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183. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

La sua maniera d’imitare è così indeterminata e generica, i sagrifizi che ci costrigne a fare nella poesia e nella declamazion naturale sono tanti replicati e grandi i segni esteriori delle passioni che servono di materia al linguaggio musicale sono così poco energici e così ambigui a cagione di quel contegno, di quella tinta di falsità, o di riserba che hanno sparso sopra di noi i sistemi d’educazione, e i successivi progressi della cultura o piuttosto del corrompimento nella società, i punti insomma dov’ella può afferrare gli oggetti sono oscuri e rari che la musica non ci offrirebbe verun compenso, né meriterebbe gli omaggi delle persone di gusto se l’arte d’illeggiadrire le cose, e per conseguenza una discreta licenza negli ornamenti non supplisce in lei alle altre mancanze. […] Che che Giovenale nel vedere la strana violenza che fanno i cantori al senso comune avrebbe avuto ragion di esclamare «Quis tam ferreus ut teneat se?» […] Io non mi presento inanzi al tuo altare con umili sentimenti. […] Ma come attender tante e difficili qualità da un pubblico per lo più ignorante o distratto, il quale, siccome vede spesso cogli altrui occhi e sente colle altrui orecchie, così gusta non poche volte coll’altrui sensazione e non colla propria? […] , .

184. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Sicchè l’Italica severità di Valerio si riferisce agli Osci festivi , ma non osceni da principio. […] Nè dubbiamente l’indica il citato Suetonio, perchè se egli fosse nato nella vera Grecia, impropriamente l’avrebbe lo Storico chiamato Semigreco, perchè così lo nominò, come abbiam detto, insieme con Ennio, il quale senza controversia nacque tra’ Greci del regno di Napoli. […] Tossilo servo fra se ragionando conchiude che la costanza di un amante povero supera le più gloriose fatiche di Alcide, perchè affrontar leoni, idre, cinghiali, uccelli Stinfalici e Antei, non sono dure imprese come è quella di combattere con amore. […] Mi ricordo, , risponde, che non vuoi che la murena e il congrio si riscaldino. […] Convengono i più sagaci critici in tener questa favola per una delle più eccellenti di gran Comico.

185. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 504-506

Recatasi giovinetta alla Scuola fiorentina di declamazione diretta dal Morrocchesi, spiegò subito le più chiare attitudini alla scena, che a vent’anni fu scritturata prima attrice assoluta da Tommaso Zocchi, esordendo felicemente a Firenze.

186. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIV. Commedia Nuova. » pp. 151-170

Di essa pare che avesse gettati i fondamenti il medesimo Aristofane col Pluto, dove abbiamo, , trovato un Coro, ma ben lontano dall’antica baldanza e mordacità. […] Per norma ancora della gioventù rapita d’ ordinario dal proprio fuoco prima a scrivere che a pensare, si vuol ripetere quello che di gran Comico riferisce il Giraldi nel XII dialogo delle Storie de’ Poeti coll’autorità di Plutarco e di Acrone. […] E gran caso faceva di simil pratica, che ordita che avea la traccia dell’azione, tutto che non ne avesse composto un solo verso, diceva di aver terminata la commedia.

187. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VIII. Vuoto della Storia Teatrale. » pp. 172-179

Fin dal regno di Tiberio erano essi numerosi, e riceveano paghe esorbitanti, ch’egli si vide obbligato a rimediarvi104.

188. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XI. Primi passi della Commedia Antica. » pp. 2-15

Ma tale argomento è manifestamente fallace; perchè tutti i comici antichi che conosciamo introducevano bene i numi e gli eroi della mitologia, ma essi vi facevano meschina ridevole figura di scrocconi, tagliacantoni, mezzani, paltonieri, siccome la fanno in Aristofane Ercole, Bacco, Mèrcurioa. […] Con ciò fa perdere di vista alla gioventù la vera fisonomia del teatro greco, ed occulta specialmente i lineamenti del periodo in cui fiorì la Commedia Antica, quando poeti e spettatori erano egualmente animati dello spirito geloso che dettava spesso l’ostracismo contro il merito e la virtù.

189. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO III. Teatro Inglese. » pp. 143-156

Ma il celebre Wycherley caro alla duchessa di Cleveland favorita del re, e marito della contessa di Drogheda, il quale morì l’anno 1715, fu senza contrasto il miglior comico di quel tempo nell’Inghilterra. […] Per la qual cosa non ebbe torto il signor di Voltaire in asserire, che questa singolare e troppo ardita commedia tratta dalla Scuola delle Donne di Moliere, se volete non è scuola di buoni costumi, ma bene di spirito e di buon comico.

190. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO III. Teatri Orientali. » pp. 17-27

In vasto impero essa avea luogo in tutte le occasioni più solenni. […] Mancano adunque i Cinesi d’arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel vero30.

191. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Pastorali: Teatri materiali. » pp. 224-253

Questo buon pittore della natura, come a ragion veduta l’ appellò Voltaire, prima di fare assaporar agl’ istrioni la commedia di carattere da Macchiavelli di buon ora mostrata sulle scene di Firenze, servì al bisogno ed al mal gusto corrente: entrò poi nel camin dritto sulle orme di Moliere: deviò in seguito alquanto alterando ma con felice errore il genere: e terminò di scrivere pel teatro additando a Francesi stessi la smarrita via della bella commedia di Moliere. […] O perchè i grandi affetti son sottoposti a minor variazione col correre dell’età, là dove i costumi, i caratteri, le maniere, cangiano spesso foggia e colore, ond’è che gli scrittori comici passati possono di poco soccorrere i presenti? […] Una falsa analogia, come notava l’Algarotti, ha suggerito un pensiero mal fondato. […] Chi avrebbe creduto possibile quel che pur si vede, che in una pianta di soli palmi 80 in circa per ogni lato, si costruisse un teatro con cinque ordini di palchetti di tal simetria e di forma giusta che da per tutto vi si godesse acconciamente lo spettacolo? […] Ill. acciocchè si compiaccia significarmi per qual mezzo desidera, le sia trasmessa la Medaglia, quando però non si risolvesse di venire a riceverla dalle mani stesse del Real Protettore, come ne la invito da parte dell’ Accademia; la quale compensa per qualche modo il dispiacere di non avere per cinque anni potuto assegnare il premio, col vederne finalmente decorato un soggetto di tanta capacità, e per altre produzioni del teatro benemerito”.

192. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 597-599

E a un de’ comici che dimandò se i suoi compagni sarebbero stati i primi a rappresentare il Belisario, il Casali rispose con aria di sicurezza : signore : il signor Goldoni mi ha fatto l’onore di lavorare per me : e prendendo l’opera ch’era rimasta in tavola, vado, disse, con permission dell’autore, a copiarla io medesimo ; e senz’aspettar la risposta, la portò via.

193. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 722-723

Lui stesso confessa che li sbiri l’assalirono per pigliarlo in Piazza, e che nel correre in detta speciaria, vedendosi seguire da essi sbiri pose mano alla spada contro di loro, ne voleva che lo pigliassero, e che voleva sapere prima d’ordine di chi lo volevano pigliare, che poi loro li dissero essere per ordine di Vostra Altezza Serenissima, onde si rese a detti Esecutori, che condussero prigione, che sono le formali della di lui confessione.

194. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 195-196

Olivetta mariola deh, no m’abbandonar, che una menestra sola me puol resuscitar ; e un baso de to bocca mentre, che 'l scocca da quei laurin, puol dar la vita a un servo de'più car, ne l’amor costante, e nel magnar.

195. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X ed ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati teatri, e della condizione degli attori Greci. » pp. 298-315

Vedevasi in essa un luogo particolare chiamato Θυμελη, che secondo Polluce non era già il pulpito descritto, siccome scrisse il Calliachio, ma bene una specie di ara o tribunale che si occupava da’ musici. […] Quivi collocò il suo luminoso trono la gloria drammatica; e le sceniche contese accadute in celebre città vinsero di gran lunga di fama le stesse gare Olimpiche. […] Qual magnificenza, qual concorso, qual lusso, quali profusioni per un semplice divertimento di una repubblica picciola in confronto di tanti poderosi stati moderni arricchiti dalle miniere Americane, ne’ quali son pure così meschini e spregevoli i teatri!

196. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO IV. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo di Lulli e Quinault. » pp. 59-74

Mai vaga e lieta io non ti vidi! […] Io convengo co’ Francesi che questa scena sia bella e delicata che in tutta l’opera altra non se ne legga che la faccia dimenticare.

197. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

O spirito di Fingal, vieni e dalla tua nube regola l’arco di Comala che il tuo nemico cada come una lepre del deserto . . . […] Quanto poi alla morale istruzione, di grazia che mai può imparare da questi esempj un popolo, in cui passeranno molti e molti lustri senza che in esso avvengano misfatti atrocemente combinati? […] Terenzio e Moliere, dirò sempre, si leggono e si encomiano dapertutto, perchè dapertutto oggi s’imitano poco? […] La regina Elisabetta che amava la melodia e che volle spirare ancora ascoltando un concerto di musica, contribuì agli avanzamenti di bell’ arte, prendendone in parte il gusto dall’ Italia dove fioriva. […] Dopo la Nelly, cioè Elena Guyn attrice comica cara al re Carlo II, fiorì la celebre Ofields ammira, ta in vita e sepolta poi accanto a’ gran poeti del suo paese in Westminster.

198. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

del pianto che in larga vena, Sgorga dagli occhi miei, ti bagno il volto. […] Ma sé libero, Polifonte non dovea temere di un giovane intraprendente che senza armi ancora l’ha insultato? […] Ma il signor Collè dotato di gusto migliore gli avvertì che tali amori raffreddavano argomento tragico. […] L’Orazio Coclite della Francia, il famoso Bajardo detto il cavaliere senza paura e senza taccia, grande nella storia, nella tragedia apparisce vano millantatore meschino. […] Essi vogliono proditoriamente dar la morte a Gastone e a Bajardo; ma intanto uomini scellerati non sanno prevalersi delle occasioni trovandosi a quelli dappresso e senza testimoni.

199. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 156-158

Fu scritturato il '40 in Compagnia Florio, come brillante e tiranno : recitava maravigliosamente nella stessa sera il tiranno Filippo in Bianca e Fernando e il brillante nel Cuoco e il Segretario ; che Maria Luisa, la Duchessa di Parma, ebbe per lui speciale ammirazione, e, nelle sere di suo beneficio, speciali elargizioni.

200. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 347-348

Fra i documenti che concernon la Compagnia del Duca, ov'era Pantalone, ve n’ha uno del 1681, che comprende la nota della paga per ognun de'comici in sessanta ducatoni d’argento, e queste parole aggiunte : l’anno 1682 gli donò Sua Altezza vinti doble per ciascheduno Comico, et erano in dodici che l’ordine fu di doble 240 in tutto, e poi l’ Altezza Sua si disfece della Compagnia.

201. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 499-500

Tra le maggiori e migliori sue interpretazioni van notate in campo disparato quella di Petruzzo nella Bisbetica domata di Shakspeare, di Edipo Re di Sofocle, e di Jago in Otello di Shakspeare : quest’ultimo recitato maestrevolmente a fianco del padre nel suo giro di addio.

202. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VIII. Teatro Lirico: Opera Comica: Teatri materiali. » pp. 177-187

Egli non seppe osservare che le arlecchinate delle nostre scene si hanno in conto di prette buffonerie ancor dalle nostre femminucce, nè vi è pericolo che possano dentro le Alpi produrre temuto effetto. […] “Cinna e Atalia, al dir del medesimo Voltaire, doveano rappresentarsi in meschini edifizj e con decorazioni così grossolane”?

203. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Il Morto segue a raccontare come suo fratello innamorato della sua moglie e del regno lo fece avvelenare mentre dormiva nel giardino versandogli nell’orecchio certo licore velenoso contrario al sangue dell’uomo che a guisa di mercurio s’insinua, penetra tutte le vene, gela il sangue e ammazza prontamente. […] alma infelice; scancellerò dalla mia fantasia ogni altra idea ed impressione, eccetto il tuo comando, lo giuro. […] Chi sa se essendo poderoso su di una perturbata fantasia, avesse voluto valersi della mia debolezza e malinconia, per ingannarmi, e machinar la mia ruina! […] Amlet, per l’amore che ha per lui la madre, come per l’affezione del popolo. […] Si faccia parimente grazia a codesto preteso matematico del non aver conosc iuta la storia letteraria Italiana, com’è dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia lo studio de’ Greci: a quell’Italia, dove anche nella tenebrosa barbarie de’ tempi bassi fiorirono intere provincie, come la Magna Grecia, la Japigia e parte della Sicilia, le quali altro linguaggio non avevano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa del loro sapere a Costantinopoli i Metodii, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione del Greco Impero tutta si diede alle greche lettere, e fu la prima a communicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo del Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio di Nebrixa, ed all’Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e del Guarini, maestri de’ due Cuglielmi Lilio e Gray: a quell’Italia, dove, per valermi delle parole di un elegante Spagnuolo) la lingua greca diventò comune dopo la presa di Constantinopoli, che, come dice Costantino Lascari nel proemio ad una sua gramatica, l’ignorare le cose greche recava vergogna agl’Italiani, e la lingua greca più fioriva nell’Italia che nella stessa Grecia a: a quella Italia in fine che oggi ancor vanta così gran copia di opere, nelle quali ad evidenza si manifesta quanto si coltivi il greco idioma in Roma, in Napoli, in Firenze, in Parma, in Pisa, in Padova, in Verona, in Venezia, in Mantova, in Modena, in Bologna, in Milano, che vince di gran lunga l’istesso gregge numeroso de’ viaggiatori transalpini stravolti, leggeri, vani, imperiti e maligni, tuttocchè tanti sieno i Sherlock e gli Archenheltz b.

204. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 41-43

Venuto a morte in Compagnia Fabbrichesi il celebre Giovanni Bettini, andò il Lombardi a sostituirlo ; e bene uscì dal cimento, che partito il Belli-Blanes, egli ne sostenne le migliori parti di amoroso, passando di trionfo in trionfo.

205. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

Rinacque allora la venerazione per Dante e Petrarca, si esigliò da tutte le adunanze letterarie la stravaganza e ’l mal gusto, si rise de’ secentisti e di chi avea tenuti in pregio e pagati cari i versi de’ Marini e degli Achillini; e la poesia de’ Greci e de’ Latini fu ricondotta trionfante dentro il recinto delle Alpi. […] Ma qual esser debbe l’eccellenza della tragedia Italiana, se tutto un Voltaire, per contrabbilanciar la voce universale e screditarla, ha dovuto ricorrere a un’astuzia vergognosa degna degli antichi Davi, la quale scopre in lui il letterato invidioso, e ne fa svanir l’uomo onesto210? […] Né pur seppe l’anonimo, o finse di non sapere, ciò che aveva osservato l’istesso Voltaire; cioé che la Grange ed altri francesi e inglesi di molto posteriori ai nominati italiani trattarono l’istesso argomento con poca felicità, che le loro tragedie restarono sepolte appena nate. […] Son rari assai coloro che fanno dare agli altrui pensieri quell’aria di naturalezza che si scorge in Metastasio, la quale fa , che si accordano con tutto il resto, e non se ne offende l’uguaglianza dello stile. […] Pare al nostro Critico che l’Attilio eroico e veramente Romano del poeta Cesareo poteva uscir di molle padre?

206. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Pietro Cornelio nato in Roano nel 1606 il quale sin dal 1625 colla sua Melite cominciò a prendere superiorità su i contemporanei, e le cui sette commedie prime, benchè difettose, promettevano un ingegno non volgare che giva formandosi: prese in prima a purgar la scena nazionale dalle indecenze, indi ad ammettere la contrastatà regolarità, e a cercar la nobiltà nello stile co’ precetti e col proprio esempio. […] Il Cornelio che dopo aver cessato di scrivere pel teatro, pure vi era stato di nuovo indotto, al fine da buon senno nel 1675 dopo la rappresentazione del Surena, che non fe scorno alla vigorosa vecchiezza di gran tragico, rinunziò alla poesia drammatica. […] Palissot ebbe ragione di così dire: « Per mezzo de’ medesimi capi d’opera del Cornelio abbiamo noi imparato a conoscere l’esagerata mediocrità degli ultimi suoi drammi; e pure i più deboli di questi potrebbero passar per eccellenti oggi che ci troviamo bisognosi ». […] Dacier, fralle altre critiche fatte alle tragedie nazionali, diceva: «Noi abbiamo tragedie, la cui costituzione è comica, che per farne una vera commedia basterebbe cangiarne i nomi.» […] Ma senza tali nei nel Racine che studiava felicemente il cuore dell’uomo e la poesia originale de’ Greci, Racine che possedeva il rarissimo dono dello stile e della grazia, che avrebbe mai lasciato alla gloria della posterità?

207. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Il Morto racconta, come suo fratello innamorato della moglie e del regno suo, lo fece avvelenare mentre dormiva nel giardino versandogli nell’orecchio certo velenoso licore contrario al sangue dell’uomo, che a guisa di mercurio s’insinua, penetra tutte le vene, gela il sangue, e ammazza prontamente. […] Sì, alma infelice; scancellerò dalla mia fantasia ogni altra idea ed impressione, eccetto il tuo comando; , lo giuro.” […] L’apparizione che mi si presentò, potrebbe essere opera di spirito infernale cui non è difficile il trasformarsi; chi sa, se essendo poderoso su di una perturbata fantasia, avesse voluto valersi della mia debolezza e malinconia, per ingannarmi, e machinar la mia ruina . . .! […] Il re ha raccontata a Laerte la verità dell’accaduto; gli dice poi di non aver potuto vendicare ancora il sangue del di lui padre nell’uccisore Amlet, per l’amore che gli tiene la madre, come per l’affezione del popolo.

208. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO III. Opera musicale Spagnuola e Italiana e Teatri materiali. » pp. 89-108

; lasciamo quel supongo yo mas, espressione castigliana, , ma troppo famigliare per un dramma eroico. […] Quando poi si costruirono gli edifizj chiusi addetti unicamente agli spettacoli scenici, essi presero la forma di quelle case e di quelle corti nella costruzione de’ palchi superiori che della platea e dello scenario inferiore, e ritennero il nome di corrales. […] Con tali provvidenze non rimase alla mala intesa libertà la testudine de los sombreros e il presidio delle grida e delle fischiate, nè i recessi e l’oscurità de’ corridoj bastarono ad assicurare alla plebe prima indocile l’impunità contro le disposizioni del vigilante e rispettato Presidente; e da allora la decenza che si loda e si pratica nelle nazioni polite regnò ne’ teatri di Madrid, siccome da me si è pure accennato. […] Manca ancora dopo di tal raccolta a culta nazione una scelta teatrale ragionata intrapresa da un letterato filosofo nazionale fornito di gusto, di buona fede, di lettura e di giudizio, il quale sappia sceglier bene i drammi ed indicarne meglio i difetti e le bellezze; e ciò all’ombra di quella parte critica detestata dall’Huerta come satira maligna, ma che io però pur vorrei che sempre nelle mie opere risplendesse, a costo di esser perpetuo segno di tutti i papelillos degli Huertisti, di tutti gli opuscoli de’ Don-Pedros, di tutte le biblioteche de’ Guarinos, e di mille opere teatrali del LaCruz munite di prolaghi, dedicatorie e soscrizieni.

209. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO ULTIMO. Conchiusione. » pp. 300-303

Alla storia ed alla sola storia scortata da una sana filosofia chiaroveggente e sgombra di parzialità, al cui sguardo solo fa un tutto quel mirabile edifizio, ch’essa contempla tranquillamente come dall’alto d’una collina: a questa sola storia, dico, appartiene il giudicar di tanti grand’uomini che vi hanno lavorato per tanti secoli; ed il suo giudizio schietto e imparziale additerà agli artisti nascenti il sentiero che mena senza tortuosi giri alla possibile perfezzione drammatica.

210. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 105-106

Da essa lettera, naturalmente, risulta evidente la onestà così di Angelica, proclamata dal compagno d’arte Leandro, come di lui homo dabene et che sempre fece onore alla sua patria, e la disonestà di Margherita, amante di Gasparo Imperiale, che, avuto il mandato di sfregiar nel volto l’Angelica, mentr'era in palco a recitare, lo aveva passato a un tal Piazza, che poi confessò tutto, non volendosi immischiare in losca faccenda.

211. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 561-564

Nè men sommo fu nelle parti promiscue come nel Benefattore e l’Orfana, nel Chirurgo e il Vicerè, nel Filippo, nella Malvina, nella Leggitrice, e soprattutto nel Papà Goriot, lottando col difetto della voce aspra e chioccia, e vincendo gloriosamente, da farsi dire l’emulo e il successore degno del grande Vestri.

212. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »

[2] Roma, che in ogni tempo si dichiarò protettrice delle arti e delle lettere, perché le une e le altre servono ad abbellire il maestoso edifizio della religione, come perché questa nuova maniera di signoreggiare negli animi si confà molto alle mire di quella Capitale del mondo cristiano, e perché gli avanzi non anco spenti della sua grandezza la richiamano ogni giorno allo studio dell’antichità il quale tosto o tardi conduce al buon gusto, doveva parimenti promuovere la musica e la poesia. […] Non è che i Francesi non avessero anche avanti notizia di qualche spezie di rappresentazioni musicali, poiché senza risalire fino a’ provenzali, che furono i primi a introdurle in Italia, sappiamo ancora che erano conosciute fin dai tempi di Francesco I, il quale fece venir da Firenze parecchi uomini celebri in questo genere, annoverandosi tra loro corte il più distinto un certo Messer Alberto chiamato dall’Aretino in una lettera scrittagli nel 6 di luglio del 1538: «lume dell’arte, che l’ha fatto caro alla sua Maestà e al mondo». […] Spero che le cose che sono per dire abbiano a interessare la curiosità del lettore, trattandosi di un paese che ha rivolti verso di se gli occhi di tutta l’Europa, e che famoso è divenuto oggimai non meno per la sua passata barbarie che per il presente splendore.

213. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VIII. Teatri materiali. » pp. 213-236

Quando poi si costruirono edifizii chiusi addetti unicamente agli spettacoli scenici, essi presero la forma di quelle case e corti nella costruzione de’ palchi superiori, e della platea, e dello scenario inferiore che ne occupava una porzione, e ritennero il nome di corales. […] Con tali provvidenze non rimase alla mala intesa libertà la testudine de los sombreros gachos e il presidio delle grida e fischiate, nè i recessi e l’oscurità de corridoi bastarono ad assicurare alla plebe prima indocile l’impunità contro le disposizioni del vigilante rispettato Presidente. […] Certo è che dopo di tal raccolta manca ancora a culta nazione una scelta di componimenti teatrali ragionata, campo ben glorioso da coltivarsi da un letterato filosofo nazionale fornito di gusto, di buona fede, d’imparzialità, di lettura e di senno, il quale sappia sceglier bene, e vagliar meglio non tanto i difetti, quanto le bellezze de i drammi.

214. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Di Venezia, 21 marzo 1620.Venezia, 16 di giugno 1618. » pp. 513-520

E infatti : che ci sarebbe stato a fare quell’Innamorato accanto a due grandi nello stesso ruolo : Orazio Padovano e Adriano Valerini ? […] r mio, son povero , ma son generoso, et confesso il vero, son persona dolce, ne so far male a chi mi riverisce. […] A. che di questo negozio non se ne tratti, perchè non è proporzionato alla sua Grandezza, che quattro commedianti si allontanino dal suo gusto, et che lasciando in parte il dovuto rispetto non stiano mai d’accordo in sieme, come al certo non starebbon questi, et tanto meno in Francia nel Teatro di gran Corte ; e V.

215. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO III. Teatri Orientali. » pp. 23-39

In vasto impero essa avea luogo iu tutte le occasioni più sollenni. […] Mancano dunque i Cinesi di arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande, atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel veroa L’ultima opera del riputato Guglielmo Robertson sulla Conoscenza che gli antichi ebbero del l’India, ci presenta nel l’Appendice la notizia di un altro dramma orientale scritto intoruo a cento anni prima del l’era Cristiana.

216. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO II. Pastorali Italiane del XVII secolo. » pp. 274-291

Non pertanto il Bonarelli compensa con varie bellezze la scelta di quel possibile straordinario che i difetti dello stile, e tali bellezze la preserveranno dalla totale dimenticanza. […] L’amore della poetica armonia che bevve il Peri in bei fonti, gl’ispirò l’ardente desio di verseggiare, e compose alcuni poemi e le riferite pastorali, nelle quali egli stesso rappresentava in compagnia di altri caprai.

217. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »

Queste bellezze parziali, alloppiando in particolar modo gli orecchi dell’uditore, hanno fatto ch’ei cerca di gustarle separatamente dalle altre, e che non ritrova nella melodia vocale un compiuto diletto se non gli perviene ai sensi accompagnata dal colorito forte degli strumenti. […] Le molte comparazioni che arricchiscono le sue arie, e che tante e leggiadre pitture contengono degli oggetti fisici della natura, hanno per necessità dovuto aprire un vastissimo campo all’uso, varietà e forza degli strumenti. […] Zenobia scaccierà via dalla sua presenza l’amato Tiridate perché la sua virtù la costrigne a levarsi dagli occhi un caro e pericoloso oggetto, ma nell’atto di profferire colla bocca il fatale decreto gli strumenti coi loro suoni non altro spiranti che tenerezza ci faranno intendere quanto costi al cuor di Zenobia quel rigore apparente. […] La famosa legge di continuità cui il famoso Boscovich applicò felicemente alla fisica, è non meno riferibile alle produzioni dell’arte che a quelle della natura. […] Di più, questo metodo condurrebbe ben tosto la musica teatrale ad una sgradevole monotonia, poiché, avendosi a rendere la passione che domina per tutto il dramma, l’uditore sarebbe costretto a sentire fin da principio quel gener medesimo d’armonia, che gli toccherà poi in sorte d’ascoltare lungo tempo, e che dee per conseguenza essere dal compositore sobriamente dispensato affine di non cadere nel vizio distruggitore d’ogni più squisito piacere qual è la sazietà.

218. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VIII. Commedia turca. » pp. 422-425

Nel secolo XVI quella nazione avea una milizia la meglio disciplinata di tutta l’Europa, alla quale se si fosse rassomigliata l’odierna di Mustafà, il trionfarne avrebbe costato assai più al general Romanzow che ne ha riportata compiuta vittoria sotto gli auspici dell’immortal genio di Caterina II.

219. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 574-575

Cominciò a recitar da prima donna il 1756 nel Teatro della Sala di Bologna, e vi piacque assai nelle commedie improvvise, come nelle scritte.

220. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

Porrò fine facendo di passaggio un qualche motto della lunga controversia che durò lungo tempo tra gli eruditi, e che non può ancora dirsi spenta intorno alla natura degli accenti. […] Non tosto la scopersero che si fecero un religioso divieto non dico di corromperla ma persin di metterla fuori di luogo; cosicché ne’ templi ch’essi ergevano agli dei, non solo faceano mostra delle più belle proporzioni, ma applicavano ad ogni divinità l’ordine che più s’acconciava al suo carattere. […] E siccome giusta l’osservazione de’ veri filosofi il canto in ogni lingua debbe essere vario come lo è l’accento naturale, (poiché altrimenti ciò ch’esprimerebbe bene una passione in una lingua, la esprimerebbe male in un’altra) così io soggiungo che codesti suoni debbono essere conformi a quelli di cui abbonda il linguaggio della nazione. […] Nel primo discorso, risalendo all’origine de’ nostri sentimenti si tratterà delle intrinseche relazioni poste dalla natura fra i nostri sensi esterni che interni con tutto ciò che forma l’oggetto delle belle arti, e delle belle lettere, dove si farà vedere ridursi esse tutte quante in ultima analisi alla fìsica sensibilità ed alla fìsica organizzazione prime sorgenti del piacere ch’esse ci apportano. […] Metastasio degno alunno ed è di grand’uomo, il Riccoboni, l’Ab.

221. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

L’ingegno consiste nel concatenar aggiustatamente i pensamenti de’ personaggi nelle circostanze in cui si trovino, che gli eventi sembrino fatali, e lo spettatore possa pensare che posto egli stesso nella loro situazione, si appiglierebbe al medesimo partito, e non fuggirebbe l’istesso destino. […] Le avventure delle persone eroiche chiamano sempre l’attenzione delle nazioni intere; dove che negli avvenimenti de’ cittadini prendono parte solo i particolari; quindi é che la tragedia detta cittadina, cara ai francesi di questi ultimi tempi, riesce meglio su’ piccioli teatri delle società private che sui pubblici. […] Pessimo quando per piccola cosa si offende in tante guise il verisimile, si accumulano eventi l’un sopra l’altro senza maturarli, senza digerirne le circostanze, e si salta ora in un luogo, ora in un altro. Per piccolo oggetto tante esenzioni, privilegi, e franchigie? […] Non può terminar vaga scena con una osservazione né più vera, né più gloriosa per l’umanità.

222. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Di più dico, che l’aspetto della sua disGrazia è momentaneo e privo di quella parte che chiamasi da greci πάθος, che la sua morte pare così accessoria alla tragedia. […] Laonde non resta nascosta sotto la sembianza del vero l’economia della favola. […] Li Francesi quasi sempre l’osservano e si possono dire inventori di bella legge, benché a dir vero certi moderni non abbiano sempre un ordine naturale, come Cornelio e Racine. […] A me sembra che quelli come questi diano sopra modo negli estremi. […] Nonpertanto non era lecito ascriverle carattere fantastico.

223. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO VII [IV]. Teatro Lirico: Opera Comica: Vaudeville. » pp. 192-230

Simili dilettevoli rappresentazioni chiamarono gran concorso che ingelosiva gli altri attori, ond’è che si divietò a tali attori della Fiera di più recitarle. […] Madama Dulinval non la crede capace di infame convenzione; ma ad una nuova visita di Furard, essendosi tenuta celata, si assicura di avergli egli detta la verità. […] Sembra che non abbia in seguito ottenuti favorevoli suffragii, giacchè trovo nell’Anno VIII teatrale francese il seguente giudizio: Zoe, où la Pauvre Petite, pauvre petite piéce de Bouilly; pauvre petite musique de Plantade; pauvre petit succès; pauvre petite recette. […] Cinna e Atalia (al dir del medesimo autore) doveano rappresentarsi in meschini edifizii, e con decorazioni così grossolane? 

224. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « [Dedica] » pp. -

Si desiderava un com-piuto ragionamento storico di utile argomento, e tale sembrami questo, di cui si chiede la licenza della stampa. […] Un’opera così ripiena, e di disegno grande, suppone senza fallo un uomo di spirito, di studio, e di genio proprio a tal mestiere; e l’autore fin dalle prime pagine di quest’eccellenti qualità dubitar non ci lascia.

225. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VII. Opera musicale nazionale ed italiana. » pp. 195-212

; lasciamo quel suppongo yo mas , espressione castigliana, , ma troppo famigliare per un dramma eroico. […] È mentecatta questa insipida figlia del frigio Briseo, ovvero La Cruz che le somministra strani affetti ed espressioni?

226. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

Non è adunque da maravigliarsi che i vizi d’un cattivo esemplare si propagassero ai melodrammi francesi, e che questi sprovveduti d’ogni poetico pregio cadessero nello stesso avvilimento in cui erano caduti in Italia. […] Niun poeta francese, compreso anche lo stesso Boeleau che il deprimeva ingiustamente, l’ha uguagliato, quando egli ha voluto, nella sublimità e nella forza della espressione. […] Ciò non poteva fare a meno di non cagionar lentezza e languore nell’azione che nella musica.

227. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CONCHIUSIONE. Dell’antica storia teatrale. » pp. 239-246

Dove siffatti atleti coglievano palme invidiabili, si presenta Euripide, ed occupa il raro intatto pregio di parlare al cuore avvivando col più vigoroso colorito tutte le interne mozioni che alla compassione appartengono.

228. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 954-957

Egli fu dotato di eccellente natura, che soleva alle volte un’intera commedia far da sè solo, rappresentando varj personaggi ; e quando soleva rappresentar qualche Donna, non usciva già adornato d’abiti femminili ; ma faceva dentro la scena la voce femminile agli spettatori sentire, con ammirazione, e diletto non ordinario.

229. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 297-298

Fu anche direttore della Compagnia Nazionale, e socio di Ermete Zacconi, ma il suo nome più che all’arte del recitare egli legò all’opere sue drammatiche, nelle quali è sempre un sapore italianissimo di sana commedia, e delle quali alcuna vive tuttora ne' repertorj delle compagnie dialettali che italiane, come l’Amoreto de Goldoni a Feltre, il Tiranno di San Giusto, l’Onorevole Campodarsego, Dall’ombra al Sole.

230. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Da questa favola del Gongora si vede che la commedia spagnuola non è sempre onesta matrona qual se l’immaginava l’innocente Saverio Lampillas. […] Nell’atto II i maneggi di Elena fanno che per due anni e mezzo nè le lettere di Diego giungano alla cugina, nè quelle di lei sieno a Diego indirizzate. […] Ah per caro Nome che meritai qualche momento, Signor, pietà, mercè, Deh non lasciarmi, oimè! […] Qual gloria alla nazione numero grande di talenti abbandonati al trasporto di una immaginazione calda e disordinata, ed innamorati di un parlar gergone metaforico enimmatico gigantesco? […] Ciò è tanto più sconvenevole, quanto più Jarba che viene in iscena tardi, si dimostra ben lontano da ogni fierezza, dotato di un cuor compassionevole e religioso.

231. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

«Ah, dice Comala, altri esser non può che il nemico di Comala, il barbaro figlio del re del Mondo… O spirito di Fingal, vieni, e dalla tua nube regola l’arco di Comala, che il tuo nemico cada come una lepre nel deserto… Ma che vedo! […] Quanto poi alla morale istruzione, di grazia che mai può imparare da simili esempi un popolo, in cui passeranno molti e molti lustri senza che in esso avvengano misfatti atrocemente combinati? […] Terenzio e Moliere, dirò sempre, si leggono e si encomiano dapertutto, perchè dapertutto oggi s’ imitano poco? […] Dopo la Nelly, cioè Elena Guyn attrice comica cara al re Carlo II, fiorì la celebre Ofields ammirata in vita, e sepolta poi accanto ai grandi poeti del suo paese in Westminster. […] La regina Elisabetta che amava la melodia e che volle spirare ancora ascoltando un concerto di musica, contribuì agli avanzamenti di bell’arte, prendendone in parte il gusto dall’Italia dove fioriva.

232. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Ma è poi vero che alterò sempre la semplicità e verità della natura nell’imitare le greche tragedie, e che corruppe, come altri disse, quel vin Greco sano e grato colla sua mordente acquavite? […] Il giudizioso leggitore ammirerà gravi e saggi concetti senza fermarsi nel bisticcio, O tumide, rerum dum secundarum status Extollit animos, timide cum increpuit metus. […] l’uomo di buon gusto e discernimento quì vede il poeta, quando aspettava di vedere quella medesima madre trafitta e al vivo scolpita nell’atto terzo. […] Uno studio continuato di mostrare ingegno ad ogni parola fa che l’autore si affanni per fuggire l’espressioni vere e naturali, e per correr dietro a un sublime talvolta falso, spesso affettato e sempre nojoso per chi si avvede della fatica durata dall’ autore a portar la testa altà e a sostenersi sulle punte de’ piedi. […] Il carattere di Dejanira bello e naturale presso Sofocle, diviene grossolano nella tragedia latina, e stanca il leggitore nell’atto secondo con mille discorsi che per far senno potevano omettersi.

233. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

Ben pochi, forse nessuno : ma io  : e dico con orgoglio a Clementina, e con rammarico per le altre — che ella fu grande, perchè fu vera, vera nel vero patologico e non in un forzato e ricercato verismo con combinazioni di nervosità che fanno della verità una menzogna, dell’arte un giuoco di prestidigitazione ! […] Quand’Ella appare, da’suoi labbri move uno spirto d’amore e di pietate, ch’empie ogni petto di dolcezze nove, che fa dire altrui : Quei che comparte il ben quaggiù, La diede a questa etate per mostrar quanto può natura ed arte. […] Padrone Ha piacciuto a Iddio doppo tanti anni di visitarmi con un figliuolo, il quale mi è stato caro, come figliuolo, ma molto più caro per haver ritrovato al mio ritorno di Ferrara che l’hanno rassegnato sotto il patrocinio di V.  […] Ad altro, avvezzo alle adulazioni di una mala pratica, scrive (XLIII) : S’io dicessi d’ amar assai più la vostra della mia salute, e ch’ io vorrei poter aggiunger a i giorni della vostra vita que’ della mia, userei di quelle parole, che sogliono usar i corteggiani desiderosi di farne baratto in tante pensioni : Ma perchè da voi altro non voglio, se non corrispondenza a non voler nulla da me, vi dico, che non più di me, nè quanto me v’ amo : ma ben tanto, che niuno dopo me amo più di voi.

234. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 958-966

Della Flavia non ne parlo, poichè è la meglio seconda donna che reciti, per il premeditato quanto per l’improviso. Trovarebbe ancora il nostro Pantalone buono per la lingua matterna, quanto per la pratica dei soggietti antichi e moderni.

235. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 2 pp. 2-245

Sì, , ma il cortile addosso ?  […] Statira in grave frangente prende la parte de’ Greci, mentre Rossane si dichiara contro di loro presso Alessandro. […] Poteva nascere da molle e melenso padre l’eroico, il romano Attilio Regolo Metastasiano ? […] I loro disegni non furono ricchi e giudiziosi, non originali o quasi tali le invenzioni. […] No, un quartetto ; qual più tragico scioglimento in perigliosa contesa !

236. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO V. Produzioni comiche di Commediani di mestiere nel secolo XVI. » pp. 256-264

Certo è poi che fra gl’Italiani la decisione del Deoina, che franco decreta in tutto quel suo Discorso, è molto più manifestamente opposta alla verità.

237. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 678-680

Ritirai la commedia tre giorni dopo, ed il medesimo giorno diedi ai comici l’altra ch’ io avevo scritto ; e copiate le parti e provata e rappresentata, comparve un’altra, e riuscì bene che niente più si poteva desiderare.

238. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 728-730

Non è empio ne’ suoi costumi il guerriero.

239. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 147-149

.), di cui non potè facilmente cancellar la memoria, a cagione, in ispecie, della voce aspra e nasale.

240. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 337-341

Veramente, oggi che l’arte drammatica mostra di tendere alla radicale rinnovazione del dramma storico, mirando in ispecial modo alla ricostruzione fedele dell’ambiente, la Messalina di Pietro Cossa, che pur segnò al suo apparire un gran passo nel progresso della scena, non mi pareva tale da invogliare un’artista a infonderle nova vita.

241. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Da questa favola del Gongora si vede che la commedia Spagnuola non è sempre onesta matrona qual se l’immaginava l’innocente Lampillas. […] Quando anche Filippo non ne avesse dato che il solo piano, come molti stimano, essa merita di conoscersi originalmente in grazia del coronato inventore, che per la commedia stessa la quale da un secolo e mezzo quasi ogni anno si rappresenta in Madrid. […] Nell’atto II i maneggi di Elena fanno che per due anni e mezzo nè le lettere di Diego giungano alla cugina, nè quelle di lei siano a Diego consegnate. […] Ah maledetto sia l’infame, il falso, Il comprato messaggio, onde mi vedo A misero stato oggi ridotta! […] qual gloria alla nazione gran numero di talenti abbandonati al trasporto d’una immaginazione calda e disordinata e innamorati di un parlar gergone metaforico, enimmatico, gigantesco?

242. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

indi affrettando la notte troppo lenta ai pudici suoi desideri, ripiglia: «Graditi orrori, Coprite il dì: Ammantate l’eterea mole Se fra l’ombre degg’io godere il Sole.» […] [16] Minore fu il contagio nelle opere buffe perché avendo in esse meno luogo il maraviglioso più ne rimaneva pei caratteri, e perchè il loro stile più vicino al familiare non ammetteva le frascherie e gli stravizzi dell’eroico.

243. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525

Ho amato quella Celia che dissi, ma l’alterezza di questa balordella (benchè adesso il suo amore mi prometta e mi preghi) mi ha di maniera contro di lei alterato, che ad ogni mio potere mi sono disposto, aborrendo le sue nozze, di conseguire una giovine che alberga in quella casa il cui nome è Lauinia, figlia d’un mercante honorato, e non disuguale a me di parentado, alla quale risolvo di scrivere una lettera, e farne voi il portatore, come sarete a lei il primo palesatore delle mie affettioni. […] Onde conviene che ringrati Amore che mi porge occasione di sopportare lo impossibile per il gusto di una bella causa, misurando il mio cuore alla grandezza delle mie passioni.

244. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

[3] Posta la prima legge fondamentale del dramma, la filosofia propone a sciogliere il seguente problema : Data la intrinseca unione della poesia colla musica, quai mutazioni debbono sultare da fatto accoppiamento in un tutto drammatico. […] A mascherare maggiormente l’errore contribuisce la musica strumentale, la quale accoppiatasi colla vocale rende più forte, e più durevole la sorpresa, e trattenendo l’uditore della sua dolcezza, fa ch’ei non si avvegga della sua illusione, come il cinto misterioso d’Armida impediva Rinaldo dal conoscere ch’era incantato. […] Codesto genere, che appartiensi perfettamente al narrativo, è quello che caratterizza il recitativo semplice, di cui sono proprie siccome d’ogni altra narrazione la perspicuità, la chiarezza e la brevità, osservando che l’ultima di queste doti è più necessaria nell’opera che nella tragedia per la strettezza, e rapidità che la musica esige, e perché, essendo il canto o la melodia l’ultimo fine della musica imitativa, l’uditore è impaziente finché non arriva a conseguirlo. […] La fantasia ripiena di ciò che le vien tramandato per mezzo degli organi non sa creare se non immagini corrispondenti a quello che vede, e l’uomo, sul quale ha codesta facoltà grande imperio, non sa immaginare le cose anche più astratte se non rivestite delle proprietà che osserva negli oggetti sensibili. […] Il motivo del dubbio è ch’essendo l’opera, siccome si è veduto, un componimento fatto per dilettare l’immaginazione e i sensi, pare che ad ottener un tal fine siano più acconci degli altri gli argomenti favolosi, ne’ quali il poeta, non essendo obbligato allo sviluppo storico de’ fatti, può variare a grado suo le situazioni, può essere più rapido ne’ passaggi, e può accrescere, e sostener meglio l’illusione, somministrando all’occhio maggior copia di decorazioni vaghe, nuove, e maravigliose.

245. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Aggiungansi a ciò le nominate tragedie di Curiazio Materno esaltate dall’autore del dialogo sulla corruzione del l’Eloquenza; quelle di Pomponio Secondo distinte per l’erudizione e per l’eleganza; la Medea di Lucano; l’Agave di Stazio bene accolta in Roma, ed encomiata dal satirico Giovenale. […] Ma è poi vero che alterò sempre la verità della natura nell’imitare le greche tragedie, e che corruppe, come altri disse, quel vin greco sano grato colla sua mordente acquavite? […] l’uomo di buon gusto e discernimento quì vede il poeta, quando aspettava di vedere quella medesima madre trafitta e al vivo scolpita nell’atto III. […] Uno studio continuo di mostrare ingegno ad ogni parola fa che l’autore si affanni per fuggire l’espressioni vere e naturali, e per correr dietro a certo sublime talvolta falso, spesso affettato, sempre nojoso per chi si avvede della fatica durata dall’autore a portar la testa alta e a sostenersi sulle punte de’ piedi. […] Il carattere di Dejanira bello e naturale presso Sofocle, diviene grossolano nella tragedia latina, e stanca il leggitore nel l’atto II con mille discorsi che per far senno dovevano omettersi.

246. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Eranvi dunque in Grecia nel duodecimo secolo musici castrati: ma dal non trovarsene poscia fatta menzione può argomentarsi che fosse cessata bella usanza di assottigliar la voce per l’ordine de’ cantori. […] Possiamo dunque con molta probabilità affermare che almeno sino ai primi dieci anni del secolo XVII i teatri Italiani non risonarono delle note di tali cigni infelici che mercano a gran prezzo l’inutile acutezza della voce. […] Un filosofo Italiano per amor dell’umanità impiegò le sue meditazioni per salvar dalla morte gli uomini rei; or non sarebbe ancor meglio impiegata la voce dei dotti a muovere la potenza e la pietà de’ Principi Spagnuoli ed Italiani per salvar tante vittime innocenti dalla spietata ingordigia che consiglia e perpetua barbara ed umiliante mutilazione? […] Gli altri teatri Veneti per lo più inalzati sopra rovine di antichi edifizj, appartengono parimente al secolo XVII (a riserba di quello di San Benedetto); ma niuno di essi sembra degno di cospicua città, la quale può gloriarsi di aver prima di ogni altra avuti teatri costruiti a norma del compasso immortale de’ Palladj e de’ Sansovini. […] Roma non ha un teatro moderno corrispondente a famosa capitale.

247. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 8-13

Quindi é, che non tosto egli comincia a far pruova delle forze del proprio ingegno, che ne dirige le primizie a quella prima cagione, da cui sente interiormente di dipendere.

248. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo III. Teatri orientali. » pp. 14-18

Mancano adunque i poeti cinesi d’arte e di gusto ne’ drammatici componimenti, che seppero inventar a buon’ora; e con tanto agio ancor non hanno appreso a scegliere dalla serie degli eventi un’azione, per la verisimiglianza delle circostanze propria a produrre quell’illusione che sola può trasportar lo spettatore in un mondo apparente per insegnargli a ben condursi nel vero.

249. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIII. Commedia Mezzana. » pp. 141-150

Eccone la nostra traduzione: Non lasci tu di rompermi la testa Col nominar spesso Odeo, Liceo, Congressi di Termopile, e cotali Filosofiche ciance, ove di bello Nulla si scerne e d’increscevol molto?

250. (1878) Della declamazione [posth.]

Arte, che, parendo pur facilissima e di poca importanza, si trascura del tutto, o, ch’è peggio, si pratica viziosa e scorrettamente, che riesce poi quasi impossibile il correggerne le contratte abitudini; e quindi veggiamo degli adulti e de’ vecchi leggere e pronunciare malamente, che lungi d’interessare, annojano e ributtano chi pazientemente gli ascolti. […] Ciascuna di queste passioni ha i suoi modi, la sua lingua, i suoi gesti, e risentiti e propri, che si può l’una dall’altra agevolmente distinguere. […] La differenza è per l’ordinario picciola e sfuggevole, che o non si potrebbe distinguere, od anche distinta non si potrebbe con parole equivalenti indicare. […] Ed era di tempra dura o piuttosto stemperata quell’attrice, a cui la maestra dicea per porla nello stato di un’amante tradita: Si vous étiez abandonnée d’un homme que vous aimeriez tendrement, que feriez-vous? […] In tutti i monumenti più insigni delle belle arti si osserva questo accordo e questo disegno; ma non sempre e facilmente nella declamazione.

251. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO V. LIBRO VII » pp. 107-140

Quantunque il Nicomede non iscarseggi di difetti, nè sia argomento che si elevi alla grandezza e al terror tragico pel viluppo che per la qualità de’ caratteri di Prusia, di Arsinoe e di Flaminio; pure il cuor grande di Nicomede innamora, e porta la magnanimità a un punto assai luminoso. […] Collè di gusto migliore gli avvertì che tali amori raffreddavano tutto il resto in argomento tragico. […] Le situazioni patetiche che vi regnano, l’interesse che produce, la pompa dello spettacolo e dello stile (che però talvolta eccede, e cade nell’enfatico) ed il personaggio di Zuma rappresentato in quell’anno con molta energia da madamigella Rancourt, tutto ciò fa che questa tragedia non lascia di ripetersi ancor ne’ tempi correnti.

252. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VII. Teatro Lirico Francese, e suoi progressi per mezzo del Lulli, e del Quinault. » pp. 245-266

Mai vaga e lieta io non ti vidi!

253. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

Buon per me che il rimprovero non cade sopra di me soltanto, ma sopra d’uno scrittore il quale s’inalza per comune opinione nella teorica che nella pratica della musica tanto al di sopra di tutti i critici giornalisti. […] Ecco il perché la novità degenera spesso in licenza nelle materie di gusto, e perché il rispetto per gli antichi e così commendabile, quando non si converte in fanatismo o in idolatria. […] [78] Il giornalista somiglia a quel Margita celebrato dai maestri di rettorica del secolo scorso, il quale, quando vedeva incurvarsi sotto l’acqua una parte del suo bastone, invece d’attribuirlo ad un’inganno della propria vista, credeva che il bastone si fosse realmente sotto l’onda incurvato. […] Ma non si contenti di dirci un e un no, poiché il e il no in buona logica lasciano le cose come si stavano. […] «De’ quali pregi (seguita il nostro Margita musicale) se gli stranieri giusti ed imparziali non fossero persuasi, non verrebbero spesso in Italia, chi per vederla e goderla, chi per istruirsi.»

254. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 426-430

Hora , che son contento.

255. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 995-998

La giovine, che prendi per tua Sposa è garbata, virtuosa e onesta, che fra le gemme è gemma prezïosa.

256. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 87-90

Gli scatti subitanei, le improvvisazioni inattese, e diciam pure gl’improvvisi lampi d’arte della Tessero mancavano a Virginia Marini ; ma nella grande, grandissima artista del momento mancavan le elette qualità dell’altra, che, se bene un po'meccanicamente, si mostrava tutte le sere colla stessa voglia, colla stessa arte, cogli stessi mezzi, che formaron lungo tempo l’idolatria del pubblico pagante.

257. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

La bella Donna mia         Già cortese e pia,         Non so perché,         So ben che mai         Non volge a me         Quei dolci reti:         Ed io pur vivo e spiro! […]          Angue crudo e spietato,          Che celato giacea tra fiori, e l’erba,          Punsele il piè con maligno dente,          Ch’impallidì repente,          Come raggio di Sol, che nube adombri. […] Se scintilla ancora          Ti scalda il sen di que’ cari ardori          Senti, mia vita, senti          Quai pianti e quai lamenti          Versa il tuo caro Orfeo dal cor interno. […]         Quel dir m’ingannò,         Che Amor gran tempo odiai,         Temendo affanni e guai.

258. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VI. Teatro inglese, alemano, e spagnuolo del medesimo nostro secolo. » pp. 389-417

Terenzio e Molière si leggono e si encomiano da per tutto: perché da per tutto s’imitano poco250? […] Ah, mio caro, ella risponde; sento venir qualcheduno: ho paura che ci osservino, che ci ascoltino: io men vado, fingendo di essere in collera con voi, ma non mi seguite presto ciocché non s’insospettiscono». […] L’autor filosofo, retrocedendo fino ai tempi primitivi, ha conseguito di afferrare i veri pensamenti che doveano occupar il primo uomo nella sua prossima dissoluzione; e con un fatto comune, com’é la morte naturale di un uomo decrepito, é pervenuto a cagionar quel terror tragico, che in vano tentano di svegliare tante favole romanzesche, tanti delitti atroci spiegati con tutta la pompa nelle odierne tragedie cittadinesche inglesi e francesi. […] IV pag. 86, opere periodiche assai pregiate del signor abate Arnaud, membro illustre dell’Accademia Francese, come della stimabilissima Accademia delle Iscrizioni e Belle-Lettere, ed uno dei più fini e dotti critici e conoscitori delle belle arti che abbiasi oggidì l’Europa, non che la Francia.

259. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

Ad esser teco crudel? […] Ah, , tu il sei. […] Sì, ; ma il cortile addosso? […] A quest’aria bene espressa e fondata si appicca una coda di rimproveri, onde ardiscono insultarla ancora Ricimero ed Almonte. […] Un quartetto: scioglimento tragico ed eroico in pericolosa contesa!

260. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IX. Stato presente degli spettacoli teatrali. » pp. 426-437

Avvegnaché poi alcuni scrittori comici non abbiano composto in quel genere di commedia che Molière portò a alto punto, e che Goldoni avea cominciato a risuscitar sulla Senna col mentovato Stravagante Benefico, pure i signori Palissot, Collé, e Beaumarchais han mostrato sufficienti talenti comici, e l’ultimo di essi é riuscito in un genere che ha degenerato in vizioso nelle mani di Falbaire, Mercier, Sedaine, e di altri, i quali erano nati per maneggiar maravigliosamente le passioni, se non si fossero fatti trasportar dalla corrente delle commedie piagnevoli e delle tragedie urbane difettose, cioé di quelle che accoppiano a’ fatti tragici qualche carattere comico266. […] Migliavacca autore della Tetide e dell’Armida, Coltellini dell’Almeria e dell’Antigona (che io non ho ancor veduta), e Vittorio Amedeo Cigna di più d’un dramma tollerabile, non hanno la delicatezza, il sublime, il patetico, la maestà, l’eleganza, il calore dello stile di Metastasio; i loro disegni non sono ricchi e giudiziosi, le loro invenzioni non sono originali, o da passar come tali, i loro colpi di teatro, i loro quadri spariscono a fronte del colorito vigoroso di Apostolo Zeno, e di Pietro Metastasio270.

261. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 432-442

Giudicar Cesare Rossi nel periodo estremo dell’arte sua, quando le poche figure che ancor presentava, tra le tante che lo poser alto, eran già sbiadite, alternate con le figure nuove, a mostrar le quali il vecchio metodo e il vecchio spirito non eran capaci, è, per lo meno, ingiusto. […] I funerali furono una imponente testimonianza di affetto e di ammirazione a Bari, come a Fano, dove fu traslata la salma. « Non dimenticare che amò i giovani attori e li protesse, che fu buono, onesto e glorioso, e che a punto per la sua rettitudine preferì sempre l’arte sana, le persone buone, pochi ma sinceri amici. » Con queste parole il figliuolo chiude la sua memoria, ed io le metto qui come chiusa dell’articolo, chè non saprei trovarne di migliori.

262. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO III. Se ne’ secoli XIV., e XV. gl’Italiani ebbero Poesie Sceniche. » pp. 14-19

Il Signor Lampillas, cui incresceva di ciò vedere, volle dare ad intendere, che io poteva bene spacciare queste cose co’ poco instrutti, ma non con gl’illuminati, e bene informati della nostra Letteratura, tra’ quali conta forse sestesso.

263. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 922-927

Il ’59 partiron gl’ Italiani, ma per tornare il ’61, anche ’sta volta recitando alternativamente coi Comici di Molière, non più alla Sala del Petit-Bourbon, ch’ era stata demolita, a quella del Palais-Royal.

264. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 617-622

vii Vanne picciol mio parto Se ben pochi ornamenti hai dentro, e fuore, In mano a lei, ch'è de l’Italia honore ; Così t’auesse, acciò le fossi grato, Orfeo composto, e Dedalo legato, O almen fosse a l’Autore D'esser il libro suo dal Ciel concesso, Per viuer sempre a gran Donna appresso.

265. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 718-721

Ed è con l’accenno a grande idea, e con due parole di lieto augurio, ch'io metto fine al mio piccolo dire : Dio voglia !

266. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO V. Continuazione del teatro Latino. » pp. 222-242

L’Atellana era una commedia bassa ma piacevole, lontana alla prima da ogni oscenità e licenza scurrile (siccome nel secondo capo del presente volume abbiamo osservato), indi contaminata dall’esempio de’ mimi. […] Non era dunque l’esercizio del rappresentare quello che disonorava gli attori in Roma, ma bene la loro condizione di servi accoppiata alla vita dissoluta che menavano; là dove gli Atellani liberi, e morigerati sino a certo tempo, godevano della stima della società e delle prerogative di cittadini.

267. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

.° Signor Dottore suo fratello ; et l’altra (Isabella) è de’ Canali da Venetia, già figlia del Signor Paolo Canali ; come l’autore, in conformità del vero, un giorno a pieno farà intendere, e la cagione perchè fin ad hora si sieno chiamati degli Andreini…. […] Capitano Son quel grand valente capitano, che nacqui sol di rabbia e di furore, e al mondo non fu mai huomo inhumano, che quanto a me habbia messo terrore ; nè tampoco l’esercito Romano ha fatto in guerra mai tanto rumore, quanto che questo mio tagliente brando, che gambe teste e braccie vo tagliando. […] All’hora faref gros i boccò, e al desch starif semper sentat, fina che jaues tug in dol ventrò. […] Tanto potere e tanta forza tengo, ch’auanti a me non è nessun, che possa resistere ; e ben spesso a pugna vengo con Orsi e Draghi ; e fo la terra rossa del sangue loro, e a mensa mi trattengo con basilischi e Tigri, e in una scossa getto a terra le torri, e vo a dentro, che fo tremar l’abisso e tutto il centro. […] Chi udì mai più gran fracassamento, e proue alte e tremende che facc’io ?

268. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

E Siroe, Timante, Svenvango, Ezio, Arbace, e Megacle non fanno che s’abbia in maggior pregio l’umana spezie? […] Niun’altro possiede un alto grado l’eloquenza del cuore, né sa meglio di lui porre in movimento gli affetti, inviluppar gl’interessi e metter l’uno a cimento coll’altro, rilevar distintamente le circostanze che concorrono in un’azione, radunarle poi tutte nell’occasione, spiar i motivi più immediati, i più spediti, i più confaccenti col carattere della persona e più legati col suo particolar interesse. […] Non può negarsi che riflettendo a quella fecondità prodigiosa dell’Ariosto, che fila complicate e moltiplici per la lunga e difficil carriera di quarantasei canti continui è costretto a condurre: a quella varietà che maneggia tutti gli stili, che dipinge tutti i caratteri e che trascorrer fa il lettore dal sommo all’infimo con fortunatissimo volo; a quella evidenza di pennello, che atteggia ogni movimento, che colorisce ogni muscolo e che ti fa quasi vedere e toccare le cose rappresentate; a quella forza che pareggia in alcuni caratteri quella d’Omero, e che supera in molti la forza di Virgilio; a quella brillante ed ardita immaginazione, la quale tante e maravigliose stranezze gli fa trovare per via, e che eccellente il rende in ogni genere di descrizioni; a quella inarrivabile schiettezza di stile aureo sempre ed ingenuo, onde s’arricchisce di mille forme diverse la patria lingua, si dilatano i confini della elocuzione poetica, e il più compito esemplare si ricava d’imitazione. […] onor d’una nazione, che t’adorava nella tua vecchiaia dopo averti abbandonato nella tua giovinezza, e che vide con giubbilo premiati in un altro paese quei rari talenti ch’essa avrebbe dovuto conservare nel proprio, , tu saresti la Venere cui donerei il pomo della bellezza. […] Quando da bel fonte         Derivano gli affetti         Vi son gli eroi soggetti,         Amano i numi ancor.»

269. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIV. Intorno alla descrizione de’ Teatri materiali di Madrid, fatta nella Storia de’ Teatri. » pp. 207-213

Quando anche la magnificenza conveniente a una Corte di possente, e ricca Monarchia, richiedesse che alcuno di nuovo, e in migliore stato che non è quello de la la Cruz, se n’edificasse, per mio gusto sempre riterrei le medesime scalinate, e le divisioni di Cazuela, Barandillas, Gradas, Tertulla, Patio, e Lunetas, come proprie della nazione, che in fatti per i forestieri formano un certo vario giocondo spettacolo.

270. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 333-339

Torelli, la commedia ch’ebbe, e di santa ragione, festose accoglienze.

271. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 869-873

Naturalmente le notizie sul Ferravilla non possono esser diffuse come quelle di altri grandi che apparvero e appariranno in quest’opera.

272. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

La gratitudine, virtù facile a praticarsi, ove ci entra di mezzo l’inclinazione, le sollecitava spesso alla corrispondenza, onde nascevano quelli amori scambievoli, cagion delle tante e strane avventure che si leggono nelle vite de’ trovatori. […] L’abuso di modulazioni molli ed effemminate introdotte nel canto ecclesiastico, di cui altamente si lagnava Giovanni Sarisberiense, ci farebbe credere che la musica profana non andasse esente da simile difetto; tanto più che le poesie amorose e gentili, alle quali s’applicava comunemente, ne rendevano la mollezza assai più scusabile. […] [17] Il lavorar una canzone a ballo in occasione di tale e profonda tristezza qual è quella che dee opprimere un amante per la morte dell’oggetto che ama, è ugualmente contrario alla imitazion naturale di quello che sarebbe in un pittore il dipigner agghiacciati i fiumi posti sotto la linea equinoziale, o un bosco di cannella nel Settentrione. […] Se l’illustre storico della letteratura Italiana, che tant’onore ha recato alla sua nazione, ignorò il gran numero e il valore dei mentovati stranieri, i quali si portarono in Italia ad illustrar distintamente e gloriosamente la musica, noi non sapremmo se non istupire di tal negligenza meno scusabile trattandosi d’un’arte onde gl’Italiani vanno a ragione così superbi di quello che sarebbe stata in tanti altri punti poco interessanti, ne’ quali però ha egli avuta la compiacenza di fermarsi a lungo. […] [27] Merita particolar menzione bel componimento pregievole pieno di greco spirito, come per ritogliere dalla ingiusta dimenticanza, nella quale i critici italiani hanno lasciato cadere il nome d’uno de’ più illustri mecenati delle cose musicali quello fatto da Giovanni Bardi de’ Conti di Vernio a imitazione degli antichi Peani, o nomi Pitici, che si celebravano nella Grecia in onore d’Apolline.

273. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Si dovrà bensì maravigliare onde avvenga che in tanta luce di gloria, come abbiamo veduto balenare sinora, con numero grande di musici pregiatissimi e con tal fervore ed entusiasmo acceso per coltivare le scienze armoniche, pur tuttavia la musica non abbia in Italia prodotta la menoma particella degli stupendi prodigi che produceva in Grecia l’antica. […] S’ampliò il numero delle corde e de’ suoni negli strumenti, si confusero insieme le proprietà dei generi, dei modi e delle voci, né più conservò per l’avvenire l’applicazione delle cantilene ai loro rispettivi uffizi. […] Al vedere tanti e rapidi cangiamenti il comico Anassila ebbe a dire che la musica, agguisa della Libia, generava tutti gli anni un qualche mostro di nuova spezie113. […] Ma siccome a sviluppar bene tante e spinose materie vi si vorrebbe un intiero volume, e che altronde il fermarsi su tali cose non è necessario al mio assunto, così mi restringerò a toccar brevemente quei difetti che nella nostra musica impediscono, secondo il mio avviso, i maravigliosi effetti che dovrebbono attendersi dalla sua unione colla poesia. […] Che peccato, che fra le tante belle invenzioni di Pitagora si sia perduta anche questa, di cui gli innamorati d’oggidì n’avrebbero un grande e frequente bisogno!

274. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO I. Stato della poesia scenica in Francia. » pp. 65-76

Fu essa poi più tardi da un altro Francese rimpastata e riprodotta sulle scene, come diremo a suo tempoa, Quanto dunque comparve sulle scene francesi anche sotto Francesco I, era una mescolanza grossolana di satira, di religione e di scurrilità, che cominciò a scandolezzare e ristuccare il pubblico, e fece che i Confratelli perdessero il teatro, che tornò a convertirsi in ospedale.

275. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Dell’uso delle antiche Maschere. » pp. 290-297

Tanti rappresentatori e ballerini non mai comparvero sulla scena Greca a volto nudo, ma si coprirono di una maschera, la quale nè sempre fu la stessa, nè si usò sempre pel medesimo oggetto, nè presto servì per eccitare il rìso.

276. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO I. Stato della poesia scenica in Francia. » pp. 3-12

Quanto dunque comparve sulle scene francesi anche sotto Francesco I, era una mescolanza grossolana di satira, di religione e di scurrilità, che cominciò a scandolezzare e ristuccare il pubblico, e fece , che i Confratelli perdessero il teatro, il quale tornò a convertirsi in ospedale.

277. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 42-49

Bisogna aver paura che il gusto languisca. » A lui rispose l’Andolfati con lettera pubblicata per le stampe nel 1792, nella quale sono le stesse lagnanze, le stesse ragioni di oggidì : cita il caso frequente di commedie magnificate dagli attori e alla rappresentazione cadute per non più rialzarsi ; rimette in ballo la questione delle repliche, e raffronta, al solito, la Francia coll’Italia, annoverando i vantaggi di quella e le condizioni poco liete di questa ; e infine gli dà con molta sottigliezza una stoccata non lieve con le seguenti parole che riproduco testualmente : « Voi mi avete gentilmente prescelto per esporre con la mia compagnia qualche vostra produzione, che sarà certamente conforme alle rispettabili leggi, che vi compiaceste accennarmi : tutta l’ attività de’ miei attori, qualunque ella si sia, verrà impiegata per l’ esecuzione la più scrupolosa, avvalorata dall’ istruttiva vostra comunicativa ; desidero che corrisponda l’esito alle vostre ed alle mie brame : — a voi, per non aver saputo offendere il gusto del pubblico — per prender maggior vigore a perfezionarlo — e acciò non si tema che egli languisca — a me, per aver potuto sotto la vostra scorta contribuire a desiderabili conseguenze.

278. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68

Il primo è che egli non ha riflettuto, che tra un Poeta Cristiano e i Tragici Gentili in fatte cose non corre uguaglianza veruna; perchè se questi introducevano i loro Numi sulla Scena, ciò facevano per essere essa fondata sulla Religione, pel qual motivo nelle loro utili e necessarie Apologie si scagliarono contro gli spettacoli Scenici i Tertulliani, gli Arnobj, i Lattanzj, i Cipriani, i Giustini Martiri. […] Ma come fidarsi più d’inferire da quello che si predica quello che può eseguirsi, dopo l’esempio del Cervantes, che intorno al Teatro parlò bene, ed eseguì male!

279. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIII. » pp. 182-206

Questo solo in quanto avete detto è vero; nati sono i Poeti Scenici a dilettare ed instruire il Popolo, come dice Orazio; ed a tal fine si danno varie instruzioni intorno al buon gusto, che dee regolarli, se ne compongono tanti, come per saggi, per giugnere a quel punto di perfezione necessario, e se ne tessono Istorie ragionate, che con un colpo d’occhio espongano gli sforzi fatti dagli antepassati per conseguire fine bello. […] Egli a un bisogno le avrebbe trovate ancora nelle antiche Venazioni, ne’ Bovicidj, e, se non fosse Spagnuolo, le troverebbe nelle Feste de’ Tori care alla Nazione. […] E dove ha studiate pellegrine notizie questo Apologista?

280. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

Ma senza tali cose da non imitarsi, né approvarsi, Racine che conoscea bene i greci, studiava l’uomo, e si esprimeva con inimitabil nobiltà, leggiadria, ed eleganza, che mai avrebbe lasciato alla gloria della posterità? […] La francese adunque e la greca tragedia nel medesimo genere ci presentano due spezie differenti, che giudicar dell’una col rapportarla all’altra é veder le cose abbagliate, quali si veggono d’alto mare le terre che sembrano un gruppo di fosche azzurre nuvolette. […] Castilhon che con scarsa provvisione di fatti ha voluto darsi la briga, di filosofare, o per meglio dire di fantasticar sulle nazioni.

281. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Alcuni declamatori però traspiantati in Italia quando dalla Spagna si discacciò la Società Gesuitica, vennero ad inveire contro L’Italia per vituperosa consuetudine, e con filosofica saviezza si guardarono di accennare neppure a mezza bocea che la Spagna ugualmente partecipi di questa vergogna. […] Un filosofo Italiano per amor dell’umanità impiegò le sue meditazioni per salvar dalla morte gli uomini rei  or non sarebbe ancor meglio impiegata la voce de’ veri dotti a muovere la potenza e la pietà de’ principi spagnuoli ed italiani per salvar tante vittime innocenti dalla spietata ingordigia che consiglia e perpetua barbara ed umiliante mutilazionea ?

282. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184

E. permette che ogniuno possa spiegarle così le pretensioni come i disgusti particolari, non mancherò anch’ io, come gli altri àn fatto, scriverli ciò che l’animo mio sente, per discolparmi di quanto mi viene aposto, come per godere di quel privilegio che agli altri miei compagni V.

283. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — LIBRO VI » pp. 94-106

Ciò è tanto più sconvenevole, quanto più Jarba, che viene in iscena tardi, si dimostra lontano dalla fierezza, dotato di un cuor nobile, compassionevole e religioso.

284. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO III. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 125-139

) Egli ci obbliga ad apporre quì una breve analisi dell’Eccerinis, che per tempo assicura all’Italia il vanto di aver prodotta una tragedia di argomento nazionale , e non gia greco.

285. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO VI. Teatro Inglese. » pp. 291-300

Ma il celebre Wycherley caro alla duchessa di Cleveland favorita del re, e marito della contessa di Drogheda, il quale morì l’anno 1715, fu senza contrasto il miglior comico di quel tempo nell’Inghilterra.

286. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VI. Tragedia Cittadina e Commedia Lagrimante. » pp. 134-143

L’esperienza ne convince che il patetico per lo più si risveglia con un tratto semplice ma vero ricavato dal fondo del cuore umano; a che dunque caricar le tinte a alto segno?

287. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Pisa, li 13 agosto 1745. » pp. 192-197

Questa, , questa sarà la lancia e lo scudo, di cui armato andrò a sfidare i teatri tutti del mondo.

288. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 711-720

Propostogli poi dal re di Polonia, Augusto I, Elettore di Sassonia, di entrare al suo servizio, e da lui invitato a formar per quella Corte una compagnia di attori assai completa così per le commedie come per le opere italiane, egli si recò nel ’98 a Parigi, e bene compiè la sua missione, che il re Augusto gli mandò un titolo di nobiltà, creandolo cameriere intimo e custode del suo tesoro privato.

289. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 245-250

Beltà peregrina non invidia le più bell’opre di Canova e Fidia.

290. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 743-748

Lasciò tre figliuoli, tutti e tre soggetti di bell’ingenio, duoi dottori, uno di legge, l’altro di medicina, et un prete, ma ornati tutti di belle lettere in prosa che in versi !

291. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

Gli occhi nostri lo ritroverebbono senza dubbio biasimevole, né io voglio in modo alcuno giustificarlo avendo la fortuna di professare una religione non meno rispettabile per la purità della sua morale che veneranda per la santità ineffabile de’ suoi dogmi; ma riguardandolo unicamente con occhio politico, né potendo argomentare dalla profonda sagacità del legislatore di Lacedemonia che un bizzarro costume fosse privo d’ogni ragion sufficiente che rendesse non solo utile ma legittima la sua istituzione, bisognerà confessare, come dice un moderno filosofo, il quale aveva l’anima Spartana e le viste di Platone, «che l’usanza di cui si tratta conveniva solamente agli allievi di Licurgo; che la vita frugale e laboriosa, il costume puro e severo, la loro naturale robustezza d’animo erano qualità e circostanze atte a render innocente uno spettacolo così stravagante per qualunque popolo non d’altre virtù posseditore che della sola decenza» 162. […] Il mio metodo non mi permette il trattenermi a narrare i progressi di quest’arte sotto gl’imperatori, né i miracoli de’ celebri pantomimi che tanta impressione fecero su i Romani, e pericolosa influenza ebbero sulla loro libertà e su i loro costumi. […] Conseguentemente a quanto si è detto la mimica eroica dev’essere più scarsa di modelli che non la pantomima comica, perocché nella prima l’influenza di quella qualità, che si chiama “politezza”, non può far a meno di non rendere i personaggi sublimi che vi si rappresentano, misurati, contegnosi, e lontani da quello sfogo spontaneo onde traggono i gesti la loro espressione; dovechè nella seconda la più rozza, o se vogliamo pur dirlo, la men travisata educazione, rendendo le persone imitate più spensierate e più schiette, fa che s’abbandonino al loro istinto con minore ritegno secondando più liberamente gl’impulsi della loro sensibilità. […] Ma la necessità d’un meschino ripiego che spesso è insufficiente a capir l’orditura, e che sempre ne distrae l’attenzione dello spettatore dividendola fra lo spettacolo e il libro, non pruova ella più d’ogni altra cosa che i balli sono altrettanti enimmi, i quali hanno bisogno di commento e d’interprete? […] Ciò si scorge ora nell’adoperar che fanno spesso e senza verun discernimento il ballo chiamato “alto” dai facoltativi, il quale per ogni buona ragione dovrebbe dal teatro pantomimico onninamente sbandirsi siccome quello che nulla immitando, ed ogni muovimento del corpo ad una insignificante agilità riducendo, è inutile a produrre qualunque buon effetto drammatico; ora negli atteggiamenti uniformi e consimili con cui si presentano in iscena, cosicché in ogni circostanza, in ogni situazione, in ogni carattere ti si fanno avanti colla testa sempre alzata ad un modo, colle braccia incurvate a foggia di chi vorrebbe volare, coi talloni in aria sospesi, o premendo il terreno leggierissimamente come se Ninia, Ulisse, Idomeneo, Telemaco venissero allora da una sala da ballo dove pigliata avessero insieme lezione da uno stesso maestro; ora in quella smania di far ad ogni menoma occasione brillare le gambe quasiché in esse riposte fossero l’imitazione della natura e l’espressione degli affetti, e non piuttosto nei muovimenti delle altre membra, negli occhi e nella fisionomia lasciati per lo più da essi pressocchè inoperosi e negletti.

292. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « LETTERA » pp. 3-14

Ella potrà bene stimare insufficienti le mie risposte, ma non già dire, che io abbia o dissimulate le sue ragioni, o risposto ad argomenti con invettive.

293. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo V. Stato de’ Teatri in Francia, Inghilterra, e Alemagna nel medesimo Secolo XVI. » pp. 242-251

Gli attori non erano pubblici commedianti, ma bene persone di nome, tra’ quali due poeti Belleau e La-Peruse.

294. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO VI. La Drammatica oltre le Alpi nel XV secolo non oltrepassa le Farse e i Misteri. » pp. 186-200

Chi riflette alla vittoriosa forza della religione sugli animi umani, non istupirà dell’universale accettazione che ebbe importante argomento in tutta l’Europa Cristiana.

295. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica oltre le alpi nel XV secolo non eccede le Farse e i Misteri. » pp. 74-84

Chi riflette alla vittoriosa forza della religione su gli uomini, non istupirà dell’ universale accettazione ch’ebbe importante argomento per tutta l’Europa Cristiana.

296. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 697-702

MADRIGALE Flora di Palestina se rappresenti, o vaga, rapisci i cor ; com’ il tuo bel gli appaga ; e tra schiere d’ amanti porti d’ un ciel sereno in faccia i Vanti : ma poi se ’n gonna umil fatta pentita, piangi gli error della passata vita, fai ch’ ognun nel tuo dolore immerso il cor riacquista al ciel nel mal sommerso.

297. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

Lo stesso Grimm, che della Commedia Italiana si mostrò poco tenero, ebbe parole di calda ammirazione per lo spirito che il Bertinazzi sapeva mettere ne’suoi gesti, nella sua fisonomia, nelle inflessioni della sua voce. […] Figurarsi se aveva dovuto dolersi, dopo gran successo, di vederla cadere davanti alla Corte per la ignoranza e petulanza e arroganza de’comici !

298. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della maniera del cantare e del recitare »

Per non avere appreso o per non seguire i veri modi del cantare, adattano le stesse grazie musicali ad ogni sorta di cantilena, e co’ loro passaggi, co’ loro trilli, colle loro spezzature e volate fioriscono, infrascano, disfigurano ogni cosa: mettono quasi una lor maschera sul viso della composizione, e arrivano a far che tutte le arie si rassomigliano, in quella guisa che le donne in Francia, con quel loro rossetto e con que’ tanti lor nei, paiono tutte di una istessa famiglia.

299. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO II. LIBRO II » pp. 34-49

Di fatti, oltre alle nominate tragedie a noi non pervenute, ebbero i Romani eziandio in pregio la Medea di Ovidio, il Prometeo e l’Ottavia di Mecenate, il Tieste attribuito a Quinto Vario, a Virgilio, ed a Cassio Severo, tragedia da Quintiliano reputata degna di compararsi colle migliori de’ Greci, in oltre quelle di Curiazio Materno altamente comendate dall’autor del dialogo della corruzione dell’eloquenza, e di Pomponio Secondo stimate per l’erudizione e per l’eleganza, la Medea di Lucano, l’Agave di Stazio bene ascoltata in Roma ed encomiata dal satirico Giovenale, tutte queste buone tragedie danno a noi diritto di affermare che un genere di poesia maneggiato da’ migliori poeti latini, dovè trovare in quella nazione ordigni opportuni per elevarsi, ed in copia maggiore che non ne trovò la poesia comica.

300. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VIII. Degl’Inventori del Dramma Pastorale. » pp. 86-94

Brumoy e ad altri ancora, che vorrebbero ricavarlo dal Ciclope; nè le altre moderne Nazioni possono di buon’ ora additarne pesta nelle loro contrade.

301. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO II. Tragedia Cittadina, e Commedia Lagrimante. » pp. 112-127

L’esperienza ne convince che il patetico può risvegliarsi per lo più con un tratto semplice ma vero ricavato dal fondo del cuore umano; a che dunque caricar le tinte a alto segno?

302. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 969-973

L’armatore Giuseppe Valery mi mandò una valigia di biancheria, dal sarto mi fece fare due abiti completi, e mi fornì di denaro : tutte queste premure fecero che io non intentai la causa per risarcimento di danni.

303. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 349-355

Ingerenza, che con sollecitazioni e raccomandazioni non mancò, poichè gli fu affidato un ufficio amministrativo ; ma, fortunatamente egli lo disimpegnò male, che poco tempo dopo fu congedato.

304. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Licinio Stolone, nel primo anno della CIV olimpiade e nel 389 della sua fondazione, Roma afflitta da crudelissima peste, sospesa ogni cura bellica, per liberarsi da fiero nemico domestico, contro di cui ogni umano argomento riusciva inefficace, pretese placare lo sdegno celeste con un nuovo rito religioso e compose alcuni inni. […] Nè dubbiamente l’indica il citato Suetonio, si perchè se nato egli fosse nella vera Grecia, impropriamente l’avrebbe lo storico chiamato Semigreco, perchè così lo nominò, come abbiam detto, insieme con Ennio, il quale senza controversia nacque tra’ Greci del Regno di Napoli. […] Un uomo che avesse strano gusto, copiando alla peggio gli scarsi Dizionarii di tali lingue antipodiche, avrà l’immaginario diletto di lusingarsi di abbattere tutte le verità istoriche e tutte le nozioni del senso commune; e chi l’ascolterà avra quello di ridersi di lui. […] Stupisce costui a tal domanda: Mentecatto, osi a me con tal franchezza Domandar gran summa! […] Di grazia, padre mio, benchè spesso Corri alle mense altrui, per la tua gola Vendi forse tua figlia?

305. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Del teatro »

[6.5] A far che in un teatro, per grande ch’ei fosse, vi si potesse, ciò non ostante, comodamente udire, hanno ancora avvisato taluni che molto vi facesse la figura interna di esso teatro.

306. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — TOMO VI. LIBRO IX » pp. 145-160

Avventuratamente possiamo in fangosa inondazione di pessime commedie contarne cinque di miglior gusto composte pochi anni fa in Madrid; e del racconto che son per farne, potranno ad un bisogno prevalersi al solito gli apologisti nazionali senza citar l’Italiano che gli prevenne.

307. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 281-290

Non vi ha dubbio che la bellezza dell’ elocuzione nel verso, come nella prosa, imbalsimi sempre tutti i componimenti ingegnosi; ma nel genere comico richiedesi pur anche gran vivacità e piacevolezza, grazia e naturalezza, verità ed arte con un’ azione, una favola, e un vero ritratto de’ costumi del tempo: Un vers heureux & d’un tour agréable Ne suffit pas; il faut une action, De l’interet, du comique, une fable, De moeurs du temps un portrait véritable, Pour consommer cette oeuvre du démon, dice benissimo il Signor di Voltaire.

308. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 765-771

In parti di simil genere, ella non ha bisogno di sforzare i suoi mezzi fisici e il suo ingegno ; e tutte le doti della sua persona, di cui la nota precipua è la delicatezza, hanno modo d’esplicarsi compostamente, ottenendo i massimi effetti con giustissima misura e con una non mai smentita signorilità di maniere, ch’è rara nelle nostre attrici, anche men volgari.

309. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Delle scene »

Né altrimenti esser poteva; perché essendo innalzati in quella medesima età per dare ricetto all’opera tanti nuovi teatri, è necessariamente avvenuto che abbia posto lo studio nel dipinger le scene un assai maggior numero d’ingegni che fatto non avea per lo addietro.

310. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 841-848

Anzi non dico a pien di sua figura Il perduto vigor, che si vi piacque, E abbelliste liberali, e grandi, Poco quaggiù fastosa pompa dura.

311. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 484-498

Ma se poi l’arte orrendi casi e fieri dinanzi alla pietà di gentil core rechi, e gl’inciti , che pajan veri : a gli occhi manda l’anima dolente lagrime dolci nel suo dolce errore, e chi t’ode e ti mira, o Prode, il sente.

312. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 646-656

Piacevole fisonomia ; negli occhi, nelle labbra e nella fronte, potenza di esprimere le più interne commozioni dell’animo, senza stento nella severità o nella tenerezza, senza sconcezze nel ridicolo ; che più volte non proferendo parola, non movendo mano, seppe con un solo sguardo scuoter la moltitudine attonita, atterrirla o rallegrarla secondo che dimandassero le trattate passioni.

313. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Ma che il concede.

314. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 21-36

Gli si faccia parimente grazia del non aver conosciuta la storia letteraria Italiana, come dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia lo studio de’ Greci: a quella Italia, dove anche nella tenebrosa barbarie de’ bassi tempi fiorirono intere provincie, come la Magna Grecia, la Japigia e parte della Sicilia, le quali altro linguaggio non aveano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa del loro sapere a Costantinopoli i Metodj, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione del Greco Impero tutta si diede alle greche lettere, e fu la prima a comunicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo del Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio di Nebrissa, ed all’ Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e del Guarini maestri de’ due Guglielmi Lilio e Gray: a quell’Italia, dove (per valermi delle parole di un elegante Spagnuolo) la lingua greca diventò comune dopo la presa di Costantinopoli, che, come dice Costantino Lascari nel proemio ad una sua gramatica, l’ ignorare le cose greche recava vergogna agl’ Italiani, e la lingua greca più fioriva nell’Italia che nella stessa Grecia 22: a quell’Italia in fine che oggi ancor vanta così gran copia di opere nelle quali ad evidenza si manifesta quanto si coltivi il greco idioma in Roma, in Napoli, in Firenze, in Parma, in Padova, in Verona, in Venezia, in Mantova, in Modena ecc., che essa vince di gran lunga il gregge numeroso de’ viaggiatori transalpini stravolti, leggieri, vani, imperiti e maligni, tuttochè tanti sieno i Sherlock e gli Archenheltz23.

315. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 478-485

È ben vero che quando recitavano fatti artisti, la platea del nostro teatro era illuminata a candele di sego, e la ribalta con fiaccole che ardevano in teglie ripiene di grasso ; ma questa illuminazione non era particolarità di Perugia.

316. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 364-382

Ancora : le condizioni dell’arte in Italia non eran tali da remunerar la prima attrice di una compagnia lautamente, da colmar, sia pure in parte, il vuoto lasciato da quell’affare inconcluso.

317. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 420-431

… Ma pare che il Righetti gli scrivesse al proposito di tali minaccie una lettera di buon inchiostro, perchè Rossi, il 12 ottobre '51, da Mantova, venuto a più miti consigli, gli dichiara che la loro amicizia non deve venir meno per piccola bazzecola, e, naturalmente, non si parla mai più di scioglimento.

318. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO I. LIBRO I » pp. 12-33

Ci si permetta aggiungere da noi recato in italiano l’altro frammento rapportato da Sozione Alessandrino, che pure trovasi in Ateneo della favola Ασωτιδασκαλος, ossia Magister luxuriae, che può equivalere in certo modo all’Homme dangereux del Palissot, o al Mechant del Gresset: Non lasci tu di rompermi la testa Col nominar spesso Odeo, Liceo, Congressi di Termopile, e cotali Filosofiche ciance, ove di bello Nulla si scerne e d’increscevol molto?

319. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo II. Teatro Spagnuolo, Inglese, e Alemano nel medesimo Secolo XVII. » pp. 276-290

Tutti questi componimenti regolari e scritti con eleganza superiore a quanto colà si era prodotto prima di lui, ballarono, , per additare il sentiero; ma poche traduzioni, quando non sono accompagnate da opere maestre originali, come quelle che indi produsse in Francia il lodato Corneille, non possono fissare il gusto e sondare in una nazione un buon teatro.

320. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO I. Vuoto della Storia Teatrale nell’età mezzana. » pp. 57-79

Ma queste rarissime ed oscure fatiche che mai potevano influire in tempi tristi a vantaggio della poesia rappresentativa?

321. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

Forse l’industre artefice di questa nova gloria era presago, quando il suo circo immaginò vago.

322. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

DI GHERARDO BORGOGNI l’ Errante Accademico Inquieto di Milano Apollo, questa il cui valor cotanto ammiri, ed ave per teatro e scena Italia e ’l Mondo ; e d’ eloquenza piena, e de’ socchi e coturni illustre vanto ; or con l’eburneo plettro, ed or col canto teco s’agguaglia ; e qual del ciel Sirena, move gli accenti con dolce vena, ch’altri col carme non poggiò mai tanto. […] Scriuo dunque per ubbidir alla Commiss. […] Dentro vn bel viso à cui solo m’attegno Veggio le fiamme, ond’ei quest’alma assale ; E s’io chieggio conforto à gran male, In vece di pietade accendo sdegno ; E’l duol, che’ntenerir potrebbe i sassi, E l’amaro mio pianto han per mercede Noue lagrime sol, nouo tormento ; E per maggior mio mal misera i’sento, Che per girsen’à lui, ch’à me non crede, L’infiammato mio cor sù l’ale stassi.

323. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209

Argomento pel mondo cristiano importante attrasse anche in Francia una prodigioso folla di spettatori; ma il prevosto di Parigi stimò bene di proibir quelle rappresentazioni, scorgendovi una certa profanazione delle cose più sacrosante della religione.

324. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

L’Atellana era una commedia bassa, , ma piacevole, lontana alla prima da ogni oscenità e licenza scurrile (siccome nel secondo capo del presente libro abbiamo osservato) indi contaminata dall’esempio de’ mimi.

325. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Pistoia, questo dì 21 di ottobre 1589. » pp. 405-415

Possibil mai che una notizia di gran momento non avesse solleticato la curiosità de’ letterati che sino al secolo xvi trovaron le scene del nostro teatro di prosa ravvolte della più fitta tenebra ?

326. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO III. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 36-58

Egli in ciò s’ ingannò, come anche nel credere buona cotal favola.

327. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VI. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 212-244

Egli in ciò s’ingannò, come anche nel credere buona tal favola.

328. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Commento »

«Utinam dii inmortales fecissent, uti Licymnius revivisceret et corrigeret hanc amentiam» (Magari gli dei immortali potessero far che Licinio tornasse in vita e correggesse questa assurdità) [commento_5.4] Mennone: Mennone è un eroe della mitologia greca al quale fu dedicato un tempio a Tebe, in Egitto, lungo le rive del Nilo, dove sono conservati i resti di due statue gigantesche di arenaria, dinanzi al tempio di Amenhotep III.

329. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO IV. La drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 47-73

Ma questo difetto e qualche altro che possa notarsi in questo dramma, faranno che ne venga a perdere la natura di dramma?

330. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-

Il primo accenno alla vita vissuta dell’arte Eleonora Duse diede a Verona colla Giulietta di Shakspeare, palesando con una fine trovata di rose, che il Primoli artisticamente illustrò nel citato articolo (pagine 492-493), quella forza di osservazione che doveva trasportarla più tardi a alte sfere.

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