Tornò il '32 a Bologna, ma i fatti di Cesena lo ricacciarono in esilio : e fu a Brusselle correttore di stampe, maestro di scuola e commerciante di maccheroni e di cacio lodigiano ; poi in Isvizzera, poi di nuovo in Francia, d’onde tornò, dopo sette anni di esilio, a riveder la patria e i parenti, per amnistia del nuovo imperatore austriaco Ferdinando I. […] Ammirato e amato come artista e come patriota, percorse il Veneto e la Lombardia, ove potè mettere assieme una mediocre fortuna ; ma quando la rivoluzione di Milano preluse a quella del '48, egli, chiamato a soccorrer la patria del suo braccio e del suo nome, tutto abbandonò e sacrificò, come nel '31 ; e fu il primo a entrare in Palmanova con in mano spiegata la bandiera d’ Italia. […] C'era allora una patria da liberare ; c’ era un popolo da educare, da ingagliardire…. […] Il 29 aprile del '900, Torino, rifugio dell’esule, che gli fu seconda patria, inaugurò, per l’opera costante e amorosa di Giuseppe Cauda, un giornalista, che dell’arte del teatro s’è fatto un culto, il sospirato monumento, degno lavoro di A. Bi stolfi, al quale porse il saluto della patria Enrico Panzacchi, e sul quale sono incise queste degne parole di A.
Marini Giuseppe, veronese, esercitatosi tra'dilettanti della sua patria, si diede all’arte nel 1810, dedicandosi per la sua maestosa figura al ruolo di tiranno, che sostenne con moltissima lode nelle primarie compagnie di Raftopulo, Goldoni, Dorati, Internari e Paladini, Perotti e Fini.
Abbandonate poi le scene, si restituì in patria, ove morì nel 1831.
[Dedica] ULTIME CURE ultimi tratti della penna di PIETRO NAPOLI SIGNORELLI su i fasti teatrali gia’ da lui descritti oggi in dieci volumi raccolti e consacrati alla patria sempre a se cara che la vita gli diede che dopo i suoi viaggi e le vicende fremendone la malvagita’ invano l’accolse benigna e che ne accogliera’ con materno sguardo l’ultimo vale mdcccxiii.
Ma desideroso della patria, si restituì alla sua Bologna, dove, fatto vecchio, morì verso il 1780.
Abbandonata l’arte, si restituì in patria, ove stette più che trent’anni.
Artista egregio per le parti di primo amoroso era il 1822 nella Compagnia di Paolo Belli Blanes ; e scrisse di lui il Colomberti che, « giovine istruitissimo, ornato di bella figura e di magnifica voce, si faceva molto applaudire benchè al fianco di un Blanes e di una Internari. » Dopo soli tre anni di vita artistica, restituitosi in patria per la morte del padre, lasciò definitivamente il teatro.
Trascrivo dal Bartoli : « Lasciata Vicenza sua patria con qualche studio fatto nelle prime scuole, passò alla comica professione facendo da innamorato.
« Giovane fiorentino – dice il Bartoli – che uscito dalla sua patria, diedesi a recitare fra’comici.
Esordì nel Teatro Marsigli di Bologna sua patria in parti di niun conto, passando poi col tempo a quelle di prima donna, che sostenne in Italia e fuori con molto successo.
Il nonno, orefice, non avuto in troppo odore di santità, dovette abbandonare Roma, sua patria, col figliuolo, giovanissimo, e rifugiarsi a Buje nell’ Istria, dove continuò a esercitar l’arte sua, e dove Augusto, era il nome del figlio, si unì con Antonietta Mazzari, istriana, in matrimonio, dal quale nacque il maggio del 1841 Florido Bertini. […] Fu il ’60 con Prina e Asti, dai quali si sciolse per pagare alla patria il suo tributo di buon cittadino.
La fede del guardiano di Chambéry della morte di Leandro fu spedita a Venezia, senza dubbio sua patria.
Esordì in patria recitando le parti d’innamorato, poi trasferitosi il 1768 in Lombardia, si scritturò nella Compagnia di Pietro Colombini, mostrandosi artista egregio nelle commedie all’improvviso.
Merli Cristoforo, nato a Bologna verso il 1741, fece le prime donne cogli accademici fortunati della sua patria, cominciando poi a recitare da innamorato in compagnie di giro verso il 1768.
Vi rimase un anno, poi emigrò a Roma ; e di là tornato in patria prese scrittura al teatro Partenope. […] Lasciò la Compagnia Sadowski per entrar in quella di Luigi Bellotti-Bon, dalla quale fu strappato per rammollimento cerebrale che dopo vario tempo di vita ebete lo spense a Milano sua patria, in una casa di salute, il 18 febbraio 1884, a ore 3 di mattina.