altri professori. […] E come trovarne dalla morte di Teodosio I fino allo stabilimento de’ longobardi in Italia, periodo il più deplorabile per l’umanità per lo concorso di tante calamità, di guerre, incendi, fame e peste, che desolarono l’Europa colla venuta di tanti barbari? […] Don Blàs de Nasarre, letterato spagnuolo, mancato da non molti anni, in una sua dissertazione pubblicata nel 1749, faceva sperare monumenti drammatici, nella letteratura araba, ricavati dalla libreria dell’Escuriale111.
I precedenti fatti principali variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi e de’ gradi di coltura, compongono la storia de’ teatri di tutta la terra. […] Oltre a ciò vengono dalla musica accompagnate tutte le cerimonie fatte negli appartamenti delle Imperatrici. […] Ora se tali cerimonie, solennità e affari venivano quivi dalla musica accompagnati, non doveva essa entrare negli spettacoli teatrali? […] Mancano adunque i Cinesi d’arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel vero30.
Dionigi Diderot filosofo di molto nome morto nel 1787 vide il suo Padre di famiglia nel 1761 rappresentato in Parigi con felice successo ed applaudito eziandio su’ teatri stranieri, principalmente perchè sin dalla prima scena il pubblico s’interessa per Sofia e per Saint-Albin, la cui passione è toccata con ottimi colori. […] Confesso che egli dovea meglio contenersi nel recinto prescritto alla commedia nel toccare le passioni tenere: che vi si scorge qualche difetto di verisimiglianza nel piano: che i colpi teatrali di tutto l’atto IV prodotti dalla vendetta meditata da madama Murer, sembrano più proprj di un’ opera musicale eroica che di una commedia. […] Ad accreditar questo genere che si allontana da’ tristi eccessi del comico larmoyant, ma che per qualche tinta soverchio tetra si diparte dalla buona commedia tenera, ha contribuito ancora il Voltaire con due buone favole malgrado di alcun difetto, cioè col Figliuol Prodigo rappresentato nel 1736, e col Caffè ovvero la Scozzese. […] Fabrizio cafettiere di ottimo cuore è copiato dalla Bottega del Caffè del Goldoni.
Bartoli) sapeva assai bene travagliare, e fuggì dalla casa paterna. […] A questa domanda si alza il D’Arbes dalla sedia, batte la mano sulla sua pancia, e in tuono di voce misto di fierezza e buffoneria : D’A. […] Una Voce che sorte dalla Nuvola in fiamma Focher. […] Angelo, poi in quella di giro di Vincenzo Bugani, dalla quale entrò in quella della Maddalena Battaglia, nel 1776, allorchè le fu concesso il Teatro di S.
In tali occasioni la strumentale è una spezie di nuova lingua inventata dall’arte affine di supplire all’insufficienza di quella che ci fu data dalla natura. […] Eppure dalla opportuna distribuzione di esso movimento ne risulterebbe il massimo effetto possibile. […] Facendo altrimenti crederebbonsi banditi dal consorzio degli uomini, e scaduti per sempre dalla protezione del nume, che presiede ai musicali piaceri. […] Lo sdegno non si distingue dalla disperazione, né questa dal terrore, e così via discorrendo. […] [49] Questo morbo letterario proviene da due principi irremediabili ascosì nell’umano spirito, cioè dalla inquietudine e dalla vanità.
Passò a seconde nozze con una pulita giovine – dice il Bartoli – e seco visse non pochi anni, sul finir de’ quali alienossi dalla Professione, avendo ottenuta una carica onorevole.
Impinguatosi alquanto, lasciò il ruolo di primo amoroso per darsi a quello di caratterista, nel quale fece ottima riuscita a’ Fiorentini di Napoli, ove si recò scritturato dalla Società Tessari, Visetti e Prepiani.
Tuttavolta di lui si divulgò questa taccia, ch’era freddo : ma non per altro motivo, se non perchè dalla sua bocca non si sentivano motti impuri giammai. » Così il Quadrio (V. 237).
Lasciate le scene, astrettavi forse dalla vita infernale ch’ ei le faceva condurre, ritornò a Firenze, ove morì non molto prima, pare, del 1688, data delle seconde nozze di Scaramuccia.
Figlia dei precedenti e moglie di Giuseppe Salvini, fu una egregia servetta, e tale la vediamo col marito nella Compagnia Paladini-Internari, con la quale doveva recarsi del 1830 a Parigi ; ma còlta dal mal di petto, fu obbligata a restarsene in Italia, a Venezia, presso i suoi parenti, sostituita nel ruolo dalla moglie di Luigi Taddei.
All’emergere dalla seconda barbarie le moderne nazioni europee, prima d’aver chi potesse dettare uno squarcio di prosa competente, abbondarono di trovatori provenzali e di rimatori siciliani. […] La poesia che dipinge, abbisogna d’immagini che rappresentano le cose, la cui storia dalla prima età si va imprimendo nella fantasia. […] Nell’uno e nell’altro caso viene dalla vigilanza della legge corretto e richiamato al suo dovere.
Tante cure (si ripeterà dalla malignità) sulla trita materia teatrale? […] Sanno ben essi di non doversi il Buon Teatro considerar come semplice passatempo, ma sì bene come saggio espediente sugerito dalla filosofia per diffondere, per la via del diletto, la coltura e la virtù e la morale nella società, e per secondar le vedute de’ legislatori; di che mi occupai ne’ miei Elementi di Poesia Drammatica impressi in Milano. […] Laonde o bisogna essere stato nutrito nella feccia delle surrtferite deformi maschere, o aver sortito dalla natura madrigna la comprensione di un semplice Tinitiva dell’Orenoco, per non capire l’istruzione, i politici vantaggi e l’innocente piacere di un genere poetico cosi difficile, così nobile, e con tanto ardore e buon successo maneggiato da filosofi grandi, da prelati, da cardinali, da più egregi repubblicani Greci e Latini e di ogni nazione e di ogni tempo.
.), mantenendo così la promessa fatta nell’ Addio, recitato l’ultimo giorno del precedente carnevale dalla prima attrice Francesca Torri, di cui ecco alcune strofe : Chi di Sorte il cieco dono amò più del suo decoro loro infuse l’abbandono per saziar sua fame d’oro. […] Passò il carnovale dalla Sala al nuovo teatro pubblico, accordato per la prima volta a'commedianti, e tornò a Bologna al teatro Formagliari il carnovale del '65 ; ma la compagnia, privata della Brunelli, non vi fece incontro. […] Per l’acclamata memoria della perfetta arte Comica professata dalla Società dipendente dal governo del Signore Onofrio Paganini, avendone dato un cospicuo saggio nel pubblico Teatro della Città di Pisa nelle sue recite di varie commedie l’estate dell’anno 1762.
E per questa insigne donna, che non ha mai troppo amato l’eleganza, che ha sempre eliminato stranamente dalla sua personalità quella forza muliebre che dai palcoscenici ha tanta virtù soggiogatrice, per questa donna che non s’ è mai riscaldata alla fiamma d’ una grande ambizione, per questa donna che ha facilmente rinunziato alle lotte contemplando senza rancore i fulgidi astri che l’ hanno seguita e indicandoli con fiducia ai diffidenti, io ho una speciale predilezione fatta di convincimenti e di reminiscenze. In arte, niente mi sembra più meraviglioso e più bello di ciò che pare scaturisca dalla natura stessa d’ un artista come un’ acqua limpida e fresca da una roccia vergine. […] Di mente aperta, d’ indole sdegnosa, ribellante a tutto ciò ch'è impunemente e coscientemente iniquo, fu attratta un tempo dalla politica, che, in lei, soverchiò quasi l’arte.
Un fatto di tanta importanza avvenuto pubblicamente poteva ignorarsi con verisimilitudine dalla regina? […] Achille avea promesso di salvarla dalla violenza; ma quando ella si offre di buon grado alla morte, secondo i principii della religione pagana, non gli era lecito più di liberarnela senza esser sacrilego, e quindi desiste dalla promessa difesa. Segue a ciò una scena assai patetica, in cui Ifigenia rassegnata a morire prende congedo dalla madre che le và rammentando i suoi più cari. […] S’ inganna però chi crede che si dicesse coronato (Στεφανηφορος) dalla corona riportata dal poeta. […] Egli stesso non fece di più nel tradurre questa medesima scena in maniera, com’egli dice, diversa dalla Salviniana.
quell’arte, quel giudizio, quelle sentenze tratte dalla più profonda filosofia e rendute proprie del teatro comico? […] Fu questa la prima sua commedia rappresentata nell’additato anno di Roma 587 dalla compagnia comica di L. […] Paventa bene Pamfilo di qualche grande sciagura, e corre su dalla moglie. […] Tale angustia è ben maneggiata in questa 3 scena, e l’espressioni sono tutte dettate dalla passione che vi domina. […] Cornelio Merola, dalla compagnia comica di L.
Certo l’azione di Coreso che si scuopre nel terzo è distinta dalla prima da cui essa deriva. […] L’abuso de’ tropi, delle parole e delle frasi deriva ora dalla frequenza de’ medesimi, ora dall’arditezza. […] Questo è la scarsezza delle desinenze, per la quale l’orecchio rimane sovente offeso dalla medesima (dirò così) omofonia. […] Monsieur de la Motte qui si scosta con esso dalla natura più che nell’altre sue tragedie. […] I fonti poi dell’utilità, abbiam detto, che sono gl’insegnamenti che sotto il velame Poetico si contengono, i quali da ogni scienza possono esserne porti: ma spezialmente dalla Teologia, dalla Metafiscia, dalla Fisica, dalla Politica e dall’Etica», Giovan Mario Crescimbeni, La bellezza della volgar poesia, Roma, De’ Rossi, 1712, pp. 50-51).
La Donna di garbo fu poi recitata dalla Medebach, e Goldoni che ne vide la rappresentazione a Pisa, ne fu soddisfattissimo. Ad essa egli dovè la sua partenza dalla Toscana e il ritorno a Venezia, scritturato dal Medebach.
Nelle commedie del Marivaux, come nel Jeu de l’amour et du hasard, essa è padrona e cameriera ; in altre commedie è semplicemente cameriera, o talvolta semplice contadina ingenua, o innocente pastorella, come in Arlequin poli par l’amour, la prima commedia che Marivaux diede agl’ Italiani. » A mostrare in che concetto fosse tenuta la Balletti, basti dare uno sguardo ai vari quadri di Watteau, Lancret, Pater, ispirati dalla Commedia Italiana, nei quali la Silvia è quasi sempre una delle eroine. […] Salvatore, col pieno assentimento del parroco, il quale, degna persona, allontanato, per intolleranza anticristiana, dalla maggior parte de’ suoi confratelli, diceva che il mestiere di comica non le aveva impedito di essere cristiana, e che la terra era la nostra madre comune, come Gesù Cristo il Salvatore di tutto il mondo.
Tiberio Fiorilli, il celebre Scaramuccia, avutone il permesso dalla Corte nel 1668, venne in Italia, ove stette fino al 1670. […] Questo attore, secondo i Parfait, scomparve dalla scena verso il 1680, poichè d’allora in poi nè lo Scenario di Biancolelli, nè il Teatro di Gherardi ha più la maschera di Spezzaferro ; erronea deduzione, poichè l’ Arlequin Lingère du Palais (vol.
Licenziato Antonio Costantini arlecchino dalla Compagnia Grimani, andò il Campagnani, dilettante milanese de’ migliori, a sostituirlo : ma come arlecchino riuscì mediocremente, poichè – osserva saviamente il Goldoni – altra cosa è il recitare fra dilettanti, ed il recitare fra comici.
Secondo l’indecifrabile oroscopo che tolgo, come gli altri, dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, gli avrebbe preso moglie il 1614 e commesso un omicidio il '16.
Il disprezzo e l’orgoglio si annunciano particolarmente dalla positura, e massime dalla testa e dagli occhi. […] Il timore toglie ad imprestito molti tratti dalla tristezza. […] V’ha di certi incontri e di certe attitudini, che possono convenevolmente descriversi dalla poesia, ed anche imitarsi dalla pittura e scultura; ma non possono egualmente esprimersi dalla declamazione senza distruggere l’illusione, che vuol produrre. […] Ed in caso di conflitto giova sempre piegar piuttosto dalla prima che dalla seconda. […] E supposta tale abilità dalla parte dell’attore, essa non sortirebbe tutto l’effetto possibile dalla parte dello spettatore.
È tratto dalla nona scena dell’atto quarto. […] Non pare che il maggior trionfo dell’autore provenga dalla piacevolezza e dalla forza comica. […] Gareggia col riputato Albergati nell’imitar dalla natura e ne scansa alcune lungherie. […] Graziosina e Gonfalona attendono la loro vendetta da un incantesimo preparato dalla levatrice Saviona. […] Distinguasi però il plagio vergognoso dalla lodevole imitazione.
E perchè tale divenisse, convenne immaginarsi una nuova specie di poesia rappresentativa, la quale avesse certe e proprie leggi che la rendessero in varie cose differente dalla tragedia, dalla pastorale e dalla commedia. […] Orazio Vecchi Modanese verseggiatore e maestro di cappella, animato dalla felice unione della musica e della poesia che osservò in tante feste e cantate e ne’ cori delle tragedie e delle pastorali, volle il primo sperimentare l’effetto di tale unione in tutto un dramma149, e nel 1597 fece rappresentare in musica alle nominate maschere il suo Anfiparnaso, stampato l’anno stesso in Venezia appresso Angelo Gardano in quarto, e di note musicali corredato dal medesimo autore. […] Il diletto che partoriscono le favole poetiche proviene dalla dolce alleanza del vero colla finzione. […] Ma egli forse non volle vedere che Aquilio si vale di questa immagine come di un paragone conveniente ad un cortigiano guerriere, il quale risveglia anzi idee marziali, e manifesta un contrasto di calore e di brio che Aquilio comprende che dee contenere; e un Piccini, un Sacchini, un Gluck, saprebbero coll’ armonia animar questo pensiero vivace, imitar l’impeto guerriero raffrenato dalla prudenza, e conchiudere col poeta con fare scoppiare il colpo ben regolato e mostrarne la conseguenza ch’è il trionfo che tutto riempie il cuor d’Aquilio.
La Valeria dovette uscirne e fu sostituita dalla Malloni (V.).
Uscito Luigi Benedetti dalla Compagnia di Antonio Sacco, andò il Lucchesi a sostituirlo, e quivi si trovava ancora nell’ '83, ammiratissimo dai comici e dal pubblico per la prontezza di spirito nella commedia dell’arte, e per la intelligenza e diligenza in quella studiata……
Avanzato in età e trascurato dalle buone compagnie, dovè ricorrere alle più meschine, cessando di vivere in Romagna nel 1768, « attorniato – come dice il Bartoli – dalla miseria e di sozzure ripieno. »
La giunteria di Corbolo è sconcertata dalla venuta del Cremonino colla veste di Flavio nelle mani. […] e meglio le parole vengono Che si partan dal cuor che quella ch’escano Sol dalla bocca all’intenzion contraria? […] Parmi che dalla prima scena possa rilevarsi che si sia tal commedia rappresentata intorno al 1506. […] Non sono io quella, che per esser vostra moglie non mi sono curato di abbandonar la mia madre nè di andar dispersa dalla mia patria, nè divenir favola del mondo? […] Ma il Borghini incomincia con senno la sua Donna costante dalla venuta di Aristide in Bologna nel giorno che è stata sepolta fintamente Elfenice, e che è menato a morir Milziade.
Rifiutò ogni dipintura particolare, perché appresa dalla filosofia che i difetti d’un sol privato sotto una potenza che tutto adegua, non chiamano la pubblica attenzione. […] In quest’ultima dilicata commedia de’ greci, dalla quale é uscita la moderna, travagliarono con ottimo successo Apollodoro, Difilo, Menandro, Alesside, Filemone, Posidio, de’ quali ci rimangono appena pochi frammenti. […] I pantomimi erano imitazioni mute fatte co’ gesti e accompagnate dalla musica. […] Da principio la rappresentazione e la danza furono indivise dalla musica e dalla poesia. […] I loro commedianti chiamanvansi dicelistae; e secondo Suida, il grammatico Sofibio spartano avea composto un trattato sul genere di commedie usato dalla sua nazione.
La commedia tenera si contenta della sobria piacevolezza che risulta dalla pittura comica de’ costumi, rigettando la tinta risentita del buffonesco; ed ammette le lagrime delicate, guardandosi dal terrore e dalla sublimità tragica. […] Nell’Uomo singolare egli copia dalla propria fantasia, o da qualche originale particolare da non poter riuscire importante pel pubblico che nulla v’impara per correggersi, nè prende diletto di un ridicolo non manifesto. […] Si è detto che il Méchant contiene eccellenti versi di satira più che di commedia; ma la satira è tanto aliena dalla commedia? […] La dipintura di una cochetta esige sagacità per ricavare dal fondo del cuore umano e da’ costumi correnti e dalla conversazione i veri tratti comici che ad esso appartengono, pregi che non mancavano al Voisenon. […] Vi si disviluppa bellamente il carattere delle madri che vedono con gelosia il merito nascente delle figliuole, e si studiano di tenerle lontane dalla conversazione temendo che ne rimanga la propria gloria ecclissata.
Col Mascherpa aveva di stipendio lire sei mila annue, e una mezza beneficiata per piazza, come si rileva dalla sua scrittura (20 agosto ’33) che vediam riprodotta al nome di Mascherpa. […] Questo è per noi due l’anno delle disgrazie, ma le vostre riparabili dalla gioventù, le mie forse mi costeranno la perdita della mia salute. […] Sono 47 giorni che il letto mi accoglie, e 22 che sto lontano dalla Compagnia.
Carlo Gozzi, sostenitore per cinque lustri di quella Compagnia, parlando dell’imminente suo sfasciarsi, dopo di avere citato i nomi di coloro che se ne allontanarono, dice : « Atanasio Zannoni di lui cognato, valentissimo comico, onest’uomo, e d’indole dolcissima, ferito dalle stravaganze del vecchio inviperito, trattava di sottrarsi dalla Compagnia, ecc. » Il Gozzi, pregato dal Sacco d’interporsi perchè egli non se n’andasse, lo pregò a sua volta, promettendogli di far firmare al Sacco quella famosa scrittura che lo spogliava di ogni despotismo, e il buon uomo Atanagio…. diè la parola di rimanere, ridendo però sulla scrittura disegnata, perocchè (diss’ egli) lei vedrà che con mio cognato le scritture non vagliono un fil di paglia. […] Ne traggo alcuni per dar l’idea di che cosa fosse diventata la maschera di Brighella Cavicchio di Val Brembana, disceso dalla parte alta di Bergamo, furbo, ladro, raggiratore, rivale in amore di Arlecchino, intrigante, mezzano di matrimonj. […] Nel Codice Faustini N. 362 del Fondo Antonelli, conservato alla stessa Biblioteca, è ricordata dallo Zannoni anche una commedia : La Patria, recitata in Ferrara nel carnovale del 1747 dalla Compagnia Medebach, nella quale l’autore era attore del carattere di Brighella.
Grandissimo artista fu veramente il Cantù per le parti di secondo Zanni, e dal suo Signore e dai pubblici tutti e dalla Corte di Francia ebbe onori e lodi senza fine. […] Arrivato a Parigi, dov’era stato richiesto dalla Maestà della Regina di Francia per essere aggregato a quella Compagnia di Comici italiani, fu regalato ne’ primi due giorni di tre vestiti di non ordinaria bellezza. […] La maschera del Buffetto, come si vede anche dalla magnifica stampa di Stefano della Bella, è identica a quella di Brighella, uno dei due Zanni della Commedia dell’arte, di cui non ha mutato che il nome. […] Vediamo un po’ l’argomento colla spiegazione delle scene della Finta pazza di Giulio Strozzi, fatto da Giacomo Torello da Fano e stampato a Parigi il novembre del 1645 : (è unito allo Scenario del Biancolelli raccolto da Gueullette e appartenente oggi alla Biblioteca dell’Opera di Parigi) e leggeremo a pagina 6 che Flora sarà rappresentata dalla gentile e vezzosa Luisa Gabbrielli-Locatelli detta Lucilla ; e a pagina 7 che Teti sarà rappresentata dalla signora Giulla Gabbrielli, detta Diana, la quale farà conoscer maravigliosamente la sua collera e l’amor suo. […] na Flaminio era morto in detta opera e non lo poteua inuitare et io era ciamato dalla S.
Nata a Perugia dall’avvocato Francesco Dominici e dalla marchesa Emilia Bourbon Del Monte, fu da rovesci di fortuna, morto il padre, trascinata nell’arte dopo alcune buone prove fatte in un teatrino domestico.
Viveva ancora il 1781 perseguitato dalla sorte.
L'iconografia del teatro italiano non ci ha dato che questa immagine di Violetta, che tolgo dalla mia raccolta.
Ciò si rileva dalla traduzione italiana pubblicata a Venezia in quell’anno col testo a fronte e colla dicitura : « Da rappresentarsi in lingua francese nel Teatro San Samuele ».
Traeva le sue commedie dalla cronaca giornaliera, attorno alla quale egli ricamava favole intricatissime, chiassone, quasi direi acrobatiche, a cui faceva il pubblico le più matte risate. […] A lui non importava de’ posteri : egli voleva campare onoratamente la sua numerosa famiglia, e togliere momentaneamente il suo pubblico dalla musoneria ; e vi riuscì compiutamente.
Passato dalla Compagnia Pezzana qual primo attore assoluto in quella della Sadowski, diretta da Cesare Rossi con la Campi prima attrice, potè sviluppar maggiormente il suo genio artistico, e mostrar quanto alto egli avrebbe potuto salire. Lasciò la Compagnia Sadowski per entrar in quella di Luigi Bellotti-Bon, dalla quale fu strappato per rammollimento cerebrale che dopo vario tempo di vita ebete lo spense a Milano sua patria, in una casa di salute, il 18 febbraio 1884, a ore 3 di mattina.
Dovè recarsi a Parigi verso il 1644, perchè il 9 gennaio dell’anno seguente fe'battezzare nella chiesa di Saint Germain-l’Auxerrois, un figlio per nome Carlo Francesco, ch'egli ebbe dalla moglie Luisa Gabrielli (comica anch'essa, sotto nome di Lucilla, che recitò molto applaudita nella Finta pazza di Giulio Strozzi), tenutogli a battesimo da Francesco di Bassompierre, maresciallo di Francia, e da Anna Dufay per conto dell’alta e potente principessa Carlotta-Mar- gherita di Montmorency, principessa di Condè. […] Ma del '51 e '52 lo vediamo in Italia, come appare dalla supplica del 10 agosto 1651 da Verona, di cui s’è parlato al nome di Fiala Giuseppe Antonio ; e da queste lettere che riferisco inedite dall’Archivio di Modena, in cui troviamo anche notizia della moglie Gabbrielli : Ser.
Passò nuovamente, e per un triennio, con Antonietta Robotti, uscita dalla Reale Sarda, poi con Giuseppe Trivelli, conduttore di una Compagnia, famosa allora per ricchezza di arredo scenico, di cui era prima attrice Elena Pieri Tiozzo. Rappresentò al Teatro Re di Milano il marzo del 1854 la parte di Goldoni nella commedia di Ferrari, coi grossi mustacchi incipriati, e n’ebbe dalla critica acerbo biasimo.
Furono tutte rappresentate con grande applauso molte volte in Verona, Vicenza, Venezia, e Bologna dalla compagnia del celebre commediante Luigi Riccoboni. […] Questa raccolta comprende tragedie e commedie francesi, inglesi, tedesche e spagnuole dalla signora Caminer tradotte. […] Ha bisogno che Sesto strascinato dalla passione alla congiura, e richiamato dalla virtù e dalla gratitudine si salvar Tito, nel tempo stesso che conspira contri di lui, corra a difenderlo da’ congiurati: che chiamato da Tito, non osi presentarsi a lui col manto macchiato di sangue: che Annio gli dia il suo: che questi col manto di Sesto segnato colla diviso de’ congiurati arrivi alla presenza dell’imperadore in tempo, che la virtuosa Servilia ha scoperto il segreto del nastro, e che ’l suo amante risulti colpevole all’apparenza, e’ ponga in confusione l’inconsiderato Sesto, ed Annio nella necessità di apparire reo d’accular l’amico. […] Ma Vitellia é un ben dipinto carattere somministrato dalla natura, e superiore forse all’istessa Ermione di Racine, da cui deriva. […] Al contrario Sesto incomparabilmente più patetico é combattuto dalla conoscenza delle virtù eroiche di Tito, dall’amicizia da lui oltraggiata, dalla spaventosa immagine del tradimento senza veruna discolpa, dalle virtù, a cui non ha del tutto rinunziato, e dalla debolezza per Vitellia che lo tiranneggia.
La commedia tenera si contenta della sobria piacevolezza che risulta dalla pittura comica de’ costumi, rigettando la tinta risentita del buffonesco; ed ammette le lagrime delicate, guardandosi dal terrore e dalla sublimità tragica. […] Quest’ultima commedia è tratta dalla commedia italiana il Geloso non geloso del Brignole Sale. […] Allorchè venne alla luce si disse, che’ il Mèchant conteneva eccellenti versi di satira più che di commedia; ma la satira è tanto aliena dalla commedia? […] Di questo genere sono le seguenti: l’Oracolo impressa nel 1740, in cui intervengono tre personaggi, cioè una Fata, Alcindoro di lei figlio e Lucinda, il cui carattere è un tessuto leggiadro di vezzi: le Grazie rappresentata nel 1744, ed impressa nel seguente anno, il cui soggetto si trasse dall’ode III di Anacreonte di Amore immollato dalla pioggia, e dalla XXX dell’istesso. […] Passeggiando un giorno l’istitutore della scuola e l’allievo davanti al palazzo della giustizia al vedere il fanciullo discendere dalla vettura un magistrato, mostrò grande agitazione.
Contava Roma circa cinquecento e tredici anni dalla sua fondazione, e presto a cento ventiquattro anni dalla venuta degl’istrioni etruschi, quando nel consolato di C. […] Ma la costituzione della repubblica romana era diversa dalla democrazia ateniese. […] Tutto va senza intoppi al suo scopo, tutto é animato dalla passione, e pochissimi sono i passi, ne’ quali ha parte la mente e non il cuore. […] La commedia latina fu copiata dalla nuova de’ greci, e non ebbe coro di sorta alcuna. […] Svetonio però ci dice, che questi fu esigliato per aver mostrato a dito dalla scena uno degli spettatori che lo beffeggiava.
Chiamiamo vuoto della storia teatrale il lungo periodo interposto dalla corruzione della poesia drammatica sino alla perdita della lingua latina avvenuta principalmente per l’incursione delle nazioni barbare nell’impero Romano. […] Alcuni versi inseriti in un’ altra, e dalla malignità naturale de’ cortigiani interpretati contro del Principe, cagionarono la morte del poeta. […] Acilio della tribù Pontina archimimo che fu decorato dalla città di Boville del decurionato180. […] Eccone intanto i principali lineamenti raccolti in un sol quadro, quali vengono somministrati dalla storia verace che nulla vela con maligne reticenze. […] I Selvaggi d’Ulietea, anzi d’ogni contrada e d’ogni tempo, non oltrepassando i balli o pantomimi accompagnati dal canto, danno a divedere al filosofo investigatore in qual distanza dalla coltura essi ritrovinsi.
Esordì in una Compagnia di niun valore, dalla quale dovè uscire per disperazione. […] Bandite a poco a poco le maschere dalla scena, e però non trovando il Cavicchi più chi lo scritturasse, diventò conduttor di compagnia egli stesso. […] Figlia di umili artisti, possedeva dalla natura il sentimento del bello, e come dalla roccia si estrae il diamante, così Cesare Dondini tolse dall’oscurità questa preziosa gemma di pura acqua, alla quale sovrabbondava il fuoco, produttore dei raggi che abbarbagliano. […] Nell’ottobre del ’601 la Compagnia era ancora a Parigi, e nonostante le guerricciuole interne, tanto il Cecchini vi piacque che fu invitato, ma indarno, dalla Contessa Maria di Boussu a recarsi nelle Fiandre e in Brabante. […] E per codesta nobiltà che con decreto di Vienna del 12 novembre 1614, firmato da Mattia e munito del sigillo imperiale, lo estolleva sopra al numero de’ Cittadini, ponendolo nella schiera de’ gentil’ huomini et pretendenti, come se di quattro Avi Paterni et Materni fosse nato nobile, e con tant’altre prerogative, tante noie ebbe a patire cagionate dalla invidia e sopr’ a tutto dalla incredulità, che risolse di pubblicar per intero il Decreto stesso, il quale si trova alla fine de’ Brevi Discorsi intorno alle Commedie.
Trigeo intraprende di trarre la Pace dalla caverna, eccitando all’opera lavoratori, fabri, mercatanti. […] Finisce la navigazione; scende Bacco dalla barca, ed incontra il servo. […] Un giovane così corrotto dalla malvagità del padre e dalla perversa scuola del precettore, avvezzandosi a difendere l’ingiustizia, se ne innamora e tosto arriva alle scelleraggini. […] Egli lo condanna sempre co’ principii della commedia nuova, ed io sempre dovrei ripetere che questa differisce di molto dalla farsa allegorica; cioè dalla commedia antica di Atene. […] Con quale ardita satirica allegoria dipingevasi dalla scena un popolo principe!
Quando cadde dalla grazia di Luigi XII il marescial di Gié perseguitato da Anna di Brettagna regina-duchessa, fu egli motteggiato in una di tali farse. […] Molti squarci felici, tratti dalla sacra scrittura, notansi nella tragedia de’ Giudei e alcuni versi dell’Ippolito meritarono di essere inseriti da M. […] Ancor quando non vennero animati dallo spirito di partito gli alemani di quel tempo presero gli argomenti dalla religione e dalla sacra scrittura.
Stimolata la moglie dalla brama di ridarsi a’ruoli principali, Broccoletto formò nuovamente compagnia il 1810, che condusse con fortuna sino alla metà del carnevale 1812 ; nel qual tempo morì per apoplessia a poco men che quarant’ anni.