Infatti, nell’atto di morte egli è chiamato Antonio Mattiucy Collalto. Il Goldoni ha parole di calda ammirazione per l’ingegno e l’arte del Collalto, alla grandezza della quale egli aveva, come ho già detto, contribuito in Venezia co’suoi insegnamenti. […] Pasquali) egli dice : Io anzi aveva prima un tal Personaggio scritto nella nostra favella, perchè destinato era a sostenere la parte un valorosissimo Pantalone, vale a dire il Sig. […] Con questo piccolissimo, ma notabile cangiamento, unito però ad una total mutazione della voce e del portamento, cranvi molti che non poteano persuadersi che fosse sempre egli solo, che quei tre personaggi rappresentasse. […] In essa egli era alla sua volta galante, amoroso, appassionato, brusco, impetuoso, duro, sciocco, imbecille e fin anco sfigurato.
Sostiene egli le parti di padre, e di altri caratteri seriosi e gravi, come egualmente quelli d’un genere faceto e scherzevole. […] In esse ha egli procurato d’essere spiritoso, ma non osceno ; pungente, ma non satirico. […] Meriterebbe egli un più lungo elogio, ma questo gli vien fatto da’ suoi proprj talenti, che sanno farsi distinguere dovunque ha egli sin ora avuta occasione di presentarsi. Viveva egli dunque ancora nel 1782.
Qualche volta però gli arlecchini si dolevan di lui, perchè scordandosi il carattere dell’amoroso, faceva egli l’arlecchino. Mi sovviene, che rappresentandosi il mio Bellisario (in cui sosteneva egli un tal personaggio), nella scena tenera e dolente, in cui comparisce senz'occhi, con un bastone alla mano, moralizzando sulle vicende umane, diede un colpo di bastone a una guardia per far ridere l’uditorio. […] La febbre non gli venne più così gagliarda, ma egli si trovava in tale stato di affiacchimento, da non potersi reggere in piedi, specie la sera, quando doveva recitare : e di ciò si duole col solito medico, al quale chiede ajuto di nuovi consigli. […] r Duca di Modena Francesco I ; ma è un errore, chè egli stesso si firma : Antonio Vitalba detto Ottavio Comico. […] Fra le produzioni, in cui più specialmente emerse, lo stesso Bartoli cita Il Vagabondo, L' Amante fra le due obbligazioni e il Don Giovanni Tenorio nel Convitato di Pietra, per le quali ogni spettatore bisognava che confessasse esser egli un comico perfetto, a cui nulla mancava per dirlo un Roscio de' suoi tempi.
Seguitando il sistema de’ passati drammatici egli scrisse commedie sregolate ma dilettevoli per la buffoneria e prossime alla farsa. […] Mariano indica ch’egli venga a casa prima dell’ora del pranso; e se egli non ha desinato in sua casa, non faceva uopo dirsene un motto? […] In far simili ritratti dell’infima plebaglia egli ha mostrato destrezza. […] Voi non sapete vivere, egli dice a Fausto, siete schiavo del vostro impiego. […] Ma può egli distruggere ciò che è storia pura?
Dice Amlet che sempre egli l’ha presente. Orazio che egli l’ha veduto effettivamente la scorsa notte, e ne racconta l’apparizione. […] Il re l’assicura di non aver egli avuta colpa veruna nella morte di Polonio. […] Amlet risponde che se quell’ora è comoda pel re, egli è pronto. […] Esigeva la sua favola de’ Romani e de’ re, ed egli altro non vide che gli uomini.
Veramente la nuova divisione de'ruoli e delle parti ha fatto di lui un primo attore, ma, secondo le considerazioni antiche, oggi egli è sempre primo attor giovine ; come, secondo le moderne, si dee dire che primo attore egli è da un pezzo, almeno da quando, ammalatosi il Salvadori, egli lo sostituì nell’Armando con la Marini.
Morto il Biancolelli, Angelo Costantini fu chiamato a sostituirlo ; e la sera del 1° settembre 1688, che fu la prima recita dopo la chiusura del teatro in segno di lutto pel perduto artista, egli in una scena preparata all’uopo ricevè da Colombina la maschera e l’abito di Arlecchino, non mutando però mai il suo nome di Mezzettino. […] Propostogli poi dal re di Polonia, Augusto I, Elettore di Sassonia, di entrare al suo servizio, e da lui invitato a formar per quella Corte una compagnia di attori assai completa così per le commedie come per le opere italiane, egli si recò nel ’98 a Parigi, e sì bene compiè la sua missione, che il re Augusto gli mandò un titolo di nobiltà, creandolo cameriere intimo e custode del suo tesoro privato. […] Fu questa l’ultima commedia in cui egli ebbe parte : e l’enorme successo annunciato dal Mercure de France non parve confermato da chi assistette a quelle rappresentazioni, dicendolo anzi, a cagione specialmente della tarda età, successo assai mediocre. […] La singolar domanda stupi il Duca, il quale volle saperne la ragione : e, dettagliela Mezzettino, egli rimproverò severamente i tre inservienti, e mandò cento luigi alla moglie Costantini che non aveva nulla promesso. […] Ma se il libro è detestabile, egli dice, ne va compatito l’autore, il quale ha dovuto uniformarsi, scrivendolo, alla capacità di colui che avrebbe dovuto metterci il suo nome come autore.
Io dico: Voi avete poche Tragedie (regolate o sregolate che siano); ed egli replica: Voi ne avete poche ben regolate. […] Inopportuno e falso è parimente l’argomento preso dallo scarso numero di eccellenti Epici Italiani, i quali egli riduce a due. […] a che Vasco Dias di cui tutto egli ignora? […] O se questi vuol egli decorare col titolo di Tragici, perchè non accontare a quel numero tutta la schiera de’ Drammatici Spagnuoli? […] Potea egli però, come altri gentilmente ha praticato, essere in ciò indulgente, e credere, che ad onta di questo fallo corso per essersi confusi i segni di alcune giunte, che io trasmetteva in Napoli, egli non ignorasse il tempo in cui surse, e quello in cui si estinse la Compagnia.
Il poeta dirige i ballerini, i macchinisti, i pittori, coloro che hanno la cura del vestiario; egli comprende in mente il tutto insieme del dramma, e quelle parti che non sono eseguite da lui le ha però dettate egli medesimo. […] I soggetti cavati dalla mitologia, atteso il gran numero di macchine e di apparimenti che richiedono, metter sogliono il poeta a troppo ristretti termini, perché egli possa in un determinato tempo tessere e sviluppare una favola come si conviene, perché egli abbia campo di far giocare i caratteri e le passioni di ciascun personaggio; che è pur necessario nell’opera, la quale non è altro in sostanza che una tragedia recitata per musica. […] Ed egli è troppo difficile trovare balli e simili altri intrattenimenti, che ben si adattino con azioni tolte dalla storia. […] E perché egli possa conseguire il fin suo, che è di muovere il cuore, dilettare gli occhi e gli orecchi senza contravvenire alla ragione, gli converrà prendere un’azione seguita in tempi o almeno in paesi da’ nostri molto remoti ed alieni, che dia luogo a più maniere di maraviglioso, ma sia ad un tempo semplicissima e notissima. […] Il maraviglioso di essa darà campo al poeta d’intrecciarla di balli e di cori, d’introdurvi varie sorte di decorazione; e per esser semplice e nota, né di tanto lavoro egli avrà mestieri, né di così lunghe preparazioni per dare a conoscere i personaggi della favola e per far, come si conviene, giocar le passioni, che sono la molla maestra e l’anima del teatro.
Fu qualche tempo con Onofrio Paganini, poi capocomico egli stesso. Si trovava il 1760 al teatro della Sala in Bologna, ove pubblicò e dedicò a Francesco Albergati, allora Gonfaloniere di Giustizia, Le stravaganze del caso, intermezzo musicale che egli eseguiva in compagnia.
Il re mostra timore, che se egli venisse a morire, ella ne prenderebbe un altro. […] A ciò il re si alza; tutto resta sospeso; egli parte. […] Polonio lo chiama per parte della regina; egli manda tutti via, e parte. […] egli è fuor di se! […] Amlet risponde che se quell’ora è comoda al re, egli è pronto.
Attore reputatissimo, recitasse egli a viso scoperto, o con la maschera del Dottore o del Brighella. […] Divenuta celebre una certa canzonetta, che cominciava gnora luna, compose una commedia intitolata Lo sposalizio della signora Luna, alla quale accorreva il pubblico in folla, e nella quale egli rappresentava una parte di ebreo a meraviglia.
Se non che egli avviene dell’opera come degli ordigni della meccanica, che quanto più riescono composti, tanto più ancora si trovano a guastarsi soggetti. […] Anzi se vorremo por mente come pochissimo travaglio ei sogliono darsi per la scelta del libretto, o sia dell’argomento, quasi niuno per la convenienza della musica colle parole, e niuno poi affatto per la verità nella maniera del cantare e del recitare, per il legame dei balli con l’azione, per il decoro nelle scene, e come si pecca persino nella costruzione de’ teatri, egli sarà assai facile a comprendere qualmente una scenica rappresentazione, che dovrebbe di sua natura esser tra tutte la più dilettevole, riesca cotanto insipida e noiosa. […] E di vero, quand’anche sensatamente scritto e composto fosse un dramma, come verrà egli eseguito dipoi, se non è per niente ascoltata la voce dei capi? E come potrà egli essere sensatamente composto e scritto, se quegli che dovrebbono ubbidire sono pur essi che dettan leggi e comandano? Qual cosa in somma si può egli aspettare che riesca di buono da una banda di persone dove niuno vuole stare nel luogo che gli si appartiene, dove tante soperchierie vengon fatte al maestro di musica, e molto più al poeta, che dovrebbe a tutti presiedere e timoneggiare ogni cosa, dove tra’ cantanti insorgono tutto dì mille pretensioni e dispute sul numero delle ariette, sull’altezza del cimiero, sulla lunghezza del manto, assai più mal agevoli ad esser diffinite, che non è in un congresso il cerimoniale, o la mano tra ambasciadori di varie corone?
Sebbene si creda generalmente che il Bazzi non abbia mai calcato le scene, a somiglianza del fratello Giovanni, marito della celebre Anna ; pur sappiamo ch’egli sostenne la parte di Luigino nell’ Innamorato al tormento del Giraud ; e nell’elenco a stampa della Compagnia pel 1820 (un anno prima che egli avesse l’incarico di formar la famosa Compagnia Reale Sarda) figuravano : Gaetano Bazzi per le parti di padre, e Giovanni per quelle di generico. Comunque sia, egli sali in rinomanza esclusivamente come conduttore e direttore di Compagnia ; nè la sua fama cominciò a stabilirsi colla formazione e direzione della Compagnia Reale : chè molti e principali artisti di questa avevan già appartenuto alla Compagnia di lui innanzi al ’21, come il Miutti, il Righetti, il Bucciotti, la Vincenza Righetti, e altri. […] ), la data della morte sarebbe quella del 21 marzo 1853 ; ma è un errore evidente, poichè nel 1844 egli non era più nella Compagnia Reale Sarda, alla direzione della quale successe interinalmente Domenico Righetti, e nel ’45 la moglie Marianna, come vediam più giù, era già vedova. […] Gli artisti drammatici troveranno nel libro del Bazzi tutto quello che si può nel loro arringo imparare colla teoria associata alla pratica ; ma ciò che il Bazzi non potè dire con espressi insegnamenti e lasciò tuttavia non oscuramente raccomandato è questo : che le regole e le massime e gli esempi non giovano all’artista drammatico se prima egli non abbia pensato a istruirsi la mente, a educarsi l’animo, a ingentilirsi i costumi, a rendersi famigliare tutto ciò che è bello, che è grande, che è nobile, che è generoso, e, anch’esso cittadino d’Italia, abbia pensato a scaldarsi anch’esso al raggio del sole italiano. […] Interessantissima è sopra ogni altra l’analisi ch’ egli fa delle varie parti, o ruoli (amoroso, primo uomo, padre, caratterista, parti brillanti, tiranno, servo sciocco e secondi caratteri, prima attrice, ingenua o amorosa, vecchia caratteristica, cameriera, madre), analisi ch’egli restringe poi in queste ultime parole : L’amante ingenuo dice all’oggetto più caro del suo cuore : – Sono innocente – colle voci di scusa, di raccomandazione, o di abbandono, e disperazione.
Volò il grido de’ suoi meriti sino a Parigi, e fu colà chiamato, perchè la parte dell’Innamorato egli recitasse nella Truppa Italiana. » Bartolommeo Camerani si recò a Parigi nel 1767 chiamatovi a recitare i secondi amorosi, alternativamente con Francesco Antonio Zanuzzi e Antonio Stefano Balletti, e vi esordì la sera dell’ 8 maggio, insieme all’ arlecchino Sacchetti nel Maître supposé, nuova commedia italiana che non ebbe veramente un gran successo. Sul successo dell’ attore Camerani abbiamo invece notizie controverse, dappoichè dice il Campardon (Les comédiens du Roi) ch’ egli esordì avec fort peu de succès, mentre il D’Origny (Annales du Théâtre italien), afferma ch’ egli fece l’amoroso avec une noblesse, une aisance et des graces peu communes. Comunque, il Camerani non passò certo a Parigi per grande artista, se due anni dopo, ritiratosi Alessandro Luigi Ciavarelli, che recitava alla Commedia Italiana le parti di Scapino, egli lo sostituì, riuscendo, dice il Campardon, aussi faible que dans les amoureux. […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img008.jpg] Quanto alla gastronomia, egli lasciò rinomanza di avere avuto il maggior numero d’indigestioni.
Fu anche direttore della Compagnia Nazionale, e socio di Ermete Zacconi, ma il suo nome più che all’arte del recitare egli legò all’opere sue drammatiche, nelle quali è sempre un sapore italianissimo di sana commedia, e delle quali alcuna vive tuttora ne' repertorj delle compagnie sì dialettali che italiane, come l’Amoreto de Goldoni a Feltre, il Tiranno di San Giusto, l’Onorevole Campodarsego, Dall’ombra al Sole. […] – Ma, qualunque parte egli facesse, nonostante l’arte finissima, non poteva dissimulare affatto la bontà affettuosa e la gentilezza squisita dell’animo suo. […] Questa morte si rende anche più pungente di commozione per la famiglia dell’arte, poichè Libero Pilotto apparteneva alla breve e egregia schiera di quelli attori che alla fortuna e alla dignità della comica cosa pigliano particolare interesse ; egli, con la fede e l’entusiasmo degli ottimi. […] Il vecchio Pinotti si distingue particolarmente nelle parti comiche e ingenue, e potrebbe misurarsi coi migliori de' nostri artisti tedeschi (Iffland e Wiedmann eccettuati) : egli è anche il beniamino del pubblico, al quale sfugge un mormorio di contentezza, ogni qualvolta egli appar su la scena.
Non era egli sulla rocca di Giove? […] Ed Agatone dove egli è ito? […] Pure egli non sa risolversi ad entrare nella casa di Cremilo. […] Avea egli tutti questi pregi M. […] In tal guisa viene egli malmenato da M.
Nè questa ancora, benchè dopo due anni desse di sè le più liete speranze, egli sentiva essere la sua via. […] Quanto più dunque essa attraeva il giovine, tanto meno egli sperava di potersi dare a lei col consenso paterno. […] Quando una misera compagnia si trovava vicina alla sua, si volgeva a lui per soccorso ; ed egli, se il suo dovere glie lo consentiva, accorreva subito, e con una recita la sollevava lì per lì dalle abituali ristrettezze. […] Oggi egli fu chiamato fuori al secondo atto. Venne, si allontanò di nuovo, ma il pubblico non era ancora contento, ed egli dovette venir fuori un’altra volta.
Condusse sempre compagnie, delle quali era egli il principale ornamento, e nelle quali fecer le prime armi artisti di grido, come il Raimondi, il Verzura e altri. […] Fu scolaro del primo Stenterello Luigi Del Bono ; ma l’opera del maestro ridusse al grottesco : il sorriso diventò sberleffo, il riso sghignazzata ; in cotesti sberleffi e sghignazzate egli si grogiolava. Non più una parola senza un doppio senso, non più una frase, una situazione la più semplice, in cui egli non trovasse modo di mettere la men pulita allusione. […] Il feroce Cominazzi nella Fama del ’42 (17 febbraio) lasciò scritto : Al Carcano il Cannelli co’ suoi drammatici subentrò ai molteplici trattenimenti del carnevale, ma perchè non vuol esser da meno de’ suoi predecessori, egli appresta un balletto ; s’io non temessi di fargli un complimento, gli direi : Ben venuto il balletto – non biasimo lo scopo, Ma se gli attori piacciono – vano è il soccorso all’ uopo.
Preso d’amore per Antonietta Robotti, formosissima donna e valentissima attrice della Compagnia Reale Sarda, si diè a seguirla per quasi due anni, finchè ammalatosi quel primo amoroso, Pietro Boccomini, egli, che s’era già acquistata fama tra'filodrammatici di artista promettentissimo, fu scritturato qual primo amoroso a vicenda col Boccomini, passando poi per la morte di Giovanni Battista Gottardi, al posto di primo attore che sostenne con molto onore al fianco di artisti egregi, quali la Robotti e la Romagnoli, il Gattinelli, il Domeniconi, il Dondini. […] Voci di poco galantuomismo co'suoi attori su Rossi, l’aver egli cessato affatto di scrivermi dopo mie ripetute lettere, e tante e tante altre cose m’hanno finalmente convinto che tutte le sue dimostrazioni d’amicizia per me in Torino erano interessate, e dirette al solo scopo d’abindolarmi, e far si che io sopportassi la sua concorrenza in Compagnia Reale ; per cui già garantisco fin d’ora, che fra me e lui non vi sarà più accordo, anzi urto continuo, disprezzando io per principio, chi si serve di gesuitico artificio per sorprendere l’altrui buona fede. […] Scioglimento che, sappiamo poi, non gli fu accordato, che dopo un anno di prova, trascorso il quale, egli si scritturò con la Compagnia Astolfi e Sadowski, per un anno. […] Io dissi solamente che egli era stato degno della sua parte – se fosse valso meno, ne avrei parlato di più.
Sposatosi a Marianna Torta, attrice della Compagnia Aliprandi, fu con lei scritturato da Alessandro Salvini ; e, sciolta poi la Compagnia, egli risolse, mosso a pietà di tanti sciagurati, di rilevarla, correndo da una città all’altra, in lotta aperta con la fame. […] Dopo dieci giorni dalla rappresentazione del capolavoro galliniano, la povera Marianna, che vi aveva profuso tanta arte, tanta grandezza, gli venne a morire, e, lei dileguata, dileguò anche il bene che con la sua attività, con la sua onestà, con la sua mente egli s’era procacciato. Senza più attori di grido, senza repertorio, egli dovè piegare fatalmente, privo del più tenue fil di speranza per una prossima o lontana resurrezione, e dalle gloriose battaglie del capocomicato passò alla snervante monotonia dell’impiego per dar pane a' figliuoli….
Nella quaresima del ’94 entrò collo stesso ruolo in quella di Andò e Leigheb per un triennio ; terminato il quale egli assumerà il ruolo di primo attore assoluto nella nuova Compagnia di Leigheb e Reiter. Prestante della persona, fine d’intelligenza, elettissimo di modi, dicitore garbato, accurato, studioso, egli saprà, son certo, vincere trionfalmente l’ardua prova, giustificando le speranze vive in lui a buon diritto fondate.
Bastona Marta) come egli recitasse anche nella Compagnia di Corte con la moglie, rappresentando il ruolo di Momolo. […] Si vede che egli vuol piacere : lavora abbastanza bene : fa il suo carattere in modo da non si poter meglio.
Egli stesso vi si avvicina (e ciò dinota di aver egli mutato luogo senza lasciare di esser presente agli spettatori) e vede alzata una gran torre di bronzo opera istantanea di Vulcano, in cui è rinchiusa Danae con la sua Nutrice. […] La fa chiudere in un’ arca di pino, ed inesorabile alle di lei lagrime la spinge egli stesso in mare. […] Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca del regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio che ebbe di recare egli solo nella latina favella molte delle più pregevoli favole greche. […] Gli si avventano Agave, Ino, le Baccanti, ed egli, perchè lo riconosca, così favella senza frutto alla madre: ………… Quo, mater, ruis, Clamabat. […] In somma il vescovo Martirano quasi ne’ primi lustri del secolo colle otto sue tragedie e colle due commedie eseguì egli solo con ottima riuscita quanto a fare imprese in tutto il secolo l’Italia tutta, cioè fe rinascere con decenza e maestria la maggior parte del teatro Greco.
Grisostomo, e ne tolse la direzione egli solo. […] Sarà vero che molto in sua vita egli abbia guadagnato e molto speso : ma è vero non meno che l’arte comica in Italia non arricchisce nemmeno chi l’esercita colla più grande fortuna. […] Nè dal tempo delle fiabe scritte, dopo tornato egli da Lisbona, datan le offese e difese dei due campi. […] Egli scrive : Benchè in teatro, per compiacere il grosso dell’udienza, egli si lasci scappare qualche cosetta un po'grassetta, pure nel suo conversare familiare egli è tale che le vostre intemerate Marianne e Carlotte non hanno che temere…. […] Sacco egli è detto nell’Arco del Portico di S.
Imitava il Giardini, altro brillante, originale forse, ma non troppo corretto, che ricercava gli effetti nella varietà delle voci, di cui, dicesi, egli aveva uno scatolino. […] Noi vorremmo che egli sapesse liberarsi da una certa cantilena, nella quale cade qualche volta sul terminar dei periodi.
Lasciato il Rossi, fu scritturato pel 1775 con la famiglia a Barcellona, d’onde tornò in Italia dopo un anno, prendendo egli le redini della Compagnia, per la morte del suocero avvenuta in Nizza di Provenza, la primavera del '71. Si diede a sostener la maschera del Brighella, e dice il Bartoli (1781), che egli era comico sufficiente, e musico di molta abilità, e che, data la sua ancor fresca virilità, poteva sperare de' migliori progressi alla sua mediocre fortuna.
Ma i non educati al bello pare fossero molti ; poichè, in forza appunto di quegli applausi, egli trovò posto nelle più reputate compagnie del suo tempo. Col volger degli anni, fievolita la voce, impinguato il ventre, raggrinzita la faccia, egli non trovò più posto che in compagnie di secondo, e giù giù di infimo ordine, terminando a Venezia miseramente la vita verso il 1830.
Fin da giovinetto mostrò inclinazione grandissima all’arte, non solo come attore, ma come autore ; e una volta che il maestro gli strappò di mano e lacerò una sua commediola, egli, furibondo, gli scaraventò in faccia il calamaio. […] Bon, cominciò a essere da lui protetto ; tanto che fu accolto nella Compagnia con due lire austriache al giorno, nella quale esordì a Parma col semplice annunzio : « Signor Conte, la carrozza è pronta : » annunzio che egli, ad attenuare la triste figura che avrebbe fatta d’innanzi a’compagni, allargò nel modo seguente : « Signor Conte, sapendo che Ella doveva andare in città per disbrigare molte faccende importanti, mi sono dato tutta la premura per fare approntare la carrozza ; e quando Ella comanda, è prontissima ed a sua disposizione. […] Si trattava, in una scena, di riconoscere se un ritratto era quello del sovrano ; ed egli : « è lui, è lui. […] L’Alberti è ormai più noto a noi come conduttore e direttore della famosa Compagnia dei Fiorentini di Napoli, nella quale egli scritturò pe’l corso di quarant’anni i più rinomati artisti d’Italia.
Seguitando il sistema de’ passati drammatici, egli scrisse commedie sregolate ma dilettevoli per la buffoneria, e prossime alla farsa. […] Questo nome si vuole anagramma di Tommaso Yriarte, di cui parleremo da quì a poco; ma se egli ricusò di riconoscere per sua tal commedia, non è giusto attribuirgliela, benchè gli appartenga, tanto più che egli si è nominato in altre due favole. […] Il trage de por la mañana di don Mariano indica che egli venga a casa prima dell’ora dipranso; e se egli non ha desinato nella propria casa, non dovea dirsene un motto? […] Di ciò sono io stato più volte testimonio; ma sento che egli ha continuato sino alla morte nel medesimo gusto. […] Ma potè egli mai distruggere ciò che è storia pura?
Oh Roma (egli esclama) oh patria! […] Che mi ha egli fatto? […] come sa egli che la reina muore per mano di Ninia? […] Ma se egli dubitava di quanto ignorava, di che non dovè egli dubitar vivendo! […] E non è egli l’autore di Gabriela di Vergy?
L'artista per me è stato a un tempo rivelazione e ispirazione : egli è stato causa di studi profondissimi sul teatro vecchio e moderno, e nobilissimo incitamento a coltivar quell’arte, che mi diè tanti piaceri e trionfi, e pur tanti dolori nella mia povera vita artistica e avventurosa. […] Nemico di ogni convenzionalismo anche sul palcoscenico, egli ha saputo trasformare il trovarobe, i macchinisti, gli scenografi, portandoli tutti al suo grande concetto costitutivo della grande arte : verità, sempre verità in tutto e per tutto. […] Nel 1864 egli fece erigere in Cuneo un teatro a proprie spese, e i trionfi durarono splendidi sino al '69. […] Maurizio e Lazzaro, di cui egli, primo tra gli artisti comici d’Italia, era insignito.
Da quando ebbe abbandonato il teatro, sino al giorno della sua morte, egli, secondo il Casanova, passò il suo tempo in operazioni cabalistiche e in ricercar la pietra filosofale. […] Eustacchio ; il quale ci ha detto che giovedì passato, verso le nove di sera, fu chiamato dal signor Balletti figlio, comico italiano, ch’egli trovò nel suo letto, per medicargli la ferita prodotta da un colpo di fuoco : che, avendolo visitato, trovò una piaga non lieve nella carne, alla parte esterna della coscia destra, che egli medicò, e che gli parve causata da una palla, che il Balletti disse di aver ricevuta alla Commedia, mentre recitava nella Camille Magicienne, in cui si sparan colpi di fucile contro una torre, ove il signor Balletti stava rinchiuso con altri comici : che si presume esser causa della ferita uno dei soldati, il quale, sostenendo una parte nella commedia, e dovendo sparare a polvere soltanto, prese nell’intermezzo, inavvertitamente, il fucile carico a palla del soldato in fazione sul palcoscenico, anzichè quello che doveva esser carico a sola polvere ; che se il detto artista non venne subito a far la sua dichiarazione, si fu perchè egli credette non valerne la pena, essendo il fatto accaduto in pubblico, e, com’era da credersi, per semplice inavvertenza o errore ; non per cattiva volontà.
Fu poi, come Innamorato, in Compagnia di Pietro Rosa ; ma ammalatosi l’Arlecchino Bugani, lo sostituì egli più volte. […] Divenuto un capocomico assai pregiato, gli venner da ogni parte contratti di grande importanza, potendo egli omai frequentare le principali Piazze del Regno. […] Ha poste in Teatro alcune Rappresentazioni favolose del signor Co : Gozzi, che furono per l’addietro un solo pregio della Compagnia d’Antonio Sacco ; ed egli medesimo n’ha inventate, e dirette le tanto difficili trasformazioni.
Cominciò a recitar giovinetto, e talvolta anche in parti di brillante, ma veramente egli salì in rinomanza come suggeritore, che doventò casualmente a soli dieci anni, quando, una sera venuto a mancare il suggeritore della Compagnia, dovette sostituirlo lì per lì nella farsa La Muta per necessità. […] Ed egli cominciò col pagare di tasca, poichè al suo nuovo modo di amministrare e condurre una Compagnia sua, modo, che, se da'più fu giudicato una fisima, gli acquistò e afforzò l’amore delle imprese e degli scritturati, dovette forse in gran parte la sua rovina come capocomico. […] Ora egli sta preparando la Storia del teatro contemporaneo, di cui è già a stampa la prefazione, e un Libro di memorie ; e io e quanti aman l’arte con me auguriamo all’egregio uomo di condurre a fine le due opere che saran certo dei più preziosi contributi alla storia della nostra scena di prosa.
Che mi ha egli fatto? […] come sa egli che la reina muore per mano di Ninia? […] Fu egli l’eroe del partito de’ Yorck opposto ai Lancastri. […] Ma se egli dubitava di quanto ignorava, di che non dovè egli dubitar vivendo? […] E non è egli l’autore di Gabriela di Vergy?
D’ingegno pronto e vivace, d’indole mite e aperta, appassionatissimo dell’arte, divenne il figliuolo adottivo di Augusto Bon, secondo marito di sua madre ; e così, potendo al nome del padre aggiungere quello del padrigno, egli si presentò alla ribalta con un augurio doppiamente splendido di futuri trionfi. […] Fu socio per varj anni di Alamanno Morelli ; entrò in Compagnia dell’Adelaide Ristori, colla quale si recò fuor d’Italia, applauditissimo sempre ; e finalmente si fece egli stesso capocomico. […] Militaron sotto la sua bandiera i più grandi artisti del tempo : altri ne formò egli di pianta. […] Ma torniamo alla sua Compagnia unica, la vera Compagnia modello, nella quale egli era tuttavia per viscomica, per finezza, per verità, il principe de’brillanti. […] Ed egli si appuntò la rivoltella a una tempia, quando nell’alta vergogna di un fallimento, sentì di non poter più continuare in quelle agiatezze che gli vennero per assai gran tempo dall’arte.
Agocchi Giovan Paolo, o Gioanpaulo dalli Agochij, detto Dottor Gratiano Scarpazon : così egli si sottoscrive in una lettera indirizzata da Roma al Duca di Mantova il dì 13 di novembre 1593, nella quale egli racconta come, perseguitato da un parente, fosse stato, senz’essere esaminato, due anni in prigione, poi lasciato in libertà, per la qual cosa si raccomanda al Duca di mandargli, o fargli avere qualche soccorso di danaro, acciò possa partire da Roma e fermarsi alcun po’a Bologna sua patria, per poi, di là, recarsi a Mantova a spasso a S.
Determinare con esattezza cronologica il suo stato di servizio non è certo agevol cosa, tante sono le compagnie di vario genere, in cui militò, e per tanti anni si trovò a essere conduttor di compagnie egli stesso ! […] E come il sangue non è acqua, così egli potè in breve, a motivo di una dizione purissima, che ha tuttavia serbato il primo nitore, salire ai maggiori gradi di primo attor giovine e di primo attore, diventando poi con la intelligenza non comune e la non comune gagliardia di fibra, un de'più pregiati direttori di compagnie, fra cui quella di Teresa Mariani-Zampieri, nella quale stette assai gran tempo, ammiratissimo. — Fu il 1900 in quella di Bianca Iggius, scritturandosi poi pel '901 con Clara Della Guardia, con la quale si recherà nell’ America meridionale.
. – In Compagnia Rafstopulo egli aveva sposato Adelaide, figlia della celebre Teresa Angelini (V.), che gli sopravvisse. Dagli elenchi della Compagnia si rileva che il 1820 egli era ancor celibe.
E ho detto crede di dare, poichè oggi, a quattro mesi di distanza da quelle recite di addio, egli sta trattando per recarsi l’aprile e il maggio del 1904 nell’America del Nord. […] A me parve che in quella parte egli raggiungesse la perfezione. […] Nessuno della presente generazione può farsi un’idea del come egli sapesse trar partito da una parola, da un monosillabo, da una esclamazione, da un sospiro per suscitar l’entusiasmo della moltitudine. […] Sempre così egli vinse : con la sola potenza dell’arte. […] L'ultimo e nuovo suo trionfo può dirsi oggi la lettura della miglior parte di una tragedia inedita di Cimino, Abelardo ed Eloisa, nella quale egli sa risvegliare tutta l’antica forza.
Per sua difesa altro egli non dice che di essere innocente. […] Ad ogni lama Che non ha impronta, egli un maestro assegna. […] Ottaviano si arresta; ella fugge e getta via il pugnale; egli le corre dietro. […] Giugne chi se ne ingelosisce e lo disfida; egli accetta, ma vuol battersi senza levarsi da sedere. […] Or che avea egli studiato?
Figlio del precedente, egli fu, come abbiam visto, sempre al fianco di suo padre, crescendo a poco a poco di valore e di ruolo. […] Fra le parti ch' egli sosteneva egregiamente v'era, a detta del Pieri, quella comica di Suggeritore nel Goldoni e le sue Sedici Commedie Nuove di Paolo Ferrari.
Questo scrittore, nato nel 1549 sotto l’imperador Carlo V sei anni prima che cominciasse a regnar Filippo II, c’informa in un prologo ad otto sue commedie, ch’essendo egli ragazzo, il teatro si componea di quattro o sei tavole poste sopra quattro assi in quadro alti dal suolo quattro palmi. […] Donde il ricavò egli? […] Ma le parole del Prologo di Cervantes hanno tutta l’aria d’ingenuità che manca alla dissertazione, e distruggono sì manifestamente le congetture del Nasarre, ch’io giudico che mai questo letterato non credé da senno egli stesso quel che si sforzava di persuadere agli altri. […] ), nato in Aveiro nel Portogallo il quale fu discepolo del Poliziano in Firenze, e fecevi gran profitto, e dopo lesse ancora egli in Salamanca per lo spazio di 20 anni in compagnia del Nebrissense; e passato in Portogallo fu maestro de’ due principi, e morì decrepito in casa sua nel 1530 con lasciar varie opere. […] E come fu egli il primo a conoscere e dar precetti della vera commedia in Europa, s’egli nacque nel 1562, cioé anni ottantaquattro dopo la nascita del Trissino che scrisse anche una poetica?
… – ed egli : – Chiaccherare più del necessario ! […] Ma in lui, al pari dell’artista, è sommo il direttore, il maestro, e, sotto quest’aspetto, egli mi rammenta Gustavo Modena, che fu il rinnovatore dell’arte della recitazione in Italia. […] A Roma del ’70, poco innanzi l’entrata delle truppe italiane, egli, caduto di leva, desiderò di abbandonar la compagnia per tema di esser dichiarato disertore. […] Questa città dette i natali a un grande, a Vittorio Alfieri, ma egli, se ebbe la disgrazia di nascervi, ebbe anche il buon senso di non rimanervi. […] Gli amici, più che i medici, gli affibbiarono, sin dal ’67, una tisi, per la quale egli fu spacciato una ventina di volte al meno.
Comico di qualche nome, più noto per le Notizie Istoriche de’Comici Italiani che fiorirono intorno all’anno mdl fino a’giorni presenti (1782), stampate in quello stesso anno dal Conzatti a Padova in due volumetti, onde si acquistò a buon dritto il nome di Plutarco de’comici, nacque il 2 dicembre del 1745 a Bologna da Severino Bartoli, e Maddalena Boari, che erano, come dice egli stesso, Povera in vero, ma onorata gente. […] Ma come, piuttosto che a quell’arte, il padrone facevalo intendere a lavori materiali di facchino, o di semplice manuale, egli fu messo da’suoi in una libreria perchè v’apprendesse l’arte del libraio. […] Cajetani et Angelo Bentivolio Cajetani, ambo venetis, ad premissa vocatis et rogatis ; eademque die in hac parochiaii ecclesia nuptialem benedictionem susceperunt. » Nel 1771 passò nella Compagnia di Antonio Sacco, quanto per sua moglie favorevole — egli dice con rara ingenuità — altrettanto per lui dannosa ; poichè essendo o mal visto, o mal noto, o mal gradito fu la sua abilità trascurata, ebbe a soffrire dei travagliosi disgusti, e perdendo la quiete, perse nel tempo istesso, pur troppo, gran parte della salute ancora. […] … Frattanto egli cercava di levarsi i grattacapi, che la moglie a lui procurava, scrivendo commedie con rapidità vertiginosa. […] Pubblicò poesie e commedie, le quali, se non mostran troppo la peregrinità del suo ingegno ed una coltura vasta, dicon chiaro quanto egli perseverasse negli studi.
Immaginarsi la gioia di entrambi : Colombina gli fe’dono d’un suo ritratto in miniatura, del quale aveva già fatto promessa per lettera, e sul quale egli scrisse la seguente ottava : Già fu il mio primo nome d’Isabella, Franchini nel cognome fui chiamata, Colombina tra’comici son quella, Ch’ora qui tu rimiri effigiata, Mi mutai di Franchini in Biancolelli, Quando in Francesco già fui maritata : Vedoa restai, & hora non son più, Che son moglie a Buffet Carlo Cantù. […] E un giorno che l’Isabella col padre, la madre e i figliuoli era a colazione da Buffetto, egli la pregò di volergli lasciare per tutta la giornata il minor di essi Domenico Giuseppe, cognominato Menghino, d’anni 7 e mezzo, ma di tanta svegliatezza che il più delle volte si faceva a racconsolar con belle parole Buffetto dei suoi dolori. […] E perchè i comici avean fra l’altre stravaganze inventato che egli, una volta fatto il matrimonio, si sarebbe liberato de’suoceri, dichiarò di sposar Colombina senza dote, contraddotandola di cinquecento scudi, e obbligandosi di pagare a’genitori mille scudi, ove per cagion legittima non volesser più vivere con lui. […] Compiute le quali, Buffetto con nuova generosità offerse alla moglie quanto egli aveva potuto avanzar nell’arte in quattordici anni circa. […] Una delle prime imagini di Colombina abbiamo nel quadro di Porbus del 1572, nel quale egli ritrae un ballo della Corte di Carlo IX : il costume del nostro personaggio è quivi indossato da Caterina de’ Medici.
Io lascio di discutere l’opinione dell’Ingegnieri, perchè non si oppone alla mia; che sebbene egli dica che era stravagante, non però nega che fosse Tragedia. […] Ma di queste avea egli una chiara idea, qual debbe aversi nel comparar due cose? poteva egli averla? […] “Essa è nobile (egli dice), è regolare, e scritta puramente. […] E quante bellezze non ha egli perdute nel lasciarne i bellissimi Cori?
Fu in seguito l’Andolfati reso da me edotto che tali opere essendo proprietà dei respettivi autori e che avendo questi concesso ad altre compagnie la privativa di rappresentarle non poteva egli farne uso senza ledere i diritti altrui, per cui gli autori medesimi reclamavano un compenso equitativo. Ma egli adducendo d’ignorare una tal privativa e dichiarando, che dal momento che egli acquistò le sunnominate produzioni da altri comici, doveva necessariamente supporre, che fossero le medesime di piena loro proprietà, mi fece protesta di non credersi obbligato ad alcun compenso.
Nel 1744 egli fu tradotto in carcere, accusato nientemeno di essere stato causa di un incendio : ed ecco il fatto : la sera del 19 febbraio 1744, si recitava al Teatro Malvezzi in Bologna dalla Compagnia di Filippo Collucci romano, il Giustino di Nicolò Beregani da Vicenza. […] Alcuni pretesero che l’incendio fosse destato ad arte dall’ Angeleri, il quale fu subito carcerato : ma non avendo l’accusa fondamento di sorta, egli potè colla stessa sollecitudine essere rimesso in libertà. […] In tale stato soffriva infinitamente, vedendo sotto i suoi occhi applauditi i compagni, senza che riportasse dal pubblico ancor egli la sua parte di applauso.
Il 25 dicembre 1775, fu richiamato con ordine de’primi gentiluomini della Camera alla Comedia italiana, dove, per altro, non riappare che il 18 febbraio 1777 in Arlequin esprit folet di cui egli era l’autore. […] Il modo di recitare del signor Bigottini non ha nulla che vedere con quello dell’attore ch’egli deve surrogare ; egli non ne ha nè la grazia, nè la finezza, nè la semplicità : tuttavia le sue metamorfosi sono ingegnose e variate ; e i suoi movimenti senza avere la flessibilità e la mollezza che caratterizzano ogni menomo gesto di Carlino, sono d’una esattezza e d’una rapidità singolari. Nulla uguaglia la prontezza con cui egli cambia di costume e di maschera ; la sua perizia a questo proposito ha del prodigioso ; ma è tal pregio che finisce collo stancare….
E il Bartoli più distesamente : …… Saliva egli in Banco in una Piazza, raccontando novellette onestissime e graziose al Popolo, che affollato fermavasi ad ascoltarlo. […] Il popolo seguivalo curioso, ed egli solo recitava interamente la Commedia. Or mascherato fingevasi un Personaggio, or senza maschera altro ne rappresentava ; e nelle sue favole non introduceva visibilmente Donna alcuna, e neppure da femmina egli vestivasi, ma solo dentro la scena voleva, che la voce della Donna fosse sentita. […] Ma s’egli viveva nel 1633, come mai il Caetani scriveva l’ ’11 che il Siuello era suo amorevole ?
Fatto poi questi pubblicare dal Bettinelli il teatro di Goldoni, senza il di lui consenso, tanto egli se ne asprì che ruppe il contratto, passando a scrivere pel Teatro San Luca : e ciò fu al 15 febbraio del 1752. […] Egli, urbano con tutti, egli prudente e saggio, egli pietoso soccorritore delle miserie altrui, merita bene il nome d’uomo onorato, e rendesi degno della stima d’ognuno. Essendo egli poi stato l’unico movente, per cui l’Italia possa pregiarsi d’aver sortito anch' essa un Eccellente Poeta comico nel celebratissimo Goldoni, non avendo perciò da invidiare alla Francia il suo Molière, si viene per lui a stabilire un’ epoca considerabile nella storia del nostro Teatro.
Andres sulle commedie del Machiavelli di aver voluto egli parlare (stò per dire) di una provincia che non avea visitata. […] Bettinelli “Ben è curioso (egli dice) il legger le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime del teatro italiano, essendo in vero lor primo merito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni del costume onesto”. […] E lasciando da banda l’oscenità comune ad entrambe, pensa egli mai che il merito della Calandra sorpassasse quello della Mandragola? […] Bettinelli, per rendergli giustizia, ciò non dee ignorare; ma egli può noverarsi tra certi eruditi, i quali censurano tal volta più per singolarizzarsi allontanandosi dall’avviso comune, che per intimo senso e per amor del vero e del bello che gli determini ne’ loro giudizj letterarj. […] Lasciamo stare i Greci, de’ quali non avrà egli certamente preteso parlare, perchè tra questi non vi fu schiera di commedianti, nella quale non entrassero gli stessi poeti, confondendosi gli uni negli altri nel libero popolo ateniese, quando gli autori non mancavano, come Sofocle, di voce e di abilità per rappresentare.
Come egli risolvesse di calcar le scene non sappiamo : ma è certo che non vi apparve la prima volta sotto le spoglie di Stenterello. […] Ma dopo il ritratto che di Luigi Del Buono ci lasciò il Morrocchesi nelle sue memorie tuttavia inedite, pubblicato per la prima volta dallo stesso Jarro insieme ad altre molte notizie concernenti la maschera e l’artista (ivi, 13 e 20 aprile ’91), io credo che il nome di Stenterello egli prendesse da sè stesso, essendo piccolo di statura, magro, sparuto, di carnagione giallastra, ma non difettoso della persona. […] Buon cristiano, buon amico, buon prossimo : sovventore dei poveri, ed abile artista comico in generale : in particolare poi, sommo nel così detto carattere di Stenterello, che egli stesso inventò, ed inimitabilmente e gustosamente sostenne fino alla decrepitezza…… E il Morrocchesi poteva discorrerne con ragione, poichè fu con lui scritturato per tutto il 1800, che egli passò, dice, in un batter d’occhio, perchè fu del continuo accompagnato da quiete d’animo, da perfetta salute, da ogni possibile soddisfazione nell’arte, e con sopra a 400 zecchini d’avanzo, dopo essersi mantenuto gajamente in tutto e per tutto. […] E ciò fu nel 1830 all’età di ottant’anni : e si racconta, che dovendo egli salire sur una tavola, e non riuscendovi, a uno del pubblico che gli disse forte esser quella troppo alta per lui, rispondeva : « no, sono le quattro ventine che mi pesano. […] Fu anche Luigi Del Buono, come dice la lapide commemorativa, egregio scrittore di commedie e di operette, tra le quali, una delle più note e più lodevoli, la Villana di Lamporecchio, la cui protagonista fu studiata sul vero nella persona di Virginia Venturini di Lamporecchio, che viveva al servizio di lui, e lo pettinava ogni mattina, acconciandogli il codino stenterellesco che egli non abbandonò mai.
Appassionato del teatro, recitò commedie tra' dilettanti della città, mostrando subito le più chiare attitudini alla scena, tanto che, occorrendo ad Antonio Sacco un Innamorato, egli ne assunse il ruolo col mezzo del soprintendente i teatri di Bologna, la primavera del 1767. […] e in altre moltissime opere di ogni genere egli spiegava tutta la forza della sua intelligenza sia per altezza d’interpretazione, sia per forbitezza di dizione, e sia anche per esattezza scrupolosa di costumi ; al cui proposito ci avverte il Bartoli ch'egli stesso ne inventava, disegnava e coloriva i modelli, facendo poi ad altri colla sua assistenza ultimarne l’esecuzione. […] Adunque egli racconta che Amore assottiglia il cervello, commedia in verso sciolto, doveva essere, contro ogni sua volontà, recitata l’estate del 1781 a Verona. […] Mia prole egli è, prole diletta e cara. […] E chiudo con quest’altro, pur riferito dal Bartoli, « parto elegante – egli dice – di dottissima penna genovese, » dedicato Al merito singolare del signor Petronio Zanarini attore impareggiabile al Teatro di Sant’Agostino, nella Primavera dell’anno 1775 : Cingati omai de'suoi più verdi allori Apollo il crin, e con dorate piume spieghi la fama i tuoi veraci onori, della comica scena inclito lume.
Anzi il Ferretti aggiunge che egli si fece un peccato di susurrare (invano, s’intende) il proprio nome accompagnato dalle parole « non ti scordar di me. » Scrisse con entusiasmo pel Fortunati, detto Totino, per Ciccio Taddei, e per Vestris…. Abbiamo di lui circa duecento produzioni a stampa, bench’ egli ne componesse oltr’ a seicento.
Il carnevale del 1817, egli era, (dopo di essere stato alcun tempo capocomico con la moglie prima attrice) al Tordinona di Roma in Compagnia Benferreri, di cui era parte principale la maschera del Pulcinella, con la moglie e il figliuolo Cesare allora decenne. […] Furon poi nella Compagnia del Tassani, scritturatovi il Dondini per le parti dignitose, e il ’27, probabilmente, o egli morì, o si ritirò dalle scene, perchè nol vediam più negli elenchi del tempo.
Prese alla morte del padre le redini della compagnia, egli seppe colla sua sagacia di conduttore e la sua valentìa di maestro e attore, serbarle il bel nome che s’era a ragione acquistato. […] A un tratto egli, come quasi celiando, le disse piano : « A momenti ve casco adosso !
Morto il padre nel febbraio del '62, egli entrò di punto in bianco primo amoroso ai Fiorentini di Napoli, dove, mercè gli ammaestramenti del Taddei, dell’ Alberti, del Salvini, della Cazzola, della Pezzana, della Marini, salì a tal grado d’arte, che la quaresima del '70 partiva con la madre per Cremona a raggiunger la Compagnia di Alamanno Morelli, della quale egli era il primo attore assoluto.
Pare non fosse attrice : egli certo non ne parlò mai. […] Come era egli nobile, e maestoso !
., e nella quale egli esordì a Caltanissetta colla parte di Riccardo ne’ Figli di Odoardo, acquistandosi tosto le simpatie del pubblico, che andaron poi viepiù crescendo. […] Il ’48 egli prese parte alla battaglia di Vicenza nel battaglione universitario, comandato dal colonnello Zambeccari, poi, tornato all’arte, entrò primo attore in Compagnia Perini e Cavicchi, e del ’49 a Ravenna, sposò la prima attrice Luigia Cavicchi. […] Va, e che Iddio ti protegga. – Invano egli insistè ; la risoluzione della povera martire fu invincibile. […] Intanto egli sentiva passare sotto di lui fra due acque i morti, o i moribondi naufragati ; e più per istinto di salvezza che per riflessione, nuotava, finchè afferrata una piccola riva fra gli scogli, cadde esanime sull’arena. […] Il buon uomo piangeva ; si convenne che dopo che mi fossi tornato a tuffare, egli mi avrebbe ajutato tirando la fune : abbracciai il corpo a mezza vita, l’uomo tirò a sè la fune, e venni alla superficie carico del mio funebre fardello.
Nel 1697, appena dato l’ordine di chiusura del teatro italiano, egli si restituì a Verona, la patria di suo padre, ove potè render segnalati e disinteressati servigi ai generali dell’armata francese in sul cominciar della guerra del 1701. Esso fu il primo ad avvertir la marcia de’ nemici in Italia, dai quali ebbe poi manomesso ogni suo avere ; e il Cavaliere di Lislière, inviato dal Re in Italia, ne rilasciò ampia testimonianza, in forza della quale egli potè al suo ritorno in Parigi, che fu il 1708, avere in ricompensa l’ufficio d’ Ispettore di tutte le barriere di Parigi, che lo mise in grado d’intraprender nel 1712, con varia fortuna, spettacoli di opera comica alle fiere di S. […] Nel 1716, alla venuta della nuova Compagnia del Reggente, egli ottenne finalmente un impiego amministrativo, del quale si disimpegnò così male, che dovette esserne poco dopo licenziato.
Possono in ciò essergli di grande aiuto la lettura dei libri, la conversazione degli uomini addottrinati nelle antichità; ma a qual altri dovrà egli aver ricorso piuttosto che al poeta, all’autor medesimo dell’opera, il quale ha concepito in mente ogni cosa, e niente ha d’aver lasciato indietro di tutto quello che può meglio abbellire e render verisimile l’azione che egli ha tolto a rappresentare ? […] Avea egli sotto buoni maestri studiato i principi dell’arte sua nel Vignola; e dotato di fantasia pittoresca, s’avvisò di muovere, dirò così, di atteggiar le scene a quel modo che fecero i pittori del Cinquecento delle figure dei Bellini e dei Mantegna. […] Avea egli nella pittura di una cupola fatto reggere le colonne, sopra cui ella posava, da mensole; cosa alla quale si storcevano alcuni architetti, protestando ch’essi per conto niuno non l’avrebbon fatto in una fabbrica, e dandogli per ciò non lieve carico; quando tolse loro ogni pensiero, secondo che riferisce egli stesso, un professore, amico suo, il quale si obbligò a rifare ogni cosa a sue spese qualora, fiaccando le mensole, le colonne con la cupola fossero venute a cadere: magra scusa, quasi che l’architettura non si avesse a dipingere secondo le buone regole, e ciò che offende nel vero non offendesse ancora nelle immagini di esso. […] Distribuendolo artifiziosamente, mandandolo come in massa sopra alcune parti della scena e quasi privandone alcune altre, non è egli da credere che producesse anche nel teatro quegli effetti di forza e quella vivacità di chiaroscuro che a mettere ne’ suoi intagli è giunto il Rembrante? […] [Nota d’autore n. 14] Lo scrittore del presente saggio possiede un grosso volume di disegni di questo autore, il quale mostra assai meglio quanto egli valesse, che non fanno tutte le invenzioni che vanno attorno di lui intagliate dal Buffagnotti e dall’Abbati.
Ma agire minuziosamente sulle masse, curare i dettagli, dirigere un insieme, perchè tutto armonizzasse e scorresse con regolarità e precisione, non era cosa per lui : forse perchè egli pure era vecchio e si stancava. […] Fu poi scritturato dalla Ristori, che egli seguì in Italia e all’estero, e della quale educò i figliuoli.
Soppresso il teatro italiano nel 1697, egli si ritirò in un suo piccolo possedimento ne’ dintorni di Parigi, acquistato poco dopo il suo matrimonio dalla moglie, di cui non sappiamo il nome, ma appartenente a buona famiglia, e un po’ in là cogli anni, come ci avvertono i fratelli Parfait (op. cit.) […] La poca importanza che si dà alle scarsissime notizie di lui, parmi in aperta contraddizione colle tante incisioni, specialmente del Watteau, che riproducono i nostri comici a Parigi, nelle quali Pierrot occupa sempre un de’primi posti, quando non sia il primo addirittura, come nel quadro de’Comici italiani dello stesso Watteau, che riproduco nella testata della lettera G, in cui egli è segnato a dito non so se qual capocomico o principale artista della compagnia, diritto in sul mezzo della scena, a cui fan cerchio tutti i colleghi ne’lor varj costumi.
Il successo se non strepitoso fu buono, ed egli avrebbe potuto rimanere in Francia amato e stimato, se non avesse, con assai poca prudenza, avventurate opinioni sulle vicende del tempo. Il che saputosi alla Corte, egli ebbe tosto decreto di espulsione.
Nè sol delle doti di attore egli andava ornato, ma anche di disegnatore, chè egli precedette i comici Galvani, Ruggeri e Farulli nel riprodurre i maggiori colleghi – la Duse, Cesare Rossi, Andò, Zacconi, ecc., – in geniali caricature ; dove, se difetta la correttezza del disegno, è pur sempre un sentimento e uno spirito de' più vivi, non raggiunti fin qui.
Quanto è egli maggior che Arno? […] Dalla lentezza e languore attribuita loro dal signor Andres, che è la frase che egli adopra per intingolo perpetuo in parlar del teatro italiano, apparisce che egli parlar volle (il dirò pure) di una provincia che non aveva visitata. […] Bettinelli io son persuaso che egli ne conosce più di noi i pregi. […] Accorro, egli dice, ai gridi di Fulvio, e gli domando, Che avete? […] E che direbbe egli se si volesse dare idea del teatro di Atene sulle rappresentazioni de’ Neurospasti?
Venuta nel suo paesello una piccola compagnia di comici, egli, da essi istigato, si diede al teatro, passando di peripezia in peripezia, ma acquistandosi pur sempre una crescente fama di buon attore. […] Polizia di Milano fanno credere che egli abbia introdotto, o restaurata in Modena la massoneria come incaricato dai comitati superiori di quella setta. […] Sappiamo ch' egli fu capocomico de' più onesti e miti, e di pochissime parole. Non si occupò mai di direzione, ch' egli affidava a uno de' suoi artisti ; e v'eran mesi in cui non compariva sul palcoscenico, se non per recitarvi.
Il delicato Salomone Gessner nato a Zurigo nel 1730, e morto prima del 1789, il quale in tante guise ritrasse felicemente la bella e semplice natura, volle pure mettere sulle scene le bellezze pastorali che egli leggiadramente seppe colorire. […] Ah se la mia rimembranza è a lui così amara e crudele, se anche me egli non può obbliare… Mano; egli a me più non pensa… almeno lo spero… lo spero? […] Io co’ più vivi ringraziamenti esprimeva la mia gratitudine, quando egli trattosi dal seno un pugnale che teneva nascosto, alza il braccio e l’immerge nel mio petto, dicendomi, io ti ho salvata per perderti. […] In prima egli non istimò composizione di Lessing l’Emilia Gallotti che egli non senza ragione disprezza per le bassezze e le assurdità; ma io credo piuttosto all’alemanno Federigo II il grande, il quale diceva che egli avrebbe stimato più questo scrittore, se non avesse composta Emilia Gallotti. Di poi egli senza esitare sostiene che Lessing sorpassò tutti i tragici nazionali .
L'Archivio di Stato di Modena ha di lui questa lettera senza data, ma della seconda metà del secolo xvii, che riferisco intera, e dalla quale mi sembra egli apparisca assai più impresario che attore. […] Anche di un Torquato Toschi l’Archivio di Stato conserva una lettera, nella quale egli appare direttor di attori accademici, e chiede la protezione di qualche Principe, « acciò possano questi giovini operare con maggior vigore, et esimersi da ciò che potesse di sinistro apportarle qualche emolo invidioso come altre volte ben notto è all’altezza Vostra Ser.
Della sua vita privata un piccol cenno si ha in un epigramma del tempo, che ho in una raccolta manoscritta, diretto alla moglie di lui, chiedendole come mai egli divenisse tanto birba da consumar la sovvenzione teatrale con la Ciabetti, e fare poi scandali con la moglie di parole e percosse. […] All’ arte sua di attore e direttore egli accoppiò quella di scrittore a cui legò favorevolmente e per alcun tempo il suo nome.
Dalla sua paga al Valle si sottraggono cento ducati co’quali l’Impresario napoletano è compensato della perdita d’un comico tanto valoroso ; ma l’Uditor dell’Esercito che gli passa quel denaro, glie lo consegna a condizione ch’ egli soccorra la moglie e i figliuoli che Barese lascia a Napoli. […] Nell’estate, in fine, del 1773, sempre al Nuovo, egli si chiama Bretton nell’Innocente fortunata, libretto d’un anonimo, musica di Paisiello. […] Non è documento, per altro, il quale dica fino a che anno il Barese abbia recitato da Pulcinella alla Cantina ; tornò egli a far parte di quella Compagnia, rimpatriato appena da Roma ?
Se non seppe levarsi ad alto grado di arte come attore (non uscì mai dal ruolo di generico) egli ha diritto qui a un cenno speciale di lode pel posto al quale, mercè l’amore dello studio e la svegliatezza dell’ingegno e una particolare attitudine, seppe salire come autor comico. […] Ma rifattala poi l’anno seguente in società con Carlo Romagnoli, egli ritornò sotto la vecchia bandiera. […] Egli il quale non aveva che un fine nella vita : lo studio ; e un fine nello studio : l’arte ;…. che, vittima di una modestia fuor di misura, il più bello e il più fatale degli ornamenti umani, avea l’animo delicato a segno da accoglier ogni dolorosa sensazione che la superbia e ignoranza e invidia gli venivan man mano generando, egli, dico, inconscio della sua forza, si ritrasse alla fine dalla battaglia, più rassegnato che sfiduciato.
Tornato in Italia, pare lasciasse definitivamente il teatro, dacchè il Bartoli, un anno dopo, ci avverte com’ egli colle ricchezze, fatte in Francia, avesse acquistato un palazzo e de' poderi nel trevigiano, e quivi stabilita la sua dimora « lungi dal pensier del teatro ». Non si conosce la data della sua morte ; ma egli viveva ancora il 1790, del qual anno il Museo della cità di Bassano, terra natale dello Zanuzzi, io credo, serba di lui una lettera del 18 xbre a Giacomo Vittorelli (il poeta anacreontico ?) […] Appresa la triste lor condizione, egli si prese, nient’altro che per venire in loro ajuto, cura della bimba, che fu allevata, ancora in culla, sotto i suoi occhi ; e accortosi, coll’andar degli anni, della attitudini chiare alla danza, la fe'istruire dalla maggior celebrità di quell’arte.
Ma egli è autore di varie favole non dispregevoli nel genere comico chiamato di spada e cappa. […] Fa che egli imponga che nel passare Isabella sua sposa da Madrid a Toledo, si copra d’una mascheretta. […] Ottaviano si arresta, ella fugge e getta via il pugnale; egli le corre dietro. […] Norabuena, egli risponde. […] Or che avea egli studiato?
E donde il ricavò egli? […] E come poi fu egli il primo a dar precetti della vera commedia in Europa, s’egli nacque nel 1562, cioè ottantaquattro anni dopo la nascita del Trissino che scrisse una Poetica? […] E donde ricavò egli tal supposizione? […] Ma poi è egli vero ch’io l’abbia trascurato? […] Nel che ecco in quante guise egli ragionò male.
Dobbiamo credere che avesse egli mai letta la Numanzia? […] Maurique fa sapere a Garcia che Rachele l’esilia da Toledo, al che egli risponde magnanimamente. […] Ed in che egli si fida? […] Rachele (egli dirà) non può morir di buon grado, nè per l’esperta mano del boja divenir più bella. […] Osservo intanto che egli ha preso un cammino che lo conduce al contrario della sua promessa.
Guarito, pareva che egli avesse perduto la gioventù ed il buon umore. […] In una farsa : Le disgrasie di un bel giovane, egli era applauditissimo. […] Per mio padre quella stagione del Teatro Re era la prova del fuoco, e puoi immaginare con quanto zelo egli si mettesse all’opera. […] Quel monologo in cui egli si esercita alla improvvisazione e recitazione del discorso…. […] Dopo quello della Sadowski, egli ebbe ancora un grande periodo : del Teatro Carignano, della Duse con Andò.
La sua carriera fu rapidissima e brillante ; e molto egli deve senza dubbio alla signora sua, la Celeste De Paladini, la quale, capocomica e attrice di molto merito, slanciatolo di punto in bianco nel campo dell’arte, non gli lasciò il tempo di compier gli anni del noviziato, i più scabrosi della vita artistica, ai quali sono soggetti i principianti. […] Bene : Flavio Andò ha saputo, direm così, staccarsi dalla cornice, e formar quadro esso stesso : egli ha saputo brillare di luce propria.
Nel secondo caso, che accadeva non di rado, era costretto dai moti nervosi o di mal celata insofferenza, o di aperta ribellione, batter la ritirata : e questo egli faceva senza verun atto di risentimento ; anzi inchinandosi a più riprese con esagerate cerimonie. Era di una imperturbabilità glaciale in ogni evento : un po’ per elezione, un po’ fors’anco per incapacità, egli rappresentava il vero tipo del comico a spasso, guitteggiando in Venezia stoicamente e filosoficamente, e appostando i comici, ai quali soleva declamare in aria di eroe da teatro : nacqui in Vicenza ; fui allevato in Crema ; il gran Balda son io ; sappilo e trema.
Ma egli volgea le chiavi del cor del pubblico a suo talento, e s’ebbe applausi e urli di acclamazione quanti ne volle. […] Pochi, dinanzi al pubblico, gli si accostarono nella declamazione di Polinice, di Egisto nell’Agamennone, di Pilade nell’Oreste, e sopr’ a tutto del protagonista nel Saccente, commedia tedesca, in cui egli, di prodigiosa memoria, citava di continuo in otto o dieci lingue tramorte e vive e con corretta pronunzia, nomi e fatti di storia, di letteratura, di mitologia, di arti, di scienze, di lettere.
Troppo sarebbe noverar le compagnie in cui egli militò : basti citar quelle di Andò, delle sorelle Vestri, della Pezzana, di Morelli, di Achille Dondini, di Bonazzi, di Dominici, di Diligenti. […] Oggi egli è passato al ruolo de' caratteristi, senza che, a oltre settant’anni, si senta fievolite le forze fisiche e dell’intelletto.
Venuto a morte in Compagnia Fabbrichesi il celebre Giovanni Bettini, andò il Lombardi a sostituirlo ; e sì bene uscì dal cimento, che partito il Belli-Blanes, egli ne sostenne le migliori parti di amoroso, passando di trionfo in trionfo. […] Dotato di una forza erculea, su di essa affidavasi per insolentire a dritto o a torto…… A questo carattere violento, irruento, dovè il Lombardi la più tragica delle morti, che il Colomberti ancora ci racconta ne' suoi particolari : Sentivasi egli una mattina indisposto di salute ; aveva ordinato un brodo, e tardando a riceverlo, si recò egli stesso in cucina dal cuoco, uomo già vecchio, e che da molti anni serviva nel palazzo della Principessa.
non era egli sulla Rocca di Giove? […] Ed Agatone dove egli è ito? […] Ma egli per malignità voleva far passare Socrate per tale, e ne merita l’indignazione de’ posteri. […] Sopraggiungono gli Acarnesi, e vogliono lapidarlo, ed a stento egli ottiene di essere ascoltato. […] In tal guisa viene egli malmenato da M. de Chamfort.
Stette poscia con Teresa Mariani un anno, e un triennio con Di Lorenzo-Andò ; dopo il quale formò società con Irma Gramatica e Oreste Calabresi ; società che dura da quattro anni, e in cui s’andò egli acquistando la fama di direttore forte e intelligente : accresciuta oggi (1904) coll’allestimento della tragedia La figlia di Jorio di Gabriele D'Annunzio, che va scorrendo trionfalmente i teatri d’Italia. […] Il male ormai è radicato da secoli, ed estirparlo non è impresa agevole ; ma se uno v'ha che possa riuscirvi, egli è certo Virgilio Talli, che per la fierezza dell’indole e la pervicacia nella lotta non ha chi gli stia a paro.
Ma egli prevalse nel genere comico, e Volcazio Sedigito l’anteponeva a Terenzio. […] Morse egli senza verun riguardo Rutilio, Lupo, Carbone, L. […] Clinia attende la sua Antifila che egli lasciò povera con una sola fante. […] Ma l’azione parmi che avvenga diversamente da quello che egli pensa. […] Nelle vicende del l’Italia egli parsò nella R.
Son sicuro che egli non lesse mai nè l’una nè l’altro. […] E donde il ricavò egli? […] E donde ricavò egli tal supposizione? […] Ma poi è egli vero ch’io l’abbia trascurato? […] Nella qual conseguenza ecco in quante guise egli ragionò goffamente. 1.
Scaramuccia ebbe l’animo di dire alla Regina, che s’egli avesse preso il Delfino tra le braccia, lo avrebbe calmato. […] Vi recitavan essi il martedì, e venerdì, e la domenica ; ed egli il lunedì, mercoledì, giovedì e sabato. […] A ottantadue anni adunque egli recitava ancora a Parigi. […] Ma dove si vide come egli avesse regnato sovrano nella Comedia italiana di Parigi si è nella vasta opera di bulino dei sec. […] In Italia egli non fu mai altro che capitano, mentre in Francia fu d’ ogni cosa un poco.
Ma ottenuta la laurea, egli risolse di non indossar la toga dell’avvocato, per abbracciar l’arte del comico. […] Bandite a poco a poco le maschere dalla scena, e però non trovando il Cavicchi più chi lo scritturasse, diventò conduttor di compagnia egli stesso. […] A un tale, per esempio, ricchissimo e non dabbene, egli scrive crudissime verità ; dice (Lett. […] E donativi di ogni specie egli ebbe in ogni tempo e in ogni luogo da ogni Signore : la qual cosa sta a provare in che gran conto fosse tenuto l’artista. […] — egli diceva — E che m’importa !
Ottimo padre, ha dato a’figli suoi una educazione elevata, amico fedele ha serbato sino all’ultimo vecchi e sinceri amici, ne’quali egli lasciò un lungo e profondo rammarico. […] A un dato punto Colombina doveva dirgli alcune parole sottovoce, ed egli : Parlate pur forte – le disse – nessuno ci sente. […] Ella tenta nasconderlo ; ma egli lo vede e vedutolo, domanda a chi appartenga. […] Pantalone sopravviene, e Arlecchino che l’ha in conto di sapiente, lo prega a trar l’oroscopo di suo figlio per vedere s’egli sia veramente suo. […] I suoi sospetti raddoppiano ; egli s’adira contro Camilla ; ella si dispera ; scoppiano liti, e restano adirati.
Con tenacia e audacia senza pari, egli affrontò nuovamente il giudizio del pubblico, il quale più tenace di lui ne’suoi propositi, lo fischiò ancor più forte, e per modo ’sta volta, che il povero artista, scoraggiato, disperato, si ricoverò nella nativa Lugo. […] Il ’30-’31 egli era per la stagione di autunno e carnevale in uno de’teatri di Roma, in società con Giacomo Job ; poi, preso parte ai moti di quell’anno, fu guardia nazionale a Bologna, volontario dragone ad Ancona sotto il generale Zucchi, compagno d’ armi del conte Giuseppe Mastai a Sinigaglia, poi…. […] Ammirevole e lodevole per lo studio che egli poneva assiduo per correggere la sua pronunzia romagnuola e rendere simpatica la sua grottesca figura.
In esso egli lascia il Violino a Cremona, il Basso a Piacenza, la Viola a Milano, la Chitarra a Venezia, l’Arpe a Napoli, il Bonacordo a Roma, i Tromboni a Genova, la Mandòla a Perugia, la Tiorba a Bologna, il Liuto a Ferrara, e a Firenze tutti gli altri strumenti. […] Il socco egli inalzò, più che triforme, Al coturno qual’hor uoce tonante Spiegò, qual Gioue in Flegra, onde ’l Gigante Cadde percosso, incenerito, informe. […] Come abbiam visto al nome del padre, egli desiderò di entrare al servizio del Duca di Mantova, al quale fu raccomandato dal Cardinal Caetani con lettera da Roma in data 12 aprile del 1611. Il ’15 e il ’16 egli era già nella Compagnia de’ Confidenti, come si vede da queste due lettere scritte a S. […] ), egli era a Parigi con Gio.
Negli elenchi dell’anno comico ’96-’97 egli figura come direttore e primo attore in Compagnia delle sorelle De Ogna. Artista garbato e colto egli scrisse anche poesie delle quali alcune furon pubblicate a Piacenza in un volume col titolo di Ore solitarie.
E mentre a’ suoi tempi facean chiasso i drammi a colpi di scena e combattimenti, egli s’acquistò fama di eletto artista col Cavalier di spirito, col Cavaliere di buon gusto, col Bugiardo, con L’Avventuriere onorato, con L’Avvocato veneziano, col Medico olandese, col Tasso, e più altre commedie del Goldoni ; nè minore successo egli aveva con l’Atrabiliare e il Filosofo celibe del Nota, con il Filippo e il Bruto primo dell’Alfieri, ne’ quali si trasformava a segno da parer veramente il personaggio ch’egli rappresentava.
mo Hauendo Pietro Paulo comico vna lite in Reggio, per la cui spedizione egli preme, come importante molto a suoi interessi, ha hauto ricorso da me, acciò che lo raccomandi a V. […] Al tempo in cui fioriron l’ opere di Pietro Cossa, egli fu nella Compagnia di Alamanno Morelli, degno compagno di Virginia Marini, Francesco Ciotti, Giulio Rasi.
La sera del 12 di gennajo 1889 si doveva rappresentare al Manzoni di Milano La Locandiera di Goldoni, in cui egli era sommo sotto le spoglie del Marchese di Forlimpopoli, continuando la tradizione gloriosa de'suoi grandi predecessori. […] E infatti egli ebbe le più chiare qualità per ben riuscirvi : ingegno pronto, recitazione spontanea, vera, misurata ; fisionomia mobile ed espressiva : amore e propositi seri per l’arte altissima, profonda.
Ma egli prevalse nel genere comico, e Volcazio Sedigito l’antiponeva a Terenzio. […] Morse egli senza verun riguardo Rutilio Lupo, Carbone, L. […] Antifone lo vede egli stesso da lontano nella piazza, e si ritira non avendo animo da presentarglisi. […] Crede egli che Ctesifone sia in villa, mentre si trova colla sua donna e con Eschino in casa di Mizione. […] E a qual altro oggetto avrebbe egli recate nella latina lingua tante greche ricchezze?
L’imperadore se ne sdegnò, e volea punirne l’autore, ma egli ebbe tempo di fuggirsi a Losana dove morì nel 155215. […] Circa lo stile egli vorrebbe imitare quello di Virgilio, le cui frasi stesse egli ritiene per quanto permette il metro diverso. […] Uscita poi la Storia Critica de’ Teatri nel 1777, in cui si parlava di poesia Alemanna e di teatro prima di Opitz, egli nel pubblicare l’anno 1779 l’Idea della poesia Alemanna, dilatando il suo piano prese a risalire dugento anni indietro.
Egli de i drammi del Rinuccini dice che furono i primi che circa il principio della trascorsa età sieno stati rappresentati in musica ; ed al pari di noi altro egli non vide nell’Orfeo del Poliziano, nella Festa del Betta, e nella rappresentazione posta in musica dallo Zarlino per Errico III in Venezia, che uno sbozzo e quasi un preludio dell’Opera . […] Pour bien (egli disse) juger d’une production, il ne faut pas la rapporter à une autre production. […] Il Signor Yriarte anzi che dissimular ciò che avea letto nel mio libro, e porsi nella classe de’ plagiarii, avrebbe potuto citarlo con ingenuità mostrando che i ragionatori di diverse nazioni concorrono nel medesimo sano sentimento, giacchè egli accumulò nel suo poema varie citazioni per avventura inutili e pedantesche. S’ingannò egli però nell’asserire nel citato squarcio che lo spettatore non concede ugual perdono al canto. […] Legge egli, per esempio, che l’ambizioso e innamorato Aquilio, il quale usa ogni arte per rompere la corrispondenza di Sabina, al vedere che l’amor novello di Adriano e gli sdegni di Sabina combattono per lui, prevede la propria vittoria; ma si dispone ad attendere che si maturi, e ad usar tutta l’arte di un esperto schermidore, il quale esamina il nemico, frena l’ira ed aspetta il momento che lo renda vincitore.
» Nè egli solo era al servizio del Marchese di Mantova, ma tutta la famiglia sua, che prendeva parte con lui alle rappresentazioni, come si rileva da un passo della lettera che Johannes De Gonzaga (sic) scrive il 25 gennaio 1495 a Isabella d’Este, sorella di Alfonso I e moglie di F. Gonzaga, illustrissima et eccellentissima Madonna sua patrona osservandissima, per darle ragguaglio di una rappresentazione allegorica di Serafino dell’Aquila, nella quale prese parte egli stesso, cantando alcune terzine, assai lascivamente vestito, como a la Voluttà si convene, con il Leuto in brazzo.
Fatto grandicello e ritentata la prova, passò progressivamente, nè con maggior fortuna, dai servi ai mami, ai secondi amorosi, ai brillanti, ai meneghini, ai primi atori ; poichè, al finire del disastroso capocomicato di suo padre, nel ’59, egli, cavallo da tiro e da soma, alternava le parti comiche colle tragiche, fra cui, incredibile a dirsi, quella dell’ Amleto e dell’ Otello !!! […] Scarpa grossa e Cervello sottile, riproducendo nel volger di mezz’ ora vari tipi disparatissimi : e non minore attitudine ebbe alla pronunzia correttissima della lingua francese, di cui molto si valse, facendo smascellar dalle risa lo spettatore più contegnoso col Grelufont e col Graffigny ; due parti, nelle quali egli fu artista incomparabile.
Esordì in non so qual compagnia come amoroso, per diventar poi nel ’56 il primo attor giovine di quella dei fratelli Bosio, diretta da Francesco Chiari, di cui era prima attrice la Giuseppina Biagini : e leggo ne’ giornali del tempo ch’ egli si faceva molto applaudire, specialmente nel mulatto della Suonatrice d’arpa. […] Predilesse il dialetto bolognese che inframmetteva piacevolmente in ogni discorso ; e fu ne’ più alti ritrovi disputato per la gaiezza del conversare, generata da una inesauribile vena di comicità ch’ egli seppe mostrare assai più in società che in teatro.
Forse, con soli otto anni di distanza e con la stessa qualità di attore e capocomico, egli e il precedente Carpiari sono una persona sola ? […] Creò egli la parte del protagonista nell’ Antonio Foscarini di G.
Il lento lavorìo della gelosia ha già alterato quell’uomo ; colpito al cuore dalle insinuazioni di Jago, egli si dibatte ancora, vuole cacciare il sospetto, vuole convincersi, affermandolo alto, che Desdemona è pura, ma dopo una lunga lotta finisce col soccombere. […] Con quale disperato rimpianto dice egli addio a tutti i suoi sogni d’amore e di gloria !
Recitava anche in parti serie, ma con poco buon successo, essendo egli troppo noto come buffone. […] Bell’ impresa ell’è questa, e bel valore egli è oltraggiar chi sol si strugge in pianti ?
In codest’anno egli dovè cedere alla volontà imperante del padre che lo restituì al suo ufficio ; ma dopo un anno di prigionìa del corpo e dello spirito, rotto ogni ritegno, superato ogni ostacolo, determinò di tornar sul teatro per non abbandonarlo più. […] Ricomparve apparentemente guarito la sera del 15 marzo 1829 ; e così festosa e clamorosa fu l’accoglienza di quel pubblico affollato che egli ne pianse vivamente commosso. […] Oltre lo studio accurato sull’incedere e sul gesto, De Marini occupava moltissimo tempo per trasformare il suo volto, e bene spesso egli recavasi al teatro due ore prima del principiare dello spettacolo. […] E in una nota, dopo di aver invocata da Milano al meno una pietra che ricordi il nome del grande artista, nato e cresciuto tra le sue mura, si domanda il perchè egli mettesse quel De al Marini che era il suo vero casato.
Dovea egli poi serbare il modo stesso negli altri tre argomenti Romani ? […] Avrebbe egli penetrato il senso iniquo del moi discorso ? […] Capisce egli che cosa vuol dire abrogare ? Ne ha egli forse veduto il decreto ? […] L’ha egli stessa mostrata servile per condannarla ?
Olvia sdegnata lo discaccia, indi vuol che impugni la spada; egli fa a suo modo e parte. […] Dirà che in una tragedia egli è poeta e non istorico. […] L’ha egli chiamata (gli dice) per darla in potere de’ sollevati? […] Manrique fa sapere a Garcia che Rachele l’esilia da Toledo, al che egli risponde magnanimamente. […] Ma perchè (potrà egli dire) dee preferirsi il verso sciolto o quello coll’assonante à los pareados?
V’è di piu; egli le narra all’ amico Pilade cui doveano essere così note come a se stesso; egli le narra ancora intempestivamente nel metter piede nella terra de’ barbari. […] Che pregio egli dice? […] Or che ha egli fatto frattanto? […] Con sua buona pace egli s’ inganna. […] E sa il Signor Mattei quello che dice egli stesso?
Ma se i suoi giudizj, specialmente su i Drammi, non sempre corrispondono al suo sapere, egli è forza ascrivere ciò a mancanza di cuore sensibile. […] Le lagrime di questo popolaccio dinotano ch’egli abbia cuore, e dove egli piange, è certo che vi è il patetico. […] Potrebbe egli negare in tutto la preferenza al Tasso? […] Poteva Rapin osservar ciò in Virgilio nella morte di Pallante: egli c’innamora di lui, ci rende solleciti del suo rischio, ci eccita in fine pietà pel di lui destino. […] E come spera egli bei discorsi appassionati, se la favola bene ordinata, ben costumata, non desta l’interesse per un personaggio collocato in situazioni deplorabili, e non suggerisce i discorsi appassionati?
Noi ne commendiamo la bella scena di Filli e Mirtillo, in cui la ninfa gli propone di amare un’ altra ch’ella dipinge assai vezzosa, ed egli risponde naturalmente con quel motto pieno di fuoco replicato a tempo, ma non è Dori. […] Ah se la mia rimembranza è a lui così amara e crudele, s’egli ancora non può obbliarmi . . . Ma no; egli a me più non pensa . . . almeno lo spero . . . lo spero? […] Io co’ più vivi ringraziamenti esprimeva la mia gratitudine, quando egli trattosi dal seno un pugnale che teneva nascosto, alza il braccio e l’immerge nel mio petto, dicendomi, io t’ho salvata per perderti”. […] Satirico, e fatta, com’ egli disse, per recitarsi incognito.
Quando cadde dalla grazia di Luigi XII il marescial di Gié perseguitato da Anna di Brettagna regina-duchessa, fu egli motteggiato in una di tali farse. […] «Quel secolo (dice Fontenelle) non era dilicato su tal materia, e professava apertamente la dissolutezza, che in altri tempi si cerca di dissimulare; egli é solo sorprendente (soggiugne) che gli ecclesiastici, i quali vi son ritratti, non abbian messo schiamazzo». […] Sconobbe egli nel comporre le regole e la decenza. […] Tuttavolta egli fu un ingegno pieno d’entusiasmo che lo solleva talvolta presso ad Euripide; e non senza ragione i suoi compatrioti affermano ch’egli abbonda di difetti innumerabili e di bellezze inimitabili. […] L’imperadore se ne sdegnò, parendogli cosa di mal esempio, e comandò che l’autore ne fosse gastigato, ma egli ebbe tempo di fuggir via; e nel 1552 morì in Lausana170.
La passione del teatro lo indusse a formare una Società Filodrammatica, di cui eran parte, fra gli altri, Giacomo Bonfìo, poi attore e scrittore drammatico, Antonio Calvi e Francesco Crescini ; e di cui egli fu l’anima, recitando con gran successo le parti principali nel Filippo e nella Malvina di Scribe, nella Teresa di Dumas, nel Benefattore e l’ Orfana, nell’ Incendiario, nei Trent’anni di vita di un giocatore. […] Creò, trascorso qualche anno, il Giacometto, giovialone veneziano, che egli incarnò stupendamente facendo smascellar dalle risa il pubblico, di cui egli era ormai il beniamino. […] A questa tenner dietro Gli Esposti, ovvero Sior Giacometto va con uno, torna con dò, e resta con tre, il Medico e la Morte e poche altre con cui egli finì la stagione di Carnevale fortunatissima. […] Nè si limitò il Duse alla Recitazione del repertorio goldoniano ; chè in molti de’ drammi lacrimosi e degli scherzi comici del tempo, alcuni dei quali scritti a posta dallo Zanchi, dal Calderon, dalla Barluron, egli riusciva artista preclaro.
Troviamo il Romagnesi a Mantova l’aprile del '55, come da una sua lettera al Duca di Modena del 5, con la quale lo ringrazia dell’invito di recarsi colà a recitare : poi nulla sappiamo più fino all’anno 1667, in cui egli apparve sulle scene del Teatro italiano, sostituendovi il secondo amoroso Valerio Bendinelli ; indi, abbandonato il primo amoroso Ottavio Costantini il teatro nel 1688, e partito per l’ Italia, predendone egli il posto. […] Degne di certo interesse a chi fosse dotato di molta pazienza, sono alcune poesie nelle quali egli dà la spiegazione dell’oroscopo.
Il ’97 egli non si chiama più arlecchino ma Truffaldino, e il Giornale dei teatri di Venezia dice di lui : Se al merito singolare di questo insigne attore accoppiate si fossero alcune felici combinazioni teatrali, egli solo sarebbe bastato per far riempiere ogni sera dai più intelligenti dell’arte, non che dal popolo, il vasto teatro in cui recitava.
Morto il Berti, egli lo sostituì nell’azienda della Compagnia, e s’acquistò in breve rinomanza di capocomico egregio. […] Dopo il carnovale del '78, fatto prima al Comunale di Bologna, poi a Firenze, egli cedè la compagnia a suo genero (ne era prima donna Anna Lampredi (V.), e andò a ritirarsi con la moglie e due figlie a Cento, ove aprì una bottega di commestibili ed altro.
Ma in quale circostanza indispensabile egli si trova per dire all’amante quello che non ha stimato di dirle prima, che egli è Corradino? […] e non l’ha veduto egli sciolto? […] Orgando come il sa egli? […] A che vi è ito egli? […] Incresce ad Elvira che di ciò sia egli il messaggero.
Benchè le rappresentazioni de’ martiri Cristiani sieno poco atte ad eccitar la tragica compassione, per essere la loro morte un vero trionfo che non lascia allo spettatore luogo a dolersi; pure il Poliuto pel carattere eroico del martire e per l’amore che egli ha per la sua sposa Paolina che egli sacrifica ai doveri della religione abbracciata, è una tragedia che tira tutta l’attenzione. […] In tutti gli oggetti egli spande la propria sensibilità. […] Simili maniere abbondano anco nelle tragedia del Racine; ma ecco in qual cosa egli si distingue da’ tragici mediocri. […] Viene egli ripreso eziandio per aver nell’Assalonne alterata la storia sacra, facendolo penitente per renderlo atto a muovere la compassione. Ma si loda con ragione l’elezione che egli seppe fare de’ principali personaggi proprii ad eccitar la pietà tragica.
Dotato della ragione dono divino della, suprema sapienza, egli è dalla natura formato per la società, alla quale inevitabilmente vien tratto dal bisogno di sussistere agiatamente. […] Adunque principalmente in tal tempo abbisogniamo di un saggio educatore che alla giornata ci ammonisca e ci mostri passo passo fedelmente il mondo civile e quale egli è in fatti e quale esser dovrebbe. E perchè egli potesse produrre un pieno effetto generale, dovrebbe esser publico, per insegnare a tutti, come da una scuola commune, sotto l’occhio del governo. […] Ora se v’ha tra lumi somministrati dalla ragione rischiarata (oltre delle scienze esatte e delle leggi e della stessa moral filosofia) un educatore di simili circostanze rivestito, non merita egli al pari delle scientifiche cognizioni gli applausi degli amici dell’uomo? […] E chi sa se egli accorderà a queste ultime cure il benigno accoglimento che concesse alle primiere?
Or perchè non dobbiamo impropriamente stendere il nome di opera fino a que’ drammi ne’ quali soltanto i cori e qualche altro squarcio si cantavano, e molto meno a quelle poesie cantate che non erano drammatiche, ma unicamente attribuire il titolo di opera a que’ componimenti scenici, ne’ quali sarebbe un delitto contro al genere, che la musica si fermasse talvolta dando luogo al nudo recitare: egli è manifesto che l’opera s’inventò nella fine del secolo XVI, e che si dee riconoscere come inventore dell’opera buffa l’autore dell’Anfiparnaso, come primo poeta dell’opera seria o eroica il Rinuccini, e Giacomo Peri come primo maestro di musica, che, secondochè ben disse sin dal 1762 l’Algarotti, con giusta ragione è da dirsi l’inventore del Recitativo. […] Egli dei drammi del Rinuccini dice, che furono i primi che circa il principio della trascorsa età sieno stati rappresentati in musica; e come noi altro egli non vide nell’Orfeo del Poliziano, nella festa del Botta, e nella rappresentazione posta in musica dallo Zarlino per Errico III in Venezia, che uno sbozzo e quasi un preludio dell’opera. […] Legge egli, per esempio, che l’ ambizioso e innamorato Aquilio, il quale usa ogni arte per rompere la corrispondenza di Sabina, al vedere che l’amor novello di Augusto e gli sdegni di Sabina combattono per lui, prevede la propria vittoria, ma si dispone ad attendere che si maturi, e ad usar tutta l’arte di un esperto schermidore, il quale esamina il nemico, frena l’ira ed aspetta il momento che lo renda vincitore. […] Ma egli forse non volle vedere che Aquilio si vale di questa immagine come di un paragone conveniente ad un cortigiano guerriere, il quale risveglia anzi idee marziali, e manifesta un contrasto di calore e di brio che Aquilio comprende che dee contenere; e un Piccini, un Sacchini, un Gluck, saprebbero coll’ armonia animar questo pensiero vivace, imitar l’impeto guerriero raffrenato dalla prudenza, e conchiudere col poeta con fare scoppiare il colpo ben regolato e mostrarne la conseguenza ch’è il trionfo che tutto riempie il cuor d’Aquilio. […] Sulzer taccia a torto di puerilità il più grand’uomo ch’abbia illustrato il teatro musicale, egli poi non ha torto quando afferma che l’opera merita di essere riformata; e tengo anch’io per fermo (nè ciò pregiudicherà punto alla gloria del gran poeta Romano) che il melodramma non ha tuttavia la sua vera e perfetta forma.
Ma donde egli l’apprese? […] La novità dello spettacolo lo rendè molto accetto, essendone egli medesimo l’attore. […] Tossilo, egli a te dia quanto tu brami. […] Afferma non aver egli altra cura che lo crucii se non quella di riscattare dalle mani di un ruffiano una bella schiava ch’ egli ama. […] Lo fa trattenere in disparte, avvertendogli di comparire poichè avrà egli parlato a Dordalo.
Ma egli attese a render più degne di compassione Sabina e Camilla; per la qual cosa, secondo il Calepio, i primi tre atti riescono passionatissimi, e gli ultimi freddi ed inutili. […] Si è già detto ch’ egli è un’ aquila, che si solleva sopra le nubi mirando il sole senza prender cura de’ baleni che si accendono e de’ fulmini che strisciano per l’ atmosfera. […] Simili maniere abbondano anco nelle tragedie del Racine, ma ecco in che egli si distingue da’ tragici volgari. […] Viene egli ripreso eziandio per aver nell’Assalonne alterata la storia sacra, facendolo penitente per renderlo atto a muovere la compassione. […] Nella Fedra misero lavoro di tre anni egli ravvisa i più madornali difetti; e quali egli ne accenna?
Sempre giusto senza timore e senza impeto tutto della sua sapienza egli riempie il picciolo suo senato. […] incomincia Porzio, e Catone l’interrompe: Che ha egli fatto? […] No, dice Porzio, egli si è opposto a’ Numidi ed è caduto da forte. […] se vi è inferno, egli è giusto che noi vi siamo tormentati. […] Per esempio egli alle dame e agli zerbini che vengono in bottega, presenta uno specchio, in cui (egli dice) la civettuola può vedere la sua vanità, la bacchettona la sua ipocrisia, non poche femmine più bellezza che modestia, più smancerie che grazie, più spirito che buon senso.
Si vuol dunque in prima apporre in fine del capo I alla pagina 31 di questo tomo, dopo le parole curiosamente si rintracciano, la seguente nota: (1) Con singolar nostro compiacimento vediamo che il chiar. cavalier Tiraboschi nelle sue addizioni al tomo IV pag. 343 siasi mostrato egli stesso propenso a reputar drammatiche ed animate con parole le rappresentazioni del secolo XIII della Compagnia del Gonfalone, ed altre simili. […] A provarlo (egli dice) “si posson recare alcuni bei monumenti tratti dagli Statuti della Compagnia de’ Battuti di Trevigi eretta nel 1261 e pubblicati dal più volte lodato sig. conte canonico Avogaro (Memorie del B Enrico P.
Si scritturò il ’65 con Michele Sivori ; e morto il caratterista Bottazzi, egli fu, di sorpresa, obbligato a sostenerne le parti. […] Questi ventun anni lo compensaron davvero della travagliosa e dura vita ch’ egli aveva fatto peregrinando di Compagnia in Compagnia, di ristrettezze in ristrettezze, specialmente nella Compagnia precedente con Sterni solo, prima, poi con Sterni e Rescalli.
E Aliprandi aggiuge che ben considerata l’indole di lui, non si penerà a credere com’ egli recitasse a meraviglia Il Burbero benefico, L'Abate de L'Épée, I due fratelli alla prova, La restituzione del portafogli, e altro di simil genere. […] Uomo colto come egli è, sapeva benissimo che un attore assennato non deve nella pittura d’un personaggio, principalmente storico, abbandonarsi al caso….
Dalle memorie di Dangeau sappiamo ch' egli fu ammiratissimo anche al Teatro di Corte di Versailles ove recitò il 15 e il 21 marzo 1685 con la maschera di Pascariello Tuono. […] Nel teatro del Gherardi si delinea chiarissimo il tipo, che può dirsi fratello minore di Scaramuccia : e immagino a quali acrobatiche buffonate si dovea lasciar andare il Tortoriti, se il Mercurio Galante del marzo 1685 gli dedicò parole di tanta lode ; e più ancora, se ci facciamo a considerar lo scenario della Precauzione inutile, in cui avuto l’ordine, egli e Pierrot, di non far entrar messaggi d’amore, e vista una farfalla svolazzar davanti all’uscio dell’appartamento d’Isabella, immaginando che essa potesse essere una messaggera d’amore, le davan la caccia, abbandonandosi a ogni specie di salti e capriole pazze, or cadendo lunghi distesi a terra, or montandosi l’un l’altro sulle spalle.
Dell’argomento del Signor Lampillas tolto dalla coltura degli Arabi, vedrà egli stesso la debolezza. […] Oltre a ciò quando mai ha il Signorelli asserito che tutte le nazioni, formate appena inventano la Drammatica, benchè egli la tragga dalla natura dell’uomo? […] “Chi non sa (egli dice) quali e quante siene state le vicende dell’Imperio Africano in Ispagna, niente inferiori a quelle del Greco e Romano Imperio?
. – Era tanta la potenza del Monti nel trasfondere, dirò così, in sè stesso il soggetto da lui rappresentato, che spessissime volte, calato il sipario, egli rimaneva come stupito e fuori di sè, e visibile era il suo sforzo per passar da quella esistenza creatasi con la fantasia, nell’esistenza sua propria. […] Vaccaro Matonti scriveva : ……all’ effetto ed al successo gran parte vi ha tenuta Monti, del quale artista sarebbe ingiustizia non promulgare soprattutto il suo ardente zelo nelle parti che esprimono affetti e sentimenti di forte esaltamento ; egli non simula per arte il carattere che sostiene, ma se ne infiamma tanto che va a discapito della propria salute : bel sacrifizio in vero che egli tributa all’ arte sua, e per la quale si fa tanto pregiare ed amare da tutti.
I moti del '31 gli tolsero il padre ; ed egli crebbe assieme alla madre e ad una sorella, facendo prima le elementari nel Collegio de' Gesuiti, poi le ginnasiali fino all’anno '48, in cui, fuggito a Bologna con venti bajocchi in tasca, e a piedi, potè arruolarsi nella Legione Romana sotto il colonnello Gallieno, e con essa combattere a Vicenza. […] Si rifugiò egli allora a Salonicco, e sempre assieme a quello Zattini, col quale poi tornò in Italia, pellegrinando per un par d’anni ancora nelle provincie del mezzogiorno. […] Ma essendo la paga divenuta un mito (tanto correva – scrive lo Zoli – che non c’era modo mai di raggiungerla), determinò il buon uomo di non più scritturarsi, nè più unirsi ad altri in società, ma condur solo una modesta azienda, di cui egli e la famiglia, otto o dieci persone, formavan la più gran parte.
V’ è di più; egli le narra all’amico Pilade cui dovevano essere altrettanto note che a lui stesso; egli le narra ancora intempestivamente nel metter piede nella terra de’ barbari. […] Che pregio, egli dice? […] Or che ha egli fatto frattanto? […] Non fu egli stesso che disse. […] Con sua buona pace egli s’inganna.
Bisogna aver paura che il gusto languisca. » A lui rispose l’Andolfati con lettera pubblicata per le stampe nel 1792, nella quale sono le stesse lagnanze, le stesse ragioni di oggidì : cita il caso frequente di commedie magnificate dagli attori e alla rappresentazione cadute per non più rialzarsi ; rimette in ballo la questione delle repliche, e raffronta, al solito, la Francia coll’Italia, annoverando i vantaggi di quella e le condizioni poco liete di questa ; e infine gli dà con molta sottigliezza una stoccata non lieve con le seguenti parole che riproduco testualmente : « Voi mi avete gentilmente prescelto per esporre con la mia compagnia qualche vostra produzione, che sarà certamente conforme alle rispettabili leggi, che vi compiaceste accennarmi : tutta l’ attività de’ miei attori, qualunque ella si sia, verrà impiegata per l’ esecuzione la più scrupolosa, avvalorata dall’ istruttiva vostra comunicativa ; desidero che corrisponda l’esito alle vostre ed alle mie brame : — a voi, per non aver saputo offendere il gusto del pubblico — per prender maggior vigore a perfezionarlo — e acciò non si tema che egli languisca — a me, per aver potuto sotto la vostra scorta contribuire a sì desiderabili conseguenze. […] Teatro degl’ Infuocati, egli accenna all’ indole sua piuttosto viva :…. […] Germano, commedia spagnuola di Zavara e Zamora da lui tradotta, egli dice : « Questa commedia ha sortito un esito felicissimo ; e fu appunto questo esito che indusse un vivace talento a carpirla a memoria, e darla contemporaneamente ad altra Compagnia, per il che fui da una incauta violenza di temperamento, che arrossendo condanno, trasportato a…. un denso velo sopra il passato. […] Essa prelude al suo articolo con queste parole : « il giovane attore che compose questa rappresentazione merita i nostri elogi e gl’ incoraggiamenti del Pubblico, il quale avvezzo ad applaudire a’ suoi non ordinarj talenti nell’ arte del declamare, potrà, s’ egli non si stanca d’ impiegarli eziandio nello scrivere, dovergli dei drammi, pei quali anche il Teatro italiano conti un autore fra’ suoi attori.
Ma non resta, per tutto questo, che molto ancora egli non ci abbia a metter del suo. […] Disordini che si verrebbono in gran parte a tor via, quando quello che è il fondamento primo della musica non fosse l’ultimo de’ pensieri così del maestro, come de’ cantori, quando il recitativo, parte essenzialissima del dramma, non fosse e nella composizione e nella esecuzione così disformato e negletto come egli è presentemente, quando le arie medesime fossero ben recitate. […] Ma lo starsi sempre in sul difficile è contra l’intendimento dell’arte; egli è un far divenir fine quello ch’essa adopera soltanto come un mezzo. […] Può riuscir noioso, egli è vero, il sentir replicar sempre così appuntino la medesima cosa; ed egli par ragionevole che si abbia a lasciare un po’ di campo aperto alla scienza, alla fantasia e all’affetto del cantore: ma dall’altra parte troppo difficilmente incontra, sia per ignoranza, sia per disordinata voglia di piacere, ch’egli sappia o pur voglia starsene legato al soggetto, e non ne esca fuori scordatosi di ogni decoro e di ogni verità.
Il loro dialogo è così acconcio che il lettore rimane pago d’ogni proposta e considera che posto egli nelle medesime circostanze non avrebbe altramente detto o replicato; ciò che forma il carattere dell’ottimo dialogo. […] Montano obbliga Alcippo a parlare in sua difesa; egli con candidezza manifesta l’innocente suo disegno di acquistar la benevolenza di lei per poi scoprirsi ed ottenerla in consorte. […] I parenti non del tutto sforniti di comodi l’aveano inviato a scuola; ma egli spaventato dalla villana sevizia del suo pedagogo lasciò la casa paterna, e si fuggì nelle selve a menar vita campestre, ed in esse senza studio pervenne a poetare ed improvvisare ancora. […] L’amore della poetica armonia che bevve il Peri in sì bei fonti, gl’ispirò l’ardente desio di verseggiare, e compose alcuni poemi e le riferite pastorali, nelle quali egli stesso rappresentava in compagnia di altri caprai. […] Scrivendo egli a Persio Caracci poi vescovo di Larino a’ 25 di marzo 1627, la chiama la mia povera Procri, e così ne parla a’ 15 di aprile a monsignor Ciampoli.
Nella tragicommedia, che il Bartoli chiama gustosa, La clemenza nella vendetta, egli sostenne la parte di Tugo Marmotta, condottiere de’soldati allocchi.
Nullameno egli continuò a recitar con favore, e il 1781 si trovava con Antonio Camerani, applauditissimo.
« Recitò – dice il Bartoli – nel carattere dell’arlecchino per molto tempo con valore ; ma poi si alienò dall’arte, e vive oggigiorno (1782) in Ferrara, coi vantaggi che ne ricava assistendo ad una Bottega di Caffè, che da non pochi anni in quella città egli aperse. »
), che egli era ammogliato.
Angelo di Venezia, passando poi a Napoli, dove fu chiamato a sostener le parti d’innamorato, e dov’era ancora al tempo del Bartoli (1782), recitando – egli scrive – con grazia e ponderato sentimento, sì nelle comiche, che nelle tragiche rappresentazioni.
Fu il primo amoroso, nel 1850, della Compagnia che Antonio Colomberti formò in società con Eugenia Baraccani, sposata la quale, si fece capocomico egli stesso, separandosi poi amichevolmente dalla moglie, e ritirandosi dopo alcun tempo dall’arte per andare a seguire il figliuolo, divenuto tenore de' più ammirati.
Attore della Compagnia di Nicola Petrioli, poi capocomico egli stesso.
Vuole egli forse darci ad intendere che nella Spagna non aveano luogo i giudizj di Dio ed i duelli? […] Oltre a ciò, per sapere quanto in Ispagna erano frequenti i duelli, dia egli un’ occhiata all’altra famosa compilazione del medesimo Alfonso intitolata Las siete Partidas. […] Lampillas, che ci permetterà di dirgli che de’ fatti di sua casa tanto sa egli quanto un Otentotto. […] Ma se egli voleva rallegrare i suoi compatriotti a spese dell’Italia, dovea prima assicurarsi d’aver ragione, altrimente il ridicolo ricade sul derisore, come ora è avvenuto. […] Vedasi l’introduzione al V libro delle Storie Fiorentine di Niccolò Machiavelli, il quale par che si appressi a ciò che quì si accenna, benchè egli nol renda abbastanza generale.
Bartoli dice che s’egli era ancor vivo al suo tempo (1781), come si credeva, avrebbe avuto non meno di novant’anni.
Vero è che senz’essa non avrebbe ricevuto la musica quegli aumenti che ricevuto ha; ma egli è anche vero che ha traboccato per essa in quello scadimento di cui si dolgono i migliori. […] E qual diversità, per altro, non si dovrebbe egli trovare tra una sinfonia ed un’altra? […] [2.5] Una qualche commozione egli sembra che cagioni presentemente il recitativo, quando esso sia obbligato, come soglion dire, e accompagnato con istrumenti. […] Non è egli la medesima cosa che se altri in passeggiando venisse tutto ad un tratto a spiccar salti e cavriole? […] Ma cosi non avrebbe già egli detto di quelle dello incomparabile Tartini, dove trovasi somma varietà congiunta con la unità la più perfetta.
Sileno sbigottito accusa Ulisse, dicendo che voleva rubarli, e per essersi egli opposto, n’era stato così mal concio. […] In qual guisa egli maneggiasse questi argomenti tragici scostandosi dalla tragedia senza cadere nella commedia, non si divisa da que’ pochi frammenti che se ne adducono. […] Fu egli una volta chiamato in giudizio come reo; ma Alcibiade di propria mano cancellò gli atti formati contro di lui. […] Diogene Laerzio afferma che egli se ne valeva per ammaestrare e perfezionare gli Ateniesi; e Quintiliano dice che egli si addormentava tenendo il di lui libro sotto il guancialeb. […] Suida lo chiama comico, assicurando che egli ad insinuazione del tiranno Dionigi tacciò i Regini di codardiaa.
Sileno sbigottito accusa Ulisse, dicendo che voleva rubarli, e per essersi egli opposto, n’è stato così mal concio. […] In qual guisa egli maneggiasse questi argomenti tragici scostandosi dalla tragedia senza cadere nella commedia, non si divisa da que’ pochi frammenti che se ne adducono. […] Fu egli una volta chiamato in giudizio come reo; ma Alcibiade di propria mano cancellò gli atti formati contro di lui. […] Diogene Laerzio afferma che egli se ne serviva per ammaestrare e migliorare gli Ateniesi, e Quintiliano che egli si addormentava tenendo il di lui libro sotto il guanciale133. […] Suida lo chiama comico, e ci dice che egli ad insinuazione del tiranno Dionisio tacciò i Regini di codardia134.
Morto Antonio Goldoni, il 1817, egli lo sostituì nella direzione dell’azienda, riducendo al nulla in soli cinque anni di sregolatezze ogni avere della povera vedova.
Tiraboschi, nelle sue Aggiunte al tomo IV pag. 343 siesi mostrato egli stesso propenso a reputar drammatiche ed animate con parole le rappresentazioni sacre del secolo XIII della Compagnia del Gonfalone ed altre simili. […] “A provarlo (egli dice) si posson recare alcuni bei monumenti tratti dagli Statuti della Compagnia de’ Battuti di Trevigi eretta nel 1261, e pubblicati dal più volte lodato sig. conte canonico Avogadro (Memorie del b.
Si unì in società pel 1847-48-49 con Carolina Internari e Amalia Fumagalli : pel’ 50 con Eugenia Baraccani ; e pel’ 51 e’ 52 condusse compagnia egli stesso. […] Ebbe egli un altro fratello, Luigi, nato in Ferrara il 1814, che datosi all’arte, dopo di avere esordito qual generico giovane in Compagnia Tessari, morì al principio del ’ 38 in Napoli.
Credo però che egli vada fuor di cammino. […] Ma qual Canto ebbe egli in mira? […] E non per tanto quello che egli dice, non è quello che voi vorreste, che dicesse. […] Cita egli in fine anche il Gravina. […] Va egli dunque prevenuto del falso.
S’abbia egli condotto il melodramma al maggior grado di perfezione possibile. […] Non è egli le delizie dell’uman genere ne’ suoi scritti, come già le fu sul trono? […] S’egli capisse Nel nostro immaginar, Dio non sarebbe. […] egli dice. […] Deponga egli (io glielo prego) se venuto in mente gli fosse cotal sospetto.
La novità dello spettacolo lo rendè molto accetto, essendone egli medesimo l’attore. […] Afferma non aver egli altra cura che lo crucia, se non quella di riscattare dalle mani di un Ruffiano una bella schiava che egli ama. […] Tossilo conchiude che egli rimarrà digiuno, se non vende la figliuola. […] Lo fa trattenere in disparte avvertendogli di comparire poichè avrà egli parlato a Dordalo. […] Così egli nel lib.
Quanto è egli maggior che Arno? […] E’ risuscitata la Giulietta, la Giulietta, egli dice. […] Che se egli seppe solo per tradizione che vi fossero commedie antiche in Italia, o stimò che altra cosa non fossero che le farse d’Arlecchino per avventura vedute sul teatro Italiano di Parigi, egli stesso può avvedersi del torto che fa alla propria erudizione e filosofia, giudicando così a traverso della commedia Italiana che non avea punto studiata. […] E che direbbe egli se si volesse dare idea del teatro Ateniese sulle rappresentazioni de’ neurospasti? […] Adunque fralle commedie dell’Ariosto, del Bentivoglio, del Caro, dell’Oddi, dell’Ambra ecc. egli non ne trova una che si possa leggere?
Nonostante l’avanzar dell’età, egli trova modo di far tuttavia qualche apparizione dalla ribalta in compagnie del momento.
Tenta egli infine di moderarne le furie ad ogni costo, insinuandole di chiedere qualche conforto, al che ella domanda i figliuoli per condurli seco. […] Sofocle con saggia economia svolge gradatamente i fatti passati, per apportar con garbo quel felice scioglimento che egli diede alla sua favola; là dove Seneca accenna variè circostanze senzachè l’azione avanzi, ovvero se ne accrosca l’interesse. […] A taluno parrà soverchio lunga: ma se in qualche occorrenza è permesso al poeta drammatico di adornare ed esser pomposo, egli è in simile congiuntura, in cui l’orrore del luogo ben dipinto contribuisce a destare l’orrore del misfatto. […] Nel frammento dell’atto II Edipo comparisce un mentecatto, perchè pregato a interporre la sua autorità fra i due fratelli, egli al contrario fulmina contro di loro varie maledizioni. […] Sarà egli un giusto che non ami sempre la giustizia?
Secondo il giudizio del tempo, egli era ……un cattivo attore, dalla voce insopportabile.
Ma recatasi la Compagnia a Vicenza in primavera, egli ammalò dopo alcune recite, e in capo a pochi giorni morì.
Sa egli però che di tali ornamenti non sempre proprj della scena molti se ne hanno non solo nel Caraccio, ma in altri celebri Italiani del XVI e in cento Francesi, e nell’istesso P. […] Andres le ha mai contate fralle buone della loro nazione, egli che trionfa colla Celestina alla mano? […] Nella prima giornata trattasi dell’incontro di Nino con Semiramide moglie di Mennone, cui il re propone di cedergliela; egli ricusa; il re gliela toglie per forza; e Mennone s’impicca. […] Al medesimo Capo IV pag. 282, lin. 1, dopo le parole, avandone egli solo prodotte cinque nel 1609, cancellandosi le seguenti dodici linee dalle parole, La gran Semiramis sino a Elisa Dido, si scriva quanto segue.
Lepido Mnestere; e quando egli ballava, se qualche spettatore inconsiderato faceva il minimo romore, comandava che gliel recassero innanzi, e di propria mano lo flagellava106. […] Costui nelle Origini della Poesia Castigliana asserisce primamente, che i romani portarono in Ispagna i giuochi scenici, di che gli saremmo tenuti, se ne avesse addotta qualche prova; ma egli non appoggia la sua assertiva con veruna ragione o autorità113, e solo prorompe in invettive contra Filostrato, perché nella vita di Apollonio affermò, che la Betica in tempo di Nerone neppur conosceva gli spettacoli scenici. […] III pag. 185), e intitolata: Ludus Paschalis de adventu et interitu Antichristi, la quale egli pensa, che fosse rappresentata in Germania nel secolo XII. […] Avrebbe egli almeno potuto far menzione del Teatro Saguntino, le cui ruine tuttavia si osservano in Murviedro, città edificata sulle ceneri dell’antica Sagunto.
E come ha egli saputo ciò che è passato fuor di Verona? […] E che mai avrebbe egli rappresentato? […] Giovanni Manzini della Motta, nato nella Lunigiana, scrisse verso la fine del secolo alcune lettere latine, ed in una parla di una sua tragedia sulle sventure di Antonio della Scala signore di Verona, e ne reca egli medesimo (dice il celebre Tiraboschi) alcuni versi che non ci fanno desiderar molto il rimanente. Non per tanto egli è degno di lode, si per essere stato uno de’ primi a tentar questo guado, si per avere dopo del Mussato preso a trattare un argomento nazionale veramente tragico.
Prima però verso il 1634 avea egli composta la famosa Maschera, intitolata Comus, produzione bizzarra che a guisa dell’opera dava luogo in un tempo al ballo ed al canto, di cui parla Paolo Rolli nella Vita di Milton, esponendone l’argomento, e commendandone la sublimità, di che non ci fa dubitare la vastità del suo ingegno. È però strana cosa che egli avesse voluto accozzare in un sol componimento personaggi allegorici, Angeli, Najadi, Bacco, Giove, Eufrosine, in somma le divine e le umane cose, la religione cristiana ed il gentilesmo, la sublimità e la bassezza. […] E sebbene egli ceda di gran lunga al poeta spagnuolo per fecondità, non per questo diventa minore ne’ punti additati la loro rassomiglianza. […] Moliere (egli scriveva millantandosi) nulla ha perduto passando per le mie mani.
e come ha egli saputo ciò che è passato fuor di Verona? […] E che mai avrebbe egli rappresentato? […] Giovanni Manzini della Motta, nato nella Lunigiana, scrisse verso la fine del secolo alcune lettere latine, ed in una parla d’una sua tragedia sulle sventure di Antonio della Scala signore di Verona, e ne reca egli medesimo, dice il chiar. […] Non per tanto egli è degno di lode, sì per essere stato uno de’ primi a tentar questo guado, sì per avere dopo del Mussato preso a trattare un argomento nazionale veramente tragico.