Bartoli – che fecesi sulle scene chiamare col nome di Florindo.
V’ha però chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile e dì Quintiliano, e mentovar dove bene stia que’ sagaci e graziosi attori, i quali seppero sulle scene delle più colte nazioni ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che rappresentar nella società gli originali di que’ medesimi oggetti rìdevoli mascherati da uomini d’alto affare e da filosofi e metafisici senza logica, e da poeti che non intendono nè rima nè ragione, e da pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore. […] San Gio: Crisostomo con compiacenza leggeva le commedie di Aristofane; San Girolamo quelle di Plauto; il Sinesio ne compose alcune sulle orme di Cratino e di Filemone; Apollinare imitò Euripide e Menandro. […] E per rammemorarne alcuni pochi, nelle Spagne vi si dedicarono il cattolico re Filippo IV, e teologi e sacerdoti e magistrati ed uomini di stato, Solis, Calderon, Moreto, Montiano, Cadalso, Gusman duca di Medina Sidonia; nella Germania Klopstock, Federigo II il Grande re di Prussia, e tanti e tanti reputati letterati; in Inghilterra il duca di Bukingam, Adisson segretario di stato, il cavaliere Van-Broug, il capitano Stèele, Sheridan; in Francia Margherita di Navarra compose per la scena, Francesco I ne ispirò il gusto sulle tracce segnate dagl’Italiani; il cardinal Richelieu avrebbe voluto passare per autore del Cid, e promosse la coltura scenica a segno che ne germogliarono i Cornelii e i Racini; il gran cartesiano Fontenelle ne scrisse la storia, e compose alcuni melodrammi; Boileau Desprèaux ne insegnò i precetti seguendo Orazio; il Ginevrino filosofo Gian-Giacomo Rousseau volle pur dare il nome tra’ melodrammatici.
Giovannoni Carlo, torinese, fu dall’amore di un’attrice condotto sulle scene, ove riuscì comico di qualche pregio nelle commedie all’improvviso.
Toltasi dal teatro, si stabilì in Parma ; ma poi vinta dall’amore dell’arte, tornò sulle scene, e nel 1782 recitava in Palermo, « tentando – dice il Bartoli – che il proprio merito le servisse di strada, onde poter giungere ad una sorte migliore. »
Nelle sue Compagnie, di secondo ordine, quando quelle di primo ordine si contavan sulle dita ed eran ricche davvero di valorosi artisti, militaron Giovanni Emanuel al principio e Alamanno Morelli alla fine della sua vita artistica.
Giulietti Giulio, ferrarese. « Dall’arte meccanica di fabbricator di mastelle, volle il Giulietti – scrive il Bartoli – passar sulle scene a recitare, e fecelo prima cogli Accademici della sua Patria ; e poscia unitosi alla Truppa di Pietro Colombini l’anno 1768, incominciò a farsi conoscere anche fra’commedianti.
Ryer compose una tragedia di Lucrezia senza avvertire a qual segno sia indecente sulle scene simile argomento. […] Intanto uno scrittore di quelle contrade che volle anni sono filosofar a suo modo sulle nazioni, supponendo il teatro moderno, specialmente quello del suo paese, superiore all’antico, ne attribuisce l’ effetto alla libertà delle donne, e da questa fa discendere la gran varietà de’ caratteri.
Dopo tanti anni di sicuro cammino sulle scene, ornata dei pubblici elogi, tal Donna è superiore a qualsiasi linguaggio di maldicenza.
Fu grata sulle scene per l’avvenenza del suo personale, e per qualche prontezza nel suo brillante carattere.
Comico egregio per le parti di brillante, fece sulle scene una fuggevole apparizione.
Bartoli dice di lui che « fu comico di molta abilità, e piacque sulle venete scene. » Una sua figliuola, ballerina, si ritirò dal teatro per vestir l’abito religioso.
Moglie del precedente, nata Trabalza a Roma il 1836, apparve sulle pubbliche scene come una meteora, dopo di avere appartenuto, acclamatissima, alle più chiare e signorili filodrammatiche della città, fra cui quella presieduta dal Duca Grazioli, nella quale si meritò l’onore dell’effigie, e busti e poesie.
Cresciuta sulle tavole del palcoscenico cominciò col recitar parti di bimba, non appena le fu dato spiccicar parola al lume della ribalta.
Dagli spogli fatti da Adolfo Bartoli sulle notizie dell’omonimo Francesco, abbiamo che appartennero alla lodata Compagnia del Ferrari, Camillo Friderici, detto da lui il più virtuoso comico che avesse allora l’arte comica, Nicola Menichelli, Serafino Valeriani, Bonifazio Valenfeld, Antonio Bazzigotti, Anna Garelli e Giulia Pizzamiglio.
Si mostrò molto eloquente e spiritosa sulle scene ; ed in Venezia fu sommamente gradita.
Non di meno v’ha chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile, di Plutarco, di Tullio, di Quintiliano, e mentovar dove stia bene que’ graziosi sagaci attori, i quali seppero sulle più culte scene ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che accreditarsi nelle società come originali di que’ medesimi ridicoli mascherati da uomini di alto affare, come filosofi senza logica, come pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore e dottrina, e come pigmei in somma, la cui pelle distesa a forza di puro vento per via di replicati argomenti si gonfia e gli fa per qualche istante parer gigantoni. […] Nella decadenza del Romano Impero i padri stessi della Chiesa non isdegnarono svolgere gli scritti degli antichi drammatici e d’imitarli: san Giovanni Crisostomo leggeva con compiacenza le commedie di Aristofane, san Girolamo quelle di Plauto: il Sinesio ne compose alcune sulle orme di Cratino e di Filemone: Apollinare imitò ora Euripide ora Menandro. […] E per mentovarne alcuni pochi, nelle Spagne vi si dedicarono sacerdoti, teologi, magistrati, uomini di stato, Solis, Calderon, Montiano, Cadalso, Gusmano duca di Medina Sidonia: in Danimarca Klopstock: in Inghilterra il duca di Buckingam, il nobile Dryden, Milton l’epico della Gran-Brettagna, Adisson ministro di stato, il cavalier Van-Broug, il capitano Stèele: nella Francia Margherita di Navarra compose per la scena; Francesco I cercò d’inspirarne a’ suoi popoli il gusto sulle tracce dell’Italia; il cardinal Richelieu avrebbe voluto passare per potea teatrale, e ne promosse la coltura, onde germogliarono i Cornelii e i Racini; il celebre cartesiano Fontenelle ne scrisse la storia; Boileau Despréaux ne insegnò i precetti seguendo Orazio; il Ginevrino filosofo Gian Giacomo Rousseau volle dare il nome tra’ pregevoli drammatici.
Innamoratasi perdutamente dell’Asprucci, prima ancora di darsi all’arte, sol per averlo sentito recitare, e da lui corrisposta, fu a un punto di morire, per non avere il padre suo assentito sulle prime a quelle nozze, schiavo piuttosto di un antico pregiudizio….