In quella sera Felice Cavallotti improvvisava durante lo spettacolo un’ode che lesse l’Annetta Campi-Piatti, prima attrice della Compagnia, e che trascrivo qui, perchè mirabilmente compendia in poche strofe l’arte veramente grande di Giovanni Ceresa.
In lei trovava sempre e di preferenza un’interpretazione efficacissima ognuna di quelle forme d’arte che erano in maggior voga vent’anni fa. […] In questi contrasti, che parevano cercati nella poetica di Victor Hugo, era il massimo prestigio della Cazzola. […] In questa tragedia soprattutto raggiungeva tal grado di perfezione, da farvi credere ad un prodigio. […] In me comincia et in te finisce, mi ricordo d’haver letto che disse un filosofo ad un pretensore di nobiltà vitioso. […] In una lettera da Mantova (15 gennaio 1611) del Cecchini sono i ringraziamenti a Cosimo II per una medaglia con catena, portante il nome e il ritratto di esso Granduca, e per una pomposissima veste di che la Serenissima Arciduchessa si è compiacciuta di ornar la moglie Flaminia.
In quale monarchia moderata si è mai più ciò veduto? […] In quali secoli quasi del tutto mancarono gli scrittori scenici. […] In fatti sotto gli Antonini non troviamo mentovati con applauso se non Q.
In somma i movimenti, le parole, il silenzio stesso in questo punto dell’azione, è quanto può dipingersi di più disonesto in un racconto, non che su di un teatro; e questi sventuratamente sono i più bei passi del libro. […] In tal componimento in mezzo alla purezza dello stile trovansi frequentissime allusioni pedantesche che annojano. […] In esse, oltre a i soliti difetti circa le unità e lo stile, vedesi la stessa mescolanza di compassione e di scurrilità che regna nelle altre sue favole. […] In somma ha questa favola tali e tanti difetti, che mi parve di un altro autore, ancor quando ignorava che la prima fosse una semplice copia o traduzione, malgrado dell’uniformità che si scorge nello stile e nella versificazione di entrambe. […] In niun conto.
In qual maniera ? […] In età di otto anni fece una commedia. […] In vece di rettificar quel sistema si penso a torcere da quel sentiero. […] In fine segue una scena inutile di ciarle con Selinda ! […] In una lettera scritta da Vienna nel 1759 a m.
In un libello del 1662 — Les grands jours tenus à Paris par M.
mo In fine, la Suprema bontà, di Sua Altezza Reale là Sig.
In quella sera egli declamò I due sogni di Matilde del Berchet e del Damasio, La battaglia di Legnano e La pace di Costanza di Berchet ; L'ultimo cantico lirico di Gabriele Rossetti.
In essa prese ad imitare l’Ecuba di Euripide; e par che avesse voluto renderne lo stile più magnifico della Sofonisba. […] In fatti nel parlarne il Crescimbeni nel tomo I, dice di non meritare il nome di tragedia. […] In età assai giovenile compose in versi sdruccioli l’Altea che s’impresse nel 1556, e la Polissena, della quale non fa menzione il Fontanini. […] In fatti questa Medea dell’Assiria avuta appena Dirce e i nipoti in sua balia con ispietatezza inaudita gli trucida. […] Alfin sgorgando un lagrimoso rivo In un languido oimè proruppe, e disse.
In tal componimento in mezzo alla purezza dello stile trovansi frequentissime allusioni pedantesche che annojano. […] In esse, oltre a’ soliti difetti circa le unità e lo stile, vedesi la stessa mescolanza di compassione e di scurrilità che regna nelle altre sue favole. […] In fatti l’Antonio nella Biblioteca moderna parlando di Lope de Vega e degli auti da lui composti, dice, quos in die Corpus Domini sub dio recitari mos est in Hispania 49. […] In somma ha questa favola tali e tanti difetti, che mi parve di un altro autore, ancor quando ignorava che la prima fosse una semplice copia e traduzione, malgrado dell’uniformità che si scorge nello stile e nella verisificazione di entrambe. […] In niun conto.
In un’opera dell’Aureli, Socrate vuol cacciar via dalle scuole dove insegnava la filosofia una donna, che vi si era furtivamente introdotta. […] In un altro dramma del Norris si legge un duetto dove due amanti dimandano, ricusano, ridomandano a vicenda e si danno dei baci. […] Anch’io vorrei potendo Arciera fortunata Dall’arco di due labbra Scoccar contro il tuo sen dardi amorosi E delle braccia mie Far zona al fianco tuo salda, e tenace; Ma, sopportalo in pace, Forse verrà quel giorno In cui del fato a scorno Potrai, caro Ben mio, Stemprare in vivo fuoco il tuo desio.» […] «Vanne, vanne da me, Che se solo consiste il far il grande In bravar a credenza: Se solo e un’apparenza Questa che oggi si chiama Cavaglieresca vita: Se tu fossi tra noi saria spedita.» […] [NdA] In praefatione ad lectorem.
In oltre quando da tal Popolo illuminato distinguiamo la Plebe, credete voi ch’esso totalmente da questa discordi circa la Poesia Rappresentativa? […] In ciò, Signor mio, che i Volgari pensano come i Dotti, ad una buona Favola ben rappresentata, e i Dotti non pensano come i Volgari sul Paolino, sul Koulicán, sulla Conquista del Perù; cioè a dire, che i Dotti accoppiano il gusto al discernimento, e i Volgari attendono al solo momentaneo passatempo. […] In prima quei versi accennati da Orazio potevano essere tutt’altro che Drammatici, sapendo che nel Circo soleano darsi varj Giuochi, come gli Apollinari, i Cereali, i Romani, i Megalesi1, ne’ quali talora si cantavano, e si ballavano altri poemi ancora; ed Ovidio ci dice, che se ne ballarono alcuni suoi2: Et mea sunt populo saltata poemata sæpe. […] Vetere in nova cœpi uti consuetudine, In experiundo ut essem: refero denuo Primo actu placeo. […] In questo medesimo passo ei dice: “Nelle Commedie Sacre Spagnuole compariva al più un solo Diavolo, ma sul Teatro Italiano ne vengono delle volte delle Legioni: non è gran tempo, che vidi in un Teatro di Roma dar principio ad una Commedia con un Concilio di Diavoli, i quali consultavano sull’ajuto da darsi a una Maga”.
In tutto ciò chi non ravvisa il procedere e l’esprimersi di un don Giovanni Tenorio, o di un Uffizialetto a quartiere d’inverno, che passa da questa a quella bellezza, come l’ape va di fiore in fiore? […] L’anima bella Osservato l’inditto Silenzio non si dolse; Con un gemito sol rispose all’empio Fremer del padre, e i moribondi lumi In lui rivolti, ed osservato quale Il sacerdote inaspettato fosse, Colla tenera man coprissi il volto Per non vederlo, e giacque. […] In fatti improprii per la tragedia sono i propositi che tengono Eurilla, Silvio e Rosalba; improprio è lo stile lirico in quasi tutto il dramma e singolarmente nelle scene di Ateste ed Arsinda ove il poeta trascorre senza freno alla maniera spagnuola. […] In tal guisa lavorano i buoni artefici; essi prendono gli altrui pensieri per sementi e con nuova cura ne fanno germogliare una nuova pianta. In questa guisa fece l’immortale Metastasio quando dietro alle orme singolarmente dell’Ariosto rinnovò tali gare e cangiamenti di nomi nell’Olimpiade e nel Rugiero.
In questo secolo ancora, e propriamente nel 1489b, da Bergonzo Botta gentiluomo Tortonese si diede in Tortona quella tanto magnifica festa nelle nozze d’Isabella di Aragona figlia di Alfonso duca di Calabria con Giovanni Galeazzo Maria Sforza duca di Milano, nella quale, per quanto vedesi presso il Corio ed altri, la poesia, la musica, la meccanica e la danza spiegarono tutte le loro pompea. […] In fine di questa composizione si trova scritto: Acta ludis Romanis, Innocentio VIII in solio Petri sedente, anno a Nat. […] In quest’atto Orfeo implora il ritorno di Euridice tra’ vivi, Proserpina intercede per lui, e Plutone gliela concede a condizione, che non abbia a volgersi indietro per mirarla in tutta la via infernale. […] In questa pretesa tragedia si trovano alcune scene comiche.
In questo secolo ancora, e propriamente nel 148947, da Bergonzo Botta gentiluomo Tortonese si diede in Tortona quella tanto magnifica festa nelle nozze d’Isabella d’Aragona figlia di Alfonso duca di Calabria con Giovanni Galeazzo Maria Sforza duca di Milano, nella quale, per quanto vedesi presso il Corio ed altri, la poesia, la musica, la meccanica e la danza spiegarono tutte le loro pompe48. […] In fine di questa composizione si trova scritto: Acta ludis Romanis, Innocentio VIII in solio Petri sedente, an. a Nat. […] In quest’atto Orfeo implora il ritorno di Euridice tra’ vivi; Proserpina intercede per lui; e Plutone gliela concede a condizione, che non abbia a volgersi indietro per mirarla per tutta la via infernale. […] In questa pretesa tragedia si trovano alcune scene comiche.
) dice al proposito del Bon Ménage di Florian : In molti punti Carlino ha fatto piangere. […] In quella viene Celio, avvisato dal contadino del rapimento di suo figlio, e avvicinatosi ad Arlecchino, gli strappa con destrezza, e strappa anche a Camilla il bimbo che hanno tra le braccia, e fugge inseguito da entrambi. […] In questo mentre, Arlecchino viene a richieder suo figlio a Celio, e Camilla muove la stessa domanda a Scapino. […] In ogni modo, data l’indole dei nostri artisti, e date le condizioni del nostro paese, io credo si potrà sempre affermare, che se per rispetto di sè, dell’arte, del pubblico, le nostre Compagnie dovran cedere di fronte alle Compagnie forestiere, gli artisti forestieri debbono tutti per natural senso d’arte, per ingegno, per islancio, pel così detto fuoco sacro, insomma, cedere di fronte agli artisti nostri.
In una recita dell’Oreste e dell’Amleto fu una Elettra sorprendente e una sorprendente Ofelia ; ma dove assurse ad altezze non immaginate si fu nella Teresa Raquin dello Zola. […] In che ? […] In quella maniera di scrivere era qualcosa della sua recitazione. […] In questa eterna e breve, comica e dolorosa vita, è vano combattere : non v’ha male migliore….
In alcune commedie ridicole, e dove la mensa avea luogo, voleva che fossero apparecchiati i maccheroni, che venivano da lui divorati, non che mangiati.
In una lettera a un Segretario, non so bene di qual Duca, se di Mantova o di Modena, inviata di suo pugno da Livorno il 26 giugno 1660, e sottoscritta anche dal Pantalone Giovanni Gaggi (V.
In questi componimenti non meno che negli amorosi si scorge piuttosto la vivacità e il brio che il vero gusto musicale, sebbene alcuna vi si legga di esse lavorata con siogolar espressione71. […] In seguito preser voga gl’intermedi nelle commedie o feste, massimamente ne’ conviti e ne’ tempi di pubblica allegrezza, tra le quali assai bella e ingegnosa comparsa ne fece quella rappresentata nel palazzo di San James l’anno 1613 nelle nozze di Federigo V Palatino del Reno colla principessa Isabella d’Inghilterra e di cui ne daremo in altro luogo la descrizione. […] In oggi per la scelta delle più belle voci e de’ più gran musici, per la magnificenza delle decorazioni e dei balli, l’opera di Petersbourg è la più compita di Europa.
In tanta varietà del regno animale scorgesi l’Uomo, essere spoglio d’ogni natural difesa, sprovveduto di scaglie, di squame, di cuojo, d’irsuta pelle e di crostaceo tegumento, non armato di branche, di artigli, di zanne, di becco, di corna, di proboscide, nudo di più me da librarsi in alto e scansar gli urti e le offese. […] In fatti essa gl’insinua per l’udito, la drammatica gli presenta alla vista: essa ammonisce gravità, questa giocondamente nasconde il precettore e manifesta l’uomo che favella all’uomo in aria affabile e popolare: la morale tende a convincere l’intendimento, la drammatica illustra l’intendimento stesso cominciando dal commuovere il cuore: ha quella per angusto campo una scuola, questa un ampio teatro, dove assiste tutta la nazione, dove s’insegna in pubblico e sotto gli occhi del Governo, s’insegna nell’atto stesso che si offre allo spettatore un piacevole ristoro dopo i diurni domestici lavori. […] In esso la più colta gioventù Cisalpina d’ entrambi i sessi concorre con alacrità di cuore ed aspira al bel vanto di pareggiar gli antichi Eschini e Satiri, gli Esopi e i Roscii, e di emulare i moderni Baron, Le Kain, e le Couvreur e le Clairon.
In prima questa serie istorica de’ Comici Spagnuoli si è forse trovata in qualche scavazione incisa in Tavole enee, come l’Eugubine, che possa valere di prova invitta a decidere di anteriorità tra Rueda, e Castillejo? […] In secondo luogo dite, che Castillejo certamente fiorì da’ primi anni del secolo sino al quaranta.
In quello che intitolò Natalia, rappresentato la prima volta in Parigi nel 1787, si notarono molti difetti ad onta dell’interesse che non lascia di trovarvisi. […] In alcuni drammi del Diderot e del Beaumarchais e di qualche altro dee riconoscersi una specie di rappresentazione men lamentevole e perciò men difettosa della pretta lagrimante, benchè ben lontana dal pregio della nobile commedia tenera.
In essa prese ad imitare l’Ecuba di Euripide; e par che avesse voluto renderne lo stile più magnifico della Sofonisba. […] In età assai giovanile compose in versi sdruccioli l’Altea che s’impresse nel 1556, e la Polissena, della quale non fe menzione il Fontanini. […] In fatti questa Medea dell’Assiria avuta appena Dirce ed i nipoti in sua balia con ispietatezza inaudita gli trucida. […] In fine nella 346 scritta al Signor Muzio Sforza a Venezia desidera che gli si mandi un esemplare della traduzione di Girolamo Moncelli del Cristo, avendo saputo di essersi stampata. […] In quest’ultimo si rappresentò l’Antigono tragedia di M.
In grazia della gioventù permettiamo in quell’opera, secondoché la storia ne presenta i poeti antichi, un breve esame delle principali bellezze de’ loro componimenti, senza dissimularne qualche difetto. […] In una gran piazza si vede il real palagio di Edipo; alla porta di esso si osserva un altare, innanzi al quale si prostra un coro di vecchi e di fanciulli; e si rileva dalle parole, che in lontananza dovea vedersi il popolo afflitto radunato intorno a i due templi di Pallade e all’Altare d’Apollo. […] Tu, Re di Licia, ancora Il nervoso e aurato arco tendendo, L’infallibili tue forti saette In nostro aiuto spendi. […] In littus, arenosum Marinus illum fluctus aestu ejecerat. […] Di sostegno privo, In man del crudo inesorabil Greco, Chi può rapirti al precipizio orrendo?
In ciò consisteva la parodia che fu l’anima della commedia antica. […] In che parte sarà andato? […] In questa favola ancora si vuole insinuar la pace, mostrandone i vantaggi confrontati coi disastri della guerra. […] In tal guisa viene egli malmenato da M. de Chamfort. […] In pruova di ciò Gellio adduce la nominata commedia Plozium recata in latino da Cecilio.
In questo ambito egli riconosce fin da subito la superiorità dei Francesi, con una franchezza sconosciuta, almeno all’interno di scritti destinati al pubblico, nel primo Settecento. […] In qualche più moderna tragedia si vede nondimeno mal conservata, e particolarmente nel Radamisto del Crebillon. […] [7.1.2] In questo secolo si sono aggiunte due forme nuove di versi. […] In generale, un’agile ma acuta introduzione alla forma-tragedia si può leggere in Stefano Verdino, Tragedia, Napoli, Guida, 2012. […] In principio l’attenzione era stata rivolta soprattutto al Cid, oggetto di numerosi attacchi nella prima metà del secolo (cfr.
In littus arenosum Marinus illum fluctus aestu ejecerat. […] Di sostegno privo, In man del crudo inesorabil Greco Chi piò rapirti al precipizio orrendo? […] In questa tragedia ancora Euripide nulla omette che possa ridondare in onore di Atene sua patria. […] In tal periodo essi non cessavano di recitar versi tragici, e specialmente quelli del l’Andromeda come se si trovassero sul teatro. […] Luciano nell’opuscolo intitolato In qual modo debba comporsi l’istoria, così ne racconta l’origine.
In vendetta di che l’altra sera furono gettate in gran numero altre carte credute sonetti, ma invece ci erano caricature con mostazzi e motti in disprezzo di detta Eularia.
In tutto il suol, che l’alpe e l’onda serra, un’eco ascolto, che festosa plaude all’alto grido dell’Etrusca terra.
In essa egli era alla sua volta galante, amoroso, appassionato, brusco, impetuoso, duro, sciocco, imbecille e fin anco sfigurato.
In una escursione all’estero ed anche in Italia (tra il 50 ed il 59) diede accademie di declamazione distribuendo agli intervenuti un elenco di titoli di un migliaio di poesie : da alcuni canti della Divina Commedia al Delenda Cartago ; da dei brani dell’Ariosto alla Secchia rapita ; da un brano della Gerusalemme liberata, a certi sonetti metà in italiano, metà in dialetto, che diceva con una comicità ed una naturalezza incantevoli, non trascurando poesie patriottiche assai compromettenti in quell’epoca ; e dal 59 al 66 fu sempre fra i primi a declamare in pubblico le cose del Dall’Ongaro, del Mercantini, del Prati, ecc., ottenendo ovunque successi invidiabili per il vivo sentimento patriottico che in esse sapeva trasfondere mercè i palpiti veri che gli venivano dal cuore.
In seguito rimase per tre anni con Francesco Pasta, a fianco di Annetta Campi, per ritornare, dopo un triennio, con G.
In fatti la mancanza di coraggio non si potrebbe confessare che ad un padre. […] In questa conferenza tutta declamatoria Scipione soffre con indicibil bassezza le ingiurie del Numantino, e questi insolentisce quasi altro oggetto non avesse che d’irritar gli assalitori. […] In somma il carattere di Alfonso è picciolo ed inconcludente, ed il poeta Diamante ne fece una dipintura più uguale. […] In somma il sig. […] In prima egli è inoperoso: si esprime con bassezza e villania col fratello: nel cangiamento che fa si dimostra stravagante, incongruente ed opposto a’ suoi interessi.
In seguito s’inserì anche nella nominata Biblioteca teatrale nel 1766 in Lucca. […] In questa Periandro, Zelide, Aletide rassomigliano a Polifonte, Merope ed Egisto. […] In esso non si rappresenta p. e. […] In questa notte, Entro a quel letto ch’ei divider spera Coll’abborrita schiava. […] In questa medesima scena lunghissima benchè bella, avviene la riconoscenza del fratelli, ma in luogo troppo sospetto.
In essi. […] In alta impresa. […] In te (pur troppo! […] In qual maniera? […] In fine dell’artic.
In effetto mettevano gli antichi ne’ loro teatri i vasi di bronzo, affine di aumentar la voce degli attori, quando essi teatri erano di materia dura, di pietra, di cementi o di marmo, che sono cose che non possono risuonare; laddove di tale artifizio non abbisognavano in quelli che erano fatti di legno, il quale forza è, come dice espressamente Vitruvio 57, che renda suono. […] In tal guisa meglio si affaccia ogni palchetto alla scena; e l’uno non impedisce punto la vista dell’altro; massimamente se traforato sia l’assito che gli divide, a modo di rastrello o di stia: come praticato vedesi nel teatro Formagliari di Bologna, che fu dal Sighizzi ordinato in tal forma.
In prima in quest’azione niuno de’ tre può dirsi traditore; e l’istesso Agamennone col togliere Briseida ad Achille usa una prepotenza una tirannia, ma non un tradimento. […] In una di esse si personificarono ed introdussero a confabulare le due statue di Apollo e Cibele, e fin anco l’istesso Passeggio del Prado; in un’ altra si personificò la Cazuela e la Tertulia, due palchettoni de’ teatria.
In fatti sono assai pochi coloro che sanno, spezialmente in teatro, discernere e distinguere in un dramma gli errori di lingua, i versi cattivi, i pensieri falsi, e ciò che non conviene, e quell’ incantesimo che fin anco nelle cose non buone possono e sogliono produrre gli abili e destri rappresentatori e le decorazioni. […] In scenis etiam non minor furor, turpitudo prolixior; nunc enim mimus vel exponit adulteria vel monstrat; nunc enervis histrio amorem dum fingit, infligit.
In sul principio L’Inavvertito fu uno scenario, e Beltrame dovette veramente all’ingegno de’suoi comici, in gran parte, il successo di esso ; ma le libertà che si pigliaron poi le nuove compagnie, tali da ridurlo pressochè irriconoscibile, fecer prendere all’autore la risoluzione di spiegarlo per iscritto, seguendo in tutto le traccie lasciate dai comici egregi che lo recitaron prima. […] In somma, i brilli in mano a cavaglieri sono stimati diamanti, e i diamanti in mano a povere persone sono tenuti brilli.
In parti di simil genere, ella non ha bisogno di sforzare i suoi mezzi fisici e il suo ingegno ; e tutte le doti della sua persona, di cui la nota precipua è la delicatezza, hanno modo d’esplicarsi compostamente, ottenendo i massimi effetti con giustissima misura e con una non mai smentita signorilità di maniere, ch’è sì rara nelle nostre attrici, anche men volgari. […] In questo momento Tina Di Lorenzo si trova in Russia, ammirata e festeggiata nei più forti lavori del repertorio moderno, quali : Magda, Signora dalle Camelie, Fedora, Seconda moglie, Adriana Lecouvreur, ed altri.
In tal modo adoperando, saremo sicuri che la musica ne darà bene spesso sul teatro un qualche saggio di quella vittoriosa sua forza che mostrava ne’ tempi addietro, e che presentemente nelle dotte composizioni dispiega di Benedetto Marcello, uomo forse a niun altro secondo tra gli antichi e primo certamente tra’ moderni. […] In this extensive and laborious undertaking, like the divine subject he works upon, he is generally either grand, beautiful or pathetic; and so perfectly free from every thing that is low and common, that the judicious hearer is charmed with an endless variety of new and pleasing modulation; together with a design and expression so finely adapted, that the sense and harmony do every where coincide. In the last psalm, which is the fifty-first in our version, he seems to have collected all the powers of his vast genius, that he might surpass the wonders he had done before», An Essay on musical Expression, by Charles Avison Organist in Newcastle.
In codesto non breve periodo sfilarono davanti al pubblico la Bazzi, la Marchionni, la Romagnoli, la Robotti, la Bettini, Romagnoli, Boccomini, Bon, Righetti, Miutti, Borghi, Vestri, Gottardi, Taddei, e altri molti.
In famiglia ci annunciavamo a vicenda l’arrivo della sua compagnia, dicendo : – Viene Pilotto ; – il che significava : – avremo il grande piacere di riveder quel viso buono, di riudire quella cara voce, e di applaudirlo, e di sentirlo applaudire. – Non lo rivedremo più, non potremo più applaudire che le sue commedie.
In prima è da avvertirsi esser questa una risposta particolare ad una censura generale fatta per gli amori subalterni, non di Marzia e Giuba soltanto, ma di sei personaggi. […] Se mai c’incontrerem, c’incontreremo In più felici climi e in miglior spiaggia U’ Cesar non fia mai a noi vicino. […] In francese compose m. […] In grazia del sesso per altro i giornalisti Inglesi trattarono con indulgenza l’autrice, la quale trasportò anche in inglese il Pastor fido. […] In una delle rappresentazioni di Drury-Lane si raccolsero intorno a 271 lire sterline.
In effetto qual cosa vi ha egli di più grandioso e severo, lasciando stare le piramidi, di quegli avanzi del palagio di Mennone che torreggiano tuttavia lungo il Nilo, e della Tebe dalle cento porte, che, mercè l’opera dell’accurato Nordeno, sono ora di pubblica ragione? […] In un teatro illuminato a dovere si verrebbe a manifestare più che mai il vantaggio che noi abbiamo sopra gli antichi, di fare le nostre rappresentazioni sceniche di notte tempo.
In somma il vescovo Martirano quasi ne’ primi lustri del secolo colle otto sue tragedie e colle due commedie eseguì egli solo con ottima riuscita quanto a fare imprese in tutto il secolo l’Italia tutta, cioè fe rinascere con decenza e maestria la maggior parte del teatro Greco. […] Martirano lo dipinge soltanto intento a reggere i cavalli: In arte svetus illa habenas colligit; Caeditque loris terga cornipedum regens Flectensque currum, navita hibernis velut Puppim procellis.
In realtà, non tutto gioca a favore dei moderni e della loro grande sapienza formale. […] In questo senso ancora l’Harvey è riguardato come inventore della circolazione del sangue. […] In effetti che non doveano essi attendere da un’arte destinata a sì nobil uso ? […] In oltre ogni parte d’un periodo ha il suo tuono particolare. […] In questo stato è ben malagevole imbrecciar giusto.
In oltre tra’ Greci e tra’ Romani, smarriti i componimenti Scenici, furono nondimeno rammentati in altri libri di quelle nazioni; là dove ne’ libri degli Arabi conservati in varie Biblioteche non vi ha un solo Autore che mentovi un Dramma Arabico1.
In tanta differenza di gusti qual maraviglia, che gli accompagnamenti e gli ornati d’architettura né anco sieno uniformi, e che fra’ bei pezzi corinti e fra’ sodi frammenti toscani veggasi qualche duro colonnato ed arco gotico?
In queste farse dell’arte, nelle quali erroneamente varii oltramontani male istruiti sogliono far consistere la commedia Italiana, possiamo ravvisare qualche reliquia degli antichi mimi, la cui indole libera e buffonesca è stata sempre d’introdurre prima certo rincrescimento della buona e bella poesia scenica, indi di cagionarne la decadenza.
In pruova poi di essersi nell’Etruria coltivata la poesia, il tempo ci ha conservate alcune tavole di bronzo, nelle quali leggonsi incisi alcuni inni sacri.
In mezzo a tutto questo, scappano fuori periodi in latino sgrammaticato e senza senso, richiami a sproposito ad autori greci, latini, italiani, anche immaginari, citazioni monche ed erronee di passi latini, talora riferiti dove non hanno nulla che vedere…. etc.
In questi ultimi casi bastava a propor di dare una bella parte da rappresentarsi ad un attrice subalterna, che l’ammalata tosto guariva.
In tale illusione si presentò una mattina al Palazzo Reale per voler parlare a Sua Maestà.
In quella bellissima faccia ebraica (sua madre era figlia del custode della Sinagoga di Modena, fatta cristiana quando si sposò) sfolgoran due occhi a mandorla, ricchi di fascino ineffabile ; tra le labbra tumide e procaci affaccian due file di perle grandi ed uguali che attraggono : se la parte inferiore della sua persona rispondesse armonicamente a quella di sopra, Ella sarebbe in ogni rispetto magnifica.
Tranne Giovanni Battista Paghetti, che rappresentava la parte di Dottore, e Galeazzo Savorini, che dopo lui sosteneva le medesime parti, non potrei nominare uno, ch'avesse fatto i suoi studi. » In data dell’'88 abbiamo una lettera al Duca di Modena, in cui si lamenta di non aver ricevuto la sua parte del donativo passato ai comici, e dice di aver lavorato per nulla, carico di famiglia.
In questa la poesia animata dalla espressione, abbellita dalla esecuzione e fregiata di quanto ha l’armonia di più seducente e di più energico prende tutti i caratteri del canto. […] In una parola vorrebbe egli che le grazie e le bellezze della musica fossero tutte quante sagrificate ad una rigida verità. […] In primo luogo perché poche debbono essere l’inflessioni apprezzabili capaci d’entrare nel sistema armonico. […] In alcuni luoghi sembra indubitabile che la declamazione si cambiasse in un vero canto, o divenisse molto simile ad esso. […] In tale grandezza la distanza fra gli attori e gli spettatori non poteva a meno di non essere considerabile, né si comprenderebbe come la voce potesse pervenire dagli uni agli altri se non si sapessero i mezzi onde si prevalevano per ovviare a questo inconveniente.
In qual moderno teatro si soffrirebbe senza bisbigliare lo spettacolo di un padre mentecatto che seconda a tal segno le debolezze di un figliuolo? In ciò mai abbastanza i moderni non si allontaneranno dagli antichi. […] In greco s’intitolo Καρκηδονιος, Cartaginese, e Plauto non ci ha conservato il nome dell’autore. […] In genere di trappole servili è questa una delle più ingegnose e piacevoli di quante se ne sono esposte nella scena. […] Mi porrò a negoziar con grosse navi In mare.
In un Discorso in versi di Giovanni della Cueva, intitolato Esame poetico, si dice che il Malara compose mille Tragedie. […] In somma bisogna che essi trovino corrispondenza tralle immagini apportate dalle parole del Poeta, e tra quelle che conservano nella fantasia; dalla qual comparazione risulta il loro diletto e la loro istruzione. […] Volle poi combattere la censura del Sedano pel carattere perfettamente buono d’Isabella; di maniera che di lui acconciamente può dirsi in tal proposito ciò che dell’Europa affermava l’Ariosto, “Lampiglia è in arme, e di far guerra agogna “In ogni parte fuor ch’ove bisogna.” […] In questa guisa si osservano le Unità?
In contraccambio di tanti pregi egli menò una vita infelice calunniato dalla ignoranza, perseguitato dalla invidia e costretto a fuggirsene altrove da quei monaci stessi ch’egli onorava colte sue virtù ed istruiva coi suoi rari talenti. […] In altro luogo facendo menzione di Guglielmo Mascardio cantore di grido a’ suoi tempi, ma le cui opere e le cui opinioni sono state avvolte insiem con tanti altri depositi delle umane cognizioni nella irreparabile dimenticanza dei secoli, attribuisce a lui l’usanza di lasciar ne canto imperfette le brevi. […] [21] In una rappresentazione francese intitolatala Resurrezione s’introduceva il Padre Eterno dormendo, e un angelo che viene a destarlo con queste parole: «Ang.: Eterno Padre, voi avete il torto, e dovete vergognavene. […] In primis Γ. graecum a modernis adjunctum . […] [NdA] In un’opera recente, di cui per alcuni motivi si tace il titolo e l’autore, si mostra gran dispiacere e maraviglia di ciò che dissi in questo luogo della filosofia, e (come avviene quando s’ha più cura di render odioso uno scrittore che d’esporre le cose nel suo genuino aspetto) si è trasferita la mia proposizione dal senso particolare della filosofia applicata agli oggetti religiosi ad un senso tutto diverso, cioè a quello della filosofia, che seguendo il corso delle nazioni forma la partizione delle Opere ragionate.
In fatto l’ingegno, il giuditio, il sale che sta riposto in questa guardarobba di scienze, in questo scrigno di dottrina, in questa zucca, in questa chirichiocca Spacchesca, è veduto da’ ciechi, sentito da’ sordi, conosciuto da’ matti, e celebrato da’ muti. […] In somma dice, e dice bene, che melius est nomen bonus, quam divitias multas ; ogn’uno Spacca di qua, Spacca di là, Spacca di sù, Spacca di giù, chi mi chiama, chi mi tira, chi mi prega, chi mi sforza a dispensargli parte della mia dotta dottoraggine ; di maniera, che spesso spesso son forzato di desiderare, ò che tutti i Dottori ne sappiano quanto Spacca, ò che Spacca non ne sappia tanto, per non hauer del continuo si gran fatiche in pacificar liti, accordar discordie, e pronuntiar sententie.
In matre si quod pignus etiamnum latet, Scrutabor ense viscera, et ferro extrabam. […] … In me tona, me fige… Sum nocens, merui mori. […] In me culpa cunctorum redit. […] In plana tendis? […] In utramque partem ducor affectu pari.
In quali cose si rassomigli ogni teatro.
In tale esercizio singolarmente contraddistinguonsi le ballerine di Surate nel Guzurate, penisola posta tra l’Indo e ’l Malabar, le quali da’ portoghesi chiamaronsi Bayladeras.
In segno di vero applauso l’avvocato Ranieri Bernardino Fabbri Pisano fra gli Arcadi Odisio Licurio Vice Custode perpetuo della Colonia Alfea.
In arte, niente mi sembra più meraviglioso e più bello di ciò che pare scaturisca dalla natura stessa d’ un artista come un’ acqua limpida e fresca da una roccia vergine.
In tutto il dramma egli ha usato un artificio e una reticenza poco tragica su i natali di Cleorante ad oggetto di valersene per impedire con autorità di padre che Pisistrato suo amante opprimesse la patria. […] In essa un eremita vestito da frate monta di notte per una scala sulla finestra di una donna maritata, e vi ricomparisce dicendo, questo è per mortificar la carne. […] In quello &c.
In prima in quest’azione niuno di essi può dirsi un traditore, e l’istesso Agamennone col prendersi Briseida usa una prepotenza una tirannia, ma non un tradimento; pure quando voglia concedersi agli amanti un’ espressione per isdegno men misurata, come mai Agamennone che offende Achille col togliergli l’ amata, può per soprappiù lagnarsi di essere ingiuriato e tradito da Achille? […] In una di esse si sono personificate e introdotte a parlare le due statue di Apollo e Cibele ed il Passeggio del Prado: in un’ altra si personificò la Cazuela e la Tertulia, che sono due palchettoni del teatro32. […] In buon’ ora sia.
In fatti nulla parmi che si possa aggiugnere a ciò che adduce M. […] In essa seguendo la circonserenza si elevava dal basso all’alto una continua scalinata.
In secondo luogo il poeta giudizioso non lavora mai contro se stesso: or che altro fa colui, che, volendo intenerire e commuovere, impedisce egli stesso la riuscita del suo disegno, distraendo lo spettatore colla buffoneria intempestiva? […] In compenso però può oggi questo famoso poeta tralle altre sue glorie contare di essere stato dichiarato l’innamorata del tenero Sherlock che consiglia con tanto gusto e giudizio la gioventù.
In seguito s’impresse anche in Lucca nel 1766 nella Biblioteca Teatrale. […] In quella del III Saule domanda ad Abiele, se il popolo entrerebbe a parte del suo paterno affetto, ov’egli inclinasse al perdono, ovvero si solleverebbe? […] In essa non mostrasi che Ciro p. e. prevalga ad Astiage, o Alessandro a Dario, o Tamerlano a Bajazzette, sventure di personaggi eroici che altro non fanno che cangiar le catene de’ regni. […] In tal favola, che ha un coro mobile nel I, II e IV atto, e non nel terzo, è notabile la franca dipintura d’ un impostore vendicativo e fraudolento fatta in Dunstano. […] In oltre egli comanda le truppe di Rosmunda contro Almachilde, si pugna, e mentre ferve ancor la battaglia, il buon generale abbandona il campo e torna insulsamente nella reggia &c.
E per la pastorale infatti abbiamo nuova testimonianza nel seguente sonetto che le indirizzò il conte Ridolfo Campeggi, quand’ella recitò in Bologna l’ Aminta del Tasso : Alla Signora Celia Comica Confidente, Silvia nell’ Aminta rappresentando Donna, s’io miro gli occhi, o il crine in onde, La bella fronte, e le serene ciglia, In sè (dico al mio cor) con meraviglia Le bellezze del Ciel Celia nasconde.
ORATIONE D’ADRIANO VALERINI VERONESE, In morte della Divina Signora Vincenza Armani, Comica Eccellentissima. et alcune rime del- l’Istesso, e d’altri auttori, In lode della medesima.
In tutti due questi Teatri fece valere Antonio Sacco la di lui abilità, mostrandosi un comico fondatissimo nelle cose dell’arte, e comparendo grazioso, arguto, e nelle facezie e nei sali spiritoso e bizzarro. […] Pietro Chiari contro i Conti Gozzi e l’Accademia de' Granelleschi, tre sonetti dello stesso Chiari per la partenza della Compagnia Sacco, i quali dieder motivo alla Raccolta, con le risposte a ognuno, e de' quali ecco il primo, come saggio : In occasione | Della partenza da Venezia per Lisbona | della Compagnia Comica di | Antonio Sacco : Anime ree più nere de l’inchiostro, Amiche a l’Alcoran, più che al Vangelo ; Obbrobrio, e disonor del secol nostro, Pesti de la Natura, odio del Cielo ; Respiri Italia in voi perdendo un Mostro, C'ha il fiel negli occhi, e fin sul core il pelo : Andate pur, seguite il destin vostro, Più a voi contrario, che le fiamme al gelo.
In effetto non vi si trascurano le arti di necessità, di comodo, e di lusso, fabbricandovisi particolarmente per eccellenza quadri e stoffe di penne, antichi lavori messicani, non mai più da veruno imitati: vi si eseguiscono con destrezza tutti gli esercizi ginnici spagnuoli, come corse di tori, e giuochi di canne: vi si fanno combattimenti navali sul gran fiume che bagna la città: vi si formano alcuni castelli di legno coperti di tela dipinta, e se ne imprende l’assedio, e si difendono: e finalmente vi si coltiva la pittura, la danza, e la musica, e vi si trovano teatri.
In che ginepraio si cacciò pover’uomo !
In sino a che la servetta ha seguito l’antica traccia, essa ha avuto sulla scena una parte spiccatissima e un ruolo per sè.
In quai vaghi giardini le pallidette Rose, che per formarti il volto, Amor compose ?
In un lungo carteggio col noto scrittore e commediografo Antonio Benci, egli si presenta il vero capocomico sereno, senza livori, gentile sempre.
vii Vanne picciol mio parto Se ben pochi ornamenti hai dentro, e fuore, In mano a lei, ch'è de l’Italia honore ; Così t’auesse, acciò le fossi grato, Orfeo composto, e Dedalo legato, O almen fosse a l’Autore D'esser il libro suo dal Ciel concesso, Per viuer sempre a sì gran Donna appresso.
Chi vorrebbe adoperar la brutta parola per I Recini da festa, La Casa nova, Sior Todero brontolon, I Rusteghi, Oci del cor, e quel Fator galantomo, in cui egli, incredibile dictu, muore in iscena, e commuove il pubblico, tanto da sclamar la prima sera a Trieste (gennajo '96) a recita finita : « In malorsega che li go fati pianzer ?
In mezzo a tanti trionfi, a tante attestazioni di schietto entusiasmo all’artista, alla poetessa, alla donna, la povera Isabella, nel rigoglio della vita e dell’ingegno, dovè soccombere miseramente, improvvisamente, nè pure colla soddisfazione di veder pubblicate le sue Lettere, ultima delle opere alla quale aveva posto ogni cura, e alla quale portava uno speciale amore. […] In mezzo ai petrarcheggiamenti diluiti all’acqua di rose, poteva stare anche Lei, non ultima certo. […] In queste appar chiaro lo sforzo di dir cose straordinarie, l’intento, ahimè fallito, di innalzarsi il famoso monumento d’Orazio…. […] Dentro vn bel viso à cui solo m’attegno Veggio le fiamme, ond’ei quest’alma assale ; E s’io chieggio conforto à sì gran male, In vece di pietade accendo sdegno ; E’l duol, che’ntenerir potrebbe i sassi, E l’amaro mio pianto han per mercede Noue lagrime sol, nouo tormento ; E per maggior mio mal misera i’sento, Che per girsen’à lui, ch’à me non crede, L’infiammato mio cor sù l’ale stassi. […] sua lode intorno scorre, Ed hà solo per meta i Poli, e’l Cielo Dou’hor si posa la bell’alma, e lieta Vagheggia à voglia sua quel che noi tanto In dubbio pone.
In questa guisa favellano gli Scrittori Spagnuoli, che amano di migliorar le arti nella nazione, e che non sono Apologisti. […] In prima, Signor Abate, pare a voi la stessa cosa una privata asserzione di un semplice Scrittore, e forse anche di qualche altro, e la confessione de’ difetti del Teatro Spagnuolo fatta dal Cervantes, dal Lope, dall’istessa Accademia Spagnuola, dal Lopez, dal Cascales, e in seguito da’ più gran Letterati Spagnuoli?
In fattinulla parmi che si possa aggiungere a ciò che adduce m. […] In essa seguendo la circonferenza si elevava dal basso all’alto una continua scalinata.
In questa (Cart. […] In sto mod, ti t’ sarà l’Asen, al Porc, al Papagal, al Boja, e mi al Cavezon, al Beveron, al Maester, e la forca par fet pratic int ’al mstiir.
In quanto però appartiene alla compagnia de Confidenti, che sta ancora sotto la mia protezione, essendosi mitissimamente ristabilita, nella quale ancor' egli si ritrova et che quanto a altri comici che S. […] In somma Sig.
In qualsivoglia altro componimento poetico la poesia è la padrona assoluta, a cui si riferisce il restante; nell’opera non è la padrona ma la compagna delle altre due, anzi in tanto si dice buona, o cattiva, in quanto più, o meno si adatta ai genio della musica, e della decorazione. […] In contraccambio la musica è più espressiva della poesia, perché imita i segni inarticolati che sono il linguaggio naturale, e per conseguenza il più energico, egli imita col mezzo de’ suoni, i quali, perché agiscono fisicamente sopra di noi, sono più atti a conseguire l’effetto loro che non sono i versi, i quali dipendendo dalla parola, che è un segno di convenzione, e parlando unicamente alle facoltà interne dell’uomo, hanno per esser gustati bisogno di più squisito, e dilicato sentimento. […] Ma è naturale bensì, che Artabano compreso da smoderato desiderio di regnare, al quale ha le sue mire indirizzate, si spieghi col figlio in tali termini: «È l’innocenza, Arbace, Un pregio che consiste Nel credulo consenso Di chi l’ammira, e se le togli questo In nulla si risolve: Il giusto è solo Chi sa fingerlo meglio, e chi nasconde Con più destro artificio i sensi sui Nel teatro del mondo agli occhi altrui.» […] [32] In una parola lo scopo del melodramma è di rappresentare le umane passioni per mezzo della melodia, e dello spettacolo, o ciò, che è lo stesso, l’interesse e l’illusione. […] Non dee star attaccato alla unità di scena, ma non dee trascurarla a segno, che ad ogni scena vi sia un cangiamento, o che gli spettatori vengano trasportati ad un tratto da Pechino a Madrid, o dall’Erebo all’Olimpo: «In vitium ducit vitii fuga…» [41] Insomma il poeta drammatico abbia pur fisso nell’animo, che il buon senso vuol essere da per tutto rispettato, e che gli squarci più vaghi d’immaginazione, e d’affetto non difendono un autore dalla censura quando va contro ai dettami della ragione.
In confidenza quale utile apporta a’ vostri Cittadini l’apologia degli spropositi di Lope, e Calderòn?
In effetto la maggior parte delle arti di prima e seconda necessità, le quali nascono da bisogni comuni, per lo più si acquista senza esempio.
In pruova poi di essersi nell’Etruria coltivata la poesia, il tempo ci ha conservate alcune tavole di bronzo, nelle quali leggonsi incisi alcuni inni sacri.
In effetto la maggior parte delle arti di prima e seconda necessità, le quali nascono da bisogni comuni, per lo più si ac quista senza esempio.
In un momento di malinconia, o piuttosto, spero, di modestia, accennando ai giornali che le predicevano uno splendido avvenire nelle parti di forza e di sentimento, la Zanon mi scriveva : « ghe ne vorlo de più ?
In tempo di Antonino Pio troviamo da Capitolino mentovato solamente Marco Marullo attore e scrittore di favole mimiche, il quale ebbe l’ardire di satireggiare i principali personaggi della città senza eccettuarne lo stesso imperadore. […] In fatti sotto gli Antonini non troviamo mentovati con applauso se non Q. […] In oriente Giustiniano imperadore e legislator famoso chiamò a parte del suo letto e dell’alloro imperiale la mima Teodora: in Italia il Goto re Teodorico fe rialzare le terme di Verona e riparare in Roma il teatro che minacciava ruina184, e un anfiteatro e nuove terme fe costruire in Pavia: sotto Atalarico frequenti furono gli spettacoli teatrali in Italia, e vi si profusero ricchezze grandi per diletto e ristoro del popolo185: la Sicilia sin dal quarto secolo ebbe in costume di mandare a Roma i suoi abili artefici di scena che vi erano chiamati186.
In siffatto governo molti erano i capi nobili della repubblica ognora potenti e degni di rispetto; e un privato censore non impunemente poteva arrogarsi il diritto di riprenderli. […] In ciò mai abbastanza i moderni non si allontaneranno dagli antichi. […] In greco s’intitolò Καρκηδονιος, Cartaginese, e Plauto non ci ha conservato il nome dell’autore. […] Per quello che mi disse un dì mia madre, In cucina, in un canto a man sinistra. […] In genere di trappole servili è questa una delle più ingegnose e piacevoli di quante se ne sono esposte sulla scena; e Cicerone nel suo Catone ci fa sapere che Plauto stesso oltre modo se ne compiaceva.
In cotal guisa ci verrebbe fatto di comprender lo spirito, e la verità dei diversi componimenti che dovrebbono eseguirsi; i nostri organi acquistarebbero un’aggiustatezza più decisiva e costante, e la nostra perspicacia in distinguere e separare la natura d’ogni modo s’adopererebbe con maggiore avvedutezza, e con sicurezza maggiore. […] In tali circostanze i suoni meno atti ad unirsi insieme, gli accordi i più disparati, e più aspri si cangiano in altrettante bellezze squisite e sublimi. […] In primo luogo perché qui non si tratta di creare un componimento misto, che partecipi dell’oda e del poema epico, ma di conservare qual’è un’azione musicale tutta drammatica. […] In secondo luogo, perché gli inconvenienti, a’ quali il Brown vorrebbe ovviare, rimangono gli stessi nel piano proposto.
[7] In quale degli accennati aspetti deggia fissare lo sguardo chiunque la storia d’un teatrale spettacolo imprende a narrare può da ogni lettore avveduto dopo qualche riflessione fatta su cotali materie non difficilmente conoscersi. […] In una parola si ricerca che sia erudito, critico, uomo di gusto, e filosofo al medesimo tempo.
In quale edizione del Giraldi avete ciò letto? […] In oltre il Varchi parla dell’Antigona di Luigi Alamanni, e dice che anzi che Tragedia debba dirsi traduzione dell’Antigona di Euripide.
In tal Timele Canterà il nostro Coro? […] In qual guisa egli maneggiasse questi argomenti tragici scostandosi dalla tragedia senza cadere nella commedia, non si divisa da que’ pochi frammenti che se ne adducono.
In tale occasione compose il Rapimento di Cefalo piccolo melodramma di cinque atti. […] In questo periodo adunque l’opera italiana contrasse coll’umanità il demerito di aver tolto ogni orrore alla castrazione, facendo assaporare e premiando esorbitantemente l’artificiale squisitezza delle voci.
In ciò s’ingannò di ogni maniera. […] In prima egli non istimò composizione di Lessing l’Emilia Gallotti che egli non senza ragione disprezza per le bassezze e le assurdità; ma io credo piuttosto all’alemanno Federigo II il grande, il quale diceva che egli avrebbe stimato più questo scrittore, se non avesse composta Emilia Gallotti.
In tal Timele Canterà il nostro coro! […] In qual guisa egli maneggiasse questi argomenti tragici scostandosi dalla tragedia senza cadere nella commedia, non si divisa da que’ pochi frammenti che se ne adducono.
In tal guisa il governo feodale fu da per tutto ferito mortalmente.
In quello periodo presero tutta la voga i drammi musicali e gli spettacoli istrionici.
In ciò consisteva la parodia che fu l’anima della commedia antica.
In tal prologo, egli cantò rivolto al pubblico i seguenti versi, accompagnandosi colla chitarra : Mézetin par d’heureux talens voudroit vous satisfaire, quoqu’il soit depuis tre-long-tems, presque sexagénaire, il rajeunira de trente ans, s’il peut encor vous plaire.
» Nell’andito della casa di lui fu collocata nel ’91 la seguente lapide : Luigi Del Buono – nato a Rifredi presso Firenze – scrittore castigato elegante – autore di operette e commedie popolari – comico corretto e pregiato – nella satira arguta educativa – maestro – della maschera fiorentina – inventore In questa casa che fu di sua proprietà – morì ottantenne – il 19 ottobre 1832.
In una raccolta di omaggi poetici (Firenze, Carli, 1813) alla Fiorilli e a Belli-Blanes, e dai quali tolgo la medaglia qui retro, son versi di Tommaso Sgricci, una iscrizione latina del Bernardini, la quale ci apprende come nel 1813 trascinasse per tre mesi all’entusiasmo il pubblico di ogni specie nel Teatro Nuovo di Firenze, e una anacreontica di Ligauro Megarense, pastore arcade, in cui abbiamo accennate alcune parti nelle quali essa primeggiò, quali Medea, Zaira, Vitellia, Cleonice, Mirra, Pamela, Lindane, Mirandolina.
In una lettera della Regina Anna al Duca di Mantova del 6 marzo, sono lodi particolari del Martinelli, e in altra di Maria, la Regina Madre, raccomandandolo per la prioria di San Ruffino, a favore di un ecclesiastico suo parente.
In un d’essi Eularia è chiamata gloria della Compagnia del Zanotti, la più stimata che vadi a torno : ma si trova fermata in Parigi da S.
e qual piacere In lei si trova? […] In quella sgorga il virtuoso pianto d’un principe modello de’ regnanti, che obbligato a condannar un amico trovato deliquente si lagna cogli dei perché, lasciandogli il suo cuore, gli abbiano fatto il dono d’un impero; in questa ti laceran l’anima i trasporti misti di rabbia e di pietà, coi quali si esprime una vedova costretta a scegliere uno di questi due mezzi, o di dar la mano di sposo ad un suo odiatissimo nimico, o di vedersi uccider sotto gli occhi l’unico suo figliuolo. […] In quanto alla spezie di canto compreso in due o più strofi liriche, le quali chiudono un sentimento preciso su cui si forma poscia il motivo musicale, e che dee con ragione chiamarsi il capo d’opera del teatro drammatico, si può assicurare ch’egli appena lo conoscesse; circostanza che renderà a poco a poco pressoché inutili i suoi componimenti non potendosi accomodare senza guastarli al genio della odierna musica. […] [55] In questo luogo sento all’improvviso interrompermi da un qualche lettore sdegnoso che vuol perorare a favore del poeta cesareo. […] In tuo soccorso Pronta sempre la mano Del pescator, ch’or ti salvò dall’onde, Credimi, non avrai.
In attendendo non attribuisca a’ pregiudizii italiani ciò che qui si è narrato, nè se ne offenda qualche appassionato straniero.
In attendendo non attribuisca a’ pregiudizj Italiani ciò che quì si è narrato, nè se ne offenda qualche appassionato straniero.
In tal disordine può sperarsi veruna illusione teatrale?
In nessuno, ch’io mi sappia, nè antico scrittore, nè moderno, si trova citato il nome di questi comici.
Il Bartoli riferisce di lei il seguente aneddoto : In occasione che questa Comica recitava in Venezia con grido, vi fu un tale, che invaghito del di lei merito, pensò di acquistarsi qualche porzione della sua grazia con esibirle un Sonetto da lui composto.
L’autore stesso ha data la più giusta idea di tali sacri componimenti: In essi (ei dice) studiai di far ragionar le persone, e in particolare i Patriarchi, i Profeti e gli Apostoli collo stile delle Scritture, e co’ sentimenti de’ Padri e de’ Dottori della Chiesa, stimando, che quanto meno fossevi frapposto del mio, tanto più di compunzione e di diletto avesse a destarsi negli animi degli uditori. […] In vece di rettificar quel sistema, si penso a cangiar sentiero. […] In una lettera scritta da Vienna nel 1759 a m.
In quei mesi, infatti, frequenta tanto l’ala crescimbeniana dell’Accademia (cui resterà formalmente fedele), quanto i Quirini, facendosi latore di una loro richiesta poetica a Eustachio Manfredi34. […] [5.145ED] In queste sole è soffribile alle volte l’interrogazione, che in altre tutte è odiosa, siccome quella che non dà luogo a varietà di note in esprimerla. […] [6.5ED] In qual ragione di cose non hai tu vantàti e non vanti ingegni maravigliosi, artefici esimi? […] [commento_2.9ED] In … arte: Orazio, Ars poet. […] In una lettera databile al 1717 a G.
In altri paesi le donne accusate di qualche delitto non si condannavano alla pruova dell’acqua e del ferro rovente se non se allorquando niun campione prendeva la loro difesa. […] [21] In appresso la musica, per le cause che si esporranno nel capitolo ottavo, rimase nella sua mediocrità dai tempi del Caccini e del Peri fino a più della metà del secolo decimosettimo.
In tal modo potendo eseguire il più difficile, sarà anche più atta a meglio esprimere il meno, e potrà farIo con quella facilità che aggiugne tanto di grazia alle cose ch’essa accompagna.
In conseguenza ne avvengono le nozze di questi amanti e quelle di Celia con Aminta, e la felicità di Scio liberata dal tributo crudele solito a riscuotersi da’ Traci.
In conseguenza ne avvengono le nozze di questi amanti, e quelle di Celia con Aminta, e la felicità di Sciro liberata dal tributo crudele solito a riscuotersi da’ Traci.
In quest’anno rinnovò società col solo Meraviglia, poi, dopo quattro anni, diventò il direttore della Compagnia di Tommaso Zocchi.
In quella compagnia disciplinata, egli, se bene spirito indipendente, sapeva essere disciplinato, perchè la disciplina era fatta tutta d’amore.
In secondo luogo cavate fuori il Marchese Maffei. […] In fatti niuno de’ Francesi ha mai sognato attribuire alla Opera Italiana le mostruosità, che voi fantasticate, nè quelle riconosciute da’ più dotti Critici Spagnuoli nel loro Teatro. […] In essi recitativi l’Attore o l’Attrice interrompe le parole come sospesa dalla novità de’ pensieri che le sopravvengono, o dalla varietà delle passioni, o dall’orrore del proprio stato, o dalla confusione, e intanto la Musica secondandola ricerca le vie del cuore dello Spettatore.
In prosa dettò pure il dottor Jacopo Angelo Nelli le tre sue commedie impresse in Lucca nel 1751, i Vecchi Rivali, la Moglie in calzoni, e la Serva Padrona, nelle quali con sale comico satireggia alcuni vizj popolari. […] In oltre con mal consiglio sono alquanti anni che vi si è aggiunto un altro splendido ornamento che diletta al vedere e nuoce all’udire.
In un monologo pieno di un patetico che giugne al cuore, dice la pastorella nella scena prima del II: Ay!
In una tragicomedia poi nella città nostra, vidi non ha molto, rappresentar la battaglia delli tre horatij, con li tre curiatij, con tanto arteficio condotta a tempo di moresca, con arme da filo ; che fece un superbissimo vedere. […] In su ’l fiorir sfiorisce ?
In effetto non vi si trascurano le arti di necessità, di comodo e di lusso.
In effetto non vi si trascurano le arti di necessità, di comodo e di lusso.
Ne la città, ch’ ha d’oro i bei costumi Benchè di ferro il nome, un si riposa Iacopo mio primier estinto germe ; Vittoria tu chiudesti i cari lumi In grembo a Flora.
In esso egli lascia il Violino a Cremona, il Basso a Piacenza, la Viola a Milano, la Chitarra a Venezia, l’Arpe a Napoli, il Bonacordo a Roma, i Tromboni a Genova, la Mandòla a Perugia, la Tiorba a Bologna, il Liuto a Ferrara, e a Firenze tutti gli altri strumenti.
In riviste inglesi e italiane pubblicò alcuni studj delle sue interpretazioni, e in un volume del Dumolard (Milano, 1895) i suoi Ricordi : iniziò a Or San Michele di Firenze le letture dantesche, e a Palazzo Riccardi, pur di Firenze, lesse intorno al teatro del '500.
In quel fiero e nobile «Qu’il mourut» del vecchio Orazio sfolgoreggia una sublimità incomparabile. […] In ammirando i grand’ingegni, in rispettando i loro lavori immortali, guardiamoci d’incensarne le debolezze190.
In tali occasioni la strumentale è una spezie di nuova lingua inventata dall’arte affine di supplire all’insufficienza di quella che ci fu data dalla natura. […] [31] In queste e simili occasioni dove la natura dell’affetto lo richiede e la poesia lo comporta va bene il replicar coll’armonia alcuni tratti dell’aria, come ha fatto da gran maestro il celebre Gluck nel «che farò senza Euridice?» […] In ogni piccola città, in ogni villaggio si trova inalzata un teatro. […] In tal caso i metodi che le circoscrivono, riducendole prima di tempo in sistema, sono paragonabili a quelle fisonomie formate troppo presto nei fanciulli, le quali annunziano per lo più la debolezza dell’individuo e la scarsezza del principio vitale.
In quel tempo l’attore e capocomico Pisenti fu messo in prigione per debiti ; e la Ristori, che fu sempre delle miserie de'compagni soccorritrice pietosa, architettò tre rappresentazioni straordinarie, che furono avvenimento di vera gloria, e la salvazione del povero carcerato.
In una assenza del padre da Livorno, potè sostituir senza infamia nel Ventaglio di Goldoni (Barone) e nella Francesca da Rimini di Silvio Pellico (Paolo) un attore della Compagnia Calloud….
In arte non possono essere che delle guide, le quali con l’esempio e la parola additino all’attore la via diritta dello studio.
[14] In tre maniere può questa entrare in uno spettacolo teatrale o accompagnando costantemente la poesia per tutto il tempo che dura l’azione, o in qualche determinata occasione soltanto, o come un intermezzo frapposto nel silenzio degli atti. […] In progresso di tempo anche questa usanza fu levata via, e la danza non accompagnò più la tragedia fuorché nei cori, o in qualche scena particolare. […] In seguito la corte di Torino si distinse in questo genere con vaghissime invenzioni. […] In mezzo a siffatta allegrezza il fanciullo fa un cenno, lo scoglio si trasforma in un carro trionfale, sul quale egli ascende.
In secondo luogo il poeta giudizioso non lavora mai contro se stesso. […] In compenso però può oggi questo famoso poeta tralle altre sue glorie contare di essere stato dichiarato l’innamorata del tenero Sherlock che consiglia con tutto gusto e giudizio la gioventù.
In quello intitolato gli Ordini Militari Cristo viene a domandar la croce al mondo, e questo personaggio per concedergliela richiede il parere di Mosé, Giobbe, Davide, e Geremia; questi consiglieri affermano che la merita per lo quarto del padre, e ’l mondo dà la croce a Cristo, confessando che non l’ha finora concessa a veruno se non per onore.
In oltre la necessità di soddisfar l’occhio, e l’amor natural del maraviglioso introdusse ne’ teatri e fa sussistere le decorazioni; ma un ingegno illuminato dal Dio del buon gusto, qual’é il Metastasio, ha saputo profonderle nella Nitteti, destinata pel teatro del ritiro di Madrid, ricorrendo al tesoro della natura, doveché i poeti musicali francesi le hanno cercate nel miracoloso e nelle trasformazioni istrioniche; e i nostri poetastri incapaci di vagliar il grano e separarne le paglie, di distinguer un francese dall’altro, e l’Ifigenia dai Silfi e dalle Barbe turchine, van dietro ai loro errori.
– In fin dei conti io credo che la Compagnia del Battaglia finirà prima di cominciare come quella di Alì impresario per le Smirne.
In quali puerilità non diede il sig.
In quelle farse dell’arte possiamo ravvisare qualche reliquia degli antichi mimi, la cui indole buffonesca é stata sempre d’indurre prima insensibilmente un certo rincrescimento della vera poesia, e poi di cagionarne la decadenza. […] » In verità bisogna essere un Welche, un ostrogoto, un candidato degli odierni gaulesi, come Monzù De la Harpe, per insultare con sì feroce stolidezza e calunniare con sì stupida insolenza la più ingegnosa e benemerita nazione europea, che pel suo pensar sodo, gentile e perspicace si é sempremai contraddistinta in ogni genere di arti e di scienze, e possiede capi d’opere da non portar invidia a qualsivoglia popolo antico e moderno, e ch’é stata anche dopo la distruzione dell’imperio romano il primo e gran deposito de i lumi della ragione, donde, come da un centro comune, sono partiti que’ raggi di viva luce lanciati dall’ingegno, che han risvegliato gli spiriti degli abitanti del rimanente dell’Europa.
Più di leon feroce Darà dall’alto Dio la sua voce: E della terra L’estremo lito Del suo ruggito Risuonerà: In sacco, e ceneri Grida urli, e gemiti Date, o pastori: Il giorno è questo Nero, e funesto, Che ovili, e pascoli Vi struggerà.»
In essa un eremita vestito da frate monta di notte per una scala sulla finestra di una donna maritata, e poi ricomparisce, dicendo: questo è per mortificar la carne .
In fondo di tra le tende, sbucan due tipi, probabilmente la Signora Lucia e Trastullo ; e a’fianchi del palco si veggon teste di spettatori intenti.
In tale occasione compose il Rapimento di Cefalo picciolo melodramma di cinque atti. […] In questo periodo adunque l’opera Italiana contrasse coll’ umanità il demerito di aver tolto ogni orrore alla castrazione facendo assaporare e premiando esorbitantemente l’artificiale squisitezza delle voci.
« Egli — aggiunge il Bevilacqua in una nota al citato studio, pag. 88, 4 — pubblicò ancora Alcune Rime, fra quelle di diversi altri, In morte di Camilla Rocha Nobili, comica confidente, detta Lelia (Venezia, Ambrogio Dei, 1613) ; due Sonetti ed un Madrigale, premessi fra versi d’ altri autori, al Mincio ubbidiente di suo figlio G. […] In somma cotesta bellezza è lo specchio d’Archimede, che accende un incendio nelle viscere del più gran Capitano degli Eserciti.
che trascrivo : In questo momento ricevo una lettera di mio fratello, il quale mi dà notizia delli coniugi Tessari.
In conseguenza gli autori o inventori delle note musicali contenti d’agevolare lo studio al solo fine che richiedevano le circostanze loro, non sospettaron neppure i cangiamenti che doveano col tempo sopraggiungere alla musica, e le novelle vie che aprir poteva in quest’arte lo sviluppo successivo del genio. […] [25] In secondo luogo, nella parte che veramente ci resta siamo ben lontani dal poter venire in paragone con esso loro.
In oltre se voi non siete da buon senno dichiarato pertinace nemico della verità istorica, dovete confessare, che la Musica a quei tempi s’impadronì degli animi Italiani, e l’Arlecchino parve freddo alla maggior parte, e rimase presso che interamente abbandonato.
In termini simili si erano espressi anche Giuseppe Baretti e altri letterati fino a Ottocento inoltrato, come Niccolò Tommaseo e Cesare Cantù2.
In che si distingue dalla favella ordinaria?
In contraccambio regna in quelle composizioni una certa semplicità preferibile a molti riguardi alla sfoggiata pompa della nostra.
In ogni modo l’autore meritava di essere incoraggiato dalla nazione, invece d’esser perseguitato con isciocchi libelli efimeri, e proverbiato dalle medesime scene da’ grossolani compositori d’intermezzi insipidi e villani.
In ogni cosa, che prese a perfezionare, ha saputo imprimere lo spirito d’invenzione e la natura riflessiva e sagace, cui portavalo il proprio temperamento.
In tal guisa mescolandosi si allucinano a vicenda, fanno uso promiscuamente de’ medesimi caratteri e affetti, o più non si riconoscono, né si distinguono dall’occhio più acuto.