Mi pare sarebbe molto meglio ve ne faceste uno nuovo…. » L'attore lo guardò umilmente, e balbettò : « Si fa presto a dirlo…. ma…. » E Tessari di rimando : « Ho capito. » E senza perdere un istante lo condusse da un mercante di panni.
Samuele, ove il poeta fu ospitato per più d’un anno, pare la stessa, in cui troviamo il capocomico nel catastico del 1740, a pochi passi dal teatro, e precisamente nella così detta Corte del Duca, appresso il palazzo Malipiero….
Sin dall’infanzia gli amici di Luigi solevano dire che suo figlio sarebbe divenuto o un grande ingegno, o un grande zuccone : frase ch'egli andava poi spesso ripetendo, ma pare che da giovine Gaetano desse molto filo da torcere al povero padre che non sapeva come porre un rimedio alle scelleratezze di lui (vedi al nome di Luigi la lettera autografa), nelle quali forse era il germe dell’esquilibrio mentale.
Il padre morto, la madre da sostentare, gli affari che volgeano sempre più al peggio, la costrinsero ad abbracciar definitivamente il ruolo di vecchia, scritturandosi con Ermete Novelli, e passando poi con Pasta, la Tessero e la Giagnoni, con Paladini, con Pasta, Garzes, Reinach, con Pasta e la Tina Di Lorenzo, con Leigheb e la Reiter, con Pasta e la Reiter, e con la Reiter sola, colla quale è tuttavia e sarà fino al principio del prossimo triennio '906-07-08, pel quale è scritturata colla Compagnia Talli, Re Riccardi : questo il lungo stato di servizio di Ermenegilda Zucchini, o, come la chiamano con affettuoso accorcimento i compagni tutti, della Gilda, che le ha procurato per la probità e la fedeltà e lo zelo con cui l’ ha disimpegnato il più ampio certificato del pubblico padrome. « Vi pare che basti ?
Qui davvero non mi pare esagerazione dir collo Scardeone e col Sand che contenda con Plauto. […] Sebbene il Beretta fosse già stato scritturato dal Duca, pare che non raggiungesse subito la compagnia, come avrebber desiderato i comici, e specialmente il Truffaldino Palma, che si raccomanda sul proposito a un ministro del Duca con la lettera seguente, tratta dagli Archivi de’ Gonzaga, e come l’altre gentilmente comunicatami dall’ egregio cav.
Il collega rifiutò l’incarico e lo pregò di darlo in sua vece a Tommasino, altro collega, del quale era ben nota la probità, e il quale in fatti dopo aver avuto l’assentimento di un fratello dell’Alborghetti all’intiera esecuzione del testamento, pare l’acconciasse nel miglior modo con la vedova che molto ebbe a lodarsi di lui, e che poi andò a seconde nozze con un comico italiano, Francesco Materazzi, detto il Dottore.
Pare che il Bachino fosse un innamorato co’ fiocchi, certo non ispregevole, se Pier Maria Cecchini lo proponeva per la sua compagnia al Duca di Mantova, e lo riteneva se non eguale, almeno di poco inferiore al grande Adriano, il Valerini (V.
Pare, secondo il D’Origny, che egli esordisse il 21 settembre nella Grotte de Scapin, in cui prese il nome di Finocchio.
Il quale pare stia a provare come regnasse un’antica ruggine fra loro per gelosia di mestiere, e come anche Costantini fosse d’indole piuttosto ribelle.
Il primo, recatosi una sera dopo il suo lungo esilio, al Carignano, ove recitava la Compagnia Reale, e richiesto del parer suo su di essa, rispose : « È senza dubbio una compagnia composta di ottimi attori ; ma sembra a me che fra essi molti declamino, e due soli veramente parlino ; cioè Cesare Dondini e la Romagnoli. » Ed Ernesto Rossi (op. cit.
» E dolce la bionda figura nel sogno sorrider gli pare ; poi lieve via via nell’oscura tenèbra dilegua, scompare….
Quanto alla donna, pare ch’ella non fosse di troppo riserbo, se personaggi di rango e teste coronate profusero a favore di lei l’immensità de’ loro tesori, scialacquati poi da Silvio che sapeva estorcerglieli colle carezze più d’amante che di compagno.
Tornato in Italia, pare lasciasse definitivamente il teatro, dacchè il Bartoli, un anno dopo, ci avverte com’ egli colle ricchezze, fatte in Francia, avesse acquistato un palazzo e de' poderi nel trevigiano, e quivi stabilita la sua dimora « lungi dal pensier del teatro ».
Vi pare poi che quei tratti ch’io dico, sieno sì proprj di Calderòn, che altrove, e con molto minor fatica nello scavarli, non si rinvengano? […] Or che vi pare, Sig.
Così accadde anche a me, molti anni dopo, quando facevo il bambino nella Preghiera dei naufraghi, e mi pare di vedere ancora il povero Bellotti, che doveva essere affogato sotto una tela in tempesta, scappar fuori e gridarmi a braccia aperte : Sandrino buttati giù ! […] eppoi osservi bene una cosa che è rispettabilissima, e che caratterizza tutti gli uomini che sanno il conto loro : guardi il suo naso : le pare un naso ragionevole ? […] che gliene pare ?
Il 1762 il Sacco passò al Sant’Angelo, e un anno dopo fu trattato dal Duca di Duras per la Comedia italiana di Parigi ; ma non vi si recò altrimenti, forse, a parer del Goldoni, per ragione d’interesse, volendo egli essere di punto in bianco ricevuto a parte (V. lettera di Goldoni al Marchese Albergati in fogli sparsi raccolti dallo Spinelli, pag. 119). […] Visto poi che recitata da altri la Commedia non sortiva il medesimo successo, s’indusse a scriverla tutta, « non già, — aggiunge con gentile riserbo, — per obbligar quelli che sosterranno il carattere di Truffaldino a dir per l’appunto le parole sue quando di meglio ne sappian dire, ma per dichiarare la sua intenzione, e per una strada assai dritta condurli al fine. » E conchiude pregando chi reciterà quella parte, di volere in caso di aggiunte astenersi « dalle parole sconcie, da'lazzi sporchi…. » E qui forse intende di muover velatamente rimprovero al Sacco stesso, che in materia di sconcezze su la scena pare non avesse troppi scrupoli. […] Non mi pare possibile.
Nel 1587 pare che Messer Battista si fosse fatto capocomico, come può rilevarsi da quest’altra lettera, tolta pure dal D’Ancona (II, 492), dalla quale anche si apprende come egli fosse già da tempo in que’ rapporti relativamente intimi che solean correre fra S.
Nel gennaio del ’70 vediamo il Ganassa prender parte alle nozze di Lucrezia d’Este in Ferrara, come è detto in questo brano di lettera riferito dal Solerti : con le confetture vi comparve Zanni Ganassa, e con un cinto in mano assai piacevolmente rintuzzò e fece cagliare un certo Ernandicco Spagnuolo…… Si recò la prima volta a Parigi nel 1571 colla sua compagnia, secondo un documento del 15 settembre pubblicato dal Baschet, ma pare non vi recitasse, per un divieto del Parlamento, non ostante le Lettere Patenti del Re di cui egli era munito.
È lo stesso Duca di Modena che si rivolge al Cardinal Legato di Bologna, pregandolo di chiamare a sè il Lolli e di persuaderlo con belle promesse ad accettare l’invito di far parte della Compagnia del Duca, al che pare si fosse mostrato renitente.
Un’altra lettera nello stesso Archivio ho trovato, che ritengo pure inedita, e che mi pare valga la pena di trascrivere, così per le nuove cose ivi discorse, come per una riprova dell’interesse che le LL. […] Ma dove pare a me che l’Andreini si levi talvolta a grande altezza è nelle rime ; in cui non sappiamo se ammirar più la scorrevolezza e armonia dei versi, o la leggiadra semplicità dello stile. […] De le fatezze de i uisi non mi curarei poi tanto, potendosi ageuolmente con l’arte, supplire oue manca la natura, con tingere una barba, segnare una cicatrice, far un uiso pallido o giallo, ouero farlo parer piu uigoroso, et rubicondo, o piu bianco, o piu bruno, et tali cose, che ne possono occorrere. […] Quanto alle qualita loro, a me pare, che abbiano molta maesta, et che siano molto conuenienti, quei modi de prologhi usati da gl’ antichi, cioè che in persona del poeta, eschi uno, togato, Et laureato, il cui habito richiede essere, non men sontuoso che graue. […] Ma dal conversar dinanzi a ’l pubblico schierati presso la ribalta, al restar gran tempo inchiodati alla scena di fondo, presso un camino con le spalle verso il pubblico, a me pare che il tratto sia troppo lungo.
Ma la difesa pare non fosse che del momento, però ch'egli sposò difatti l’Argentina, Gabriella Gardelini (V.), sorellastra di Francesco Materazzi, il dottore della Compagnia (V.), che gli morì giovanissima, e da cui non ebbe figliuoli. […] Pare che a Modena si fosse sparsa, molti anni prima, la notizia della sua morte, poichè abbiamo un brano di lettera del 1° gennaio 1735 in quell’Archivio di Stato, così concepito : « Il povero Riccoboni, che avevamo mandato all’altro mondo, vive sempre, e sempre bravo modenese. » Molte sono le opere di teatro ch'egli scrisse, ma tutte ohimè giacenti nell’ oblìo.
Padova, Conzatti, 1783, p. 222), fioriva intorno al 1630 : e l’Adami si recò, pare, in Francia nel 1653, se bene l’Ademollo affermi (ivi) come vi si recasse nel 1639.
E questo prova, mi pare, quanti e quanto grandi fossero i pregi suoi di artista.
Italia Vitaliani non ha avuto prima d’ora la fortuna che meritava. « Se Italia Vitaliani volesse, – scriveva alcun tempo fa Alberto Manzi — vedrebbe i pubblici entusiasti di lei, come sempre, quando ha voluto, li ha veduti : se sinceramente volesse, tornerebbe ad essere, come anni or sono, la Vitalianina adorata…. » E oggi pare abbia voluto e voglia davvero, dacchè i pubblici nostri e quelli di Spagna e d’America s’inchinano ammirati all’astro di prima grandezza.
Non pare a voi, Signor Abate, che così sia? […] Non pare che questo Critico, che vale assai più del vostro Rapin, abbia a dirittura voluto contrapporsi alla censura ingiusta fatta contro del Tasso? […] Vi pare, Signor Lampillas, che questo giudice, che si accorda col sentimento del Boileau, e diametralmente si oppone alla censura di Rapin, deciderebbe con imparzialità, se fosse Italiano?
Il Coralli non ha voluto riveder l’ Italia, ma avendo sposata una figlia del Ruggeri, fabbricatore di fuochi artificiali, è rimasto a Parigi, impiegato colla Truppa francese allo stesso Teatro, e un tal impiego gli fa onore e giovagli altresì per il congruo, e necessario suo decoroso mantenimento. » Una delle migliori creazioni del Coralli fu quella del fratello minore nei Gemelli Bergamaschi di Florian, dati la prima volta il 6 agosto 1782, in cui si fece molto applaudire al fianco del Bertinazzi che rappresentava il fratello maggiore : e una delle peggiori pare fosse quella nel Venceslao, dramma francese, come appare dalla prefazione del traduttore Francesco Gritti.
Pare che la Compagnia tornasse al Rangoni di Modena anche l’estate del '49.
Ma pare che questa nel 1776 si sciogliesse avanti la fine dell’anno, ed egli si scritturasse assieme alla famiglia con Alessandro Gnochis pel carnovale di quell’anno a Genova, dove morì ai primi di gennajo.
Pare che il Signor Apologista abbia voluto serbare per le ultime fortune il più debole, il più inefficace de’ suoi argomenti.
Nullameno tali difetti saranno stati attenuati da una recitazione vivace, spiritosa, intonata, italiana ; e pare che Giovanna Casanova non amasse di seguire il consiglio di darsi alle parti di vecchia cattiva, poichè sino alla fine della sua vita artistica rappresentò le Rosaure, fedele al principio dominante dei ruoli stabili.
Comunque sia, pare che la interprete moderna sia uscita degnamente dalla nuova battaglia.
« Egli non potè aver maggiore fortuna – ho detto in principio – per la cerchia ristretta in cui visse. » E questa ristrettezza derivò un poco da tutto un insieme di dizione e di pronunzia e di atteggiamenti, nella lor grande spontaneità prettamente romagnoli, da farlo parer talvolta più tosto un attor dialettale ; e un poco per la numerosa famiglia che gl’impedì, proprio quando più ce n’era il bisogno, di prendere il largo, e di emanciparsi collo studio speciale da quei difetti d’origine che lo facevano apparire anima gentile in corpo rozzo.
Il suo Amor per amore è sul medesimo gusto alieno dal vero comico, ma più languido ed a parer mio meno pregevole per aver l’ autore in tal favola voluto valersi delle fate e delle trasformazioni. […] Il se neglige trop, où se pare à l’exces: D’état il n’en a point, ni n’en aura jamais. […] Tralle scene bene scritte dee contarsi la 4 dell’ atto IV, in cui Aristo (personaggio virtuoso copiato dal Cleante del Tartuffo) volendo distaccar Valerio dall’amicizia di Cleone entra a dipingere i malvagi culti che affettano di dare il tuono negli spettacoli, quei che prendono l’aria beffarda e quei che vogliono parer gravi e laconici. […] Pietro Marivaux nato in Parigi nel 1688 e morto nel 1765 autore di romanzi e di commedie pare che riuscisse meno de’ contemporanei, benchè fuvvi in Alemagna chi tradusse le sue opere50.
Con tuttociò le crudeltà di Fulvio sono per me di tanta dolcezza animate, che minacciandomi rovina, pare che mi promettino salute. […] Quanto all’indole, pare che egli non fosse uno stinco di santo, se ci diamo a richiamar le scene violente di gelosia artistica fra la Lavinia (Marina Antonazzoni) e la Valeria (…..
La signora Duse ha una recitazione tutta sua propria, piena di originalità e di colore individuale, che pare negletta, ed è studiata, che sembra faticosa ed è spontanea, che non stupisce e non colpisce per l’uso e l’abuso dei grandi mezzi, ma seduce, incanta, trascina per un certo profumo di verità, per un fascino sottile di naturalezza, per un fremito di passione che sgorga, irrompe e si propaga rapidamente nella massa degli spettatori. […] A volte ha il passo lento della Bernhardt : pare strascichi a stento su la scena quel suo corpicino snello, vaporoso ; a volte ricorda in una smorzatura di voce la Désclée. […] A un giovane autore che pare le si mostrasse in una lettera pien di amarezze rispondeva : Che benedetto ragazzo che siete !
Basti sapere che il matrimonio tra Colombina e Buffetto parve a questo argomento sufficiente per essere tramandato a’posteri in un Cicalamento (Fiorenza, Massi, 1646), che pare a me, e certo parrà anche al lettore, documento interessantissimo per la storia del nostro teatro di prosa.
; ed in questa per voler troppo comparire naturale, cade nella freddezza. » Dalle quali parole mi pare si possa oggi trarre argomento di molta lode per l’egregio artista.
Con questa pare vi fossero i soliti malumori che abbiam trovato nelle comiche di ogni tempo.
Ch'ella accoppiasse al grande valore artistico un’altrettale bontà dell’animo non pare : si sarebbe anzi portati a credere che avesse con le compagne di palcoscenico e di ruolo comune la diavoleria ; scusata in parte dal fatto, che mai madre di comica spinse la petulanza, il pettegolezzo, la malignità, l’abbiettezza sì alto, come la madre di Maria, a cui s’aggiungeva poi come braccio destro delle sue male azioni un figliuolo, fior di canaglia, disperazione vera del povero direttore Flaminio Scala.
Pare che la maschera di brighella venisse al mondo sotto brutto auspicio.
Il suo componimento Amor per amore è sul medesimo gusto alieno dal vero comico, ma più languido ancora ed a parer mio meno pregevole per aver l’autore in tal favola voluto valersi delle fate e delle trasformazioni. […] In fatti la Pamela non invecchiò per lunga serie di anni finchè non si alterò il gusto comico italiano coll’imitazione de i drammi lugubri stranieri; e la Nanina non pare che torni spesso sulle scene francesi. […] Il se neglige trop, ou se pare à l’exces. […] Tralle scene bene scritte dee contarsi la quarta dell’atto IV in cui Aristo (personaggio virtuoso copiato dal Cleante del Tartuffo) volendo distaccar Valerio dall’amicizia di Cleone entra a dipingere i malvagi culti che si arrogano il diritto di dare il tono negli spettacoli, e quei che prendono l’aria beffarda, e quelli che affettano di parer gravi e laconici. […] Tralle commedie pubblicate nel corso della Repubblica Francese, e chiamate Repubblicane, si contano le Brigand par amour, Crevecoeur, e le Mariage du Capucin di Volmerange, il quale, al dir di Piniere autore della satira le Siecle, pare che fosse tutto occupato a stomacare gli ascoltatori, e a rivoltare incessantemente la natura.
Uno squarcio di essa però merita riflessione, e pare che la faccia ascendere sino alla fine del I secolo, mentovandovisi i Gaulesi della Loira, i quali scrivevano su gli ossi le sentenze di morte pronunziate sotto le querce: Habeo (vi si dice) quod exoptas; vade, ad Ligerim vivito. […] Ora se nella Commedia si motteggiarono quelle sentenze rusticane capitali date sotto le querce come tuttavia esistenti, pare che il Querolus dovette comporsi prima del discacciamento de’ Druidi, e non già sotto Teodosio II, quando i Romani aveano introdotto nella Francia settentrionale la propria giurisprudenza, ed erano già state abolite le sentenze di morte dettate da’ rustici e scritte su gli ossi.
Ma è da credersi, che la frase a lui detta, se pure fu detta, quando salì sul palco, dopo ascoltato il Saul :« no g' avè rispeto gnanca de vostro pare » ebbe più un tuono di amorosa compiacenza, che di sciocco risentimento ; dacchè pare irrefragabilmente provato da chi lo avvicinò, che egli fosse d’indole buona e avesse un amore sviscerato per la famiglia (sposò il 1801 la valorosa attrice Luigia Bernaroli (V.), vedova Lancetti, da cui ebbe due figliuoli) ; e che la serenità dell’uomo e la coscienza dell’artista non mai venissero meno in lui, mostrandosi in ognun de'casi (o attore stipendiato, o socio, o capocomico solo), direttore eccellente e galantuomo rarissimo.
Non di meno v’ha chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile, di Plutarco, di Tullio, di Quintiliano, e mentovar dove stia bene que’ graziosi sagaci attori, i quali seppero sulle più culte scene ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che accreditarsi nelle società come originali di que’ medesimi ridicoli mascherati da uomini di alto affare, come filosofi senza logica, come pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore e dottrina, e come pigmei in somma, la cui pelle distesa a forza di puro vento per via di replicati argomenti si gonfia e gli fa per qualche istante parer gigantoni.
Nè anche egli ebbe notizia, a quel che pare, di alcune rovine teatrali site presso il luogo, che oggi occupa Senetil de las Bodegas, dove fu Acinippo, antico Popolo della Celtica nominato da Plinio1 con altri contenuti a Bæti ad fluvium Anam, dal Betial Guadiana.
Pare a me che in queste si permetta il ragionare, ma non occultare il Vero e tradir l’Onesto: parmi che l’Onesto e il Vero debbano in queste preferirsi mai sempre alla meschina glorietta di confondere e soppiantare per qualunque via l’avversario.
Difetti che pare svanissero in breve.
Vossignoria mi pare un Dindon à la daube.
Il rimprovero dello strafare fu mosso dalla critica inguantata, come s’è visto, anche a Luigi Vestri, il quale, artista eminentissimo, di una verità, e soprattutto di una semplicità sbalorditiva, pare fosse tuttavia conoscitore profondo di tutte le risorse del mestiere, alle quali, per acconciarsi alle esigenze di certi pubblici, ricorreva talora, non saprei dire se volentieri o a malincuore.
Ad ogni modo, a me non pare, come al Bevilacqua, tenuto conto anche dell’età del recitante (il Bruni aveva quattordici anni) così noioso. […] CONTRASTO ALLA NAPOLITANA ridicoloso Capitano Le brauure de sto Campione, in tutte atti & attione, quanno piglia la spada in mano pare un Ettore Trojano. […] « La stragge ch’io feci dell’inimico, risserba per segnalata memoria un gran monte d’ossa, che l’Olimpo al par di quello perde il nome, & quasi pare una spatiosa pianura. […] Potrà servir adunque a chi volesse dar principio (caso però che il parer d’altri non li piacesse più del mio). […] Aveva ragione davvero il Cecchini, come pare a prima vista ?
Ma pare che il Duca di Mantova l’avesse davvero a morte col pover' uomo, il quale per non commessi delitti fece rinchiudere in una prigione, riuscendo vane per liberarnelo le intercessioni di Altezze e Potentati.
Papà mio, Giovanni Zanon, era di famiglia benestante, e pei moti politici (mi pare del '21) fuggi da Venezia, e si rifugiò in una compagnia drammatica – Refugium peccatorum – (che latesin !).
Ci fai parer il finto e vivo e vero, quando di legni il mar tutto si copre.
Non credo però, che la Storia de’ Teatri vi abbia dato motivo di pensare, che io pretenda destinare i Drammi solo alla lettura de’ Savj, come pare che vogliate insinuare, scappando fuori con quel lectori se credere malunt bene intempestivo. […] Così pare, che l’intendiate voi con dire i Savj solitarj ne’ loro Gabinetti. […] Or che vi pare, Sig.
E pare oggimai che i nostri compositori sieno venuti in parere che i recitativi non meritino il pregio che vi si ponga grande studio, non potendosi aspettare ch’e’ siano altrui di molto diletto cagione. […] Pare che per ogni ragione se ne avesse a scemare il numero.
.), e che si cavino dalla Storia, dalla Mitologia antica, e da’ Poemi Epici moderni ancora, di maniera che quasi più difficoltoso pare che sia il rinvenire un fatto Eroico proprio della Tragedia, che il tesserne la favola e il ben verseggiarla: il Signor Lampillas ardisce in faccia all’odierna Europa riprovar questo appunto che s’inculca, e attribuire a difetto d’invenzione nel Trissino l’aver tratta da Livio l’avventura di Sofonisba! […] Non pare convertita in un’ Agnès, in una sempliciona?
Eugenio, che egli non ignora sin dall’atto I: che in una favola che l’autore vuol far cominciare di buon mattino e terminar prima di mezzodì, non pare che possano successivamente accadere tante cose, cioè diverse conversazioni riposatamente, consigli, trame, deliberazioni, una scena di ricamare in campagna, un giuoco di tresillo, indi un altro di ventuna, ballo, merenda, accuse contro D. […] Ciò pare che facciano sperare le lodate commedie inedite di Don Leandro de Moratin e le ultime impresse di Don Tommaso Yriarte.
.), uno dei più acerbi nemici dell’Antonazzoni (perchè pare fosse l’amante dell’Austoni) in nome anche del Romagnesi e di Mezzettino, e dell’Antonazzoni stesso. […] Come entrano questi dentro a una città, subito col tamburo si fa sapere che i Signori Comici tali sono arrivati, andando la Signora vestita da uomo con la spada in mano a fare la rassegna, e s’invita il popolo a una comedia, o tragedia, o pastorale in palazzo, o all’osteria del Pellegrino, ove la plebe desiosa di cose nuove, e curiosa per sua natura subito s’affretta occupare la stanza, e si passa per mezzo di gazzette dentro alla sala preparata ; e qui si trova un palco posticcio : una Scena dipinta col carbone senza un giudizio al mondo ; s’ode un concerto antecedente d’Asini, e Galauroni (garavloni) ; si sente un prologo da Cerretano, un tono goffo, come quello di fra Stoppino ; atti rincrescevoli come il mal’anno ; intermedij da mille forche ; un Magnifico (pag. 180) che non vale un bezzo ; un zanni, che pare un’oca ; un Gratiano, che caca le parole, una ruffiana insulsa e scioccherella ; un innamorato che stroppia le braccia a tutti quando favella ; uno spagnolo, che non sa proferire se non mi vida, e mi corazon ; un Pedante che scarta nelle parole toscane a ogni tratto ; un Burattino (pagg. 181, 183), che non sa far altro gesto, che quello del berettino, che si mette in capo ; una Signora sopra tutto orca nel dire, morta nel favellare, addormentata nel gestire, ch’ha perpetua inimicizia con le grazie, e tiene con la bellezza diferenza capitale.
La flotte grecque parait sur la mer dans le fond.
Piano così assurdo verseggiato in istile tanto lontano dalla gravità e dalla correzione, a chi poteva parer tragedia perfetta se non all’ab.
L’azione non è una; il tempo basterebbe per un lungo poema epico; ed il protagonista Ezzelino pare che abbia un compagno in Alberico.
A me anzi parve, e pare ancora più simile a Lope de Vega, tanto per la varietà, la copia e l’irregolarità de’ componimenti, quanto per aver come Lope compresa la delicatezza dell’arte senza seguirla.
Il Goldoni si schermì ancora, ma dovè poi cedere alle più che gentili insistenze del D’Arbes (gli aveva messo, come acconto, nella scatola da tabacco alcuni ducati d’oro) ; e chiestogli per lettera se la commedia doveva essere col Pantalone in maschera o a viso scoperto, ebbe questa risposta, che delinea ancor più la comicità e, diciam pure, furberia di quel bel tipo che ci pare di vedere e di sentir discorrere, e che chiameremmo a base di birignao.
Nobilmente sopportava ; e s’andava poi sfogando con gli amici, fuor della scena, scrivendo lettere di fuoco, dalle quali però mi pare salti sempre fuori la correttezza del suo costume, e la bontà della sua indole.
E furono citate lettere di cavalieri (di quanta autenticità non saprei dire) che pare avessero scritto al Fichetto Lolli (V.) pregando di desistere dall’andata a Padova per non incorrere nella ruina della Compagnia.
La Zia Mona mia mare, scarsella mai me diede, Zan Pitocca Batocchio, qual fu el pare, d’un strazzo de Tabar me lassò erede ; ma la mia trista sorte causò dopo la morte gran nascita de debiti, e malanni, si ch’el morir me ravvivò i affanni. […] Da un altro canto esclama Burattino, che par che il boja gli dia la corda, col sacco indosso da facchino, col berettino in testa che pare un mariuolo, chiama l’udienza ad alta voce, il popolo s’appropinqua, la plebe s’urta, i gentiluomini si fanno innanzi, e a pena egli ha finito il prologo assai ridicoloso e spassevole, che s’entra in una strana narrativa del padrone, che stroppia le braccia, che stenta gli animi, che ruina dal mondo quanti uditori gli han fatto corona intorno ; e se quello co’gesti piacevoli, co’motti scioccamente arguti, colle parole all’altrui orecchie saporite, con l’invenzioni ridicolose, con quel collo da impiccato, con quel mostaccio da furbo, con quella voce da scimiotto, con quegli atti da furfante s’acquista un mirabile concorso ; questi collo sgarbato modo di dire, con la pronuncia bolognese, col parlar da melenso, con la narrazione da barbotta, collo sfoderar fuori di proposito i privilegi del suo dottorato, col mostrar senza garbo le patenti lunghe di signori, col farsi protomedico senza scienza, all’ultimo perde tutta l’udienza, e resta un mastro Grillo a mezzo della piazza.
A. mi metta con chi uole e facci di me quello che li pare che sempre sarò pronto a seruirla ma l’esser poi strapazato con quella pouerazza de mia moglie sono cose che fano catiuo, tanto più che il dottore per essere a l’ombra del patrone me a fatto questo che se non fusse me farebbe li ponti d’oro per riunirci in sieme come me fano tutti li altri compagni li quali aspeteno con grandissima diuotione se sono in Compagnia si ò nò acciò poseno fare el lor uiagio per le lor case caso che fuseno esclusi ; di questo io ne suplico con ogni Umilta posibile il Sere. […] (come ho fatto) che tra Comici non ha il piu suiscerato seruitore di me : Strano mi pare in estremo che S.
“L’amate (mi pare di sentirla a replicare), ed il vostro amore vi permette di riprenderne il Teatro?
Chi fosse il Dottore citato dall’Allori, che con iscusa pare di malattia non voleva recitare in una fatica particolare, non so dire.
El complimento Che ’l vostro Direttor v’ ha messo in boca, Nol fa parer un’ omo de talento, Ma no diremo gnanca, che ’l sia un’oca ; E ne dispiase solo del lamento, Che fe, d’esser offesa, cara gnoca, E sfidemo el Poeta, che menazza, A dir, dove i Attori se strapazza.
Qualor voi favellate d’Orfeo mi pare il suon sentire allora, che le fiere traea quasi incantate.
Tomo XII, dell’ Ediz. dello Zatta, Venezia, 1788), data a Parigi la prima volta il 4 febbraio 1763, e che se segnò un nuovo grande trionfo per l’Arlecchino Bertinazzi, non pare ne segnasse uno per l’autore. […] Dalle quali parole, più che di vergogna, pare che il Riccoboni traesse una conseguenza di orgoglio per la pieghevolezza dell’indole e dell’ingegno de’comici italiani.
Ora se nella commedia si motteggiano quelle sentenze rusticane capitali date sotto le quercie come tuttavia esistenti, pare che il Querolus dovè comporsi prima del discacciamento de’ Druidi, e non già sotto Teodosio II, quando i Romani aveano introdotta nella Francia settentrionale la loro giurisprudenza, ed erano già state abolite quelle sentenze di morte scritte su gli ossi.
Mi ristringo solo a domandare, se pare al Sig.
La sola bella avventura della sua travagliatissima vita, in cui pare fosse guidato da un genio malefico.
Sebbene abbiate trascritta in parte l’osservazione del Signorelli, pare tuttavia che non l’abbiate ben letta. […] Vi pare, acuto Signor Apologista, illazione sobria dedurre dalla modificazione del Canto, la totale deficienza? […] Or vi pare questa sì viva, sì naturale rappresentazione da partorire da se la illusione?
Quanto allo stile, l’Ariosto abbonda di sali é motteggi graziosi senza buffoneria da piazza: é naturale senza lasciar di esser elegante: é poetico quanto basta per allontanarsi dalla prosa naturale, senza degenerare in lirico o in altro genere di poesia elevata e sonora, Vedasene un saggio nel seguente squarcio del prologo della Cassaria, dove dipinge i vecchi che vogliono parer giovani: ………………………… Per nascondere L’età, dal mento e dal capo si svellono Li peli bianchi: alcuni se li tingono, Chi li fa neri e chi biondi, ma vari e divisati in due o tre di ritornano. […] Pare dunque che ’l Trissino, il quale non so perché, e donde venga dal signor di Voltaire, ed indi da altri di lui compatrioti, appellato Arcivescovo, abbia servito di modello a’ primi francesi che si esercitarono nel genere tragico, diciamolo qui di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici francesi che a lor bel piacere sono andati e vanno, tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le cose nostre: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie gaulese, e forse non che il primo crepuscolo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti, e scienze tutte. […] A me pare che ciò addivenuto sia, perché «chi poco considera (secondo che dice il proverbio), presto parla e presto scrive», e perché i francesi facendo sempre da suffisants (voce caratteristica che manca alla nostra lingua) hanno, come glielo va rimproverando con somma ragione il presidente di Montesquieu nelle Lettere Persiane, «la fureur d’écrire avant que de penser, et de juger avant que de connaitre», per servirmi delle parole di M. d’Alembert.
Car selon la pensée où son esprit se plonge, Sa face à chaque instant s’élargit ou s’allonge: Il se néglige trop, ou se pare à l’excès. […] Una delle più belle é la IV dell’atto IV, nella quale Aristo, ch’é un personaggio virtuoso imitato dal Cleante del Tartuffo, cercando tutte le ragioni per distaccar Valerio dall’amicizia di Cleone, fa varie dipinture sommamente vivaci e naturali de’ malvagi che affettano di dare il tuono negli spettacoli, di quei che prendono l’aria beffarda, di quei che vogliono parer gravi e laconici. […] Valerio temendo di parer singolare per troppa bontà, asserisce che tutto il mondo é malvagio, ed Aristo distrugge quest’opinione ingiuriosa: Tout le monde est méchant?
Dal che ben pare che l’esperienza ne insegni qualmente, per l’interior del teatro, a prescegliere si abbia il legno; quella materia cioè di che fannosi appunto gli strumenti da musica, siccome quella che è più atta di ogni altra, quando percossa dal suono, a concepir quella maniera di vibrazioni che meglio si confanno cogli organi dell’udito.
Lodevole fu il disegno dell’autore di esporre sulla scena alla pubblica derisione la ridicola vanità degli artigiani, i quali abbandonando il proprio mestiere sorgente della loro opulenza, sacrificano tutto per parer nobili, altri coprendosi di ridicolo, altri cadendo nelle ultime bassezze o in delitti.
Ademàs de esto era menester que mi Protector fuese Amigo del Hombre, sociable, humano, accesible: porque como hubiera tenido la benignidad de escucharme el Grande que se presume compuesto de un calibro superior à lo humano, y que fiero y desvanecido unicamente por sus Abuelos, Se pare insolemment du mérite d’autruy, Et me vante un honneur qui ne vient pas de luy?
Gli altri anch’essi, per non parer meno eruditi, davansi lo stesso vanto; e tutti ce tamente non avrebbono scrupoleggiato di accertare sulla lor fede d’aver letto eziandio le commedie di Eupolide, Cratino, Filemone, Difilo, Apollodoro, Turpilio, Trabea, Cecilio, e tutte quelle altre de’ Greci e Latini, di cui o pochissimi frammenti o appena i nomi, rimasti ci sono.
L’Innamorato, per esempio, pare non avesse che uno studio : quello di recar sulla scena tutto un repertorio di immagini achillinesche, di cui abbiamo avuto un largo esempio nell’orazione funebre di Adriano Valermi per la Vincenza Armani ; mostrando così, come la fama di un attore serio, e sopratutto amoroso, avesse una solida base nella strampalata ampollosità del fraseggiare.
Ma v’han ore al mondo Piene così d’inusitata gioia, Che in quell’ore si svia l’amara fonte Dello sdegno e dell’odio, e per un’alta Anima sola, che s’incontra in questi Muti deserti, tollerabil pare Tanta razza di deboli e di rei !
Seco m’aggiunsi, e giovenetta mostra Fei ne’ teatri, ch’or tanto deprime Non ben saldo parer d’animi foschi ; Non già così chi ’l nobil capo inostra De la Romana chiostra Lodato eroe tra le famiglie prime De’ Greci, e dei Latin come dei Toschi Saggio cultor, e ’n un Testor amante ; S’egli ad ogn’altro avante Poggia per gran saper, che dicon questi Aristarchi bugiardi ogn’or molesti ?
Aveva fatto istanza per recitare il carnovale del ’36 a Roma, ma pare non vi andasse altrimenti.
E se il Malara fu uno Scrittore, che probabilmente si accomodò al gusto generale introdotto nella Penisola, pare al Signor Apologista, che, dove di molti Greci, Latini, Italiani, Spagnuoli, Francesi, de’ quali abbiam pure più fide memorie, ed anche opere, io tralasciai di far menzione, per non potersene, a mio avviso, trarre molto vantaggio per la gioventù, dovessi poi consumare il tempo sulle favole del Malara che non esistono, nè si sa che cosa fossero? […] Volete Voi, a quel che pare, far la guerra sedendo nella Reggia alla maniera de’ Monarchi Assirj?
Di essa pare che avesse gettati i fondamenti il medesimo Aristofane col Pluto, dove abbiamo, sì, trovato un Coro, ma ben lontano dall’antica baldanza e mordacità.
E però questa sera (nobilissimi Signori Bolognesi) pregato da’ miei compagni à farui il Prologo d’vna bella Comedia, che hanno in animo di recitare, in quel cambio hò voluto dirui, quanto per cagion vostra m’ è avvenuto, e quanto in servitio vostro hò operato ; se vi pare, che meum labor sit dignum mercedem suam, fate silentio, che io per hora altro non chieggo, e voi in tal modo confermerete esser vero, che in Bologna non ha luogo l’ignoranza, l’ingratitudine, ma la vera cognitione e ricognitione de’ buoni, e di chi merita, come si caua dalla voce Bononia diuisa in sillabe, Bo, bonorum, no, notitia, ni, nimis, a, amabilis.
E purché l’uomo di gran virtù non sia esente da qualche difetto, io contro il parer d’Aristotele lo giudico secondo la cristiana legge idoneissimo fra tutti. […] Di più dico, che l’aspetto della sua disGrazia è sì momentaneo e sì privo di quella parte che chiamasi da greci πάθος, che la sua morte pare così accessoria alla tragedia. […] La Polissena del Marchesi mi pare che fra l’altre lasci assai prevedere il suo esito. […] Nella Canace dello Speroni pare che la tragedia si converta in commedia laddove si trattiene il famiglio solo a motteggiare intorno i vizi delle donne. […] Egli mi pare che quelli con troppa baldanza litighi nell’altrui foro, perocché frammischia ad alcune giuste riflessioni non poche censure inettissime.
Dopo ciò che abbiamo narrato, e che si può verificare ad ogni occorrenza, non pare che questa sentenza dell’Andres sia stata dettata da giusta critica, da lettura diligente e da perizia della poesia drammatica.
E di questi soavissimi versi metto a riscontro questi altri, che tolgo dall’ epistola a Gustavo Modena sulle comiche compagnie italiane, inserita nel citato libretto del Bonazzi, e che, pur non essendo cattivi, son ben lontani, pare a me, dall’aurea semplicità dei primi.
Nelle parti odiose si trovan per lei delle scuse, e pare che il suo personaggio non possa agire altramente sia che la fatalità lo spinga, o la passione lo trascini, o le circostanze lo dominino.
… Ma pare che il Righetti gli scrivesse al proposito di tali minaccie una lettera di buon inchiostro, perchè Rossi, il 12 ottobre '51, da Mantova, venuto a più miti consigli, gli dichiara che la loro amicizia non deve venir meno per sì piccola bazzecola, e, naturalmente, non si parla mai più di scioglimento.
Tutto è inutile; egli è fermo nel suo pensiero, si congeda, cavalca uno scarafaggio sull’autorità di un apologo di Esopo, e gli pare essere arrivato alla rocca di Giove. […] La bellezza de’ tre primi atti non pare agli occhi miei continuata ne’ due ultimi; ma il Comico contava certamente sulla varietà delle imitazioni e parodie, le quali, presso la posterità già sazia delle trasformazioni degli zanni scemano di pregio in ragione del tempo che va tramezzandosi fra essa ed il Comico Greco. […] Tuttavolta il coro delle Nuvole si suppone composto di esseri immaginarii, ed il poeta che si presenta alla scoperta, pare che ne distrugga ogni illusione. […] Io sono Socrate (par che egli dicesse loro serenamente): vi pare che io sia quel malvagio corruttore che quì si morde? […] Il gran Platone, l’idolo de’ nostri filosofi, al quale essi cercano con tanti inutili sforzi di parer simili, scriveva a Dionigi il tiranno, che «per ben conoscere gli Ateniesi e lo stato della loro Repubblica, bastava leggere le commedie di Aristofane».
Ora in tal congiontura la situazione dì Agamennone che si copre il volto, è perduta, e parer debbe men bella e men propria. […] Non si vede però allora eseguito questo canto, e pare che vi manchi il coro. […] Fra quante agnizioni si sono esposte sulla scena, questa ad Aristotile parve una delle eccellenti, ed a noi parimente pare la più verisimile, la più vivace e la più acconcia a chiamare l’attenzione del l’uditorio, e a tenerlo sospeso.
Pare dunque che il Trissino (il quale non so perchè e donde venga dal Voltaire ed indi da altri di lui compatriotti appellato Arcivescovo) abbia servito di lume e scorta a’ primi Francesi che si esercitarono nel genere tragico.
Bartoli) la citata ode amorosa, la quale a me pare mirabile e strana per l’efficacia, la verità e la passione, ond’è formata.
Tutto è inutile; egli è fermo nel suo pensiero; si congeda, cavalca uno scarafaggio sull’ autorità di un apologo di Esopo, e gli pare di essere arrivato alla Rocca di Giove. […] Tuttavolta il coro delle Nuvole si suppone composto di esseri immaginarj, ed il poeta che si presenta alla scoperta, pare che ne distrugga ogni illusione. […] Io sono Socrate (par che egli dicesse serenamente): vi pare che io sia quel malvagio corruttore che quì si morde? […] Il gran Platone, l’idolo de’ nostri filosofi, al quale cercano con tanti inutili forzi di parer simili, scriveva a Dionigi il tiranno, che per ben conoscere gli Ateniesi e lo stato della loro repubblica, bastava leggere le commedie di Aristofane. […] Di essa pare che avesse gettati i fondamenti il medesimo Aristofane col Pluto, dove abbiamo, sì, trovato un coro, ma ben lontano dall’antica baldanza e mordacità.
Se riflettasi allo stile, alla versificazione, alla maniera di colorire priva di quella felicità di pennello onde si ritrae al vivo la natura, il componimento pare uscito da penna indigesta, giovanile, e poco esercitata. […] Non pare che il maggior trionfo dell’autore provenga dalla piacevolezza e dalla forza comica. […] da’ vassalli forse del marito; ma questi vassalli esser altri non possono che villani del ritiro campestre di Adelvolto; Or pare verisimile che dovessero osar tanto in faccia al re circondato da’ soldati, da cavalieri ec. ribellandosi manifestamente? […] Ciò mi pare patetico e nobile. […] Lasciam da parte che ciò dee parer prosa a chi la riconosce a simili segni nel poeta Romano; lasciam pure che lo stil tragico schiva simili leziosaggini: come però al cader del secolo decimottavo menar buona al poeta Livornese quell’unione segnata a caratteri di stelle, contrabbando da secentista?
In prima, Signor Abate, pare a voi la stessa cosa una privata asserzione di un semplice Scrittore, e forse anche di qualche altro, e la confessione de’ difetti del Teatro Spagnuolo fatta dal Cervantes, dal Lope, dall’istessa Accademia Spagnuola, dal Lopez, dal Cascales, e in seguito da’ più gran Letterati Spagnuoli?
In fatti la disistima che ebbesi poscia per le persone di teatro in Roma, non pare che cadesse su i tragedi e i comedi, ma su gli attori mimici de’ quali parleremo appressoa.
In fatti la disistima ch’ ebbesi poscia per le persone di teatro in Roma, non pare che cadesse su i tragedi e i comedi, ma su gli attori mimici de’ quali parleremo appresso.
Le parole del Petrarca dicon davvero troppo poco ; e non mi pare sia il caso di dedurne recisamente la conseguenza del Signorelli.
[16] Riflettasi quanto sia naturale il suo sentenziare e non pedantesco, come quello di Seneca, che ti pare un ragazzo sortito or ora dal liceo, o come quello dei francesi moderni che t’intassano a torto e a traverso qualunque argomento con lunghi squarci d’insipida metafisica in ciascuna scena. […] Riflettendo, io dico, a tutto ciò, pare che la bilancia del genio dovesse senza contrasto piegare verso il gran cantore di Orlando. […] [59] Saranno altrettanti requisiti del melodramma che le principesse si travestano sì spesso in pastorelle, e menin la vita loro fra le selve senza contrasto alcuno e senza sospetto; che tanti personaggi vivano sconosciuti, come pare e finché pare al poeta; che tutti si scoprano appunto nelle stesse circostanze, e quasi per gli stessi mezzi; che gl’intrecci siano ovunque e dappertutto i medesimi, cioè una dichiarazio ne d’amore, una gelosia, una riconciliazione ed uno sposalizio, talmentechè chi legge quattro o cinque drammi di Metastasio può quasi dire di averli scorsi tutti quanti che gli scioglimenti riescano non solo troppo uniformi, ma spesse fiate sforzati o troncati, come già il nodo gordiano colla spada di Alessandro.
Pare che la Scinnide fosse anche saltazione comica usata anticamente da’ Frigii nella festa di Dionisio Sabazio.
Sì nota solo dagl’intelligenti che i teologi moralisti del XVI secolo non muovono la questione, se lecito sia castrare per formare un musico nè pare che ciò prendesse ad investigarsi prima del secolo XVII.
Pare che la Scinnide fosse anche saltazione comica usata anticamente da’ Frigj nella festa di Dionisio Sabazio.
Noi ne parliamo in questo capitolo dove pare che possa entrare per più ragioni. […] Non pare che il maggior trionfo dell’autore provenga dalla piacevolezza e dalla forza comica. […] Mercurio viene a ristabilir la pace negli Elisii, Minosse dice : Perchè quaggiù la pace si riabbia, Trionfi pur, se il debbe, quel che pare Sovra quel ch’è. […] Or pare verisimile che dovessero osar tanto in faccia al re circondato da’ soldati, da’ cavalieri ec., ribellandosi manifestamente ? […] Lasciam da parte che ciò dee parer prosa a chi la trova ne’ drammi del Romano poeta : lasciam pure che lo stile tragico schiva simili leziosaggini ; come si menerà buona al tragico musicale Livornese quell’unione segnata a caratteri di stelle, contrabando da secentista ?
Del resto l’intero purgamento da ogni disordine in tali pericolosi uffizi e’ pare che si convenga aspettarlo dal solo Iddio. […] E poiché il principale intendimento dell’istituzione della prefata compagnia fu, come dicemmo, di decentemente rappresentare questa sacra tragedia, pare che tali rappresentazioni fossero nate anche prima di sua fondazione. […] Dal che pare che il protagonista d’un carattere mediocre possa interessar più assai che un altro di carattere sublime. […] Ma se abbiamo a dire il parer nostro, costoro in adottare sì fatto artifizio diedero del loro discernimento un’assai ambigua pruova. […] Algarotti, Saggio sopra l’opera cit., p. 29: «Una qualche commozione pare che cagioni presentemente il recitativo, quando esso sia obbligato, come soglion dire, e accompagnato con istrumenti.
[2] L’unione della musica colla poesia è dunque il primo costitutivo, che distingue codesto componimento dalla tragedia, e dalla commedia. né da tale unione risulta un tutto così inverosimile come pretenderebbero alcuni, a cui pare una stravaganza che gli eroi e l’eroine s’allegrino, s’adirino, e si dicano le loro ragioni cantando. […] Il motivo del dubbio sì è ch’essendo l’opera, siccome si è veduto, un componimento fatto per dilettare l’immaginazione e i sensi, pare che ad ottener un tal fine siano più acconci degli altri gli argomenti favolosi, ne’ quali il poeta, non essendo obbligato allo sviluppo storico de’ fatti, può variare a grado suo le situazioni, può essere più rapido ne’ passaggi, e può accrescere, e sostener meglio l’illusione, somministrando all’occhio maggior copia di decorazioni vaghe, nuove, e maravigliose.
Si nota solo dagl’ intelligenti che i teologi moralisti del XVI secolo non muovono la questione, se lecito sia il castrare per fare un musico; nè pare che ciò prendesse ad investigarsi prima del secolo XVII. […] Dopo ciò che abbiamo narrato non pare che queste parole sieno state dettate da giusta critica e da lettura diligente.
A dir però qualche cosa non mi pare ch’errar potesse di molto chi le riducesse a’ capi seguenti.
Pare che i Francesi non tarderanno a ridursi sotto il vessillo della verità e del senno prendendo ad imitar gli uomini ancor nella scena musicale; ed intanto alcuni Italiani, caporione de’ quali si era dichiarato il fu Ranieri di Calsabigi, che sedusse anche il conte Pepoli, incapaci di riescir nell’opera di Zeno, e di Metastasio, si sono ingegnati, senza effetto per altro, di alienarne la propria nazione predicando coll’esempio, e colle parole a favore delle furie danzatrici.
Pare ch’egli prepari un altro Volumetto per il secolo trascorso, e forse anche un altro ne destinerà al XVIII.
Parla del Verardo e del suo Fernandus servatus Apostolo Zeno nelle Dissertazione Vossiane; ma non pare che avesse conosciuto la prima edizione in quarto fatta de i di lui drammi in Roma per Magistrum Eucharium Silber, alias Franck nel 1493 a’ 7 di maggioa Vi si trova impresso il Fernandus servatus, la Historia Betica, e una ballata in fine colle note musicali.
Parla del Verardi e del suo Fernandus servatus Apostolo Zeno nelle Dissertazioni Vossiane; ma non pare che avesse conosciuto la prima edizione in quarto fatta de’ di lui drammi in Roma per Magistrum Eucharium Silber, alias Franck nel 1493 a’ 7 di maggio50.
Agamennone chiamato re de’ mortali (titolo per altro dato nella poesia greca e latina al solo Giove) lodando Achille dice che il di lui nome solo è definizione degna di lui: di Agamennone si dice che gli eroi della Grecia si gloriano d’essergli soggetti, nivelando su conducta por su prudencia: de’ Greci si dice, separamos los brazos de los cuellos de las esposas, volendosi dire che si sono distaccati dagli amplessi delle consorti, benchè separar le braccia da i colli possa parer piuttosto un’ esecuzione di giustizia: di un reo che involge gl’ innocenti nella sua ruina, dicesi con espressione propria, felice ed elegante, hizo participantes del castigo agl’ innocenti: si danno braccia ad una pecora, dalle quali il lupo strappa gli agnelli: per dirsi che Agamennone nè vuol cedere Criseida nè permettere che sia riscattata, si dice con tutta proprietà castigliana che ni cederla quiere ni redimirla, quasi che dovesse egli stesso riscattarla da altri.
La lettera pare non avesse risposta, poichè il Vergnano tornò alla carica, rivolgendosi alla madre, pel desiderio vivissimo di avvicinarsi alla « odierna celebrità drammatica.
Ma quel sospirar delle piante, che potrebbe parer soverchio, con qual graziosa ironia non vien distrutto dalla disdegnosa Silvia!
Ma quel sospirar delle piante, che potrebbe parer soverchio, con qual graziosa ironia non vien distrutto dalla disdegnosa Silvia!
L’istesso suo particolare ammiratore Saverio Bettinelli confessò parer talora un po uniforme quella stessa nobiltà, che l’anima elevata del Granelli prestava a’ suoi personaggi. […] L’imitazione può chiamarsi esatta, e pure questi versi non pare che abbiano destata la commozione, che recitandosi quelli del Cinna facea piangere il gran Condè all’età di venti anni. […] Se riflettasi allo stile, alla versificazione, alla maniera di colorire priva del tutto dell’ arte di ritrarre al vivo la natura, il componimento pare uscito da una penna indigesta, giovanile, e nulla esercitata sino a quell’ epoca(a). […] Anche l’interesse pare che si divida tra Oreste ed Ermione, benchè non isconvenga. […] Ci dice l’autore che Sofonisba è una delle cinque ultime tragedie da lui concepite e verseggiate due o tre anni dopo le altre quattordeci, e che la lor dicitura li pare più maestosamente semplice(a) Non può negarsi però all’Alfieri il vanto di tragico egregio al veder trattato con superiorità quest’argomento da molti abili Francesi maneggiato con poca fortuna.
[25] Il giornalista movendo in aria di confutazione un dubbio, se i Greci conoscessero o no il contrappunto, pare che voglia dare a credere ch’io sono per la negativa. […] A sentir lui pare ch’io abbia condannato in genere e assolutamente il contrappunto come cattivo, non già in ispezie, e riferendolo alla sola musica drammatica. […] [104] Mi pare d’aver partitamente risposto alle opposizioni fattemi dall’enciclopedico giornalista.
[4.13] Pare dunque che il declamatore non deggia ancor trascurare questa parte della pronunciazione che serve a rilevare non pur l’armonia, che il significato de’ versi. […] Essa cangia e si altera ad ogni istante, sicché pare che non abbia un abito proprio, ond’essere costantemente riconosciuta. […] [10.3] Pare dunque che un tal tipo altro non sia che un estratto del vero della natura combinato col probabile e col possibile, che meglio servono al fine dell’arte. […] Pare dunque che il tipo del bello artificiale altro non sia che un estratto del vero della natura combinato col probabile e col possibile, che più interessi e diletti. […] [13.13] Pare dunque che in tale sconcio sieno incorsi più o meno tutte le nazioni, e tutti gli attori che non sanno guardarsene.
Pare che tu vogli accennare la musica. […] [34] Ricercata filosoficamente l’intima differenza che corre tra il nostro sistema musicale e quello degli antichi, e indicati in generale gli inconvenienti annessi alla nostra armonia, pare che la serie di ragioni addotte fin qui bastar dovesse a pienamente confermare il mio assunto.
Ora in tal congiuntura la situazione di Agamennone che si cuopre il volto, è perduta, e debbe parer men bella e men propria. […] Non si vede però allora eseguito questo canto, e pare che vi manchi il coro. […] Fra quante agnizioni si sono esposte sulla scena, questa ad Aristotile parve una delle eccellenti, ed a noi parimente pare la più verisimile, la più vivace e la più acconcia a chiamare l’attenzione dell’uditorio e a tenerlo sospeso.
Or che vi pare, Signor D.
Lodevole fu il disegno dell’autore di esporre sulla scena alla pubblica derisione la ridicola vanità degli artigiani, i quali abbandonando il proprio mestiere sorgente della loro opulenza, sacrificano tutto per parer nobili, ed o si coprono di ridicolo, o cadono nelle ultime bassezze, e giungono anche ai delitti.
L’Italia che già contava varj dotti poeti, come Guitton d’Arezzo che perfezzionò il sonetto invenzione degl’ Italiani, Dante da Majano, l’Abate Napoli, Cino da Pistoja, Guido Cavalcanti, Brunetto Latini ed il migliore di tutti Dante Alighieri, pare che sia l’unica nazione che ci presenti qualche teatral monumento del secolo XIII.
[5] E incominciando dall’uso che si fa generalmente della musica strumentale, pare a me che la perfezione alla quale si è voluto condurre dai moderni da mezzo secolo in quà abbia contribuito non poco alla rovina della espressione nel melodramma. […] Pare che l’anima loro non esista fuorché nei tasti del cembalo, che la loro esistenza tutta si raduni sulle punte dei diti, e che gli spartiti siano la carta geografica dove si comprende tutto il loro universo scientifico.
Occupati solo del gorgheggiare, pare a loro che l’azione e il gesto non ci abbiano a entrare per niente, e si direbbe quasi che vogliano patteggiare colle orecchie dello spettatore senza curarsi punto degli occhi. […] Rispetto ai cori pare bensì che la loro melopea avesse i caratteri del vero canto: I.
Più plausibile e meno incongrua all’apparenza parer potrebbe la di lui asserzione riguardo al Tasso, il quale ideò i suoi personaggi su i modelli della cavalleria de’ bassi tempi. […] Lasciamo pare al gesuita Lampillas il giudizio del Varchi dichiarato nemico del Trissino, che nelle sue Lezioni biasimava la locuzione della Sofonisba (di che vedasi il citato articolo V del nostro Discorso Stor.
Ma gli odierni scrittori di tali sainetti par che non siano per ora in istato di convertirli in vere commedie, perché 1. non istudiano per apprendere a sceglier le dipinture più generali nella società e renderle più istruttive e degne d’attenzione; 2. non sanno formare un quadro che dimostri un’azione compiuta; 3. ignorano l’arte di fissar l’attenzione su di un solo carattere principale, e farlo trionfare per bene imprimerlo nella fantasia degli spettatori, ma mettono in vista in ogni sainetto moltissimi caratteri in un mucchio con ugual quantità di lume, e come pare loro di averli fatti parlar quanto basta, conchiudono con una tonadilla, la quale suol essere qualche racconto comico in musica cantato dalle loro mime con sale e grazia nazionale.
L’Italia che già contava varii non ispregevoli poeti, come Guitton di Arezzo che perfezionò il Sonetto invenzione degl’Italiani, Dante da Majano, l’abate Napoli, Cino da Pistoja, Guido Cavalcanti, Brunetto Latini, ed il migliore di tutti Dante Alighieri: pare che sia l’unica nazione che ci presenti qualche teatral monumento del secolo XIII.
Con tutto però che questi scismatici componessero meglio degli Arcadi Cattolici, non mi pare che dovessero far la commedia di separarsene, che è quella gli mette dal lato del torto. […] [1.47ED] Tu mi dirai d’aver mutate le vesti perché il mondo pur le ha mutate e così, per non parer singolare, ci comparisci figura antica in questo moderno equipaggio. [1.48ED] Ma, comunque siasi, non trovi tu niente di buono e di ragionevole nel vestir nostro e nelle nostre parrucche? […] [1.125ED] E così lodo quel genio tragico che a tutta possa si astiene da simili annodamenti gordiani che non si possono sciogliere senza tagliarli, e lodo in questo fra gli altri l’autore del tuo Papiniano. [1.126ED] La ragione si è che a ciascheduno di noi privati, come di quelli che per poco prendiamo degli sbagli e che piccoli affari abbiam per le mani e siamo meno osservatori e meno osservati, avvengono cose che quando ci avvengono sogliam dire parer così inverisimili che raccontate in un romanzo o rappresentate in una commedia sarebbero derise come impossibili; e pur le abbiam provate noi vere e non v’è uomo privato che nel corso della sua vita non ne possa numerar qualcheduna di questa tempra bizzarra ed apparentemente incredibile. […] [2.120ED] Pare a te che una vergine mal contenta della sua madre e di Egisto, debba uscir fuori di casa per lamentarsene in istrada? […] [5.211ED] Io ti replico che nessun’arte arriverà mai all’idea, essendo l’arrivarvi oltre le forze umane, ed oltre il bisogno; siccome ho detto altre volte. [5.212ED] Tu lo vedi nell’idea che io ti ho suggerita del melodramma. [5.213ED] Pare a te che con tutte le cautele che io ti ho prescritte e che secondo la ragione melodrammatica paiono necessarie, sia mai stato fatto o possa farsi mai melodramma?
L’atto IV si conchiude colle parole di Fra Timoteo indirizzate alli spettatori, le quali a parer mio distruggono l’illusione teatrale sino a questo punto mirabilmente sostenuta. […] Io non approverò mai le scene simili alla quinta del V atto di Cittina: Io non so che trispigio sia dentro a questa camera terrena; io sento la lettiera fare un rimenio, un tentennare che pare che qualche spirito la dimeni, ecc.
Timoteo indirizzate agli spettatori, le quali a parer mio distruggono l’illusione teatrale sino a questo punto mirabilmente sostenuta. […] Io non approverò mai le scene simili alla quinta del V atto di Cittina: Io non so che trispigio sia dentro a questa camera terrena; io sento la lettiera fare un rimenio, un tentennare che pare che qualche spirito la dimeni ecc.
Pare che que’ grand’uomini vogliano essere conosciuti nella guisa stessa ch’essi conobbero la bella natura.
Pare al nostro Critico che l’Attilio eroico e veramente Romano del poeta Cesareo poteva uscir di sì molle padre?
L’imitazione può chiamarsi esatta, e pur questi versi non pare che abbiano destato la commozione che recitandosi quelli del Cinna facea piangere il gran Condè all’età di venti anni. […] Bettinelli confessò parer talora un pò uniforme quella stessa nobiltà che l’anima elevata del Granelli prestava a’ suoi personaggi.
Ha inoltre il pregio incontrastabile della novità, essendo egli stato (per quanto a me pare) il primo che, cambiando il sistema di cotesto spettacolo, abbia renduta drammatica un’ode puramente descrittiva qual è quella dell’inglese Dryden intitolata Gli effetti della musica a le cui sorgenti ha l’autore italiano largamente bevuto.
Maneggiata con somma delicatezza e sopraffino giudizio é sa bellissima incomparabile riconoscenza, che mi pare la più verisimile, la più vivace, e la più atta a chiamar l’attenzione dell’uditorio e a tenerlo sospeso, di quante ne abbia prodotte l’antichità.
Gli altri anch’essi, per non parer meno eruditi, asserivano di averle lette; e tutti certamente non avrebbero scrupoleggiato di convenire d’aver letto eziandio quelle di Eupoli, Cratino, Filemone, Difilo, Apollodoro, Turpilio, Trabea, Cecilio, Dosseno ec.
Mi pare che questa inrerpretazione faccia più onore a’ greci drammatici che non il crederli capaci di introdurre seriamente tali mostruosità in teatro.
Tuttavolta nel dividersi in tal guisa pare che non regga il rimanente, nè possa terminar l’atto II colla scena quarta, e col verso, Sed eccum ipsum video in tempore huc se recipere; inconveniente nè anche sfuggito da’ mentovati codici della Vaticana.
Non ti pare Splendida e vaga?
Tutta volta nel dividersi in tal guisa pare che non regga il rimanente, nè possa terminar l’atto II colla scena 4, e col verso, Sed eccum ipsum video in tempore huc se recipere , inconveniente nè anche sfuggito ne’ codici della Vaticana.