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5. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

Il medesimo Oratore, secondo Macrobio, riprese il popolo Romano in una orazione per avere una volta schiamazzato rappresentando Roscioa. […] A un cenno del popolo nel tempo de’ Giuochi Florali dovevano snudarsi e fare spettacolo del proprio corpo. Ma in tal caso dir non saprei, se maggiore sfacciataggine mostrassero queste schiave in eseguirlo, o il popolo in comandarlo. Assisteva Marco Porcio Catone a’ Giuochi Florali fatti dall’Edile Messio l’anno di Roma DCXCVIII, ed il popolo si vergognò di chiedere che le mime deponessero le vesti, rispettando la presenza di quel virtuoso cittadino; ma egli avvertitone da Favonio suo amico uscì dal teatro, ed il popolo contento l’accompagnò con plausi strepitosi, e richiamò sulla scena quell’antico costumea. […] Finì in Roma ogni gloria della poesia drammatica, allorchè cominciò a regnarvi la moda delle buffonerie e delle oscenità de’ mimi e de’ pantomimi, spettacoli più atti a trattenere un popolo che andava degenerando.

6. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X ed ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati teatri, e della condizione degli attori Greci. » pp. 298-315

Facevansi in queste varj aditi, entrate, o porte che dall’introdurre il popolo si dissero da’ Latini vomitoria, o anche vomitaria, come scrive il dottissimo Mazzocchi; e a questi aditi si ascendeva per gradi anteriori. […] Formavano ancora una parte del teatro alcuni gran portici edificati dopo la scena, i quali servivano al popolo per ricoverarvisi quando le piogge dirotte interrompevano la rappresentazione. Adjacenti al teatro facevansi pure spaziosi passeggi, ne’ quali il popolo trattenevasi attendendo l’ora prefissa allo spettacolo. […] Ne’ Baccanali quando si esponevano a gara le nuove tragedie, preparavasi al popolo in teatro un gran rinfresco di vivande e di licori, e si facevano correre da più parti fontane di vino168. […] Il popolo che vi accorreva con estrema avidità, soleva azzuffarsi e spargere anco del sangue per avervi luogo.

7. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVII ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati Teatri, e della condizione degli Attori Greci. » pp. 213-238

Facevansi in’queste varii aditi, entrate, o porte che dall’introdurre il popolo si dissero da’ Latini Vomitoria, o anche Vomitaria, come scrisse l’immortale Mazzocchi; e a questi aditi si ascendeva per gradi anteriori. […] Formavano ancora una parte del teatro alcuni grandi portici edificati dopo la scena, i quali servivano al popolo per ricoverarsi quando le piogge dirotte interrompevano la rappresentazione. Adjacenti al teatro facevansi pure spaziosi passeggi, ne’ quali il popolo trattenevasi attendendo l’ora prefissa allo spettacolo. […] Il popolo che vi accorreva con estrema avidità, soleva azzuffarsi e spargere del sangue per avervi luogo. […] Non pertanto dove i costumi mancano di una pubblica scuola teatrale che ammaestri il popolo sotto gli occhi di un provvido governo: dove il teatro in cambio di essere scuola fomenta le laidezze le goffaggini le assurdità le bassezze i pregiudizii, e resta abbandonato dalla gente colta e di gusto: dove la poesia drammatica si trascura, si pospone alle farse informi, e si avvilisce per le declamazioni degl’imperiti, de’ pedanti orgogliosi e raggiratori, o de’ filosofi e matematici immaginarii: dove in somma si cade nell’eccesso contrario delle repubbliche Greche; ognuno vede che in un popolo così guasto si chiudono le cattedre di educazione e di morale che sono le ausiliatrici della legislazione.

8. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO V. Continuazione del teatro Latino. » pp. 222-242

Il medesimo Oratore, secondo Macrobio, riprese il popolo Romano in una orazione per avere una volta schiamazzato rappresentando Roscio134. […] A un cenno del popolo dovevano nudarsi e fare spettacolo del proprio corpo. Ma in tal caso dir non saprei, se maggiore sfacciataggine mostrassero queste schiave in eseguirlo, o il popolo in comandarlo. Assisteva Marco Porcio Catone ai giuochi Florali fatti dall’Edile Messio l’anno di Roma DCXCVIII, ed il popolo si vergognò di chiedere che le mime deponessero le vesti, rispettando la presenza di quel virtuoso cittadino; ma egli avvertitone da Favonio suo amico uscì dal teatro, e il popolo contento l’accompagnò con plausi strepitosi, e richiamò sulla scena l’antico costume146. […] Finì in Roma ogni gloria della poesia drammatica, allorchè cominciò a regnarvi la moda delle buffonerie e oscenità de’ mimi e de’ pantomimi, spettacoli più atti a trattenere un popolo che andava degenerando.

9. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 988-990

Luca onorato d’applausi, favorito dalla nobiltà e ben veduto da tutto il popolo. […] Quindi togliendosi la maschera ne copri la faccia al Rubini, e riverendo il popolo sull’istante partì.

10. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

De’ templi non vi può esser alcun dubbio circa la superstizione, e nemmeno lo sarà dei teatri per chiunque versato nella lettura degli antichi sappia ch’essi erano altrettante scuole, ove correva il popolo per imparare la loro religione, e la loro morale. […] Quindi è che la esercitavano persone scelte, le quali congiugnevano con un sommo ingegno una perfetta cognizione degli affari politici, e delle opinioni che conveniva istillare negli animi del popolo. […] Il gentilesimo, almeno come si credeva dal popolo, era un sistema d’opinioni assurdo ne’ principi, difettoso nei mezzi, incoerente nelle conseguenze, indifferente per la morale, con cui niuna avea o pochissima relazione, e ingiurioso alla divinità, la quale bisognava sfigurare per accomodarla ai capricci degli uomini. […] L’eletto si metteva indosso le insegne proprie del personaggio cui rappresentava, e si vedeva il venerabile corifeo benedire pubblicamente il popolo ora colla mitra in capo e la croce davanti, ora colla tiara. […] Non contenti di cantare nel coro delle poesie disoneste invece dei salmi, si pigliavano ancora il trattenimento di giuocar ai dadi sopra l’altare, di mangiare e bere presso al sacerdote che celebrava la messa, di mettere degli escrementi negli incensari, e di profumare il popolo con siffatta odorosa gentilezza.

11. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 718-721

Finalmente, dopo cinque anni d’incredibili peripezie, in cui la fame aveva pur sempre la più gran parte, a traverso plaghe inospitali, in barroccio, in carretta, a piedi, or cogli Stenterelli Serrandrei e Miniati, or con Benini e Gelich e De Carbonin e altri, recitando da vecchio e da giovine, da promiscuo e da mamo, e fin sotto le spoglie della maschera Faccanapa, contrapposto vivente e poco fortunato del Faccanapa di legno inventato dal Reccardini, che formava le delizie del popolo triestino, mentr' egli, Zago, era con Gelich, Tollo e Papadopoli al Teatro Mauroner, pur di Trieste, eccotelo – dico – finalmente di sbalzo (agosto '76) a Napoli con 5 lire al giorno, generico della Compagnia Veneziana di Angelo Moro-Lin, salutato da un fragoroso, unanime applauso al suo primo apparir sulla scena, dopo appena tre sere dal suo debutto. […] Emilio Zago, che ha in sè tutta la spigliatezza arguta, tutta la bonarietà del suo popolo veneziano, è forse il più atto a sentire e a riprodurre l’opera di Carlo Goldoni fatta dallo stesso vero ; e al teatro di Goldoni infatti egli volge oggi ogni pensiero, ogni studio, ogni aspirazione. […] Così, mercè sua, il vecchio teatro dell’Armonia di Trieste riceve il 30 novembre 1902 il nuovo battesimo di Teatro Goldoni ;… E così, finalmente, nel costante favore di popolo e di critica, un suo pallido e debole sogno di creare la casa di Goldoni a Venezia con artisti veneziani e repertorio goldoniano, va acquistando nella sua mente e nel suo cuore luce e vita per modo da occuparlo tutto omai come una, più o men lontana, realtà luminosa….

12. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VII. Copia di Teatri per l’Impero: magnificenza e profusione eccessiva negli spettacoli sceneci. » pp. 38-55

Ciò che ce ne rimane consiste in una introduzione fatta da Mosè, e in un dialogo pieno di dignità fra questo legislatore e capo degli Ebrei e la Divinità nel roveto ardente, e finalmente in un racconto fatto da un Messo della fuga di quel popolo e dell’evento del Mar Rosso. […] Assai di rado egli fecesi vedere nel teatro dopo che una volta a richiesta del popolo videsi astretto a manomettere il comedo chiamato Accioa. […] Plauto calcando le orme di Epicarmo, e non di Aristofane, ed imitando a un tempo Difilo, Filemone, Demofilo rallegra co’ suoi sali un popolo guerriero. […] Abbandonato il teatro ai Pitauli e Corauli, ai Mnesteri, ai Paridi, ai Batilli e ai Piladi, più non ammise la commedia Terenziana che parve fredda, insipida, indifferente ad un popolo snervato e corrotto, che sotto Eliogabalo si compiaceva de’ mimici stupri e adulterii, non che finti e imitati, rappresentati al vivo sulle scene profanate.

13. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article »

Si sposò poi in Venezia e fecer molte allegrezze in Campo Ruzzolo, gettando denari e confetture al popolo.

14. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 179

E il popolo seguivalo ridendo e applaudendo.

15. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVI. Dell’uso delle Antiche Maschere. » pp. 201-212

Questa che alla prima satireggiava i personaggi viventi, come Cleone, Lamaco, Demostene, Nicia, Socrate, per farli riconoscere dall’uditorio, oltre al nominarli, ne imitava esattamente i volti e gli abbigliamenti, marcandoli, per così dire, con ferro rovente alla presenza di un popolo fiero e geloso della propria libertà. […] Cessò di poi nella commedia nuova il fine di rassomigliare i personnagi satireggiati, e restò solo quello di coprire gli attori, trovandosi già il popolo assuefatto a vederli sempre coperti. […] L’attore si valeva di tal maschera volgendosi al popolo da quel lato che secondo il progresso dell’azione richiedeva ora sdegno e turbamento ora dolcezza e serenità.

16. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Dell’uso delle antiche Maschere. » pp. 290-297

Questa che alla prima satireggiava i personaggi viventi, come Cleone, Lamaco, Demostene, Nicia, Socrate, per farli riconoscere dall’uditorio, oltre al nominarli, ne imitava esattamente i volti e gli abbigliamenti, marcandoli, per così dire, con ferro rovente alla presenza di un popolo fiero e geloso della sua libertà. […] Cessò di poi nella commedia nuova il fine di rassomigliare i personaggi satireggiati, e restò solo quello di coprire gli attori, trovandosi già il popolo assuefatto a vederli sempre coperti. […] L’attore si valeva di tal maschera volgendosi al popolo da quel lato che secondo il progresso dell’azione richiedeva ora sdegno e turbamento ora dolcezza e serenità.

17. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 681

« Faceva talvolta – scrive il Bartoli – delle scene con suo Marito, le quali conduceva con eleganza, con brio, e le spargeva di sali frizzanti, che il popolo ascoltava con gran piacere, impartendole de’ sinceri encomi.

18. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 538

La natura non lo dotò di sciolta loquela, e il Bartoli ci racconta : Egli aveva un’arte di fare frettolosamente un ragionamento (non inteso nè da lui, nè dall’uditorio) promettendo assistenza al Padrone o ad altri ; e questo con parole spessissime, e vibrate con forza fra le labbra in sì fatto modo, che il popolo movevasi a fargli un grande applauso, battendo palma a palma, ond’ egli restava soddisfatto, e l’udienza godendo moveva a più potere le risa, benchè nulla avesse capito da tal discorso, che lo Sgarri chiamava battuta, forse per la battuta di mani, ch'egli ne riscuoteva.

19. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 954-957

Il popolo seguivalo curioso, ed egli solo recitava interamente la Commedia. […] In tal modo Sivello dava trattenimento al popolo, appagandolo con argute facezie, e co’ diversi Personaggi da lui figurati, cangiando d’abito, trasfigurandosi il volto, ed alterando la voce, secondo l’occasione, e come tornavagli più a proposito a norma di quelle scene, che nella sua testa s’aveva divisato di voler eseguire.

20. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 745-749

Secondo la tradizione, il Del Buono avrebbe accolto l’idea della sua maschera dalla viva voce del basso popolo fiorentino, chiassoso, arguto, spensierato nella sua miseria, rigido conservatore del vernacolo, dacchè la sua casa situata in faccia alla via di Merignano, che sboccava allora in via Gora, mettevalo con lui in immediato contatto. […] Toltosi dal teatro, a continuar l’opera sua scelse Lorenzo Cannelli, del quale fu maestro appassionato, ma che poi dovette abbandonare per la troppa scurrilità di cui si piaceva rivestire ogni sua frase ; giacchè il Del Buono, che il Morrocchesi dice Angelo umanato, volle ritrarre il popolo fiorentino in genere, nella vivezza del linguaggio, purgato da ogni parola men che conveniente. […] Io credo che se invece di invadere un campo non loro, si fossero contentate di quello naturale cioè a dire di satira in azione, non mai com’oggi avrebber potuto essere salutari al popolo di su la scena.

21. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

L' Istruzione al popolo italiano e l’Insegnamento popolare di Gustavo Modena« scrittura – dice il Martini (Giusti studente in Simpatie. […] Mi ricordo di averlo veduto nell’Assemblea Toscana in cui era deputato, capitanare un giorno un tentativo di rivolta dell’Assemblea Toscana in cui era deputato, capitanare un giorno un tentativo di rivolta dell’ Assemblea contro la dittatura di Guerrazzi – dittatura acre, aspra, sgarbata, che non salvava nemmeno le apparenze, e che trattava la Rappresentanza del popolo a scudisciate. – Il tentativo falli. – L'Assemblea era troppo sfiaccolata per reggervi. – Il dittatore impose il voto di fiducia e l’ottenne. – Ma l’urto fra i due uomini, entrambi di ferro, fra i due caratteri irti di punte e di angoli, fu terribile. – Guerrazzi rispose alla interpellanza di Modena, secco, sdegnoso, iracondo, e chiuse dicendo : E così rispondo al discorso Recitato (e marcò sprezzante la frase) dal Deputato Modena. […] Nessuno certo potè mai più di lui nè come lui suscitar l’entusiasmo nel popolo affollato, sia si mostrasse sotto le spoglie di Paolo, sia di Luigi  XI, sia di Saul, sia di David ; o di Adelchi, o di Walenstein, o del Cittadino di Gand, o di Maometto, o d’Icilio, o di Remy, o di Raimondo, o di Dante, del quale interpretava (come abbiamo da un programma di sua beneficiata al Teatro del Giglio di Lucca, la domenica 7 giugno 1840, in Compagnia Dorati), Mino – Francesca da Rimini – Cerbero (Canti V e VI). […] C'era allora una patria da liberare ; c’ era un popolo da educare, da ingagliardire…. […] Ma sta in fatto che l’uno e l’altro scopo non ottenner dalla cattedra tutti insieme gli eruditi espositori, com’ egli dalla scena al popolo infiammato.

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