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120. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO V. Teatro Spagnuolo Tragico. » pp. 56-148

Forse vengono indebolite in qualche modo dalle arti cortigianesche che in esse campeggiano aliene dalla ferocità de’ Goti non da molto tempo avvezzi alla coltura che raffina gli artificii. […] Noi annojati dalle inette sofistiche cicalate de’ piccioli entusiasti apologisti che sacrificano all’amor di partito le arti e la verità, e turbano la tranquillità delle lettere con gli orrori e gl’impeti de’ fazionarii, lasceremo per ora borbottare in pace, ed insolentire a sua posta quest’altro esgesuita, e ci contenteremo per suo meglio di augurargli miglior gusto e minor villania e spleen del di lui fratello.

121. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

Per te solo, o Pluto, tutte s’inventarono le arti e le astuzie: per te solo uno taglia corami, uno è fabbro, un altro muratore, un altro ruha e fa buchi nelle case altrui: tu sei l’autore di tutti i beni e di tutti i mali. […] Se Pluto torna a vedere, le ricchezze saranno divise ugualmente, e niuno più si curerà di provvedersi di dottrina, nè di esercitar le arti. […] L’egregio traduttore, per mostrare in un sol quadro tutte le tenere espressioni usate dai due rivali, ha omesso la maggior parte del loro dialogo, nel quale Agoracrito rimprovera a Cleone le arti, colle quali ricava danaro dalle città vendendo la patria, e l’ardire che ha di uguagliarsi a Temistocle ecc.

122. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Tali cose traggonsi dalle tenebre de’ secoli rozzi quando vogliono scoprirsi i principj delle arti; ma quando queste già vanno altere di grandi artisti, lasciansi nella propria oscurità gli operarj volgari. […] Tra questi è da riporsi l’oscuro provinciale Francese Juvenel de Carlencas, compilatore d’ un infelice Saggio sulla storia delle belle lettere, scienze ed arti da cui fu il Torrismondo chiamato parto debole di un ingegno stravolto.

123. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

Lodevole nell’atto I è il ritratto che in Tito si fa de’ partigiani del regno ed in Furio de’ repubblicani, sul gusto delle politiche discussioni di Pietro Cornelio ; come ancora la descrizione delle arti degli ambasciadori nelle corti straniere : nel III l’ambasciata degnamente esposta da Celio : nel IV i gravi sentimenti di Furio che tenta di richiamar Tito nel camin dritto : nel V i forti rimorsi di Tito divenuto traditore, il tenero abboccamento di lui colla madre, gli eroici non meno che patetici sentimenti di Bruto. […] Tommaso Carapelle pose in musica i cori del Domiziano : Domenico Sarro quelli de’ Massimini : Leonardo Vinci del Massimiano : Francesco Durante del Flavio Valente : Giovanni Adolfo Hasse detto il Sassone della Draomira : Nicola Fago detto il Tarantino dell’Eustachio : Leonardo di Leo della Sofronia : Nicola Porpora dell’Ermenegildo : Francesco Mancini del Maurizio : il Principe Milano di Ardore poi Marchese di San Giorgio del Ridolfo ; di maniera che questi due volumi contengono come un saggio accademico di diverse belle arti riunite. […] NOn ha poco contribuito ad inspirar tra noi e diffondere per le italiche contrade un nuovo ardore per la poesia tragica il generoso invito del sovrano di Parma che vi ricondusse in pro delle belle arti nuovamente i lieti giorni de’principi Farnesi. […] Dopo tanti contrarii avvisi di critici occulti o manifesti, invidi o sinceri, e di censori periodici o candidi che servono alla verità e alle arti, o perfidi che militano per. chi gli assolda e mordono chi ricusa pagar lo scotto a simili pirati ; come mai parlare delle tragedie del conte Vittorio Alfieri senza farsi de’nemici ?

124. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Oggi sempre più fiorisce quella scuola dell’Abate de l’Epèe, e vi si contano molti che si sono innoltrati nelle matematiche e nelle altre scienze e nelle storie e nell’erudizione e nelle belle arti.

125. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Con qualche passo di più forse l’ultimo di essi l’avrebbe condotta a quel grado di perfezione, in cui le arti, come ben dice Aristotile, si posano ed hanno la loro natura. […] Favella poi col coro dei diversi ritrovati e di tante arti insegnate agli uomini, i quali prima poco differenti da’ tronchi viveano come le belve rintanati negli antri.

126. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Questo esame degno della dottrina, del discernimento e del gusto del l’autore riputato delle Belle arti ridotte a un principio, compensa solo tutte le fanfaluche affastellate lungo la Senna contro gli antichi dal Perrault, La-Mothe, Terrasson, e dal marchese d’Argens, il quale colla solita sua superficialità e baldanza asseriva che i poeti tragici francesi tanto sovrastano agli antichi, quanto la Repubblica Romana del tempo di Giulio Cesare superava in potenza quella che era sotto il consolato di Papirio Cursore.

127. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133

Se queste riflessioni imparziali parranno ben fondate, veggano certi eleganti ma ciechi panegiristi de’ drammatici Francesi qual vantaggio essi rechino alle belle arti e alla gioventù coprendo di fiori i loro difetti.

128. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Un Romano chiamato Pomponio ha un figlio ammaliato dalle arti di una cortigiana, e dal di lei servaggio cercano ritrarlo il padre colle ragioni e colla propria autorità, e la madre per via di devozioni; mezzi che riescono ugualmente infruttuosi, perchè la cortigiana chiamata Aurelia seguita a governare a suo modo il giovane Cesarino.

129. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Un Romano chiamato Pomponio ha un figlio ammaliato dalle arti di una cortigiana e dal di lei servaggio cercano ritrarlo il Padre colle ragioni e colla propria autorità, e la Madre per via di devozioni, mezzi che riescono ugualmente infruttuosi, perchè la cortigiana chiamata Aurelia seguita a governare a suo modo il giovine Cesarino.

130. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Tali cose traggonsi dalle tenebre de’ secoli rozzi quando vogliono scoprirsi i principii delle arti; ma quando queste già vanno altere di grandi artisti, lasciansi nella propria oscurità gli operarii volgari.

131. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

Se queste riflessioni imparziali parranno ben fondate, veggano certi eleganti ma ciechi panegiristi de’ drammatici francesi qual vantaggio essi rechino alle belle arti e alla gioventù col coprir di fiori i loro difetti.

132. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Ma questa filosofia, questo spirito giusto esatto accurato, basta a dar l’esistenza ad opere grandi nella poesia, nell’eloquenza, nelle arti del disegno e nella musica ? […] Non so se quindi solo derivi quella rincrescevole decadenza che non può negarsi che si osservi nelle belle arti ; certo agli occhi oggi salta meno l’abbondanza de’ grandi artisti che de’ calcolatori, degl’invidi sofisti, de’ falsi-letterati e gazzettieri senza biscotto.

133. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Allora gli Spagnuoli che mostrano già molti progressi fatti nelle scienze, e nelle arti, vedranno a tutta luce le loro forze, e le debolezze teatrali, e si volgeranno a calcare miglier sentiero.

134. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Allora gli Spagnuoli che mostrano già tanti progressi fatti nelle scienze e nelle arti, vedranno a tutta luce le loro forze e le loro debolezze teatrali, e si volgeranno a calcare miglior sentiero.

135. (1715) Della tragedia antica e moderna

[1.40ED] Ci sono certi invidiosi della felicità del loro secolo che attribuiscono tutto a’ passati e massimamente a quelli ne’ quali fiorivano i Greci; non vogliono che si possa più conseguire altra gloria che quella del somigliarli come ombra corporea. [1.41ED] Io mantengo che costoro sono pazzamente invidiosi della moderna gloria e sono evidentemente ingiusti al nostro confronto, non invidiando noi agli antichi l’onore di primi inventori. [1.42ED] Vogliamo ancora liberalmente attribuire a’ tuoi Greci qualche parzialità della provvidenza divina che abbia meglio organizati e disposti que’ primi ingegni destinati per essa ad inventare, con simmetria che potesse accreditarsi fra gli uomini, quelle cose che dovean servir d’esemplare e procacciar de’ seguaci; laonde si sono propagate tutte le arti nella posterità. [1.43ED] Vogliono di più i vostri Greci? […] [5.227ED] Ella è una comparsa di maggior grado della pittura e di minor delle voci, che è destinata al corteggio di un personaggio maggior di lei ch’è la musica. [5.228ED] La composizion musicale è la sostanza de’ melodrammi, tutte le altre parti ne son gli accidenti; e fra questi conta pur anche la poesia; o s’ella è sostanza è come il colore, il quale non è che una sostanza di lume (per parlare con sentenza non mia) accomodata alla superficie, a cui serve dimodoché, variamente riflessa, variamente appar colorita. [5.229ED] Il lume nella sua vera forma non ha colore; ma quando si avvilisce all’ubbidienza de’ corpi solidi, secondo la loro maggiore o minore ispidezza superficiale, veste apparenza di una natura diversa e deformato ancor piace; ma piace, perché il colore là non si crede sostanza, dove non opera a talento del suo naturale, ma dell’altrui. [5.230ED] Ed ecco il modo che non ti spiaccia più che tanto la poesia melodrammatica, considerandola di principale, avvilita già in accessorio; allora questo qualunque accessorio può riuscirti sin grato. [5.231ED] Ma la poesia è uno di quei signori caduti in bassezza e costretti dalla necessità del guadagno a servire. [5.232ED] Non si è scordato ancora l’orgoglio del comandare e mal si adatta alla presente fortuna. [5.233ED] Ma quando si serve, si è servidore; e in questa linea opera onoratamente la poesia, niente comandando e solo ubbidendo alla musica che in teatro n’è la padrona. [5.234ED] E questa musica poi è una delle arti più meravigliose e perfette dell’universo, che non perisce alla posterità né con gli autori né con le voci né con gli strumenti. [5.235ED] I suoi caratteri la rendono perpetua agli occhi ed alle menti degli uomini, e non meno de’ più insigni poeti e filosofi meritan fama questi venerabili, non men che amabili artefici.

136. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Ecco poi con quale scelerata e falsa massima l’infame con detestabile insidioso esempio conchiude, L’arti son queste di fondar gl’imperi.

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