Al sovvenirsi di quel bene, per lo piacere che gliene ridondò, cerca di tornarlo a gustare formandosene esattamente l’idoletto, e allora che l’imitazione sembragli corrispondente agli oggetti da prima conceputi, si compiace della rassomiglianza e si rallegra. […] Ora se l’uomo per natura si occupa continuamente a dipingersi le cose che lo circondano, in lui stesso si rinviene il principio di ogni imitazione, che è il perno, su cui volgesi la poesia; per la qual cosa Aristotile nella Poetica chiamava l’uomo animale attissimo a imitare che impara per rassomiglianza. […] Cantano gli augelli, latrano i cani, perchè gli organi che servono all’espulsione della voce, facilitano loro l’imitazione di quelli della propria specie i quali prima di ogni altro si avvezzarono a vedere.
Essa allora ben lontana dal servire alla buffoneria, accoppiò al modo di trasformar l’ attore una diligente imitazione de’ volti, de’ vestimenti, e delle divise usate da’ personaggi tratti dalla storia, dalle poesie Omeriche e dalla teologia. […] I Romani stessi usarono la maschera ne’ funerali de’ principi per imitarne esattamente il volto; e Suetonio racconta, che nel funerale di Vespasiano l’archimimo Favore rappresentò colla maschera e coll’ imitazione, giusta il costume, la persona dell’imperadore rinnovandone le azioni e le parole. […] E di questa naturale imitazione della maschera approfittandosi Nerone, si compiacque allorchè cantava di fare nelle maschere ritrarre il proprio volto e quello di Sabina e di altre dame, come leggesi nelle opere di Suetonio e di Sifilino.
La melodia è l’imitazione stessa di esse passioni eseguita pel mezzo d’una serie successiva di suoni aggradevoli. […] Ecco la necessità di abbellir la natura ricavata dal principio stesso della imitazione. […] Vediamo almeno se si trovi un compenso nell’altro genere d’imitazione che nasce dalla convenienza delle parti elementari del canto coi tuoni della favella ordinaria. […] Oh imitazione figlia del cielo! […] Si vede che questo scrittore non ha idea della vera imitazione e che la confonde coll’esatta rassomiglianza, che non è né deve essere lo scopo della musica.
Gli abitatori delle Arabie forse un tempo, alterandosi le loro usanze, sentiranno quel conato che spinge l’uomo alla imitazione dell’uomo per giuoco. I Mori Ispani occupati in istabilirsi negli stati conquistati, in rendersi indipendenti dell’Africa; in combattere coi Regni nascenti e poi adulti di Lione, di Castiglia, di Navarra, di Portogallo, mai sempre in tempeste ne’ sette o otto Secoli; e dall’altro canto soddisfatti negl’intervalli di ciò che amavano ed esercitavano per usanza inveterata, non ebbero agio nè di studiare la Parafrasi di Averroe, nè di dare alla spinta naturale d’imitazione altro cammino e novelli oggetti.
La Poesia Drammatica a imitazione degli antichi rinasce in Italia nel Secolo XIV. […] Il primo ci lasciò due tragedie latine, fatte a imitazione di quelle di Seneca, una intitolata Eccerinis dal famoso Ezzelino da Romano, tiranno di Padova, che ne é l’argomento, l’altra Achilleis da Achille.
Chi non ricorda le sue crinoline, le sue cuffie, i suoi scialli, gli scozzesi inverosimili de’suoi vestiti, che erano spesso piccoli capolavori di imitazione e di ricostruzione di mode dimenticate ?
Si vede adunque in queste danze o farse di Ulietea quello spirito imitatore universale che guida l’ uomo a copiare le azioni de’ suoi simili per farsene un trastullo; si notano i primi passi verso una spezie d’imitazione drammatica; si osservano congiunte alla danza le parole ed il canto; ma non si va più oltre.
Quivi avea pubblicato nel 1839 alcune lettere sopra l’arte d’imitazione dirette alla prima attrice italiana Anna Fiorilli-Pelandi, alle quali va innanzi una bella lettera di Iacopo Feretti al discreto Lettore sul merito dell’opera.
., se fosse certo ciò che scrive l’Autore della Storia Critica de’ Teatri, cioè che la Poesia Drammatica a imitazione degli Antichi rinacque in Italia nel secolo XIV.” […] Ma mi dica il Signor Quadrio, o il Signor Lampillas per lui, le composizioni di Livio Andronico, di Ennio, di Nevio, di Pacuvio, di Accio, erano meno Drammi scritti ad imitazione de’ Greci, per non essere esenti da difetti?
Or da quanto si è ragionato scende per natural conseguenza che la poesia rappresentativa non nasce nelle tribù de’ selvaggi, perchè essa richiede maggior complicazione d’idee per saper volgere l’imitazione in satira ed istruzione. […] Ne segue parimente un’ altra filosofica, e sicura conseguenza, cioè che la poesia teatrale prende l’aspetto della cultura di ciascun popolo: se esso non eccede i costumi primitivi e semplici, l’imitazione scenica ne seconderà la materia: se ha costumi barbari, feroci, romanzeschi, il teatro gl’ imiterà: e se si giunga all’ultimo raffinamento e alla doppiezza propria de’ popoli culti, nasceranno i Tartuffi de’ Molieri e i Cleoni de’ Gresset21.
Oltradicchè diventa oggimai tanto più necessario il parlarne quanto che la possente influenza della imitazione francese ha reso il ballo a giorni nostri quasi parte essenziale del melodramma italiano. […] [9] Considerata in genere come un’arte rappresentativa la pantomima è precisamente soggetta alle leggi stesse alle quali soggiacciono tutte le arti d’imitazione, cioè di dare alla spezial materia che scelgono esse come strumento tutta la possibile somiglianza coll’oggetto che vogliono imitare. […] E ciò sotto pretesto di esatta rassomiglianza fra l’imitazione e l’imitato. […] Talmente avverrà in qualsivoglia azione continuata che si prenda ad imitare dalla mimica, la quale non potendo per mancanza intrinseca di mezzi proporzionati esporre agli occhi la legatura degli oggetti fra loro, né il risalto che acquistano dalla riflessione, altro non farà che mutilare sconciamente i teatrali componimenti, e rendere la propria imitazione confusa inintelligibile oscura, e per conseguenza non atta ad eccitare quell’interesse che mai non si genera senza la chiara percezion dell’oggetto. […] [42] Questi raffinamenti dell’arte mal applicati che travisano e sformano qualunque idea d’imitazione, hanno avuta nel ballo la stessa origine che nella musica.
Or da quanto si è ragionato scende per natural conseguenza, che la poesia rappresentativa non nasce nelle tribù de’ selvaggi, perchè essa richiede maggior complicazione d’idee per saper volgere l’imitazione in satira ed istruzione. […] Ne segue parimente un’ altra filosofica e sicura conseguenza, cioè che la poesia teatrale prende l’aspetto della coltura di ciascun popolo: se esso non eccede i costumi primitivi e semplici, l’imitazione scenica ne seconderà la materia: se ha costumi barbari, feroci, romanzeschi, il teatro gl’imiterà: e se si giunga all’ultimo raffinamento e alla doppiezza propria de’ popoli culti, nasceranno i Tartuffi de’ Molieri e i Cleoni de’ Gresset a a.
Essa allora ben lontana dal servire alla buffoneria, accoppiò al modo di trasformar l’attore una diligente imitazione de’ volti, de’ vestimenti e delle divise usate da’ personaggi tratti dalla storia, dalle poesie Omeriche, e dalla teologia. […] E di questa naturale imitazione della maschera approfittandosi Nerone, si compiacque, allorchè cantava, di fare nelle maschere ritrarre il proprio volto e quello di Sabina e di altre dame, come leggesi nelle opere di Suetonio e di Sifilino.
Accoppiavansi in esse all’esatta imitazione della natura i voli più bizzarri della fantasia, e si nobilitavano colla poesia più vigorosa, colla morale più sana e colla politica più profonda i soggetti all’apparenza più frivoli e meno interessanti. […] Osò per questo un poema così straordinario internarsi impunemente nel segreto dello stato, trattar di pace, di guerra, di alleanze, beffeggiare ambasciadori, screditar magistrati, manifestare i latrocinii de’ generali, e additare i più potenti e perniciosi cittadini, non solo con una vivace imitazione de’ loro costumi, ma col nominarli e copiarli al naturale colle maschere.
La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. […] Per mezzo adunque del Mussato ebbe l’Italia sin da’ primi lustri del XIV secolo tragedie fatte ad imitazione degli antichi.
Ed è tale l’esattezza che si esige nell’ imitazione de’ caratteri, ovvero il timore di avvilirsi rappresentando una parte inferiore, che ciascuno sostiene nella favola il medesimo carattere che lo distingue nello stato. […] I Cinesi non distruggono questa bella imitazione colle maschere sempre nemiche della vera rappresentazione.