Voci di poco galantuomismo co'suoi attori su Rossi, l’aver egli cessato affatto di scrivermi dopo mie ripetute lettere, e tante e tante altre cose m’hanno finalmente convinto che tutte le sue dimostrazioni d’amicizia per me in Torino erano interessate, e dirette al solo scopo d’abindolarmi, e far si che io sopportassi la sua concorrenza in Compagnia Reale ; per cui già garantisco fin d’ora, che fra me e lui non vi sarà più accordo, anzi urto continuo, disprezzando io per principio, chi si serve di gesuitico artificio per sorprendere l’altrui buona fede.
Opere Eroiche, Serenate, Oratorj sacri, tutte cose musicali. […] Ma il Signor Linguet non favella punto degli altri mostri Calderonici, bensì delle Commedie di Capay Espada, che ancor io concorro a lodare, tutto che per lo più gli accidenti si rassomiglino in quasi tutte.
Quando Carlo VII entro in Parigi l’anno 1436, vi fu ricevuto come in trionfo, e dalla porta di san Dionigi sino alla chiesa di Nostra Signora trovò tutte le strade piene di palchi con simili rappresentazioni. […] Nel 1486 s’impresse in Ulm una traduzione dell’Eunuco, e nel 1499 quella di tutte le commedie del comico Latino.
Nel 1486 s’impresse in Ulm una traduzione dell’Eunuco, e nel 1499 quella di tutte le commedie del comico latino. […] Quando Carlo VII entrò in Parigi l’anno 1436, vi fu ricevuto come in trionfo, e dalla porta di San Dionigi sino alla chiesa di Notra Signora trovò tutte le strade piene di palchi con simili rappresentazioni.
Non è questa una commedia nobile; ma nel genere inferiore ha tutte le grazie del viluppo e della piacevolezza de’ colpi teatrali senza discendere sino alla farsa. […] Noi faremo menzione della maggior parte di esse, senza trattenerci su di tutte lungamente. […] Il Lollio, il Pigna, il Giraldi, il Doni, il Varchi, il Domenichi applaudirono a tutte le di lui poesie e soprattutto alle commedie. […] Ed a che servono tutte quelle inezie all’usanza Spagnuola? […] Veramente una nazione che fece risorgere in Europa tutte le belle arti e le scienze, il gusto, la politezza e la libertà stessa, meritava un poco più di diligenza da questo scrittore.
E se la geometria, più che per le utili verità che insegna, si rende commendabile per l’attitudine che somministra agl’ ingegni tutti per bene e coerentemente ragionare, essa e tutte le scienze esatte contribuiranno sempre colla loro giustezza a formare i gran legislatori morali e politici tanto per ciò che l’una società debbe all’altra, quanto per quello che debbonsi mutuamente gl’ individui di ciascuna: ma esse non saranno mai nè più pregevoli nè più necessarie a conoscersi delle leggi che immediatamente gli uomini governano. […] Ciocchè nel mondo esterno si apprende (diceva l’autore dello Spirito delle Leggi4) sconvolge tutte le idee del mondo immaginato. […] (*) V. la di lui prefazione alla ristampa di tutte le sue opere, dove nel tempo stesso si abbassa a riprendere sette o otto voci da me usate nella Storia de’ teatri del 1777.
I Portoghesi, e gli altri Spagnuoli ne composero moltissime tutte in prosa intitolandole novelle, tragicommedie, tragedie, e commedie. […] Nel IV è ben rilevata la scaltrezza di lei nell’insinuarsi per tutte le vie nell’animo di Melibea. […] Egli componeva quasi estemporaneamente tutte le sue opere, e specialmente le commedie, essendo solito a scriverne una in due soli giorni. […] Le persone che vi s’introducono del custode, del portinajo, del carnefice, e i plebei motteggi di quest’ultimo contro de’ rei, e lo sputar loro in faccia, sono cose tutte disdicevoli in una tragedia, e mostrano abbastanza che il Bermudez non sapeva lavorar senza maestro. […] E quali furono queste prime commedie spagnuole anteriori a tutte le altre?
Moliere, secondo che riferisce M. d’Arnaud, avea trovato un di quegli uomini originali, i cui tratti sono caricati; si attaccò a quest’uomo, si pose con lui in carrozzino, l’ accompagnò sino a Lione, e non l’abbandonò, finchè non l’ebbe studiato in tutte le gradazioni di ridicolo che componevano questo personaggio.
Uomo infaticabile e infaticabile lavoratore, recitò tutte le sere e talvolta in tre commedie diverse.
Anche vi sono frasi e parole di una volgarità un po’cruda, come in tutte le altre del tempo, nella scena specialmente tra il servo Mastica e la balia di Angelica, una, del resto, delle più belle per vivezza di dialogo.
Si mostrerà sempre un critico dozzinale colui che proponesse alla gioventù un solo scrittore per modello, alcuno non trovandosene nel suo genere sì compiuto che tutte contenga le perfezzioni. […] Contiene la pugna de’ tre Tegeati e tre Feneati narrata da Plutarco ne’ Paralleli con tutte le particolarità del fatto de’ Curiazj ed Orazj. […] Le scene sono tutte concatenate alla maniera moderna ad eccezione dell’atto II, in cui rimane una volta la scena vuota partendo Arsinoe nella quarta e venendo poi fuori Berenice ed Araspe. […] Merita parimente lode il Granelli pel carattere teatrale di Nabucco misto di grandi virtù e di grandi passioni, tal che, com’ egli pur dice, in tutte le sue virtù si scorge il pregiudizio di una grande passione, ed in tutte le sue passioni il principio di una grande virtù. […] Timofane dopo avere scoperte tutte le occulte trame de’ cittadini oppressi, e fatta strage degli zelanti repubblicisti, rimane ucciso per cenno del virtuoso fratello, non per amor di regno o di gloria, ma di libertà.
Il Patrici conta fino a venti favole di Nevio che tutte trasportò dalle Greche, e tra esse nomina il Trifalo. […] Sopra ogni altro il noto Moliere colse il fiore di tutte le bellezze Plautine nel suo Anfitrione, molte altre aggiugnendone. […] Un uomo che avesse sì strano gusto, copiando alla peggio gli scarsi dizionarii di tali lingue antipodiche, avrà l’ immaginario diletto di lusingarsi di abbattere tutte le verità istoriche e tutte le nozioni del senso comune; e chi l’ascolterà avrà quello di ridersi di lui. […] Notabile nella commedia di Plauto è la sfacciataggine del ruffiano, che con alacrità confessa tutte le sue malvagità. […] Perciò non ignobili critici la preferiscono a tutte le altre.
I Portoghesi e gli altri Spagnuoli ne composero moltissime tutte in prosa intitolandole novelle, tragicommedie, tragedie e commedie. […] Risulta da quanto si è accennato che la Celestina giustamente proibita e giustamente lodata ancora, se si consideri come spettacolo teatrale, parrà un componimento per tutte le vie spropositato e mostruoso; là dove come novella in dialogo, in cui l’autore non mai mostrandosi tutto mette in bocca de’ personaggi, sarà un libro meritevole di ogni applauso. […] Quelle ch’ egli ebbe in maggior pregio, furono da lui nominate nella Parte I del Don Quixote, cap. 48, e nell’Adjunta al Parnaso, e specialmente la Ingratitud vengada, la Numancia, el Mercader amante, la Enemiga favorable, e più di tutte la Confusa. […] Le persone che vi s’introducono del custode, del portinajo, del carnefice, e i plebei motteggi di quest’ ultimo contro de’ rei, e lo sputar loro in faccia, sono tutte cose disdicevoli in una tragedia, e mostrano abbastanza che il Bermudez non sapea lavorar senza maestro. […] E quali furono queste prime commedie Spagnuole anteriori a tutte le altre?
E ancora, come possiamo distinguere i rapidi movimenti della rabbia da quelli del terrore, della distrazione e di tutte le agitazioni violente dell’anima? […] Nell’ultimo salmo, che è il cinquantesimo nella nostra versione, egli sembra aver riunito tutte le facoltà del suo vasto genio, tanto da poter superare tutte le musiche meravigliose scritte in precedenza»; Charles Avison, An Essay on Musical Expression, London, C. […] Nota alla nota d’autore n. 13: «Uno dei nostri grandi artisti, tale che chiunque abbia visto le sue opere non potrà sospettare di ignorare la bellezza della natura, ha rinunciato agli spettacoli che noi chiamiamo seri e che lui non nomina allo stesso modo; il modo ridicolo con cui sono vestiti dei ed eroi, con cui agiscono e parlano sconvolge tutte le idee che si era fatto; non vi ritrova quegli dei ed eroi ai quali il suo pennello conferisce tanta nobiltà e spirito e si è ridotto a ricrearsi con gli spettacoli farseschi, le cui scene burlesche prive di pretese non lasciano nella sua testa alcuna traccia nociva»; Jean Le Rond d’Alembert, De la liberté de la musique (1751), art.
A queste, altre se n’aggiungon di minore importanza, una delle quali ricordo, rappresentata al Corea di Roma nel ’73 dalla Compagnia di Fanny Sadowski, diretta da Cesare Rossi, di cui faceva anch’io parte, e che non figura nell’ elenco di tutte le opere di lui, pubblicate in due volumi.
Io credo che niuno abbia capito e rivelato ai posteri l’arte somma di Giovanni Toselli, meglio di quanto facesse il compianto Luigi Pietracqua, del quale mi piace riferir qui tradotte le belle parole : I posteri riconoscenti, artisti e ammiratori, gli dedicaron monumenti marmorei così a Cuneo sua terra natale, come al Teatro Rossini di Torino, dove si ammira un suo busto assai rassomigliante ; ma il più bel monumento se lo eresse da sè, creando un teatro popolare, che prima non esisteva ; inventando, per dir così, un nuovo genere d’arte così viva e possente, che per bestemmiar che facciano certi ipercritici della moderna tubercolosi artistica (leggi : teorica nova) non morrà più mai nè nella memoria nè nel cuore del nostro popolo che pensa colla sua testa e giudica col suo buon senso, infinitamente superiore a tutte le fisime più o meno isteriche di certi scrittorelli, più o men camuffati da Aristarchi Scannabue.
Superiore a tutte le piccole querele e alle basse gelosie di mestiere, fu ne' suoi successi di una modestia rara che ne la rendea più degna.
l’esclamazioni di Cassandra tutte piene di enigmi enfatici e d’immagini inimitabili manifestano la robustezza dello stile e la forza dell’ingegno di Eschilo. […] Il Coro che negl’intermezzi è cantante, nel giudizio è parlante come ogni altro attore, ed uno solo favella pel resto, la qual cosa si osserva in tutte le tragedie antiche. […] Se il leggitore conosce tali tragedie, non potrà non ridere e non rimaner meravigliato della scrittura del Mattei, in cui tutte le idee naturali veggonsi scompigliate per lo prurito di dir cose nuove che in fine si risolvono in nulla.
Andreini Francesco) che recitava le parti di dottore in quella Compagnia de’Gelosi, di cui tutte le parti erano singolari, col nome di Dottor Gratiano Partesana da Francolino, a differenza del Bagliani che aveva preso quello di Forbizone da Francolino, sotto il qual nome G. […] Le conclusioni son tutte una insulsaggine ancor più insulsa di quelle usate nella lingua graziana : eccone un saggio : 3. […] È probabile che col proferir speditamente e tutte d’un fiato quelle parole, traendo all’ultima un grande sospiro, si ottenesse allora, come s’è visto accadere oggidì con qualche comico dialettale, un clamoroso effetto d’ilarità.
Andrea Perucci più volte ricordato dà in modo particolareggiato tutte le regole del recitare all’improvviso, molte delle quali sparse in quest’ opera a' nomi de' più famosi recitanti. […] L'ufficio dunque di chi concerta non è di leggere il soggetto solo ; ma di esplicare i personaggi coi nomi e qualità loro, l’argomento della favola, il luogo ove si recita, le case, decifrare i lazzi e tutte le minuzie necessarie, con aver cura delle cose che fanno di bisogno per la comedia. […] A. conosca tutte queste cose molto meglio di me, ma che l’ importunità di tutti cotesti comici di cotesta compag.
Ammetto intanto la correzione già da me stesso fatta anticipatamente nel mio Libro dell’enorme equivoco di aver chiamati Colloqui Pastorali tutte le Favole del Lope, quando tra essi vi sono anche delle Commedie. […] Ei la chiamò semplicemente Ecloga, trascrivendo in gran parte di essa i pensamenti bucolici del nostro Sannazaro, e con questo nome essa corse per ben tre secoli in tutte l’edizioni fattesene nella Penisola di Spagna.
L’autore gli diede il titolo di comedie-tragedie, vale a dire (si disse nell’Anno teatrale) composto bizarro e mostruoso di tutte le parti che costituiscono questi generi diversi. […] Egli altro non sa fare che piangere a tutte le ore, e filosofare cicalando y mentre è tempo d’operare.
Non cede questa tragedia in regolarità di condotta alle migliori; e in vivacità e verità di colorito ne’ caratteri e nelle passioni, e in grandezza e sobrietà di stile va innanzi a quasi tutte le tragedie di Seneca. […] L’ Orbecche s’impresse in Venezia nel 1543, nel 1551, e poi con tutte le altre nel 1583. […] Il Calepio conta quasi tutte le tragedie del Giraldi e specialmente l’Orbecche fralle Italiane che conseguiscono l’ottimo fine della tragedia di purgar con piacevolezza lo sregolamento delle passioni per mezzo della compassione o del terrore. […] Bisogna confessare che questa Semiramide per uguaglianza, nobiltà e grandezza di stile e per versificazione vince quasi tutte le tragedie del cinquecento. […] Fontanini nell’Eloquenza Italiana l’edizione della Merope e del Tancredi fatta in Parma nel 1598, e poi quella di tutte le cinque tragedie del 1605, cioè tre anni prima della morte dell’autore.
Nè tutte gli avevano del mentovato metallo, perchè nelle picciole città bastò agli architetti di porvigli di creta, e per esservi artificiosamente collocati vi produssero il medesimo ottimo effettob.
Tali vasi però si trovavano ne’ teatri d’Italia, e specialmente delle città di Greca origine, come Napoli, Taranto, ed altre del nostro regno; nè tutte gli avevano del nominato metallo, perchè nelle picciole città bastò agli architetti di porvigli di creta, e per esservi artificiosamente collocati vi producevano il medesimo ottimo effetto152.
Il vagabondo e la sua famiglia ha tutte le attrattive del dramma francese, senza nulla perdere delle fattezze della commedia italiana.
E nel Mondo illustrato del 14 settembre ’61, da cui tolgo il presente ritratto, è l’Amalia chiamata la gemma della compagnia, la quale alla franchezza, alla disinvoltura, alla naturalezza, alla vivacità accoppia una grazia ed una riservatezza che accrescono pregio e dan rilievo a tutte le altre doti.
Egli ha sentito tutte le lor cure, e l’ultime parole da lui proferite sono state di riconoscenza.
11 giugno 1778 Sien maritate, vedove o ragazze, cercan tutte scovar le altrui freddure, e van per le Botteghe e per le Piazze anche in Zendale a far triste figure ; son sì curiose queste donne pazze, che se l’ Uscio era pieno di fessure, purchè a ciascuna ne toccasse alcuno avrian pagati i Buchi un Zecchin l’uno.
., ha impignato tutte le sue Gioie per ottanta doppie al Banco di S.
Ebbe, dice il Bartoli, tutte le doti necessarie per riuscire un ottimo Pantalone ; alle quali però non seppe nè volle accoppiar mai la fatica dello studio.
Per mangiare s’era servita a tutte le osterie di Milano, e per necessità facevasi cuocere in casa ; perocchè nessuno voleva più aver a fare con lei.
Ma il successo della Compagnia fu effimero, sia per le commedie tutte in italiano, che i francesi non arrivavano a comprendere, sia per la ripresa di quelle francesi d’una volgarità rivoltante, scavate dal repertorio dell’antica Comedia italiana ; e dopo un solo anno, vedendo i comici deserta ogni sera la sala, incaricaron Visentini di presentarsi al pubblico, e riottenere con un bel discorso l’antica benevolenza.
E in tutte queste opere, quando il temperamento gliel consenta, sa mostrar l’arte sua poderosa « fatta – scrive Angiolo Mori — di intendimenti di una accuratezza sottile, umanamente intima, di cui è profondo il concetto ; con una recitazione tutta moderna, di una rispondenza assoluta dell’anima con lo stato della coscienza femminile nella triste e tormentosa ora che passa. » Fin qui della artista.
Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi, e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo; che si trova in quest’atto secondo uguale ignoranza delle favole, ed invenzioni Omeriche, e degli antichi tragici; che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia; ignorando che la sacrificata figlia di Agamennone per miracolo di Diana ignoto a’ Greci si trova viva trasportata nel tempio della Tauride; che l’istessa Briseida la prega di volersi intenerire, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas; colle quali parole attribuisce al ferro che non è rovente, le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare; che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni, los pajaros parleros sean mudos testigos che lo stesso Achille dice di avere appreso da Ulisse â despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa dimostra di possedere uno spirito profetico, perchè Ulisse si seppe preservare dalle sirene dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja; che l’istesso Achille pure profeticamente indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma del La Cruz niuno glie l’ha detto; che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo; in fine che La Cruz dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso, cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille? […] La Nitteti del Cesareo poeta Romano, in cui il viluppo interessante, e le patetiche situazioni vengono arricchite da maravigliose decorazioni tutte ricavate dalla natura, su espressamente composta pel teatro ispano a richiesta del suo amico Farinelli.
Uno di loro antiponendo Moliere ad ogni altro, francamente vantavasi di aver letto tutte le commedie di Menandro. Gli altri anch’essi, per non parer meno eruditi, davansi lo stesso vanto; e tutti ce tamente non avrebbono scrupoleggiato di accertare sulla lor fede d’aver letto eziandio le commedie di Eupolide, Cratino, Filemone, Difilo, Apollodoro, Turpilio, Trabea, Cecilio, e tutte quelle altre de’ Greci e Latini, di cui o pochissimi frammenti o appena i nomi, rimasti ci sono.
Lessi costantemente tutte le critiche, che mi si fecero ; molte ne accettai, molte ne ripudiai : non fui scosso mai dall’impressione che le mie interpretazioni destavano nel pubblico o nella critica : non sentii mai orgoglio d’un applauso, mai ribellione per un fischio : non sollecitai mai un articolo di lode, nè…. […] Davanti a me, sul tavolo, apersi Carcano, Maffei e Rusconi ; a sinistra il testo inglese, a dritta il Millouse, e sillaba per sillaba controllai tutte le parole di Shakespeare, e ad ogni dubbio, ad ogni oscurità, mi mettevo ad urlare : – Padrone, padrone !
Francesco Patrizio conta sino a venti favole di Nevio che tutte trasportò dalle Greche, e tra esse nomina Trifalo. […] Sopra ogni altro il noto Moliere colse il fiore di tutte le bellezze Plautine nel suo Anfitrione molte altre aggiungendovene. […] Un uomo che avesse sì strano gusto, copiando alla peggio gli scarsi Dizionarii di tali lingue antipodiche, avrà l’immaginario diletto di lusingarsi di abbattere tutte le verità istoriche e tutte le nozioni del senso commune; e chi l’ascolterà avra quello di ridersi di lui. […] Notabile nella commedia di Plauto è la sfacciataggine del ruffiano che con alacrità confessa tutte le sue malvagità. […] Perciò non ignobili Critici la preferiscono a tutte le altre.
Non è questa una commedia nobile; ma nel genere inferiore ha tutte le grazie del viluppo, e della piacevolezza de’ colpi teatrali senza discendere sino alla farsa. […] I pulcinelli, gli arlecchini, i graziosi del teatro spagnuolo, con tutte le loro possibili lepidezze, non credo che ispirerebbero forza e calore a una favola fredda e dilombata. […] Nè vano è questo vanto della picevolezza che promette; che ridicola essa riesce moltissimo per tutte le sue parti. […] Il Lollio, il Pigna, il Giraldi, il Doni, il Varchi, il Domenichi (che vagliono bene una gran parte de’ censori transalpini) applaudivono a tutte le di lui poesie, e soprattutto alle commedie. […] Esse sono tre, il Tesoro impressa nel 1583, l’Alteria nel 1587, e l’Emilia nel 1596, tutte scritte in versi, e con lo spirito di arguzia che domina ne’ componimenti di questo famoso Cieco d’Adria.
Contiene la pugna de’tre Tegeati e tre Feneati narrata da Plutarco ne’Paralleli con tutte le particolarità del fatto de’Curiazii ed Orazii. […] Merita parimente lode il Granelli pel carattere teatrale di Nabucco misto di grandi virtù, e di passioni grandi, tal che, come egli pur dice, in tutte le sue virtù si scorge il pregiudizio di una grande passione, ed in tutte le sue passioni il principio di una grande virtù. […] Andres si è poco internato nella letteratura italiana, credendo tutte nella Merope del Maffei rincentrate l’Italiche grandezze tragiche. […] Per riescirci altro non occorre che cercar di obbliare tutte queste tessiture fantastiche e rileggere la semplice storia. Il patetico che ne ritrarrà, l’eleverà sopra tutte le possibili dipinture fattizie che l’hanno sinora deturpato.
Dal verbo μιμὲομαι imitor, ricavasi la voce Mimo; e quello che appartiene a tutte le arti d’immaginazione, non che alla poesia drammatica, siccome bene avvertì Giulio Cesare Scaligeroa, divenne poi nome particolare di un picciol dramma, e quindi di una specie di attori. […] Tra tanti attori mimici che separaronsi da’ Comedi, spiccarono in seguito i Pantomimi istrioni ballerini che presero il nome dal contraffare con atteggiamenti senza parlare tutte le cose. […] Rimase al Coro il pensiero d’intrecciar carole cantando; ed in questo il canto fu più artificiale e la melodia più espressiva spiegandovi la musica tutte le sue forze e gli artificii armonici con sempre nuove combinazioni di tempi e di movimenti; la poesia per accomodarsi al canto fu più lirica ed ornata; e la rappresentazione per servire al ballo fu meno naturale.
Dal verbo μιμέομαι imitor, ricavasi la voce Mimo; e quello che appartiene a tutte le arti d’ immaginazione, non che alla poesia drammatica, siccome bene avvertì Giulio Cesare Scaligero131, divenne poi nome particolare di un picciol dramma, e quindi di una specie di attori. […] Tra tanti attori mimici che separaronsi da’ comedi, spiccarono in seguito i Pantomimi, istrioni ballerini che presero il nome dal contraffare con atteggiamenti senza parlare tutte le cose. […] Rimase al coro il pensiero d’intrecciar carole cantando; e in questo il canto fu vera melodia spiegandovi la musica tutte le sue forze e gli artificj con sempre nuove combinazioni di tempi e di movimenti; la poesia per accomodarsi al canto fu più lirica ed ornata; e la rappresentazione per servire al ballo fu meno naturale.
Anzi se vorremo por mente come pochissimo travaglio ei sogliono darsi per la scelta del libretto, o sia dell’argomento, quasi niuno per la convenienza della musica colle parole, e niuno poi affatto per la verità nella maniera del cantare e del recitare, per il legame dei balli con l’azione, per il decoro nelle scene, e come si pecca persino nella costruzione de’ teatri, egli sarà assai facile a comprendere qualmente una scenica rappresentazione, che dovrebbe di sua natura esser tra tutte la più dilettevole, riesca cotanto insipida e noiosa.
Precede una canzone di movimento lento e grave, alla quale tutte le ballerine prendono parte movendo le gambe e battendosi dolcemente il petto con attitudini graziose rassomiglianti a quelle del l’isole della Società.
Che che di lui motteggi Aristofane nelle Tesmoforie, è certo che Aristotile nella Poetica celebra la tragedia di Agatone intitolata Αιθος, il Fiore, nella quale i nomi e le cose erano tutte inventate dal poeta, e non già tratte dalla storia o dalle favolea.
Ignoti quasi interamente al resto dell’Europa i Moscoviti privi di libertà ed immersi in una profonda ignoranza sostenuta particolarmente da un’ antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio paese sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello ch’era sotto gli occhi loro, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura e il bisogno suggerisce.
Ma senza dubbio esse dovean ricercarsi nella soverchia dimestichezza che il Coralli aveva con Teodora Ricci, moglie del Bartoli ; dimestichezza che fece montare su tutte le furie il Sacco, vecchio ottuagenario, che della giovane artista era bestialmente invaghito, e che assalì con mortificazioni e sgarbi di ogni specie il Coralli, il quale dovè ricorrere alla protezione del Gozzi : e sarebbe rimasto senza dubbio in compagnia, nonostante l’ invelenimento del Sacco, se, pel timore di essere definitivamente scacciato, non avesse ricorso a uno strattagemma volgare di cui fu vittima un bravo e onesto comico della compagnia.
E a pagina 96 : Il vecchio Pinotti ha in tutte le parti che gli ho visto recitare, e non son poche, pienamente confermato il mio primo giudicio.
Il di lui Finto Fratello colla musica di Giovanni Fischetti si cantò nel 1730: lo Frate ’nammorato nel 1732 colla musica squisitissima in tutte le sue parti del Raffaele della musica Giambatista Pergolese68: Da un disordine nasce un ordine del 1737 colla musica di Vincenzo Ciampi: la Lionora del 1742 colla musica del Ciampi nelle parti serie, e del celebre Niccolò Logroscino nelle buffe &c. […] Paisello (che ha poste in musica egregiamente la maggior parte delle opere del Lorenzi) sono in tutte le parti nel Socrate inarrivabili. […] Esse sono tutte di lieto fine, ed alcuna di esse risale agli ultimi anni del passato secolo, come la Partenope dramma cantato in Napoli sin dal 1699 e replicato altrove tante volte. […] Serio nel 1780 riprodusse sulle scene napoletane tale argomento; ma gli convenne tutto fondare nella poesia, e servire alle circostanze spogliando lo spettacolo di quasi tutte le indicate decorazioni, per dar luogo a’ balli di Zemira e Azor ed al Convitato di pietra. […] Gli contende gran parte di queste doti e forse tutte uno de’ più illustri nostri poeti, il chiar.
L’esclamazioni di Cassandra, tutte piene di enimmi enfatici e d’immagini inimitabili, manifestano l’ingegno vigoroso di Eschilo. […] L’Edipo Re é senza dubbio la disperazione di tutti i tragici, e ’l modello di tutte l’età. […] … E chi farà quegli, che avendo fior di senno, messe tutte insieme le opere d’Ione, al solo dramma dell’Edipo ardisca di contrapporle? […] Che riconoscenza poi mirabilmente condotta per tutte le circostanze nell’atto IV, e di qual tragica catastrofe produttrice! […] e quando le abbraccia, e non sa separarsene, tutte situazioni appassionate vivacemente dipinte.
L’amor tenero dilicato che degrada quasi tutte le tragedie francesi, trova il proprio luogo nella commedia tenera, che non conobbe Moliere, ma che conobbero in Grecia ed in Italia Menandro, Apollodoro, Terenzio, Annibal Caro, Sforza Oddi, e Giambatista della Porta nel Moro e nella Sorella. […] Senza soscrivere a tutte le lodi date dal Palissot alla commedia Dupuis et des Ronais rappresentata nel 1763, possiamo noverarla tralle commedie tenere non infelici. […] Lo scioglimento corrisponde alle grazie di questa eccellente commedia, nella quale colla sferza comica ottimamente si flagella una ridicolezza comune a tutte le nazioni culte di far versi a dispetto della natura, il quale argomento su poco felicemente trattato in Italia da Carlo Goldoni nella commedia intitolata i Poeti. […] Voltaire diceva di lui che conosceva tutte le vie del cuore, fuorchè la via reale, o maestra . […] Delicatezza di espressione, sensibilità dignitosa, facilità di azione, continenza inimitabile nel presentarsi in iscena, grazia che tutte ne condisce le posizioni ed i caratteri che imita, facilità di dire, dolcezza di voce e di sguardi senza stento ed artificio ricercato; tutti in somma possiede i pregi che la rendono un’ attrice senza pari.
E già non è dubbio che, vistesi in tale teatro delle scene inventate da bravi pittori con decoro e con giudizio, non piacessero sopra tutte le strane fantasie che sono ora tanto in voga, e vengono tanto esaltate da quelli che niente considerano e di ogni cosa decidono. […] [Nota d’autore n. 14] Lo scrittore del presente saggio possiede un grosso volume di disegni di questo autore, il quale mostra assai meglio quanto egli valesse, che non fanno tutte le invenzioni che vanno attorno di lui intagliate dal Buffagnotti e dall’Abbati.
La scena dell’Atto quarto è nel cortile del palagio di Priamo: Aedibus in mediis nudoque sub aetheris axe Ingens ara fuit, iuxtaque veterrima laurus Incumbens arae atque umbra complexa Penates Quivi trovasi Ecuba con alcune Troiane, le quali tutte paurose e supplichevoli abbracciano le statue degli dei.
Ignoti quasi interamente al resto dell’Europa i Moscoviti privi di libertà, immersi in una profonda ignoranza sostenuta da un’ antica legge che proibiva ad ognuno l’uscir dal proprio perse sotto pena di morte senza la permissione del patriarca, non aveano idea se non di quello che era sotto i loro occhi, e ignoravano tutte le arti, a riserba di quelle che la sola natura ed il bisogno sugerisce.
Se voglia riguardarsi al suo dominio, l’Etruria di molto estendevasi oltre la Toscana presente; perciocchè i Tirreni, secondo Polibio1, abitavano tutte le terre poste tra l’Apennino e il mare Adriatico, e possedevano i Campi Flegrei che erano tra Capua e Nola.
Di tutte le opere del Calmo, una lettera, quella scritta al padre domenicano Medici per avere un proemio al Travaglia, è scritta in italiano e senza sensi riposti ; a questa si aggiungon brani qua e là, specie nelle egloghe.
» E la esclamazione calda e spontanea mi dichiarò poi enumerando col maggior entusiasmo tutte le affettuose cure morali e materiali di cui egli soleva senza tregua colmarla.
Il volumetto, benchè proibito, andò via a ruba, tanto che se n’ebber contraffazioni non solo in Olanda, a Bruxelles e a Liegi, ma in quasi tutte le provincie del Regno, e se ne pubblicò un’aggiunta di due volumi, uno col titolo di Supplemento al teatro italiano, privo di qualsiasi pregio, composto a quel che si dice dall’autore dell’Arliquiniana (Cotolendi) o della Vita di Scaramuccia (Angelo Costantini, Mezzettino), e l’altro col titolo di Terzo volume, rubato manoscritto al Gherardi, e in ogni scena mutilato per meglio celarne la frode.
L'onestà, la probità, l’integrità scrupolosa del semplice uomo raggiava in tutte quelle anime giovani, che sarebbero state oggi, in tanta convulsione dello spirito, il più bello e salutare esempio !
Se si riguarda la morale, ovvero sia quella parte della filosofia che disamina e fortifica i doveri dell’uomo, scienza fra tutte le altre l’unica degna di considerazione, la sola utile alla misera e travagliata umanità, la sola che meriti di occupar i riflessi di un essere pensante, chi se n’è renduto più benemerito di lui? […] Si leggano quasi tutte le scene, s’osservi gran parte de’ suoi recitativi, e in principal modo le arie e i duetti, e si vedrà quai copiosi fonti di espressione, quali miniere inesauribili di tragica sensibilità abbia egli aperte ai compositori che le pongono in musica. […] Niun’altro possiede un sì alto grado l’eloquenza del cuore, né sa meglio di lui porre in movimento gli affetti, inviluppar gl’interessi e metter l’uno a cimento coll’altro, rilevar distintamente le circostanze che concorrono in un’azione, radunarle poi tutte nell’occasione, spiar i motivi più immediati, i più spediti, i più confaccenti col carattere della persona e più legati col suo particolar interesse. […] Del che basterà addurne in pruova un esempio, giacché a provare distintamente tutte le cose accennate vi vorrebbe un intiero volume. […] E come mantener questa qualora il poeta non ha l’arte di farlo assister come presente al soggetto di combinar colla scena l’azione e di metter d’accordo fra loto tutte le cose rappresentate?
L’esclamazioni di Cassandra tutte piene di enimmi enfatici e d’immagini inimitabili manifestano la robustezza dello stile e dell’ingegno di Eschilo. […] Il coro che negl’ intermezzi è cantante, nel giudizio è parlante come ogni altro attore, ed uno solo favella per tutti, la qual cosa si osserva in tutte le tragedie antiche. […] E chi sarà quegli che avendo fior di senno, messe tutte insieme le opere di Jone, al solo dramma dell’Edipo ardisca contrapporle? […] Che riconoscenza poi mirabilmente condotta per tutte le circostanze nell’atto IV e di qual tragica catastrofe produttrice! […] Ma il poeta diligentissimo in ogni occasione in dar risalto a tutte le remote tradizioni e antichità patrie, non ha voluto omettere il ricetto che Medea trovò presso Egeo.
Quelli furono i tempi gloriosi per l’Italia della cacciata di Aristotile dal trono con tutte le qualità occulte, le forme sostanziali e accidentali della materia, la leggerezza dell’Aria, la regione del fuoco, la solidità de’ Cieli, l’avversione invincibile al Voto, l’eternità del Mondo, gli Enti di ragione, le distinzioni e i misteri tutti delle Scuole Arabe. […] Soggiugne: “Le Donne al principio sono tutte nobili, mostrano una fierezza che in vece di amore infonde spavento, ma da poi da questo estremo passano, per mezzo della gelosia, all’altro opposto, e rappresentano al Popolo passioni violente, sfrenate, vergognose, insegnando alle Donne oneste, e alle incaute fanciulle il cammino della perdizione, e la maniera di alimentare amori impuri, e d’ingannare i Padri, di subornare i Servi . . . . discolpandosi colla passione amorosa che viene dipinta onesta e decente, che è la vera peste della gioventù”. […] Disingannatevi leggendo la sua Commedia Il Teatro Comico, ove si ride degli antichi pregiudizj Istrionici, e mette in bocca del Capo di Compagnia tutte le regole conosciute tanto per comporre, quanto per rappresentare. […] E la Nave Vittoria che scorre per tutte le parti della Terra, va in America, e poi torna in Ispagna?
Mai abbastanza non si ripete a costoro, che il tuono decisivo e inconsiderato é quello della fatuità, e che debbono apprendere; e sovvenirsene allorché son tentati di decidere, che questo Aristofane era un atenieso, il quale fioriva sul principio del IV secolo di Roma, tempo in cui i romani niuna cognizione aveano, non che dell’altre belle arti, della poesia teatrale, la quale pure da gran pezza coltivavasi in Italia dagli osci, e dagli etruschi, ed anche con più felice successo da i popoli della magna Grecia, e della Sicilia, che, come dice e mostra il dottissimo Tiraboschi, «in quasi tutte le parti della letteratura furon maestri ed esemplari agli altri greci» 35. […] Esso raccolse, come in un centro, tutte le forze del loro ingegno, e ne ingrandì l’attività. […] Dal contraffar con gli atteggiamenti tutte le cose, sembra che prendessero il nome quest’istrioni-ballerini. […] La natura non produce una per volta le parti di una pianta, ma tutte in piccolo le racchiude nel germe, che poi prende a sviluppare e nutrire.
L’amor tenero e delicato, che degrada quasi tutte le tragedie francesi, ha il suo proprio luogo nella commedia tenera, che non conobbe Moliere, ma che conobbero in Grecia ed in Italia Menandro, Apollodoro, Terenzio, il Caro, l’Oddi, il cavalier Porta nel Moro e nella Sorella. […] Senza soscrivere a tutte le lodi date dal Palissot alla commedia Dupuis & Des Ronais rappresentata nel 1763, possiamo noverarla tralle commedie tenere non infelici. […] Lo scioglimento corrisponde alle grazie di questa commedia eccllente, nella quale colla sferza comica ottimamente si flagella una ridicolezza comune a tutte le nazioni culte di far versi a dispetto della natura, il quale argomento fu infelicemente trattato in Italia dal signor Goldoni nella commedia intitolata i Poeti. […] Con tutto ciò la Francia ha avuti valorosi attori, e fra gli uomini si sono segnalati Du Fresne e le Kain morto in Parigi nel 1778, e tralle donne, dopo l’insigne le Couvreur, la Desaine, la Gossin, la Dumenil che tutte superava le compagne ed anche se stessa nella parte di Fedra e di Merope, e la maravigliosa Clairon la quale trionfava singolarmente rappresentando Medea, nella cui figura volle farla dipingere la principessa d’Anhalt.
Mentre esse ballano, il brutto musico ripete questa parola con una vivacità continua, rinforzando per gradi la voce, e stringendo il tempo del suono in maniera ch’egli palesa il proprio entusiasmo con visacci e strane convulsioni: e le ballerine si agitano con un’agilità sorprendente, la quale accoppiata al desiderio di piacere e agli odori, de’ quali son tutte asperse e profumate le fa grondar di sudore e rimaner dopo il ballo pressoché fuor di se.
Grisostomo di Venezia l’ultima sera del Carnevale MDCCLIX Della guerriera tromba ascolta il fuoco appena, E va il Guerriero in Campo dove la gloria il mena : Spirano appena i Zefiri, ed ecco in un momento Salpa il nocchiero, e scioglie tutte le vele al vento ; Ma se volando al Campo, se abbandonando il Lido, La Sposa, o il Genitore lascia nel patrio nido, Lascia su quelle sponde parte di sè il nocchiero, Parte di sè pur lascia nella Città il guerriero ; E nel partir da loro sente staccarsi il core, Sente passarsi l’anima dal più crudel dolore.
E apparteneva a questa famiglia, o era lo stesso del '59, quel Tamborino o Tabarrino ciarlatano savojardo nel giornale manoscritto del Fuidoro, riferito da Croce, che il dicembre del '69 pubblicamente nel largo della Piazza di Castello a Napoli, fatta nel suo banco una scena, vi faceva recitar da dieci persone e a tutte sue spese comedie ; e pel concorso grande che vi era senza pagare, vendeva una conserva di ginepro, che era contravveleno ?
Viste poi dal punto che tutte manifesta le politiche e militari turbolenze che l’agitarono, si temerà pel destino delle arti e delle scienze. […] In questo secolo ancora, e propriamente nel 1489b, da Bergonzo Botta gentiluomo Tortonese si diede in Tortona quella tanto magnifica festa nelle nozze d’Isabella di Aragona figlia di Alfonso duca di Calabria con Giovanni Galeazzo Maria Sforza duca di Milano, nella quale, per quanto vedesi presso il Corio ed altri, la poesia, la musica, la meccanica e la danza spiegarono tutte le loro pompea. […] Che se di tutte queste cose volesse idearsi una scena stabile, non riuscirebbe difficile compartirvele; ma allora sorgerebbe un dubbio inevitabile, cioè, come mai ninfe e pastori scorrendo per ogni banda non si sono avveduti della via che mena all’inferno, e delle apparenze dell’atto IV?
Viste poi dal punto che tutte manifesta le loro politiche e militari turbolenze, si temerà pel destino delle arti e delle scienze. […] In questo secolo ancora, e propriamente nel 148947, da Bergonzo Botta gentiluomo Tortonese si diede in Tortona quella tanto magnifica festa nelle nozze d’Isabella d’Aragona figlia di Alfonso duca di Calabria con Giovanni Galeazzo Maria Sforza duca di Milano, nella quale, per quanto vedesi presso il Corio ed altri, la poesia, la musica, la meccanica e la danza spiegarono tutte le loro pompe48. […] Che se di tutte queste cose volesse idearsi una scena stabile, non riuscirebbe difficile il compartirvele; ma allora sorgerebbe un dubbio inevitabile, cioè, come mai ninfe e pastori scorrendo per ogni banda, non si sono avveduti della via che mena all’inferno e delle apparenze dell’atto IV?
Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo: che vi si trova uguale ignoranza delle favole Omeriche e de’ tragici antichi: che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia, ignorando che la sacrificata Ifigenia per miracolo di Diana ignoto a’ Greci dimorava nel tempio della Tauride: che la stessa Briseida lo prega ad intenerirsi, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas, colle quali parole par che attribuisca al ferro le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare: che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni (los pajaros parleros sean mudos testigos): che il medesimo dice di avere appreso da Ulisse à despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa non può dire se non con ispirito profetico, perchè Ulisse non si preservò dalle sirene se non dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja: che anche profeticamente l’istesso Achille indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma niuno gliel’ ha detto: che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo: in fine che l’autore dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’ annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille? […] La Nitteti del Cesareo Poeta Romano, in cui l’intrigo interessante e le situazioni patetiche vengono arricchite da maravigliose decorazioni ma tutte ricavate dalla natura, fu espressamente composta per tale teatro a richiesta del suo amico Farinelli. […] Manca ancora dopo di tal raccolta a sì culta nazione una scelta teatrale ragionata intrapresa da un letterato filosofo nazionale fornito di gusto, di buona fede, di lettura e di giudizio, il quale sappia sceglier bene i drammi ed indicarne meglio i difetti e le bellezze; e ciò all’ombra di quella parte critica detestata dall’Huerta come satira maligna, ma che io però pur vorrei che sempre nelle mie opere risplendesse, a costo di esser perpetuo segno di tutti i papelillos degli Huertisti, di tutti gli opuscoli de’ Don-Pedros, di tutte le biblioteche de’ Guarinos, e di mille opere teatrali del LaCruz munite di prolaghi, dedicatorie e soscrizieni.
Odette, Amore senza stima, la Locandiera, Cavalleria rusticana, Fedora, Casa di bambola, Casa paterna, la Signora dalle Camelie, d’indole così disparata, ebber tutte, e molte di esse hanno ancora la più gagliarda e più vera delle interpretazioni. […] I più freddi si sentono correre ad un tratto la vampa dell’odio o la fiamma dell’amore per tutte le vene, i più infingardi, i più restii provano quell’inquietudine, quella smania, quella agitazione che li strappa alla loro apatia abituale, e li travolge palpitanti e affannosi nelle peripezie dell’azione drammatica. […] — Andrò a Parigi — e se al mio ritorno non troverete in me tutte le qualità accademiche dell’arte e del bel mondo — vorrà dire che sarò abbrutita del tutto !
E se la geometria, più che per le utili verità che insegna, si rende commedabile per l’attitudine che somministra agl’ingegni tutti per bene e coerentemente ragionare, essa e tutte le scienze esatte contribuiranno sempre colla loro giustezza a formare grandi legislatori morali e politici tanto per ciò che l’una società debbe all’altra, quanto per quello che debbonsi mutuamente gl’individui di ciascuna: ma esse non saranno mai nè più pregevoli nè più necessarie a conoscersi delle leggi che immediatamente gli uomini governano. […] Ciocchè nel mondo esterno si apprende (diceva l’autore dello Spirito delle leggi a) sconvolge tutte le idee del mondo immaginato.
L’Orbecche s’impresse in Venezia nel 1543, nel 1551, e poi con tutte le altre nel 1583. […] Il Calepìo conta quasi tutte le tragedìe del Giraldi e specialmente l’Orbecche, fralle Italiane che conseguiscono l’ottimo fine della tragedia di purgar con piacevolezza lo sregolamento delle passioni per mezzo della compassione o del terrore. […] Bisogna confessare che questa Semiramide per uguaglianza, nobiltà e grandezza di stile, e per versificazione vince quasi tutte le tragedie del cinquecento. […] Cita monsignor Giusto Fontanini nell’Eloquenza Italiana l’edizione della Merope e del Tancredi fatta in Parma nel 1597, e poi quella di tutte le cinque tragedie del 1605, cioè tre anni prima della morte dell’autore. […] Al principio del secolo XVI le lingue nazionali giacevano tutte neglette e solo l’Italia poteva vantare ne’ suoi volgari scrittori esemplari da paragonare in qualche modo agli antichi, e da proporre al l’imitazione de’ moderni.
Leggere questo nome, e riafferrare tutte la sparse e isvariate buffonerie che aveva udite sul famoso guitto, fu un baleno.
Ne scrisse cinque in undici mesi, e tutte in versi per giunta.
Il Fabbrichesi fu il primo a stabilire che i comici pensasser da sè a tutte le spese di vestiario (prima d’allora non dovevan provvedersi per gli abiti in costume che del così detto basso vestiario, cioè scarpe, calze, parrucche, spade, ecc.) e a quelle di viaggio ; ma tale aggravio fu compensato dalle nuove paghe salite a cifre non più sognate : mentre il gran Zenerini trent’anni addietro, e al tempo della sua maggior gloria, non aveva potuto ottenere che uno zecchino veneto al giorno, il De Marini ne aveva 601 all’anno, il Blanes 600, Pertica 450, e Bettini 400.
Ecco il sonetto a stampa per le faustissime nozze, dettato da certo signor Cricca : O caro Gattinel che bravamente dell’orefice eserciti il mestiere, e conoscere sai perfettamente le gemme false dalle gemme vere ; giacchè di prender moglie immantinente ti venne il tanto natural pensiere, vuò dirti ciò che può sicuramente farti felice in tutte le maniere.
Ad altri, Compartendo i suoi doni, eletta tempra Conformabil concesse a finger tutte Nell’aspetto e nel suon de la favella Le sembianze de l’alma ; e a lor commise Crescer, non che mostrar, l’alta virtude Di que’ famosi, ed in onor tornarli, Se non mertato li coprisse oblio.
Quest’attore si applicò quasi esclusivamente alle tragedie del grande Alfieri, e fu dei primi che le fece assaporare sui pubblici teatri, ed in queste sviluppava tutte le sue qualità fisiche e morali.
che poi dirò se in scena amorosa sirena co' lusinghieri detti l’alme trafiggi e i petti, e lascivetta ancella avanzi tutte l’altre in esser bella ?
E di questa sorta ve n’ha centinaja, mescolati, s’intende, delle solite baggianate ampollose, comuni un po' a tutte le maschere, che pajono, e sono, il sugo spremuto dalle similitudini strampalate di tutto il '600.
Il leggitore si dispone agli eventi di Lovemore, a quelli di sir Constant, a quelli di madama Belmour; ma pur ne risulta uno scioglimento non infelice, benché non sia della natura di quelli che mettono con un sol colpo tutte le cose nella necessaria chiarezza. […] Non ho tollerate tutte l’insolenze d’un popolaccio abominevole per soddisfare la vostra vanità? […] Joseph Cañizares ne ha composte alcune piacevoli e graziose, benché, come tutte le altre, sregolate. […] Le donne di ogni ceto divise dagli uomini, coperte delle loro mantillas, seggono, tutte unite in un gran palchetto dirimpetto alla scena, il qual si chiama cazuella e congiunge i due archi della sopranominata grada.
Altezza nella quale li dirà tutte le pessime cose che fa suo figlio ; io li risposi che quello mi diceva a me non riguardava che la sua coscienza, che a questa doveva rimediar lui con il darli per tornare in Italia, ma è peggio di un ostinato Turco, che più è vecchio innamorato ! […] Sua Altezza lo sgridò come un miserabile, ma, come è buccia vecchia, e che non ha nè onore, nè vergogna, nè, quel che è peggio, timor di Dio, li rispose tutte solennissime bugie. […] mo Signore et mio Padrone Colendissimo Negli interessi della coscenza solo Idio può essere G[i]udice retto, et agli ochi di esso cui tutte le cose sono scoperte e presenti è dato di distinguere l’ombre dal lume, la mia che dalle imposture fatele si conosce incontaminata si apella dal giuditio de homini al tribunale del Altisimo, ne stia secho V. […] Doppo averli dati nove mila franchi che aveva a l’[o]tel de villa per agiu[s]tare un suo abicioso interese d’una carica conpra se[n]ca che io sapesse cosa alquna, e per agustare il venditore della sudeta carica conpra se[n]ca che io sapesse cosa alquna, e per agustare il venditore della sudeta carica non volendola indieto fu necesario che io la pigliase de la quale la vendei nove mila esendo il denaro messo da u notaro me le fece sequestrare con false ragone e subito parti e questa lite è un anno che continova con (parola inimelligibile) del suo procoratore ed ora per la stesa causa mi a camato al parlamento con altra furberia, ma spero osirne in bene de tutte due e a lascato avochati e prochoratori che mi molestano acciò non vadi a Firence per godere le mie fatiche.
Per riescirvi altro non occorre che cercar di obbliare tutte queste tessiture fantastiche, e rileggere la semplice storia. Il patetico naturale che ne ritrarrà, render dovrallo superiore a tutte queste dipinture fattizie*. […] Chi può (gli dice Apecide) aver tutte queste notizie? […] Quasi tutte l’arie contengono studiate comparazioni sulle tracce di qualche splendido difetto del Poeta Cesareo. […] Questi dieci versi han dato a lei tempo per vestirsi di tutte armi, per ingannare la vigilanza de’ soldati, per fuggire ad Adallano, e per istruirlo dell’occorso.
Cesare Rossi, disimpegnò benissimo le parti tutte, che io lo preferii sempre più nel serio che nel ridicolo : perchè nel comico ebbe la disgrazia di imitare Gattinelli : e le copie sono sempre peggiori degli originali : nel serio…. lo guidai io, e non volli che mi imitasse, ma che mi studiasse….. […] … Quattro anni dopo Cesare Rossi era il Direttore, Primo attore da parrucca, Caratterista, Promiscuo, della Compagnia di Fanny Sadowski, nella quale anch'io stetti un anno, lieto oggi di poter discorrere di tutte le grandi qualità del mio primo maestro.
Ora tutte queste sceniche produzioni del secolo XV. che il Lampillas non cura di vedere, non danno al Signorelli dritto di affermare, che fra noi crebbero con tutta prestezza gli studj scenici, e che attendendo alle dipinture de’ caratteri e delle passioni, ed altri meriti de’ Drammi lodati, giustamente si asserisce che allora si coltivò la Poesia Scenica giusta la forma regolare degli Antichi?
Del Buonarrotti il giovane e de’ di lui drammi leggasi quanto ne dice il conte Mazzucchelli, a cui si può aggiugnere il giudizio, che della Tancia portò il Nisieli in questa guisa: Ridicolosa, accomodata e ingegnosissima invenzione mi par quella dell’ autor della Tancia commedia, ove per cori all’usanza delle antichissime commedie de’ Greci, inventò alcuni intermedj nel fine d’ogni atto, i quali contengono fragnolatori, uccellatori, pescatori, e mietitori, tutte persone opportunissime alla scena, e convenevolissime al subjetto rusticano.
Ormai egli aveva ottenuto l’intento : nullameno perseverò nella protezione, poichè voleva fare di lei un’attrice completa ; toglierle tutte quelle angolosità che provenivano pur troppo dall’ignoranza : ignoranza assai frequente in molte delle attrici dell’Italia d’allora !
Nel maggiore sviluppo della Commedia italiana, alcuni tipi rimasero pressochè gli stessi, ma un po’, anzi, raffreddati nell’attenuarsi delle precedenti scempiaggini ; Colombina in vece è andata assumendo proporzioni gigantesche : sia ella protagonista o personaggio di contorno, il più delle volte è il pernio su cui s’aggirano tutte le figure di una commedia : la padroncina per ajuto, la padrona per gelosia, i padroni vecchio e giovane, raggirati, sbeffeggiati, per amore, arlecchino, il futuro marito naturale, per ira, per amore, per gelosia, per disperazione, per…. tutto….
Le stesse Nafissa vecchia ed Angelica cortigiana si può asserire che non sono come tutte quelle altre infinite cortigiane e vecchie della scena italiana. » Alla fine di essa è un suo sonetto, non brutto, al Pallavicino, che il Bartoli riferisce nel suo cenno : ma io preferisco metter qui una scena del Graziano (la 3ª dell’atto II), la quale ci darà meglio un’idea dello scrittore e dell’artista : III Pocointesta & Gratiano Poc.
Il rimprovero dello strafare fu mosso dalla critica inguantata, come s’è visto, anche a Luigi Vestri, il quale, artista eminentissimo, di una verità, e soprattutto di una semplicità sbalorditiva, pare fosse tuttavia conoscitore profondo di tutte le risorse del mestiere, alle quali, per acconciarsi alle esigenze di certi pubblici, ricorreva talora, non saprei dire se volentieri o a malincuore.
Non credo che tanti esempj ne porgano tutte le Commedie di Ariosto, e Machiavelli unite insieme, quanti se ne incontrano nel solo Marqués del Cigarral Commedia del lodato Moreto. […] Ciò serva di un altro compenso al grave errore del Signorelli di aver chiamate tutte le Favole del Rueda Colloquj Pastorali.
Notabile è ancora in questi giuochi che le meretrici vi andavano a suon di tromba tutte nude, ond’è che Giovenale disse nella Satira VI: … Dignissima prorsus Florali matrona tubâ. Or qual meraviglia che in essi le mime comparissero tutte nude sulle scene?
Le poesie nomiche indirizzate ad Apollo, gl’inni ditirambici fatti per Bacco, le persone che sì sovente Omero introduce a favellare in sua vece, e la curiosità sempre attiva ed investigatrice dell’umana mente; tutte queste cose, dico, cospirarono col greco talento favoleggiator fecondo, espressivo, energico, ed al festevole motteggiar proclive, e da esse la grand’arte pullulò, con cui l’uomo prese a dipigner se stesso facendo i suoi simili alternativamente confabulare. […] Il vostro Governo composto de’ vostri migliori Concittadini volge tutte le sue mire a rendervi felici e tranquilli e scienziati e grandi artisti; secondatelo.
Immagini tutte le quali benché fossero belle nella loro origine, e capaci di produrre un piacere inaspettato allorché aveano il pregio della novità: sembrano «Sogni d’infermi e fole di romanci», ora che lo spirito non rigusta più né il diletto che nasce dalla sorpresa, né quello che viene dal riflesso della loro convenienza. […] Lo stesso dico delle similitudini posticcie attaccate in fine delle scene, lo stesso del numero e qualità dei personaggi, lo stesso della maniera d’intrecciare l’azione e dell’orditura di essa, cose tutte lavorate sul medesimo disegno e che dispensano il poeta dal badare alla retta imitazione della natura e alle difficoltà che presenti un tragico lavoro accontiamente eseguito. […] Un siffatto sistema può per accidente generar l’effetto in teatro qualora il compositore con una bella musica, il macchinista colle vaghe decorazioni, e il ballerino coll’opportuna esecuzione dei balli assalgano lo spettatore da tutte le bande cosicché non gli rimanga l’agio di badare più che tanto alla poesia. […] 158 [16] Nè il poeta cesareo si sarebbe immaginato che per render interessante e teatrale la sua tragedia fosse di bisogno che le figlie, dopo aver commesso l’atroce misfatto, si vestissero tutte da baccanti e venissero sulla scena a cantare e a ballare senza che anteriormente venga indicata la cagione di così improvvisa e furibonda allegrezza, e senza che la loro venuta abbia verun altro oggetto fuorché quello di formar un coro e una comparsa. […] Oh quei Francesi hanno sfiorato il bello in tutte le cose!
Senza ciò i critici boriosi e singolarmente i superficiali viaggiatori oltramontani privi della fiaccola della storia combatteranno sempre contro quest’ultime, e sempre crederanno di aver trionfato di tutte. […] Sono tutte artificiose e facete scritte ad imitazione de’ Latini con intrighi maneggiati da servi astuti, e talvolta con colori tolti da Plauto, come il raggiro de’ servi per ingannare un Capitano nell’ Alvida che con poche variazioni si trova nel Miles del comico latino. […] Quando con ardir felice il Rinuccini accoppiava al dramma una musica continuata e tirava l’attenzione dell’Europa con uno spettacolo che tutte raccoglieva le sparse delizie che parlano efficacemente a’ sensi; quando, dico, nacque l’Opera, l’Italia trovavasi ricca di opere immortali di pittura, scoltura ed architettura: gloriavasi de’ talenti e delle invenzioni di varii celebri pittori e machinisti che seguirono Girolamo Genga e il matematico e architetto Baltassarre Peruzzi: possedeva illustri pittori di quadratura, come Ferdinando da Bibiena, Angelo Michele Colonna Comasco scolare del Dentoni, Agostino Mitelli Bolognese, il cavalier d’Arpino architetto e pittore insigne: non vedeva fuori del suo recinto nè Noverri, nè Vestris, nè Hilverding, anzi inviava i suoi ballerini oltramonti, e i Francesi stessi scendevano dalle Alpi per apprendere la danza (Nota IV): i suoi Peri, Corsi, Monteverde, Soriano, Giovannelli erano allora quel che oggi sono i Piccinni, i Gluck, i Sacchini, i Paiselli. […] Molti altri teatri si eressero nel medesimo secolo, e quasi ogni città n’ ebbe uno qual più qual meno magnifico a proporzione, tutte volendo partecipare del piacere di uno spettacolo pomposo come l’opera in musica. […] Si attese poscia a spiegare tutte le pompe delle arti del disegno e della musica nell’opera; ma vi si neglessero le vere bellezze, la regolarità e la sublimità della poesia, e si avvilì coll’ introduzione degli eunuchi, che, sebbene sin dal XVI secolo contraevano matrimonj in Ispagna, non aveano per anche profanate le scene.
quale il tignere tutte le cose del fosco colore de’ vostri aerei sospetti1?
Se voglia riguardarsi al suo dominio, l’Etruria di molto estendevasi oltre della Toscana presente; perciocchè i Tirreni secondo Polibiob, abitavano in tutte la terre poste tra l’Apennino e il mare Adriatico, e possedevano i Campi Flegrei che erano tra Capua e Nola.
Pieri sapeva tutte le sue parti a memoria ; Bellotti-Bon nessuna.
Annuncia il gran disordine trovato ne'suoi interessi, che muove alle lagrime gli stessi nemici ; ci vorran parecchi anni per saldar tutte le piaghe ; ma intanto, promettendo di essere l’ottobre a Modena, come da contratto, si raccomanda alla munificenza di S.
Il Crispo è di tutte la più interessante. […] La morte poi dell’appassionata Despina, del generoso Mustafà; della disperata regina sono rappresentate con tutte le circostanze atte a commuovere, e poche volte l’espressione travia e si scosta dalla gravità naturale che si richiede a tal genere di poesia. […] Non quella di Euripide che da prima teme la morte, e poi l’affronta coraggiosa; ma bensì una Ifigenia sempre grande e costante nell’amore del pubblico bene, che si fa ammirare in tutte le vicende della sua sorte; vanto che sinora si è dato solo al celebre Racine da chi non seppe che l’avea prima meritato il Dottori.
Sventuratamente questi difetti ne menano al fine dell’azione senza interesse e con molta lentezza, e ne riempiono tutte le pause. […] Varie ne compose tutte esatte, ingegnose e piene di caratteri assai di moda in ciò che si dice gran mondo, avendo animati con tinte vivaci e naturali gli uomini ben nati e mal educati, falsi, doppj e furbi in fatti, ma nobili, onesti e virtuosi in parole. […] Per soddisfare la vostra vanità non mi sono esposto a tutte le insolenze di un popolaccio abbominevole? […] Incredibile è l’effetto che produsse in tutte l’isole Brittanniche.
Ma egli stesso no se ha hecho bien cargo di ciò che io dissi e ripeto, cioè che esse converrebbero a’ Numantini usate a tempo e parcamente, la qual cosa vuol dire in volgare che esse sono proprie di un popolo irritato contro Roma, ma non dovrebbero occupare il luogo dell’azione che è l’essenza del dramma; non risentire l’affettazione ma discendere naturalmente dalle situazioni; non essere come son quasi tutte una pretta borra intempestiva. […] Anche questa scena fondata in ipotesi tutte false e mancante d’interesse e di grazia sembrò pregevole al bibliografo encomiatore. […] Ma in ciò altri non ebbe parte, e molto meno Alfonso VIII occupato sin da’ suoi più teneri anni al riacquisto delle terre Castigliane, tutte le operazioni in Terra Santa non avendo allora passato oltre del 1192, quando il re Filippo tornò in Francia, e il marchese di Monferrato fu assassinato in Tiro7. […] Egli, ad eccezione di aver soppresse le millanterie stomachevoli della prefazione dell’edizione matritense della Raquel, e rettificata alcuna delle varie espressioni false e gongoresche che vi sono, servendo al dovere di fedel traduttore non ha nella sua copia nè alterata la traccia della favola originale, nè renduti meno ineguali e più congruenti i caratteri, nè dato più fondamento alla compassione tragica, nè corretti gli errori di storia, nè tutte castigate le intemperanze dello stile23. […] Andres rigido investigatore del perfetto a segno che in Italia non trova altra buona tragedia che la Merope, non si è dimenticato di tutte le infelici tragedie castigliane sinora descritte.
Altro dunque in tutto il secolo non comparve in Francia di regolare e di decente che alcune deboli traduzioni delle nostre tragedie, pastorali e commedie nel precedente libro da noi riferite; ma tutte e le migliori, per le dense tenebre che vi regnavano, non poterono così presto penetrare ed apportarvi la vera luce teatrale.
Il Crispo è di tutte la più interessante. […] La morte poi dell’appassionata Despina, del generoso Mustafà, della disperata Regina, sono rappresentate rappresentate con tutte le circostanze atte a commuovere, e poche volte l’espressione travia e si scosta dalla gravità naturale che si richiede a tal genere di poesia. […] Non quella di Euripide che da prima teme la morte, e poi l’affronta coraggiosa; ma bensì una Ifigenia sempre grande e costante nell’amore del pubblico bene, che si fa ammirare in tutte le vicende della sua sorte: vanto che sinora si è dato solo al celebre Racine da chi non seppe che l’aveva prima meritato il Dottori.
Vi s’introduce una donna Ambrosia vedovetta trincata di dubbia fama, che alimenta nella Pepita capricciosa impertinente intollerante tutte le dissipazioni della gioventù senza costume, e fomenta la di lei sconsigliata propensione per un vagabondo ciarlatano; come nella prima favola donna Monica avventuriera contribuisce alla ruina di don Mariano. […] Sono state tutte e quattro da me rendute italiane. […] Piacevoli trovo tutte le scene del vecchio don Rocco col suo domestico Muñoz; eccellenti quelle d’Isabella col suo amante e specialmente la dodicesima dell’atto I, e l’undecima dell’atto II; delicatamente espressa l’angustia d’Isabella astretta dal vecchio a parlare all’amante, mentre egli da parte ascolta ed osserva, la quale scena, benchè non nuova, produce tutto l’effetto; commovente quanto comporta il genere comico è la scena in cui Isabella ode il tiro di leva del vascello nel quale è ito ad imbarcarsi l’amante; finalmente tira tutta l’attenzione l’ottima aringa d’Isabella, in cui svela i secreti del suo cuore al marito, detesta l’inganno del tutore, assegna le ragioni di non essersi ella spiegata liberamente, rifondendone la cagione all’educazione che si dà alle donne, onde si avvezzano alla dissimulazione.
[2] Quegli schiavi insensati del pregiudizi, que’ corpi senz’anima, quelle creature indifinibili, che si chiamano gente di mondo, le massime delle quali consistono nel distrugger i sentimenti della natura per inalzar sulle loro rovine l’idolo dell’opinione, nel ridurre ogni affezione del cuore alla sola voluttà, ogni morale al personale interesse, nel far che un’apparente politezza tenga luogo di tutte le virtù, e nel colorir con brillanti sofismi l’orrore del vizio non altrimenti che soglionsi coprire con vistosa vernice i putridi legni dalla vecchiezza o dal tarlo corrosi; fanno del teatro quell’uso appunto, che sogliono fare delle altre cose. […] Debbo avvertire bensì, che scrivendo io la storia dell’arte e non degli artefici, vana riuscirebbe la speranza di chiunque vi cercasse per entro quelle minute indagini intorno al nome, cognome, patria, nascita e morte degli autori, di tutte quante le opere, ch’essi pubblicarono, delle varie edizioni e tai cose che sogliono essere le più care delizie degli eruditi a nostri tempi.
Più d’ogni altra cosa contribuì l’eleganza, la precisione e chiarezza dello stile, la naturalezza e facilità del periodo, la varietà, mollezza, ed armonia de’ versi, la dilicatezza dell’affetto, tutte quelle doti insomma che caratterizzano la poesia musicale, e nelle quali Quinaut non ha avuto alcun rivale in Francia né prima né poi. […] Egli prese a correggere i licenziosi, o piuttosto sguaiati costumi ond’esso veniva macchiato, e ovunque trovò nel vasto campo della storia, nella quale era versatissimo, esempi luminosi o d’amor della patria, o di brama virtuosa di gloria, o di costanza generosa nell’amicizia, o di gentilezza con fedeltà nell’amore, o di compassione verso i suoi simili, o di grandezza d’animo ne’ casi avversi, o di prudenza, di fortezza e tali altre virtù tutte ei le ritolse par fregiarne il teatro.
Ma ridducendo tutte le mie prettensioni, e tutti i miei disgusti a un punto, dico, che con tutta quella dovuta humiltà e riverenza ch’a me s’aspetta, et a V. […] Dalle quali lettere, congiunte a tutte le altre di comici, e non son poche, si vede chiaro come essi non abbiano pensato a importunare l’Altezza Impresaria, o chi per essa, se non che per battere cassa, o narrar pettegolezzi di retroscena, o invocar la protezione a figliuoli, od altro di simil genere : e mai una lettera che accenni all’arte loro, mai la notizia di un successo o di un fiasco, mai un giudizio, sia pure per gelosia, sul modo di recitare del tale attore o della tale attrice ; nulla in somma di ciò che avrebbe potuto gettare e con tanto interesse un po’di luce in questo buio della nostra scena d’una volta.
Forse tutte queste ragioni unite insieme contribuirono a dare a quelle scene un carattere particolare. […] Gl’innamorati per comunicarsi anche in pubblico quanto passa, hanno stabilito tra loro una cifra, che rende inutili tutte le diligenze e gli avvisi della spia. […] In tutte le favole Calderoniche non è da cercarsi regolarità ed unità nel tempo, nel luogo, nell’azione e nell’interesse. […] Quasi tutte le tragedie del secolo XVII appartengono a Cristofaro Virues, avendone egli solo prodotto cinque nel 1609. […] Atila Furioso, non cede alle altre nelle scempiagini, e tutte le vince in atrocità.
Tra gli arabi non si trova, se non quello ch’ebbero tutte le nazioni anche rozze, cioé musica, balli, e travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie, e tornei.
Ma vi si trovano le passioni ritratte con robustezza, e un interesse nazionale ravviva tutte le parti del dramma.
Ma vi si trovano le passioni ritratte con vigor grande; e un interesse nazionale ravviva tutte le parti del dramma.
Egli non sa far altro che piangere a tutte le ore, e filosofar cicalando mentre è tempo di operare: non manca nè di buon cuore nè di tenerezza pe’ figli, ma di prudenza e di attività nelle circostanze scabrose: è ricco ed indipendente, e pure si contenta di rappresentare in sua casa il secondo personaggio dopo del Commendatore suo fratello, che colle sue maniere e stravaganze mette tutto in iscompiglio.
NEL PARONZIN sonetto Finalmente anca mi son arrivà a aver al fianco un tocco de muggier ; contento son, e spero de goder tutte le più compie felicità.
Ed in vero ho veduto in questa città molte madonne, tanto inordinatamente acconcie ed ornate, che se a loro stesse fossero così note come a chi le mira, si andariano tutte a riporre.
È composto di 70 pagine in 40, inquadrate da un doppio filetto bruno, e pressochè tutte bianche, con in testa le parole COMP.
Notizie queste esattissime di certo, perchè riferite al Locatelli da Eularia, come tutte le altre concernenti lei stessa.
Ma egli stesso no se ha hecho bien cargo di ciò che io dissi e ripeto, cioè che esse converrebbero a’ Numantini, usate a tempo e parcamente , la qual cosa tradotta in volgare significa che esse sono proprie di un popolo irritato contro Roma, ma non dovrebbero occupare il luogo dell’azione essenza del dramma; non risentire l’affettazione ma derivare naturalmente dalle situazioni, e non essere, come sono quasi tutte, una pretta borra intempestiva. […] Anche questa scena fondata su ipotesi tutte false e mancante d’interesse, di verisimiglianza e di grazia, sembrò pregevole al buon bibliografo encomiatore. […] Ma in ciò altri non ebbe parte, e molto meno Alfonso VIII occupato sin da’ suoi più teneri anni al riacquisto delle terre Castigliane, tutte le operazioni in Terra Santa non avendo allora passato oltre del 1192, quando il re Filippo tornè in Francia, ed il marchese di Monferrato fu assassinato in Tirob. […] Io rispettando l’ingegnosa sua nazione lascio tutte siffatte filastrocche a i di lui sforzi per rapirle all’irreparabile dimenticanza. […] Egli ad eccezione di aver soppresse le millanterie stomachevoli della prefazione dell’edizione matritense della Rachele, e ratificata alcuna delle varie espressioni false e gongoresche dell’originale, attende unicamente a servire al dovere di fedel traduttore, e nella sua copia non altera punto la traccia della favola spagnuola, nè rende meno ineguale e più congruenti i caratteri, nè dà più fondamento alla compassione tragica, nè corregge gli errori di storia, nè tutte castiga le intemperanze dello stile.
Sventuratamente questi difetti ne menano al fine dell’azione senza interesse e con molta lentezza, e ne riempiono tutte le pause. […] Varie ne compose tutte esatte ingegnose e piene di ben descritti caratteri assai di moda tratti da ciò che dicesi gran mondo, avendo animati con tinte vivaci e naturali gli uomini ben nati e male educati, falsi, doppii e furbi in fatti, ma nobili, onesti e virtuosi in parole. […] Per soddisfare la vostra vanità non mi sono esposto a tutte le insolenze di un popolaccio abbominevole? […] Incredibile è l’effetto che produsse in tutte le isole brittanniche.
Arnaud che avendo egli trovato un dì uno di tali uomini originali segnato con tratti caricati, gli si attaccò, e postosi seco lui in un carrozzino l’accompagnò sino a Lione e non l’abbandonò finchè non l’ebbe studiato in tutte le gradazioni di ridicolo che ne formavano il carattere. […] La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre del verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fenèlon, la Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con soverchia fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, quando anche gli venisseso con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’uomo.
E qui dopo di avere con ogni particolarità parlato di Mastro Lione addottorato a Lizzasusina, del Cieco da Forlì, di Zan della Vigna, del Tamburino, del Napolitano, e di Mastro Paolo D’Arezzo e del Moretto da Bologna, e di Settecervelli colla sua cagnuola ammaestrata, e del Parmeggiano colla sua capra, e del Turco e del Giudeo e di tutte le loro scioccherie comiche, ciarlatanesche, acrobatiche, conclude : Or da ogni parte si vede la piazza piena di questi Ciurmadori, chi vende polvere da sgrossar le ventosità di dietro ; chi una ricetta da far andare i fagiuoli tutti fuor della pignatta alla Massara ; chi vende allume di feccia per stopini perpetui, chi l’olio de’filosofi, la quinta essenza da farsi ricchi, chi olio di tasso barbasso per le freddure, chi pomata di seno di castrone per le crepature, chi unguento da rogna per far buona memoria, chi sterco di gatta o di cane per cerotto da crepature ; chi paste di calcina da far morire i topi ; chi braghieri di ferro per coloro che sono rotti, chi specchi da accendere il fuoco posti incontro al sole ; chi occhiali fatti per vedere allo scuro ; chi fa veder mostri stupendi e orribili all’aspetto, chi mangia stoppa, getta fuori una fiamma, chi si percote le mani col grasso discolato, chi si lava il volto col piombo liquefatto, chi finge di tagliar il naso a uno con un cortello artificioso, chi si cava di bocca dieci braccia di cordella, chi fa trovare una carta all’improvviso in man di un altro, chi soffia in un bossolo e intinge il viso a qualche mascalzone, e chi gli fa mangiare dello sterco in cambio di un buon boccone. […] Nel linguaggio famigliare veneto vive la frase : far da Zane e da Burattin, ossia far tutte le parti in commedia.
Non furono queste stravaganti come le precedenti, ma vi si trascurano, come in tutte, le regole della verisimiglianza.
Germano nel 1752 con tutte le stravaganze e buffonerie e co’ vaudevilles nazionali cari a’ volgari.
Il povero Goldoni che nonostante la sua infinita serenità d’animo, dovè patire tutte le noje prodotte dalle eterne guerricciuole di palcoscenico, determinò un bel giorno, a soddisfar la Bresciani, e più ancora a darle una buona lezione, di formare una commedia nella quale l’attrice non avesse a temer confronti : e scrisse la Donna sola, che piacque molto alla Bresciani e che fu da lei, se ben capita la satira, mirabilmente recitata nel carnevale del 1757.
Come riesce la compagnia non glie ne posso per ancora dirgliene cosa alcuna, perchè non è compita, e così come si è comincio parmi meglio assai di quella dell’anno passato, come sarà arrivato Flaminio penso che sarà la meglio di tutte le compagnie di questo anno, però non tocca a me a giudicare, come V.
Racine nato in Fertè-Milon nel dicembre del 1639 e morto in Parigi nell’aprile del 1699, lasciò tralle sue carte il piano del primo atto di una Ifigenia in Tauride, dal quale apparisce che questo gran tragico moderno, prima di mettere in versi qualche favola, formatone il piano, la scriveva in prosa; e poichè ne avea disposte tutte le scene, diceva di aver fatta la tragedia, tuttochè non ne avesse composto verso veruno; ed egli avea ragione. […] Voltaire diceva di lui che conosceva tutte le vie del cuore, fuorchè la via reale, o maestra.
Di fatti, oltre alle nominate tragedie a noi non pervenute, ebbero i Romani eziandio in pregio la Medea di Ovidio, il Prometeo e l’Ottavia di Mecenate, il Tieste attribuito a Quinto Vario, a Virgilio, ed a Cassio Severo, tragedia da Quintiliano reputata degna di compararsi colle migliori de’ Greci, in oltre quelle di Curiazio Materno altamente comendate dall’autor del dialogo della corruzione dell’eloquenza, e di Pomponio Secondo stimate per l’erudizione e per l’eleganza, la Medea di Lucano, l’Agave di Stazio sì bene ascoltata in Roma ed encomiata dal satirico Giovenale, tutte queste buone tragedie danno a noi diritto di affermare che un genere di poesia maneggiato da’ migliori poeti latini, dovè trovare in quella nazione ordigni opportuni per elevarsi, ed in copia maggiore che non ne trovò la poesia comica.
Trovasi in Bologna in potere della celebre letterata Clotilde Tambroni mia pregevole collega nell’Università di Bologna Professora di lingua e letteratura Greca, un modello di questo teatro mirabilmente combinato con tutte le misure, e colle parti di esso ben allocate e supplite dove il tempo le ha distrutte.
Se ne fecero quattro edizioni sino al 1648, e comparve in Napoli nel 1666 nell’edizione quinta di Napoli con tutte le altre opere del Cortese.
II della Ragion Poetica si fecero quattro impressioni sino al 1648, e comparve nella decimaquinta edizione di tutte le opere del Cortese in Napoli nel 1666.
Ma poi ripenso che tutte coteste mie nuove bellezze sono trovate d’ un poeta di fantasia, di sentimento e di molta coltura, che dell’ arte del declamare fa un’estetica pensata e imaginosa.
Pare che a Modena si fosse sparsa, molti anni prima, la notizia della sua morte, poichè abbiamo un brano di lettera del 1° gennaio 1735 in quell’Archivio di Stato, così concepito : « Il povero Riccoboni, che avevamo mandato all’altro mondo, vive sempre, e sempre bravo modenese. » Molte sono le opere di teatro ch'egli scrisse, ma tutte ohimè giacenti nell’ oblìo.
Marsolier verseggiò le Rocher de Leucade posto in musica da Dalayrac, e non meno che le Cabriolet jaune di Sègur, e le Fruit defendu, ed Epicure di Dumonstrier posto in musica da Mèhul e Cherubini, sono tutte opere mal riuscite. […] Germano con tutte le stravaganze e buffonerie, e con quelle ariette nazionali dette Vaudevilles così care a’ Francesi.
So però che oltre al poema di Camoens si maneggiò in Lisbona dal Ferreira, ed in Castiglia dal Bermudez e da Mexia de la Cerda, benchè al cospetto della Inès francese spariscano tutte le altre. […] In sì bel contrasto de’ costumi Americani ed Europei l’autore si prefisse il più bel fine a cui siesi elevata la tragedia, cioè mostrare quanto la forza della virtù della religione Cristiana che consiste nel perdonare ed amare l’inimico, sovrasti a tutte le virtù del gentilesimo. […] In oltre tutte le situazioni tragiche non hanno un solido fondamento. […] Che gl’Inglesi e gli Spagnuoli in quasi tutte le loro favole? […] Montcassin dunque troverà per conseguire l’effetto tragico diversi ostacoli; e le lagrime di Bonaparte tutte si saranno versate per Bianca.
Questo tipo, più moderno del Brighella, non aveva nella Compagnia de’Gelosi altro carattere che quello di un furbo e astuto compare ; ma, come il Mezzettino, e più tardi lo Sgannarello francese, egli rappresentava tutte le parti di marito, fingendo di prestar fede talvolta alle frottole che gli si contavano.
Forse tutte queste cagioni unite insieme contribuirono a dare a quelle scene un carattere particolare. […] La Niña de Gomes Arias contiene la detestabile dipintura di un soldato discolo colpevole di più delitti, e segnatamente di tradire tutte le semplici donzelle che le prestano fede. […] Gl’ innamorati per comunicarsi anche in pubblico quanto passa, hanno posto fra loro una cifra, che rende inutili tutte le diligenze e gli avvisi della spia. […] In tutte le favole Calderoniche non è da cercarsi regolarità ed unità nel tempo, nel luogo, nell’azione e nell’interesse. […] Quasi tutte le tragedie del secolo XVII appartengono a Cristoforo Virues avendone egli solo prodotte cinque nel 1609.
Tra gli Arabi non si trova se non quello che ebbero tutte le nazioni anche rozze, cioè musica, balli e travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie e tornei. […] Fu la Grecia, fu Atene ne’ suoi dì luminosi che passando per tutte le solite fasi della drammatica, ne fissò l’arte e la forma.
La partenza de’ guerrieri dai loro villaggi (cosi ne parla lo storico Robertson a), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in agguato, la maniera di sorprendere l’avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa de’ prigionieri, il ritorno dei conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra.
La partenza dei guerrieri dai loro villaggi (così ne parla lo storico Robertson 34), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in aguato, la maniera di sorprendere l’ avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa dei prigionieri, il ritorno de i conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra.
Musa benchè trafitta Da varie punte, pur membrar ti giovi Quel che fin’or tutte sventure adegua, Ch’abbia sofferto mai misero core.
Nel '43 in Compagnia Bon e Berlaffa appare su la scena con la veste e il dialetto di Pasquino nelle Donne curiose di Goldoni ; dopo pochi mesi vince la prova con Gustavo Modena, recitando il racconto di Egisto nella Merope di Alfieri ; e gli sono affidate tutte le parti di primo attore giovine.
Pietro Cornelio fra più difetti che scuopre nel suo proprio teatro, non s’attribuisce mai questo: anzi egli non dubita di preporre a tutte le sue favole la Rodoguna, ove più che in altre esso è notabile. […] Sofocle è stato in ciò più degli altri guardingo, ma non è libero in tutte le sue tragedie da simili imperfezioni. […] Inoltre son d’ordinario lodevoli le loro protasi, perocché contengono il seme di tutte le cose notabili che debbono occorrere dappoi, sì per l’azione che per gli episodi, il che di rado s’osserva nelle tragedie italiane. […] Ma questo è di poca considerazione a rispetto d’altre composte sopra avvenimenti romani, perciocché in esse si scorge altro errore contro la proprietà della nazione, avendo quasi tutte qualche bassezza. […] L’Aristodemo fu sopra tutte difformato dalle liriche inezie.
[6] Vinegia si distinse dalle altre città nella magnificenza ed apparato delle comparse, e memorabile si rendette fra gli altri drammi la Divisione del mondo rappresentato nel 1675 a spese e sotto la direzione del Marchese Guido Rangoni sul teatro di San Salvatore, dove tutte le parti del globo terracqueo si videro simboleggiate con istraordinario accompagnamento di macchine, di maravigliosa invenzione. […] Non si potrebbe senza infastidirne i lettori indicar tutte le sconvenevolezze di simil genere.
Che se voi l’affermaste a dirittura colla usata franchezza, sareste smentito da tutte le parole del mio Libro. […] E per riescire nel suo intento l’Apologista vuol dare ad intendere a’ suoi compatrioti una cosa contraddetta dalla Storia, cioè che in tutte le Nazioni i Poeti scenici, al pari di Lope, hanno secondato il gusto del popolaccio.
Sempre gli stessi intrighi : è in tutte una scena di riconoscimento, un figlio perduto, ecc.
Per dominio l’Etruria si estendeva di molto oltre la Toscana presente; perocché i tirreni, secondo Polibio58, abitavano tutte le terre poste tra l’Appennino e ’l mare Adriatico, e possedevano i Campi Flegrei ch’erano tra Capua, e Nola, e l’istessa Capua, anticamente chiamata Volturno, fu città etrusca59. […] Di tutte queste commedie venti sole ci sono rimaste. […] Brumoy la più stravagante di tutte (perché qual più stravagante dell’Ercole Oeteo, e pur l’istesso dotto critico l’attribuiva all’autor dell’Agamennone), ma parimente vi si ammirano non pochi tratti veramente sublimi, e di più una vivacità di colorito nelle passioni, che non é si facile di rinvenirsi altrove. […] Uno di loro antiponendo Molière ad ogni altro, francamente vantavasi di aver letto tutte le Commedie di Menandro.
Martino Sherlock stima il capo d’opera dell’eloquenza da preferirsi alle orazioni tutte di Omero, di Virgilio, di Demostene e di Cicerone, in quell’orazione che in ogni parola abbraccia mille bellezze ignote a’ profani, in quella sola orazione, dico, si osservano espressioni ricercate, frivole e contrarie alla semplicità della bella natura.
D’indole bizzarra, intollerante, aveva esercitato parecchie professsioni, e – dice il Morandi – tutte bene : lo studente di medicina, il professore, il poeta, il critico, il cospiratore, la guardia di finanza, il commediante, il capocomico, l’agronomo, e ultimamente faceva anche il fabbricatore di vino scelto, e ne beveva !
Tutto è qui animato dall’affetto, tutte le parole sono scelte e naturali, senza affettazione, senza superfluità. […] Tale angustia è ben maneggiata in questa terza scena, e l’espressioni son tutte dettate dalla passione che vi domina. […] Che che sia però di questo, dobbiamo osservare che Terenzio in tutte le sue favole, e con ispecialità in questa, si scaglia contro il poeta Luscio Lavinio suo detrattore. […] In questo punto Cancello dal mio cuor tutte le donne, Che mi fan noja i visi del paese.
Questo esame degno della dottrina, del discernimento e del gusto del l’autore riputato delle Belle arti ridotte a un principio, compensa solo tutte le fanfaluche affastellate lungo la Senna contro gli antichi dal Perrault, La-Mothe, Terrasson, e dal marchese d’Argens, il quale colla solita sua superficialità e baldanza asseriva che i poeti tragici francesi tanto sovrastano agli antichi, quanto la Repubblica Romana del tempo di Giulio Cesare superava in potenza quella che era sotto il consolato di Papirio Cursore. […] Ma il poeta diligentissimo in ogni incontro in dar risalto a tutte le remote tradizioni e antichità patrie, non ha voluto omettere il ricetto che trovò Medea presso Egeo. […] Virgilio in simil guisa descrive Enea che osserva le dipinture del tempio di Cartagine; ma Virgilio le anima colla passione e col l’interesse del l’eroe Trojano, perchè esse tutte rappresentano la distruzione di Troja.
Non saprei dire se La Motte nel comporla avesse avuto presente qualche modello in tale argomento; so però che oltre al poema di Camoens si maneggiò in Lisbona dal Ferreira, ed in Castiglia dal Bermudez e da Mexia de la Cerda, benchè al cospetto della Inès francese spariscano tutte le altre. […] In sì bel contrasto de’ costumi Americani ed Europei l’autore si prefisse il più bel fine a cui siesi elevata la tragedia, cioè mostrare quanto la forza della virtù della religione Cristiana che consiste nel perdonare ed amare l’inimico, sovrasti a tutte le virtù del gentilesimo. […] Che gl’ Inglesi e gli Spagnuoli in quasi tutte le loro favole?
Il Morto segue a raccontare come suo fratello innamorato della sua moglie e del regno lo fece avvelenare mentre dormiva nel giardino versandogli nell’orecchio certo licore velenoso sì contrario al sangue dell’uomo che a guisa di mercurio s’insinua, penetra tutte le vene, gela il sangue e ammazza prontamente. […] Nella sola orazione di Antonio nel Giulio Cesare, in quella orazione che Martino Sherlock stima il capo d’opera dell’eloquenza da preferirsi alle orazioni tutte di Omero, di Virgilio, di Demostene, di Cicerone , in quell’orazione che in ogni parola abbraccia mille bellezze ignote ai profani: si osservano espressioni ricercate frivole e contrarie alla semplicità della bella natura.
Tra gli Arabi non si trova se non quello che ebbero tutte le nazioni anche rozze, cíoè musica, balli, travestimenti adoperati ne’ loro giuochi di canne, quadriglie e tornei.
Le forme del corpo atletiche e ferrea tempra. » Di tutte le parole stampate in prosa e in verso a onore del sommo italiano, scelgo la seguente ode, d’altre forse men peggiore, che il Dall’Ongaro dettava nel giorno che Gustavo Modena chiuse le sue rappresentazioni nel Teatro di Palma, intitolato poi dal suo nome.
Esse non potevano rappresentarsi, per esser tutte, secondo il Nasarre e altri molti nazionali, lunghissime e senza azione teatrale.
Il Torremuzzab altre ne reca tutte di argento, che rappresentano Filistide in varie età, giovanetta, matura, vicino alla vecchiaja, vecchia affatto e rugosa.
E tutto questo sarebbe da intraprendersi all’ombra di quella parte critica non conosciuta e detestata dall’Huerta come satira maligna, ma da me con predilezione amata e studiata, e che vorrei che sempre nelle mie opere risplendesse , a costo di esser perpetuo segno di tutti los papelillos del signor Vicente, di tutti i possibili opuscoli del signor Don Pedro, di tutte le biblioteche de los Guarinos, e di mille scartabelli teatrali di Ramòn La Cruz muniti di prologhi, dedicatorie, e soscrizioni.
Notabile è ancora in questi giuochi che le meretrici vi andavano a suon di tromba tutte nude, per la qual cosa disse Giovenale nella Satira VI, . . . . . . . .
Tutto è qui animato dall’affetto, tutte le parole sono scelte e naturali, senza affettazione, senza superfluità. […] Tale angustia è ben maneggiata in questa 3 scena, e l’espressioni sono tutte dettate dalla passione che vi domina. […] Che che sia però di questo, dobbiamo osservare che Terenzio in tutte le sue favole, e con ispecialità in questa, si scaglia contro il poeta Luscio Lavinio suo detrattore. […] Cancello dal mio cuor tutte le donne, Che mi fan noja i visi del paese.
Seneca se tutte le dieci tragedie sieno sue 128. analisi e giudizio di quelle 129. cosa ne ha imitato il Metastasio 143. seq.
Quando con ardir felice il Rinuccini accoppiava al dramma una musica continuata, e chiamava l’attenzione dell’Europa con uno spettacolo, che tutte raccoglieva le sparse delizie che parlano efficacemente a’ sensi quando, dico, nacque l’Opera, l’Italia trovavasi ricca di opere immortali di pittura, scultura ed architettura.
La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre il verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fénélon, La Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con troppa fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, dico, quando anche gli venissero con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’ uomo.
Ambrosia vedovetta trincata di dubbia fama, che alimenta nella Pepita capricciosa, impertinente, intollerante, tutte le dissipazioni della gioventù senza costume, e fomenta la di lei sconsigliata propensione per un vagabondo ciarlatano; come nell’altra favola D.
Se vogliansi queste tragedie paragonare in generale colle Greche, si troveranno assai inferiori, scorgendosi in tutte poco o molto la gonfiezza e lo spirito di declamazione sostituito alla vera sublimità e alla passione. […] Dall’altra parte non solo non è, come diceva il dotto Brumoy, la più stravagante di tutte (perchè qual più stravagante dell’Ercole Eteo dallo stesso critico attribuita all’autore dell’Agamennone?)
A. minaccie di uita per homo a posta, alhora ben che fureno false le imputationi si trataua di marito e moglie, et hora da un strano il tutto si comporta pacienza il tempo è padre de la uerità, antiuedo li disgusti che receuera la prima donna che uera da questo bon homo di già sento a buccinare molte cosse li quali (Dio facci che me ne menti per la gola) tutte saranno in danno della pouera Compagnia, nissune cosse mie noue ho fatto ne mai la mia scola per le ragione scritte tanto basti a chi di me più intende. il mio povero socero atende Grazia per guadegnarse un pezzo di pane e ciò lo suplico con ragione tanto più che non tirera ne quarto ne nulla, e pure tanti altri Comici ano le lor Gionte et sono soli, et io con Colombina non li posso far seruicio ben che sia mio socero : del tutto pero me contento per seruire a S.
Se vogliansi queste tragedie paragonare in generale colle greche, si troveranno assai inferiori; scorgendosi in tutte poco o molto la gonfiezza e lo spirito di declamazione sostituito alla vera sublimità e alla passione. […] Dall’altra parte non solo non è, come diceva il dotto Brumoy, la più stravagante di tutte (perchè quale più stravagante dell’Ercole Eteo che lo stesso critico attribuiva a colui che scrisse l’Agamennone?)
Il Morto racconta, come suo fratello innamorato della moglie e del regno suo, lo fece avvelenare mentre dormiva nel giardino versandogli nell’orecchio certo velenoso licore sì contrario al sangue dell’uomo, che a guisa di mercurio s’insinua, penetra tutte le vene, gela il sangue, e ammazza prontamente.
Per quanto inventato il fondo dell’opera, benchè di una realità non improbabile, le lettere poggiano pressochè tutte su fatti accaduti, e hanno giudizi e notizie su uomini e cose di non poco interesse.