/ 300
33. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 207

Determinare con esattezza cronologica il suo stato di servizio non è certo agevol cosa, tante sono le compagnie di vario genere, in cui militò, e per tanti anni si trovò a essere conduttor di compagnie egli stesso !

34. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article »

A richiesta del Duca di Modena, rispose accettando di far parte della di lui Compagnia, di cui eran principale ornamento i Calderoni Silvio e Flaminia, con lettera da Roma del 19 aprile 1679, nella quale si lagna acerbamente del malo trattamento de' capocomici verso di lui, che non sa nè dove spedire la condotta, nè chi la riceverà, nè in che piazze andrà, nè come sia composta la Compagnia, e che soprattutto s’è visto, con suo danno e rossore, metter fuori una seconda donna già scritturata d’accordo con lui, certa Angiola Paffi : « danno, hauendo seco un antico, e non poco concerto (cosa mendicata, e ricercata da ogni Moroso), e rossore per esser tenuto un parabolano, et un falso ; e dopo essermi consumato in Venetia ad aspettare la certezza et unione di questa donna, si ritratta al presente ciò che si deve per debito, essendo stata accettata e corrisposta da tutti. » E si raccomanda al Duca di ordinare che i comici gli scrivano, perchè egli possa con loro più apertamente discorrere. « Alla Paffi – conclude – in cuscienza et appresso Dio et al mondo non si deve mancare. »

35. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO IV. Memorie drammatiche d’oltramonti nel medesimo secolo XIV. » pp. 140-147

Laonde noi quì distingueremo sempre i Provenzali dagli Spagnuoli; tanto più che ci sembra ingiusta e sconvenevol cosa il distendere il giudizio del Fontenelle, intorno all’ignoranza de’ Trovatori Provenzali, anche alle provincie Spagnuole. […] Tuttavolta insino a questo giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance apologetiche e le bravate e i lampi e i tuoni strepitosi ed innocui de’ Lampillas, dell’Arteaga, de’ Garcia de la Huerta, ed altri simili trasoni, sofisti e declamatori) a me non è riuscito raccorre nè dalla storia nè da’ romanzi apologetici stessi cosa veruna teatrale di questo secolo, siccome nè anche riuscì al dotto bibliotecario don Blàs de Nasarre nè all’abate Andres.

36. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO III. Memorie drammatiche d’oltramonti nel medesimo secolo XIV. » pp. 41-46

Laonde noi quì distingueremo sempre i Provenzali dagli Spagnuoli; tanto più che ci sembra ingiusta e sconvenevol cosa il distendere il giudizio del Fontenelle, intorno all’ignoranza de’ trovatori Provenzali, anche alle provincie Spagnuole. […] Tuttavolta insino a questo giorno con molta diligenza (anche dopo le ciance apologetiche e le bravate e i lampi e i tuoni strepitosi ed innocui de’ Lampillas, degli Garcia de la Huerta ed altri simili trasoni, sofisti e declamatori) a me non è riuscito raccorre, nè dalla storia, nè da’ romanzi apologetici stessi, cosa veruna teatrale di questo secolo, siccome nè anche riuscì al dotto bibliotecario D.

37. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 682-683

Con altra lettera in risposta alle ordinazioni del medico, avverte non poter prendere il latte sino a Bologna, per dove sarebbe partito pochi giorni dopo ; e domanda se debba prenderlo cotto o naturale, e s’abbia da mescolargli altro, e quanto n’avrà da prendere e per quanti giorni ; e quanto sangue stimerà bene si faccia levare, e cosa debba prendere prima della cavata di sangue. […] Curioso il metodo di cura seguito scrupolosamente. « Io prendo — scrive — l’acqua col litro la mattina, sugo di portullona e piantagine, e li protesto che la fame la patischo, voglio un poco vedere cosa è per essere. » Il marzo del '25 era novamente in Bologna, d’onde prega il solito medico di disimpegnargli un abito scarlatto, ricamato d’argento, senza il quale non può cominciar le recite, promettendogli di restituirgli il denaro che dovrà sborsare, non appena sarà a recitare a Ravenna ov'è un regalo di cento Filippi.

38. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 471

Li comici Confidenti, dei quali hora io mi servo, desiderano di haver voi in compagnia loro, il che anche a me piace, per intender la sufficienza vostra ; perciò mi sarà di non poca soddisfatione che, posponendo ogni cosa, vi transferiate qui a servire me et a compiacere loro, che vi amano molto.

39. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 662

II) per non essere gran cosa grata al Pubblico di Venezia, con tutto il di lei valore fu licenziata.

40. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 266-272

Nel prologo, a voler sostenere la sua tesi, che le commedie cioè sono la più moral cosa del mondo, e chi ne dice male un fior d’ignorante, egli conclude : …. Nella comedia ogni vizio vien detestato, i furti ne i servitori puniti, i lenocinii gastigati, l’avarizie, i sciocchi amori ne i vecchi, e’ mali governi di casa derisi ; et ogni cosa si tira a buon fine. […] Altra cosa degna di nota nell’ Inavvertito è il personaggio di Spacca ; il quale, mentre può essere, talvolta Capitano, come vediamo nei Balli di Sfessania del Callot, da cui poi lo Spaccamonti, rimasto nell’uso a significare uno che le spara grosse, talvolta Dottore col nome di Spacca Strummolo (V. […] Quando Scappino gli dice : « vorrei che tu facessi una cosa contra a l’uso tuo, » Spacca risponde : « O, t’intendo : tu vorresti ch’io facessi qualch’opera buona.

41. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 681

Ella non valeva gran cosa nelle commedie dell’ Arte ; ma era eccellente nelle parti tenue delle Tragedie, conservando ancora una grazia e una delicatezza nel gesto, nella voce e nell’ espressione che la faceano piacere e applaudire.

42. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Indice. » p. 443

Prussiana) cosa dice del teatro Tedesco 289. […] 294. n. cosa dice di loro Finirco Materno 226. n. la Fontaine e Montesquieu 227. n. […] cosa pensa della di lui Poetica M.  […] cosa gli avvenne ivi. […] Seneca se tutte le dieci tragedie sieno sue 128. analisi e giudizio di quelle 129. cosa ne ha imitato     il Metastasio 143. seq.

43. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XV. Satiri: Ilarodie: Magodie: Parodie: Mimi: Pantomimi. » pp. 171-200

È intanto cosa degna di nolarsi come in tante regioni abitate da’ Greci si fossero congiunte verso i medesimi soggetti le stesse idee d’imposture mediche e magiche. […] Le Fevre) strana cosa che Eusebio si fosse ingannato; ma potrebbero parimente due diversi scrittori di mimi, l’uno coetaneo di Socrate, l’altro di Augusto, aver portato lo stesso nome. […] Ma i movimenti ginnastici del saltatore, il quale era nel tempo stesso cantorea, bentosto ingrossavano il fiato, e ne rendevano debole la voce; per la qual cosa convenne dividere tutti gl’individui del Coro in istrioni musici dediti al solo canto e in istrioni ballerini destinati alla danza. […] Avanti di quest’epoca, cioè avanti che la rappresentazione indirizzasse il ballo ad imitar favole compiute o comiche o tragiche o satiresche, e a dire in tal guisa per mezzo de’ sensi qualche cosa allo spirito, altro non era la danza che una saltazione quasi senza oggetto, come il piroettave dei Dervisi Turchi. […] Il cinico Demetrio disprezzava i Pantomimi parendogli inutile e irragionevol cosa imitare col solo gestire quello che ottimamente esprimeva la poesia e la musica, senza che la favola ne divenisse più perfetta.

44. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 269-289

Egli è intanto cosa degna di notarsi come in tante regioni abitate da’ Greci si fossero congiunte verso i medesimi soggetti le stesse idee d’imposture mediche e magiche. […] Le Fevre) strana cosa che Eusebio si fosse ingannato; ma potrebbero parimente due diversi scrittori di mimi, l’uno coetaneo di Socrate l’altro di Augusto, aver portato lo stesso nome. […] Avanti di quest’epoca, cioè avanti che la rappresentazione indirizzasse il ballo ad imitar favole compiute o comiche o tragiche o satiresche, e a dire in tal guisa per mezzo de’ sensi qualche cosa allo spirito, altro non era la danza che una saltazione quasi senza oggetto, come il piruettare de i Dervisi Turchi. […] Fino a cinque maschere solea cangiare un solo pantomimo per contraffare tutti i personaggi di una favola; la qual cosa avendo osservata uno straniere, quest’abile danzatore c’inganna, esclamò; poichè avendo un sol corpo, mostra di aver più anime. Il cinico Demetrio disprezzava i pantomimi parendogli inutile e irragionevol cosa imitare col solo gestire quello che ottimamente esprimeva la poesia e la musica, senza che la favola ne divenisse più perfetta.

45. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

Nò ueramente, che questa non è lista di dare, ne d’ hauere : ma anzi è apunto cosa, che apartiene al soggetto, di che uolete che hoggi si fauelli. […] Questo mi par piano principio Veniamo dunque alla particolar elettione de recitanti, e destribuittione delle parti, che mi par cosa importantissima. […] Di questa prontezza trattando il diuino platone, nel suo dialogo del furore poetico, fà dire ad Ione, « ogni uolta ch’io recito qualche cosa miserabile, gl’ occhi mi lachrimano ; quando qualche cosa terribile o pericolosa, i capelli me si rizzano, » et lo che segue. […] Il medesimo ui andarebbe anco, o poco meno, chi uolesse far di nouo apposta, tutti gl’ habiti da recitare una comedia, o anco una cosa pastorale. […] Hor circa a gl’ intermedij non ci uolete uoi dir hoggi cosa alcuna ?

46. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X. Ultima Epoca della Tragedia Greca. » pp. 208-215

Dicesi che era uno scrittore capriccioso che talvolta attribuiva ad altri le proprie produzioni, e talvolta si appropriava le altrui, cioè quelle di Omero di Esiodo, della qual cosa viene da Camaleone incolpato. […] Per la qual cosa fu mestieri per istruire la gioventù in difetto de’ mentovati e di altri sostituire i poemi di san Gregorio Nazianzeno, i quali comechè utilissimi fossero per infiammare i cristiani ad un più fervoroso culto della religione, erano però ben lontani dal l’ispirar l’atticismo e l’eleganza ed il gusto della Greca favella.

47. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo I. Ritorno delle Rappresentazioni Teatrali dopo nate le Lingue moderne. » pp. 181-187

La giudicatura cadde nelle mani d’uomini senza lettere, i quali non di rado venivano dalle parti obbligati a provar coll’armi la propria integrità e la giustizia della sentenza data, per la qual cosa richiedevasi in essi più forza di corpo che di mente. […] Ma fino al principio del secolo XIII non troviamo fra tante poesie piccarde, provenzali, siciliane, e toscane, veruna cosa che veramente si appartenga al teatro. […] L’Alemagna nel secolo XIII avea i suoi minnesaenger, o cantori d’amore, nelle cui poesie, che ancora esistono, neppur si vede cosa veruna teatrale.

48. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

« Volse il cielo che la signora Vincenza, forse per purgar de’ vizj la corrotta gente, si desse al recitar comedie in scena, dove degli uomini, come in uno specchio, rappresentando il vivere, e d’essi riprendendo i perduti costumi e gli errori, a vita lodevole gli infiammasse, il che fatto di leggiero avrebbe, quando il mondo non fosse al suo bene cosi incredulo, etc. etc. » e qui tien dietro la solita predica in difesa delle commedie e contro coloro che le aborriscono, e che « come odono nominar comici, par che sentano qualche cosa profana e sacrilega. […] I musici, i poeti, i pittori, e gli scultori cercavano con ogni sforzo e industria delle lor arti renderla immortale. » Poi, venendo alle bellezze fisiche, dice : « Era di corpo bellissima, e di rado avviene che ad un bel corpo non sia bell’alma unita, essendo il bello e il buono un’istessa cosa. Era la signora Vincenza di statura piuttosto grande che no, e con tanta proporzione e conveniente misura eran situate le belle membra, che cosa si ben composta, altrove non fu vista mai. […] Ma quella cosa da che più l’alme eran percosse, e maggior virtute aveva in noi, furono le rilucenti perle uguali, che qualora dal grazioso riso erano scoperte abbagliavano co’i suoi raggi la vista dei riguardanti. […] Ecco che cosa scrive di cotesta donna il Garzoni nella sua Piazza universale.

49. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO III. Opera musicale Spagnuola e Italiana e Teatri materiali. » pp. 89-108

Si aggiugne un’ altr’aria di paragone di un fresco rio che coll’ umor frio feconda le piante, ma se poi è trattenuto da un pantano vil altivo, questo rio annega ogni cosa. […] Era natural cosa che le famiglie che abitavano in simili case, avessero il diritto di affacciarsi alle loro finestre, logge, o balconi, e godere dello spettacolo. […] Servano di esempio le seguenti formole: suspender el animo con dones, per dire di vincerlo con regali; chiamar argonautas marinari che non navigano sulla nave Argo nè si distinguono per eccellenza almeno; concretar las græcias per esprimere l’ accumular le grazie o simil cosa; la metafora insieme e l’ antitesi puerile di borrar triunsos y escribir tragedias attribuito all’ira del guerriero Achille; l’ idiotismo di advitrio per arbitrio o alvedrio &c. […] Alla fine che cosa sono quattro pugni dall’una parte e dall’altra di tempo in tempo, ed un poco di vicendevole prepotenza che alimentava la discordia in un pubblico ed influiva nella formazione delle compagnie? […] Ma ciò lasciando mi dicano gli Huertisti (se pur ve n’ha qualche altro secreto oltre di Don Pedro suo fratello, e de’ Guarinos e de’ La Cruz) codesta profonda erudizione tutta chamberga, cioè che cade da tutti i lati, che cosa fa mai al caso nostro?

50. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Avvertimento al lettore per la presente edizione »

Però riflettendo al rispetto ch’esigge il pubblico, deliberai di procurarne io stesso un’altra edizione, che può dirsi ed è realmente una cosa affatto diversa e per le considerabili mutazioni ed accrescimenti fatti al primo tomo stampato, e per l’aggiunta di sette lunghi capitoli che formano la parte più utile e la più essenziale dell’opera.

51. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » p. 866

, 286) aggiunge in nota : « La cosa è chiara perchè, precisamente a quest’epoca, Venezia ammirava nei teatri di S.

52. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 278

Si venne a spiegazioni ; e chiarita la cosa, in fin di carnovale, il Coralli dovette, scornato, lasciar la Compagnia.

53. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 490

Ma agire minuziosamente sulle masse, curare i dettagli, dirigere un insieme, perchè tutto armonizzasse e scorresse con regolarità e precisione, non era cosa per lui : forse perchè egli pure era vecchio e si stancava.

54. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Ma nella giornata V l’Eremita domanda la stessa cosa, ed egli risponde, ni pude ni quisiera . […] Alla qual cosa conferì appunto quell’essersi sottratto alle regole del verisimile. […] Che abjetta, che ingrata, che steril cosa è un plagiario impudente! […] Ed in qual cosa è fondata? […] Ma la nazione imparziale e che conosce gli andamenti dell’Huerta, ben sa che io non asserii una cosa immaginaria.

55. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267

Qualche cosa teatrale si compose in Portogallo dal famoso comico Gil Vicente, le cui commedie venivano corrette dalla di lui figliuola Pabla Vicente che altre ne scrisse ancora di propria invenzione. […] Ma nella giornata V l’eremita domanda la medesima cosa, ed ei risponde, «ni pude, ni quisiera». […] Di grazia, chi scrivea serafine, e tinellarie, e soldatesche, cosa potea insegnare all’Italia che facea risorger l’eloquenza ed erudizione ateniese, e producea Sofonisbe ed Oresti 171? […] Lo trovò adunque corrotto, e forse nacque da temi originariamente pontici e silvetrri, come dinota la parola introduxeron; e se in qualche cosa merita Lope di esser ripreso, si é in non aver tentato, come avrebbe potuto, di opporsi al torrente limaccioso delle commedie stravaganti. […] Lo stile é certamente fluido e armonioso; ma il piano, i caratteri, l’economia, ogni altra cosa in somma abbonda di gran difetti, e non meritavano punto gli esagerati encomi di Cervantes.

56. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103

Allegorica essa è in fatti in quanto che il poeta si prefigge di pignervi la prepotenza della maggior parte de’ Grandi su gli nomini ancor meritevoli e benefici; la qual cosa era lo scopo de’ Greci poeti, repubblicani, di che fecero pure qualche motto Andrea Dacier e poi Pietro Brumoy. […] Io ardisco per saggio recare in italiano il principio di esse per coloro che non amano le latine traduzioni letterali e soffrono di vederne qualche squarcio comunque da me espresso: O spazii immensi ove ogni cosa nuota, O voi venti leggeri o fonti o fiumi, E voi del mare interminabili onde, O madre o Terra, o Sol che a tutti splendia. […] Non ci fermiamo nelle minute obbiezioni del per altro erudito Robortelli fatte a questa favola che spira per tutto grandezza e nobiltà e un patetico interessante; per esempio, ch’egli è assurda cosa il trovarsi Prometeo in tutta la sua rappresentazione alla vista dell’uditorio, essere gl’interlocutori tutti numi, e cose simili. […] Quest’araldo si fa lecito di prenderne una per la chioma e la strascina verso i vascelli, la qual cosa esaminata colle idee de’ tempi correnti sembra disdicevole al decoro di persone reali; ma per giudicarne drittamente bisognerebbe risalire col pensiero agli antichissimi costumi de’ tempi eroici, altrimenti ci faremmo giudici di Omero e de’ tragici antichi senza comprendere la materia de’ loro poemi. […] Il Coro che negl’intermezzi è cantante, nel giudizio è parlante come ogni altro attore, ed uno solo favella pel resto, la qual cosa si osserva in tutte le tragedie antiche.

57. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO V. Continuazione del teatro Latino. » pp. 222-242

Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce maccus appartenesse alla lingua Osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la Greca voce μακκαειν, delirare, e l’altra μακκοαω, far l’ indiano, usata da Aristofane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del macco degli Atellanarii. […] La qual cosa per avventura non ignorando Giulio Cesare volle che negli spettacoli dati per lo suo trionfo Laberio stesso comparisse in teatro (siccome avea già obbligati i due principi reali dell’Asia e della Bitinia a danzare in pubblico la pirrica) promettendogli cinquecentomila sesterzii, cioè intorno a quattordicimila ducati Napoletani. […] Volle allora il popolo che sottentrasse il maestro a rappresentar la stessa cosa, ed egli obedì, e giunto a quelle parole si compose in atto grave colla mano alla fronte in guisa di uomo che medita cose grandi, e caratterizzò più aggiustatamente la persona di Agamennone147. […] Chi mai, se non costui, senza pruove, confondendo fatti ed idee, e passando di un salto leggiero sulle terribili vicende dell’Europa che per dir così la fusero e rimpastarono di nuovo, chi, dico, avrebbe francamente scritto che le fazioni per gli pantomimi perpetuaronsi per mille e dugento anni sino a produrre, che cosa? […] Notabile è ancora in questi giuochi che le meretrici vi andavano a suon di tromba tutte nude, per la qual cosa disse Giovenale nella Satira VI, . . . . . . . .

58. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 550-553

Per quanto le opere d’allora fossero scritte interamente, pure il soggetto doveva entrar per qualche cosa nell’umore spontaneo del Calmo, vivificato, afforzato forse dalla spontanea festività del pubblico. […] Però statti con Dio, e ad altro pensati : nè sperar più di me, come de l’India farti signor, cosa fuor d’ogni termine.

59. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 678-680

Il Paroncin veneziano è quasi lo stesso che il Petit-Maître francese ; il nome almeno significa la stessa cosa ; ma il Paroncin imita il petit-maître imbecille, ed evvi il Cortesan veneziano, che imita il petit-maître di spirito. […] Trovarono il soggetto buono ; accennai qualche cosa per istruire gli attori sopra quel che dovevan dire ; la Commedia andò in iscena e non dispiacque ; ma il Golinetti andò in terra, perdette affatto il suo spirito, la sua facondia ; e non riconoscevan più quel bravo Momolo che li aveva incantati.

60. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

    Credi tu Che intendano ogni cosa? […] Che cosa è a far co’ savii! […] Se così bene di drento muore, non sentirà cosa che io gli faccia, e conoscerollo a questo. […] La cosa va bene. […] Fu strana cosa che l’Enciclopedista Marmontel avesse ciò pronunziato senza pensare e senza leggere.

61. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VIII. Teatro di Sofocle. » pp. 104-133

Cicerone per dire che taluno meditava qualche cosa sublime, dice, an pangis aliquid Sophocleum? […] D’ altronde il giudizioso Sofocle avrebbe esposto agli occhi de’ Greci una inverisimilitudine sì manifesta, se il fatto non fosse sembrato comportabile per qualche circostanza allora nota ed oggi involta nel l’oscurità di tanti secoli, o se avesse creduto far cosa contraria al pensare de’ suoi compatriotti? […] Con tutti questi pregi parrà forse, nè senza fondamento, troppo orribil cosa a’ moderni quel vedere due figli tramare ed eseguire l’ammazzamento di una madre tuttochè colpevole. […] Tutti i Cori del l’Edipo esprimono al vivo la sublimità dello stile di Sofocle, e si veggono mirabilmente accomodati alle particolarità del l’azione, nella qual cosa Sofocle riescì più di ogni altro tragico, Qualche altro frammento di quello del l’atto primo della versione elegante del lodato Giustiniani mostrerà alla gioventù studiosa l’arte di Sofocle ne’ canti de’ cori. […] Ma se Tespi introdusse un attore o una classe o specie di attori per ballare, cantare e sonare, che altra cosa rimaneva al Coro?

62. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 726

Pasquali, XIII) che non valeva gran cosa nel suo personaggio, ma aveva degli adornamenti che attiravano il basso popolo.

63. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 597

me auertendo m’intendo di non darli cosa alcuna, se non quando si farrano Comedie e che per sua sicureza della sodisfaccione, tutto il danaro, che si esigierà uada nelle sue mani : La Compagnia, che faremo sij durante la mia uita, o uinti anni che in questo mi rimetto nella benignita delle Signorie loro Ill.

64. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XII. Teatro di Aristofane. » pp. 16-140

Strepsiade domanda che cosa sono queste Nuvole? […] E cosa da cercare… Oh! […] Se è cosa abominevole e scellerata fra gli uomini il battere il padre, appresso gli uccelli è cosa utile e ben fatta. […] Che cosa è questa? […] Osservate un’altra cosa.

65. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Padova, 28 luglio 1674.Venetia, 16 marzo 1675.Venetia, 23 marzo 1675.Venetia, 30 marzo 1675.Venetia, 13 ap.le 1675.Venetia, 20 ap.le 1675. » pp. 28-35

Non è cosa tanto facile rintracciare le sue lettere annunciate dal Bertolotti, essendo stata la notizia buttata là senza indicazioni di sorta. […] ma se lo ricordi perchè mi preme assai venire a Mantova con qnalche cosa di novo, non ho che agiungere e con la mia putta riverentiss.º me l’inchino. […] Qui sono finite le recite con bonissimo guadagno et aplauso universale, et quello che più importa con bonissima concordia fra di noi, et se pure vi è stata qualche cosa, ho procurato con la mia flemma di superar tutto, aciò che S.

66. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 697-702

Veda se si può trovare temerità magiore, mi honori dunque di porre nella lettera che la ragazza faci quello che viene a bisogno come l’anno passato, non conoscendola buona a far cosa di più, acenandole che V. […] Come riesce la compagnia non glie ne posso per ancora dirgliene cosa alcuna, perchè non è compita, e così come si è comincio parmi meglio assai di quella dell’anno passato, come sarà arrivato Flaminio penso che sarà la meglio di tutte le compagnie di questo anno, però non tocca a me a giudicare, come V. […] O una che fosse l’una cosa e l’altra insieme ?

67. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VI. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 82-108

Non vi fu ipocrita o sia attore che ardisse di rappresentare, il personaggio del potente Cleone, né artefice che ne volesse far la maschera, come si dice nell’atto I; per la qual cosa Aristofane dovette egli stesso montare in palco, e rappresentarlo, tingendosi alla meglio il volto, e studiandosi di contraffarlo in tutto, perché si ravvisasse. […] In tutta la commedia si vanno mettendo in ridicolo le serie formalità curiali per qualunque cosa di poco momento. […] La cosa più degna di notarli in tal commedia é il giuoco di teatro che risolta dagli sforzi che sa il coro impiegato a tirare alcune corde per ismuovere le gran pietre, ond’é chiusa la bocca della caverna, in cui é serrata la pace. […] Niuna cosa prova più pienamente ciò che abbiamo di sopra ragionato ne’ fatti generali della scenica poesia, quanto questo novello rigore, che incatenò i poeti. […] Or perché eccitato una volta in qualunque guisa lo spirito filosofico, rinasce l’ordine, e ogni cosa rientra nella propria classe, il gabinetto allora si separò dal teatro, e più non si agitarono questioni politiche in uno spettacolo di puro divertimento.

68. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Egli però attese a rendere più degne di compassione Sabina e Camilla, per la qual cosa, secondo il Conte di Calepio, i primi tre atti riescono appassionatissimi, e gli ultimi due freddi ed inutili. […] Per la qual cosa non ebbe torto quel Maresciallo De la Fevillade, che udendo quest’altre parole orgogliose esclamò: oimè! […] E Voltaire diceva ancora: «Non v’ha cosa più insipida, più volgare, più spiacevole del linguaggio amoroso che ha disonorato il teatro francese. […] Sono, è vero, tali figure ammesse an cora nelle poesie de’ Greci e degl’Italiani; ma da’ Francesi drammatici usate con troppa frequenza, e di rado variate colla mescolanza di altre formole poetiche non disdicevoli alla scena, per la qual cosa partoriscono rincrescimento. Simili maniere abbondano anco nelle tragedia del Racine; ma ecco in qual cosa egli si distingue da’ tragici mediocri.

69. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

Strepsiade domanda che cosa sono queste Nuvole, e se son regine? […] E’ cosa da cercare . . . […] Se è cosa abominevole e scellerata fra gli uomini il battere il padre, appresso gli uccelli è cosa utile e ben fatta. […] Che cosa è questa? […] E Demostene: Non v’ha cosa più agevole.

70. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 387

Il signor Bettini dacchè è stabilita la Compagnia Reale fa sempre il primo amoroso giovine : e quantunque qualche cosa siasi sempre detto sul suo conto, si è sempre concluso che era il meno cattivo, e fu ed è il più ben pagato di tutti gli amorosi attuali nella Comica Italiana, quindi niuno mi ha mai detto di cangiarlo, bensì io più che altro in obbligo di conoscere i bisogni della mia Compagnia, ho cercato fra gli Accademici, se si poteva trovare uno che con decoro potesse servirgli di supplemento ; nei Commedianti era inutile cercarlo ; non ci è assolutamente : trovai, per mala mia ventura, il sig.

71. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Ma nella giornata V l’eremita domanda la stessa cosa, ed ei risponde ni pude ni quisiera. […] Alla qual cosa conferì appunto quell’essersi sottratto alle regole del verisimile. […] Che ab jetta, che ingrata, che steril cosa è un plagiario impudente! […] Ed in qual cosa è fondata? […] Ma la nazione imparziale ben sa che io non asserisco una cosa immaginaria.

72. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Ma la poesia scenica guadagna cosa alcuna in discutere siffatte cose con gravità e lungamente? […] Ma questa cosa potrebbe fare che un poeta assennato chiamasse doppia una favola di argomento semplice? […] Addio, mio caro Fedria; vuoi tu da me qualche altra cosa? […] In tale azione così condotta e distribuita non havvi cosa irregolare per la quale abbiasi a rifiutare la comune divisione. L’unico motivo che ebbe l’annotatore di censurarla, è che Fedria parla della medesima cosa accennata con Taide.

73. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XIII. Commedia Mezzana. » pp. 141-150

Ah non vi è cosa Più del ventre gioconda. […] I della sua opera su di ogni Letteratura pone Anassandride tra’ poeti tragici Agatocle, Aristarco, Tegeate, e Carcino, la qual cosa non parmi che altri dica.

74. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [I-H-K]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1055-1059

Dire di lei come artista non è difficil cosa. […] Tu hai quello che infiniti mi hanno chiesto e non hanno ottenuto, e l’artista ha potuto persuadermi a cosa, che rifiutai a principesse russe, che per me equivalgono a orsi con la cuffia. » Il secondo, oltre all’avere scritto per lei la Rosmunda d’Inghilterra, mantenne una viva intima corrispondenza, già pubblicata nell’ opuscolo del Consigli e ripubblicata poi ne’Carteggi italiani dell’Orlando.

75. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XV. ed ultimo. Conchiusione con pochi Avvisi amorevoli agli Apologisti. » pp. 214-236

Fornitevi pria di ogni altra cosa di fatti antichi, e moderni. Ciò costa, è ben vero, molto travaglio: ma Sofocle faceva dire ad Elettra, πόνου τοι χωρις οὐδὲν ἐυτυκεῖ, Niuna cosa succede felicemente senza fatica. […] Agesilao famoso Re degli Spartani, secondo che scrive Senofonte nell’Orazione in di lui lode, “giudicava cosa conveniente, che l’autorità de’ Re dovesse essere notabile per bontà, non per astuzia”. […] I Cartaginesi dominarono in Ispagna per ben poco tempo, e sempre con inquietudini e turbolenze; nè poi costa, che c’insegnassero cosa veruna. […] Non è cosa ben ridicola il supporre a quei tempi sì remoti gli Spagnuoli informati del sistema degli Atomin, sol perchè vi fu un Filosofo Tirio, che insegnò essere gli Atomi principj delle cose?

76. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VII. Su i principali Requisiti per giudicar dritto de’ Componimenti Scenici, Mente rischiarata, e Cuore sensibile. » pp. 69-85

E’ cosa riserbata al solo Popolaccio? […] Un Geometra che sentiva lodar la Fedra, diceva, questa Fedra non pruova cosa veruna. […] La Sorpresa non si vuole escludere dal Teatro, e nelle Favole specialmente ravviluppate può tirare l’attenzione dell’Uditorio: per la qual cosa l’adoperano immoderatamente coloro, che si compiacciono di Favole romanzesche. […] Rapin nel dire, che niuna cosa fa la bellezza delle Tragedie, se non i ragionamenti appassionati. […] Le parole, la sentenza, sieguono la cosa, il fatto: Verbaque provisam rem non invita sequentur.

77. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 228

Non era gran cosa.

78. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 17

Nella commedia in dialetto veneziano, poi, era qualche cosa di geniale, grazioso, oserei dire inarrivabile.

79. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VIII. Degl’Inventori del Dramma Pastorale. » pp. 86-94

E perchè questo è uno de’ possibili non lontanissimi dal convertirsi in atto, e un tanto accurato ragionatore come il Signor Lampillas, non avrà avanzata simil cosa senza documenti, vediamo quali essi siano. […] Apologista, che quest’amicizia possa dirsi contratta intorno al 1511., perchè allora quel Valenziano stampò alcuna cosa in Siviglia? […] Ora, caro Abate Apologista, alcuni Dialoghi del mestiere, della vita laboriosa de’ Commedianti Spagnuoli, e de’ loro costumi, sono in verità ben altra cosa che una Storia de’ Teatri delle antiche Nazioni e del Teatro Spagnuolo.

80. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — 2 giugno 1902. Guido Biagi. » pp. 327-333

Di lui allora si conosceva il poeta traduttor di Catullo, l’attore, l’artista colto e coscienzioso ; ma non ancora egli si era rivelato autore di quei monologhi che trovarono sulle scene maggiori e su quelle dei filodrammatici tanta e così invidiata fortuna ; non ancora gli si era sviluppato così nocchiuto il bernoccolo dell’ erudito e del feroce raccoglitore di qualunque cosa avesse attinenza con la storia del nostro Teatro. […] Ma quest’opera, così bene e solidamente piantata, richiedeva a fondamento una raccolta teatrale, quale il Rasi ha saputo raccogliere per formare un vero museo del Teatro Italiano, che dovrebbe diventar cosa pubblica, a documento delle nostre glorie passate, se si trovasse chi fosse disposto a compensare delle sue spese e delle sue fatiche il provvido collettore. […] Le giuro, che que' versi miei sulla Madonna mi parvero altra cosa, cioè meno infelice, quando procurai di recitarli secondo le sue norme.

81. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Ma la poesia scenica guadagna cosa alcuna in discutere siffatte cose gravemente e lungamente? […] Più volte e Plauto e Terenzio hanno in una scena usato questo colore di dire alcuna cosa a voce alta, ed altra con voce bassa, e furtivamente. […] E se doveste Qualche altra cosa far più faticosa? […] Addio, mio caro Fedria; vuoi tu da me qualche altra cosa? […] L’unico motivo che ebbe l’annotatore di censurarla, è che Fedria parla della medesima cosa accennata da Taide.

82. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

credi tu Che intendano ogni cosa? […] Che cosa è a far co’ savj! […] Se così bene di drento muore, non sentirà cosa che io gli faccia, e conoscerollo a questo. […] La cosa va bene. […] Fu strana cosa che l’ enciclopedista Francese Marmontel avesse ciò pronunziato senza pensare e senza leggere.

83. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 584-585

Recatosi all’Arena Nazionale di Firenze, avanti al ’70, fu tale il successo ch’egli ebbe coll’Amleto in una di coteste sere di lucido intervallo, che fu istantemente pregato, cosa non mai accaduta nè prima, nè dopo di lui, di trasportare le tende al Teatro Pagliano per meglio appagar le esigenze del pubblico.

84. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » p. 914

Il suo profondo intendere l’arte con cui si alletta il Popolo in certe situazioni, che devonsi afferrar di volo, e che sfuggite non lasciano luogo di far colpo alla scenica arguzia ; e l’essere grazioso naturalmente senza stento, senza affettazione, o durezza ; il mostrarsi pronto ritrovatore di un vivace motteggio, che altro ne ribatta, ed avvilisca ; il sapere con immensa perizia tutta la Commedia a memoria senza dimenticarsi giammai alcuna ancorchè menoma cosa ; questi sono finalmente tutti quei pregi rari, che in lui abbondevolmente si trovano, e che lo costituiscono un perfetto originale del vero Comico pronto, spiritoso ed arguto.

85. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 390-391

Che cosa fosse Giuseppe Rodolfi come artista, niuno ha mai saputo dire.

86. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 543-544

Allorchè le cicale non son stanche di sciattare i bimmolli in fogge strane, quando del Diacciatina sulle panche si ganzan di sorbetti le sottane ; il giorno, in cui tra loro uniti stanno di Cecco e Beco i venerandi figli, cosa, che segue un par di volte l’anno : nel secol d’ora, in la Città de'Gigli, gli anni, che con più sei cinquanta fanno, nacque al mondo Domenico Somigli.

87. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 588

ma gli meso della qual cosa non e uero poi che Vostra Altezza Ser.

88. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XII. Confronto Apologetico della Opera Italiana, e della Commedia Spagnuola. » pp. 149-181

Ma questo nostro gran Critico che cosa riprova nell’Opera? […] Da ciò potete inferire, come lo Spirito di Nazionalità vi ha offuscata la vista, per la qual cosa avete perduta la traccia del vero, e vi siete attaccato alle ombre. […] La Tragedia Greca si cantava, e non si cantava, dice il Martelli, cioè non era un Canto deciso, come il Moderno, nè un parlar naturale, ma una cosa che partecipava dell’uno e dell’altro. […] Ma questa succinta storia musicale prova alcuna cosa a favore del Signor Lampillas? […] Altro rimedio non vi è fuori della indulgenza dello spettatore, il quale col fatto convenga in non cercare un impossibile, cioè una cosa, che non può andare altramente di quello, che và.

89. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

Un altro Autore vi contraddice, affermando essere ingiusta cosa “pretendere di trovare il gusto universale d’Italia nelle ciancie e freddure d’Arlecchino e Brighella”. […] Si abolì dunque il nome, e si conservò la cosa. […] Passiamo a dir qualche cosa intorno alla fecondità di Lope tanto esaltata dal Signor Lampillas. […] Per la qual cosa, mio Signor Lampillas, non piacemi (benchè ciò nè me, nè l’Italia tocchi poco, nè punto), che tanta pompa facciate dell’abbondanza di Lope, e della felicità di schiccherare in uno o due giorni una Commedia. […] Io credo, che più che ogni altra cosa questo genio di precipitazione nel comporre facesse credere al nostro Dottor Goldoni di essere invasato dello spirito di Lope.

90. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 461-471

M. ripigliò : « Intendo, vorrebbe sapere che cosa ha detto, ma…. oh ! […] Tutti proponevano chi una cosa chi l’altra. Arlecchino disapprovava tutto : se volete cibar bene il vostro ammalato dategli quattro cervelline di donna, che non vi è cosa più leggiera al mondo. La cosa mi arrivò così improvvisa e frizzante, che non so risovvenirmene senza ridere. » E trovata la commedia di Mantova poco buona, S.

91. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « [Privilegio] » pp. -

E perchè non v’ha cosa alcuna nel suddetto Discorso, che offenda la purità della Fede, o l’onestà de’ costumi, stimo poter permettersene la stampa.

92. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » p. 17

Ecco come il figlio Adamo ne’suoi Quarant’anni di Storia del Teatro de’Fiorentini (Napoli, 1878, pag. 66) ci racconta la cosa.

93. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 343

Per la qual cosa il sottoscritto si sarebbe recato all’ Ufficio del suddetto Lemusnier, coll’ intento di sporgere la presente querela : – Firmato : Io Giacinto Bendinelli, detto Valerio, comico italiano di S.

94. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 549

Ma che cosa passasse il povero capocomico di nome in quell’anno di ribollimenti, di assedi, di guerre non è a dirsi.

95. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 658-659

Cercate che tra voi la pace sia ; fate l’istesso voi, sposo diletto ; e, d’altra cosa vi voglio avvisare : fate bel bello per poter durare.

96. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » p. 772

Che cosa divenisse il Diotti in pochissimo tempo, tutti noi sappiamo….

97. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 482-483

Avanti di entrare in Compagnia Modena, trovavasi a Forlì, ove per la sua beneficiata si pubblicò, in foglio volante, la seguente epigrafe : A GIVSEPPE SALVINI livornese per felice natura potente ingegno accurata industria fatto esempio singolare del decoro della proprietà della grazia onde la drammatica recitazione dilettando governa le menti e i' cuori a figurare gli umani affetti una cosa col vero fra l’unanime applauso dei forlivesi che nel teatro del comune il carnovale del m dccc xliii ammiravano tanta eccellenza i soci delle barcacce ghinassi versari e minardi vollero rendere onore con questa memoria ed augurare all’arte lodatissima perfetta giusta mercede e che italia schiva una volta di usanze forestiere le liberalità rimuneratrici della danza e del canto serbi a più utili studj e non torni in bas tarda

98. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Pastorali: Teatri materiali. » pp. 224-253

I Greci non cadevano in tale inverisimiglianza pel coro fisso; ma Liveri privo di simil presidio introduceva i suoi personaggi a favellare senza rendere le strade solitarie, la qual cosa dee osservarsi nella lettura di esse colla descrizione della scena. […] Torchio gli dice: Questo è troppo; è un ignorante; cosa volete che stampi? […] Le porte onde si entra in teatro, sono laterali e non dirimpetto alla scena, la qual cosa produce il doppio vantaggio di non indebolire la voce, e di non togliere il miglior luogo da godere la rappresentazione. […] Egli ne migliorò la figura rendendola semicircolare, ed acquistò luogo per ogni cosa coll’ industrioso partito di cangiare il sito della scena, collocandola sulla retta che faceva la larghezza della prima platea, là dove allora era posta sulla lunghezza quadrupla almeno dell’antica larghezza. […] Sapesse almeno codesto infelice capire che cosa sono le favole di Mercier e di Villi, e che cosa è la Faustina!

99. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO III. Se ne’ secoli XIV., e XV. gl’Italiani ebbero Poesie Sceniche. » pp. 14-19

Non trova l’Apologista nella storia Scenica Italiana di quel tempo altra cosa eccetto che alcune rappresentazioni, nelle quali il giudizioso Tiraboschi riconosce soltanto un popolare spettacolo e una muta rappresentazione. […] Erano infine rozze e sacre rappresentazioni le Commedie Italiane del medesimo tempo, la Catinia traduzione della Latina di Secco Polentone Lusus Ebriorum, i Menecmi, il Cefalo Pastorale del Correggio, il Timone del Bojardo, l’Amicizia del Nardi, della quale soltanto dice qualche cosa l’Apologista?

100. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo IV. Teatro americano. » pp. 19-25

La nazione peruviana senza dubbio la più colta di tutta l’America, oltre all’avere inventata e migliorata l’agricoltura con tante altre arti, seppe qualche cosa di geograsia, meccanica, e agronomia, ed ebbe polizia e legislazione eccellente, nella quale trionfa una sanissima morale. […] Quella rappresentazione commuove così fattamente l’uditorio, che prorompe in un dirotto pianto, e talvolta entra in tal furore, che non é cosa rara, vi sia trucidato qualche spagnuolo.

101. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 754-756

.…, tutte queste produzioni tragiche, comiche e drammatiche furono da lui declamate e recitate con tal superiorità di genio da non temere il confronto del Garrick inglese e del Talma francese : ed era cosa veramente sorprendente il vederlo questa sera nel Milord Bonfil con volto di forme regolari, con sguardo vivo ed ardente d’amore, con un corpo, che per le sue perfette proporzioni, solo un Canòva avrebbe potuto modellare, con una voce ora armoniosa, ora irritata, ora commossa, dimostrare l’immensa sua passione per Pamela ; e la sera seguente sotto l’aspetto di un vecchio centenario (l’Uomo di 104 anni) paralitico, balbuziente, vederlo camminare a stento, con occhio semispento ; eppure giungere a destare il fanatismo in una scena di rimprovero al nipote e alla nuora per la loro cattiva condotta. […] Egli diceva come il celebre Zanerini : – L’artista vestito in carattere ha già fatto la metà della parte. – Era cosa poi assai sorprendente per gli stessi artisti che con lui recitavano, il vedere come si prevaleva delle più piccole cose, come una scatola da tabacco, una penna da scrivere, una sedia, un tavolino, per ricavarne un effetto certo in una scena o in altra della produzione.

102. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 774-779

Queste smancerie e turbolenze ispirarono allora a Paolo Costa dei versi di questa specie : Mal abbia l’istrion che con orrendo artificio sonar fa la parola che il latrato dei cani, il rugghio, il fremito dei rabidi leoni e delle strigi le querimonie imita…… Per la qual cosa il Domeniconi, dolente, si recò dal Costa e gli disse che sua non era la colpa, ma del pubblico : e che glie lo avrebbe provato il domani. […] Noi tardiamo a portargli le sue commedie, con la speranza che possa essere cambiato, cosa di cui si è sparsa voce ….

103. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 832-837

. – Che cosa vuol dire : strike ?  […] … Ebbene, andate a vedere la Krao, la ragazza scimmia, e vedrete che cosa conta la nascita, e cosa conta l’educazione !

104. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

Come può mai paragonarsi una cosa evidente, qual è la nostra musica, con una che non si vede, qual è la musica greca, che ora esiste solamente nella testa orgogliosa degli eruditi, e che realmente non sappiamo cosa ella si fosse?» […] Ma non sappiamo cosa fosse la musica greca. […] Ma qual è quella cosa ottima che non degeneri, se se ne abusa? […] [93] Non mi saprebbe dire il lettore quale fosse in questo paragrafo la confutazione, e quale la cosa confutata? […] Ho cercato di provarlo adducendo delle ragioni, e indicando delle viste filosofiche su tal proposito, che mi lusingo non saranno riputate triviali da chi è qualche cosa di più che cattivo compilatore di estratti.

105. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Ma la divisione degli atti non mi sembra la cosa più essenziale per conoscere l’eccellenza degli antichi tragici. […] Non per tanto si dee riflettere che Euripide era un gran maestro, nè avrà egli presentato a’ suoi compatriotti una cosa che potesse contradire ai loro costumi e alle passioni dominanti di que’ tempi. […] Le comprese il Dolce, e seguì l’originale, traducendole in versi più piccioli; la qual cosa, con pace del calabrese Mattei, fa vedere che gl’interpreti de’ tragici Greci compresero il loro artificio per ciò che la musica riguarda. […] Osservisi ancora che nel l’atto quarto Ermione ed Oreste fuggono da Ftia per andare a Delfo ad uccider Pirro, e nel quinto si narra in Ftia questa uccisione già avvenuta in sì poco tempo, e vien portato il cadavere di Pirro, la qual cosa sembra sconcezza che offende ogni verisimilitudine. […] Oltre a molti altri tratti patetici, vi si trovano varie allusioni alle Greche antichità e tradizioni, la qual cosa, come altrove accennammo, di rado si trascurò dai Greci tragici per mostrare l’antichità remota delle loro leggi ed origini e de’ loro costumi a gloria della nazione..

106. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce Maccus appartenesse alla lingua osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la greca voce μακκαειν, delirare, e L’altra μακκοαω, far l’indiano, usata da Aristosane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del Macco degli Atellanarii. […] La qual cosa per avventura non ignorando Giulio Cesare volle che negli spettacoli dati per lo suo trionfo Laberio stesso comparisse in teatro (siccome avea già obbligati i due principi reali dell’Asia e della Bitinia a danzare in pubblico la pirrica) promettendogli cinquecentomila sezterzii, cioè intorno a quattordicimila ducati napolitani. […] Volle allora il popolo che sottentrasse il maestro a rappresentar la stessa cosa, ed egli obedì, e giunto a quelle parole si compose in atto grave colla mano alla fronte in guisa di uomo che medita cose grandi, e caratterizzò più acconciamente la persona di Agamenonea. […] Chi mai, se non costui, senza pruova veruna, confondendo fatti ed idee e passando di un salto leggero sulle terribili vicende dell’Europa, che, per così dire, la fusero e rimpastarono di nuovo, chi, dico, avrebbe francamente scritto che le fazioni per gli pantomimi perpetuaronsi perpetuaronsi per mille e dugento anni sino a produrre (che cosa mai?)

107. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VIII. Teatri materiali. » pp. 213-236

Natural cosa era che le famiglie abitatrici di tali casettè avessero diritto di affacciarsi alle proprie finestre o logge o balconi, e godere dello spettacolo. […] Non era certamente à tres picos il cappello che usarono i Goti in Ispagna, in Francia ed in Italia, la qual cosa quando non potesse altronde dedursi, si vedrebbe da ritratti di tali popoli fatti nella mezzana età e nell’infima, e copiati sulle scene Europee. […] Vincenzo) codesta profonda erudizione tutta chamberga, cioè che cade da tutti i lati, che cosa mai fa al caso nostro? […] Egli (non senza il solito ricco corredo di villanie) conchiuse che nella mia Storia io dovea verificare le importanti particolarità istoriche da lui accennate (vale a dire, se il nastro dispensato dalla Ladvenant era di color di solfo o di oro, se i commedianti facessero un solo corpo come aveano una cassa, se il nome di Chorizos venisse dalle salcicce che mangiava Francho, e se quello di Polacos veniva dalla notizia che Huerta sapeva e che non voleva dire ) in vece di perdere il tempo nella parte critica que tanto resplandece nell’opera del Signorelli, perchè critica (si noti la sapienza in ogni cosa che proferisce don Vicente) nel vocabolario di lui equivale a satira, a maldicenza, ed è pruova della poca istruzione e dell’ intenzione poco retta del Signorelli.

108. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « ECCELLENTISSIMO SIGNORE » pp. -

Di fatti che cosa è mai questo mio povero presente agli occhi dell’Autor preclaro del poema de i Doveri dell’Uomo, delle auree traduzioni de’ Greci Bucolici e di Anacreonte, e delle Pescagioni?

109. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 235-236

 – Giovami di credere che se bene la Compagnia è stabilita, di conseguire questa gratia, et come di cosa già ricevuta le resto con quel magior obligo che possi venire dal mio conoscimento.

110. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » p. 652

E il 5 e il 16 gennaio dell’anno seguente lo vediamo sempre a’Crocicchieri prender parte a una bellissima commedia, over cosa d’amore…., poi il 3 gennaio 1525 all’Orba, in casa Querini Stampalia a S.

111. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » p. 940

Contuttociò gli fu da quel magnanimo Re continuata la pensione, prendendo piacere delle di lui facezie ; Sicchè vedendosi Michelagnolo con mille Luigi d’oro l’anno, con carrozza, e con Servidori, mandò a levar da Napoli Cesare suo Padre, la Madre, col resto di sua Famiglia, e prese per moglie una Donna di onesto parentado, con la quale procreò molti figliuoli ; Questa fu la seconda volta, che Cesare vide la Francia, dove alla perfine mori, e tanto egli, quanto il suo figliuolo dipinsero qualche cosa per semplice diletto.

112. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 45

La licenza del prologo LIV (della Fatica), dice : Ogni cosa che giovamento apportar suole, da me fatica, procede, sicome vedrete in questa nuova Comedia, la quale con fatica è composta, e s’ hanno affaticati alcuni Accademici farvene un presente in questo giorno.

113. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 83

La Moda di Napoli dice : « è difficile veder due volte il Marchionni con la stessa sembianza : diverso sempre da sè sotto le diverse forme che veste su le scene, ei non somiglia a sè stesso che in una sola cosa, cioè in esser sempre eccellente. » Di lui abbiamo tragedie : I Martiri, Olindo e Sofronia, Edea Zavella o La presa di Negroponte, La Vestale, che meritò gli elogi di Vincenzo Monti e di Ugo Foscolo ; spettacoli : Pirro, o i Venti Re all’assedio di Troja, La figlia della terra d’esilio ; drammi : Chiara di Rosenberg calunniata, Chiara innocente, L'Orfanello svizzera ; lavori questi scritti per la sorella Carlotta e da lei con molto successo recitati.

114. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 418

Vantavasi di ben pronunziare il toscano, e convertiva la C in S, e diceva giogia per gioja, senz' accorgersi di fallare, cossa per cosa, Regasse per ragazze.

115. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 479

Fra i tanti miracoli compiuti dal Salsilli nell’arte sua, va segnalato questo : di aver suggerito dell’ '84 in Compagnia Nazionale, un po' a memoria e un po' improvvisando, con poche parti principali in mano, il Cuore ed Arte di Leone Fortis, al Teatro Gerbino di Torino, essendo stato involato il manoscritto, nuova riduzione dell’autore, sul punto di alzarsi il sipario ; e Paolo Ferrari, direttore della Compagnia, ignaro della cosa, si meravigliò, venuto più tardi in teatro, della esattezza e rapidità di esecuzione.

116. (1715) Della tragedia antica e moderna

[2.28ED] Nulla è più perfetto della perfetta idea delle cose, perché certo ogni cosa creata è sempre inferiore all’idea, che si può dir creatrice. […] [2.58ED] Può comunicarsi, egli è vero, alla mente de’ leggitori per la scrittura, ma questa non dà tutto il nerbo dell’eloquenza, se chi legge la scritta orazione non la recita e non la gestisce a sé stesso. [2.59ED] Maledetta quella perfezione che non conviene alla cosa se nella cosa si cerca, e benedetto quell’aiuto esteriore che fa perfetta la cosa nella sua sfera e che, moltiplicandosi, le moltiplica ancor la bellezza. […] — [2.130ED] Io volea replicar qualche cosa, ma postosi il dito alla bocca, mi accennò di tacere e si ritirò. […] — [5.34ED] — Hai divisato prudentemente — io rispondeva — dicendo ‘la maggior parte’, nella qual cosa teco io convengo. […] , ma né meno ameresti che ti tacciassero di satirico, e però esaminiamo la cosa a dovere.

117. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 10-16

“Strana cosa (diceva il Signor di Voltaire) che quasi tutte le nazioni abbiano prodotto poeti prima di altri scrittori”. Anzi non v’ha cosa meno strana di questa.

118. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

 » E più innanzi : « Chi vorrà Frittellino bisognerà pagare le anticaglie (allude alla moglie Orsola già vecchia per parti di fanciulla) e pigliare l’istessa discordia in Compagnia…. » Non sappiamo se per potenza d’amore, o per ragion d’amor proprio o di mestiere o d’interesse, il Cecchini subisse codesto diavolo in sottana : ma è certo che nell’una cosa o nell’altra si dee ricercar la causa della lor serbata unione. […] Nulla ci ha detto sul modo di rappresentare la parte sua in genere, alla quale solo è accennato al principio del capitolo sul Primo e Secondo Servo : è cosa molto necessaria et molto dovuta nella comedia che dopo la parte di un servo astuto et ingegnoso il quale spiritosamente attendi senza buffonerie al maneggio della favola, che ne succedi un altro totalmente dissimile, ecc. ecc., e qui si dilunga a parlar dell’Arlecchino. […]  » E a Cintio che gli consiglia di divenir quello che non fu mai, cioè huomo da bene, Frittellino risponde : io ho una cosa molto difficile : il far un esercizio che non si abbia mai imparato. […] Raccordandosi l’autor della Comedia che il mettere in obbligo di ridir più volte una cosa che di già per parola e per effetto s’è veduta ed udita, recca nausea a chi ascolta, così anco fa bruttissimo vedere il personaggio che recita star attaccato alla scena, o venir troppo inanzi a recitare, non essendo in niun attione tolerabili gl’estremi. […] E donativi di ogni specie egli ebbe in ogni tempo e in ogni luogo da ogni Signore : la qual cosa sta a provare in che gran conto fosse tenuto l’artista.

119. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

Ma da una banda il maggior numero di coloro che hanno professata quest’arte l’han considerata non altramenti che s’ella fosse una cosa di puro istinto e d’abitudine, ned hanno rivolto l’ingegno loro se non se a considerare la sua parte grammaticale, di cui ci esposero soltanto gli elementi; dall’altra poi i filosofi a niente badarono fuorché alle varie combinazioni de’ suoni fra loro, cioè a dire alla sua parte scientifica. Quanto a me, senza imbarazzarmi in una teoria, in ogni arcano della quale credo impossibil cosa il penetrare, sono d’avviso che guardar si possa la musica sotto un altro punto di vista ancor più vantaggioso de’ primi. […] Ma basta egli che piaccia una cosa, perché debba essere accolta ed applaudita? […] Farò ravvisare ad un tempo stesso l’intreccio felice de’ suoi modi, la finezza de’ suoi passaggi, la bellezza de’ suoi episodi uniti mai sempre al soggetto, e sopra ogni altra cosa l’artifizio ammirabile con cui sono sviluppati i motivi. […] Il vostro consenso ha dileguati gli ostacoli, che fin ora aveano rallentato il mio corso, e dacché posso nodrire la dolce speranza, che voi seconderete i miei sforzi, e m’aiuterete coi vostri lumi non v’ha cosa, ch’io non osassi d’imprendere.

120. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » p. 296

Un gran vaso di birra passava di convitato in convitato, e nel bel mezzo di questa miseria, si mostrava la gioja su tutti i volti ; il che faceva chiedere a me stesso, che cosa fosse davvero la felicità….

121. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Arriva Polonio, il quale gravemente ragiona sulla di lui follia, dicendo: Vostro figlio è pazzo, e tale lo chiamo perchè (a ben riflettere) altra cosa non è la follia se non che uno è interamente matto. […] Tiene alcuna cosa di mal esempio? […] A che pensi tu che così dirigi i tuoi sguardi dove non v’è cosa alcuna . . . […] La regina viene a dire che Ofelia tratta dalla sua follia si è affogata nel fiume vicino, la qual cosa vie più accende la furia di Laerte. […] Amlet confessa ad Orazio di sentir qualche cosa nel suo cuore che l’affanna.

122. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 811-

« L’ingegno è una cosa vivente » dice quell’attossicante del vostro Bourget : ebbene. […] Il 16 giugno dell’ ’83 scriveva da Bologna all’incomparabile amico Antonio Fiacchi, il Piccolet allora del Piccolo Faust : È sempre cosa gradita alla nostra vanità – o meglio alla nostra fibra – il non vedersi sconosciuti nel mondo ove viviamo – e per quanto io cerchi isolarmi – non lusingandomi troppo – nè degli elogi – nè delle affascinanti profezie sul mio conto – pure – una parola – una approvazione intelligente – mi rimettono in cammino con più lena – e con un coraggio che non è senza fiducia. […] Ora sto per partire – e vi scrivo – cosa che non ho fatto arrivando, perchè ero tremante, e avevo paura. – Avevo paura, non ve lo nascondo. – Che volete…. io sono ancora impressionabile…. e l’ambiente può tanto sopra di me. – Lontana dal teatro – dalla famiglia artistica, sola – lungo il mare – che ne fa tanto capire la nostra piccolezza, mi pareva che non avrei più saputo rendere l’espressione d’un’arte – che ha qualche volta delle ritrosie, dei silensi così penosi…. per me ! […] È questa la sola cosa, nella mia vita, che non mi è costata nè studio, nè fatica, nè sforzo sopra la mia volontà. […] fin che il demonio, stanco, non inventi altra cosa.

123. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Tiene alcuna cosa di mal esempio? […] A che pensi tu che così dirigi i tuoi sguardi dove non si vede cosa alcuna? […] La regina annunzia che Ofelia tratta dalla sua follia si è affogata nel vicino fiume; la qual cosa vie più accende la furia di Laerte. […] Amlet confessa ad Orazio di sentir qualche cosa nel suo cuore che l’affanna. […] Non può essere lungo tempo tenero e patetico… Il difetto più notabile del nostro poeta è il gusto singolare che avea pel giuoco puerile delle parole; non v’ ha cosa che non sacrifichi al piacere di dire un’ arguzia ecc. ecc.

124. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 889-912

Per la qual cosa, al fine scoperto, fu scacciato di casa. […] E avutone il permesso, si diè a fare ogni specie di smorfie piacevoli, sicchè il Delfino prima si chetò come sorpreso, poi cominciò a ridere, e rider tanto che la sua smodata ilarità lasciò alcune traccie poco piacevoli…. sulle mani e sul vestito di Scaramuccia ; la qual cosa fe’ smascellar dalle risa la Regina e le Dame e i Gentiluomini di Corte presenti al fatto. […] La prego a compatirmi et credere che non ho mai fatto ne farò cosa che sia indegna di un figlio obediente come sono sempre stato ; e pregandola a abolire le grandi maledizioni che mi ha mandato e a benedirmi come buon padre, resto Di V. […] mo Signor mio Signore e Padrone Colendissimo Non avendo a chi potere confidare questa mia letera per poterla fare recapitare a mio figlio cosa che asai mi preme ò preso ardire confidandomi nella infenita bontà di V. […] In Italia egli non fu mai altro che capitano, mentre in Francia fu d’ ogni cosa un poco.

125. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO II. In quali cose si rassomigli ogni Teatro. » pp. 12-22

«Strana cosa (diceva il sig. […] Non v’ha cosa meno strana di questa.

126. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome II « CONTINUAZIONE DEL TEATRO GRECO E DEL LIBRO I — CAPO XVI. Dell’uso delle Antiche Maschere. » pp. 201-212

«Essendo Socrate mostrato sulla scena e nominato tratto tratto (della qual cosa non è da stupirsi perchè egli era ancora raffigurato nelle maschere degl’istrioni per essere stato spesse volte ritratto fin da’ Vasai) i forestieri andavano nel teatro domandando chi mai fosse quel Socrate.» […] Per la qual cosa al tempo stesso che colla maschera copiavansi gli altrui sembianti, si cercò di farla servire per una specie di tromba da spingere oltre la voce, e perciò la facevano capace di coprire il capo tutto, non già il solo volto, affinchè raccolto ne uscisse il siato, e producesse un’articolazione piena chiara e sonoraa.

127. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO I. Stato della poesia scenica in Francia. » pp. 65-76

Cleopatra fu una delle tragedie di Jodelle, e nell’atto III senza verun riguardo nè al decoro nè al costume questa regina alla presenza di Ottaviano prende per i capelli un suo vassallo, e lo va seguendo a calci per la scena, cosa che non tradusse certamente da veruna tragedia italiana. […] È costui un abate che unisce in matrimonio certo Guglielmo di picciola levatura ad una giovane da lui stesso amata, cui dà il nome di sua cugina, e finalmente gli scopre il secreto: J’aime ta femme, et avec elle Je me couche le plus souvent; Or je veux que doresnavant J’y puisse sans souci coucher; alla qual cosa il buon Guglielmo risponde: Je ne vous y veux empecher.

128. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Dell’uso delle antiche Maschere. » pp. 290-297

Confermasi ancora questa verità istorica con un passo di Eliano, il quale nel ragionare della commedia delle Nuvole, in cui compariva il personaggio di Socrate, scrive così144: “Essendo Socrate mostrato sulla scena e nominato tratto tratto (della qual cosa non è da stupirsi perchè egli era ancora raffigurato nelle maschere degl’ istrioni, essendo stato spesse volte ritratto sin da’ vasaj) i forestieri andavano in teatro domandando chi mai fosse quel Socrate” ecc. […] Per la qual cosa al tempo stesso che colla maschera copiavansi gli altrui sembianti, si cercò di farla servire come una specie di tromba da spingere oltre la voce, e perciò la facevano capace di coprire il capo tutto, non già il solo volto, affinchè raccolto ne uscisse il fiato, e producesse un’ articolazione piena, chiara e sonora149.

129. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO I. Stato della poesia scenica in Francia. » pp. 3-12

Cleopatra fu una delle sue tragedie, e nell’atto III l’autore, senza verun riguardo nè al decoro nè al costume, fa che questa regina alla presenza di Ottaviano prenda pe’ capelli un suo vassallo, e lo vada seguitando a calci per la scena, cosa che certamente non tradusse da veruna tragedia Italiana. […] E’ costui un Abate che unisce in matrimonio certo Guglielmo di picciola levatura ad una giovane da lui stesso amata cui dà il nome di sua cugina, e finalmente gli scopre il secreto: J’aime ta femme, & avec elle Je me couche le plus souvent; Or je veux que doresnavant J’y puisse sans souci coucher; alla qual cosa il buon Guglielmo risponde: Je ne vous y veux empecher.

130. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

L’una cosa non distrugge l’altra? […] Dicasi la stessa cosa dello scioglimento usato dall’uno e dall’altro Comico. […] Il parlare allo spettatore, il chiamare alla memoria la persona dell’attore nel più bello del dramma, è cosa comune nelle favole di Plauto. […] Fin da’ tempi di Varrone mal si distinsero le commedie genuine di Plauto, la qual cosa lo mosse a comporre un opuscolo per isceverarle. […] Che Nevio appartenne alla Campania, è cosa troppo trita, nè questo paese in tempo alcuno fece parte della Magna Grecia.

131. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO V. Sulle due Sofonisbe Italiane, e su due Traduzioni dal Greco di Fernan Perez de Oliva. » pp. 26-42

E dice forse altra cosa il ch. […] Siasi poi, o no, rappresentata in Roma, è una cosa fuori della presente questione col Signor D. […] Strana cosa che un Apologista sì acuto non vedesse ove il menava un argomento che prova sì esorbitantemente? […] S’io non m’inganno, niuno degli Scrittori nazionali sognò mai di asserire simil cosa, cominciando da Ambrogio Morales che pubblicò le Scritture di quel suo zio.

132. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

L’una cosa non distrugge l’altra? […] Dicasi la stessa cosa dello scioglimento usato dall’uno e dall’altro comico. […] Ripugna Lisitele per non ispogliarlo dell’unica cosa che può sostentarlo, temendo che ridotto alla mendicità non pensi indi a sparir dalla città per disperazione. […] Il parlare allo spettatore, il chiamare alla memoria la persona dell’ attore nel più bello del dramma, è cosa comune nelle favole di Plauto. […] Fin da’ tempi di Varrone mal si distinsero le commedie genuine di Plauto, la qual cosa l’incitò a comporre un opuscolo per isceverarle.

133. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [I-H-K]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1053-1054

, I). » La qual cosa concorderebbe con quanto ci fa sapere il Casanova sulla minor figliuola dell’Imer, Teresa, « figlia d’un comico che abitava in una casa presso il palazzo del senator Malipiero, e le cui finestre davan sulla sua camera da letto.

134. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525

Se la bellezza e la gratia sieno una cosa stessa. […] I dialoghi per vero dire non valgono gran cosa. […] Dico che vi somigliate di maniera a questa Celia, che facil cosa sarebbe che se voi foste adornato da donna, si come sete vestito da huomo, che fosti preso per quella.

135. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

È cosa da stupire la contraddizione degli Italiani in questo punto. […] Chi sà dirmi cosa diverrà la tragedia musicale ridotta a sì misero stato? […] Il sostituire poi a ciò che a lei manca le altrui fanfaluche o le mie è cosa, che pute un cotal poco di prosunzione. […] Il viso acconciamente forbito, il rossetto in buona dose e la lontananza aggiustano ogni cosa. […] Meglio poi se ci entra nelle parole un non so che di mulinello, di tempesta, di zuffa o di cosa che apportasse gran fracasso.

136. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo I. Teatro Italiano nel Secolo XVII. » pp. 268-275

Allora si cercarono, é vero, poeti che componessero drammi musicali; ma non parve la cosa più essenziale dello spettacolo, ch’essi fossero eccellenti. […] Si dee anche considerare, che l’intelletto dell’uomo non avendo se non se una misura fissa e molto stretta di quello che si può sapere, perde da una parte quanto acquistai dall’altra; e perciò dice assai bene il dottissimo conte Lorenzo Magalotti «che il capitale del sapere sia stato appresso a poco sempre l’istesso in tutti i tempi, e che la differenza sia consista nell’essersi in un secolo saputo più di una cosa in uno più di un’altra, come quel magazzino che oggi é pieno di spezierie, domani di tele, quell’altro di lana, e va discorrendo; ma di tutte quelle mercanzie non ve n’é mai più di quello che importano i corpi e il credito di quella casa di negozio, che lo tiene in affitto… Bisogna poi ricordarsi, che quello che noi sappiamo adesso, si sapeva tremil’anni fa, e ch’é della Filosofia, come delle mode, che non sono mode, perché comincino a usare adesso, ma perché é un pezzo che non erano usate».

137. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO III. Teatro Inglese. » pp. 143-156

È però strana cosa che egli avesse voluto accozzare in un sol componimento personaggi allegorici, Angeli, Najadi, Bacco, Giove, Eufrosine, in somma le divine e le umane cose, la religione cristiana ed il gentilesmo, la sublimità e la bassezza. […] Per la qual cosa non ebbe torto il signor di Voltaire in asserire, che questa singolare e troppo ardita commedia tratta dalla Scuola delle Donne di Moliere, se volete non è scuola di buoni costumi, ma sì bene di spirito e di buon comico.

138. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 543-547

S. la casa e per li morari la pregho auantaggiarmi s’e possibile non se ne seruendo lei, intendendomi sempre che per lei non intendo crescerli cosa alcuna e lo fo padrone di tutto. […] mo sentirlo con sua, è se potessi seruirla in cosa alcuna, fauorirmi de suoi commandi, gl’auguro le S.

139. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Sappiamo da lui cosa fossero le doppie e le liquide, le aspre e le tenui, le mute e le medie. […] Ecco gli spondei, e i molossi venivano in aiuto del compositore, il primo dei quali costando di due sillabe lunghe, e il secondo di due lunghe precedute da una breve, mostravano col loro tardo andamento la lentezza della cosa rappresentata. […] Noi non possiamo abbastanza comprendere cosa fossero i loro generi diatonico, cromatico, edenarmonico, parole che la moderna musica prende in significazione affatto diversa da quella che da essi ci vien tramandata. Non sappiamo con esattezza cosa fossero i modi, quale il loro uffizio invariabile, e l’accezione comune di siffatto vocabolo presso a lor‌o. […] La qual cosa non osserva da noi, poiché ignorandosi nella nostra poesia la quantità sillabica, e badando per la formazione del verso al solo numero di esse sillabe, la misura musicale fa tutto da sé, e poche volte va d’accordo colla poesia.

140. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Il giovane studioso impara inutilmente, per esempio, ch’egli è assurda cosa il trovarsi Prometeo in tutta la rappresentazione alla vista dell’uditorio, essere gl’ interlucutori tutti numi e cose simili. […] Il coro che negl’ intermezzi è cantante, nel giudizio è parlante come ogni altro attore, ed uno solo favella per tutti, la qual cosa si osserva in tutte le tragedie antiche. […] Con tutti questi pregi parrà forse, nè senza fondamento, troppo orribil cosa a’ moderni quel vedere due figli tramare ed eseguire l’ammazzamento di una madre benchè colpevole. […] Ma la divisione degli atti non mi sembra la cosa più essenziale per conoscere l’eccellenza degli antichi tragici. […] Ma se Tespi introdusse un attore o una classe o specie di attori per ballare, cantare e sonate, che altra cosa rimaneva al coro?

141. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 244-245

M’ immaginai una Commedia, in cui senza cambiar di linguaggio nè d’abito, potesse sostenere molti caratteri, cosa che non è troppo difficile per una donna, e meno ancora per una donna di spirito.

142. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 451-452

Riferita al ciarlatano la cosa, Bissoni approfittando della commozione de’circostanti corre alle ginocchia del presunto padre, chiedendogli perdono delle sue mancanze.

143. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 722-723

La qual cosa non parve dal Romagnesi accettata con rassegnazione, dacchè in un documento pubblicato dal Campardon (op.cit.)

144. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « A CHI AMA la poesia rappresentativa » pp. -

Noi siamo persuasi più dall’esempio di tanti e tanti veri filosofi, e valent’ uomini che ne ragionano consommo vantaggioa che dagli schiamazzi delle cicale letterarie che declamano contro di essa senza aver mai saputo che cosa è l’uomo, che società, e che coltura generale delle nazioni. […] perchè quell’istantaneo girare su di un piede che sa il ballerino, è così detto in Francia qui tanto debbe la danza moderna, e s’intende in Italia, dove la cosa è trasportata senza che abbiavi sinora un vocabolo patrio equivalente. […] Gli aveano pur mostrato la stessa cosa con un libro intero i Veneziani nel 1758.

145. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X ed ultimo. Teatro Materiale, ove de’ più rinomati teatri, e della condizione degli attori Greci. » pp. 298-315

Cornelio Nipote nel proemio del suo libro degli uomini insigni riferisce una cosa assai più notabile, cioè che in Isparta ogni vedova quanto si voglia nobile compariva sulle scene prezzolata. […] Tutti gli spartimenti erano di modo divisi, che gli apici degli angoli de’ gradini sarebbero stati toccati da una retta tirata dal primo dell’ima all’ultimo gradino della summa cavea; cosa secondo l’anzilodato architetto Latino ben necessaria in un edifizio teatrale, affinchè la voce possa diffondersi senza impedimento. […] Nella qual cosa secondarono la naturale espansione del suono, il quale, non come l’acqua percossa forma de’ circoli concentrici in una superficie piana, ma bensì gli forma nel mezzo dell’aria in tutti i sensi come in una superficie di una sfera, il cui centro è il corpo sonoro.

146. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Ma bisognerebbe prima d’ogni altra cosa far loro intendere che cosa fosse fra gli antichi orchestra, timele, melopea, tibie uguali, disuguali, destre, sinistre, serrane, e modo Frigio, Ipofrigio, Lidio, delle quali cose è forza che non abbiano veruna idea. […] Or che cosa fecesi in tal secolo oltramonti?

147. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 478-485

… » tonava lui con un crescendo, che ci faceva venire la pelle d’oca, e alzava il bastone (classico avanzo anch’esso del palcoscenico) ; ma la cosa finiva li…… Le opere che al Bonazzi assicuraron fama di scrittore egregio furono due : il Gustavo Modena e l’arte sua, e la Storia di Perugia dalle origini al 1860 (Perugia, 1879), per la quale, dopo la pubblicazione del primo volume, fu a voti unanimi eletto socio straordinario della Deputazione bolognese di storia patria. […] Abbandonata o falsata la scuola del Modena, che pur teneva alcun che della scuola del Demarini, giacchè nelle arti non si rinnega mai il passato, si oscillò dapprima fra la verità e la forza, poi si trovò cosa comoda di scambiare il languore per verità ; tantochè oggi anche fra gli attori ben pagati non mancano taluni che fanno l’ arte a furia di vestiti e di perucche, impiastricciandosi il viso ; che non si sentono perchè non hanno fiato, che non si capiscono perchè si mangiano le parole ; e mostrano il gomito appena escono dal loro piccolo seminato. […] Chi recita in dialetto, il quale non è altro che una monotona ripetizione di pochi accenti, se non è vero relativamente al suo personaggio, è sempre vero relativamente a sè stesso, il che non è poca cosa, ed è dispensato dalla creazione di quell’ ideale, che costituisce la vera essenza dell’arte.

148. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo terzo »

“Organari” nello stile degli scrittori del basso secolo non vuol dire suonar l’organo, né fabbricarlo, né cosa che s’assomigli: significa inserire alcune terze nel progresso del canto fermo cantato all’unisono in maniera per esempio che mentre una parte del coro cantava queste quattro note “ut, re, si, ut”, l’altra parte cantava al medesimo tempo “ut, re, re, ut”21. […] E ciò che dovrebbe recare stupore (se pur v’ha qualche cosa che debba recarlo a chi conosce la natura dell’uomo, e la debolezza inconcepibile delle sue facoltà) si è che cotali stravaganti follie sembravano agli occhi di quella gente tanto conformi allo spirito del cristianesimo che chiunque osava vituperarle, era tenuto eretico e degno di scomunica. […] Però il Pontefice Marcello Secondo avrebbe scacciata vergognosamente dai templi la musica come cosa profana, se il celebre Luigi Palestrini trattenuta non avesse l’imminente proscrizione, componendo la sua Messa, ove si vede adombrata la decenza e maestà che conviensi ad una musica sacra. […] Lascio giudicare a chi è qualche cosa di più ch’erudito se questo mio sentimento debba chiamarsi una profanazione del sacro nome della filosofia, e non piuttosto una proposizione verissima appoggiata sulla cognizione dell’uomo, sulla lettura riflessa della storia, e sulla quotidiana esperienza. […] [NdA] Siccome potrebbe credersi da tal’uno, ch’io volessi fìngere rapportando cosa cotanto spropositata, così mi sembra opportuno l’addurre le parole originali: «Ang.: Père Eternel, vous avez tort,             Et devriez avoir vergogne:             Votre fils bien-aimé est mort,             Et vous dormez comme un ivrogne.

149. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

indegna cosa! […] Ma bada bene; non v’è cosa più mostruosa che in certe circostanze il cuore umano non possa esser tentato ad approvare”. […] La gioventù ed una passione eccessiva possono eccitare qualche pietà per un delinquente, là dove nell’altro niuna cosa scema l’orrore di una atrocità abbominevole conceputa a sangue freddo per un motivo vilissimo. […] Che connessione ha l’una cosa coll’ altra? […] Per accennar qualche cosa della musica stromentale di quel paese, diciamo che sino al regno di Riccardo Cuor di leone era pressocchè selvaggia.

150. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 749-750

Fu sua l’idea di far andare il Goldoni a Parigi, dopo il successo del Figlio d’Arlecchino perduto e ritrovato, per rinsanguare la povera commedia italiana che dava i segni manifesti della sua prossima fine di anemia ; e n’ ebbe infatti incarico ufficiale da' Gentiluomini di Corte, e trattò la cosa in tal modo, che il poeta veneziano già ammiratore e conoscitore dei di lui pregi, lasciata la sua cara patria, ov' era accarezzato, festeggiato, applaudito, se n’andò il '62 alla gran capitale.

151. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XI. Se il Ch. Poeta Cesareo Metastasio imitò, o poteva imitare le Opere di Pietro Calderèn de la Barca. » pp. 140-148

Un Letterato Spagnuolo mio amico anni sono mi diceva in Madrid, che Metastasio avea imitato alcuna cosa di Calderòn. […] In queste che cosa avrebbe potuto imitare il nostro Poeta?

152. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO II. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 80-124

Egli stesso in tal caso parrà in certo modo conquistato dal popolo vinto; la qual cosa avvenne in fatti agli ultimi Tartari conquistatori della China, i quali ritenendo la polizia, la legislazione e i costumi del paese, diventarono i primi Cinesi. […] La giudicatura cadde nelle mani di uomini senza lettere, i quali non di rado venivano dalle parti astretti a provar coll’armi la propria integrità e la giustizia della sentenza profferita, per la qual cosa in essi richiede vasi più forza di corpo che di mente. […] Presso i Francesi ed i Germani era ben rara cosa il sapere scrivere sino al XIII e XIV secolo; gli atti si attestavano con testimoni, ed appena sotto Carlo VII in Francia nel 1454, si raccolsero in iscritto le costumanze francesi. […] Ma sino al principio del XIII secolo fra tante poesie nella Piccardìa, nella Provenza, nella Sicilia e nella Toscana, non si rinviene cosa veruna appartente al teatro. […] Pretese il Bumaldi che Fabrizio da Bologna nel 1250 componesse volgari tragedie, ma ciò affermò, perchè nel libro di Dante della Volgare Eloquenza Fabrizio è chiamato poeta di stile tragico , la qual cosa, come ognun sa, in Dante significa stile sublime, nè indica che fosse autore di tragediea.

153. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo II. Teatro Spagnuolo, Inglese, e Alemano nel medesimo Secolo XVII. » pp. 276-290

Senza dubbio questo poeta mostrò a prova di non conoscer veruna delle regole, le quali é più difficil cosa ignorare che sapere: non separò li tragico dal comico: dove elevò lo stile, si perdé nel lirico, e per lo più stravagante: abbellì i vizi, e diede un aspetto di virtù alle debolezze: se alcun componimento di mal esempio, qual é il Galàn sin Dama: molti ne scrisse estremamente spropositati, come il Purgatorio de San Patricio, e ’l Joseph de las Mugeres, e altri: cadde in mille errori di mitologia, di storia, di geografia: non vide gl’inconvenienti inevitabili nella rappresentazione de’ suoi autos sacramentales, ne’ quali si espongono i misteri della religione non rare volte con interpretazioni e allegorie fantastiche e con giochetti puerili sulle parole, e sempre con buffonate de’ personaggi ridicoli182. […] Era cosa comune a’ tempi di Calderone, che un cavaliere prendesse di notte il mantello, la spada e ’l pugnale, e andasse in ronda corteggiando in istrada le finestre della casa della sua dama, e si battesse per nulla con chi passava. […] Per la qual cosa non pochi giudiziosi scrittori nazionali si lusingarono di arrecar l’inondazione colle loro letterarie querele.

154. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

Ma bisognerebbe prima di ogni altra cosa far loro intendere che cosa importasse appo gli antichi orchestra, timele, melopen, tibie uguali, disuguali, destre, sinistre, serrane, e modo Frigio, Ipofrigio, Lidio, delle quali cose è forza che essi non abbiano mai avuta veruna idea. […] Or che cosa fecesi in tal secolo dagli oltramontani?

155. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « A CHI AMA LA POESIA RAPPRESENTATIVA. » pp. -

Noi siamo persuasi più dall’esempio di tanti e tanti veri filosofi e grand’uomini che ne ragionano con sommo vantaggio 5 che dagli schiamazzi delle cicale letterarie che declamano contro di essa senza aver mai saputo che cosa è l’ uomo, che società, e che coltura generale delle nazioni. […] Bettinelli come vocabolo inusitato fra’ Toscani; ma io il feci senza pentirmene, perchè quell’istantaneo girare su di un piede che fa il ballerino, è così detto in Francia cui tanto debbe la danza moderna, e s’intende in Italia, dove la cosa è trasportata senza che abbiavi sinora un vocabolo patrio equivalente. […] Gli aveano pur mostrato la stessa cosa con un libro intero i Veneziani nel 1758.

156. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

Poetare e cantare pei Greci erano una sola e medesima cosa. […] A conoscer poi quando la natura abbia forza per se sola a produrlo, basta osservare se i tratti che si mostrano in lei fissano tutta l’attenzione del nostro spirito in maniera che dopo averla veduta, e dopo ch’ella ha parlato, la nostra curiosità e il nostro desiderio richieggano ancora qualche cosa di più, oppure rimangano appieno soddisfatti. […] La qual cosa non altronde deriva se non da ciò che il canto drammatico colle sue stranezze e inverosimiglianze sfigura in tal modo il senso delle parole, che tolta ogni connessione colla poesia, altro non rappresenta fuorché un quadro arbitrario e in tutto diverso. […] Noi, che vantiamo ragionevolezza, umanità, cultura, morale, dolcezza di costumi con altri siffatti bei paroloni, che formano il pomposo filosofico gergo dei nostro secolo…Noi perché facciamo la medesima cosa? […] Se per la parola pittoresca s’intende l’esprimere tutti quanti i lineamenti dell’oggetto rappresentato, in tal caso non solo la musica, ma niuna fra le belle arti merita questo titolo; giacché non v’h tra loro alcuna che non tralasci o non aggiunga qualche cosa al suo ritratto, altrimenti non sarebbe imitazione ma realtà.

157. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Egli stesso in tal caso parrà in certo modo conquistato dal popolo vinto; la qual cosa avvenne in fatti agli ultimi Tartari conquistatori della China, i quali ritenendo la polizia, la legislazione e i costumi del paese, diventarono i primi Cinesi. […] La giudicatura cadde nelle mani di uomini senza lettere, i quali non di rado venivano dalle parti astretti a pruovar coll’ armi la propria integrità e la giustizia della sentenza profferita, per la qual cosa in essi richiedevasi più forza di corpo che di mente. […] Ma sino al principio del XIII secolo, fra tante poesie nella Piccardia, nella Provenza, nella Sicilia e nella Toscana, non si rinviene cosa veruna appartenente al teatro. […] Pretese il Bumaldi che Fabrizio da Bologna nel 1250 componesse volgari tragedie; ma ciò afferma perchè nel libro di Dante della Volgare Eloquenza Fabrizio è chiamato poeta di stile tragico, la qual cosa ognun sa che in Dante vuol dir sublime, e non già autore di tragedie19. […] Noi adunque che sappiamo quel che seppe il Lampillas, e quel che non seppe ancora (e cel perdonino i Lampigliani), gli facciamo avvertire che quì non si questiona se la Spagna col resto dell’Europa avesse avuto alcun codice di leggi, no; ma sì bene, se queste fossero state per più secoli in vigore, della qual cosa non si fa motto nel Saggio Apologetico.

158. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO ULTIMO. Conchiusione. » pp. 300-303

Vi sono poi certe farfacce buffonesche che costano poco e fanno talvolta gran romore sulla scena, dalla qual cosa potrebbero gl’ inesperti dedurre una falsa conseguenza (e la deducono in fatti e ne fanno pompa) e fuggir la fatica necessaria per mettersi in istato di scrivere componimenti simili all’Atalia e al Misantropo, perchè non furono questi la prima volta ricevuti favorevolmente dagli spettatori.

159. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 105-106

A. et non zelo di honore come à detto, poichè mentre io ò speso per mantenerlo, esso à consentito a qualunque cosa che io ho, come infame che egli è.

160. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 561-564

Cancellare l’impressione dell’incomparabile artista, non era facil cosa ; e il Taddei su le prime andò poco a verso a' Torinesi, tanto che il Vestri, senza il rapido avanzar del male, avrebbe ripreso il suo posto.

161. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209

Fu stampata per la prima volta in Venezia nel 1558, e il Domenichi la tradusse in Italiano, spacciandola qual cosa sua. […] Secondariamente si può aggiugnere, che Sulpizio avrà voluto dinotar coll’agere il rappresentar nudamente la tragedia, e col cantare il cantarne con vera musica ciò che va cantato, cioé i cori, qual cosa si direbbe acconciamente con latina proprietà agere et cantare tragoediam senza convertirla in melodramma moderno. […] «La rappresentazione de Menecmi (dice il Tiraboschi) o fosse per la novità della cosa, o per la magnificenza dello spettacolo, riscosse l’ammirazione di tutta l’Italia.»

162. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO II. LIBRO II » pp. 34-49

Che Gneo appartenne alla Campania, è cosa troppo trita; nè questo paese in tempo veruno fece parte della Magna Grecia. Anzi Plauto, nella sua commedia Miles gloriosus at. 2, sc. 2, fa che Palestrione greco personaggio lo chiami poeta barbaro, cioè non greco, ma latino, la qual cosa non avrebbe potuto dire senza sconcio, se Nevio nato fosse nella Magna Grecia.

163. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 969-973

Il ’55 a Vercelli mette su uno spettacolo, I briganti calabresi, pel quale s’ingolfa in un mondo di spese : ma lo spettacolo fa furore, un forte guadagno è assicurato ; ed eccoti l’arena di legno, terminato appena lo spettacolo, tutta in fiamme, ecco ogni cosa letteralmente distrutta. […] La signora Valery mi mandò della biancheria e un abito di lana nera ; la cosa fece chiasso in città ; furono fatte solenni esequie, e baciata un’ultima volta la povera morta, la deposi nella tomba vicino al figlio ed al fratello.

164. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 186-194

Che cosa facesse, o dicesse non so ; e nessuno seppe, e forse non seppe mai nè anch'egli : improvvisa un discorso pazzo, con alzate e abbassamenti di tono di una comicità irresistibile, poi a piccoli salti, a gemiti interrotti, a grida soffocate, fugge, inciampa, va a gambe all’aria, si alza, esce zoppicando, e il pubblico frenetico lo vuole alla ribalta. […] E se egli avesse continuato in quella via, il pubblico avrebbe visto, come la cosa più naturale di questo mondo, la parabola ascendente dell’artista generico per eccellenza, assistendo con soddisfazione al tramutarsi di Marecat in Shylock, di Francesco I in Amleto, di Mario Amari in Otello.

165. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 877-878

Della qual cosa egli e alcuni di compagnia (Gabrielli – Pantalone, Milanta – Dottore, Marchi – (?)

166. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1024-1026

È facile comprendere come il Giovan Maria e compagni nè si limitassero a’salti, nè al recitar commedie ; ma l’una e l’altra cosa legassero assieme, in modo da farne una sola….

167. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — Mantoua li 16 Dicembre 1678. » pp. 127-128

Io in tempo della sua malatia ho impegnato ogni cosa dell mio, et adesso per la prigionia l’ ho uenduto è non so più come mi fare, à mantenerlo la dentro, onde lascio considerare alla prudenza di V.

168. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 386-389

: Maggior beltà di Delia, io non scorgea, nè di lei rimirai cosa più eletta, m’era dolce il penar, cara e diletta l’amorosa prigion la pania avea.

169. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157

Ed ora esaminiamo un po’ la cosa, poichè un po’ di bujo è intorno specialmente a Cintio, l’ innamorato della Cecchini, cagione di tanto intrico, di tante invidie, di tanti risentimenti !!! […] In genere le poesie non sono la più bella cosa di questo mondo : meschinissimi poi i sei sonetti probabilmente improvvisati sulle rime dell’ addio detto l’ultima sera dalla Virginia a un banchetto dato agli artisti dopo la recita a Vicenza. […] Arlecchino non è informato di ciò facendo vita fuori del grembo dei compagni, et essendo sempre stato in casa del signor Ambasciatore e poi lui fuori de’ suoi interessi non capisce altra cosa. […]  » E la cosa mi par chiara !

170. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

Non basta che il danzatore faccia dei gesti e delle attitudini, bisogna che i gesti abbiano un senso e le attitudini un significato, il quale, essendo dagli spettatori facilmente compreso, faccia loro nascer tosto in mente l’immagine della cosa che vuolsi rappresentare. […] Se sarebbe cosa sconcia e ridicola in un oratore dopo aver diviso in tre punti la sua orazione, il mettersi a ballare ad ognuno dei punti frapponendo dei lunghi intervalli alla continuazione delle sue pruove, perché dovremo pensare altrimenti di cotesto stravagantissimo ballo che viene appunto a far lo stesso nel melodramma? […] Questi mostri erano la più bizzarra cosa del mondo; ma non si può dir a chi non gli ha visti, com erano. […] Ma la necessità d’un sì meschino ripiego che spesso è insufficiente a capir l’orditura, e che sempre ne distrae l’attenzione dello spettatore dividendola fra lo spettacolo e il libro, non pruova ella più d’ogni altra cosa che i balli sono altrettanti enimmi, i quali hanno bisogno di commento e d’interprete? […] S’attenda al piede che va ora pigliando in Italia, e se v’ha qualcheduno che assistito si creda da profetico spirito, mi dica di grazia cosa debba aspettarsi o temersi dalla sua pericolosa influenza.

171. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

che cosa dolorosa ascolto! […] Ma Rapin dovea dimostrare prima di ogni altra cosa, che ne’ tempi della cavalleria non potevano regnare nel cuore umano passioni grandi atte a destar terrore o compassione. […] Nè l’una nè l’altra cosa è vera. […] Ora (egli dice) che il signor conte Pomponio Torelli vi ha fatta la strada collo stampare la Merope; la qual cosa confermò nelle lettere seguenti 19. e 20. […] E come non seppero essi che cosa fossero le tragedie greche?

172. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VII. Opera musicale nazionale ed italiana. » pp. 195-212

Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi, e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo; che si trova in quest’atto secondo uguale ignoranza delle favole, ed invenzioni Omeriche, e degli antichi tragici; che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia; ignorando che la sacrificata figlia di Agamennone per miracolo di Diana ignoto a’ Greci si trova viva trasportata nel tempio della Tauride; che l’istessa Briseida la prega di volersi intenerire, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas; colle quali parole attribuisce al ferro che non è rovente, le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare; che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni, los pajaros parleros sean mudos testigos  che lo stesso Achille dice di avere appreso da Ulisse â despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa dimostra di possedere uno spirito profetico, perchè Ulisse si seppe preservare dalle sirene dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja; che l’istesso Achille pure profeticamente indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma del La Cruz niuno glie l’ha detto; che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo; in fine che La Cruz dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso, cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille?

173. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 281-290

Ma se tu prendi a paragonarle cogli originali Greci, da cui furono tratte, e ogni cosa di seguito e diligentemente tra lor confronti, cominciano le Latine pur troppo a cader di pregio e a svanire al paragone, così sono esse oscurate dalle commedie Greche cui in vano cercano di emulare“. […] Non è cosa rara, nè strana, il sentire oggigiorno più che mai così rid colose scempiaggini in Parigi, ove fra tante arti e scienze siede e trionfa coll’ ignoranza, presunzione e vanità, la ciarlataneria letteraria.

174. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

che cosa dolorosa ascolto! […] Ma Rapin dovea dimostrare prima di ogni altra cosa, che ne’ tempi della cavalleria non potevano regnare nel cuore umano passioni grandi atte a destar terrore o compassione. […] Ma come non seppero essi che cosa fossero le greche tragedie? […] Qual nuova cosa ci ha rivelato la singolare erudizione del Signor Mattei? […] Nè l’una nè l’altra cosa è vera.

175. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Vuolsi però osservare che le accennate feste del Testi sono snervate, senza azione e tessute di parti che possono sopprimersi senza che il componimento ne perisca, la qual cosa è la più sicura prova dell’imperfezione di un dramma. […] L’ultimo dramma del Rinuccini s’impresse nel 1608  nè da più diligenti scrittori che del tentativo da lui fatto insieme col Peri, col Corsi e col Caccini hanno favellato, si accenna che si valessero di eunuchi  cosa che certamente non avrebbero omessa a cagione della novità. […] Ella è fornita d’ingegno e di ottimo gusto, capace di discernere la buona dalla cattiva musica, intendendola benissimo ed avendo anche composto alcuna cosa, ond’è che canta con fondamento e sicurezza.

176. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1016-

Non ti lascio sotto silenzio li maccaroni, specialità unica e squisitissima del paese, e nota maccaroni non maccheroni, perchè un tale, che ne assaporava un piatto stupendo, entusiasmato all’ultima forchettata, esclamò : « Ma voi non siete cari, ma…. caroni….  » la qual cosa combina anche con l’etimologia greca Μαχαρ, che vuol dire felice, beato, carissimo ; e non ti taccio che conto pure sopra una mezza dozzina di finocchi, squisitissimi a Napoli quanto i maccaroni, e chiusura inevitabile del pranzo.

177. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 297-298

Questa morte si rende anche più pungente di commozione per la famiglia dell’arte, poichè Libero Pilotto apparteneva alla breve e egregia schiera di quelli attori che alla fortuna e alla dignità della comica cosa pigliano particolare interesse ; egli, con la fede e l’entusiasmo degli ottimi.

178. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

La prima cosa non poteva farsi, perché cangiarsi non potevano gl’inalterabili rapporti messi dalla natura fra i suoni e l’orecchio, e però convenne appigliarsi alla seconda. […] Se v’ha cosa mirabile nelle belle arti questa è il vedere in qual guisa la spiacevolezza medesima delle dissonanze contribuisca all’armonia. […] Ma ben tosto, come porta il pendio naturale dell’umano ingegno e per l’ignoranza dei tempi, la cosa degenerò in abusi grandissimi. […] Così era indifferente per essi qualunque cosa si mettesse sotto le note: prosa o verso, rozzo o gentile tutto era buono, e si giunse per fino a modular a più voci, e cantare il primo capitolo di San Matteo pieno, come sa ognuno, di nomi ebraici. […] [24] Per soddisfar appieno la curiosità del lettore aggiungiamo qualche cosa intorno alla musica, i progressi della quale debbono osservarsi unitamente a quelli della poesia, ove si ragiona del melodramma.

/ 300