) che dal 1749 in poi il Falchi fu al servizio dell’Elettor di Baviera con uno stipendio di 600 fiorini, non più in compagnia italiana, sibbene mischiato cogli attori di Corte francesi, e impiegato a recitar nelle parti del Nouveau Théatre italien.
Svegliatissima di mente, di spirito pronto, ebbe attitudini singolari alle parti comiche, che coltivò amorosamente sul tardi, acquistandosi con Niniche, Ma Cousine, Femme à Papa, e altro, il nome di Iudic italiana.
III) che la signora Savi era la prima attrice della Commedia italiana, e abitava con Zanuzzi al sobborgo di S.
Noi gli auguriamo di non esser secondo al collega Fiorilli, il grande Scaramuccia, che alla Comedia italiana di Parigi dava ancora il famoso schiaffo col piede a oltre ottant’anni.
Giammaria Angiolello vicentino compose in lingua italiana e turca la storia delle di lui gesta, gliela dedicò, e ne fu largamente rimunerato. […] Il primo precettore in essa è stato Seit Hassan Choja algerino perito nella nautica e nelle lingue araba, turca, inglese, francese, italiana, al quale succedette Seit Osman Efendi nativo di Costantinopoli abile geometra, che vi godeva una pensione di quaranta piastre al mese oltre a tutto il mantenimento necessario.
.), ne’suoi Dimenticati vivi della scena italiana, affibbia all’ Azampamber il nomadismo miserrimo ; e, a voler descrivere ne’ Bozzetti di Teatro un povero diavolo di capocomico, lo chiama : « lontano discendente del gran Patriarca Azampamber. […] Essa è italiana, italianissima : forse voce napoletana, ma usata toscanamente.
Il 5 settembre del 1739 Alessandro Ciavarelli esordì alla Commedia italiana colla maschera di Scapino nello Scenario italiano, La Cameriera, già rappresentato il 1616 allo stesso teatro sotto il titolo di Arlecchino, marito della moglie del suo padrone, ovvero la Cameriera nobile ; e tanto vi piacque, dice il D’Origny, per la energia, l’intelligenza e la precisione, che non si fu punto in forse di accettarlo in società.
Ricavò la Francia dall’Italia in tal periodo due nuovi spettacoli scenici, la commedia italiana istrionica, e l’opera. […] Ma sette anni dopo la morte di Molière, essendosi unite le due compagnie francesi nel Palazzo di Guénégaud, il Teatro di Borgogna restò interamente alla compagnia italiana fino all’anno 1697, quando il re comandò che si serrasse. […] L’opera italiana fu introdotta nella corte nel 1647 dal cardinal Mazzarini. […] Ma l’opera italiana presente imita le cose sumministrate dalla natura, e gli eroi umani, dopo che vi si sono adoperati i Salvi, gli Stampiglia, gli Zeni, e i Metastasi. […] S’egli sarà ascoltato, un giorno i Francesi ravveduti imiteranno l’opera italiana, o non avranno più teatro lirico.
Fu questi Martino Opitz di Boberfeld, il quale nel 1627, epoca della prima produzione teatrale di Pietro Corneille, trasportò in tedesco le Troiane di Seneca: nel 1627 tradusse l’opere del Rinuccini intitolata la Dafne, la quale si rappresentò per la prima volta in Dresda in occasione del matrimonio della sorella dell’elettore col Langravio di Hesse: nel 1633 imitò un’altra opera italiana intitolata Giuditta; e nel 1636 tradusse l’Antigona di Sofocle. […] Andrea Grifio infettato da uno spirito marinesco, dal 1650 al 1665 pubblicò l’Arminio, Cardenio e Celinda, Caterina di Georgia, la Morte di Papiniano, Carlo Stuardo, tragedie; Santa Felicita, tratta da una tragedia latina di Niccolò Causin, i Gibeoniti, traduzione d’una tragedia olandese di Vondel, la Nutrice, tradotta da una commedia italiana di Girolamo Razzi, il Pastore stravagante da una francese di Giovanni De la Lande, e gli Assurdi Comici, e l’Uffiziale tagliacantone, commedie, e Piasto, e Majuma, opere. […] La regina Sofia Carlotta tratteneva in Berlino l’opera italiana, il cui compositore era il celebre Bononcini, e da quel tempo abbiamo contati fra noi alcuni buoni musici. […] I tedeschi pensarono a formarsi un’opera nazionale; ma per debolezza delle penne che vi s’impiegarono, riusciron si male, che spaventati dalle critiche degl’intelligenti, tralasciarono di comporne; e così l’opera italiana, e la commedia francese furono i soli spettacoli ricevuti ne’ teatri de’ sovrani.
Tradusse dal francese una infinità di commediole e farse e monologhi, e non poche pochades ridusse per la scena italiana.
) : « (Venerdì 16 marzo 1668) fu inumato il signor Giacinto Bendinelly, detto Valerio, uno dei comici di Sua Maestà, della compagnia italiana, morto in via S.
Bene : la Cagliero giovanetta, nova dell’arte, sin dalle prime sue prove su la scena, esercitava già su di me e di tutto il pubblico lo stesso fascino della grande artista italiana.
Quivi avea pubblicato nel 1839 alcune lettere sopra l’arte d’imitazione dirette alla prima attrice italiana Anna Fiorilli-Pelandi, alle quali va innanzi una bella lettera di Iacopo Feretti al discreto Lettore sul merito dell’opera.
Entrato a diciassette anni nella filodrammatica italiana, ebbe per direttrice la Carolina Fabbretti-Giardini, che lo avviò con amore a quell’arte, a cui si sentì fin da bimbo trascinato.
Comunque sia, il Veronese esordì in prova di fatto alla Comedia italiana come pantalone nel Double mariage d’Arlequin, il 6 maggio 1744 ; vi fu ricevuto stabilmente l’anno dopo, e v'ebbe promessa di parte intiera il 4 novembre 1746.
Fu applauditissima poi a Torino, al Teatro Carignano, e fu colmata di beneficenze da quelle illustri Dame e da quegli illustri Cavalieri, a cui aveva dedicato gli Sciti di Voltaire nella italiana versione del D’Orenzo. […] La Teodora Ricci esordì il 29 aprile 1777 nella protagonista della Femme jalouse, commedia italiana ; poi sostenne la parte di amorosa nel Double Mariage d’Arlequin.
Fu il Lombardi anche autore di una commedia in prosa, intitolata l’ Alchimista, e dedicata a Giulio Pallavicino (Ferrara, Baldini, 1583, poi Venezia, Sessa, 1586, e Spineda, 1602), in cui, scrive Adolfo Bartoli nella sua introduzione agli Scenarj, « noi troviamo quello che è così raro nella commedia italiana del secolo xvi, qualche carattere studiato e disegnato. […] Le stesse Nafissa vecchia ed Angelica cortigiana si può asserire che non sono come tutte quelle altre infinite cortigiane e vecchie della scena italiana. » Alla fine di essa è un suo sonetto, non brutto, al Pallavicino, che il Bartoli riferisce nel suo cenno : ma io preferisco metter qui una scena del Graziano (la 3ª dell’atto II), la quale ci darà meglio un’idea dello scrittore e dell’artista : III Pocointesta & Gratiano Poc.
Opera musicale nazionale ed italiana. […] In Cadice, in Barcellona, in Saragoza, in Cartagena, e talvolta nel Ferol, si è rappresentata eziandio per alcuni anni l’opera italiana. […] In Lisbona sotto il padre della regina Maria Francesca, l’opera italiana fece lungamente le delizie di quella corte.
La commedia di Niccolò Secchi milanese forni al Moliere la sua del Dispetto amoroso; ma l’italiana termina assai meglio della francese, il cui quinto atto mal congegnato raffredda tutta la favola. […] Il Riccoboni però ci assicura che Moliere nel Dispetto imitò anche un’altra commedia italiana detta Gli sdegni amorosi, e questo titolo ben può indicare che da tal commedia egli trasse probabilmente quella scena. […] Nel 1669 quando tornò sul teatro il Tartuffo, usci ancora la farsa di Monsieur de Pourceaugnac, in cui un avvocato di provincia viene aggirato da Sbrigani personaggio modellato su i servi della commedia greca ed italiana antica e moderna. […] Il Cornuto immaginario viene dalla favola italiana intitolata il Ritratto. […] Si osservi che una favola italiana anonima fredda e scandalosa intitolata Scaramuccia Eremita si recitava in Parigi, mentre vi si proibiva il Tartuffo.
Arse l’Italia d’un grand’incendio di guerra in diversi suoi paesi nel secolo XV, ma le contese de’ pisani co’ fiorentini, de’ veneziani co’ duchi di Milano, degli angioini cogli aragonesi, non impedirono l’alto favore, la generosa protezione, e la magnanima liberalità e munificenza de’ nostri principi, ministri, generali, e grandi verso le lettere, scienze ed arti tutte, e verso i coltivatori di esse133, non la fervida e quasi generale applicazione di ogni uomo di lettera ad apprender profondatamente le due più famose lingue de’ dotti, non l’universale entusiasmo di quanti a quel tempo eruditi viveano, di andare da per tutto, anche in lontane regioni ricercando e disotterrando i codici greci e latini134, non l’ardente premura di moltiplicarli colle copie, confrontarli, correggerli, interpretarli, tradurli, comentarli, non il raccorre da ogni banda diplomi, medaglie, cammei, iscrizioni, statue ed altri antichi monumenti, non lo stabilimento di varie accademie, non la fondazione dì altre università, non l’istituzione di nuove cattedre, non l’aprimento di pubbliche biblioteche e di teatri, non la rapida e maravigliosa moltiplicazione delle stamperie per le città e sin anco per le più ignote contrade d’Italia, non il promovimento dello studio della platonica filosofia per mezzo di Giorgio Gemisto Pletone, e singolarmente di Marsiglio Ficino e di Giovanni Pico della Mirandola in Firenze, e del cardinal Bessarione in Roma, non il risorgimento dell’epopea italiana e i progressi dell’arte drammatica, non il felice coltivamento dell’eloquenza e della poesia latina, e di ogni altro genere di erudizione, precipuamente per le cure, l’ingegno e ’l buon gusto del degretario e vonsigliere de’ nostri re aragonesi Giovanni Pontano135, e del precettore di Leone X Agnolo Poliziano, e del nostro Regnicolo Giulio Pomponio Leto, non impedirono in somma l’acquisto e ’l dilatamento delle piacevoli ed utili cognizioni letterarie e scientifiche, né l’attività e ’l progresso dello spirito umano136. […] Non oltrepassava l’autore, per quanto credesi da taluni, l’anno diciottesimo della sua età quando la compose in tempo di duo giorni, come egli stesso dice in una sua lettera a Carlo Canale, «intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano» Francesco Gonzaga in occasione che questi da Bologna, ove risiedeva legato, portossi a Matova sua patria, ove era vescovo, nel 1472, siccome con il dotto abate Bettinelli stabilisce il chiaro padre Ireneo Affò di Buffeto minor osservante, che nell’anno scorso ha fatto a onore e beneficio della letteratura italiana stampare in Venezia appresso Giovanni Vitto l’Orfeo, tragedia di Messer Angiolo Poliziano tratta per la prima volta da due vetusti codici ed alla sua integrità e perfezione ridotta ed illustrata 143. […] Di questa poi fece una traduzione italiana Modello Polentone, e pubblicolla in Trento nel 1472 col titolo di Catinia da Catinio protagonista della favola, la quale, secondo che pensa Apostolo Zeno145, é la più antica commedia in prosa volgare, che si abbia alle stampe. […] Poggio Fiorentino fu tra i ritrovatori di antiche opere celeberrimo, né ad alcun’altro in questo genere di gloria cedé Tommaso da Sarzana, che poscia sotto il nome di Niccolò V. montò sulla cattedra di San Pietro, oltre a molti altri, de’ quali parla colla sua solita dottrina ed esattezza il sopralodato storico della letteratura italiana.
Moglie di un comico Adami, prima, poi del famoso Lolli, nacque a Roma nel 1635, e si recò a Parigi nella Compagnia italiana col giovane Biancolelli, con Eularia e Ottavio nel 1660 come servetta sotto il nome di Diamantina, che l’aveva già fatta celebre a Roma.
Quelli che conoscon la lingua italiana, applaudirono il modo di improvvisar della madre ; ma come tal pregio non poteva essere notato da tutto il pubblico francese, essa non ebbe quel successo che poteva sperare.
Il Costantini dunque, dopo la sua prima comparsa a Parigi, se ne tornò in Italia, ove si trattenne, pare, pochissimi anni per far ritorno alla Commedia italiana, che dovette abbandonare non già per avervi poco incontrato, ma a cagione di una canzonetta satirica da lui composta contro la Francia.
) : Daria Cutini-Mancini era una bellezza piccante, giovanissima, ella pure di 22, ’23 anni appena : svelta della persona, elegante nei movimenti, con una pronunzia aperta e correttissima, qualità principale nel disimpegno delle parti brillanti e di servetta : ella doveva rimpiazzare la signora Romagnoli, che a buon diritto era chiamata la Déjazet italiana, per avere, come quella, creato in Italia le parti di Richelieu, Napoleone a Vincennes, e tante altre nelle commedie di Goldoni, di Molière e di Nota.
A queste dell’artista andavan congiunte le migliori qualità dell’uomo : laborioso ed onesto allo scrupolo, e buon soldato dell’ indipendenza italiana.
IX 173, e in lingua italiana un Dialogo ovver Contrasto d’amore, e un Dialogo piacevole di un greco et di un fachino.
Nuli ameno egli occupa uno dei primi posti nell’areopago dell’arte drammatica italiana.
Ed essendo essa italiana, e però non padrona della lingua tedesca, tanto più ne sarà maravigliosa l’azione.
Nella storiografia si considera questo episodio la prima vera coreografia della danza italiana, perché tutti i balletti erano legati da un’idea unitaria. […] Cardinal Mazzarino: il Cardinale Giulio Mazzarino (Pescina, L’Aquila, 1602 – Vincennes, 1661) promosse la diffusione della cultura italiana in Francia; la prima opera italiana composta espressamente per la corte francese è l’Orfeo di Francesco Buti, intonato da Luigi Rossi e rappresentato nel 1647 a Parigi nel Théâtre du Palais-Royal. […] Tartini: Giuseppe Tartini (Pirano d’Istria, 1692 – Padova, 1770) fu un famoso violinista, esponente di rilievo della musica strumentale italiana. […] Menagio: Gilles Ménage (Angers, 1613 – Parigi, 1692), letterato ed erudito francese, autore delle Origines de la langue françoise (1650), delle Origini della lingua italiana (1669 e 1685) e delle Observations sur la langue françoise (1673-76).
[16] Da tai mezzi aiutata la moderna mitologia si trasfuse nella poesia italiana, e contribuì non poco ad illeggiadrirla. […] Io ho esaminato di sopra i caratteri musicali della lingua italiana, ed holla per questa parte commendata moltissimo: ma il lettore avrà riflettuto che l’esame fatto è puramente relativo allo stato attuale delle altre lingue d’Europa, e che molto calerebbero di pregio la poesia e la lingua italiana se invece di paragonarle colle viventi si paragonasse colla poesia e la lingua de’ Greci. […] [18] Chechessia di ciò, la lingua italiana, come tutte le altre, non si dispose a ricever la poesia se non molto tardi, allorché erasi di già stabilita, e col lungo uso di parlar in prosa fortificata. […] Fu non per tanto giustissima l’osservazione d’un giornalista a cui né questo titolo, né lo stile impetuoso e sovente mordace debbono sminuire il pregio d’aver veduto chiaro in molte cose, che di quarantaquattromila e più voci radicali che formano la lingua italiana, solo sei o settemila in circa fossero quelle ch’entrar potessero nella musica69.
Lo stesso Costetti, lodatore cordiale del Colomberti (I dimenticati vivi della Scena italiana) pur non accettando quel nomignolo, dice che certo, per non dare intero il torto al Bonazzi, si può convenire che nel temperamento artistico di Antonio Colomberti l’ elemento meditativo avesse sugli altri preponderanza.
Lasciò il Gandini la Sassonia per recarsi alla Comedia italiana di Parigi ove morì circa il 1760.
Nacque a Venezia verso il 1675, e si recò a Parigi nel 1716 colla Compagnia italiana formata per ordine del Duca d’Orléans, Reggente, e condotta da Luigi Andrea Riccoboni, detto Lelio.
Nel 1716 entrò nella nuova Compagnia italiana che si recò allora a recitare a Parigi, sostenendovi le parti di seconda amorosa, col nome di Silvia, tenendo per più di quarant’anni il primo posto a la Commedia Italiana.
della Comedia italiana, la Béjart, Carlo Beys e Molière dell’ Illustre Teatro.
Passato poi in Francia, esordì all’antica Commedia italiana il 2 novembre 1688, nella Follia d’ Ottavio, sostenendovi la parte di Ottavio, sotto il qual nome salì poi in gran fama.
Ho detto che Adelaide Falconi è stata forse la più vera delle attrici madri e caratteristiche della scena italiana.
Quindi vedendo che il Cotta, il Salvini, il Conti, il Maffei, l’Algarotti, il Cesarotti, ed il Bettinelli stesso, non hanno avuto ritegno di adottare le voci analizzare, interessare nel senso che le si dà in Francia, e personificare, benchè non si trovassero registrate nel vocabolario della Crusca, le ho anche io usate senza dar retta a’ rigidi puristi, colla sicurezza di svegliare le idee che io vò manifestare, e colla probabilità che simili verbi transalpini non tarderanno a ricevere la cittadinanza italiana da chi pensa di aver dritto a torla o a donarla. […] La parola gergone mi su parimente dal medesimo letterato ripresa, che oggi ancora a me sembra pura italiana. […] Usò nel senso francese pomper la voce italiana trombare.
Tornò primo attor giovine con Salvinetto e Pietro Rossi, poi primo attore e direttore d’una Compagnia italiana a Cannes, d’onde scacciato dal colera, si scritturò primo attor giovine il carnovale dello stesso anno con Artale-Pedretti. […] Ma, chiusa finalmente la parentesi, rieccoci al caro artista, che ci torna oggi (1904) dall’America, ove ha recato il prestigio dell’arte italiana. […] Non vi fu città, si può dire, nostra o forestiera, in cui l’estro poetico, non si risvergliasse a dir le sue lodi : tra i tanti versi (ve n’han già dell’83, quand’egli era al Pantera di Lucca, presagenti la gloria futura) scelgo questi di Achille Testoni, dettati l’ottobre del '95 quando al grande attore drammatico | vanto dell’arte italiana | il pubblico modenese | l’entusiasmo più alto e sincero | addimostrava.
Del '48 compose in francese l’argomento della commedia italiana, Rosaura Imperatrice di Costantinopoli, recitata poi al Petit Bourbon soltanto nel '58.
Figlio del precedente, uno dei più forti e gloriosi artisti del nostro tempo, che regnò sessant’anni sulla scena italiana fra gli astri di maggiore grandezza, nacque a Brescia il 12 giugno 1812.
Simile al suo predecessore della Commedia italiana a Parigi, Antonio Camerani, egli mangiò tutto quanto guadagnò, e più volte anche, non pago, mangiò a credenza.
Fu sua l’idea di far andare il Goldoni a Parigi, dopo il successo del Figlio d’Arlecchino perduto e ritrovato, per rinsanguare la povera commedia italiana che dava i segni manifesti della sua prossima fine di anemia ; e n’ ebbe infatti incarico ufficiale da' Gentiluomini di Corte, e trattò la cosa in tal modo, che il poeta veneziano già ammiratore e conoscitore dei di lui pregi, lasciata la sua cara patria, ov' era accarezzato, festeggiato, applaudito, se n’andò il '62 alla gran capitale.
Sin dal secolo precedente si trova introdotta in Inghilterra l’opera italiana eroica, e comica, ma é la meno frequentata di tutti gli spettacoli teatrali. […] Noti sono i progressi della musica in Alemagna dopo che vi si diffusero i capi d’opera della musica italiana. […] Sino a quest’anno 1776 l’opera italiana si é cantata ne’ siti reali, ed ha alternato con una compagnia comica andaluzza che si vale del teatro francese tradotto in castigliano; ma da un sovrano divieto oggi ne sono state sospese le rappresentazioni. […] In Cadice si trova oggi la commedia francese e l’opera italiana. In Barcellona, in Cartagena, nel Ferol si rappresenta ancora l’opera italiana; e in Bilbao suole anche talvolta cantarsi qualche nostra opera tradotta in castigliano.
Egli esordì alla Comedia italiana il 12 ottobre colla parte di Pierrot nella Force du Naturel, scenario italiano in tre atti di Freret, tratto da una commedia spagnuola di Agostino Moretto.
Ma la favola del poeta greco è molto meno ordinata per lo proprio fine, che l’italiana. […] All’incontro vedesi trascurata tal regola in qualche tragedia italiana delle più celebri. […] Quindi risorgendo vie più la coltura abbiamo avuto più moderni i quali ne’ lor tragici saggi hanno mostrato che l’italiana favella è capace della natural dicitura senza cadere nel basso e della tragica grandezza senza trasandar nel poetico. […] Bodmer, a cura di Rinaldo Boldini, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1964, pp. 5-17), il Calepio rispondeva alle richieste del sodale affrontando proprio l’argomento del «buon gusto» nella trattatistica italiana tra Cinque e Settecento. […] Martello», La Rassegna della letteratura italiana, LXXVIII, 1-2, 1974, pp. 64-90; Tobia Zanon, La musa del traduttore: traduzioni settecentesche dei tragici classici francesi, Verona, Fiorini, 2009.
La commedia del milanese Niccolò Secchi fornì al Moliere, come abbiamo notato, quella del Dispetto amoroso; ma la commedia italiana termina assai meglio della francese, il cui quinto atto mal congegnato raffredda tutta la favola. […] Il Riccoboni però ci assicura che Moliere nel Dispetto imitò anche un’ altra commedia italiana intitolata gli Sdegni amorosi, e questo titolo ben può indicare che da tal commedia trasse probabilmente la riferita scena. […] Si osservi che una favola italiana anonima fredda e scandalosa intitolata Scaramuccia eremita, si recitava in Parigi, mentre vi si proibiva il Tartufo. […] Al contrario se il poeta spagnuolo non ebbe contezza della Marianna italiana del Dolce prodotta cento anni prima, è assai più verisimile che egli anzi tolto avesse quest’argomento da’ Francesi, e che si fosse approfittato o della Marianne di Hardy, rappresentata in Parigi nel 1610, o di quella di Tristan, che fece recitare e stampare la sua prima della favola del Calderòn.
Essa però negli ultimi anni si vede passata dalle grazie naturali delle venditrici di aranci, di frutta e di erbaggi, all’elevatezza della musica più seria, ai gorgheggi, alle più difficili volate; di maniera che con mala elezione ha cangiato il proprio carattere, e si vede in una stessa tonada spesso congiunto l’antico ed il moderno gusto, la musica nazionale e l’italiana. […] L’opera italiana non tradotta si è rappresentata in diversi tempi interrottamente nella penisola. […] In Cadice, in Barcellona, in Saragoza, in Cartagena e talvolta nel Ferol, si è rappresentata ancora alcuni anni l’opera italiana. […] In Lisbona sotto il Padre dell’attuale regina fedelissima Maria Francesca l’opera italiana fece le delizie di quella corte.
Poco resta da dire intorno alla fanciullezza di Eleonora Duse, dopo il magistrale articolo del conte Giuseppe Primoli (La Revue de Paris, I giugno ’97) che, a proposito di lei a punto, può ben chiamarsi il grande amba sciatore dell’arte italiana a Parigi. […] Un po’ francese, un po’ italiana ; slancio italiano ed eleganza francese. […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img101.jpg] Parole che su per giù si posson ripetere oggi che la Eleonora Duse afferra e soggioga i pubblici di ogni paese, a’ quali, per nove decimi, la lingua italiana è straniera. […] [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img102.jpg] I giudizi sulla grande artista di Rochefort, di Lemêtre, di Duquesnel, di Panzacchi, della Serao, di Boutet, di Piccini, di tutta la stampa italiana e forastiera, sono altrettanti cantici che non morranno forse : ma il monumento di gloria le venne certo da A.
Poi per un cumulo di circostanze disgraziate, la speculazione volse a male tanto che il Toselli dovè perder la proprietà del teatro ; e privo di mezzi, cessar di recitare in dialetto, diventando il direttore della Compagnia italiana Zampolla.
[5] Nè si ristette fra i termini d’Italia, ma varcando le Alpi portò la gloria della musica e della lingua italiana per tutta l’Europa. […] Anna Iowanona portò sul trono il gusto della musica, e fu nei primi anni del suo regno che si vide l’Abiazar, opera italiana, comparir sul teatro di corte con intermezzi e balli. […] La musica e la poesia italiana non possono adunque se non assai debolmente influire sulla civilizzazione dei russi, i quali, ignorando le ascose cagioni della loro bellezza, altro non saranno giammai che languidi e freddi copisti.
Scoraggiato, avvilito, deliberò di accettar l’invito che gli venne di Francia di formare una Compagnia italiana per Parigi, al servizio del Duca d’Orléans, il Reggente, sperando di realizzare colà il sogno che aveva tentato invano di realizzare in patria. […] R. il Signor Duca d’Orléans, Reggente ; e sappiamo che Riccoboni, prima di partir dall’Italia e di stringere il patto, aveva indirizzato al Duca di Parma il seguente memoriale : 1° La Compagnia tutta supplica umilmente Vostra Altezza Serenissima di farle accordar la grazia di cui godettero i suoi predecessori, che niuna Compagnia italiana sia ricevuta a Parigi sotto alcun pretesto, quand’ anche tutti i Comici parlassero francese ; e sia generalmente vietato a qualsiasi altro di servirsi de' costumi delle Maschere del Teatro Italiano, quali dell’Arlecchino, dello Scaramuccia, del Pantalone, del Dottore e dello Scapino ; et anche del Pierrot, che, se ben francese, è nato dal teatro italiano.
Il vagabondo e la sua famiglia ha tutte le attrattive del dramma francese, senza nulla perdere delle fattezze della commedia italiana.
Formaron compagnia italiana, col ruolo essa di prima attrice, egli di primo attore, e si abbandonaron d’improvviso al grande repertorio…. non so con quale fortuna.
Parlava bene, e con una prontezza ammirabile, e niuno meglio di lui ha saputo, come dicono i commedianti, giocar le Maschere ; cioè sostenere le scene giocose colle quattro Maschere della Commedia italiana, e farle risaltare e brillare.
[4] Ecco appunto lo stato in cui presentemente si trova la poesia italiana. […] La poco avventurosa riuscita dei poeti che hanno voluto imitare quell’insigne scrittore ha fatto attribuir al melodramma i difetti della loro incapacità, e perché non hanno essi saputo superare gli inciampi i che offrono nel presente stato della musica gli argomenti storici nel condurre passabilmente un’azione, si è con troppa fretta conchiuso che gli argomenti tratti dalla storia e il sistema generale dell’opera italiana non si confacciano più colle circostanze del teatro. […] [12] Le ricerche analitiche fatte finora sull’opera seria potrebbero ricevere una illustrazione maggiore dalle pruove di fatto s’io volessi imbrattar la mia penna col racconto delle innumerabili scipite produzioni che disonorano oggidì la scena italiana. […] Mi confermo nella mia opinione osservando la felicità con cui ha egli trasferita nella italiana favella una scena dell’Ecuba di Euripide, la quale ci fa vivamente desiderare di veder dalla stessa mano in simil foggia vestito non solo quel poeta ma tutti gli altri drammatici antichi. […] [NdA] II re di Prussia paragona l’eloquenza italiana alla crema sbattuta.
Eugenio Despois nella sua edizione di Molière (Les grands Ecrivains de la France) trova che il carattere del servo è identico nell’una e nell’altra commedia : Molière ne avrebbe solo mutato il nome, facendo dello Scappino, maschera, mascheretta, mascherina italiana, il suo Mascarillo. […] Comunque sia, lo Stordito è più che ispirato all’opera italiana, la quale ebbe tanto favore che restò nel repertorio lungamente, modificandosi poi coll’andare del tempo nelle improvvisazioni de’ comici più o meno intelligenti.
Per ciò che riguarda la musica tedesca, manifesti ne sono i progressi fatti dopo che si sparsero per quelle contrade i capi d’opera della musica italiana. […] Il teatro della corte di Vienna che sin dal secolo XVII fu addetto all’opera italiana, dal 1752 cominciò ad ammettere anche la commedia francese. […] In Potsdam eravi un altro teatro, in cui Federigo ascoltava l’opera buffa italiana.
Per ciò che riguarda la musica tedesca, ne sono manifesti i progressi fatti dopo che si sparsero per quelle contrade i capi d’opera della musica italiana. […] Il teatro della corte di Vienna che sin dal passato secolo fu addetto all’opera italiana, dal 1752 cominciò ad ammettere anche la commedia francese. […] In Potsdam eravi un altro teatro dove Federigo ascoltava l’opera buffa italiana.
Molto tempo prima il giudizioso Addison, al Discorso V del I tomo dello Spettatore, che è sopra l’opera italiana, ci mise innanzi quel verso di Orazio: «Spectatum admissi risum teneatis amici?
Vi porterà fortuna il nome onorato e caro, vanto dell’arte italiana e simpatia d’ogni cuore gentile.
Capitolo quinto Difetti della musica italiana verso il fine del Cinquecento, e mezzi presi per migliorarla. […] Ma non essendo fornito abbastanza di quel talento, né di quella cognizione della musica antica, che abbisognavasi per così gran novità, e ignorando l’arte d’accomodar la musicabile parole nel recitativo, altro non fece che trasferir alle sue composizioni gli echi, i rovesci, le ripetizioni, i passaggi lunghissimi, e mille altri pesanti artifizi che allora nella musica madrigalesca italiana fiorivano. […] Dall’uso ancora che allor si faceva della musica madrigalesca, e dal non aver per anco la lingua italiana preso l’andamento rapido e breve ch’esige il recitativo, avviene che l’Euridice debba piuttosto chiamarsi una filza di madrigali drammatici che una tragedia, come è piaciuto al suo autore d’intitolarla, e nella stessa guisa dalla troppo religiosa e mal intesa imitazion degli antichi è venuto che dovendosi dividere il dramma in cinque atti, né somministrando materia per essi il troppo semplice argomento, l’autore non ha potuto schivar il languore di molte scene e dell’ultimo atto, che riesce del tutto inutile. […] Cotanta ignoranza si rende pressoché incredibile in uno de’ primi storici della italiana poesia. […] Sentasi nell’atto secondo il gentil dialogo fra Isabella e il capitano spagnuolo, il quale per antica benivolenza della nazione italiana verso di noi debbe esser sempre posto in ridicolo sul teatro: Cap.
Ebbe appena Dante in Italia (come fece Omero in grecia ed Ennio nel Lazio) innalzata e arricchita la lingua italiana moderna, che si adoperò nella Poesia Drammatica.
Il Gollinetti confessò il suo torto, riacquistò il suo credito di buon attore, senza usurparsi quello di Autore…… Nel 1748-49 passò in Varsavia colla Compagnia italiana, e nello schizzo apparso a Stuttgart, nel 1750, è detto di lui che era un uomo alto e ben tagliato.
A tredici anni appena era già l’amorosa della Compagnia italiana di Giovanni Toselli, che andava maturando il disegno di una Compagnia piemontese.
Capitolo nono Secol d’oro della musica italiana. […] [10] Simile al secondo ei maneggiò con felicità incomparabile i diversi stili de’ quali si fa uso nella musica, mostrandosi grave, maestoso, e sublime nello Stabat mater, vivo, impetuoso e tragico nell’Olimpiade, e nell’Orfeo, grazioso, vario e piccante, ma sempre elegante e regolato nella Serva padrona, la quale ebbe il merito singolare, sentita che fu la prima volta a Parigi, di cagionare una inaspettata rivoluzione negli orecchi de’ Francesi troppo restii in favor della musica italiana. […] La superiorità nell’arte sua e la facilità di piegarsi a’ diversi gusti di entrambe nazioni italiana e francese procacciò al Corelli un nome immortale in tutta Europa, quantunque un numero assai discretto di produzioni ci abbia egli lasciate memore della massima di Zeussi: «Dipingo adagio perché dipingo per tutti i secoli». […] [16] Ma niuna cosa contribuì tanto a render chiara la musica italiana in quest’epoca quanto l’eccellenza e la copia de’ cantori, che fiorirono di qua dai monti. […] Nelle seconde, perché la perfezione di quelle facoltà è un indizio sicuro, che si coltivano pur ora, o si sono per l’addietro coltivate felicemente molte altre che dipendono dalle prime, o s’inanellano con esse in maniera che non possono reggersi da per sé; così una lingua ripolita, abbondante, armoniosa, e pieghevole suppone un lungo progresso di lumi, di coltura, e di cognizioni; una poesia ricca, e perfetta nei moltiplici rami che la compongono, suppone un uso quotidiano del teatro, una gran cognizione critica della storia, uno studio filosofico, analizzato e profondo del cuor dell’uomo; una musica come è l’italiana, suppone un avanzamento prodigioso nel gusto, e in tutte le arti del lusso.
Il Costetti ne’suoi « dimenticati vivi della scena italiana » racconta come, scoppiata a Parigi la rivoluzione, ne toccasse anche la povera Compagnia italiana : e in mezzo a una specie di consiglio di famiglia, il brillante Angiolini [una macia di veneto (?)]
Battista Andreini e la Compagnia de’ Fedeli (Giornale storico della letteratura italiana, vol. […] Ho detto « esattezza storica problematica ; » e corroboro questo mio avviso colla osservazione non superficiale sulle creazioni infinite e, oserei dire, gaiamente indiavolate, del grande artista : si direbbe quasi che i tipi della Commedia italiana fossero la base di tutta l’opera sua. […] Comunque sia, accettiamoli questi tipi come rappresentanti della Commedia italiana nell’intenzione del Callot, al quale dobbiamo di alcuni di essi non solamente il costume, ma fin anco la conoscenza. […] Ho letto infine tutte le sue Brauure, e trouo, che in qualche luogo io m’ho apposto, ma con vn altra testura, come tu potrai vedere nell’opera sua ch’a mala pena gionta in Francia, gli hanno dato di becco, e tradottala in lingua francese, cioè francese e italiana ; ma non più che sei ragionamenti. […] Per mostrare quello ch’era, o che avrebbe dovuto essere il Capitano, mi piace riportar qui le parole di Pier Maria Cecchini, altro comico valoroso di quel tempo : e così man mano andrò facendo citando a ogni suo luogo quelle altre parole concernenti altri tipi di commedia ; parole che dànno più che mai l’idea di quel che fosse a que’ tempi la scena italiana.
La Bianchi fu bellissima donna ; e serbò sempre un gusto de’più raffinati nell’adornarsi ; e riferisce il Gueullette, come la Belmont, moglie del nipote di Aurelia, attore della Commedia italiana sotto il nome di Leandro, gli dicesse di averla veduta nel suo letto, donde omai non usciva più, eccessivamente ornata, e pur sempre conformantesi al sopravvenir delle mode.
Lo vediamo il '55 alla Comedia italiana di Parigi, nella quale esordisce il 1° di gennajo, come amoroso, insieme alla moglie amorosa, nel Double mariage d’Arlequin ; ma recitaron così freddamente, che dovetter tornarsene in Italia.
E tanti furon davvero gli applausi, che ad essa dovette il Goldoni la sua andata a Parigi, e a Parigi assistè a nuove rappresentazioni di quella fortunata bagattella, che ’sta volta, con suo grande stupore, fu innalzata alle stelle sul teatro della Commedia italiana. […] Mi bisognerebbe avere una maggior conoscenza della lingua italiana e più larghe cognizioni per poter dare all’ingegno suo tutta la giustizia che gli è dovuta. […] Mai una compagnia italiana conta più di undici attori o attrici, fra’quali cinque, compreso Scaramuccia, non parlano che bolognese, veneziano, lombardo, napoletano : e quando s’abbia a recitare una tragedia, dov’entrin molte persone, tutti vi prendon parte, non escluso l’ Arlecchino, che toglie la sua maschera ; e tutti declamano de’ versi in buon italiano (il testo ha : en bon romain….).
Lamartine stesso usci dal silenzio poetico, in cui sembrò essersi condannato, dettò per lei un’ ode, che la folla acclamò per due sere, riempiendo al colmo la sala Ventadour, Dumas padre, proprietario allora del giornale Il Moschettiere, prese le parti dell’attrice italiana, facendo uno strano parallelo tra lei e la Rachel, nel quale si sforzava di mostrare quanto più grande fosse la tragica straniera della tragica francese…. […] Ebbe amicizie di Sovrani ; ridonò alla società e alla patria un povero soldato condannato a morte ; visse, nei momenti più burrascosi della patria nostra, gagliardamente italiana.
Gotsched chiama tali drammi precursori dell’opera italiana, perchè non seppe quante feste, serenate, cantate, pastorali e commedie su’ teatri d’Italia comparvero sin dal XV secolo e nel XVI, prima che l’Alemagna conoscesse i drammi cantanti dell’Ayrer.
Il tipo della Colombina, fu, certamente, un de’più antichi della commedia italiana, il quale troviam già dal 1530 nella Compagnia degl’Intronati, accanto all’altre serve Oliva, Fiametta, Pasquella, Nespola, Spinetta.
E se egli confessa che il pubblico ha ricevuta con applauso, e si legge con piacere, quella di Voltaire dovea avvederli, che senza la Merope del Maffei, senza quella povertà italiana copiata da Voltaire, i Francesi fra tante di loro buone tragedie non conterebbero ancora una Merope degna di nominarsi. […] Egli é ben vero che i tedeschi studiando la musica italiana, che conobbero per la nostra opera drammatica, come attesta il re di Prussia, son pervenuti ad aver Hafs, Gluck, ed altri eccellenti musici che hanno studiato in Italia, e si son fatti emuli degl’italiani. […] L’accoppiare quelle due virtù, tra se opposte, brevità e chiarezza, quanto sia difficile nelle composizioni (e massimamente ne’ drammi musicali che non possono adottare per loro uso nel canto serio più di sei in sette mila parole radicali tra le quarantaquattro mila noverate da Anton-Maria Salvini nella lingua italiana) ce l’insegna Orazio allorché dice nell’Arte poetica: ……… brevis esse laboro, Obscurus fio. […] Vespasiano in un discorso intorno alla musica italiana premesso in una raccolta di varie ariette piacevoli data in luce dal signor Zannoni in Parigi nel 1772) deriva dall’esser l’italico idioma più d’ogni altro acconcio e adatto al cantare! […] Speriamo per tanto, che il nostro Piccini chiamato l’anno scorso a Parigi voglia colla bella musica italiana cagionare alla fin fine una totale rivoluzione nel sensorio di que’ mal organizzati gaulesi che ridicolosamente contendono di preminenza anche in quest’arte cogl’italiani.
Di cambiar con pravo consiglio il sistema dell’opera italiana per quello della francese, mentre che i francesi alquanto spregiudicati si studiano d’imitar la nostra; di maniera che noi siamo in procinto di cader nelle miracolose stravaganze del teatro lirico francese, ed essi in caso di cagionare in questo una crisi favorevole, e convertir l’opera loro in tragedia confinata all’imitazione della natura, com’é la nostra. […] Io aspetto e invito un qualche altero ed elevato ingegno che imitando nobilmente, e non da servo, il nostro gran poeta imperiale, e migliorando, ove ne bisogni, il giudizioso sistema dell’opera italiana, dissipi questo nembo apportatore di manifesta decadenza.
Il signor Gotsched chiama questi drammi precursori dell’opera italiana , perchè non seppe quante feste, serenate, cantate, pastorali e commedie su’ teatri d’Italia comparvero sin dal XV secolo, e nel XVI, prima che l’Alemagna conoscesse i drammi cantanti dell’Ayrer.
Merope stessa, che abbiamo pur data una volta a Parigi, non gli può aver rappresentata l’idea della natura tragica italiana, essendo essa una di quelle Tragedie nelle quali, essendo miste di diversi gradi di persone, può discendersi ad una più familiare natura.
Vale a dire : era un personaggio della compagnia italiana o di quella francese ?
III sec. 15 n. 8) colle merci della dottrina italiana; e leggendo per un gran pezzo in Salamanca, non ostante le opposizioni degli scolatici che di favorir la novità l’accusarono inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere; onde fu caro al re cattolico che lo volle perciò in corte per iscrivere la sua storia, e su dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia poliglotta, e di poi alla direzione dell’università d’Alcalà di Henarez, ove si morì nel 1522, e lasciò molte opere. […] Eximeno di più di due secoli almeno della buona letteratura italiana?
L’infiacchimento e la sfiducia cominciaron già a far capolino in un suo scritto sulle Condizioni dell’arte drammatica in Italia pubblicato prima nel Teatro Italiano di Firenze, poi in opuscolo ad Ancona l’anno 1875, in cui mise a nudo con una gajezza forzata le piaghe dell’arte, chiamandone il Governo responsabile unico ; e nella tema che le varie Commissioni rigettassero i suoi reclami sulle varie tasse teatrali, dopo di avere ironicamente accennato a una modesta tomba per sottoscrizione all’arte drammatica italiana, conchiudeva : ho iniziato delle pratiche per concorrere ad un posto di spazzino comunale.
E Francesco Righetti nel suo Teatro italiano, dopo di avere accennato alle invidie suscitate da lei nelle compagne d’arte, e di avere enumerati alcuni difetti di gesto e d’intonazione dovuti a mancanza di scuola, viene a concludere così : Ma io sfido tutti i delicati conoscitori dell’arte comica a dirmi in chi, dove, e quando si è veduto nella commedia italiana una donna, che con tanta grazia, con tanta decenza, e con tanta nobiltà passeggi la scena ?
Andai con Moro Lin (allora egli aveva compagnia italiana), scritturata per parti di amorosa, seconda donna, servetta, ecc.
Gay nel suo Beggars’ Opera motteggiò l’opera italiana introdotta in Londra sin dal secolo precedente, come dal capo al fondo tutta fuori della natura. La musica italiana (diceva lodandolo Swift) è pochissimo fatta pel nostro clima settentrionale e pel genio della nazione. I motti di Gay, di Swift, di Dennis, fecero bandir dall’Inghilterra la musica italiana, pretendendosi che ne avesse corrotto il gusto, e cagionato nocumento agli spettacoli nazionali. Vi fu poscia richiamata; ma sembra che di tutti gli spettacoli scenici l’opera italiana sia colà la meno frequentata.
Cleopatra fu una delle tragedie di Jodelle, e nell’atto III senza verun riguardo nè al decoro nè al costume questa regina alla presenza di Ottaviano prende per i capelli un suo vassallo, e lo va seguendo a calci per la scena, cosa che non tradusse certamente da veruna tragedia italiana.
[4.77ED] Il ritmo dunque, che rende armoniosa l’orazione disciolta, non basta a separar da essa l’orazion legata italiana, quando non vi si aggiunga la rima, che sostanzialmente dalla prosa il verso italiano distingue. […] [4.167ED] Passa quindi saviamente a considerare gli stati delle tre lingue greca, latina e volgare italiana, prendendone appunto gl’indizi dagli scrittori, e della volgare conchiude: che l’italiana, la quale alla foggia della greca e della latina da’ greci e latini professori più che ogni altra presente lingua fu coltivata, al giudicio de’ più savi si riflette e si ritenne nel secolo del Dante, Petrarca e Boccaccio, i quali alla maturità la condussero; conciossiaché il secolo di Leon Decimo fusse solo una ristorazion di quello il di cui elegantissimo stile fu dagli scrittori del decimosesto secolo a comune uso rivocato. […] [4.170ED] Imperocché, se la lingua italiana e vivente non è arrivata alla coltivazione della greca e della latina, come vuol giudicar della perfezione a cui può ella arrivare se non è giunta ad essere coltivata come le due precedenti e se la coltura la può far crescere di copia, di maturità e di bellezza? […] [5.49ED] Voglio pure, almen per rispetto al nostro presente soggiorno, che sfuggiamo di paragonare in questa parte la musica franzese all’italiana. [5.50ED] Ciascheduna ha le proprie ragioni, ciascheduna ha i suoi parziali. [5.51ED] Dirò solo, ma in confidenza, di aver veduto rallegrarsi molto questi Franzesi al sentire nel mezzo de’ loro recitamenti cantare un’arietta di poesia e moda italiana; lo che poco prova, avendo io osservato esultar altresì gl’Italiani qual volta nelle loro opere s’inserisce una canzonetta franzese. [5.52ED] Ma questo è certo che tanto le orecchie tedesche quanto le Inglesi preferiscono l’italiana, e queste nazioni a grave prezzo ne stipendiano i professori più rinomati; ed io, che son Greco, difficilmente mi separo da questa opinione. […] [5.156ED] Queste ariette si compongono di più metri, per parlare secondo l’usanza italiana.
Così benché il titolo del libro riguardi il solo teatro musicale, il lettore vi troverà ciò nonostante, la storia non affatto superficiale della musica italiana e de’ suoi cangiamenti, come della tragedia ancora e della commedia con molte riflessioni sugli altri rami della poesia, e su altri punti. […] Nel secondo s’investigherò la proporzione che ha per la musica la lingua italiana, e ciò che rimane a farsi per perfezionarla.
Ne addurrò dunque alcuni squarci nella propria lingua, non osando trasferirli nella italiana per non toccar con mani profane la Venere ignuda de’ Medici. […] [13] La scerta italiana non era per anco avvezza a sentir una poesia cotanto severa e robusta.
Mentrechè risorgeva dentro le Alpi la lingua latina col l’ammirarsene i preziosi codici scappati alla barbarie, nasceva da’ rottami greci, latini, orientali e settentrionali la lingua italiana, la quale per mezzo di Dante che è stato nella moderna Italia quello che furono Omero in Grecia ed Ennio nel Lazio, giva sublimandosi e perfezionandosi, e conscia delle proprie forze cercava ognora nuovo campo per esercitarle.
Mentrechè risorgeva dentro le alpi la lingua latina coll’ ammirarsene i preziosi codici scappati alla barbarie, nasceva da’ rottami greci, latini, orientali e settentrionali la lingua italiana, la quale per mezzo di Dante che è stato nella moderna Italia quello che furono Omero in Grecia ed Ennio nel Lazio, giva sublimandosi e perfezionandosi, e conscia delle proprie forze cercava ognora nuovo campo per esercitarle.
Lo troviam poi nel 1699 a Vienna ; nel 1702 in Augsburgo, dove il 16 maggio ottenne il permesso di poter dare dovunque alcune rappresentazioni in lingua italiana, e nel 1703 ancora a Vienna, assistito dalla liberalità del Principe Elettorale, che si occupava con ogni larghezza delle spese di costumi ecc. ecc.
Grande nella commedia di Goldoni dialettale e italiana, grande nella tragedia, grande nel dramma.
L’azione è più semplice di quella della Pamela; ha di più il merito di essere bene scritta in versi; i costumi vi sono toccati con franchezza e le passioni dipinte delicatamente; lo scioglimento avviene senza la grande rivoluzione della condizione della fanciulla; perchè Nanina al più vien riconosciuta per figliuola di un soldato nato in una onesta famiglia, là dove il padre di Pamela nella commedia italiana si scopre un Signore Scozzese. […] Quest’ultima commedia è tratta dalla commedia italiana il Geloso non geloso del Brignole Sale. […] Congedata l’antica Compagnia non vi fu più commedia italiana per lo spazio di anni diciannove, cioè sino al 1716, quando il Duca d’Orleans regente v’invitò la Compagnia di Lelio e Flaminia nomi teatrali presi da Luigi Riccoboni romano, e dalla sua consorte Agata Calderini, come la chiama l’abate Quadrioa. […] Per conchiudere ciò che alla commedia italiana si appartiene, uopo è accennare che ad essa verso la fine del passato secolo si trovò aggregata l’opera buffa che si cantava nella Fiera; e che sogliono rappresentarvisi opere italiane de’ nostri più celebri maestri, e pastorali, e commedie, balletti, e parodie francesi, recitate senza canto fuorchè nelle arie, e ne’ cori e finali e duetti.
Gay nella sua Beggars’ Opera mottegiò l’opera italiana introdotta in Londra sin dal secolo XVII, come dal capo al fondo tutta fuori della natura . La musica italiana (dice lodandolo Swift) è pochissimo fatta pel nostro clima settentrionale e pel genio della nazione. I motti di Gay, di Swift, di Dennis, fecero bandir dall’Inghilterra la musica italiana, pretendendosi di averne corrotto il gusto, e cagionato nocumento agli spettacoli nazionali. Vi fu poscia richiamata; ma sembra che di tutti gli spettacoli scenici l’opera italiana sia colà la meno frequentata.
[11] Ritornando ai menestrieri, quei che si sparsero per l’Italia venivano conosciuti dal volgo sotto il nome ora d’“uomini di corte”, ora di “ciarlatani”, denominazione che presero non dalla parola “circulus” né da “carola”, ma, come ben osserva il Muratori, dalla parola “ciarle”, maniera italiana di pronunziare il vocabolo “charles” francese, a motivo che i trovatori cantavano spesso le azioni di Carlo Magno. […] Cresciuta la lingua italiana, crebbe parimenti l’usanza d’accoppiar qualche volta la musica alla poesia per quel segreto vincolo, che l’una all’altre tutte le belle Arti avvicina. […] Tommaso della Vittoria nativo d’Avila illustrò anch’egli moltissimo la musica italiana non solo con opere assai pregiate a’ suoi tempi, le quali furono stampate in Roma l’anno 1585, ma con belle composizioni di pratica, per cui divenne rivale e socio del celebre Palestrina nel riformare e migliorare la musica ecclesiastica. […] [26] Il rinascimento della poesia teatrale e la perfezione ove giunsero le arti del disegno furono un’altra epoca dell’incremento che prese la musica italiana. […] [NdA] Storia della letteratura italiana Tomo 8, pagina 200, Edizione di Modena.
Il signor Gottsched chiama questi drammi precursori dell’opera italiana, per non aver saputo quante feste, serenate, ed altre cose cantate ne’ teatri hanno preceduto almeno d’un secolo e mezzo ai drammi cantanti alemani.
Nello studio su di Amalia Bettini di Giuseppe Costetti (I dimenticati vivi della Scena italiana. […] E questa donna acclamata, festeggiata, celebrata da pubblici e da poeti, lasciava a soli trentatrè anni le scene senza tornarvi più mai, se non per offrire alla patria il proprio contributo di donna italiana, a un misero compagno d’arte quello di donna di cuore.
Questa favola discende dal Vero Amico dell’italiano, il quale mal grado di varii difetti, vale assai più del Figlio naturale, benchè Diderot nel tempo che si valeva della favola italiana, volle chiamarla farsa senza che ne avesse veruna caratteristica.
Dal ’6 al ’10 fu poi colla Compagnia reale italiana del Fabbrichesi, dalla quale si tolse per formar società con Meraviglia, Calamai ed Elisabetta Marchionni la madre della celebre Carlotta : società che andò innanzi a gonfie vele sino a tutto l’anno comico 1822-23.
Fu fatta una sottoscrizione che mi fruttò una bella somma, e il Maire con tutto il Consiglio, le corporazioni, le bande militari, e la numerosa colonia italiana assisterono al funebre corteo.
Riccoboni, che avea tradotto anche Tito Manlio tragedia del La Fosse, mostrò tra’ primi in Parigi colle sue giudiziose commedie che la scena comica italiana non si pasce di pure arlecchinate. […] L’indiscretezze dell’oscuro e non mai verace autore del Colpo d’ occhio sulla letteratura italiana ch’egli vede a suo modo, ci obbliga a narrare ciò che abbiam taciuto tanti anni.
La Tina Di Lorenzo è una speranza benedetta della scena italiana, ma nulla più …… Dal quarto articolo : « riassumendo.
[8] Prima d’esaminare se le mie opinioni fossero conformi all’idee giuste che dobbiamo avere della musica e dell’opera italiana, parmi che il vero metodo di filosofare avrebbe richiesto che il giornalista fissasse quest’“idee giuste” che circa gli oggetti in questione si debbono avere, e che poi riportasse le sue censure a quella norma inconcussa del vero musicale e poetico, intorno a cui fossimo convenuti. […] Arteaga che l’opera italiana sia ora in decadenza: di addurre i motivi di ciò, e di fare il parallelo della nostra musica con quella dei Greci. […] Dunque (seconda conseguenza) essendo tutti mal eseguiti, non avrebbe torto chiunque vituperasse l’opera italiana. […] Ma fui ben lontano dal condannar l’armonia moderata, come si vede dagli elogi che fo in cento luoghi, e del giusto tributo di laude che rendo ove parlo del secol d’oro della musica italiana, a coloro che la ripurgarono dal fiammingo squallore. […] Lo ringrazio quanto debbo, e debbo ringraziarlo moltissimo per la prima, la quale cortesemente mi dispensa senza meritarla; e in quanto al secondo compreso nella parentesi mi protesto che attenderò per conoscer meglio la letteratura italiana, che l’eruditissimo Sig.
Se ne fecero varie edizioni a, e traduzioni; ma la prima di queste fu quella italiana impressa in Roma pel Silber e Franch l’anno 1506, indi reimpressa in Venezia cinque altre volte sino al 1553. […] Avrebbe certamente quel bibliotecario parlato con maggior circospezione, se si fosse anche ricordato di ciò che si narra da tanti scrittori c, cioè che Antonio di Nebrixa nato nell’Andalusia il 1444, dopo aver fatto per poco tempo i suoi studii in Salamanca, non ben soddisfatto passasse in Italia, e fermatosi lungamente nell’università di Bologna, dopo essersi renduto ben istruito non men nelle lingue che nelle scienze, ritornasse alla sua patria, richiamato, come vogliono, dall’arcivescovo di Siviglia Guglielmo Fonseca a cogli acquisti fatti della dottrina italiana, e leggendo per un gran pezzo in Salamanca non ostante l’opposizione degli scolastici che di favorir le novità l’accusarono, inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere, onde fu caro al re Cattolico che lo volle perciò in corte per iscrivere la sua storia, e fu dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia Poliglotta, e di poi alla direzione dell’università di Alcalà di Henares, ove si morì nell’1522, e lasciò molte opere. […] Ne aggiungo la mia traduzione italiana: Dolce violenza e lusinghevot laccio Rapisce e annoda l’anima cattiva, Che ne sospira e geme e plora oppressa Sotto il giogo crudel che scuoter tenta; Non può, non lice, e la sua furia cresce; Serpe il dolce velen nel petto acceso; Fugge gli uomini, il dì fugge ed abborre; Erra solingo, e seco sol favella; Castro ne’ labbri, Castro in cuore, Castro Vede per tutto, e la consorte sdegna. […] Dovunque oggi splenda ancora qualche favilla dello spirante patriotismo, sarà sempre cara la memoria di un letterato, il quale ha sostenuto diciotto anni in Parigi ed il resto della vita in Italia l’onor della lingua e della letteratura italiana.
Nel maneggiare l’argomento degli Orazii prese Corneille scorta migliore, o che ne dovesse a dirittura la via all’Orazia di Pietro Aretino, o che vi s’incaminasse sull’imitazione che di questa tragedia italiana fatta ne avea venticinque anni dopo Pietro de Laudun Degaliers. […] Noi al contrario possiamo più ragionevolmente assicurare, che se Calderòn non ebbe contezza della Marianna italiana composta cento anni prima, è ben più verisimile che l’autore spagnuolo tolto avesse questo argomento da’ Francesi, approfittandosi o della Marianne di Hardy rappresentata in Parigi nel 1610, o di quella di Tristano che fece recitare e stampò la sua prima che non comparisse il Tetrarca del Calderòn.
Ciò mosse alcuni Francesi a comporre per essi qualche favola nella propria favella in cui cercarono di unire la ragione e la novità alle grazie dell’arlecchino; e quindi nacque un genere di commedia che partecipava della francese e dell’ italiana istrionica. […] Nella commedia italiana cui si trova aggregata l’opera buffa che si cantava nella fiera, sogliono anche rappresentarsi opere italiane de’ nostri più celebri maestri, e pastorali, opere-comiche, commedie-balletti, e parodie in francese, recitate senza canto fuorchè nelle arie, e ne’ cori, finali, e duetti.
Due anni dopo egli stesso introdusse in corte l’opera italiana chiamando da Firenze alcuni Cantanti che recitarono alla presenza del re l’Orfeo rappresentata in Venezia colla musica del riputato Zarlino.
Io ne ho voluto accennare soltanto quel che riguarda la drammatica, non curandomi di mettere al vaglio tante mal digerite opinioni spacciate sulla poesia italiana e francese, ove pesta non iscorgesi nè di gusto nè di giudizio, nè di quella precisione d’idee, di cui crede piamente potersi pregiare.
Per mafia e per camorra, traendo pretesto da quello spirito d’innovazione che il valente Ferrari portava nella commedia italiana prima che il Cossa schiudesse nuovo orizzonte alla letteratura drammatica dal lato tragico e storico, si tentò da qualche speculatore di proscrivere dal teatro i classici italiani e stranieri, e questa scandalosa proscrizione, cosi contraria all’uso delle nazioni civili, si chiamò, prima che il Ferrari, il Cossa ed altri pochi schiudessero nuovi orizzonti alla letteratura drammatica, riforma del teatro italiano : a tutto favore di certe commediole, il cui manoscritto è un ananasso per il capo-comico, ma che in fondo sono farse in cinque atti, e non durano in teatro cinque mesi, si soppressero o assai si diradarono vari generi di componimenti teatrali, si diminuirono i ruoli delle compagnie per essere in minor numero a spartire i proventi del teatro : a sterminio di ogni semenzaio di attori, si istituirono le compagnie numerate come le celle degli stabilimenti carcerarii ; e per non gittare una nube sopra gli applausi meritati, si seguitò a battere le mani anche fra gli sbadigli del pubblico.
Giraldi Cintio sa onorata menzione dell’Antigone italiana noverando l’autore tra’ benemeriti della toscana lingua Bembo, Trissino, Molza, Tolomeia. […] Pietro Aretino, la cui penna in un tempo non di tenebre ma di luce, si rendette, non so perchè, fin anche a’ più gran principi formidabile, uomo, ad onta della sua mercenaria maldicenza, di qualche talento, sì, ma di volgare erudizione, di poca dottrina e di niuno onore, contribuì non poco alle glorie della tragedia italiana. […] Un’ altra buona tragedia italiana conobbe la Francia prima delle composizioni spagnuole, cioè il Tancredi di Federico Asinari nobile Astigiano conte di Camerano, nato nel 1527 e morto nel 1576; la quale, come osserva Apostolo Zeno, falsamente dall’editore fu attribuita a Torquato Tasso. […] Ed in prima guai di chi trovasse stucchevole la lettura di componimenti scritti in aureo stile, cui mancando ogni altro pregio rende accetti e dilettevoli a chi ha sapore di lingua e di eloquenza italiana, la proprietà, la coltura, la purgatezza e l’eleganza.
Don Luigi Serio professore di Eloquenza italiana nel Liceo Napoletano e Poeta di Corte sin dal 1779 volse i suoi poetici ben conosciuti talenti all’opera Metastasiana con fondata speranza del pubblico, e la scelta de’ suoi argomenti accreditò il di lui gusto. […] Scarlati, Vinci, Porpora, Leo, Corelli, Veracini, Tartini, Bucarini, il nobile Marcello, l’eccellente storico della musica e maestro Martini, il Buranelli introduttore del gusto della musica italiana in Alemagna, il Mancini, il Sarro, il Durante gran maestro di gran maestri, l’ impareggiabile Pergolese, il maestoso ed infelice Gaetano Latilla, il profondo armonico Logroscino, il grande Jommelli, il gajo, vivace, dilicato Piccini, che ha prodotto in Parigi la felice rivoluzione predetta sin dal 1777 dal Signorelli (ne frema pure il Lampillas) il dotto Cafora, l’armonioso Majo, il felice Traetta, il pieno e grande Sacchini, il dolce Anfossi, l’espressivo e dotto Giuseppe Sarti, il graziosissimo Paiselli, e tanti e tanti altri per la maggior parte figli di Partenope, faranno confessare a’ posteri imparziali (secondochè affermò l’Inglese autore del Parallelo della condizione e delle facoltà degli uomini) che la perfezzione di sì bell’ arte è confinata nella parte più occidentale dell’Europa.
Ma dove si vide come egli avesse regnato sovrano nella Comedia italiana di Parigi si è nella vasta opera di bulino dei sec. […] Del valore del nostro artista infinite sono le testimonianze : comincio da quella di Evaristo Gherardi, che mi par s’abbia a ritener la migliore ; ed ecco perchè : il celebre Arlecchino sostenne contro il Fiorilli un processo per certi denari a questo dovuti, pei quali fu dal Gherardi rilasciata una obbligazione alla Duval come di somma prestata, e i quali egli negava di dover pagare, affermando che l’obbligazione gli era stata carpita in quei termini, ma che la somma era dal Fiorilli pretesa quale mediazione all’ entrata del Gherardi nella Compagnia italiana.
Il 1762 il Sacco passò al Sant’Angelo, e un anno dopo fu trattato dal Duca di Duras per la Comedia italiana di Parigi ; ma non vi si recò altrimenti, forse, a parer del Goldoni, per ragione d’interesse, volendo egli essere di punto in bianco ricevuto a parte (V. lettera di Goldoni al Marchese Albergati in fogli sparsi raccolti dallo Spinelli, pag. 119).
È colpa mia s’egli ignorava la lingua italiana?
Una delle ragioni che ha sottratto il trattato a uno studio puntuale ha a che fare proprio con il poco interesse che, in sede di studi letterari, viene prestato alla questione della recitazione degli attori e, in ugual misura, allo scarso spazio che, nelle discipline dello spettacolo, viene riservato alla tragedia italiana tra Settecento e Ottocento. […] Patriota, critico, drammaturgo (1970), che ne fornisce un giudizio decisamente negativo16, senza tuttavia inquadrarlo nel suo contesto e senza menzionare la fonte principale del Salfi, le Lettere sulla mimica di Engel, la cui influenza lo situa in una posizione di innovazione in area italiana. […] Nel 1829 pubblicherà inoltre il Saggio storico-critico della Commedia italiana, premesso all’edizione delle commedie di Alberto Nota. […] Sul finale afferma infatti: Noi crediamo finalmente, che queste specie di contraddizioni letterarie, che spesso nutriscono l’ignoranza e la vanità, possono nuocere ai progressi della letteratura italiana, e ciò che è peggio ancora, confermare quello spirito di divisione municipale che può essere utile a tutt’altri fuorché agl’Italiani58. […] Se è pur vero che Salfi avrebbe potuto accedere al testo già in precedenza tramite la sua traduzione francese, non si può tuttavia trascurare l’incredibile visibilità che la versione italiana aveva fatto acquistare al trattato nel circolo dei romantici riuniti attorno alle pagine del Conciliatore.
Vantaggi recati da lui alla poesia e lingua italiana. […] Niuno meglio di lui ha saputo piegar la lingua italiana all’indole della musica ora rendendo vibrati i periodi nel recitativo; ora scartando quelle parole che per esser troppo lunghe o di suono malagevole e sostenuto non sono acconcie per il canto; ora adoperando spesso la sincope e le voci che finiscono in vocale accentuata, come “ardì”, “piegò”, “sarà”, lo che molto contribuisce a lisciar le dizioni; ora framischiando artifiziosamente gli ettasillabi cogli endecasillabi per dare al periodo la varietà combinabile coll’intervallo armonico e colla lena di chi dee cantarlo; ora smozzando i versi nella metà affinchè s’accorcino i periodi, e più soave si renda la posatura; ora usando discretamente ma senza legge fissa della rima servendo così al piacere dell’orecchio e a schivare la soverchia monotonia; ora finalmente adattando con singolar destrezza la diversità de’ metri alle varie passioni, facendo uso dei versi curti negli affetti che esprimono la languidezza, allorché l’anima, per così dire, sfinita non ha forza che basti a terminar il sentimento. […] Niuno ha saputo meglio di lui adattare sulla lira italiana le corde della greca investendosi di tutta l’anima dei greci poeti più felicemente di quanti il precedettero in Italia finora senza eccettuar il Chiabrera, uomo grande al certo, ma cui mancò nell’imitazione il vero spirito filosofico; I quali si credevano di essere novelli Pindari divenuti allorché fatta avevano una sregolata canzone divisa in strofe, antistrofe ed epodon piena d’“auro-crinito”, “chiom-acquose”, “ombri-lucente”, ed altre parole sesquipedali, ma vuota di vero genio pindarico, senza costume né carattere greco, e soprattutto non cantabile, quando si sà che le greche non mai si scompagnavano dal canto e dal suono. […] Egli accorda coll’armonia della greca lira i caratteri romani, l’urbanità francese e l’italiana sensibilità.
Tal è l’italiana e quella delle altre colte lingue viventi. […] Ne’ tempi più felici per la drammatica greca e latina, e per l’italiana, fu la rappresentazione de’ drammi a’ soli uomini addossata: le attrici non comparvero sul teatro prima della metà del secolo sedicesimo. […] I primi tentativi del melodramma, «Rivista musicale italiana», IX, 1902, pp. 797-829. […] Muratori, Della perfetta poesia italiana spiegata e dimostrata con varie osservazioni e con varj giudizj sopra alcuni componimenti altrui […], tomo II, Modena, Soliani, 1706, p. 34). […] Corredò la traduzione di varie note e di una decina di appendici, in cui, a integrazione e correzione, richiamò soprattutto alcuni punti della storia letteraria italiana.
Quando ecco fu udito in Francia lo stile naturale ed elegante insieme della Serva padrona con quelle sue arie tanto espressive, con que’ suoi graziosi duetti; e la miglior parte de’ Francesi prese partito a favore della musica italiana.
A chi non potesse consultar L’originale, o increscessero le versioni latine letterali, o non avesse alla mano L’italiana del dottissimo Anton Maria Salvini, presentiamo L’annessa analisi di questa favola, di cui Omero fornì l’ argomento nel IX libro dell’Odissea.
In questo periodo adunque l’opera italiana contrasse coll’umanità il demerito di aver tolto ogni orrore alla castrazione, facendo assaporare e premiando esorbitantemente l’artificiale squisitezza delle voci.
de Pourceaugnac, in cui un avvocato di provincia viene aggirato da Sbrigani personaggio modellato su i servi della commedia greca ed italiana antica e moderna.
Lo Stoppato nella sua Commedia popolare italiana propende a credere si trattasse nella recitazione di quei comici, di accenti e gesti di convenzione ; e questa opinione seguì il Bevilacqua nel suo elaborato studio su G.
[3] Ad altre cagioni oltre le accennate fa di mestieri non per tanto appigliarsi volendo esporre i motivi della dicadenza attuale dell’opera italiana. […] Infatti bisognerebbe aver aprodato or ora da qualche isola boreale scoperta dal celebre viaggiatore Cook per ignorar i talenti e la scienza del sempre bello e qualche volta sublime Traetta; d’un Ciccio di Majo scrittore pieno di melodia e di naturalezza, il quale in pochi anni che visse ebbe la stessa sorte del Pergolesi, cui non restò inferiore nell’invenzione e nella novità; d’un Anfossi ritrovatore facile e fecondo massimamente nel buffo, e che forse ottiene fra i compositori lo stesso luogo che Goldoni fra i poeticomici; d’un Paisello tornato poco tempo fa in Italia dopo essere stato ai servigi della imperatrice delle Russie, dotato d’estro singolare e d’una maravigliosa ricchezza nelle idee musicali, e che risplende per ornatissimo stile e per nuovo genere di vaghezza; d’un Piccini maestoso insieme e venusto, di gran fuoco, di vivo ingegno, di stile brillante e florido; d’un Sacchini celebre per la sua maniera di scrivere dolce, affettuosa, e sommamente cantabile; d’un Sarti degno di essere annoverato fra i più gran compositori del suo tempo pel colorito forte e robusto, per la ragione che spicca nelle sue composizioni, e per la verità della espressione; d’un Bertoni scrittor naturale, pieno di gusto, e di scelta felice negli accompagnamenti; d’un Caffaro, d’un Millico, e per tacere molti altri, d’un Cristoforo Gluck, il quale benché tedesco di nazione ha forse più d’ogni altro contribuito a ricondurre nel buon sentiero la musica teatrale italiana spogliandola delle palpabili inverosimiglianze che la sfiguravano, studiando con accuratezza somma il rapporto delle parole colla modulazione, e dando alle sue composizioni un carattere tragico e profondo dove l’espressione che anima i sentimenti va del paro colla filosofia che regola la disposizione dei tuoni139. […] [NdA] I pensieri di questo rinnomato maestro intorno alla riforma della musica drammatica italiana si possono vedere nella prefazione alla sua musica sull’Alceste del dotto Calsabigi, e nel Trattato dell’opera del più volte commendato Planelli.
Mi farò dunque a ragionare paratamente di esse, lasciando per ora il parlare del ballo, il quale non sembra costituire parte essenziale dell’opera italiana, giacché quasi sempre si frappone come intermezzo, e di rado s’innesta nel corpo dell’azione. […] Ma il voler bandire dal dramma musicale la verità per sostituirvi il piano adottato da Quinaut, avvilir l’opera italiana per innalzar la francese, è lo stesso, che voler imitare il costume di que’ popoli della Guinea, che dipingono neri gli Angioli, perché stimano, che il sommo grado della bruttezza consista nel color bianco.
Il cardinal Delfino ed il barone Caracci furono i precursori del rinascimento della tragedia italiana senza esser soggetti alle macchie secentiste. […] Ciò che diffinisce i primi progressi della tragedia italiana sin dal principio del XVIII secolo, è appunto la saggia imitazione che fece il Martelli dell’ Ifigenia in Tauri e dell’ Alceste di Euripide. […] perchè non vide che senza la Merope del Maffei, senza quella ch’ei chiama povertà italiana che Voltaire copiò, ancor non avrebbe la Francia una Merope degna di conoscersi da’posteri ? […] Egli che col proprio esempio insegnò l’arte di congiungere felicemente nella poesia italiana la forza e l’evidenza dell’Alighieri alla vaghezza e leggiadria del Petrarca, scrisse in latino alcuni melodrammi tragici elegantissimi. […] Andres si è poco internato nella letteratura italiana, credendo tutte nella Merope del Maffei rincentrate l’Italiche grandezze tragiche.
— Dimenticati vivi nella scena italiana.
Sono questi gl’intrighi pericolosi e le stragi che somministrano la gelosia e la vendetta italiana? […] In qual di esse ha trovato quella sognata mescolanza di dialetti , quei gesti di scimia , quella tremenda pericolosa gelosia e vendetta italiana ? […] Che se egli seppe soltanto per tradizione che esistevano commedie antiche in Italia, o stimò che altra cosa non fossero che le farse dell’Arlecchino per avventura vedute sul teatro detto Italiano di Parigi, egli stesso può avvedersi del torto che fa alla propria erudizione e filosofia, giudicando così a traverso della commedia italiana di cui non aveva nè contezza nè idea veruna.
Queste ed altre versioni francesi riuscirono poco felici, sia per debolezza delle penne che l’intrapresero, sia perchè la prosa francese che da i più si adoperò, è incapace di rendere competentemente la bella poesia italiana.
La musica è del maestro Tarchi della buona scuola italiana, e non manca di vivacità.
Nel trattare il fatto degli Orazj egli prese migliore scorta, o che ne dovesse a dirittura all’Orazia dell’ Aretino l’argomento, o che lo togliesse dall’imitazione di questa tragedia italiana fattane venticinque anni dopo da Pietro de Laudun Degaliers.
Capitolo duodecimo Decadenza attuale dell’opera italiana. […] [28] So che i fautori della moderna musica, alla testa de’ quali fa d’uopo metter il Signor Don Saverio Mattei napoletano (nome caro alle lettere ed alla sua patria)126 mostrano di far poco conto del vantaggio che avevano gli antichi nel regolamento del tempo, quasi che simili finezze non siano necessarie atteso l’attuale sistema della lingua e della poesia italiana.
Debbo pur anco far notare che la ricchezza, l’energia e la maestà della lingua italiana e le maniere usate da’ nostri gran poeti, danno all’Agnese un certo che di più grande che manca al cattivo verseggiatore La Motte. […] Dopo ciò si contenti che gli faccia sovvenire di poche cose se non le ignora: 1 che il Sancho è scritto in pretto castigliano e non in francese: 2 che non è elezione ne’ Francesi il rimar sempre, ma necessità, mancando essi del verso bianco da noi chiamato sciolto: 3 che anche la poesia castigliana ha come l’italiana e l’inglese il suo bel verso suelto: 4 che gli Spagnuoli hanno di più un endecasillabo coll’ assonante ottimo per la scena nazionale.
Il cardinal Delfino e ’l barone Caracci35 furono i precursori del rinascimento della tragedia italiana. […] Ciò che diffinisce i primi progressi della tragedia italiana sin dal principio di questo secolo, è appunto la saggia imitazione fatta dal Martelli dell’Ifigenia in Tauri e dell’Alceste di Euripide. […] Gli sforzi stessi del Voltaire per deprimerla, dopo di essersi ornato delle sue principali bellezze seguendone le vestigia nel comporre la propria, manifestano vie più la prestanza della Merope italiana.
A eccezione di que’ pochi mentovati di sopra gli altri cantori si erano di già lasciati infettare da quel vizio che ha pressoché in ogni tempo sfigurata la musica italiana, cioè gli inutili e puerili raffinamenti.
Una commedia italiana o francese dopo dieci anni con difficoltà si riproduce sulle Scene nazionali senza notabili cangiamenti.
Lo scopo di quest’opera diretta non meno al progresso dell’arti imitative appartenenti al teatro che a far conoscere il merito della nazione italiana nel coltivamento di esse sembra esiger da me che se ne faccia in questo luogo la descrizione. […] Dietro agl’insegnamenti di questo maestro e d’alcuni valenti Francesi, s’è coltivata altresì la pantomima comica, e quella di mezzo carattere cosicché il ballo rappresentativo può dirsi in oggi salito (se crediamo agli encomi de’ suoi partigiani) ad un grado di maggioranza quale non ebbe mai per l’addietro sulla scena italiana fra le mani principalmente di le Picq, di Vestris, di Giuseppe Salomoni, di Viganò, di Clerico, e d’altri professori di minor grido.
Comunque ciò sia egli si valse del migliore della tragedia italiana, ma cercò di accomodarla meglio al gusto francese togliendole l’aria di greca semplicità e naturalezza che vi serbò l’autore italiano. […] Ma il Belloy intento a calunniare la nazione italiana si sdegna contro l’autore delle Vite degli uomini illustri, perchè volle rendere interessanti il traditore Avogadro e suo figlio .
Io ne ho voluto accennare soltante quel che riguarda la drammatica, non curandomi di mettere al vaglio tante mal digerite opinioni spacciate sulla poesia italiana e francese, ove pesta non iscorgesi nè di gusto, nè di giudizio, nè di quella precisione d’idee, di cui crede piamente potersi pregiare.
[NdA] Storia della Letteratura italiana, Tomo 4, Libro 3, Capitolo 3.
Il Figlio naturale del medesimo autore é tolto in gran parte dal Vero Amico del Goldoni; ma per dirla vi si vede peggiorata la favola italiana, e annegata fra varie situazioni semi-tragiche prese in prestito altrove; e soprattutto vi si trova cotal assettata ristucchevole saviezza in tutti i personaggi, e specialmente nel figlio naturale e in Costanza, che farà sempre sbadigliare chi, pensando di leggere una produzione comica, si trova per le mani un noioso componimento serioso.
Forse perchè l’antica severa tragedia quivi originalmente si amò ben poco, e la commedia italiana non si confaceva gran fatto a’ patrii costumi del cielo ispano. […] Io l’ho veduta tradotta in prosa italiana poco felice, ma spogliata in gran parte delle arditezze dello stile e delle solite irregolarità.
Comunque ciò sia egli si valse del migliore della tragedia italiana, ma cercò di accomodarla meglio al gusto francese togliendole l’aria di greca semplicità e naturalezza che vi serbò l’Italiano.
Nulla di più importante e di più interessante per la storia della scena italiana, di questo dialogo, in cui sono massime e sentenze che assai ben si addirebbero agli attori di oggidì, e da cui possiam capir chiaro come il metodo di recitazione degli antichi comici si mantenesse quasi invariato fino a tutta la prima metà del secolo presente.
Il discorso di Ion a Xuto nell’atto II é vaghissimo e molto naturale, ed é stato delicatamente imitato da Racine nell’Atalia, e da Metastasio nell’Oratorio del Gioas; dappoiché non v’ha bellezza in Euripide, che questi due gran maestri della poesia drammatica francese e italiana non abbiano saputo incastrare ne’ loro componimenti.
Debbo pur anche far notare che la ricchezza, l’energia, e la maestà della lingua italiana, e le maniere usate da’ nostri poeti grandi, danno all’Agnese un certo che più grande che manca al cattivo verseggiatore La-Motte.
Egli che insegnò col suo esempio l’arte di congiungere felicemente nella poesia italiana la forza e l’evidenza dell’Alighieri alla vaghezza e leggiadria del Petrarca, scrisse in latino alcuni melodrammi tragici elegantissimi. […] Essa è in fatti una prosa mal misurata in lingua non assolutamente italiana, o napoletana, o forense, o scolastica, ma tutto ciò rimestandosi ne risulta la locuzione dell’Emilia.
Per buona ventura nel fermarmi la state del 1779 in Parma vidi manoscritta la versione italiana del Formione fatta dall’elegantissimo traduttor di Teocrito, Mosco e Bione, il chiarissimo p. m.
Io l’ho veduta tradotta in prosa italiana poco felice, ma spogliata in gran parte delle arditezze dello stile e delle solite irregolarità.