ma deuotamente prostrata rende humilissime gratie alla innata bontà di V.
Rappresentando a Lucca il 6 dicembre 1836 in Compagnia Pelzet il Galeotto Manfredi per sua serata, invitò il pubblico con queste parole : La fiera gelosia che agita la sospettosa Matilde, fomentata dall’ arte scaltrita dell’ambizioso Zambrino, la debolezza del generoso e troppo credulo Manfredi ; infine l’ingenuità della giovine ed onesta Elisa, formano l’inviluppo di questa tragedia, la di cui catastrofe, terribile non meno che esemplare degna la rende di tenere un posto distinto tra le classiche italiane.
Il gusto che percepisce, confronta ed analizza i rapporti; la critica che ci rende sensibili alle bellezze e ai difetti e che, indicando gli errori altrui, ci premunisce contro alle inavvertenze proprie, sono non men necessari ai progressi dell’umano spirito di quello che lo siano gli slanci del genio sempre coraggioso, ma talvolta poco avveduto.
[8] Inoltre la giusta misura e proporzione delle parole, che più acconci e le rende a ricever il valor delle note, a fissar con esattezza il tempo, e a seguitar il movimento, unita all’intervallo così proporzionato, che trovasi ne’ versi italiani tra parola e parola, tra sillaba e sillaba, tra vocale e vocale, tra articolazione ed articolazione, e alla felice mescolanza delle medesime fanno sì che la poesia italiana, ove maneggiata venga a dovere, abbia una certa evidenza d’armonia maravigliosa. […] Io rispondo che la espressione che scorgesi nei versi del ferrarese, è piuttosto poetica che musicale, che non percuote soltanto l’orecchio ma la pronunzia, e che l’accozzamento de’ suoni fra le vocali e le consonanti, di cui fa egli uso comunemente, è atta bensì a grandeggiare nell’epica declamazione, ma meno acconcia si rende pel canto. […] Imperocché ha ella una variazione d’accento che la rende molto a proposito per la formazione de’ piedi: può, per esempio, in una parola di cinque sillabe, mettendo l’accento sulla seconda, far brievi le tre che le rimangono, come in “determinano”: può fare lo stesso in una parola di quattro sillabe, come in “spaventano”: abbonda moltissimo di piedi dattili come “florido, lucido”, piedi che molto giovano all’armonia a motivo dell’ultima, e penultima breve precedute danna sillaba lunga, circostanza, che più agevole rende la musicale misura: adatta l’accento ora sulla penultima, come in “bravura, sentenza”, ora sull’ultima, come in “morì, bontà, virtù”, dal che vario e differente suono risulta sì nelle rime che nei periodi, e più facile diviene la poggiatura nella cadenza. […] [18] Che se alcun volesse filosofando ricercare onde abbiasi la lingua italiana acquistata quella dolcezza, che sì abile al canto la rende, e da quai fonti siano derivati i successivi cangiamenti ad essa avvenuti dai Romani in quà, potrà egli a mio giudizio rinvenirli nelle cagioni seguenti. […] Finalmente se la nostra lingua he conservato alcune desinenze gotiche, onde talvolta si rende urtante all’orecchio, anche l’italiana cade più volte nel difetto degl’iati, e degli accozzamento sgradevoli.
S. corrigeront les spectacles, les rendront plus réguliers ; et la pudeur, loin d’y rougir, n’y sera pas même alarmée. […] Comment se peut-il qu’Orphise lui ait donné un rendez-vous pour la nuit ? […] Voilà ce qui rend le théâtre dangereux, et lui attire de si fréquentes et de si justes censures. […] Le premier sera de l’imitation particulière, ou des idées prises ailleurs et rendues propres. […] L’une de ces deux conditions suffit pour rendre la fable implexe.
Rende le menti in un fosche e serene, fa che ogni volto impallidisca e inostri, apre i più cupi e i più sublimi chiostri, brillar, gelar fa il sangue entro le vene.
Moi je serai le bourreau d’une fille, que le sang, la jeunesse, sa tendresse pour moi et mille vertus me rendent sacrée ! […] Arcas, cours au devant de la reine; rends-lui ce billet, et que tes discours s’accordent avec ce que j’écris.
Il favor del padron gonfio ti rende; Perchè ti liscia, ti vezzeggia, e pettina, Perchè di propria man ti lava al fonte. […] Ah vindice io sperai Che venir tu dovessi: un nume avverso Di te mi rende un’ ombra, un sogno, un nulla.
[Nota d’autore n. 20] «Il faut se rendre à ce palais magique, Où les beaux vers, la danse, la musique, L’art de tromper les yeux par les couleurs, L’art plus heureux de séduire les cœurs, De cent plaisirs font un plaisir unique.»
La Sofonisba di Cornelio (disse ottimamente il conte di Calepio) per esser feroce, e non sentire alcun affetto per lo marito abbandonato, si rende meno atta a farsi compatire . . .
Nella sceltezza dell’elocuzione e nel grazioso verseggiare consiste quella bellezza che imbalsama e rende immortali i componimenti teatrali.
Dividendo poi la riconoscenza rende meno meravigliosa la rivoluzione, ed incorre nel difetto del Voltaire. […] L’ultima sua tragedia fu il Triumvirato che ha varii pregi, ma che si rende singolarmente degna di ammirazione per essere stata scritta trovandosi l’autore in età di anni ottantuno. […] Luigi XII pretensore del ducato di Milano muove a conquistarlo, riporta la vittoria di Ghiara d’Adda, e Brescia atterrita gli si rende. […] Ecco intanto ciò che rende la storia differente dalla tragedia. […] Il bivio dunque che rende glorioso e necessario il silenzio del Foscarini, non si può riconoscere nel Montcassin di Arnault.
Alcippo per amore di Clori si trasforma in ninfa, e col nome di Megilla se la rende amica se non amante con quello di Alcippo. […] La rende pregevole l’ingegnosa semplicità dello stile senza arditezze, e l’ameno soggetto di una festa cinquennale, in cui si gareggia col canto per acquistare una bella Ninfa.
Alcippo per amore di Clori si trasforma in ninfa, e col nome di Megilla se la rende amica se non amante con quello di Alcippo. […] La rende pregevole l’ingegnosa semplicità dello stile senza arditezze, e l’ameno soggetto di una festa cinquennale, in cui si gareggia col canto per acquistare una vaga ninfa.
J’ai cru n’avoir que des grâces à rendre au ciel.