Mourgues) est un sentiment fin et délicat, non seulement du beau, mais du gracieux.
Ella ebbe da tal matrimonio sei figli : Giacomo Girolamo Casanova, il noto scrittor di memorie, nato a Venezia il 12 aprile 1725, morto nel Castello a Dux in Boemia il 4 giugno 1798 ; Francesco, il pittor di battaglie, nato a Lisbona, o a Londra il 1727, morto nella Contea di Brühl, presso Vienna, l’ 8 luglio 1805 ; Giovanni Aloise (e non Battista), professore all’Accademia di Belle Arti a Dresda, nato a Venezia il 2 novembre 1728, morto a Dresda l’ 8 dicembre 1795 ; Una figlia, morta bambina ; Maria Maddalena Augusta (Antonia ?)
Vaccaro Matonti scriveva : ……all’ effetto ed al successo gran parte vi ha tenuta Monti, del quale artista sarebbe ingiustizia non promulgare soprattutto il suo ardente zelo nelle parti che esprimono affetti e sentimenti di forte esaltamento ; egli non simula per arte il carattere che sostiene, ma se ne infiamma tanto che va a discapito della propria salute : bel sacrifizio in vero che egli tributa all’ arte sua, e per la quale si fa tanto pregiare ed amare da tutti.
Avea lo sguardo profondo, espressivo, sereno e soave a un tempo, intelligentissimo ; un complesso di fisionomia che avea qualcosa delle Madonne del Murillo e del Dolce, che facea ricordare le più belle incarnazioni dell’arte bizantina, e che, tutto ben considerato, somigliava un’educanda uscita fresca fresca dai nostri Collegi-Convitti delle monache.
Ma poco appresso, un incendio fe' dileguar d’un subito il bel sogno a mala pena tradotto in fatto, e ridusse il pover'uomo sul lastrico.
All’edizione delle sue belle tragedie premise il chiar. […] I caratteri vi sono dipinti con brio e verità, e nelle passioni mediocri che vi si maneggiano, si manifesta in bel modo la ridicolezza che ne risulta. […] Calandro contentissimo pruova a morire e rivivere col bel secreto. […] Con tutto ciò questo conoscimento e questa squisitezza di gusto non l’hanno salvato dalla negligenza de’ posteri; e le di lui belle commedie non si leggono come se scritte fossero nell’idioma Tibetano. […] Veramente una nazione che fece risorgere in Europa tutte le belle arti e le scienze, il gusto, la politezza e la libertà stessa, meritava un poco più di diligenza da questo scrittore.
Eschilo nello stesso argomento gliene avea ben dato un bel l’esempio. […] Si apre sì bel componimento con uno spettacolo curioso e compassionevole. […] In quest’atto si trova il bel passo ammirato e citato da Longino che il Giustiniani ha così tradotto nella sua vivace elegante versione del l’Edipo: O nozze, o nozze Voi me quì generaste, e generate Poscia, o sceleratezza!
Ad onta della grazia de’ caratteri, della felice arditezza dell’idea, dell’eleganza e purezza dello stile, questo bel componimento non piacque la prima volta che si rappresentò; e Moliere scaltramente si avvisò di accompagnarlo colla farsa piacevole del Medico a forza; e con tal mezzo il Misantropo si riprodusse e piacque. […] Moliere la rimise cul teatro l’anno 1667, ma gridarono gl’ippocriti, e la commedia assai bene accolta dal pubblico fu di bel nuovo proibita. […] Bel regno!
[3] Bel panegirico proemiale, che sotto l’apparenza di encomio nasconde una positiva e reale intenzione di screditar l’opera! […] Gli esempi che ho recato in mezzo (e de’ quali secondo il costume non fa parola l’estrattista, quantunque gli aprissero un bel campo di farsi onore difendendoli) non sono cavati dalla ciurma, ma dalle opere di compositori stimabili. […] [87] «Nei tre seguenti capitoli, cioè nel terzo, quarto, e quinto, che compiscono questo secondo tomo, grazie al cielo non vi sono tante opinioni che ci facciano dubitare di loro certezza, ma anzi vi sono tante belle verità, specialmente sopra l’infame usanza dell’evirazione, e sopra molte altre cose, che ci uniamo ben volentieri alle giuste idee del N. […] Nulladimeno il giornalista accusa di “false”, e d’“inconcludenti” le mie riflessioni intorno ai compositori, e trova poi “tante belle verità” nel capitolo dove si parla dei cantanti. […] Se venisse di fresco un’altra colonia di Spagnuoli in Italia, l’attaccherebbe di bel nuovo intrepido come Orazio al Ponte.
Che bel sentire, per esempio, il seguente vezzosissimo soliloquio che fa Sifone nell’Ercole in Tebe: «Go-go-go-gobo a me? […] Nella Ipermestra del Moniglia la castissima sposa, apostrofando alle labbra dello sposo, dice in piena udienza: «Belle porpore vezzose Onde Amore i labbri inostra Pur son vostra: Di rubini almo tesoro, Mio ristoro, idolo mio, E che più bramar degg’io?» […] [NdA] La parola sventurato cade solo sulle belle lettere, e non sulle scienze, giacché chi scrive si dichiara intieramente seguace della opinione del Cocchi nel suo Discorso sopra Asclepiade, del Tiraboschi nell’ottavo tomo della sua storia, e del celebre Signor Carlo Denina nel 4 tomo delle Rivoluzioni d’Italia, i quali antepongono con ogni ragione il secolo del seicento a tutti gli antecedenti nelle discipline profonde, e veramente utili. […] Questa osservazione non si stende ai geni superiori nelle belle lettere, o nelle arti, essendo verissimo che un Michelagnolo, un Raffaello, un Ariosto e un Tasso bastano ad illustrar un secolo e una nazione al paro de’ più gran filosofi: né la Francia per esempio va meno superba per aver prodotto Corneille, o Moliere di quello che vada per aver avuto Mallebranche o Cartesio, come più hanno contribuito a propagar presso ai posteri la gloria della Grecia i poemi d’Omero che i libri d’Aristotile o le oziose metafìsiche dispute fra i discepoli d’Epicuro, e quei di Zenone.
VII.) sono «belle sole e pretti sogni di Giove».
Nelle Cene di Ateneo leggesi un bel passo di Alesside, in cui si esprime il lusso de’ Sibariti, de’ Siciliani e de’ Tarentini.
Quanto è bella la reliquia che ora voglio fargli fare la bustina, quanto cara la corona con quel bel Cristino e quella medaglietta ; il pezzetto di cera e la candelina mi saranno utili nei temporali, che Iddio ci guardi ; insomma che tu sii benedetta per sempre.
Il numero delle sue vocali è uguale a quello delle più belle lingue del mondo la greca, e la latina, e sebbene non le adegui nel numero de’ suoni adoperati nel profferirle, tuttavia è assai ricca anche in questi, distinguendo molto bene il suono che corrisponde all’“a” semplice, da quello che corrisponde all’“a” con aspirazione, l’“i” breve dall’“j” disteso, l’“e” e l’“o” aperto, ch’equivalgono all’eta, all’omega de’ Greci dall’“e”, ed “o” chiuso, che rassomigliano all’“e” breve, e all’omicron. né minore si è la varietà di proferire le lettere consonanti, poiché, secondo le osservazioni del Buonmattei 11, da venti soli caratteri che s’annoverano nel toscano alfabeto, si ricavano nella pronunzia più di trentaquattro elementi. […] Non sò s’altra favella vi sia nella Europa, ove possano farsi otto versi paragonabili nella mollezza a questi del Tasso: «Tentri sdegni, placide, e tranquille Ripulse, cari vezzi, e liete paci, Sorrisi, parolette, e dolci stille Di pianto, e sospir tronchi, e molli baci: Fuse tai cose tutte, e poscia unille, Ed al fuoco temprò di lente faci, E ne formò quel sì mirabil cinto Ond’ella avea il bel fianco succinto». […] Ma dico bensì che la lingua che avrà il vantaggio della trasposizione farà in uguali circostanze progressi più sensibili nelle belle arti ora per la facilità maggiore d’accomodar le parole al sentimento, onde nasce l’evidenza dello stile: ora per la maggior attitudine a dipignere cagionata dal diverso giro, che può darsi alla frase, e dalla varietà, che da esso ne risulta, onde si sfugge la monotonia, e il troppo regolare andamento; ora schivando la cacofonia nel rincontro sgradevole delle vocali, o l’asprezza in quello delle consonanti inevitabili spesse fiate nelle lingue, che hanno sintassi sempre uniforme: ora questo medesimo accozzamento a bello studio cercando, come lo richiede la sostenutezza e gravità dell’oggetto: ora facendo opportuna scelta di quei suoni, che più alla mimetica armonia convengono: ora per la sospensione, che fa nascer nello spirito lo sviluppo successivo d’un pensiero, di cui non si sa il risultato sino alla fine del periodo. […] Le donne inoltre, dalle quali ogni civile socievolezza dipende, avendo per cagioni che non sono di questo luogo acquistata una influenza su i moderni costumi che mai non ebbero appresso gli antichi, giovarono al medesimo fine eziandio ora per l’agio, e morbidezza di vivere, che ispira il loro commercio, onde s’addolcì la guerresca ferocia di que’ secoli barbari: ora per l’innato piacere che le trasporta verso gli oggetti che parlano alla immaginazione ed al cuore: ora per lo studio di molte posto nelle belle lettere, e nelle arti più gentili, dal che nacque il desiderio d’imitarle ne’ letterati avidi di procacciarsi con questo mezzo la loro grazia, o la loro protezione, massimamente nel Cinquecento, secolo illustre quanto fosse altro mai per le donne italiane: ora per le fiamme che svegliano esse nei petti degli uomini, onde questi rivolgonsi poi a cantare la bellezza, e gli amori, piegando alla soavità lo stile, e la poesia.
Perciò gli antichi, i quali sapevano più oltre di noi nella cognizione dell’uomo, stimarono esser la favola tanto necessaria alla poesia quanto l’anima al corpo, all’opposito d’alcuni moderni che, volendo tutte le belle arti al preteso vero d’una certa loro astratta filosofia ridurre, mostrano di non intendersi molto né dell’una né dell’altra65. […] Quindi per la ragion de’ contrari non men valevole nelle cose morali che nelle fisiche, nacque la custodia più gelosa di loro, e il combatter per esse, e il ritorle dai rapitori, e il farsi molti un punto d’onore cavalleresco nel diffenderle, sì per quell’intimo sentimento che ci porta a proteggere la debole ed oppressa innocenza, come per acquistarsi maggiormente grazia nel cuor delle belle riconquistate: grazia che tanto più dovea esser cara quanto più ritrosa e difficile, e quanto più erano consapevoli a se medesimi d’aversela meritata. […] Perciò insiem coi palazzi e le selve incantate, colle anella, le armi, e le verghe fatate, cogli endriaghi, e gl’ippogrifi dotati d’intelligenza, coi giganti, nani, damigelle, e scudieri a servigio delle belle o in loro custodia, cogl’incantatori, le fate, e i demoni or favorevoli or nemici, vi si leggono fellonie de’ malandrini severamente punite, provincie liberate dai tiranni e dai mostri, cortesie, e prodezze impareggiabili de’ paladini, pudor seducente nelle donne e costanza congiunta a dilicatezza inesprimibile, e tali altre cose, le quali schierate innanzi agli occhi d’un tranquillo filosofo, e paragonate con quelle d’altri tempi, lo conducono alla cognizione generale dell’uomo, e a disingannarsi della vana e ridicola preferenza che gli interessati scrittori danno ai costumi delle nazioni e de’ secoli che essi chiamano illuminati, sopra quei delle nazioni e de’ secoli che chiamano barbari66, [15] Alle accennate cause della propagazion delle favole debbe a mio giudizio aggiugnersi un’altra.
Tel que ce dieu qu’adore la jeunesse, plus ancien que le monde il brave la vieillesse, il est toujours le plus beau des enfans. […] La lettera diciottesima, per esempio, nella quale Carlino descrive al papa il suo debutto, e la ventesima, in cui parla della sua celebrità, e dell’esser diventato di moda, tanto che le belle signore davano il nome di Carlino a’ piccoli cani che tenevan sotto ’l braccio, o in tasca, sono veramente belle.
Diasi agli eccellenti comici Francesi venuti dopo di lui il bel vanto di essersi segnalati ogregiamente nella bella commedia che dipigne i caratteri correnti; ma si riserbi al Porta il trionfo nella commedia di viluppo. […] Adunque anche in un tempo di decadenza nelle belle lettere debbono distinguersi le additate commedie erudite da ciò che in seguito si scrisse in Italia col disegno di piacere alla plebe ed esse debbono tanto più pregiarsi quanto più si vide il secolo trasportato dallo spettacolo più seducente dell’Opera in musica.
Sangaride gentil, de’ giorni tuoi Il più bel giorno è questo. […] Lieti vivete; i voti miei fur questi, Così bel nodo i strinsi, i vostri amori Io secondai . .
Ecco, a te intorno un dolce alito spira Che il bel volto accarezza, E l’alma nostra in fremiti d’ebbrezza Te, o divina, sospira ! […] Quando in estate, nei mesi di riposo, può con una maglietta nera, coi calzoni rimboccati, colle braccia nude e un berrettuccio in testa, infilare il bracciale da pallone, o inforcar la bicicletta, o guidar l’automobile fuor delle mura di Bologna, presso la sua cara villetta, o in riva al gran mare, egli è a nozze ; e un bel sorriso sano gli risiede sulla bocca, spianando tutte le rughe degli Osvaldi, dei Corradi, degli Otelli….
[1] Abbiamo finora osservati i fondamenti del brillante edifizio che potrebbero le belle arti inalzare al piacere non meno che alla gloria d’una nazione. […] Dissi a bella posta “con la verità ed evidenza compatibile coi principi dell’arte sua” affine di prevenir il sofisma di coloro che indicate vorrebbero nella imitazione delle belle arti tutte quante le particolari circostanze del vero, senza riflettere che l’oggetto di quelle non è la semplice natura ma la bella natura, e che l’arbitraria non meno che stitica teoria di quei pretesi filosofanti sbandirebbe ogni piacere ed ogni decenza dal teatro, facendo apparire in un ballo per esempio di villani o di marinari avvolti i danzatori fra le squallide vesti, coi muovimenti scompassati e colle maniere rozze ed improprie, che realmente in simili personaggi s’osservano. […] [15] L’unione delle belle arti e il fratellevole combaciamento che hanno insieme la danza, la poesia e la musica esigerebbe forse l’applicazione del ballo nella prima maniera, e così è fama che facessero gli antichi, appo i quali le intiere azioni tragiche o comiche si cantavano, si suonavano, e si ballavano nel medesimo tempo da un solo ed unico attore. […] Diamone anche un qualche saggio di esse rimettendo coloro che più oltre cercassero alla storia della danza del Cahusac e al bel trattato de’ balletti del gesuita Menestrier. […] Ecco le belle parole che mi danno l’arte e gli artefici.
Ma la sana critica non lascia di desiderare nel bel componimento francese qualche altra perfezione. […] Se queste riflessioni imparziali parranno ben fondate, veggano certi eleganti ma ciechi panegiristi de’ drammatici francesi qual vantaggio essi rechino alle belle arti e alla gioventù col coprir di fiori i loro difetti. […] In sì bel contrasto de’ costumi Americani ed Europei l’autore si prefisse il più bel fine a cui siesi elevata la tragedia, cioè mostrare quanto la forza della virtù della religione Cristiana che consiste nel perdonare ed amare l’inimico, sovrasti a tutte le virtù del gentilesimo. […] È pur questo un bel modo di comporre tragedie nazionali sulla storia, valersi di un nome illustre per denigrarlo, e per vestirne un figlio infame del capo del Belloy! […] Contarini dice, io gli farò svanire; venite nel bel mezzo della notte nell’antica cappella del mio palazzo; riceverete coll’usata sacra cerimonia Bianca dalle mani di suo padre.
Giacomo Torelli ed altri cinque cavalieri di Fano vollero supplire alla spesa di un teatro nella patria e su i disegni dello stesso Torelli verso il 1670 fecero costruire il bel teatro di quella città.
Non so se quindi solo derivi quella spezie di decadenza che osservasi nelle belle arti; ma sembra che ora si abbondi meno in grandi artisti che in calcolatori, sofisti, falsi letterati, e gazzettieri.
18 Da l’arte intanto, a cui compagna andava La dispregiata povertà, fuggia Chi, l’anima temprata a bel sentire, Onorar la poteva ; e fior tra bronchi Si rimase l’egregio.
Sotto le belle vesti di Rosane, nell’anticamera della tragedia, Adriana non ismentisce un solo istante la sua naturalezza di giovine attrice spigliata, allegra, carezzevole, a cui l’amore ha fatto sempre buon sangue e buona cera.
E le tre che gh' avè ancora : un bel marido per non star sola, boni fioi che ve consola, e bona borsa per star molto a tola.
Non so se quindi derivi quella spezie di decadenza che si osserva nelle belle arti; ma egli é manifesto, che oggi abbondano più i pretesi calcolatori, i pseudoletterati, i sofisti, i gazzettieri, che i grandi artisti263. […] L’istesso é già principiato ad avvenire a’ sedicenti filosofi francesi della nostra età, uomini per lo più di poco ingegno, di cuore freddo e di gusto depravato, che col loro pretesto spirito filosofico, e con quella loro ventosa loquacità, «quae animos juvenum ad magna surgentes (come disse Petronio) veluti pestilentiali quodam sidere afflavit» tarpano le ali alla fantasia, mettono a soqquadro le belle arti, e deprimono i gran modelli; uomini (parlo sempre per sineddoche) scostumati e sciaurati, nemici della ragione e della verità; uomini mezzanamente instruiti e superlativamente fanatici che per mostrare la loro esistenza, cospirano a distrugger tutto, e alla soddisfazione interna di essere ragionevoli antipongono la vanità di comparire straordinari e spiritosi alla moda; uomini anche in mezzo al loro vantato scetticismo dogmaticamente decisivi che presumono di essere i precettori del genere umano, e che vorrebbero a lor talento governare il mondo; uomini perversamente pensanti che disonorano il cristianesimo, la patria, l’umanità e la filosofìa tutto a un tratto; uomini solidamente audaci e feroci che quando possono scoccare qualche velenoso strale contro l’Italia, la religione, il sacerdozio e ’l principato, se la godono e trionfano e si ringalluzzano; uomini fieramente superbi e boriosi che quando veggonsi tassati nelle loro stravaganze e bestemmie, arruffano il ceffo con rabbia cagnesca, s’inferociscono, s’inviperiscono, s’imbestialiscono; uomini naturalmente maligni e astiosi che con cinica declamazione calunniano alla dirotta, sapendo che il volgo e i più, non la verità, ma l’opinione risguardano; uomini in somma che sono un composto d’ignoranza, di presunzione, di orgoglio, d’impostura, di malvagità, di demenza, e di suprema temerità, e a’ quali può anche a buona equità appropriarsi tutto ciò che il dottor del Genti nelle due epistole a’ romani e agli efesi scrisse de’ filosofi idolatri.
Ottimamente ad altro proposito cantò Pope nel IV canto del suo Saggio di Critica, secondo il volgarizzamento di Gasparo Gozzi: Sotto un colpo istesso Roma cadeo con le belle arti insieme. […] le Beau pubblicato in Parigi l’anno 1777.
E se per queste cose nel pubblicarsi le pastorali per onorare i maestri vi si pose fece la musica, ciò benissimo conviene al nominato lavoro, senza che le abbiano interamente coperte di note, il che non si rileva da monumento veruno; e così le pastorali assai impropriamente si chiameranno, come si chiamarono nel bel trattato dell’Opera in musica del cavaliere Antonio Planelli, opere teatrali. […] Ella piagne, ella si percuote il bel petto, ella si lascia cadere sul giacente corpo, e giunge viso a viso e bocca a bocca, ella l’inaffia del suo pianto. […] L’Aminte du Tasse eut le succès qu’elle mèritait, et le Pastor fido un succès encore plus grand: toute l’Europe savait et sait encor par coeur ceñt morceau dis Pastor fido; ils passeront à la derniere posteritè; il n’y a de veritablement beau, que ce que toutes les nations reconnoissent pour tel.
E se per queste cose nel pubblicarsi le pastorali, per onorare i maestri vi si pose fece la musica, ciò benissimo conviene al nominato lavoro, senza che le abbiano interamente notate, il che non si rileva da monumento veruno; e così le pastorali assai impropriamente si chiameranno, come si chiamarono nel bel trattato dell’Opera in musica del Cav. […] Ella piagne, ella si percuote il bel petto, ella si lascia cadere sul giacente corpo, e giunge viso a viso e bocca a bocca, ella l’innaffia del suo pianto. […] L’Aminte du Tasse eut le succès qu’elle méritait, & le Pastor fido un succès encore plus grand: toute l’Europe savait & sait encor par coeur cent morceaux du Pastor fido; ils passeront à la derniere posterité; il n’y a de véritablement beau, que ce que toutes les nations reconnaissent pour tel.
Bettinelli nella Nota VII dell’Entusiasmo delle belle Arti tom.
Le sue belle chiome bionde supplivano a qualche difetto del viso.
Una settimana di corteggio e una bagattella bastano in oggi per meritare l’attenzione delle belle: ci voleva in allora la metà della vita, gli errori d’Ulisse e le dodici fatiche d’Ercole. […] Quando da sì bel fonte Derivano gli affetti Vi son gli eroi soggetti, Amano i numi ancor.» […] «Mio cor, tu prendi a scherno E folgori, e procelle, E poi due luci belle Ti fanno palpitar. […] Qual son io tu sei costante, E conservi il bel costume D’esser fido a i lauri ancor.» […] Se, come dice Boeleau, in un verso che vale un tesoro, «Rien n’est Beau que le Vrai, le Vrai seul est aimable» qual permanenza di gloria attendono quelle composizioni dove il vero non ha luogo, e dove le circostanze, distruggendosi vicendevolmente, palesano ad evidenza la falsità?
I caratteri vi sono dipinti con brio e verità, e nelle passioni mediocri che vi si maneggiano si manifesta in bel modo la ridicolezza che ne risulta. […] Calandro contentissimo pruova a morire e rivivere col bel segreto. […] Con tutto ciò questo conoscimento e questa squisitezza di gusto non l’hanno salvato dalla negligenza de’ posteri; e le di lui belle commedie non si leggono come se scritte fossero nel linguaggio Tibetano. […] Agnolo Firenzuola cittadino fiorentino abate Vallombrosano e letterato che si distinse in più di un genere, e visse sotto Clemente VII e Paolo III, e morì in Roma poco prima del 1548, scrisse in prosa due belle commedie, i Lucidi impressa da’ Giunti di Firenze nel 1549, e la Trinuzia uscita alla luce nel 1551. […] Veramente una nazione, che fece risorgere in Europa tutte le belle arti e le scienze, il gusto, la politezza e la libertà stessa (come è provato) meritava un poco più di diligenza in quell’erudito maestro di Poetica Francese.
Simile sarebbe di Montezuma, sì per la grandezza, come per la stranezza e novità dell’azione; dove fariano un bel contrasto i costumi messicani e gli spagnuoli vedutisi per la prima volta insieme, e verrebbesi a dispiegare quanto in ogni maniera di cose avea di magnifico e peregrino l’America in contrapposto dell’Europa 42.
È noto altresì che lo stesso Moliere non vide mai così pieno il proprio teatro come ne’ quattro mesi che Scaramuccia abbandonò Parigi l’anno 1662 per venire in Napoli a vedere i suoi parenti e che al di lui ritorno i Parigini accorsero di bel nuovo alla Commedia Italiana, ed in tutto il mese di novembre non si curarono de’ capi d’opera che produceva Moliere.
Un bel giorno, eravamo a Sanpierdarena, ella venne e dichiarò che mi voleva seco, non potendo più vivere senza di me.
Se in ogni tempo vi sono stati degli amanti che hanno divinizzate le loro belle, anche in ogni tempo vi sono stati degli spiriti forti che hanno bestemmiato contro alla loro divinità. […] Cresciuta la lingua italiana, crebbe parimenti l’usanza d’accoppiar qualche volta la musica alla poesia per quel segreto vincolo, che l’una all’altre tutte le belle Arti avvicina. […] Tommaso della Vittoria nativo d’Avila illustrò anch’egli moltissimo la musica italiana non solo con opere assai pregiate a’ suoi tempi, le quali furono stampate in Roma l’anno 1585, ma con belle composizioni di pratica, per cui divenne rivale e socio del celebre Palestrina nel riformare e migliorare la musica ecclesiastica. […] Venite a schiera a schiera, Venite: Apollo e Delo Cantando alzate, o belle Ninfe, al Cielo.» […] Orfeo di bel nuovo si fece avanti menando seco Imeneo con una truppa di amorini.
Ciò ne sugerisce un fondato raziocinio sostenuto da antichissime tradizioni, e dalla storia; che che ne abbiano pensato in contrario Ludovico Castelvetro nelle sue Esposizioni alla Poetica di Aristotile, le Battaux nella sua opera le Belle Arti ridotte ad un principio, e l’autore del l’articole Prose nel Dizionario dell’Enciclopedia.
Di questa maschera fanno parimente menzione Polluce, e Boindin in una memoria consegnata all’Accademia delle Belle Lettere di Parigi, e Metastasio nel capitolo V dell’Estratto della Poetica di Aristotile.
Di questa maschera fanno parimente menzione Polluce nell’ Onomastico, e Boindin in una memoria consegnata all’Accademia delle Belle Lettere di Parigi, e Metastasio nel capitolo quinto dell’Estratto della Poet. di Arist.
Dopo così bel passo energico, patetico, vigoroso, Io ascolta le sue future avventure da Prometeo, indi presa dal solito estro precipitosamente sen fugge. […] Si apre sì bel componimento con uno spettacolo curioso e compassionevole. […] Quivi è il bel passo ammirato e citato da Longino, che il Giustiniani ha così tradotto nell’elegante, esatta e vivace sua versione dell’Edipo: . . . . . . . . . . . […] Vatry nelle sue erudite Ricerche sull’origine della tragedia inserite nel tomo XV delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi. […] Le più belle tragedie dell’immortale Racine sono senza dubbio l’Ifigenia e la Fedra, le quali si riconoscono per giudiziose traduzioni o imitazioni di Euripide, di cui pure si è notato essersi dal Francese tralasciate non poche bellezze.
Les hommes et les femmes qui veulent se mettre sur les sièges du parterre ont grand soin de n’y pas porter de beaux habits : l’habitude où l’on est de cracher des loges dans le parterre, et d’y jeter les restes de ce que lion a mangé, rendant ces places très désagréables. […] Mais depuis 30 ans on donne è une belle voix, soit en homme, soit en femme, plus de mille sequins d’or, qui sont douze mille livres de France environ. […] La construction du théâtre est belle et très commode en même temps ; tout le parterre est en amphithéâtre, et le monde y est assis les hommes et les femmes mêlés ensemble, ce qui fait un spectacle très agréable. […] Il y a sur la scène plus de trois cent personnes, et une actrice la baguette à la main les explique aux spectateurs, qui en sont stupéfaits ; on peut dire la vérité, que cela fait un beau spectacle. […] Il peut seulement la peindre en beau, et en grand.
Io credo, Signor Apologista, che non sieno moltissime le ottime Tragedie; e perciò queste medesime parole che Voi degnate onorare incastrandole nel vostro bel Saggio, io indirizzai al P. […] Il male è che Montiano taccia questa prima Tragedia come difettosa, slogata, irregolare, contro le quali imputazioni tutte le belle parole generali dell’Erudito Signor Francesco Zannotti, e del Conte Algarotti, e l’eloquenza Tulliana stessa non mai la scagioneranno. […] Belle, felici, se non nuove, esse sono certamente: ma non conservano nella Drammatica la bellezza che hanno in altri generi: non erat hic locus, dice Orazio.
Per Dotti io intendo certi Nobili personaggi (diversi da i nominati dal Zanotti occupati unicamente in danzare e cavalcare), i quali in molti paesi coltivano con successo e le belle Lettere, e le severe Scienze, e che al punto, che s’inteneriscono con Racine e Metastasio, che si deliziano in Tibullo e Catullo, che si compiacciono di Garcilasso de la Vega e di Errera, del Petrarca e di Torquato, del La-Fontaine, di Tompson, e di Gesner, sanno alle occorrenze maneggiare il Telescopio e il Compasso di proporzione, e parlar talvolta della Cicloide, dell’Iperbole, e della Parabola. […] Anche queste cose credè l’Apologista, che fossero rappresentazioni teatrali strepitose desiderate non meno dalla Plebe, che da’ Cavalieri Romani in vece de’ buoni Drammi; nel che prende ancora un bel granchio. […] Ma egli si sarà ingannato con quel media inter carmina, e avrà creduto, che mentre si rappresentava qualche bel Dramma, ne cercassero un altro spropositato e più strepitoso.
Dunque ha potuto In breve ora un rispetto una violenza Astringerti a disciorre il più bel nodo Fatto per man d’amor, dal tempo stretto! […] Ciò che in Italia nuocono alle belle arti le combriccole de’ semidotti che si collegano contro del merito e degl’ingegni ben coltivati, e le mignatte periodiche e gli scarabbocchiatori di mestiere di ciechi colpi d’occhi e di articoli per giornali venduti, noceva a que’ di nelle Spagne ai progressi teatrali la turba inetta degli apologisti ed i colleghi di quel poetilla La Cruz che tiranneggiava i commedianti nazionali. […] Ma coloro che dal settembre del 1765 sino alla fine del 1783, tempo della mia dimora in Madrid, fornirono di simili tramezzi le patrie scene, non seppero mai dar si bel passo, per le ragioni che soggiungo.
Al tuo bel sen farei Scudo di questo Core: E a costo di mia vita La tua difenderei, Mio dolce amore.» […] Come il gran segreto delle belle arti è quello di presentar gli oggetti in maniera che la fantasia non finisca dove finiscono i sensi, ma che resti pur sempre qualche cosa da immaginare allo spettatore allorché l’occhio più non vede e l’orecchio non sente, così il discostarsi talvolta dalle prospettive che corrono al punto di mezzo, che sono, per così dire, il termine della potenza visiva e della immaginativa, fu lo stesso che aprire una carriera immensa alla immaginazione industriosa e inquieta di coloro che guardano da lontano le scene.
Angelo a Nido in Napoli, e nella Reale di Madrid, trovo soltanto, che mentre Ariosto era per dare alla luce il Furioso, nè avea ancora prodotto le sue belle Satire, ma solo alcuna Commedia che fu intorno al 1498., il Trissino (dice il Giraldi) habet Sophonisbam Tragædiam in manus, cujus quosdam actus nonnumquam ille recitat. […] Bel bello, Signor mio, che Voi fate certi salti più prodigiosi di quello di Alvarado nel Messico.
E per ribatterla vi si accinge; non col mostrare p. e. un bel passo patetico visto e notato da Rapin, in cui si manifestasse fornito di cuore, ma con allegare un sereno sensato ragionamento, in cui Rapin giudiziosamente afferma che lo Spettatore vuole essere commosso. […] La Modestia δωρημα καλλιϛον ϑεῶν, il più bel dono degli Dei, secondo Euripide, mi consiglierebde a non parlar quì de’ nostri Poeti.
Spicca tralle prime il Canuto, benchè dicasi che contenga molte belle scene senza formare una bella tragedia. […] Lo scioglimento è seguito, si è ricuperato il biglietton, se n’è destinato il guadagno, e mentre lo spettatore attende di essere congedato, comparisce nell’ultima scena un nuovo personaggio, un signor Antonio amante di Carolina, e incominciano esami, discussioni, proteste di amore e disinteresse, e tutto così a bell’agio come si farebbe nel bel mezzo della favola.
Tutti (le si oppone) vorranno attaccarsi alle più belle. […] E quì il Comico spiega tutta l’amarezza della satira contro il bel sesso, facendo che Mnesiloco racconti mille e mille furberie donnesche alla giornata praticate. […] Ne sopravviene un altro; ma Strepsiade, in vece di rispondere congruamente, gli domanda, se pensi egli che Giove faccia piovere ognora acqua fresca, o se il Sole attragga a se di bel nuovo l’acqua piovuta? […] Fa quel che fai ora delle tue salcicce; scomponi e rattoppa a tua posta, purchè abbi cura di cattivarti l’animo del popolo, indolcendolo con belle parolette, a somiglianza de’ cuochi. […] E quanto non sofferse dal vastro sdegno il Comico Cratete, che pure profferiva tante e sì belle e urbane sentenze?
E prego te se quinci avrai l’uscita Libera, come spero e come credo (Che in te non han d’incrudelir cagione) Che vogli de l’afflitta illustre donna Aver cura e pietate e quella parte Che manca in me d’ufficioso figlio Con suo vantaggio amicamente adempi Si ch’ella paga al fin di quelle doti, Che maggiori in te splendono e più belle In una pari età, se stessa inganni E in te credendo aver trovato il figlio, De la perdita mia non senta danno.
Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, là dove nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grandi uomini.
L’Imperadore forma coll’ aratro un solco, ed è imitato da’ Regoli e Mandarini, indi monta in sedia per ritornare al real palazzo, ed allora incomincia la gran musica, la quale poi cessa nè si ripiglia se non giunto ch’egli sia presso a un grande altare nell’interiore della reggia, e di bel nuovo assiso che sia nella sala del trono.
Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, che nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grand’uomini.
E ciò che per me si dipinge, e con atti, movenze, congerature con panni ignudi in maestà, in profilo, in iscorcio, adombrati e coloriti con riflessi, con ombre morte ; e se di dieci mila figure le più belle parti scegliessi, quelle so benissimo accompagnare ; il che in pochi si ritrova : e di poi colorire di azzurro, di giallo, di perso, di vermiglio, e più e meno, come richiede lo effetto della figura.
ne per parte di tutti di casa, a misura del suo merito, che ual a dire, colme di ogni bene, la nostra Quadragesima è quasi finita, con pioggie quasi ogni giorno, l’armata di marc già si prepara per andarsene, ne altro si attende che alcuni uascelli Inglesi per far un buon numero, e poi portarsi uerso Genoua è quest’anno si uol sentir belle cose, altro non ò che dirle solo che non mi lasci infrotuoso, accertandola che sempre sarò.
Nè, a detta degli intelligenti, anche nel tempo della sua gran rinomanza, fu mai riguardato come attore di grandi pregi : e ai versi del La Fontaine che si leggon sotto al bel ritratto del De Troy (V. pag. 715), fatti probabilmente ad istanza di lui, il Gacon nel suo Poëte sans fard contrappose i due seguenti epigrammi riferiti dai fratelli Parfait (op. cit.
O generoso popolo d’Antenòr, tu sol tu puoi la tua speme avverar : se tutti i frutti, quali ei si sian, dell’arte mia son opra del tuo favor, se un tal favore è figlio d’ una felice illusïon cortese del tuo bel cor, tu me la serba, e forse tal ti parrò qual mi fingesti.
Il nume la prega a compiacersi di ritardare la venuta del giorno, e la Notte risponde: Voila sans doute un bel emploi Que le grand Jupiter m’apprête. […] Bel bello (replica Mercurio) Madama la Notte, che di voi stessa corre voce che sapete in tanti climi diversi essere la fida conservatrice di mille dilettosi intrighi; ed io credo che in tal materia fra noi due si giostri con armi uguali”. […] Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi ascoltando i consigli suggeriti dal buongusto. […] Notando al nostro solito le scene più belle, ci sembra ottima fralle altre la seconda dell’atto primo di Callicle e Megaronide. […] Somministra il titolo a questa favola un vase o pentola ripiena di oro d’intorno a quattro libbre di peso trovata dal vecchio Euclione, il quale avvezzo alla miseria da tanti anni non sa far uso di quel danajo, e di bel nuovo lo seppellisce.
Alag dunq alla tognuola Un bel caspi de fenoch E seg lag la grattarola Che la possa fa di gnioch Et puo lag a Zan Batochio Me fradel quella bajada Che s’adroua a fa la jada E puo lag a te mamina Un bel bas in la buchina.
Comunque riesca l’uno e l’altro, sempre là dove giunga il nome Spagnuolo, sonerà grande e famoso, e sempre e Russi, e Francesi, e Inglesi, e Alemanni verranno a vagheggiare l’Italia, come la Madre delle Belle Arti, e dell’Ospitalità.
Il Macbeth, il Re Errico IV, Hamlet, e ’l Mercante di Venezia passano per le più belle tragedie di Shakespear.
Lo spirito di apologia nemico della verità e del merito straniero imbratta in più di un luogo varie belle opere.
Les Beaux Arts réduites à un principe Part.
MADRIGALE Flora di Palestina se rappresenti, o vaga, rapisci i cor ; com’ il tuo bel gli appaga ; e tra schiere d’ amanti porti d’ un ciel sereno in faccia i Vanti : ma poi se ’n gonna umil fatta pentita, piangi gli error della passata vita, fai sì ch’ ognun nel tuo dolore immerso il cor riacquista al ciel nel mal sommerso.
Lo scioglimento é fatto, si é ricuperato il biglietto se n’é destinato il guadagno, lo spettatore crede di esser congedato, quando nell’ultima scena comparisce un nuovo personaggio, un signor Antonio, un amante della Carolina, e incominciano esami, discussioni, prosteste d’amore, di disinteresse, o tutto così a bell’agio come si sarebbe nel bel mezzo della commedia256. […] Infatti questo carattere osservasi nelle due sue tragedie, Edoardo III, di cui havvi un estratto nel dianzi citato articolo del giornale straniero, e Riccardo III, e in una applauditissima commedia intitolata I Poeti alla Moda, in cui l’autore cuopre di ridicolo i poetastri troppo bassi e ampollosi, e della quale trovasi un bel sunto nel giornale straniero del mese di luglio 1762. […] IV pag. 86, opere periodiche assai pregiate del signor abate Arnaud, membro illustre sì dell’Accademia Francese, come della stimabilissima Accademia delle Iscrizioni e Belle-Lettere, ed uno dei più fini e dotti critici e conoscitori delle belle arti che abbiasi oggidì l’Europa, non che la Francia.
Le sue disgrazie l’allontanarono di Napoli, e la commedia vi fu di bel nuovo stabilita coll’intermezzo della Canterina colla musica di Niccolò Conforto, coll’ Astuto Balordo posto in musica dal celebre Niccolò Piccini, coll’ Innamorato Balordo posto in musica in gran parte dal Logroscino, e singolarmente colla Furba Burlata fortunatissima commedia la cui musica appartiene per la maggior parte all’insigne Piccini. […] Voltaire parlando della scena 6 del III della Clemenza di Tito e del costui monologo soprallodato diceva: “Queste due scene sono comparabili, se non le superano, alle più belle produzioni di Grecia medesima: sono degne di Cornelio quando non è declamatore, e di Racine quando non è debole”. […] I momenti più favorevoli dell’opera mitologica cessarono tosto, e si ricorse di bel nuovo a i riposti arredi di Zeno e Metastasio, ma essi furono mutilati al pari di coloro che reggono le parti de’ loro protagonisti.
Quindi è, che una melodia semplice commuove universalmente assai più che non faccia un bel componimento poetico. […] Nullameno considerando, che il duetto lavorato a dovere è il capo d’opera della musica imitativa, e che produce sul teatro un effetto grandissimo: riflettendo, che l’agitazion d’animo veemente, che ne’ personaggi si suppone, basta a rendere se non certa almeno possibile la simultanea confusione di parole, e d’accenti in qualche momento d’interesse, la quale possibilità basta a giustificar il poeta nella sua imitazione: ripensando, che lo sbandir dal dramma siffatti pezzi sia lo stesso, che chiuder una sorgente feconda di diletto alle anime gentili; il critico illuminato sarà costretto a commendarne l’uso non che a permetterlo, avvisandosi, che nelle belle arti l’astratta ragione debbe sottoporsi al gusto come questo si sottopone all’entusiasmo, e al vero genio. […] L’opera non è, o non dovrebbe essere, che un prestigio continuato dell’anima, a formare il quale tutte le belle arti concorrono, prendendo ciascuna a dilettare or l’uno l’altro dei sensi. […] [NdA] Théorie des Beaux Arts, Article opera.
Diasi agli eccellenti comici Francesi venuti dopo di lui il bel vanto di essersi segnalati egregiamente nella bella commedia che dipigne i caratteri correnti; ma si riserbi al Porta il trionfo nella commedia di viluppo. […] Adunque anche in un tempo di decadenza nelle belle lettere vogliono distinguersi le additate commedie erudite da ciò che indi si compose col disegno di piacere alla plebe; ed esse debbono tanto più pregiarsi quanto più si vide il secolo trasportato dallo spettacolo più seducente dell’opera76. […] E’ noto altresì che lo stesso Moliere non vide mai così pieno il proprio teatro come ne’ quattro mesi che Scaramuccia abbandonò Parigi l’anno 1662 per venire a Napoli a vedere i suoi parenti; e che al di lui ritorno i Parigini accorsero di bel nuovo alla Commedia Italiana, ed in tutto il mese di novembre non si curarono de’ capi d’opera che produceva Moliere. […] Giacomo Torelli ed altri cinque cavalieri Fanesi vollero supplire alla spesa di un teatro nella patria, e su i disegni dello stesso Torelli verso il 1670 fecero costruire il bel teatro di Fano.
Se le oppone che tutti vorranno attaccarsi alle più belle. […] E quì il comico spiega tutta l’amarezza della satira contro il bel sesso, facendo raccontare a Mnesiloco mille e mille furberie donnesche alla giornata praticate. […] Ne sopravviene un altro; ma Strepsiade, in vece di rispondere congruamente, gli domanda, se pensi egli che Giove faccia piovere ognora acqua fresca, o se il sole attragga a se di bel nuovo l’acqua piovuta? […] Fa quel che fai ora delle tue salcicce; scomponi e rattoppa a tua posta, purchè abbi cura di cattivarti l’animo del popolo, indolcendolo con belle parolette, a somiglianza de’ cuochi. […] E quanto non sofferse dal vostro sdegno il comico Cratete, che pure profferiva tante e sì belle e urbane sentenze?
Sieguano dunque gli Apologisti sì belle scorte, in vece di proteggere los mamarrachos, le barbarie teatrali. […] L’entusiasmo per le belle Arti del Disegno, che oggi serpeggia per la Nazione, e l’accende di amore pel vero gusto, non si debbe alla Reale Accademia di S.
Si calmi adunque di talun l’iraconda impazienza, e mentre da un lato trova in questa compagnia chi per assoluta perizia può soddisfarlo, si appaghi dall’altro della tenera capacità e delle belle speranze, onde a buon dritto l’Itala scena può attendere in questa ragazza una novella esimia attrice. […] Speriamo che il bel giorno venga e tu che hai coltura e reale abilità artistica e sentimento sublime puoi affrettarlo – io me lo auguro.
Queste continue mode, queste eterne novità obbligano gli uomini alla fine a vendere i loro effetti per contentar le loro belle » ecc. […] Scrisse il Corvo, il Re Cervo, l’Oselin bel verde, i Pitocchi, i Tre Aranci, il Principe Jennaro, il Mostro Turchino, la Dama serpente. […] Maometto si abbocca ancora con Omero ; e la loro conferenza forma un bel contrasto di modestia nel Greco e d’arroganza artificiosa nell’Arabo. […] Vi sono sei ordini di comodi magnifici palchetti al numero di 28 nel quarto e quinto ordine, e di 26 ne’ tre primi, e nel bel mezzo del secondo ordine si eleva il gran palco del Re. […] Dopo gli ultimi vani sforzi impiegati in pro dell’opera mitologica, si scredettero quasi tutti i di lei partigiani e si rivolsero di bel nuovo all’opera che fa parlar gli uomini giusta le insinuazioni di Gian Giacomo Rousseau.
L’imperadore forma col l’aratro un solco, ed è imitato da’ regoli e mandarini, indi monta in sedia per ritornare al real palazzo, ed allora incomincia la gran musica, la quale poi cessa nè si ripiglia se non giunto che egli sia presso a un grande altare nel l’interiore della reggia, e di bel nuovo assiso che sia nella sala del trono.
La quinta e l’ottava scena dell’atto III sono belle e teatrali.
Il Maire concesse un posto gratuito nel cimitero ; e tutte le arti prestarono l’opera loro gratuita per erigere un bel monumento che esiste ancora, e che io faccio conservare a mie spese.
Vi entrai di punto in bianco primo attor giovine ; e ricordo che in una recita di prova al Valle di Roma, del Suicidio di Ferrari, Novelli, col quale ci legammo da bel principio di forte amicizia sin qui immutata, mi dettava, dirò così, di tra le quinte, la controscena dell’ultimo atto avanti il riconoscimento del padre.
Avevano i letterati un bel chiamarlo riformatore !
Il nume la prega a compiacersi di ritardare la venuta del giorno, e la Notte risponde: Voila sans doute un bel emploi Que le grand Jupiter m’apprête. […] Bel bello (replica Mercurio) Madama la Notte, che di voi stessa corre voce che sapete in tanti climi diversi essere la fida conservatrice di mille dilettosi intrighi; ed io credo che in tal materia fra noi due si giostri con armi uguali.» […] Ma essa che è la speranza delle belle arti, rompa oramai que’ ceppi pedanteschi, e si avvezzi a studiare la natura, a consultare il proprio cuore, a ritrarre la società, a ridere sul viso degli orgogliosi pedagoghi, ascoltando i consigli del buon gusto. […] Notando al nostro solito le scene più belle, ottima fralle altre ci sembra la 2 dell’atto I di Callicle e Megaronide. […] Somministra il titolo a questa favola un vaso o pentola ripiena d’oro d’intorno a quattro libbre di peso trovata dal vecchio Euclione, il quale avvezzo alla miseria da tanti anni non sa far uso di quel danajo, e di bel nuovo lo seppellisce.
Ecco il bellissimo pensiero del Poeta di far parlar la natura, ed accennarle qualche cosa di soppiatto, come pretendeva Farnabio, avrebbe ripugnalo a sì bel disegno. […] Sventuratamente Pamfilo distratto negli amori di Bacchide, punto non le si appressa, comecchè pel di lei bel costume prenda ad amarla; indi per impossessarsi di una eredità parte dalla patria, e dimora lontano dalla moglie sino al giorno in cui Filomena partorisce. […] E chi di grazia ha rivelato a colui si bel secreto, che gli autori nel pubblicar le loro favole le colmavano di noterelle, come fanno oggidì molti moderni? […] Vedi bel paragon di te e di lui. […] Plinio nel libro XXXVI, c. 18 ci ha lasciate belle descrizioni de’ teatri di Scauro e di Curione, a.
L’evento giustificò il bel disegno; perchè da allora rifiorì in Europa la drammatica vaga e vigorosa emula de’ Greci e de’ Latini. […] Leone X che illustrò i primi anni di sì bel secolo, amando l’erudizione, la poesia e gli spettacoli scenici, gli promosse in Roma come gli avea favoriti nella sua patria, e ciò bastò per eccitare i più grand’ingegni a coltivar la drammatica. […] Il di lui Telefonte ha il pregio della scelta del più bel soggetto dell’antichità, cioè del Cresfonte di Euripide che il tempo ci ha invidiato. […] Non al combattimento de’ trenta Brettoni con trenta Inglesi, nel quale Beaumanoir gridava, or si vedrà chi di noi abbia più belle dame? […] Tra questi è da riporsi l’oscuro provinciale Francese Juvenel de Carlencas, compilatore d’ un infelice Saggio sulla storia delle belle lettere, scienze ed arti da cui fu il Torrismondo chiamato parto debole di un ingegno stravolto.
Questo esame degno della dottrina, del discernimento e del gusto del l’autore riputato delle Belle arti ridotte a un principio, compensa solo tutte le fanfaluche affastellate lungo la Senna contro gli antichi dal Perrault, La-Mothe, Terrasson, e dal marchese d’Argens, il quale colla solita sua superficialità e baldanza asseriva che i poeti tragici francesi tanto sovrastano agli antichi, quanto la Repubblica Romana del tempo di Giulio Cesare superava in potenza quella che era sotto il consolato di Papirio Cursore. Aggiugniamo qualche sentenza sparsa nel Saggio sul Gusto di Cartaud de la Vilade, affinchè il leggitore, dopo avere ammirato nel surriferito bel parallelo un prezioso monumento del buon gusto e del giudizio degli ottimi critici della Senna, possa divertirsi con un piacevole contrasto del gusto vero col fantastico, di una scelta crudizione colla leggerezza, e del dotto Le Batteux col bello-spirito La Vilade. […] L’autore di tante belle tragedie, filosofo sì grande, conoscitore sì savio del cuore umano, e ragionatore così eloquente, dimorando in Macedonia per compiacere al re Archelao amatore delle lettere e di chi le coltivava, dopo di aver secolui cenato, nel ritornarsene a casa venne assalito e lacerato da mastini scatenatigli contro da Arideo Macedone e da Crateva Tessalo maligni invidiosi vesseggiatori che l’odiavano meno per la gloria poetica di cui era egli in possesso che pel favore onde il regnante l’onorava. […] Le più belle tragedie dell’immortale Giovanni Racine sono l’Ifigenia e la Fedra; e pure si riconoscono per geniali traduzioni quasi in tutto, o almeno per imitazioni di quelle di Euripide di cui pur si desiderano fin anco da’ suoi nazionali alcune bellezze tralasciate.
Da tanti errori le belle arti ritraevano gran vantaggio per la loro perfezione, e progressi: merito assai tristo per una religione, l’oggetto della quale debbe esser quello d’assicurar all’uomo la felicità della vita presente, e della futura, e non di regolare lo scalpello dello scultore, o di porger materia alle bizzarro fantasie d’un bello spirito. […] Ove gli dei lasciando ai filosofi la cura d’ammaestrar gli uomini nella morale, si prendevano soltanto il pensiero di divertirli, inventando i balli, i suoni, i versi e la maniera di coltamente parlare, la poesia, la musica, il ballo, l’eloquenza, e tutte le belle arti dovevano riguardarsi come oggetti celesti da pregiarsi sopra qualunque cosa terrena. […] Così gli spettacoli, le belle arti, la politica e la religione erano talmente legati fra loro, e, per così dire, innestati, che non poteva alcuno di tali oggetti cangiarsi senza che tutti gli altri non se ne risentissero.
Bel bello, Amico, che voi smucciate alla porta di casa. […] Non vi prevenni, che altri ancora, oltre i da me nominati, erano di quel bel sentimento? […] Dopo tante belle ragioni passate finalmente a discorrere, e sentenziare in questa forma (p.
L’atto poi termina all’inglese, cioè con una poetica comparazione, compresa nell’ originale in sei versi, di una corrente imbrattata dal fango per le piogge, che poi si affina e per via diviene limpida come specchio, Riflettendo ogni fior che a riva cresce, E nuovo ciel nel suo bel sen ne mostra. […] Bella pensata, dice egli stesso, gran gioja avrò nell’averla tralle braccia Con beltà accesa e scarmigliate trecce; ed aggiugne per terminar l’atto una comparazione lirica di Plutone che portava Proserpina all’oscuro dell’inferno, E torvo sorridendo lieto andava Carco del premio suo, nè invidiava Il firmamento e il suo bel sole a Giove 58. […] Egli la chiama favola assai irregolare e piena di assurdità, con ciò cadendo nell’eccesso contrario a quello di un enciclopedista che nell’articolo tragédie la chiama chef-d’oeuvre pour la regularité, l’elégance, la poësie, & l’élévation des sentimens, e stima la piece (di Addisson) la plus belle qui soit sur aucun théâtre.
La terza alla Madonna della Guardia a Marsiglia, la quarta è qui in Parigi fra le belle verdure delle Tuillerie. […] [2.98ED] Eccone uno appunto sul bel fronte della tragedia ove è dipinta la scena di Antigone. […] [5.157ED] Quello delle otto sillabe, che è il più sonoro, trionfi di tutti gli altri, come sarebbe: Innamora amor le belle. […] Infatti il popolo, avezzo a divertirsi con musicali spettacoli altrove, non ha gran passione per questi cori; e noi potremmo, parlando delle tragedie, e di cotest’opere in musica, ripetere quello che Saint Evremond lasciò scritto, cioè che «i Greci facevano belle tragedie ove qualche cosa cantavano; gl’Italiani e Franzesi ne fanno delle cattive nelle quali cantano tutto.» […] [6.137ED] Ma l’aria colante di queste tilie comincia ad aggravarmi la testa e omai la sera va spopolando questo fronzuto passeggio a cui va levando il bel verde che sì ne allettava. [6.138ED] Amico, a rivederci.
On dirait qu’ils méconnaissent aujourd’hui ce beau simple, et cet élégant naturel si recommandés par les maîtres de l’art, et dont Molière est un si parfait modèle. […] On retrouve toujours le maître de l’art, soit dans l’intrigue de ces mêmes pièces, soit dans la liaison et l’arrangement des scènes, soit dans les idées, qui pour être comiques ne sont ni belles ni grossières, et qui tiennent toujours à une action simple, ou vraisemblable. […] Les poètes comiques italiens ont enchéri du côté de l’intrigue sur les Latins ; c’est ce que le cardinal Bibiena a exécuté dans sa belle comédie de La Calandra, en mettant dans un plus grand jour l’intrigue des Ménechmes de Plaute. […] Dans la première espèce, c’est un fort beau dialogue, mais sans action ; et dans la seconde, ce sont des choses étrangères, et tout à fait épisodiques que l’on joint à l’action, mais qui ne font qu’embarrasser sa marche, et que ralentir son mouvement. […] L’amour au contraire sera toujours le même ; on aimera toujours avec le dessein de posséder l’objet aimé ; et le poète aura beau mettre son esprit à la torture pour imaginer de nouveaux moyens d’arriver à cette possession, le but et la forme de l’amour ne changeront point.
Come le statue dell’Ercole e dell’Antinoo sono una raccolta di tratti esprimenti la proporzione e il vigore osservati dallo scultore in più individui della umana spezie; come la descrizione della tempesta in Virgilio non è altro che l’unione di molti fenomeni naturali che si veggono succedere negli oggetti, e che poi si radunano dal poeta in un solo quadro, così un bel recitativo od una bell’aria altro non sono che la collezione d’una moltitudine d’inflessioni e d’accenti scappati alle persone sensibili nei movimenti di qualche passione, e disposti poi dal compositore secondo le leggi della modulazione. […] Eccedente non per tanto fu la severità di quell’altro francese autore d’un bel Trattato sul melodramma allorché volle sbandirà dalla musica drammatica tutto ciò che serve a dipignere e a far valere la possanza intrinseca dell’arte. […] [52] Ecco l’universale ma puerile sofisma, il quale ridotto in massima dalla ignoranza e avvalorato da uno spezioso pregiudizio, è quello che cagiona l’esterminio di tutte le belle arti. […] Quindi la sorpresa mista di sdegno colla quale uno straniero nuovo alle impressioni riguarda l’insulto che si vuol fare alla sua ragione dandogli ad intendere che i soli Italiani hanno colpito nel segno, e che ad essi unicamente appartiene il conservar il deposito della bellezza musicale; asserzione, che vien provata da loro esagerando i pregi di questo brillante spettacolo, ma che resta subito smentita dall’intimo sentimento di chi gli ascolta, poiché invece della sublime illusione che gli si prometteva, invece di trovar quel congegnamento mirabile di tutte le belle arti che dovrebbe pur essere il più nobil prodotto del genio, altro egli non vede nell’opera fuorché una moltitudine di personaggi vestiti all’eroica, i quali vengono, s’incontrano, tengono aperta la bocca per un quarto d’ora, e por partono senza che lo spettatore possa capire a qual fine ciò si faccia, riducendosi tutto, come l’universo nel sistema di Leibnitzio, a pure apparenze o prestigi. […] Se per la parola pittoresca s’intende l’esprimere tutti quanti i lineamenti dell’oggetto rappresentato, in tal caso non solo la musica, ma niuna fra le belle arti merita questo titolo; giacché non v’h tra loro alcuna che non tralasci o non aggiunga qualche cosa al suo ritratto, altrimenti non sarebbe imitazione ma realtà.
Deh per questa destra, Per l’indole gentil, per quel bel cuore, Per la tua fe, per questa istessa, Panfilo, Derelitta fanciulla, io ti scongiuro; Deh non l’abbandonar, se qual fratello Sempre io ti ami, s’ella te solo apprezza, Per te respira, a’ cenni tuoi s’acqueta. […] Sventuratamente Panfilo distratto negli amori di Bacchide, punto non le si appressa, comechè pel di lei bel costume prenda ad amarla; indi per impossessarsi di una eredità parte dalla patria, e dimora lontano dalla moglie sino al giorno in cui Filomena partorisce. […] E chi di grazia ha rivelato a costui sì bel secreto, che gli autori nel pubblicar le loro favole l’empivano di noterelle, come fanno oggidì i moderni? […] Vedi bel paragon di te e di lui. […] Plinio nel libro XXXVI, c. 15 ci ha lasciate belle descrizioni de’ teatri di Scauro e di Curione.
Il savio Autore del libro, che qui si accenna, ci dà un bel saggio della Storia de Teatri di tutti i tempi e di ogni nazione, palesa aver letto molto, e. con ottimo discernimento l’ha ben unito insieme.
Di bel nuovo poi dal 1786 vi si tornarono per qualche altro anno a rappresentare opere musicali italiane.
Sa Piece, qu’on ne doit pas nommer tragedie, n’est qu’un tissu de sentences brillantes; & de descriptions poetiques, mises hors de leur place, parmi les quelles cependant on trouve quelques beaux traits.
Andata poi a Napoli in una Scuola evangelica tedesca, dovè uscirne, astrettavi da domestiche vicende per recarsi di bel nuovo a Noto, ove gli ognor crescenti dissesti finanziarj, cagionati da un fratello del padre, fecer prendere alla famiglia la determinazione di metter nell’arte la figliuola Concettina, che sin da bimba aveva dato prove non dubbie di molte attitudini per la scena, e che esordì a Torre Del Greco in una Compagnia Sociale di terz’ordine, col ruolo (non aveva ella ancora i quattordici anni) di prima attrice assoluta, commovendo il pubblico alle lagrime colla rappresentazione della Dionisia di Dumas.
In generale si può dire, che oramai non vi ha scrittore insigne di belle arti che della declamazione più o meno non ragioni. […] Niuno ce ne ha date più belle, più vere, e più varie forme di Raffaello nella sua Scuola di Atene. […] E per lo contrario altre persone sotto forme men belle, rendono gratissima la loro espressione per l’armonia degli elementi che la compongono. […] Alcune affezioni dell’animo sono più belle, perché più nobili e generose. Quindi l’espressioni che vi corrispondono diventano belle del pari, perché contraggono il carattere di quelle qualità.
In altri tempi Delle belle fe mai scelta più degna? […] Oggi sempre più fiorisce quella scuola dell’Abate de l’Epèe, e vi si contano molti che si sono innoltrati nelle matematiche e nelle altre scienze e nelle storie e nell’erudizione e nelle belle arti. […] «Un bel principe le risponde con un atteggiamento geometricamente misurato.»
Noi vedremo nell’analisi che ne faremo, che questa elevazione di sentimenti è denigrata dalle basse espressioni di Sempronio e Siface, e che i freddi amori di sei personaggi che gelano l’azione principale, non permettono che col medesimo enciclopedista si creda il Catone di Adisson la pièce plus belle qui soit sur aucun thèâtre . […] L’atto poi termina all’inglese, cioè con una poetica comparazione compresa nell’originale in sei versi di una corrente imbrattata dal fango per le piogge, che poi si affina e per via diviene limpida come specchio, Riflettendo ogni fior che a riva cresce, E nuovo ciel nel suo bel sen ne mostra. […] e soggiugne, per terminar l’atto con una comparazione lirica di Plutone che rapiva Proserpina conducendola all’oscuro dell’inferno, E torvo sorridendo lieto andava Carco del premio suo, nè invidiava Il firmamento e il suo bel sole a Giove.
Fra le tante poesie scritte per lei scelgo il bel sonetto di Paolo Costa che le fu indirizzato nell’estate del 1858, a Faenza. […] Il secondo havertimento sarà, ch’ essendo sopragiunto in scena da un altro personaggio si taccia subito, non impedendo il luoco a quello che cominciar dee a parlare e troncar qual si voglia bel discorso per non lasciar mutto colui, che di novo è giunto, havertendo però chi dee uscire di star sin tanto che conoschi esser giunto al fine del suo raggionamento quello ch’ è in scena, e poi uscito, dir si puocho, che quello che dianzi parlava non resti come una statua, se però non deve dir cosa aspettante al soggetto, il quale ha molto bene da essere impresso nell’ascoltante, raccordandosi insieme ch’il dir breve e compendioso è quello solo che piace, et ch’ osservar si dee, non repplicando le cose dette più volte per non venir a noja, e secondo la necessità apporta la replica rassumer il discorso, si che solo si tocchi quello che già save il popolo.
Leone X che illustrò i primi anni di sì bel secolo, amando l’erudizione, la poesia e gli spettacoli scenici, gli promosse in Roma come gli avea favoriti nella sua patria; e ciò bastò per eccitare i più grand’ ingegni a coltivar la drammatica.
E vu, signori, chi non vorave haver cent occhi per veder in questa cittae donne così belle, fabriche cosi pellegrine, mercanzie così eccellenti, gentill’ huomeni così illustri.
E di tra le tante testimonianze di ammirazione e di gratitudine ch'egli ebbe da tutti i pubblici nostri e di fuori, scelgo il bel sonetto di Paolo Costa che la Direzione degli Spettacoli di Faenza gli offriva il 20 luglio 1861 : a TOMMASO SALVINI insigne attore italiano nel duplice aringo di melpomene e di talia a niuno secondo la direzione degli spettacoli in segno di altissima ammirazione Se avvien che l’uom per questa selva oscura de la vita mortale il guardo giri, e vegga con che legge iniqua e dura amore i servi suoi freda e martiri ; e quale avara ambizïosa cura faccia grame le genti, e i Re deliri, esser non può, se umana abbia natura, che al destin non si dolga e non s’adiri.
Mai abbastanza non si ripete a costoro, che il tuono decisivo e inconsiderato é quello della fatuità, e che debbono apprendere; e sovvenirsene allorché son tentati di decidere, che questo Aristofane era un atenieso, il quale fioriva sul principio del IV secolo di Roma, tempo in cui i romani niuna cognizione aveano, non che dell’altre belle arti, della poesia teatrale, la quale pure da gran pezza coltivavasi in Italia dagli osci, e dagli etruschi, ed anche con più felice successo da i popoli della magna Grecia, e della Sicilia, che, come dice e mostra il dottissimo Tiraboschi, «in quasi tutte le parti della letteratura furon maestri ed esemplari agli altri greci» 35. […] IV, il cavalier Fontana nel suo Anfiteatro Flavio, e la dissertazione di Boindin sui teatri degli antichi nel tomo I delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi.
Il pubblico plauso e le belle lagrime del gran Condè rendettero ben memorabili i versi dell’ultima scena del Cinna:a: Je suis maitre de moi comme de l’univers, Je le suis, je veux l’ètre. […] Non si domandi dunque se l’amore entrar possa nelle tragedie come ogni altra eccessiva passione; ma si bene, qual sia l’amore che le degradi, e che indebolisca quasi tutte le tragedie francesi, Giovanni Racine nelle sue belle favole non sempre si appressa alla perfezione, benchè sempre sia nobile, elegante, armonioso e saggio.
Dopo sette anni in circa apprese dall’Inglese Alcuino la rettorica, la dialettica, l’aritmetica e l’astronomia; e così iniziato ne’ misteri del sapere concepì il bel disegno di spargere la coltura ne’ suoi vasti dominj, che oltre la Francia stendevansi in gran parte dell’Italia, della Germania e della Spagna. […] Sappia il Lampillas e chi gli ha accordato il suo autorevol patrocinio, che questo bel bacio era una legge, non de’ Longobardi, ma de’ Borgognoni, e leggesi nelle Addizioni ad Ll.
In altri tempi Delle belle se mai scelta più degna? […] Un bel principe le risponde con un atteggiamento geometricamente misurato.
Niuna cosa pruova più pienamente ciò che sul bel principio ragionammo ne’ fatti generali della scenica poesia, quanto il nuovo rigore usato contro Anassandride ed il silenzio imposto al Coro, onde furono atterriti e incatenati i poeti della commedia mezzana.
In tal caso le arti e le belle lettere sono come i vaghissimi colori dell’iride allorché si riguardano a traverso d’un prisma non ben dirozzato. […] Immagini tutte le quali benché fossero belle nella loro origine, e capaci di produrre un piacere inaspettato allorché aveano il pregio della novità: sembrano «Sogni d’infermi e fole di romanci», ora che lo spirito non rigusta più né il diletto che nasce dalla sorpresa, né quello che viene dal riflesso della loro convenienza. […] E sì poco barbaro vi sembra il despotismo, che non avete orrore d’inghirlandarlo colla corona immortale, che le belle arti non dovrebbon servare fuorché pei talenti superiori o per la benefattrice virtù?
[2] Alcuni compositori italiani, e non pochi ancora fra i moderni poeti hanno fatto vedere in pratica ciò che la filosofia pronunziava da lungo tempo come certissimo, cioè che le modificazioni del bello sono assai varie, che i fonti del diletto nelle belle lettere e nelle arti non furono dagli antichi pienamente esauriti, che la barbarie dei nostri metodi era capace di dirozzarsi fino ad un certo punto e ringentilirsi, e che da un sistema diverso da quello dei Greci potevano gli sforzi del genio far iscaturire nuove sorgenti di vero, d’intimo, e di non mai sentito piacere. […] Colpa è di loro la niuna rassomiglianza che ravvisa lo spettatore fra la natura che doveva imitarsi, e le belle arti che promettono d’imitarla. […] E ciò conservando fedelmente il suo bel tempo in largo, il movimento, e gli accompagnamenti. […] [NdA] Chi volesse sapere i fonti onde la musica strumentale ritrae la sua imitazione, gli troverà rintracciati con molta sensatezza e filosofia in due belle lettere che intorno alla musica imitativa dell’opera ha inserito negli Opuscoli scelti di Milano il dottore Matteo Borsa mantovano.
Vi s’imitano i tratti dell’Ifigenia or di Euripide or di Racine, e la compassione si conduce al suo punto, e più di un bel passo se ne può comendare. […] Nel Demetrio l’ammirazione ha più oggetti esigendone il rigido eroismo di Timandro, la virtù de’suoi figli, ed il bel perdono di Demetrio. […] Mi volgo e la ravviso ; ella era dessa, Che squarciatasi il velo, ancor le belle, Ma confuse sembianze a me scopriva. […] Il leggitore ne osserverà il bel passo dal verso Amor di libertà, d’Arminio invidia Pungerà molti ; civil guerra dunque ec. […] La conchiusione del tutto corrisponde a sì belle parti degne della tragedia.
Dovè dunque concepirsi di tal modo, che le macchine per appagare la vista, l’armonia per dilettare l’ udito, il ballo per destare quella grata ammirazione che ci tiene piacevolmente sospesi agli armonici, graziosi, agili e leggiadri movimenti di un bel corpo, cospirassero concordemente colla poesia anima del tutto, non già qualunque o simile a quella che si adopera in alcune feste, ma bensì drammatica e attiva, ad oggetto di formare un tutto e un’ azione bene ordinata, e cantata dal principio sino al fine, e (per dirlo colle parole del più erudito filosofo e dell’ uomo del più squisito gusto che abbia a’ nostri dì ragionato dell’opera in musica, cioè del conte Algarotti) di rimettere sul teatro moderno Melpomene accompagnata da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio.
Tutte queste incoerenze, io dico, delle quali si compone il di lui bel Consiglio a un giovane, potrebbero recarci stupore, se fussero profferite da un altro che non ci avesse puerilmente ed à propos des bottes fatto sapere di aver molto studiato la matematica e di credere d’avere della precisione nelle idee.
Per conto mio non ho mai veduto niente di più bello al teatro, che l’azione di questa maravigliosa donna ; e le serate di Pia, di Medea, di Giuditta, di Maria Stuarda, son rimaste le più belle di tutta la mia vita di teatro.
Dopo sette anni in circa apprese dall’inglese Alcuino la rettorica, la dialettica, l’aritmetica, l’astronomia; e così iniziato ne’ misteri del sapere concepì il bel disegno di spargere la coltura ne’ suoi vasti dominii, che oltre la Francia stendevansi in gran parte dell’Italia, e della Germania, e della Spagna. […] Lampillas, e chi gli ha accordato il suo autorevol patrocinio, che questo bel bacio era una legge non de’ Longobardi, ma de’ Borgognoni, e leggesi ne le addizioni ad Ll.
– Già vi scrissi che il Carlieri la signora Fiorilli gli aveva pagate le 20 doppie ; ne avrà sentite delle belle dal figlio. […] Ce qui fit dire un jour à un grand Prince qui le voyoit jouer à Rome, Scaramucchia non parla, e dice gran cose : Scaramouche ne parle point, & il dit les plus belles choses du monde.
Dovè dunque concepirsi di tal modo, che le macchine per appagare la vista, l’armonia per dilettar l’udito, il ballo per destare quella grata ammirazione che ci tiene piacevolmente sospesi, e gli armonici, graziosi, agili e leggiadri movimenti di un bel corpo, cospirassero concordemente colla poesia anima del tutto, non già qualunque o simile a quella che si adopera in alcune feste, ma bensì drammatica e attiva , ad oggetto di formare un tutto e un’azione bene ordinata e cantata dal principio sino al fine , e (per dirlo colle parole del più erudito filosofo e dell’uomo di gusto più squisito che abbia a’ nostri giorni ragionato dell’opera in musica, dico del conte Algarotti) di rimettere sul teatro moderno Melpomene accompagnata da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio .
Questo t’accende, o Modena, quando rendi a Talìa l’antico impero, e mostri come il bel s’accoppi al vero.
Vi s’ imitano i tratti dell’Ifigenia or di Euripide or di Racine, e la compassione è condotta al suo punto, e vi si scorge più di un bel passo da comendare. […] Nel Demetrio l’ammirazione ha più oggetti, esigendone il rigido eroismo di Timandro, la virtù de’ suoi figli, ed il bel perdono di Demetrio. […] Mi volgo, e la ravviso; ella era dessa, Che squarciatasi il velo, ancor le belle Ma confuse sembianze a me scopriva. […] Niccolò Crescenzio regio professore di filosofia in Napoli che nel 1727 produsse il Coriolano tragedia languida e regolare: il cavaliere Scipione Cigala autore di una Cleopatra stampata in Napoli nel 1736, mentovata nel supplemento della Drammaturgia dell’Allacci e onorata con un bel distico del consigliere Giuseppe Aurelio di Gennaro eccellente giureconsulto e poeta latino50: il P. […] Il carattere di Egisto è colorito egregiamente nella scena dell’atto II con Polifonte; ma la circostanza del suo bel racconto con mie man sua destra afferro, non dovea esser la prima azione di un disarmato che affronti uno che gli si avventa collo stile alla mano?
Ecco dinota la presenza, o la prossimità della cosa; e Voi non mi date per nutrirmi, che belle parole su di ciò che voi stesso non sapete che cosa si fosse.
Dopo cosi bel passo energico, patetico, vigoroso, lo ascolta da Prometeo le sue future avventure, indi presa dal solito estro precipitosamente sen fugge.
In Ismirne acquistò rinomanza con un dotto commentario, ed in Roma insegnò le belle lettere a molti nobili e specialmente a Giulio Antonio figliuolo del Triumviro.
La sua forma è circolare alla foggia moderna con platea, e con palehi comodi e nobili, e quello del re sommamente magnifico fu arricchito di belle dipinture dall’Amiconi pittore veneziano assai caro a Ferdinando VI.
In Ismirne acquistò rinomanza con un dotto commentario, ed in Roma insegnò le belle lettere a molti nobili e spezialmente a Giulio Antonio figliuolo del triumviro.
Ecco quel che il Riccoboni dice in proposito : La Città di Bologna, in Italia, che è il centro delle scienze e delle belle lettere, e dove sono una così celebre Università e tanti collegi di paesi stranieri, ci ha sempre fornito un gran numero di scienziati, e sopratutto di dottori, che avean le cattedre pubbliche di quella Università. – Essi vestivan la toga e in iscuola e per via ; e saggiamente si pensò di far del dottore bolognese un altro vecchio che potesse figurare al fianco di Pantalone, e i loro due costumi divenner, l’uno accanto all’altro, di una irresistibile comicità.
Affè che le avrei dato il premio delle sue belle opere.
Affè che le avrei dato il premio delle sue belle opere.
Spicca tralle prime il Canuto, benchè dicasi che contenga molte belle scene senza formare una bella tragedia; tralle seconde si applaude il Misterioso per la decenza e per la moralità, benchè vi si desideri la piacevolezza comica.
Donna, che oggi il Teatro adorni e fregi, con quanto hanno di bel le scene accolto, non già l’oro del crin, l’ostro del volto, o i fior del seno in te son pompe e fregi .
Contemplisi nella suocera il bel ritratto della buona moglie che leggiadrissimamente trionfa d’una cortigiana: …… Atque ea res multo maxume Disjunxit illum ab illa, postquam et ipse se, Et illam, et hanc, quae domi erat, cognovit satis, Ad exemplum ambarum mores earum aestimans. […] Molte ciarle in assai bei versi contiene la scena d’Ippolito e della Nutrice dell’atto II., dove poeticamente espongonsi le lodi della vita semplice rusticale, e vi si ammiran varie belle imitazioni di Esiodo e di Ovidio. […] Egli vuol morire, e vivere di bel nuovo, e tornare a morire, e rinascer sempre, ………………… Iterum vivere, atque iterum mori Liceat renasci semper.
Molte ciarle in assai bei versi contiene la scena d’Ippolito e della Nutrice dell’atto secondo, dove poeticamente espongonsi le lodi della vita semplice rusticale, e vi si ammirano varie belle imitazioni di alcuni passi di Esiodo e di Ovidio. […] Egli vuol morire e vivere di bel nuovo e tornare a morire e rinascer sempre, Iterum vivere, atque iterum mori Liceat, renasci semper.
Il di lui Telefonte ha il pregio della scelta del più bel soggetto tragico dell’antichità, cioè dell’avventure del Cresfonte di Euripide che il tempo ci ha invidiato. […] Un carattere tragico scelto con sommo giudizio ottimo per conseguire il fine della tragedia: una dipintura fina delle passioni: un piano regolare: un movimento nell’azione progressivamente accelerato: una versificazione armoniosa: una nobile, elegante e maestosa gravità di stile: un patetico vivace che empie, interessa, intenerisce, commuove ed eccita il bel piacere delle lagrime. […] Pongo tra questi l’oscuro provinciale Juvenel de Carlencas compilatore di un infelice Saggio sulla storia delle belle lettere, da cui fu il Torrismondo chiamato parto debole di un ingegno stravolto.
Arse (ed oh strano ardor) del suo bel foco, Per ignota cagion lontano amante, Nè potea la speranza al cor tremante Far più breve o vicino il tempo o il loco.
Molte ciarle in assai bei versi contiene la scena d’Ippolito colla Nutrice dell’atto II, dove poeticamente espongonsi le lodi della vita semplica rusticale, e vi si ammirano varie belle imitazioni di alcuni passi di Esiodo e di Ovidio; ma simili cose sono meno tragiche di quel che si brama. […] Egli vuol morire e vivere di bel nuovo e tornare a morire e rinascer sempre, Iterum vivere, atque iterum mori Liceat, renasci semper.
Giovanni Sulpizio da Veroli, il quale sotto il pontificato d’Innocenzo VIII teneva scuola dì belle lettere in Roma, vi fece rappresentare un’altra tragedia.
Giovanni Sulpizio da Veroli, il quale sotto il pontificato d’Innocenzo VIII teneva scuola di belle lettere in Roma, vi fece rappresentare un’ altra tragedia.
La sua forma è circolare alla foggia moderna con platea e con palchi comodi e nobili, e quello del re sommamente magnifico fu arricchito di belle pitture del fu Amiconi pittore Veneziano assai caro a Ferdinando VI.
— Andrò a Parigi — e se al mio ritorno non troverete in me tutte le qualità accademiche dell’arte e del bel mondo — vorrà dire che sarò abbrutita del tutto !
Racine nelle sue belle favole non sempre si appressa alla perfezione, benchè sempre sia nobile, elegante, armonioso e saggio.
vous souilleriez une gloire si belle Si vous vous animiez par quelque autre querelle. […] Generalmente parlando nulla più ci appassiona che l’infelicità di un uomo, in cui veggiamo della virtù: e, se ben s’osserva, la passione che cagiona Romolo non deriva già dalla sua temerità; ma dall’opinione della sua morte, la quale non poteva se non essere compatibile per l’inclinazione della nostra umanità verso chi soggiace ad alcun male, e per le molte belle qualità che per altro egli aveva. […] [Giunta.8] Fra molte belle considerazioni che nel terzo discorso s’incontrano, giudico doversi qualche eccezione alla dottrina spettante alla gradazione dell’interesse, ove dice che la tragedia fa poco effetto nella catastrofe se dal bel principio non comincia a commovere; o se pur l’esito è passionato non può chiamarsi se non una mezza tragedia. […] Mi par degno di distinta osservazione ciò che dice Don Pietro ne’ seguenti versi: Ne doutez pont, Inès, qu’une si belle flamme De feux aussi parfaits n’ait embrasé mon âme146. […] Ce qu’il y a de plus beau, de plus noble et de plus impérieux dans la raison, est manié par le premier; et par l’autre, ce qu’il y a de plus flatteur et de plus délicat dans la passion» (La Bruyère, Œuvres complètes, texte établi par Julien Benda, Paris, Gallimard, 1951, pp. 103-105).
Il Fatto dimostra il poco frutto che ne ricavavano i Commedianti, perchè di bel nuovo si trovarono abbandonati.
Si contenti in oltre che gli faccia sovvenire di poche altre cose se non le ignora; e primieramente che il Sancho è scritto in castigliano e non in francese, e che i Francesi rimano sempre per necessità, e non per elezione, perchè mancano del verso bianco che noi chiamiamo sciolto; di più che la poesia castigliana al pari dell’italiana, e dell’inglese ha il suo bel verso suelto, oltre di un endecasillabo coll’assonante ottimo per la scena nazionale. […] Dulcidio l’esorta a sposar Giugurta (quante belle disposizioni mentre si stà morendo di fame!)
Voltaire, Le Mondain: Il faut se rendre à ce palais magique Où les beaux vers, la danse, la musique, L’art de tromper les yeux par les couleurs, L’art plus heureux de séduire les cœurs, De cent plaisirs font un plaisir unique.
Tutte queste incoerenze, io dico, delle quali si compone il bel Consiglio a un giovane del Sherlock, potrebbero recarci stupore, se fossero profferite da un altro che non ci avesse puerilmente ed à propos des bottes fatto sapere di aver molto studiato la matematica , e di credere d’avere della precisione nelle idee .
La conchiusione del tutto corrisponde robustamente a sì belle parti. […] Queste continue mode, queste eterne novità obbligano gli uomini alla fine a vendere i loro effetti per contentar le loro belle” ec. […] L’ingenua Elvira con tutta ragione stupisce dell’astuzia comica del padre, e apertamente ricusa Ricimero; e alle minacce di Odorico, se non con gravità da coturno, almeno non a torto, gli dice, Padre, un bel core hai per Elvira in seno! […] e quel bel già ci, già ci, già ci in coro colle repliche musicali avrà partorito un grazioso effetto.
Un altro bel colpo di pennello riceve da un altro suo foglio portato dal nominato cugino. […] Questo bel misto di grazia, di spirito e di nobiltà mirabilmente conviene ad una giovinetta di sommo talento e vivacità ma disdegnosa e bizzarra ancor nell’amore, la quale in fine si scopre di esser nata di famiglia distinta.