Passò da quella al Reggimento Italia Libera, comandato dal colonnello Morandi, e, recatosi a Venezia, prese parte alla sortita di Mestre, dove s’ebbe ferito il braccio sinistro. […] Fu dopo due anni, e per un triennio, con Raffaele Lambertini, a fianco di Peppina Bozzo, Carolina Santoni, Leontina Papà, Enrico Cappelli, ecc. ; poi (1866) con Achille Majeroni al Fondo di Napoli, dove esordì con La gerla di Papà Martin, che dovette replicar per otto sere davanti ad un pubblico ammiratore profondo di Luigi Taddei ancor vivo e malato, e che restò poi fino all’ultimo della sua vita artistica il suo caval di battaglia. […] Si scritturò di nuovo il '69 e '70 con Federico Boldrini, poi con certo Zattini, col quale girò la Calabria e la Sicilia, poi fu socio di Calamai, Emanuel e Matilde Arnoud, poi di nuovo collo Zattini a Costantinopoli, dove, col soccorso di facoltosi ammiratori, costruì un teatro con l’annesso alloggio, e si stabilì con tutta la famiglia.
Samuele, dove si fece molto onore, avendo lasciato dopo la sua morte un chiaro grido del suo valore alla comica professione. » Così Francesco Bartoli.
Angelo di Venezia, passando poi a Napoli, dove fu chiamato a sostener le parti d’innamorato, e dov’era ancora al tempo del Bartoli (1782), recitando – egli scrive – con grazia e ponderato sentimento, sì nelle comiche, che nelle tragiche rappresentazioni.
Col danaro accumulato nell’arte potè comprare una casa e qualche terreno in Livorno, dove, forse, avanzata in età finì i suoi giorni.
Ma desideroso della patria, si restituì alla sua Bologna, dove, fatto vecchio, morì verso il 1780.
Resta vuota per tale accidente la scena, gli attori non vengono più fuori ; a poco a poco spargesi la nuova e giunge fino al palchetto dove era io. […] Nell’istante medesimo esco qual forsennato, vado non sapendo dove, e mi trovo in casa, senza neppure aver veduto la strada da me fatta.
Di famiglia vicentina, recossi il 1765 collo sposo a Livorno, dove recitava al Teatro S. […] Doveva recarsi la primavera del ’66 a Barcellona con altro impresario, ma la paura del mare le fe’ sciogliere il contratto, e formar là per là una compagnia, che condusse l’estate a Mantova, dove s’ebbe tal successo da essere scritturata nella Compagnia di Gerolamo Medebach, colla quale esordì nella commedia a soggetto Di peggio in peggio.
In quella nazione cioè dove per poco non s’innalzanda per tutto gli altari al sublime genio del poeta cesareo; dove i suoi versi sono oggimai divenuti proverbi, cantandosi nelle bocche di tutti, come già si faceva nella Grecia di quelli di Omero e di Euripide; dove tante penne di rinomati scrittori si sono per l’addietro stancate e si stancano tuttora nel celebrarlo; e dove così male è tornato a quei pochi meschini, che ardirono disturbare anche in menoma parte la sua luminosa e pacifica gloria? […] Non v’è un solo fra suoi drammi, (s’eccettuati non vengano gli oratori e qualche altro breve componimento) dove questa passione non abbia luogo. […] Ci è qualcheduno, come la Semiramide, dove tutti quanti i personaggi sono innamorati. […] Non so dove s’apprenda Tal arte a porre in uso. […] Come ottener l’interesse dove manca la persuasione dove l’occhio è in perpetua contraddizione col sentimento, dove la passione, che ne sarebbe l’effetto, manca di ragion sufficiente che la produca?
Tra gli atti di tal parlamento trovansi dichiarati inutili e d’istituzione pagana le scienze e le università dove s’insegnavano. […] Egli non meno del Shakespear scrisse molti drammi poco degni de’ suoi talenti; con questa differenza che a Shakespear anche nelle cattive composizioni scappano fuori certi tratti inimitabili; ma Johnson dove cade, non mostra traccia veruna di sapere o d’ingegno. Guglielmo d’Avenant successore di Ben Johnson coltivò parimente la poesia tragica; ma essendosi ricoverato in Francia, dove osservò lo spettacolo dell’opera in musica, volle introdurla nel teatro nazionale. […] Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, là dove nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grandi uomini.
Il carnovale la Compagnia era in Parma, dove si fecero i più magri affari ; e da Parma passò a Roma, d’onde fu inviata una lettera al Duca il 27 febbrajo, sottoscritta dallo Zanotti, da Marco Napolioni e da Carlo Cantù (V.), perchè interponesse i suoi buoni offici presso certo Messer Gio. […] Suppl.) e Zanotti, si opponevano, allegando la niuna solvibilità degl’impresari a Napoli, dove i comici più insigni di Lombardia han dovuto lasciare in pegno i bauli per potersene partire. […] La quale infatti si recò a Milano, di dove il 3 di maggio Zanotti scrive al Graziani che non sa ancora se e quando dopo Pasqua si recherà a Brescia o a Verona, poichè non sono mai frequentate dalle Compagnie de' comici per qualche poco di tempo doppo Pasqua quelle Città, che dano il luogo scoperto per rappresentar comedie, come Brescia e Verona, perchè sarebbe un volontariamente perdersi col esporsi alle stravaganze de tempi, che per lo più riescono in simile stagione piovosi. […] Nè sa come tu dolce il cor saetti coi due begli occhi, dove in propria sede regnan le grazie, e i cari genj eletti a cento belle e gloriose prede.
Grisostomo), dove s’aquistò come attore e come scrittore la stima di tutti e l’amicizia di Gaspare Gozzi. […] , e ad esse tenner dietro in vario tempo un brindisi in versi martelliani nel Convitato di Pietra, pubblicato in foglio volante a Livorno l’autunno del 1766 ; un piccolo libretto in-8° contenente alcune considerazioni sopra un parere del dottor Carlo Goldoni, pubblicato il 1767 non so dove, ma forse a Bologna, mentre lo Scherli era col Davia ; Sette Notti di Edoardo Young tradotte in versi, pubblicate in-4° a Palermo il 1774 nella Stamperia de' Santi Apostoli ; e una scelta delle Rime con aggiunta di poesie siciliane e di lettere varie, edita in Palermo il 1777 in-12°. […] Grisostomo di Venezia l’ultima sera del Carnevale MDCCLIX Della guerriera tromba ascolta il fuoco appena, E va il Guerriero in Campo dove la gloria il mena : Spirano appena i Zefiri, ed ecco in un momento Salpa il nocchiero, e scioglie tutte le vele al vento ; Ma se volando al Campo, se abbandonando il Lido, La Sposa, o il Genitore lascia nel patrio nido, Lascia su quelle sponde parte di sè il nocchiero, Parte di sè pur lascia nella Città il guerriero ; E nel partir da loro sente staccarsi il core, Sente passarsi l’anima dal più crudel dolore.
Il ’29 e il ’30 furono appunto i due anni tristissimi per l’Italia, a cagione del gran contagio, della carestia e della guerra ; i due anni ne’quali non sappiam dove si trovassero i Fedeli : ma assai probabilmente fuori d’Italia.
Ricci Anna, bolognese « figliuola — dice il Bartoli, di Paolo Ricci, accademico recitante, — che ne' privati teatri di Bologna fece per alcuni anni un’ottima comparsa. » Entrò con lui in arte, sostenendovi le parti d’ingenua ; e di lei dice ancora il Bartoli che « nelle cose dove la tenerezza affettuosamente compeggi, a meraviglia riuscì. » Si recò dopo di aver vagato in compagnie di giro, in Napoli, ov'era nel 1782 ; passò poi al ruolo di Donna seria, ammiratissima.
Dopo molti anni di professione, si ritirò presso il fratello Pietro a Napoli, dove morì, non si sa quando precisamente.
Sorella minore della precedente, fu prima attrice giovine di qualche pregio, e la vediam la prima volta insieme all’Adelaide del 1861 in Compagnia Morelli, dove la troviamo ancora il '79, e l’80 quando ne fu socia la sorella, con cui trascorse gran parte della sua vita artistica.
Vedrebbesi allora un bello e magnifico teatro essere un luogo destinato non a ricevere una tumultuosa assemblea, ma una solenne udienza dove potriano sedere gli Addisoni, i Dryden, i Dacier, i Muratori, i Gravina, i Marcelli. […] Dove ho seguito Racine mi san servito, per quanto ho potuto, delle sue parole medesime; e dove Euripide, della traduzione del Brumoy; ben sicuro che il poeta greco non si poteva meglio esprimere in francese.
Il nonno, orefice, non avuto in troppo odore di santità, dovette abbandonare Roma, sua patria, col figliuolo, giovanissimo, e rifugiarsi a Buje nell’ Istria, dove continuò a esercitar l’arte sua, e dove Augusto, era il nome del figlio, si unì con Antonietta Mazzari, istriana, in matrimonio, dal quale nacque il maggio del 1841 Florido Bertini.
Nè solamente apparve buon Brighella, ma buon caratterista in genere ; e Carlo Goldoni scrisse per lui il Todaro Brontolon, il Fabrizio degl’Innamorati, il Don Policarpio della Sposa sagace, il Don Mauro dell’Amante di sè stesso, ed altro ; commedie tutte, nelle quali, a detta del Bartoli, mostrò tanto valore da diventare il Beniamino di Venezia, dove stette lunghi anni, prima al San Luca, poi al Sant’Angelo, sotto la direzione di Giuseppe Lapy, del quale, sempre a detta del Bartoli, fu più che amico, fratello. […] Con coloro, chi grida più ha più merito, e dove trovare tra i comici una voce da stali e premi più sonora di quella ?
Uno de’ più magnifici teatri di marmo dell’Asia minore era quello di Smirne, il quale probabilmente fu il luogo dove bruciarono vivo San Policarpo primo vescovo di quella città in età di anni 96 sotto Marco Aurelio o Antonino Pio. […] Il luogo spazioso e libero posto innanzi alle porte della scena (secondo Isidoro e Diomede) chiamavasi Proscenio, ed in mezzo di esso benchè alquanto più basso alzavasi il Pulpito che dicevasi λογειον, dove recitavano gli attori tragici e comici, e i planipedi, o sieno mimi che non usavano nè coturni nè socchi. […] Non per tanto dove i costumi mancano di una pubblica scuola teatrale che ammaestri il popolo sotto gli occhi di un provvido governo: dove il teatro, in cambio di essere scuola, fomenta le laidezze, le goffaggini, le assurdità, le bassezze, i pregiudizj, e resta abbandonato dalla gente colta e di buon gusto: dove la poesia drammatica si trascura, si pospone alle farse informi, e si avvilisce per le declamazioni degl’ imperiti, de’ pedanti orgogliosi e raggiratori, o de’ filosofi e matematici immaginarj: dove in somma si cade nell’eccesso contrario delle repubbliche Greche, ognuno vede che in un popolo così guasto si chiudono le cattedre di educazione e di morale che sono le ausiliatrici della legislazione.
Ma nel dramma, dove né si può, né si debbe supporre che i personaggi abbiano la mente alienata fino a tal segno, e dove l’azione, l’interesse e l’affetto hanno tanto luogo, il linguaggio, che corrisponde, può essere lirico bensì ma con parsimonia, quanto basti per dar al canto grazia e vivacità, senza toglier i suoi diritti alla teatrale verosimiglianza, e al diverso genere di passione, che vi si rappresenta. […] Ma egli è fuor di dubbio nel melodramma, dove siffatta unità apporterebbe molti inconvenienti oltre gli accennati della tragedia. […] Tali sono a un dippresso le ragioni onde si sono mossi i Signori d’Alembert 6 e di Marmontel 7 a dar la preferenza all’opera francese, dove regna il maraviglioso, sull’italiana, dove regna il vero comunemente. […] Ma dove la musica non vi si opponga, il poeta è tenuto a guardar i suoi diritti alla poesia, e al teatro, e l’abilità di lui consiste nel combinar le cose in maniera, che divenga il compagno, e non lo schiavo del compositore. […] Anche in quelle occasioni, nelle quali gli si comanda, o gii si permette di piegarsi all’uopo della musica, non debbe portare il comando o la licenza fino all’eccesso, ma fin là soltanto dove il richiede il fine propostosi.
Fu il’ 76 in quella di Pietro Rossi, dove recitò anche altre parti nelle commedie studiate.
Le parti di Creonte così nel Polinice come nell’ Antigone, di Egisto nell’ Oreste, di Appio nella Virginia, furon da lui magistralmente recitate ; ma dove non ebbe rivali, fu nelle due di Opimio nel Cajo Gracco, e di Zambrino nel Galeotto Manfredi.
Addestrossi nell’arte del recitare fra gli accademici della sua Patria ; e poi passò a Napoli, dove si fece onore.
Nella fede di nascita del figliuolo non abbiamo le notizie personali del padre, e però non sappiamo nè dove, nè quando sia nato : sappiam soltanto ch'egli era a Vienna comico al servizio di quella Corte, quando nacque il celebre figlio Antonio (1708), e che « fu — dice Fr.
È citato da Trajano Boccalini nei suoi Ragguagli di Parnaso, là dove dice (I, 242) : « ed in particolare tanta dilettatione ha dato a Sua Maestà il signor Cola Francesco Vacantiello, personaggio napolitano, che ha detto che anche nell’ introdurre il napolitano nelle comedie per rappresentar la fina vacanteria, havevano gl’Italiani mostrato il loro altissimo ingegno…. » Concordando le date, io credo potersi identificare in questo il Cola che fu mandato dal Duca di Mantova a Parigi il 1608 in sostituzione dell’arlecchino Martinelli, omai troppo vecchio.
L’olandese Golio ne’ suoi viaggi in Aleppo, nell’Arabia, nella Mesopotamia ed in Costantinopoli, trovò molti Turchi cortesi e illuminati, i quali gli permisero di osservare i codici delle loro libreriea In tutte le moschee considerabili si trovano collegii, dove s’ensegna a leggere e scrivere e spiegar l’Alcorano, ed anche l’aritmetica e l’astronomia e la poesia, la quale conserva l’indole orientale ripiena d’immagini forti e di metafore ardite. […] I commedianti turchi non hanno teatro fisso, ma vanno come i Cinesi rappresentando nelle case dove sono chiamati. […] Si vegga ciò che se ne dice nel tomo I della Gazzetta letteraria dell’Europa, dove si parla delle Lettere di Miledy Maria Worthley.
Il suo nome è passato in proverbio in Alemagna, dove per dinotare un verseggiatore fecondissimo suol dirsi è un Hann Sachs. […] Con simili componimenti battevansi colà i Luterani e i Cattolici; benchè questi assai più tardi si valsero di queste armi teatrali, avendo cominciato a farlo nel XVII secolo colla Graziosa Commedia della vera antica Chiesa Cattolica ed Apostolica, dove intervengono Lutero, Zuinglio, Carlostad con altri eretici, e Satana e Gesù Cristo, i SS. […] L’imperadore se ne sdegnò, e volea punirne l’autore, ma egli ebbe tempo di fuggirsi a Losana dove morì nel 155215.
le di Gambara) dalla signora Duchessa a una Comedia di Zani della Compagnia della Vittoria la quale si ritrova qui molti giorni sono, dove era anche il detto Card. […] A. sopra una salla grande di Palazzo dove fanno ordinariamente le comedie in pubblico. […] Nè già mi dolgo e pento di servitù sì cara e sì gradita, dove stimo piacer perder la vita.
, 738) : « A’tempi nostri s’è visto un Fabio comico, il qual si trasmutava di rubicondo in pallido, e di pallido in rubicondo, come a lui pareva ; e del suo modo, della sua grazia, del suo gentil discorrere, dava ammirazione e stupore a tutta la sua audienza. » Forse a questo stesso Fabio accenna il De Sommi, là dove dice nel terzo dialogo sui recitanti : « Io mi ricordo averne veduti di quelli, che ad una mala nuova si sono impalliditi nel viso, come se qualche gran sinistro veramente gli fosse accaduto. » ?
L’abbiam visto per le parti di Pantalone in Compagnia del Capitan Fiala, col quale e col Dottor Milanta, col Marchi e col Narici, firmò da Lodi una supplica al Duca di Modena per recarsi a Pavia, dove avevan preso impegno di recitare l’inverno del 1687, piuttostochè a Vicenza.
Fu, acclamatissima, in Toscana, a Bologna, a Genova e più specialmente a Torino, ove s’ebbe i più larghi segni di ammirazione e di protezione, ma dove anche, data alla luce una bambina, dovè miseramente perire nel 1768. »
Giovanni in Persiceto, dove morì nel 1836.
In arte non recitò che un anno, dopo il quale, benchè favorevolmente accolta, si restituì a Roma, abbandonata dal marito, dove continuò a recitare in Società private, alternando le sceniche rappresentazioni con declamazioni dantesche a cui dedicò studi speciali, e dov'è anche oggi, maestra di recitazione.
Carlino, sostituendo in questo anno a quelle del Tartaglia le parti di Vecchio, poi, nel 1746 al Nuovo, dove creò la parte di Rambaldo nello Scherzo comico del Di Fiore, musicato dal D’Aquino, altro comico — Fra lo sdegno nasce amore.
E dove dice (nella lettera autografa, che è nel ducale Archivio di Modena) in Francia, a Napoli, è scritto in margine : Francesco Ruino, Pignatta.
Figlia di un ostetrico, nata a Roma il 1845, e cresciuta a Milano, dove il padre, mazziniano, dovè rifugiarsi, entrò seconda amorosa nella Compagnia Monti e Preda, in cui ebbe compagna Virginia Marini.
Si recò poscia a Palermo, dove conobbe e sposò Lorenza Elisabetta o Isabella Del Campo, pregiata serva sotto il nome di Marinetta ; e di là a Roma, ov’ebbe le più festose accoglienze, e dove Marinetta si sgravò di un maschio che gli fu tenuto a battesimo dal cardinal Fabio Chigi, poi Papa Alessandro VII. […] S. sa benissimo in coscienza che è impossibile che io sia stato quello che le prese perchè non avevo mai visto il suo segreto ne dove fossero le chiavi ; et se è vero che V. […] Che il giorno avanti era stata a Versailles dove Mad. […] Non ò che agungere fori che non è in mio potere il far ritorno in Italia là dove l’ arbitrio reggio me ne tronca i tentativi. […] Ma dove si vide come egli avesse regnato sovrano nella Comedia italiana di Parigi si è nella vasta opera di bulino dei sec.
Nacqui là dove il Natisone inonda Città, che ricca è di guerrieri ingegni, Nè disprezza gli studi, e le bell’arti, Città, che liberal provò Rosmonda. […] Tolto da lui dove col senno è giunta Lodata libertà, che ogni altra vince, Semplice mossi il travagliato fianco Da celeste desir l’anima punta ; Che ne fu poi disgiunta Da chi togato altrui sembrava Lince, Ed era talpa in sua ragion non franco ; Onde mi volsi ad essercizio industre ; Così dal loco illustre Di chi tra pietre vide il ciel aperto Sciolto, feimi tra libri un tempo esperto ; Ma, perchè m’era troppo il piè legato Fuggitivo mi trassi ad altro stato. Per l’ Adriano mar su picciol legno Varcai onde, e perigli infin, che al lido Approdai dove langue oggi Ravenna ; Ravenna ora non più real sostegno ; Di prisca gloria segno. […] Andò con Francesco e Isabella Andreini alla Corte di Francia il 1603 : e allude a tal tempo nel I Capitolo al Della Genga, là dove dice : Con le Comedie ho già servito ai Gigli di Francia in Compagnia di quella donna che non teme del tempo i duri artigli. […] Lo troviamo il 1613 a Milano, dove pubblicò, terminate le recite, un sonetto di ringraziamento, già riferito dal Paglicci (op. cit.)
È lodato nel libretto della Scena illustrata, dove nella lettera dedicatoria così di lui si ragiona.
Avanti il '60 il Lipparini, abbandonato il teatro, si restituì in patria, dove morì sul cadere del '79.
Affetto da aneurisma nel collo, dovè, dice il Bartoli, abbandonar le scene del '65, e stabilirsi a Milano sua patria, dove morì del '68.
Ebbe una figlia ballerina, e andò con lei a Palermo, dove le fu rapita da un Personaggio di qualità.
Ma poi lasciata la comica arte, e distribuito a' poveri tutto il suo avere, ritirossi a Mestre, luogo da Venezia non più distante, che sette miglia : dove in un romitaggio, macerandosi continuamente con asprissime penitenze, passò molti anni ; finchè divotissimo e vecchissimo chiuse con morte felice i suoi giorni circa il 1630.
Hoggi ho consegnato alla Fran ceschina comico (alias Batista Amorevoli, il quale e tutto cosa mia, et e buona persona et desidero che gli facciate per amor mio buona cera) un pacchetto, dove è 3 libri di quei mia, del quale V. […] Co’ secondi Gelosi no certo : chè non si recarono in Francia fuorchè nel ’99…. e nel ’79 eran molto probabilmente a Firenze, dove Isabella Andreini diede alla luce il figlio Giambattista.
Ed io ben credo che così avvenisse; ma per soddisfazione degli Stranieri non si dovea avvalorare questa semplice asserzione con qualche pruova, col nominare almeno le Città dove tali rovine esistono? […] Nè anche egli ebbe notizia, a quel che pare, di alcune rovine teatrali site presso il luogo, che oggi occupa Senetil de las Bodegas, dove fu Acinippo, antico Popolo della Celtica nominato da Plinio1 con altri contenuti a Bæti ad fluvium Anam, dal Betial Guadiana. […] Adunque riconosce il Martì nel Teatro di Morviedro l’Orchestra costrutta alla Romana, cioè destinata a’ Senatori; là dove l’Orchestra Greca avea alcuna diversità, e serviva alla Timele per i Musici e i Ballerini.
Il suo nome è passato in proverbio in Alemagna, dove per dinotare un verseggiatore oltremodo fecondo suol dirsi, è un Hann Sachs, In tali farse fra mille goffaggini e bassezze, dicono gl’intelligenti di quel linguaggio, scorgonsi varie piacevolezze e pensieri che recano meraviglia a. […] Con simili componimenti battevansi colà Luterani e Cattolici; benchè questi assai più tardi si valsero di queste armi teatrali, avendo cominciato ad usarle nel secolo XVII colla Graziosa Commedia della vera antica Chiesa Cattolica ed Apostolica, dove intervengono Lutero, Zuiglio, Carlostad con altri eretici, e Satana e Gesù Cristo, i ss. […] L’imperadore se ne sdegnò, e voleva punirne l’autore, ma egli ebbe tempo di fuggirsi a Losana dove morì nel 1552a.
Viveva ancora al tempo del Bartoli (1782), il quale ci fa sapere com’ egli a Malta scrivesse un Prologo in versi martelliani, « dove finse che i comici agitati da una burrasca si trovassero vicini a naufragare ; e che poi assistiti da Netunno (il quale lasciavali con questi due versi : restate dunque amici al puro aer sereno, che a riposar men torno ad anfitrite in seno), potessero felicemente in quell’ Isola approdare, e far servitù a quella Nazione, come di fatto poi fecero. »
Morto il Re Carlo, passò con la Compagnia a Palermo, dove un frequentatore assiduo di casa, conosciute le sue non poche ricchezze, ed entrato una sera per la finestra, mentre tutti erano in teatro, gli rubò quanto più potè.
Grisostomo, dove creò la parte di Barone nell’Avventuriere notturno di Federici, rappresentata la prima volta a Trieste l’estate del ’95.
Si trovava il 1781 sempre con la Dotti a Ragusa, dove – dice il Bartoli – facea valere il suo spirito procacciandosi degli applausi, e facendo qualche mediocre fortuna.
Esso appartiene ad una immensa famiglia sparsa per la terra conosciuta e dilatata in tanti rami, la quale l’ha posseduto successivamente e guasto ed acconcio a suo modo secondo il genio di ciascun possessore, che vi ha lasciato il marco del proprio gusto or semplice or pomposo or bizzarro or saggio: specioso dove per bei pezzi Corintj e per sodi fondamenti Toscani, dove maestoso ancora per certa ruvida splendidezza di colonnati ed archi Gotici: diviso in grandi appartamenti altri nobilitati da greche pitture o da latine pompe, altri ricchi di bizzarri ornati di tritoni, egipani, sfingi e sirene a dispetto della natura: delizioso in mille guise ne’ boschetti, nè romitaggi, nè compartimenti diversi de’ giardini, là vaghi per naturali ricchezze di olenti rose, garofani, gelsomini e mamolette, là ricchi di fiori olandesi, di cocco, ananas ed altri frutti oltramarini, là pomposi per verdi viali coperti, giuochi d’acque, fonti idraulici, laberinti e meandri.
Da altre lettere pubblicate dallo stesso D'Ancona, lo sappiamo a Firenze il I° giugno del '92, e a Mantova il 20 luglio, dove pare armeggiasse presso il Duca, suo nuovo padrone, per certi suoi segreti. […] Ma la lettera più curiosa, e che ci mette al nudo Drusiano e Angelica nella lor intimità conjugale, è quella che il Capitano Catrani scriveva di Mantova il 29 aprile '98 al Consigliere Cheppio, riferita anch' essa per intero dal D'Ancona (ivi, 523), nella quale spicca in mezzo alle accuse di uomo falso, calunniatore, senza onore, infame, questo brano edificante : Mentre Drusiano è stato ultimamente in questa città che son da cinque mesi in circa, à visso sempre de mio con il vivere ch' io mandavo a sua moglie, et egli atendeva a godere e star alegramente sapendo bene de dove veniva la robba, et comportava che sua moglie stesse da me et venisse alla mia abitatione, et non atendeva ad altro che a dormire, magnare, et lasciava correre il mondo : come di questo ne farò far fede avanti S.
Io credo che niuno abbia capito e rivelato ai posteri l’arte somma di Giovanni Toselli, meglio di quanto facesse il compianto Luigi Pietracqua, del quale mi piace riferir qui tradotte le belle parole : I posteri riconoscenti, artisti e ammiratori, gli dedicaron monumenti marmorei così a Cuneo sua terra natale, come al Teatro Rossini di Torino, dove si ammira un suo busto assai rassomigliante ; ma il più bel monumento se lo eresse da sè, creando un teatro popolare, che prima non esisteva ; inventando, per dir così, un nuovo genere d’arte così viva e possente, che per bestemmiar che facciano certi ipercritici della moderna tubercolosi artistica (leggi : teorica nova) non morrà più mai nè nella memoria nè nel cuore del nostro popolo che pensa colla sua testa e giudica col suo buon senso, infinitamente superiore a tutte le fisime più o meno isteriche di certi scrittorelli, più o men camuffati da Aristarchi Scannabue. […] Morì a Genova il 12 di gennajo del 1886, e il 9 di aprile dello stesso anno, la sua salma, reclamata dall’autorità municipale di Cuneo, fu trasportata con gran pompa in quel cimitero, dove si ammira il busto che abbiamo detto, opera dello scultore Alessandro Cafetti, sulla cui base è la seguente epigrafe dettata da Desiderato Chiaves : a | GIOVANNI TOSELLI | che su queste scene | il teatro piemontese | instaurò | perchè ricreando educasse | testimonianza | di memore affetto | i torinesi posero | il xii cennaço m dccc lxxxvii.
176.) non vuole stimar verisimile, che le farse (triviali, fredde, smunte, snervate) del Naarro potessero tollerarsi in Italia, dove si rappresentavano le Commedie del Macchiavelli, dell’Ariosto, del Bentivoglio: quando che si sa che Leone X. chiamava a Roma la Compagnia de’ Rozzi, i quali non rappresentavano quelle eleganti Commedie. […] Or dove sono i decantati insigni Drammatici prima di Lope? […] Comici vi furono al certo moltissimi, ma che fossero eccellenti e regolari giusta i buoni principj, quì è dove s’intoppa. […] Ma dove sono mai, ripeto, questi semi dolci, preziosi, di cui si pasce solo l’Apologista tra tutti i nazionali e gli stranieri? Voi, Signor mio, par che me gli cacciate sotto il naso, e pur Voi non sapete quali siano, nè dove siano, nè se mai siano stati, e così mi lasciate più digiuno di Tantalo.
Era poi verisimile che farse così triviali si tollerassero colà, dove si rappresentavano tante dotte ed eleganti commedie del Macchiavelli, del Bentivoglio, e dell’Ariosto? […] Subito viene la curiosità di domandar dove sono, o chi l’afferma? […] Questo maestro de Oliva prima del 1533 stava in Italia, dove fece le sue traduzioni. […] L’autore le chiamò «prime tragedie spagnuole», e non era vano il vanto, ben meritando il titolo di prime per essere originali, dove che quelle di Perez erano traduzioni. […] e dove é fondata?
Uno de’ più magnifici teatri di marmo dell’Asia Minore era quello di Smirne, il quale probabilmente fu il luogo dove bruciarono vivo san Policarpo primo vescovo di quella città in età di anni 96 sotto Marco Aurelio o Antonino Pio. […] Il luogo spazioso e libero posto innanzi alle porte della scena, secondo Isidoro e Diomede, chiamavasi Proscenio, nel cui mezzo benchè alquanto più basso alzavasi il Pulpito che dicevasi Λογειον, dove recitavano gli attori tragici e comici e i planipedi, ovvero mimi che non usavano nè coturni nè socchi. […] Non pertanto dove i costumi mancano di una pubblica scuola teatrale che ammaestri il popolo sotto gli occhi di un provvido governo: dove il teatro in cambio di essere scuola fomenta le laidezze le goffaggini le assurdità le bassezze i pregiudizii, e resta abbandonato dalla gente colta e di gusto: dove la poesia drammatica si trascura, si pospone alle farse informi, e si avvilisce per le declamazioni degl’imperiti, de’ pedanti orgogliosi e raggiratori, o de’ filosofi e matematici immaginarii: dove in somma si cade nell’eccesso contrario delle repubbliche Greche; ognuno vede che in un popolo così guasto si chiudono le cattedre di educazione e di morale che sono le ausiliatrici della legislazione.
Arrivata a una certa età, e messosi assieme coll’arte sua un po’ di danaro, abbandonò le scene, stabilendosi a Mantova, dove comprò una casa presso il teatro, e propriamente quella vicino alla Torre del Zucchero, la quale, ben ammobigliata, affittava poi a’ comici che si recavan colà a far la stagione.
Grazioso nei gesti e nelle parole, destò fanatismo in varie principali città, fuorchè in Venezia, dove non seppe distruggere le belle prevenzioni radicate per Antonio Sacco, il celebre Truffaldino.
A Sebenico, dove trovavasi con la compagnia, s’innamorò di una giovane che tolse in moglie, lasciando l’arte per la mercatura.
Luca, dove creò la parte di Fatima nella Sposa persiana, e d’onde uscì del '55 per voler del marito, per non tornarvi mai più.
E dove si è mai sostenuto, da qual moderno Aristotele si è prescritto, da qual Vitruvio insegnato, che il modello archetipo della buona costruzione de’ Teatri debba torsi dagl’Italiani di oggidi? E se tali cose non si leggono in veruna parte della Storia de’ Teatri, dove, Sig. […] E con tali sagge provvidenze inspirò lo spirito di decenza in un Teatro, dove interviene il fiore della Grandezza Spagnuola di ambo i sessi, la Uffizialità più distinta, e la gente seria ben nata, che ama in qualche ora di godere tranquillamente dello spettacolo senza essere disturbata dalla plebaglia.
Si vedrà bene, scorrendo per diversi climi, che dove la terra non si smuove co’ vomeri di ferro, si lavora co’ legni adulti; dove non si cuce cogli aghi si adoperano le spine; dove non si taglia coll’acciaio, si usano le felci: ma la coltivazione per obbligar la terra ad alimentarci, e le arti d’accozzare e tagliar lane e cuoia per coprirci, si son trovate in paesi distantissimi colla scorta del solo bisogno.
Scorrendo per diversi climi ben si vedrà che dove la terra non si smuove co’ vomeri di ferro, si lavora co’ legni adusti: dove non si cuce cogli aghi, si adoperano le spine: dove non si taglia col l’acciajo, si usano le selci.
Scorrendo per diversi climi ben si vedrà che dove la terra non si smuove co’ vomeri di ferro si lavora co’ legni adusti, dove non si cuce cogli aghi si adoperano le spine, dove non si taglia coll’ acciajo si usano le selci; ma la coltivazione per obbligar la terra ad alimentarci, e le arti di accozzare e tagliar lane e cuoja per coprirci, si sono trovate in paesi lontanissimi colla scorta del solo bisogno.
Morto il Campioni, ella entrò col marito nella Compagnia di Pietro Rossi, dove, al fianco dell’amoroso Leopoldo Maria Scherli, potè mostrare tutta la sua valentìa.
E questo delirio si mantenne costante nelle principali città dell’ Italia e dell’ America, dove la Gemma si preparò un agiato avvenire.
La Gaidoni continuò per alcun tempo ancora a vagar di compagnia in compagnia, finchè doma dagli anni dovè lasciar le scene e rifugiarsi in Genova, dove miseramente visse fino all’anno 1849.
Morto improvvisamente il primo attore della Compagnia Battaglia (annegò nel Po con altri comici, mentre si recava da Pavia a Piacenza), il Patella andò a sostituirlo ; e, trovatosi in un campo adatto alle sue eccellenti qualità artistiche, potè ne'primi teatri d’Italia ottener successi clamorosi, confermati poi nel San Giovan Grisostomo di Venezia, dove, esordito col dramma di Monvel Clementina e Dorigny, tanto vi piacque, che la veneta aristocrazia disertò gli altri teatri per recarsi ogni sera a sentir lui, il quale, dopo alcune sere, nella creazione dell’Aristodemo di Monti e di Nerone nell’Agrippina di Pindemonte raggiunse il sommo del trionfo.
A richiesta del Duca di Modena, rispose accettando di far parte della di lui Compagnia, di cui eran principale ornamento i Calderoni Silvio e Flaminia, con lettera da Roma del 19 aprile 1679, nella quale si lagna acerbamente del malo trattamento de' capocomici verso di lui, che non sa nè dove spedire la condotta, nè chi la riceverà, nè in che piazze andrà, nè come sia composta la Compagnia, e che soprattutto s’è visto, con suo danno e rossore, metter fuori una seconda donna già scritturata d’accordo con lui, certa Angiola Paffi : « danno, hauendo seco un antico, e non poco concerto (cosa mendicata, e ricercata da ogni Moroso), e rossore per esser tenuto un parabolano, et un falso ; e dopo essermi consumato in Venetia ad aspettare la certezza et unione di questa donna, si ritratta al presente ciò che si deve per debito, essendo stata accettata e corrisposta da tutti. » E si raccomanda al Duca di ordinare che i comici gli scrivano, perchè egli possa con loro più apertamente discorrere. « Alla Paffi – conclude – in cuscienza et appresso Dio et al mondo non si deve mancare. »
Nato a Zante il 22 novembre 1866 da parenti non comici, fu cresciuto a Milano, dove, fatti gli studi tecnici, ed esercitatosi tra quei filodrammatici, si scritturò con Emanuel ; passando poi, in vario tempo, con Tibaldi (Compagnia Nazionale), la Duse, Cesare Rossi, Pietriboni, Falconi, Bertini, Paladini.
Volata la fama della sua grandezza artistica a Parigi, i comici del Re lo invitarono a recarsi colà, dove esordì il 20 settembre 1759, succedendo a Carlo Antonio Veronese, sotto la maschera di Pantalone in una commedia di Sticotti figlio e Moramberg, intitolata : Le avventure della caccia. […] Antonio Collalto, che dopo di avere riscossi lunghi applausi in Italia, passato è a Parigi, dove presentemente è stimato ed applaudito qual merita.
Delia talor, mentre che nasce e more l’argento tuo, fin là dove t’estolli, le caduche speranze, e i pensier folli nostri rimira col tuo bel candore. […] ……… Ch' Ella fosse congiunta a Cesare Nobili, come inclinerebbe a credere il Belgrano, non si può dire : tuttavia non è assai fuor del probabile, potendosi forse ritenere ch' ella fosse davvero Nobili di nascita da un sonetto di Enriço Sottovello (pag. 68), là dove dice : mentre Camilla Rocca, onor, contento del secol nostro…..
Non figlio di comici, nacque a Macerata il 7 maggio del 1857, ma dovette, per rovesci di fortuna, recarsi ancor giovinetto colla famiglia a Roma, dove, dominato dall’amore dell’arte, entrò nella filodrammatica Pietro Cossa, della quale era direttore Eugenio Gerbino, piemontese, un de’ migliori e più vecchi dilettanti.
La serbò in vita un marinaio, che trovavasi in uno schifo, vicino al sito dove gettossi, afferrandola alla gonuella.
Ma le scene del teatrino privato eran troppo anguste a soddisfar le vanità e mostrar le qualità del Roscio futuro, il quale, scritturatosi in Compagnia Dreoni per le parti comiche che non abbandonò più, passò poi in quelle di Sterni, e, nel 1874, di Emanuel e la Pasquali, dove colla farsa Il Casino di campagna, da lui raffazzonata, toccò addirittura la celebrità.
Ora scorrono dove si dovrebbono fermare, ora si fermano dove dovrebbero scorrere. Istrumentano di troppo in alcuni sentimenti comuni, e lasciano inoperosa l’orchestra in più luoghi dove la musica strumentale dovrebbe supplire ai silenzi energici del cantore. […] Questo non è che il primo ostello dove si rinfrancano i cavalli per ripigliare valorosamente la corsa. […] Non altro che una breve dimora della voce su una qualche vocale, dove il canto aggrumola insieme un numero di picciole note succedentisi con grazia e leggierezza. […] Pare che l’anima loro non esista fuorché nei tasti del cembalo, che la loro esistenza tutta si raduni sulle punte dei diti, e che gli spartiti siano la carta geografica dove si comprende tutto il loro universo scientifico.
Scioltasi da Zaccone, e unitasi in società con l’attore Lotti, piena di fede e di coraggio, superbamente bella, esuberante di vita, vòlto l’animo e il pensiero a orizzonti migliori, salpò per l’America, il sogno dorato de’comici, dove, giunta a Pernambuco, cadde fulminata dalla febbre gialla che la strappò in brev’ora all’adorazione de’ suoi.
Scioltasi quella, dopo nove anni di buona fortuna, la coppia Giardini continuò da sè a condur compagnia, e sempre con crescente favore del pubblico ; ma venuta la Carolina in quella età in cui mal si addicon a un’attrice le parti di prima donna, e non volendo a niun patto scender di grado, risolse di abbandonar la scena e separarsi dal marito, per assumer il posto di direttrice nella Filodrammatica del Falcone in Genova, dove il 5 dicembre del 1877 morì di polmonite.
L’algebra dunque, la geometria, la nautica, l’idrostatica, l’astronomia, la medicina, la fìsica e le altre scienze consimili colà si veggono maggiormente avvanzare e fiorire dove lo studio è più universale, i tentativi più costanti e più frequenti, e la libertà nell’opinare è meno ristretta. […] Mentre tanto si deliziano nello spettacolo, mentre si vantano di essere quei fortunati coltivatori che l’hanno sollevato alla maggiore perfezione possibile, mentre si dimostrano pieni di entusiasmo per tutto ciò che ha riguardo alla musica, soffrono ciò nonostante che la parte poetica primo fonte della espressione nel canto e della ragionevolezza nel tutto, giaccia obbrobriosamente in uno stato peggiore di una prosa infelice e meschina, in uno stato dove né il teatro conserva i suoi diritti, nè la lingua i suoi privilegi, in uno stato dove la musica non ritrova immagini dà rendere né ritmo da seguitate, in uno stato dove la ragioni non vede alcuna connession fra le parti, né il buon senso alcun interesse fondato nelle passioni, in uno stato finalmente dove s’insulta ad ogni passo alla pazienza di chi assiste alla rappresentazione, e al gusto di chi la legge. […] Io non so più dove m’abbia il capo. […] Egli ama poco il recitativo, dal che ne siegue che voi dovete essere estremamente laconico a costo ancora di affollare gli avvenimenti, ma si compiace nelle ariette principalmente, in quelle dove si può gorgheggiare come sono le romorose, o che chiudono qualche comparazione. […] A fine di schivar le contese fa di mestieri parimenti che tutti i personaggi cantino per ordine le loro ariette incominciando dal primo uomo o dalla prima donna infino all’ultimo, e siccome vorrei che vi si mescolasse il buffo, così non farebbe male un finale dove tutti cantassero ad un tratto.
Vecchio, povero, malazzato, si recò nella primavera del 1774 a Brescia, dove mori.
Educata nel Collegio delle Rosine a Torino, dove nacque, ne uscì a quattordici anni per abbracciar l’arte dei parenti.
Orfano della madre a sette anni, fu messo nel collegio militare di Maria Luigia in Parma, di dove uscì a sedici anni, per dedicarsi poco dopo all’arte, contro la volontà del padre che avrebbe voluto farne un soldato.
Lasciò il’ 91 il teatro, per darsi alla quiete domestica, mutandosi di signorina Glech in signora Rosellini a Genova, dove dimora tuttavia.
Nell’atto quinto, dove la francese commediante rimane avvelenata fiutando un mazzolino di fiori inviatole dalla sua rivale, il lento processo della venefica emanazione fu così bene dipinto dalla Laboranti, che a giudizio dei provetti frequentatori della commedia, ella ragguinse la sublimità della Ristori.
Fu lungo tempo coi comici Lombardi, sciolti i quali, passò in Compagnia di Giuseppe Lapy, di dove uscì per diventar conduttore di una piccola compagnia.
Imperciocché se tacessero i trilli, dove parlano le passioni, e la musica fosse scritta come si conviene, non vi sarebbe maggior disconvenienza che uno morisse cantando, che recitando dei versi. […] Qual calore e qual vita non viene a ricevere infatti un recitativo, se là dove si esalta la passione sia rinforzato dall’orchestra, se ogni sorta d’arme assalga il cuore ad un tempo e la fantasia? […] E ciò non tanto in riguardo alla vastità del teatro, dove la lontananza si mangia la diligenza, ma in riguardo ancora alle voci, a cui debbono soltanto servire. […] Così però che ciascuna qualità di strumenti convenisse all’indole delle parole a cui debbono servire, e che eglino entrassero a luogo a luogo, dove più lo richiedesse l’espression della passione. […] Ma cosi non avrebbe già egli detto di quelle dello incomparabile Tartini, dove trovasi somma varietà congiunta con la unità la più perfetta.
Le lagrime di questo popolaccio dinotano ch’egli abbia cuore, e dove egli piange, è certo che vi è il patetico. […] col numero degli anni sentirà ammortiti i suoi sensi e la sua fantasia, e si ravviserà già diventato indifferente agli oggetti, che quelli e questa riguardano; là dove la gioventù tutta senso e fantasia vivacissima, si attacca agli oggetti, che la solleticano con una sensibilità eminente. […] E dove trovasi lo scherzevole, il dilettoso, le badin nel Canto VII. della Gerusalemme? […] E dove vede l’Ecloga in quel Canto? […] 193.: “Ma dove trovare ne’ moderni censori del nostro Teatro quelle qualità necessarie a giudicar dritto delle opere d’ingegno che noi ammiriamo in un Brumoy e in un Rapin?”
I cori dell’opera sono composti di venti persone in circa, che per lo più vengono dall’Ukrania o Picciola Russia dove si studia molto la musica vocale. Le opere serie si rappresentano in corte circa venti volte l’anno, componendosene una in ogni anno, ma vi si cambiano dieci o dodici volte i balli; là dove nell’opera comica francese che pur vi si rappresenta, bisogna mutare spessissimo i drammi perchè si soffra.
I personaggi per lo più sono inutili ed episodici; le inconseguenze continue; lo stile ineguale ora plebeo e della feccia del volgo, ora fuor di proposito elevato, sempre sconvenevole e lontano dalla tragica gravità, la versificazione dove pomposa, dove triviale. […] Compete questa osservazione ad una favola, di cui tre atti almeno sono inutili, e dove Didone, senza apparire la necessità che l’astringe a promettersi a Jarba, è posta nel caso di darsi la morte per non isposarlo?
Tra gli atti di tal parlamento trovansi dichiarate inutili e d’istituzione pagana le scienze e le università dove s’insegnano. […] Egli non meno del Shakespear scrisse molti drammi indegni di lui: con questa differenza che a Shakespear anche nelle cattive composizioni scappano fuori certi tratti inimitabili, ma Johnson dove cade non mostra traccia veruna di sapere o d’ ingegno. Guglielmo d’Avenant successore di Ben Johnson coltivò parimente la poesia tragica; ma essendosi ricoverato in Francia, dove osservò lo spettacolo dell’opera in musica, volle introdurla nel teatro nazionale.
Neri (Fanfulla della Domenica, 16 luglio 1882) a far le parti di donna sotto nome di Franceschina cogli Uniti a Genova, dove con nota 4 agosto 1614 fu loro concesso di recitar commedie per due mesi.
Si unirono in società il 1803 con Angiolo Venier e si recarono a Venezia prima al San Giovan Grisostomo, poi al San Benedetto, dove Luigia rinnovò i trionfi della prima volta.
Carlino anche nel 1800 ; dove lo troviamo nel 1803, usciti di Compagnia alcuni importanti attori, tra’quali il Pertica, scritturato per le parti serie e sostenute.
Compiuti gli studi universitari, si diede, dopo ottime prove in quella filodrammatica, alle scene, dove, dotato di prestante figura e di voce armoniosissima, riuscì artista di qualche pregio.
Morto il padre nel febbraio del '62, egli entrò di punto in bianco primo amoroso ai Fiorentini di Napoli, dove, mercè gli ammaestramenti del Taddei, dell’ Alberti, del Salvini, della Cazzola, della Pezzana, della Marini, salì a tal grado d’arte, che la quaresima del '70 partiva con la madre per Cremona a raggiunger la Compagnia di Alamanno Morelli, della quale egli era il primo attore assoluto.
Grisanti Agostino) ; che non contenti d’ haverci stancato le città la Compagnia del Duca di Parma aveva prima d’essi recitato a Verona trenta commedie) dove dovevamo andarci noi, cercono ancora di non lasciarci fare le nostre opere, che sono mie, in Venetia.
Se la mia Musa grama dopo fenì i bagordi in sta Città seguitar li podesse in dove i va, Gran versi in quantità farghe vorave a questi do soggetti o canzon, o capitoli, o sonetti.
Ma dove ancor più fui colpito dall’espressione, dal calore, dalla mimica di questo attore, si fu nella parte di Giuda nel Giuseppe riconosciuto, mediocrissimo dramma tradotto dal francese.
Parte dello stesso anno pare fossero a Ferrara ; certo il maggio erano a Mantova, dove alloggiavan precisamente al Biscione, e d’onde furono scacciati il 5 di maggio con ordine reciso e immediato del Duca. […] Una casa dove la natura vivi fa che habitemo in soffita, e morti la ne manda in magazen sotto terra. […] Un imperio dove l’ huomo per la rason vien coguosuo della razza real ; e un corpo che per le sue alterazion o vicisitudini ne fa vegnir in cognizion delle sue infirmitae. […] Altri dise che l’esser orbo è un gran contento ; openion de quel filosofastro di Asclepiade, che vegnuo orbo ringraziette el cielo che per l’auegnir el faraue andà accompagnao dove prima l’andava solo, e non havevane abuo tanti impedimenti a i so studij.
Dopo la qual prova, il povero vecchio, riprese la via di Padova, dove morì….
Instituitasi nella sua Ravenna una Società filodrammatica, egli vi mostrò subito attitudini chiare alla scena : e trasferitosi il '67 con la famiglia, a Firenze, dopo la morte del padre, entrò nell’ Accademia de'Fidenti, di dove uscì dopo breve tempo (1871), per entrar quale amoroso nella Compagnia della Sadowski, diretta da Cesare Rossi.
., – in geniali caricature ; dove, se difetta la correttezza del disegno, è pur sempre un sentimento e uno spirito de' più vivi, non raggiunti fin qui.
Nato di nobili parenti, non si sa dove, nè quando, ma fiorito tra la seconda metà del secolo xvi e la prima del xvii, fu artista sommo per le parti di Innamorato. […] Le prove certe di lui cominciano dall’estate del 1600, in cui lo vediamo col Frittellino Cecchini a Lione, dove si publica, a sua istanza, Il Postumio, comedia del signor I. […] Nella XIVª, quella cioè del modo di concertare il soggetto, ufficio esclusivo del Direttore di Compagnia, egli dice : Il Corago, Guida-Maestro, o più pratico della conversazione deve concertare il soggetto prima di farsi, acciocchè si sappia il contenuto della comedia, s’intenda dove hanno da terminare i discorsi e si possa indagare concertando qualche arguzia, o lazzo nuovo. […] Per esempio : recitando all’ improvviso è più facile impedire che il personaggio che entra in iscena s’ incontri con quello che esce, perchè parlando, ed aggiungendo parole sopra la materia, si può vedere quale scena sia occupata dal Personaggio, che sarà per uscire, e non entrare per quella ; ma per dove sarà vota. […] Et per vita sua la prego a dirmi, come potevo io dire, tu hai da andare, tu hai da restare, tu che sei primo diventar secondo, et fra huomini dove è libertà et compagnia persuadere per accettabile la superiorità et la suggezzione ?
Priamo prega gli dei tutelari di Troia d’inspirargli quello che sia per lo migliore; e intanto sacrificano al Xanto e alle Ninfe dell’Ida, invitandole a scendere dalla montagna per unirsi con Venere, la quale fra giubilo di suoni e cantici è per guidare le festevoli sue danze là dove prima, tra gli urli e i gridi, Marte guidava la fiera sua tresca. Nell’Atto secondo Sinone è condotto prigioniero dinanzi al re, e vi tiene quel discorso dove Virgilio ha cosi bene espresso in versi latini la greca eloquenza.
Per le commedie non v’ha tra tanti e tanti commedianti chi uscisse dalla mediocrità, ove se n’accettui il solo Moliere, che colse le palme prime, ed il Dancourt assai debole attore, che pur dee contarsi tra’ buoni autori; là dove contansi fuori della classe de’ commedianti di mestiere tanti stimabili scrittori comici, come Des Touches, Regnard, Du-Freny, Saint-Foi, Piron, Gresset e cento altri Qual commediante nelle Spagne (senza eccettuarne Lope de Rueda, che fu il Livio, Andronico di quella penisola) si è talmente accreditato che contar si possa tra’ migliori scrittori al pari del Vega, del Calderòn, del Moreto, del Solis, del Roxas, di Leandro, de Moratin? […] Questa città è lontana poche miglia dall’antica Atella dove s’inventò l’antica commedia Atellana adottata da’ gravi Romani.
Incoraggir bisogna innanzi altro i poeti che sono l’anima degli spettacoli teatrali; cercare ogni via perchè si sollevino dalla turba de’ versificatori; instruirli della ragion poetica stella polare delle rappresentazioni; essi così formati sapranno l’arte di dipingere i caratteri e le passioni, e guidati da un soprio discernimento inspireranno il proprio entusiasmo agli attori, i quali pieni di questo spirito rappresenteranno con energia, naturalezza e sensibilità quanto la natura umana loro presenta; là dove copiando unicamente gli attori stranieri confonderanno gli eccessi e le bellezze per mancanza di vero lume e rappresenteranno sempre con istento e durezza. […] I cori dell’opera di Pietroburgo sono composti di venti persone in circa che per lo più vengono dall’Ukrania, o Picciola Russia, dove si studia molto la musica vocale.
Io sento fin qui il rumore dello applauso che vi danno le genti : le quali montando le mura del loco dove sete, rompendo porte e passando canali et d’alto smontando, si pongono a periglio di mille morti per poter solamente godere una sol hora la dolcezza delle vostre parole.’ […] In mezzo a tutto questo, scappano fuori periodi in latino sgrammaticato e senza senso, richiami a sproposito ad autori greci, latini, italiani, anche immaginari, citazioni monche ed erronee di passi latini, talora riferiti dove non hanno nulla che vedere…. etc.
Alla coltura del Savorini accenna Luigi Riccoboni nel capitolo settimo della Storia del Teatro Italiano, là dove dice : « Nell’anno 1690, all’età di tredici anni, io cominciava a frequentare il teatro : tutti i comici di quel tempo erano ignoranti. […] Deciso di tornarsene a Milano, si recò a piedi sino a Finalborgo, dove potè ricavare il bisognevole per giungere a Milano, recitando poesie giocose e cantando canzonette nel caffè.
Lui morto a Genova, nell’anno 1864, essa continuò la società che egli aveva fatto con Cesare Dondini ; sciolta la quale, ritornò scritturata a Napoli, dove sposò in seconde nozze Enrico Alberti, fratello di Adamo, che lasciolla ben presto nuovamente vedova.
Non pertanto fu meritevolmente applaudito, e fu per un comico eccellente per ogni dove considerato.
Sempre in Compagnia del Bazzigotti fu il carnovale del '70 in Ferrara, dove, scoperto alla fine, risolse di palesare il suo stato al Marchese Camillo Bevilacqua, coll’aiuto del quale potè ottenere la protezione del Cardinal Crescenzi, Legato di Ferrara, che inviollo a Roma a'piedi di papa Clemente XIV, dal quale ottenne la più ampia assoluzione di ogni sua colpa.
Interpretò magistralmente i varj caratteri delle commedie goldoniane, del Nota, di Giraud ; ma dove apparve davvero gigante fu nelle parti di seconda importanza, come, a esempio, in quella del Maggiordomo Longman di Pamela Nubilc, in cui non ebbe mai chi gli si accostasse.
Entrato poi il Vestri nella Compagnia Nazionale, dove non era alcun posto per lei, non volendo ella creare ostacoli alla scrittura del marito, si ritirò dalle scene, e, dopo la morte di lui, a Bologna, traendo meschinamente la vita.
Non fu il Vitaliani uomo di specchiata moralità, e un senile pervertimento gli procacciò processi, e pur troppo anche la carcere, dove morì presso Trieste, il 26 luglio 1893.
Il '90 era con Maggi, che la conduisse in America, dove, in quel luttuose Rio Janeiro lasciò la vita per febbre gialla il 14 maggio del '91, precedendo di tre ore il povero marito, Vespasiano Grassi, colpito assieme a lei dal morbo inesorabile.
Passò il 1806 in Compagnia del caratterista Andrea Bianchi, della quale era primo attore il gran De Marini, che, udito il giovine artista, e capite subito le sue chiare attitudini alla scena, lo consigliò ad assumer le parti del capocomico, il quale annuì di buon grado a esser da lui sostituito, facendolo esordire il carnovale del 1807 al San Benedetto di Venezia, dove il Vestri, nel nuovo ruolo si acquistò la stima e la benevolenza ë l’amore di ogni classe di pubblico. […] Da quella di Napoli, passò il '29 dopo la morte del Righetti alla Real Compagnia di Torino, nella quale stette fino al '41, per andare come attore e direttore di una nuova Compagnia formata da Carlo Re, proprietario del vecchio Teatro di tal nome in Milano, che esordì la quaresima al Teatro Obizi di Padova, dove si manifestarono i primi sintomi del tumor maligno da cui fu condotto al sepolcro in Bologna la mattina del 19 agosto di quell’anno medesimo, in così misero stato finanziario, da non lasciare il danaro sufficiente alla spesa dei funerali, fatti solennemente mercè pubbliche offerte, e così descritti nel giornale Il Felsineo dall’attore bolognese Augusto Aglebert : Il giorno 21 agosto la campana della chiesa di S. […] Egli allora si tolse la parrucca, si mise il cappello, si buttò sulle spalle un mantello, e si recò in platea, dove, ordinato all’orchestra di cessare dai suoni, cominciò a dire : « Grazie anzitutto, o Signori, della vostra fedeltà ; ma io desidero che non restiate qui ad annojarvi in questa specie di deserto ; e in cambio della Bottega del Caffè, vi do una sala della Trattoria del Selvatico, dove dividerete con me una modesta cena che ardisco di offerirvi.
E più oltre, al Capitolo VIII, anno 1840 : con grave dolore perdemmo il bravo artista Luigi Belisario, il quale non volle rimanere con noi, dappoichè avendo per figlia una graziosa giovanetta che aveva grande disposizione per l’arte drammatica, preferì di fare una Compagnia drammatica da lui diretta e portarsi in Sicilia, dove la figlia esordi come prima attrice e fu molto applaudita, ed avrebbe fatta una bella carriera, se dopo pochi anni non si fosse ritirata dal teatro, facendo un vantaggioso matrimonio.
Cosi saggio veggiam duce là dove giunse vincente, e rapido e veloce indi partirsi, e portar guerra altrove. »
Tornato di Modena, ove fu, come dicemmo, a recitare a quel Teatro Rangoni, non si levò mai più dalla sua Bologna, dove morì nel 1767.
Figlio di un ciabattino di Udine, dove nacque verso il 1780, fu allevato nel mestiere del padre, morto il quale, vagando di paese in paese, or questo or quello frecciando, s’ imbattè in una piccola compagnia di comici che lo accolsero in qualità di socio, e da cui fu licenziato, dopo la prima sua comparsa in pubblico.
In tutte le moschee considerabili si trovano collegj dove s’insegna a leggere, scrivere e spiegar l’Alcorano, ed anche l’aritmetica, l’astronomia e la poesia, la quale conserva l’indole orientale ripiena d’immagini forti e di metafore ardite. […] V. il tomo I della Gazzetta letteraria dell’Europa, dove si parla delle Lettere di Miledy Maria Worthley.
Morto Vizentini, il celebre Thomasin del Teatro italiano, Catolini tentò di sostituirlo, riapparendo la sera dell’8 ottobre 1739 nella parte di Arlecchino Hulla ; ma anche ’sta volta fu poco più che tollerato, e dove cedere il posto ad Antonio Costantini, figlio natural di Costantino Costantini, il rinomato Gradelino.
Scioltasi la Pezzana dalla compagnia, egli continuò trionfalmente al soldo del Boldrini, facendo il giro del Brasile : ma perdutivi di febbre gialla il capocomico e la moglie signora Cappella, e il primo attor giovine Ernesto Colonnello, tornò in Italia, dove, il’ 75, fece società con Alessandro Salvini, per passare poi primo attore scritturato con la Paladini, con cui fu a Lisbona, applauditissimo.
Il giugno del '93 lo vediamo a Perugia, al termine di un corso di recite, poi per un mese, a Gubbio, di dove il Rechiari scrive direttamente al Marchese Pio, perchè gli ottenga dal Duca una commendatizia pel Cardinal Rubini, Legato di Urbino e Pesaro, acciò si possa recar in quelle due piazze a guadagnarsi il vivere.
Lo vediamo in tale ufficio a Modena il 1758, dove immaginò I fuochi teatrali, cioè : Due fontane versanti nella platea le composizioni presenti allusive alle suddette fonti, e ai componimenti suddetti, che pure alludono alle Medesime, siccome all’arme de la serenissima Casa d’Este alle stelle che la circondano, all’ecclissi del sole, ed ai segni del zodiaco, rappresentati dai fuochi sopraddetti, spieganti in generale le glorie della suddetta serenissima casa, alla quale umilmente li dona, dedica e consacra l’ossequiosissimo servidore.
Vestigii di teatro veggonsi nel Piceno dove era Alia rovinata dal Goto Alarico, della quale a’ tempi di Procopio rimanevano appena poche reliquie. […] Oltre Terracina, seguitando la Via Appia, nel luogo dove fu Longola città descritta da Dionigi Alicarnasseo e da Livio, vedesi un teatro quadrato appresso il monistero di S. […] Nel rimanente dell’Europa, dove giunsero le vincitrici armi di Roma, trovansi pur teatri. […] Presso il luogo che oggi occupa Senetil de las Bodegas, dove fu l’antico Acinippo della Celtica mentovato da Plinio, trovansi tuttavia esistenti le tre porte della scena166. […] Leandro Alberti nella descrizione dell’ Italia, dove parla del Ducato di Spoleto.
Non erano i Greci coloro che nell’orribil notte dell’incendio portavano scorrendo per ogni dove la strage: era la dea Giunone, che minacciosa e terribile appiccava con una fiaccola in mano il fuoco alle porte Scee; era l’implacabil Nettuno, che scuotendo col tridente le mura, le faceva dai fondamenti crollare. […] Dotati da una parte di facoltà moltiplici sì interne che esterne, e dall’altra collocati in circostanze, ove i mezzi di soddisfarle sono sì scarsi e dove i mali vengono sovente ad amareggiare i frali ed interrotti piaceri della loro vita, gli uomini non hanno altro supplemento che il desiderio vivo d’esser felici, e l’imaginazione che si finge i mezzi di divenirlo. […] I disordini introdotti dal governo feudale, e l’impossibilità d’ogni buona politica ove le leggi deboli ed impotenti non potevano far argine ai delitti, ove altro non regnava fuorché violenze e rapine, e dove la bellezza dell’oggetto era un incitamento di più ai rapitori, aveano convertita l’Europa in un vasto teatro d’assassini e di furti, di scorrerie e di saccheggi. […] Non trovando nella terra un paese dove ciò si rendesse probabile, trasferirono la scena al cielo, all’inferno, e a’ tempi favolosi. […] Tutto il romanzo non è che una scuola, dove gli uomini di mondo possono imparare le arti più studiate e più fine, onde gabbar le fanciulle ben educate.
Compiuto il triennio, andò a stabilirsi a Napoli dove stette sino al ’51, ora scritturato al teatro de’ Fiorentini, pel quale ebbe più volte incarico da quella Corte di formar compagnia, ed ora libero.
Sebbene ella non conoscesse pur le lettere dell’alfabeto, mostrò sempre tale spirito arguto, tanta giocondità spontanea, che fu un giorno notata, mentre faceva la spesa dal pizzicagnolo, da un filodrammatico dialettale, che la persuase a entrare nella Società di San Simone come attrice, dove ella dopo tre sole prove mandò in visibilio il pubblico.
Giraud Edoardo, la più bella macia del teatro milanese, nato a Milano da un negoziante di seta, entrò giovinetto nel collegio di Gorla minore, compagno ai Dal Verme e ai Borromeo, passando poi al liceo Longoni, poi al politecnico di Zurigo, dov’ebbe a professore l’ex-ministro De Sanctis, e dove compiè i suoi studi.
Fu poi con Giacinta Pezzana, col Bellotti (Compagnia n. 2), e finalmente ancora con Virginia Marini, per un triennio, dopo il quale (carnevale dell’ '83) si recò a Firenze, dove morì il 23 giugno dello stesso anno.
Passò ancora per alcuni anni di compagnia in compagnia, finchè fu scritturato assieme al Novelli nella Compagnia Nazionale, dove stette un triennio, per passar poscia in quella di Giovanni Battista Marini.
Ella rivaleggiò con le maggiori artiste del suo tempo : a niuna seconda in nessun genere di parte, le superò tutte nella commedia, in cui, dice il Regli, era una potenza ; e aggiunge che : « Pamela nubile, Zelinda e Lindoro non ebbero più mai un’interpetre così fedele e così perfetta. » Ritiratasi dall’arte, andò a recitar co' filodrammatici a Vicenza, dove, a soli cinquantun’ anni trovò la più tragica fine. « Afflitta da molte sventure di famiglia, angosciata di cuore e alterata di mente, uscì di casa una mattina senza dire ove andasse, nè mai più fu veduta….
Un grande vantaggio sopra il comico ha senza dubbio l’attore nell’opera in musica, dove la recitazione è legata e ristretta sotto le note, come nelle antiche tragedie. […] Rimangono ancora nella memoria dei Francesi simili finezze usate dal Baron e dalla Le Couvreur, che tanto faceano risaltare i versi di Cornelio e di Racine; e si sentono tuttavia fedelmente imitare in un paese, dove il teatro, come in Atene, fa gran parte della vita e dello studio. […] Allora solamente potranno essere udite anch’esse con vero diletto, e troveranno la via del cuore; e questo pure intende di dire, come avvertiva colui, il cartello dell’opera, dove è scritto «si recita per musica», e non è scritto «si canta».
Bartoli, là dove dice che Atanasio Zannoni per rendersi particolare nell’eseguire la parte di questo personaggio, ha voluto allontanarsi dall’adottato suo trivial costume, e l’ha reso un uomo illuminato e spiritoso ; che parla con eleganza, che raziocinia con buon criterio, che ha qualche cognizione delle scienze, e ch' è naturalmente per sè stesso un poco filosofo. […] Ne'Contratti rotti, negl’Influssi di Saturno, nella Vedova Indiana, ed in altre commedie dell’arte, dove egli abbia un assoluto maneggio vedesi pure il Zannoni porre in opera tutto il suo ingegno, ed infaticabilmente adoprarsi con lode nell’esecuzione dello studiato suo personaggio…. ecc.
Nella corte di Ferrara, dove fin dal secolo precedente fiorirono gli spettacoli scenici, il duca Alfonso da Este fece innalzare un teatro stabile secondo il disegno che ne diede l’immortale Ludovico Ariosto.
III, pag. 76) : Non nego che molto non abbia contribuito all’ ottima riuscita di tal commedia il merito personale di quell’ eccellente attrice, che sostenne mirabilmente il personaggio di Corallina ; ma appunto conoscendo io dove potea fare maggior risalto la di lei abilità, ho procurato vestirla d’una prontezza di spirito, che a lei suol essere famigliare, e mi è riuscito l’effetto, a misura dell’intenzione.
Abbandonato allora il capocomicato, diventò segretario del Toselli ; poi, tornato capocomico, tentò riduzioni di commedie piemontesi nel dialetto veneziano, quali Maridemo la putela, e La fia de Sior Piero all’asta ; e vistone il successo, formò una vera e propria compagnia dialettale, e andò a riaprire a Venezia quel Teatro Comploy, dove appunto la commedia veneziana era morta.
Entrò il '78 nella Compagnia Iucchi, diretta da Giovanni Emanuel, e il '79, dato un addio alle scene, si ritirò nella sua Bologna, dove morì il 19 febbrajo dell’ '85.
Giova fermarsi alquanto sopra di essi per conoscere i vari costumi de’ secoli, e fin dove possa giugner l’abuso che fa talvolta l’uomo degli oggetti più rispettabili. [16] Memoranda sarà mai sempre la festa detta “dei Pazzi” celebrata per molti secoli in quasi tutta l’Europa, dove le più ridicole rappresentazioni si framischiavano a delle cerimonie cotanto licenziose che sarebbero affatto incredibili se attestate non venissero da un gran numero di scrittori saggi ed accreditati. […] Il Quadrio fa menzione d’un altro intitolato il Costantino, dove si leggeva una pistola di San Paolo, e alla fine si cantava il Te Deum. […] In Ispagna, dove le antiche usanze durano più lungo tempo che per tutto altrove, si conservò fino a’ nostri giorni il costume di eseguire siffatte rappresentazioni benché trasferite dalla chiesa in teatro col titolo di Autos sacramentales, ed abbellite coi più vaghi colori della poesia, e di superbe decorazioni. […] Se non che l’esempio di questo grande armonista non ha avuta alcuna influenza nell’Italia dove la musica ecclesiastica con discapito della religione, con iscandalo degli esteri, e con irreparabile iattura del buon gusto dura sul medesimo piede dopo due secoli, nonostanti alcune rispettabili eccezioni che, per esser poche, non bastano a derogare al costume generale.
Or dove si favella quì di Canto moderno, o antico? […] “Il Dramma Musicale (asserisce) è un lavoro bizzarro di Poesia e di Musica, dove il Poeta e il Musico scambievolmente l’uno schiavo dell’altro si logorano il capo per fare una cattiva Opera”. […] E perchè l’avrebbero allontanata dal Teatro, dove principalmente doveano eccitarsi le passioni per insinuare al Popolo i precetti salutari della Morale? […] Andate a un Teatro, domandate al più abjetto del volgo, dove vada? […] 272.): “Ecco quanto addiviene nella rappresentazione teatrale; dove questa sia perfetta, produrrà il sospirato effetto dell’illusione senza veruna convenzione: dove sia un ammasso d’inverisimili, non vi sarà convenzione, che basti a produrla”.
« Volse il cielo che la signora Vincenza, forse per purgar de’ vizj la corrotta gente, si desse al recitar comedie in scena, dove degli uomini, come in uno specchio, rappresentando il vivere, e d’essi riprendendo i perduti costumi e gli errori, a vita lodevole gli infiammasse, il che fatto di leggiero avrebbe, quando il mondo non fosse al suo bene cosi incredulo, etc. etc. » e qui tien dietro la solita predica in difesa delle commedie e contro coloro che le aborriscono, e che « come odono nominar comici, par che sentano qualche cosa profana e sacrilega. […] Felice Pò cui si dolce aura spira sovra le sponde, acque beate voi dove cigno novel cantando gira. […] Ecco : pur giunta è l’ora prefissa a piacer tanto ; ond’io, senza dimora, prendo il notturno manto, ed al luogo m’invio, dove alberga il cor mio. […] Giunto al felice loco ch’è al mio piacer parato, dove risplende il foco, ripiglio alquanto il fiato, e poi, la lingua sciolta, io parlo, ed ella ascolta.
Qualche anno dopo, la Compagnia ligure si sciolse, ed egli accettò una scrittura colla Compagnia Negrini, stabile in Napoli al Teatro Nuovo, dove era direttore il celebre Zanon, e nella quale stette tre anni.