Pochi, dinanzi al pubblico, gli si accostarono nella declamazione di Polinice, di Egisto nell’Agamennone, di Pilade nell’Oreste, e sopr’ a tutto del protagonista nel Saccente, commedia tedesca, in cui egli, di prodigiosa memoria, citava di continuo in otto o dieci lingue tramorte e vive e con corretta pronunzia, nomi e fatti di storia, di letteratura, di mitologia, di arti, di scienze, di lettere.
Era egli lepido nel suo discorso, accorto, e pronto nelle risposte, ed i lazzi suoi pantomimici dilettavano per la loro varietà e per essere fatti nella debita situazione del teatro, che da' Comici a tempo si appella.
Non vi fu Piazza, nella quale, al momento della partenza, non trovasse che dire pei debiti fatti con questo e con quell’oste.
I precedenti fatti principali, variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi, e de’ gradi di coltura, compongono la storia de’ teatri di tutta la terra. […] Il dramma cinese non si spazia in episodi che son fuori dell’azione principale, perché tutti prende a rappresentare i fatti più rilevanti d’una lunga storia.
Così in fatti avvenne. […] In fatti Arione che fiorì nel l’olimpiade XXXVIII fu uno di quelli che precedettero Tespi ed inventò il verso tragico, ed introdusse in iscena i satiri.
Con alcuni avanzi – aggiunge il Bartoli – da lei fatti nel mestiere, e con l’assistenza del fratel suo (Francesco Catroli, comico anch’esso) potè circa dieci anni sono (1772) abbandonare del tutto il teatro, e vivere a sè stessa ritirata in un angolo della città di Venezia segregata sino al dì d’oggi dal commercio, non solo de’ comici, ma quasi interamente del mondo.
Nella Rebecca e nella Susanna serbò il costume de’ nazionali di trasportare sul teatro i fatti della Biblia con poca regolarità. […] Nell’Ildegarde sopra alcuni fatti de’ bassi tempi intorno a Carlo-Magno tesse l’autore una favola che chiama comica su Ildegarde di lui moglie calunniata.
Di fatti uscirono in Teatro, ed il Vitalba incominciò a ragionare con quello spirito, ed eleganza, che era sua propria dote.
Portava un abito tutto bianco, come costuma anch’oggi il Pierò de’Saltatori, e metteva certi occhiali fatti di legno, non solo rotondi, ma concavi ancora.
quel sopprimere i fatti che vi si narrano? […] Così dopo di aver commesso un manifesto delitto contro la veracità propria dell’uomo onesto, dopo di aver dissimulati, a guisa di un astuto inonesto Curiale, i fatti istorici innegabili, si lusingava il buono Signor Lampillas di uscir dal giudizio impunito con una (perdoni se nomino quì, come diceva Aristofane, zappa la zappa) con una buffoneria, fidando forse nel verso Oraziano, Solventur risu tabulæ, tu missus abibis.
Nella Rebecca e nella Susanna serbò il costume de’ nazionali di trasportare sul teatro i fatti della Biblia con poca regolarità. […] Nell’Ildegarde sopra alcuni fatti de’ bassi tempi intorno a Carlo-Magno tesse l’autore una favola che chiama comica su Ildegarde di lui moglie calunniata.
In fatti : se Tiberio Fiorilli nacque il 1608, la fuga da Napoli del padre accadde poco dopo quest’ anno. […] In fatti : nel luglio 1651 Tiberio Fiorilli era a Roma con la moglie Isabella : nello stesso mese e stesso anno vi erano Giovan Battista Fiorillo con la moglie Beatrice ; e tutti quattro, invitati dal Serenissimo di Mantova pel prossimo carnovale, risposero negativamente per averlo impegnato in Roma.
I primi passi nell’arte furon fatti con un ciarlatano, come accadde al Bissoni (V.) e ad altri. […] Venendo poi a parlare degli onori fatti a comici antichi e moderni (saran riportate le sue parole al nome di ciaschedun comico ; V. […] Gridato poco men che al miracolo, il pubblico fece assai buon viso alla Compagnia, tanto che il teatro fu a ogni rappresentazione pieno zeppo di spettatori, e Beltrame fece assai più denari che non avrebbe fatti, senza quell’accidente.
… Niuno forse, innanzi di cimentarsi in ardue lotte dinnanzi al pubblico, andò compiendo gli studj di preparazione, di lunga e minuziosa disamina sui fatti e sulle frasi e parole, ai quali egli suole abbandonarsi. […] E « i fatti diversi » delle Gazzette d’ogni giorno stanno li per provarlo ! […] Negatogliene il permesso, si fece presso alla ribalta, mentre si recitava l’ Elisabetta d’ Inghilterra, e si diede a discorrer de’ fatti suoi al pubblico in cosiffatta guisa che poco dopo fu arrestato e imprigionato.
Di fatti che cosa è mai questo mio povero presente agli occhi dell’Autor preclaro del poema de i Doveri dell’Uomo, delle auree traduzioni de’ Greci Bucolici e di Anacreonte, e delle Pescagioni?
Battista, e il 13 aprile del 1689 un tal dottore Pietro Francesco Torricelli fa istanza al Cardinal Cibo, perchè voglia ottener dal Duca di Modena la remissione dall’esilio, protestandosi innocente nell’impostura datagli, che habbi fatti attestati di percosse nella persona di Graddellino Commediante.
In fatti : non solamente egli ne compose (sono in tutti sessantatrè, due dei quali soltanto in versi : della primavera e della impietà) per comici di professione, ma anche per dilettanti.
Una catena d’idee uniformi fece spuntar la poesia rappresentativa in tanti paesi che insieme non comunicavano; ed il concorso di altre simili idee sopravvenute a moltissime società pure senza bisogno di esempio le condusse a produrre alcuni fatti comuni a tutti i teatri. […] In fatti nelle picciole nascenti popolazioni del vecchio e del nuovo continente trovansi si bene i semi della drammatica, cioè saltazione, canto, versi, ma non rappresentazione che meriti di chiamarsi teatrale.
Perchè dunque l’Apologista si mette a negarlo prima d’istruirsi de’ fatti? […] In fatti niuno de’ Francesi ha mai sognato attribuire alla Opera Italiana le mostruosità, che voi fantasticate, nè quelle riconosciute da’ più dotti Critici Spagnuoli nel loro Teatro. […] Se dite, che non sono necessarie, siete smentito da’ fatti antichi e moderni, dalle cure di Eschilo, e dalle insinuazioni di Aristotele, e poi dalle disposizioni del Conte di Aranda. […] Ha creduto da poi a quegli aspidi fatti dal suo compagno? […] Se non la vedeste nell’esempio addotto alla vostra maniera, la vedete ora ne’ fatti da me esposti?
» E meglio lo sappiamo da Messer Ludovico Dolce, che nella lettera di dedica a Giacomo Contarini del poemetto di Burchiella i fatti e le prodezze di Manoli Blessi strathioto, ci dice di lui che nel recitar commedie passò così avanti, da poter essere meritamente chiamato il Roscio dell’età sua. – E de’versi che il Burchiella lasciò in italiano e in greco, dice il Dolce ch’e’ potean contendere con quelli del Bembo e del Petrarca.
Si vogliono al medesimo secolo riferire le sette farse spirituali inedite recitate in Napoli da me descritte nelle Vicende della Coltura della Sicilie a; come ancora le favole drammatiche allegoriche recitate da’ Fiorentini nel 1442 nell’ingresso trionfale di Alfonso I di Aragona in Napoli; e i Misteri della Passione ivi fatti rappresentare nella Chiesa di santa Chiara con magnifiche decorazioni dal medesimo re nella settimana santa l’anno 1452, in cui venne in questa città Federigo III imperadore; ed anche le farse buffonesche inedite di Antonio Caracziolo rappresentate per lo più alla presenza di Ferdinando I; e finalmente li Gliuommere nel dialetto napoletano di Jacobo Sannazzaro, e la farsa toscana del medesimo illustre poeta della presa di Granata rappresentata in quella reggia in presenza di Alfonso duca di Calabria nel 1489a. […] Nell’atto I leggesi in margine Rex Borsius loquitur ; ed in fatti seco stesso egli parla a lungo delle prodezze del Piccinino; indi sopragiunge un sacerdote che narra varii funesti prodigii, e dopo aver molto l’uno e l’altro cianciato termina l’atto con un coro. […] Verso la fine del secolo, cioè nel 1492 Carlo Verardo da Cesena nato nel 1440 e morto nel 1500, che fu arcidiacono nella sua patria e cameriere e segretario de’ Brevi di Paolo II, di Sisto IV, d’Innocenzo VIII e di Alessandro VI, compose due drammi fatti rappresentare in Roma solennemente dal mentovato cardinal Riario. […] Nel parlar che fa Plutone della religione di Cristo e di Maometto frammischia i nomi e i fatti di Piritoo, Castore, Oreste ed Ercole. […] Ed in fatti par che l’autore si proponesse di narrare in un dialogo continuato l’azione esposta nell’argomento.
Si vogliono al medesimo secolo riferire le sette farse spirituali inedite recitate in Napoli da me descritte nelle Vicende della Coltura delle Sicilie 45; come ancora le favole drammatiche allegoriche recitate da’ Fiorentini nel 1442 nell’ingresso trionfale di Alfonso I di Aragona in Napoli; e i misteri della Passione ivi fatti rappresentare nella chiesa di Santa Chiara con magnifiche decorazioni dal medesimo re nella settimana santa l’anno 1452, in cui vennevi Federigo III imperadore; ed anche le farse buffonesche inedite di Antonio Caracziolo rappresentate per lo più alla presenza di Ferdinando I; e finalmente li gliuommere nel dialetto napoletano di Jacopo Sannazzaro e la farsa toscana del medesimo della presa di Granata rappresentata in quella reggia in presenza di Alfonso duca di Calabria nel 148946. […] Nell’atto I leggesi nel margine Rex Borsius loquitur; ed in fatti egli seco stesso parla a lungo delle prodezze del Piccinino; indi sopraggiugne un sacerdote che narra varii funesti prodigi, e dopo aver molto l’uno e l’altro cianciato termina l’ atto con un coro. […] Verso la fine del secolo, cioè nel 1492 Carlo Verardo da Cesena nato nel 1440 e morto nel 1500, che fu arcidiacono nella sua patria e cameriere e segretario de’ Brevi di Paolo II, di Sisto IV, d’Innocenzo VIII e di Alessandro VI, compose due drammi fatti rappresentare in Roma solennemente dal mentovato cardinal Riario. […] Nel parlarsi da Plutone della religione di Cristo e di Maometto si frammischiano i nomi e i fatti di Piritoo, Castore, Oreste, ed Ercole. […] Ed in fatti par che l’autore si proponesse di narrare in un dialogo continuato l’azione esposta nell’argomento.
Una catena d’idee uniformi fece spuntar la poesia rappresentativa in tanti paesi che insieme non comunicavano; ed il concorso di altre simili idee sopravvenute a moltissime società pure senza bisogno di esempio le condusse a produrre alcuni fatti comuni a tutti i teatri. […] In fatti nelle picciole nascenti popolazioni del vecchio e del nuovo continente trovansi sì bene i semi della drammatica, cioè saltazione, canto, versi ma non rappresentazione che meriti di chiamarsi teatrale.
Ed in fatti Tespi che purgò la tragedia da ogni mescolanza comica, tingendosi di feccia, poteva mai farlo con intento di eccitare il riso? […] Nè poi questa maschera di tutto il capo rimase inutile allorchè si costruirono i teatri chiusi, come quelli di Corinto e di Atene fatti a spese di Erode Attico, e gli altri de’ Romani; poichè in quel tempo ancora l’uditorio rimaneva allo scoperto, e que’ teatri erano così vasti e magnifici che potevano agiatamente contenere quale venti, quale trenta e quale quarantamila persone; per non parlare di quello di M.
Ed in fatti Tespi che purgò la tragedia da ogni mescolanza comica, tingendosi di feccia, poteva mai farlo con intento di eccitare il riso? […] Nè poi questa maschera di tutto il capo rimase inutile allorchè si costruirono i teatri chiusi, come quelli di Corinto e di Atene fatti a spese di Erode Attico, e gli altri de’ Romani; perchè in quel tempo ancora l’uditorio rimaneva allo scoperto, e que’ teatri erano così vasti e magnifici che potevano agiatamente contenere qual venti, qual trenta e quale quarantamila persone, per non parlare di quello di M.
In fatti l’eccidio de’ Macabei che avviene nell’atto primo, eccita tanta commozione che fa comparire languido il rimanente. […] In fatti lo stato del cuore di Zaira vien dipinto nelle parole di Nerestano e di Fatima nell’ultima scena. […] Ella ha pure il merito di essere stata la prima a mostrare sulle scene francesi i fatti della nazione. […] Ma perchè egli si arroga la gloria di essere stato il primo a recar sulla scena i fatti nazionali? […] Perchè dunque mentisce dicendo di aver presi i fatti dalla storia nazionale?
Per mia beneficiata feci il Goldoni e le sue sedici commedie, in cui sostenevo la parte del protagonista ; ebbene, quantunque stravecchia la commedia, pure il teatro era quasi pieno, e rimasero nette 314 lire, senza alcuni regali che mi vennero fatti, mentre in festa con Dramma nuovo, non abbiamo mai incassato più di 160 lire.
La gran Semiramis a buona ragione non dee reputarsi una tragedia divisa in tre atti o giornate, ma una rappresentazione de’ fatti di questa regina in tre favole separate. […] La cruel Cassandra contiene molti fatti e molti ammazzamenti, ed è la più spropositata delle favole del Virues.
Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, là dove nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grandi uomini. […] Egli volle distenderla con fatti e personaggi episodici, e la rendette meno rapida, e ne fe sparire l’unità.
I precedenti fatti principali variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi e de’ gradi di coltura, compongono la storia de’ teatri di tutta la terra. […] Il dramma Cinese non si spazia in episodj estrinseci all’azione, perchè tutti prende a rappresentare i fatti rilevanti di una lunga storia.
Nella prima però i caratteri più importanti sono alcuni ribelli e traditori, i quali fanno vedere le più belle qualità per affrettare la ruina del loro paese, che nell’imprenderne la difesa gli avrebbero fatti ammirare come grand’uomini. […] Egli volle distenderla con fatti e personaggi episodici, e la rendette meno rapida e ne fe sparire l’unità.
Nè, a detta degli intelligenti, anche nel tempo della sua gran rinomanza, fu mai riguardato come attore di grandi pregi : e ai versi del La Fontaine che si leggon sotto al bel ritratto del De Troy (V. pag. 715), fatti probabilmente ad istanza di lui, il Gacon nel suo Poëte sans fard contrappose i due seguenti epigrammi riferiti dai fratelli Parfait (op. cit. […] Evaristo Gherardi, il famoso Arlecchino, successor di Mezzettino, a cui dobbiamo esser grati della preziosa raccolta di tutte le scene rappresentate sul teatro italiano, biasima fieramente l’opera, siccome quella che tende a calunniare un incomparabile artista, mettendo sotto gli occhi del pubblico fatti non mai accaduti.
Il collega rifiutò l’incarico e lo pregò di darlo in sua vece a Tommasino, altro collega, del quale era ben nota la probità, e il quale in fatti dopo aver avuto l’assentimento di un fratello dell’Alborghetti all’intiera esecuzione del testamento, pare l’acconciasse nel miglior modo con la vedova che molto ebbe a lodarsi di lui, e che poi andò a seconde nozze con un comico italiano, Francesco Materazzi, detto il Dottore.
Il ciarlatano era fuor de’gangheri e dichiarava non solo di non esser suo padre, ma di non averlo mai conosciuto :… e più inveiva contro di lui, più cresceva nella folla la compassione pel disgraziato ragazzo, di cui furon comperate tutte le droghe, e a cui furon fatti per giunta molti regali.
Ecco in fatti ciò ch'egli ne dice alla pagina 18 del secondo volume : Il Brighella di quella Compagnia era un bolognese nasuto che faceva il sartore di professione, e cangiata l’aveva in quella di commediante.
Ed in fatti se a conservar la tranquillità di ogni stato bastar potesse il gastigare o prevenire i delitti che lo sconcertano, l’armata sapienza delle leggi è quella che presta alle società l’opportuno soccorso per atterrire o distruggere i colpevoli e per minorar la somma dei delitti, a quali trascorrono gli uomini abbandonati a’ proprii appetiti e alle passioni eccessive. […] Adunque principalmente in tal tempo abbisogniamo di un saggio educatore che alla giornata ci ammonisca e ci mostri passo passo fedelmente il mondo civile e quale egli è in fatti e quale esser dovrebbe. […] Mi contenterò intanto di narrare più pienamente di quel che altra volta non feci, gli sforzi fatti sino a questi tempi ne’ paesi conosciuti per dipignere sui teatri ora grandi sconcerti ora picciole ridevoli avventure.
Egli racchiuse, come i Cinesi, in una rappresentazione di poche ore i fatti di trenta anni: introdusse nelle favole tragiche persone basse, prostitute, ubbriachi, calzolai, beccamorti, spiriti invisibili, un leone, un sorcio ed il chiaro della luna che favellano: egli non seppe nè astenersi dal miracoloso ed incredibile, nè separare dal tragico il comico, restando per ciò, non che lungi dal pareggiare Euripide, inferiore allo stesso Tespi. […] Ma questo vero indiscreto non si dee imitar sulla scena; in prima perchè la parte più sana riprenderà l’impertinenza del buffone, e perciò sembrando tal mescolanza sconvenevole nella conversazione dovrà, come in fatti avviene, dispiacere ancor nella scena, dove la natura dee comparire scelta e conveniente19. […] Per umiltà avrà egli voluto occultarci i progressi da lui fatti nelle matematiche, ragionando a bella posta così incongruamente e con frequenti contraddizioni; e per la stessa umiltà avrà voluto fingersi poco o nulla istruito della letteratura straniera e della nazionale.
In fatti lo stato del cuore di Zaira vien dipinto nelle parole di Nerestano e di Fatima nell’ultima scena. […] Essa vantar può eziandio il merito di essere stata la prima a mostrare sulle scene francesi i fatti della nazione. […] Questi fatti istorichi non ebbero luogo nella tragedia. […] Ma perchè egli si arroga la gloria di essere stato il primo a recar sulla scena i fatti nazionali? […] Perchè dunque mentisce dicendo di aver presi i fatti dalla storia nazionale?
In fatti in questo ruolo esordì il '47 colla Fusarini, passando poi socio con Lottini il '48 e '49, a fianco della Nardi prima attrice e della Cazzola amorosa, con cui si trovò, sciolta la società, nella Compagnia di Antonio Giardini.
E ci venne di fatti, e la sua scelta cadde su Teodora Ricci (V.), la moglie dell’istoriografo dei comici italiani.
Egli ne tollerava la satira, contentandosi solo di prescrivere agli attori di rispettar la regina, altrimenti gli avrebbe fatti impiccare. […] Chiuse, com’essi, in una rappresentazione di poche ore i fatti di trent’anni, e restò al di sotto dell’istesso Tespi per non aver saputo separar il tragico dal comico.
Chiaramente da essa si ravvisa che dentro delle Alpi, dove appresero gli altri popoli a vendicarsi in libertà, e propriamente in Piacenza, in Padova, in Roma, colle rappresentazioni de’ Misteri rinacque l’informe spettacolo scenico sacro: che quivi ancora, e non altrove, nel XIV secolo se ne tentò il risorgimento seguendo la forma degli antichi coll’Ezzelino e coll’Achilleide tragedie del Mussato, e colle commedie della Filologia del Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV, il secolo dell’erudizione, continuarono a scriversi tragedie dal Corraro, dal Laudivio, dal Sulpizio, dal Verardo, e commedie dal Bruni, dall’Alberti, dal Pisani e dal Polentone, ed in volgare assicurarono alle italiche contrade il vanto di non essere state da veruno prevenute nel dettar drammi volgari, la Catinia, l’Orfeo, il Gaudio di amore, l’Amicizia, molte traduzioni di Plauto, il Giuseppe, la Panfila, il Timone: finalmente che gl’Italiani nel XIV e XV secolo nel rinnovarsi il piacere della tragedia non si valsero degli argomenti tragici della Grecia, eccetto che nella Progne, ma trassero dalle moderne storie i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure del signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita del re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione di Cesena. Che se l’esser primo nelle arti reca qualche gloria, e questa non può negarsi all’Italia per la serie de’ fatti narrati e finora non contraddetti da pruove istoriche, sarà il ridirlo delitto per lo storico, oltraggio pel rimanente dell’Europa?
Chiaramente da essa si ravvisa che dentro delle alpi, dove appresero gli altri popoli a vendicarsi in libertà, e propriamente in Piacenza, in Padova, in Roma, colle rappresentazioni de’ Misteri rinacque l’informe spettacolo scenico sacro: che quivi ancora, e non altrove, nel XIV secolo se ne tentò il risorgimento seguendo la forma degli antichi coll’ Ezzelino e coll’ Achilleide tragedie del Mussato, e colle comedie della Filologia del Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV che fu il secolo dell’ erudizione, in latino continuarono a scriversi tragedie dal Corraro, dal Laudivio, dal Sulpizio, dal Verardo, e commedie dal Bruni, dall’Alberti, dal Pisani e dal Polentone; ed in volgare assicurarono alle Italiche contrade il vanto di non essere state da veruno prevenute nel dettar drammi volgari, la Catinia, l’Orfeo, il Gaudio d’amore, l’Amicizia, molte traduzioni di Plauto, il Giuseppe, la Panfila, il Timone: finalmente che gl’ Italiani nel XIV e XV secolo nel rinnovarsi il piacere della tragedia non si valsero degli argomenti tragici della Grecia, eccetto che nella sola Progne, ma dalle moderne storie trassero i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure del Signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita del re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione di Cesena. Che se l’esser primo nelle arti reca qualche gloria, e questa non può negarsi all’Italia per la serie de’ fatti narrati e finora non contraddetti da pruove istoriche, sarà il ridirlo un delitto dello Storico, un’ oltraggio al rimanente dell’Europa?
Anzi la perderebbe in fatti e in detti con voi degli Orator l’Archimandrita, e direbbe, leccandosi le dita, questi dell’alma mia sono i confetti. […] Chi dunque poteva scrivere al Duca in persona lettere di così aperta famigliarità, parlando degl’ interessi di Compagnia, accusando compagni, reclamando rimproveri, dando commissioni intime e delicate, e svelando fatti, di cui potrebbe arrossire una donna maritata, se non una donna, artisticamente al meno, a capo della Compagnia ?
Con tal pensiero dunque volsi prima farla recitare, per vedere se li fusse stata alcuna parte soverchia oppure bisognevole, come in fatti io feci nel felicissimo battesmo della figliuola dell’ Eccellentissimo Signor Duca d’Umena, alla presenza della Serenissima Regina Madre et de molti illustrissimi Prencipi e Principesse.
Così che non cessa l’Autore finchè non ha fatti morire tutti i nove personaggi più principali, lasciando appena in vita alcuni servi introdotti nella favola. […] Ho ciò trovato nella confessione che fa l’ingenuo Signor Montiano, cioè che “in essa si accumulano tanti e tanti fatti che eccede per la complicazione e la moltitudine . . . i quali offuscano e confondono in certo modo l’Azione senza lasciarle quella brillante chiarezza che si esige”. E sebbene l’istesso Montiano dica che vi si osservano le tre unità, non si vede offesa la più importante di esse, cioè quella di Azione dalla moltitudine e complicazione di tanti e tanti fatti che ne offuscano la necessaria chiarezza? E tanti e tanti fatti rannicchiati nel tempo concesso al Dramma, non guastano colla poca verosimilitudine l’altra unità del tempo? […] Saverio, che il Signorelli non si allontana da’ sentimenti de’ Critici Spagnuoli nel giudicare de’ supraccennati Drammatici, e non legge alla sfuggita, nè sopprime i fatti, nè abbisogna di far dire a’ Giraldi quello che non dissero mai.
Il Teatro arlecchinesco difficilmente mancherà del tutto all’Italia, e difficilmente mancheranno alla Spagna, non dico i buffoneschi Sainetti e Tramezzi che terminano a bastonate, e los Titeres, e gl’insipidissimi Pantomini fatti da los Volatines in tempo di Quaresima, ma le Commedie di Magie, di trasformazioni, di pazze apparenze Cinesi in aria, in terra, e nell’inferno, che si vedono ogni anno in quattro o cinque Commedie su Pietro Abailardo, in altre quattro su Marta Romorantina, in cui il Diavolo amoreggia e fa da primèr Galàn, in due del Mago D. […] Or quì il Signor Lampillas che de’ fatti fa poco conto, e si attiene alle amate sue congetture, dice così: “E vorrà il Signorelli darci ad intendere, che in quei tempi fosse sì delicato il gusto degl’Italiani avvezzi alle più ridicole arlecchinate, che dovessero schifare le nostre Commedie per la mancanza di regolarità?” […] Ma avvertite che gli Scrittori le purgarono de’ difetti principali; e chi fa una Storia della Poesia Drammatica, non corre dietro, come il vostro Agostino de Roxas, al mestiere, alla vita, e a’ fatti de’ negletti Istrioni. […] Nelle Commedie Istoriche i fatti sono adulterati: in quelle d’invenzione si pensa solo a ingarbugliare: l’ingegno non conosce altro entusiasmo, che il cammino insegnato dagli Attori. […] Quivi in fatti traluce un genio proclive allo stravagante, all’esagerato, al romanzesco, che dovea allora essere accetto agl’Istrioni.
Vi sono poi certe farfacce buffonesche che costano poco e fanno talvolta gran romore sulla scena, dalla qual cosa potrebbero gl’ inesperti dedurre una falsa conseguenza (e la deducono in fatti e ne fanno pompa) e fuggir la fatica necessaria per mettersi in istato di scrivere componimenti simili all’Atalia e al Misantropo, perchè non furono questi la prima volta ricevuti favorevolmente dagli spettatori.
Allegorica essa è in fatti in quanto che il poeta si prefigge di pignervi la prepotenza della maggior parte de’ Grandi su gli nomini ancor meritevoli e benefici; la qual cosa era lo scopo de’ Greci poeti, repubblicani, di che fecero pure qualche motto Andrea Dacier e poi Pietro Brumoy. […] Euripide veramente non a torto nella sua Elettra si burla di simili segni; ed in fatti non si prenderà mai per modello delle agnizioni teatrali questa di Eschilo sfornita di verisimiglianza. […] In fatti alcuni tragici che si dedicarono a ritoccarne più d’una, ne riportarono sovente la corona teatrale.
In fatti la disistima che ebbesi poscia per le persone di teatro in Roma, non pare che cadesse su i tragedi e i comedi, ma su gli attori mimici de’ quali parleremo appressoa. […] Assisteva Marco Porcio Catone a’ Giuochi Florali fatti dall’Edile Messio l’anno di Roma DCXCVIII, ed il popolo si vergognò di chiedere che le mime deponessero le vesti, rispettando la presenza di quel virtuoso cittadino; ma egli avvertitone da Favonio suo amico uscì dal teatro, ed il popolo contento l’accompagnò con plausi strepitosi, e richiamò sulla scena quell’antico costumea. […] Chi mai, se non costui, senza pruova veruna, confondendo fatti ed idee e passando di un salto leggero sulle terribili vicende dell’Europa, che, per così dire, la fusero e rimpastarono di nuovo, chi, dico, avrebbe francamente scritto che le fazioni per gli pantomimi perpetuaronsi perpetuaronsi per mille e dugento anni sino a produrre (che cosa mai?)
Le poesie nomiche indirizzate ad Apollo, gl’inni ditirambici fatti per Bacco, le persone che sì sovente Omero introduce a favellare in sua vece, e la curiosità sempre attiva ed investigatrice dell’umana mente; tutte queste cose, dico, cospirarono col greco talento favoleggiator fecondo, espressivo, energico, ed al festevole motteggiar proclive, e da esse la grand’arte pullulò, con cui l’uomo prese a dipigner se stesso facendo i suoi simili alternativamente confabulare. […] Comprese quella nazione pensatrice e di gusto sì fine, che la Scenica Poesia portata all’eccellenza è la scuola de’ costumi; che niun genere meglio e più rapidamente si comunica agli stranieri e meglio contribuisca alla gloria nazionale; che i poeti epici e lirici trattengono i pochi e i dotti, ma che i drammatici son fatti per tutti; che il legislatore può adoperarli per le proprie vedute; che la sapienza morale non disviluppa con successo felice i suoi precetti, se non quando è messa in azione sulla scena. In fatti essa gl’insinua per l’udito, la drammatica gli presenta alla vista: essa ammonisce gravità, questa giocondamente nasconde il precettore e manifesta l’uomo che favella all’uomo in aria affabile e popolare: la morale tende a convincere l’intendimento, la drammatica illustra l’intendimento stesso cominciando dal commuovere il cuore: ha quella per angusto campo una scuola, questa un ampio teatro, dove assiste tutta la nazione, dove s’insegna in pubblico e sotto gli occhi del Governo, s’insegna nell’atto stesso che si offre allo spettatore un piacevole ristoro dopo i diurni domestici lavori.
In fatti la disistima ch’ ebbesi poscia per le persone di teatro in Roma, non pare che cadesse su i tragedi e i comedi, ma su gli attori mimici de’ quali parleremo appresso. […] Assisteva Marco Porcio Catone ai giuochi Florali fatti dall’Edile Messio l’anno di Roma DCXCVIII, ed il popolo si vergognò di chiedere che le mime deponessero le vesti, rispettando la presenza di quel virtuoso cittadino; ma egli avvertitone da Favonio suo amico uscì dal teatro, e il popolo contento l’accompagnò con plausi strepitosi, e richiamò sulla scena l’antico costume146. […] Chi mai, se non costui, senza pruove, confondendo fatti ed idee, e passando di un salto leggiero sulle terribili vicende dell’Europa che per dir così la fusero e rimpastarono di nuovo, chi, dico, avrebbe francamente scritto che le fazioni per gli pantomimi perpetuaronsi per mille e dugento anni sino a produrre, che cosa?
I Precedenti fatti principali variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi e de’ gradi di coltura compongono la storia de’ teatri di tutta la terra. […] Il dramma cinese non si spazia in episodii estrinseci al l’azione, perchè tutti prende a rappresentare i fatti rilevanti di una lunga storia.
Di animo generoso, quanto aveva era degli altri, e se nel momento del bisogno gli si ricordavano crediti che aveva per prestiti fatti, andava su tutte le furie, esclamando : « Debbo angariare chi non può dare ?
Quivi s’un carro, che di mille fiamme è cinto, giace il perfido fanciullo tirato da destrier candidi e forti, e Citerea lo segue, ed è condotta da l’amorose e lascive colombe, co i pargoletti e le Grazie che vanno scherzandoli d’intorno, dolcemente ; e son cosi lascivamente fatti ch'avrian forza spezzare ogni aspro core.
Il ragazzo soffri le parole, ma non i fatti, e le scagliò in faccia tutta la roba di bottega che seco aveva, segnandola in fronte, e scottandola col caffè.
Così fatti favori non ebbe la Commedia per molto tempo . . . . […] Si dee sapere, che fra gli altri ciarlatani, empirici ed istrioni, che a’ nostri giorni han fatto e fanno grandissima fortuna in Parigi, vi sono con carrozza ed equipaggio un certo Nicole, e un certo Nicolet, de’ quali il primo a forza di far correre avvisi stampati per guarire il mal francese, e ’l secondo a forza di rappresentar farse e buffonerie sopra i Baluardi e alle Fiere di San Germano, e di San Lorenzo, seppero così ben fare i fatti loro, che da molti anni sono padroni di varie terre, le quali hanno titolo di Signorie.
Questo Apollinare oltre alla nominata tragedia espose sulle scene altri fatti del Vecchio Testamento imitando Euripide, e scrisse ancora commedie sulle tracce delle favole di Menandroa.
Ed in fatti dopo la Dafne di Opitz, e l’Elena e Paride rappresentata in Dresda nel 1650, s’itrodusse fra’ Tedeschi il gusto dell’opera, ed ogni principe dell’Imperio Germanico volle avere una sala d’opera musicale.
Ed in fatti dopo la Dafne di Opitz, e l’Elena e Paride rappresentata in Dresda nel 1650 s’introdusse tra’ Tedeschi il gusto dell’opera, ed ogni principe dell’Imperio volle avere una sala d’opera musicale.
» Il Goldoni di fatti (Mem.
Lo spettatore avrà certamente desiderato in quel punto l’arrivo di Annibale, ed egli in fatti sopravviene, e le donne vogliono che dichiari qual di esse egli ami. […] Io pareggiate v’ho con le parole, E senza alcuno indugio intenderete, Che vi pareggerò co i fatti ancora. […] La riconoscenza nel Solimano avviene per l’arrivo improvviso di Aidina e Alicola indipendentemente da’ primi fatti; là dove nell’Aristodemo la venuta di Licisco ha tutta la dipendenza dalle cose riferite sin dall’atto primo. […] In fatti improprj per la tragedia sono i propositi che tengono Eurilla, Silvio e Rosalba; improprio è lo stile lirico in quasi tutto il dramma e singolarmente nelle scene di Ateste ed Arsinda ove il poeta trascorre senza freno alla maniera spagnuola.
Ed in fatti la vivacità delle descrizioni de’ caratteri, e la maestria del pennello ne’ quadri de’ costumi, non permetteranno che tal libro perisca, e la gioventù potrebbe apprendervi a temere le funeste conseguenze degli amori illeciti, se il dolce veleno di questi non fosse dipinto con soverchia espressione e con tal naturalezza, che può renderlo anzi pernicioso che istruttivo. […] In fatti l’Antonio nella Biblioteca Ispana moderna parlando di Lope de Vega e degli Autos da lui composti, dice, quos in die Corpus Domini sub dio recitari mos est in Hispania . […] Tali in fatti esse sono, sebbene non fatte sempre da verbo a verbo, perchè il Perez tratto tratto tronca, raccorcia, contorce e peggiora gli originali, siccome trovasi provato nel mio Discorso Storico-critico articolo V. […] Da questo racconto giustificato dalla ragione, da’ fatti e dall’autorità di eruditi nazionali, si ricava che gli Spagnuoli nel XVI secolo più di ogni altro popolo si appressarono agl’Italiani. […] Fanno pietà coloro che dove trattasi di fatti, giostrano con declamazioni, congetture e sofisticherie!
Avvenne in fatti che mentre rappresentavasi quella di Cornelio molti spettatori correvano alla Sofonisba di Mairet, e dopo lo spazio di trenta anni in cui si andò tratto tratto ripetendo sul teatro francese, si manteneva ancora.
Ed in fatti ognun sa che gli stessi Romani studiavano le lettere Etrusche; e secondo Dionigi Alicarnasseo il Greco Demarato fece non meno nelle Greche che nell’Etrusche lettere ammaestrare i figliuoli.
La questione della identità delle persone a cui son le lettere dirette, e dei fatti che in esse son descritti, non è risoluta.
E altra finalmente da Bologna in data 1° ottobre 1699, in cui si discorre delle solite miserie, e s’implorano i soliti soccorsì, fatti a ciò arditi gli umilissimi serventi dalla Munificenza di tutti gli eroi della Serenissima Casa Estense, Epilogata nella persona di Sua Altezza Serenissima.
Ma quello che ci fa godere che sia rimasta imperfetta, si è l’oscenità de’ fatti che vi si maneggiano con isfacciatagine da bordello. […] Don Luis de Ulloa y Pereyra compose de’ fatti di lei un poema di 76 ottave intitolato la Raquel che si trova inserito nel Parnasso Spagnuolo. […] Egli in fatti entra di notte nelle stanze di lei con poco decoro della maestà e con rischio della fama della regina. […] In fatti egli vien dipinto ignorante non solo ne’ principii politici che mettono capo nella ragion naturale e delle genti, ma ancor nella geografia e nella storia. […] La Cruel Cassandra contiene molti fatti e molte uccisioni, ed è la più spropositata delle favole del Virues.
Ma quello che ci fa godere dell’essere rimasta imperfetta si è l’ oscenità de’ fatti che vi si maneggiano con isfacciataggine da bordello. […] Don Luis de Ulloa y Pereyra compose de i di lei fatti un poema di 76 ottave intitolato la Raquel che si trova inserito nel Parnasso Spagnuolo. […] Egli in fatti entra di notte nelle di lei stanze con poco decoro della maestà e con rischio della fama della regina. […] In fatti egli vien dipinto ignorante non solo ne’ principj politici che mettono capo nella ragion naturale e delle genti, ma ancor nella geografia e nella storia. […] La Cruel Cassandra contiene molti fatti e molti ammazzamenti.
Questo solo in quanto avete detto è vero; nati sono i Poeti Scenici a dilettare ed instruire il Popolo, come dice Orazio; ed a tal fine si danno varie instruzioni intorno al buon gusto, che dee regolarli, se ne compongono tanti, come per saggi, per giugnere a quel punto di perfezione necessario, e se ne tessono Istorie ragionate, che con un colpo d’occhio espongano gli sforzi fatti dagli antepassati per conseguire fine sì bello. […] E voi illuminatissimo Signor Apologista, senza riflettere a tali fatti, osate credere incompatibili le idee de’ dotti, e quelle de’ volgari? […] E con quale fondamento, e provvisione di fatti voi ragionate? […] E’ dunque anch’egli ignaro de’ fatti da me sopraccennati?
Lo spettatore avrà certamente desiderato in quel punto l’arrivo di Annibale, ed egli in fatti sopravviene, e le donne vogliono che dichiari qual di esse egli ami. […] Io pareggiate v’ho con le parole, E senza alcuno indugio intenderete, Che vi pareggerò co’ fatti ancora. […] La riconoscenza nel Solimano avviene per l’arrivo improvviso di Aidina e Alicola indipendentemente da’ primi fatti; là dove nell’Aristodemo la venuta dì Licisco ha tutta la dipendenza dalle cose riferite sin dall’atto primo. […] In fatti improprii per la tragedia sono i propositi che tengono Eurilla, Silvio e Rosalba; improprio è lo stile lirico in quasi tutto il dramma e singolarmente nelle scene di Ateste ed Arsinda ove il poeta trascorre senza freno alla maniera spagnuola.
[8] Gli spettacoli, siccome altro non sono stati giammai se non se l’espressione de’ pubblici costumi, così hanno dovuto in ogni secolo aggirarsi intorno ad argomenti conformi al genio ed al pensare attuale de’ popoli, per cui furono fatti. […] Così dovea accadere eziandio nella prima origine delle moderne rappresentazioni, e così accadde in fatti ne’ secoli barbari. […] Non della gloria il lampo, Non la fortuna toglieran, che l’uomo Misero infine non divenga. i numi Turban le cose, negli umani eventi Confusion, disordine mischiando Perché dell’avvenir nulla sapendo Siamo costretti a venerarli…»30 [12] Al che s’aggiugne che, avendo il gentilesimo presi i suoi fondamenti nella storia greca, il rappresentar sul teatro le opinioni religiose era lo stesso che richiamar il popolo alla ricordanza e all’ammirazione de’ fatti patriotici, e conseguentemente risvegliar in esso l’amore della libertà, e della patria, virtù delle più utili per tutto altrove, ma necessarissime nella costituzione de’ Greci, i quali aveano scacciati i re per divenir repubblicani. […] 31 Basta la semplice esposizione dei fatti per capire quanto la rappresentazione di essi divenga impropria sul teatro, ove la libertà degenera sì spesso in licenza, e l’allegrezza in tripudio. […] La rubrica del secondo giorno era questa: «Monsignore ch’è presente, vi dona venti panieri pieni di dolori ai denti, e aggiugne agli altri donativi già fatti quello della coda d’una carogna».
In fatti nel consenso del popolo (non della plebe) consiste il vero giudizio quanto a’ caratteri, a’ costumi, alla condotta delle favole; e solo per mio avviso prevaler debbe il giudizio de’ conoscitori e scrittori trattandosi di stile e di lingua. […] In fatti Ennio (non c’incresca ripetere alcune delle cose già dette) diede a Roma una Medea esule, che fe dire a Cicerone (de Finibus) non potervi essere alcuno così del nome Romano nemico che ardisca sprezzar quella tragedia. […] Sofocle con saggia economia svolge gradatamente i fatti passati, per apportar con garbo quel felice scioglimento che egli diede alla sua favola; là dove Seneca accenna variè circostanze senzachè l’azione avanzi, ovvero se ne accrosca l’interesse. […] Ed in fatti, come indi dice il messo, ella è accinta a precipitarsi in mezzo alle squadre, come fende l’aria veloce partico strale, come va una nave spinta da vento furioso, o come dal cielo cade una stella . […] Nerone comanda che Ottavia sia relegata nell’isola Pandataria del golfo di Gaeta, che nel dialetto napoletano dicesi Vientotene; e in fatti ella viene fuori condotta da’ soldati per imbarcarsi.
Le commedie del Rueda, dice Lope de Vega nell’Arte Nuevo, di stile assai basso e che rappresentano fatti di artefici mecanici ed amori di persone plebee, come della figlia di un fabbro, nelle quali però, egli dice, . . . . . . […] In fatti l’Antonio nella Biblioteca moderna parlando di Lope de Vega e degli auti da lui composti, dice, quos in die Corpus Domini sub dio recitari mos est in Hispania 49. […] Tali in fatti esse sono, sebbene non fatte sempre da verbo a verbo, perchè il Perez tratto tratto tronca, raccorcia, contorce, e peggiora gli originali, siccome trovasi provato nel mio Discorso Storicocritico artic. […] Da questo racconto giustificato dalla ragione, da’ fatti e dall’autorità de’ medesimi eruditi nazionali, si ricava che gli Spagnuoli nel XVI secolo più di ogni altro popolo si appressarono agl’ Italiani. […] Fanno pietà coloro che dove trattasi di fatti, giostrano con declamazioni, congetture e sofisticherie.
Una catena d’idee, uniformi fece spuntar la poesia rappresentativa in tanti paesi che non comunicavano insieme; e ’l concorso di altre simili idee sopravvenute a moltissime società pur senza bisogno d’esempio, le condusse a produrre alcuni fatti comuni a tutti i teatri.
Di fatti in Grecia gli uomini più illustri o composero essi stessi pel teatro, o ne promossero lo studio, o servirono di scorta a’ poeti.
Ibraim Gran Visir e genero dell’imperadore Acmet III, è stato un poeta che ne’ versi fatti per la sultana che poi fu sua moglie, ha mostrato d’ intendere e sapere esprimere le delicatezze dell’ amore78.
Toltosi da quell’Ufficio, fu da altri incaricato di formar una compagnia per quella città ; e recatosi a Venezia, la formò difatti, e la condusse a Palermo ; ma essa era di sì mediocri elementi, che subito cadde, procurando allo Scherli rimproveri senza fine, e così fatti da essere forse principal causa della sua morte.
Nell’accumolar fatti come si fa nelle commedie romanzesche? […] Ed in fatti su questa lagrimosa parte della storia di Napoli è fondata la schiavitù di Alvida menata via da’ banditi Abbruzzesi, come ella stessa racconta ad Odoardo nell’atto IV.
In fatti la mancanza di coraggio non si potrebbe confessare che ad un padre. […] Il leggitore sin dal principio scorgerà in questa favola una serie di minuti fatti spogliati della necessaria dipendenza che risveglia e sostiene l’ attenzione guidandola ad un oggetto grande. […] Ma niuno ignora che nelle circostanze istoriche delle persone introdotte e de’ fatti noti e sicuri il poeta non ha la libertà di mentire grossolanamente ingannando il popolo, benchè gli si permetta qualche discreto anacronismo. […] L’autore fa nascere per incidente un contrasto fra loro, e Garcia rimprovera a Manrique varj tradimenti fatti da i Lara e da i Castro, la qual cosa non essendo di pura necessità pel suo argomento, gli fu imputata ad astio o ad altra occulta cagione. […] Egli nè anche ha tralasciati i componimenti gesuitici fatti rappresentare nelle loro scuole, Filottete, Gionata, Giuseppe, Sancio d’ Abarca.
Sono dunque da riferirsi a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni del Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di finissima seta, prima che la prospettiva avesse insegnato in qualunque occorrenza a mostrare i rilievi a forza di ombre e di punti ben presi.
Ibraim Gran Visir e genero dell’imperadore Acmet III, fu un poeta che ne’ versi fatti da lui per la sultana che poi gli divenne moglie, mostrò d’intendere e sapere esprimere con grazia le delicatezze dell’amorea.
Essa non perdeva sillaba della Cazzola, che, per eleganza, naturalezza, profonda intuizione d’arte, si collocò fra la Ristori e la Sadowsky, e in certe parti non trovò chi riuscisse a superarla ; e più tardi, a Firenze, quando la Cazzola ammalò, Tommaso Salvini ricorse alla signora Virginia ; e la signora Virginia, improvvisando sera per sera un’interpretazione, cominciò a spiccare il gran salto, sempre sotto gli auspici del gran colosso Salvini, artista completo, dividendo il regno dell’arte con la Tessero e la Pezzana, e tutte tre facendo credere con i grandi successi fatti ottenere alle commedie di Gherardi Del Testa e di Achille Torelli, ai proverbi del Suner, ai drammi del Costetti, ai lavori mastodontici dell’ultima maniera di Paolo Ferrari, al medio evo di Giacosa, alla romanità di Pietro Cossa, alle galanterie di De Renzis, di Martini, di Castelnuovo, e tutto il resto di Cuciniello, di Muratori, di Montecorboli, di Castelvecchio, di Sabbatini e di tanti altri, facendo credere all’esistenza d’un moderno teatro italiano.
Et cosi recitarono detta Cingana con gli Intermedij istessi, che furono fatti alla Comedia grande : ma chi non ha sentito la Vittoria contrafar la Cingana, non ha visto, nè sentito cosa rara, et maravigliosa, che certo di questa comedia sono restati tutti soddisfattissimi.
In fatti la Pamela non invecchiò per lunga serie di anni finchè non si alterò il gusto comico italiano coll’imitazione de i drammi lugubri stranieri; e la Nanina non pare che torni spesso sulle scene francesi. […] In fatti il Mèchant com’è dipinto in tal commedia, trova in quella nazione ed in altre ancora una folla di malvagi di società che gli rassomigliano. […] Il secolo (dice Dorante filosofo moderno) ha fatti tanti progressi che può oramai ridersi dell’odio e dell’invidia. […] L’Abate de l’Epèe in fatti si stimò un tempo un personaggio istorico di cara memoria a’ Francesi, che istituì in Parigi un pietoso asilo per la parte più infelice degli uomini, cioè una scuola, pe’ sordi e muti. […] In fatti il signor Eximeno nel suo libro Origine e progressi della Musica, afferma che i commedianti (Francesi) pajono energumeni, che ad ogni atteggiamento vogliono staccar le braccia dal corpo, ed esprimono un affetto di pena colle contorsioni, con cui potrebbe un ammalato esprimere un dolor colico .
Egli racchiuse, come i Cinesi, in una rappresentazione di poche ore, i fatti di trenta anni: introdusse nelle favole tragiche persone basse, prostitute, ubbriachi, calzolai, beccamorti, spiriti invisibili, un leone, un sorcio, il chiaro, della luna che favellano: egli non seppe nè astenersi dal miracoloso ed incredibile, nè separare dal tragico il comico, restando perciò, non che lungi dal pareggiare Euripide, inferiore allo stesso Tespi. […] Essi in fatti arrivano, ed Amlet parla ad alcuni di essi con famigliarità, e vuol poi sentir declamare una scena sulla morte di Priamo. […] Ma questo vero indiscreto non dee sulla scena imitarsi; in prima perchè la parte più sana riprenderà l’impertinenza del buffone, e perciò, sembrando tal mescolanza sconvenevole nella conversazione, dovrà come in fatti avviene, dispiacere ancor nella scena, dove la natura dee comparire scelta e conveniente b. […] Per umiltà avrà egli voluto occultarci i progressi da lui fatti nelle matematiche, ragionando a bella posta così incongruamente, e con frequenti contraddizioni; e per la stessa umiltà avrà voluto fingersi poco o nulla istruito della letteratura straniera, e di quella della propria nazione.
Avvegnaché poi alcuni scrittori comici non abbiano composto in quel genere di commedia che Molière portò a sì alto punto, e che Goldoni avea cominciato a risuscitar sulla Senna col mentovato Stravagante Benefico, pure i signori Palissot, Collé, e Beaumarchais han mostrato sufficienti talenti comici, e l’ultimo di essi é riuscito in un genere che ha degenerato in vizioso nelle mani di Falbaire, Mercier, Sedaine, e di altri, i quali erano nati per maneggiar maravigliosamente le passioni, se non si fossero fatti trasportar dalla corrente delle commedie piagnevoli e delle tragedie urbane difettose, cioé di quelle che accoppiano a’ fatti tragici qualche carattere comico266.
In fatti sotto gli Antonini non troviamo mentovati con applauso se non Q. […] E quì vuolsi avvertire da chi legga o censuri con oscitanza, che perduta libertà, non vuol significare perduto il Governo repubblicano (come pensa no i Censori non fatti per esser tali); ma nel dire perduta la libertà, quella libertà s’intende che si gode sotto gli ottimi Regnanti, e si godeva sotto Augusto, Tito e Trajano Imperadori, e che produsse Orazii, Maroni e Stazii.
Ed in fatti se a conservar la tranquillità di ogni stato bastar potesse il castigare o prevenire i delitti che lo sconcertano, l’armata sapienza delle leggi è quella che presta alle società l’opportuno soccorso per atterrire o distruggere i colpevoli e per minorar la somma dei delitti, a’ quali trascorrono gli uomini abbandonati a’ proprii appetiti e alle passioni eccessive. […] Mi contenterò intanto di narrare più pienamente di quel che altra volta non feci, gli sforzi fatti sino a questi tempi ne’ paesi conosciuti per dipignere su’ teatri ora grandi sconcerti ora picciole ridevoli avventure.
In fatti all’anno 1324 tenendo in Rimino corte o curia i Malatesta, si contarono 1500 cantambanchi, giocolieri, commedianti (dice il Muratori negli Annali) e buffoni, musici, sonatori, oltre a quelli che già fissi erano al soldo de’ Principi. […] La Spagna fu la prima nazione che abbracciasse l’esempio dell’Italia; e la lingua Spagnuola in fatti è l’unica che conti, come l’Italiana, per suo secolo d’oro il secolo XVI.
Essi composero due generi di drammi, uno eroico che rappresentava pubbliche imprese, vittorie, e trionfi, e l’altro comico che si limitava a’ fatti domestici e pastorali.
XV, n. 8) cogli acquisti fatti della dottrina Italiana; e leggendo per un gran pezzo in Salamanca, non ostante l’ opposizione degli Scolastici che di favorir la novità l’accusarono, inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere, onde fu caro al Re Cattolico, che lo volle perciò in Corte per iscrivere la sua storia, e fu dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia Poliglotta, e di poi alla direzione dell’Università di Alcalà di Henares, ove si morì nel 1522, e lasciò molte opere.
Visto il baccano che quella satira generò, l’autore che ne aveva fatti tirare soli 100 esemplari, la diede alle fiamme : ma sei ne furon già sparsi antecedentemente, a insaputa dell’autore, in Italia e all’estero.
In fatti la mancanza di coraggio non potrebbe confessarsi che ad un padre. […] Il leggitore o l’ascoltatore sin dal principio osservato avrà in questa favola accozzata una serie di minuti fatti spogliati della necessaria dipendenza che risveglia e sostiene l’attenzione, guidandola ad un oggetto grande. […] Ma niuno ignora che nelle circostanze istoriche delle persone introdotte, e de’ fatti noti e sicuri il poeta non ha la libertà di mentire grossolanamente ingannando il popolo, benchè gli si permetta qualche discreto anacronismo specialmente nelle cose remote. […] Che miglioramento è quest’altro di far che nasca in iscena, e si proponga da Cillenio il pensiere di singere l’arca che ha da contenere un peso proporzionato ad un corpo umano, quando Sofocle provvidamente suppone questi preparativi già fatti prima che Oreste capiti coll’ajo in Micene? […] Tanti giudizii mal fondati, e tanti fatti erroneamente esposti, non che sulla letteratura straniera, sulla spagnuola, mostrano ad evidenza essersi il sig.
D’ogni gloria maggior scena fastosa, fatti giardin d’un sempiterno alloro, giardiniera bellissima Gelosa, o qual di ricca statua alto lauoro fa colonna poggiar ambizïosa, di’ : base fui d’ un simulacro d’oro. […] Questa è una lista ch’ io fò, de gli habiti, et altre cose, che occorrono a i recitanti nostri, per non mi condur poi isproueduto a fatti. […] per che sopra tutte le cose bisogna che il recitante sia nel suo dire suegliatissimo, et sempre giocondo, eccetto che doue hà da mostrar qualche dolore, et anco in quel caso, lo hà da far con uiuacissima maniera, tal che non induca tedio a gl’ ascoltanti, et in somma si come il poeta con il soggetto uerisimile, et artificioso, et con le parole scelte, piene di spirito, e ben concatenate, hà da tener gl’uditori attenti ; cosi il recitante con uarij atti appropriati a i casi, li hà da tener sempre desti, et non li lasciar cadere in quella sonacchiosa noia, che tanto fastidisce altrui in cosi fatti spettacoli, qualhora lo histrione recita freddamente, et senza il debito feruore, et la conueniente efficacia. […] Habbiano ogn’ un d’ essi un bastone, altri mondo altri fronzuto in mano, et se sarà piu strauagante, sarà piu a proposito. in capo le capillature, o finte, o naturali ; altri aricciati et altri stesi, et culti. ad alcuno, si può cinger le tempie d’ alloro, o d’ hedera, per uariare, et con questi modi, o simili, si potrà dire che honoreuolmente sia nel suo grado uestita : Variando i pastori l’ uno da l’ altro, ne i colori, et qualità delle pelli diuerse, nella carnagione, et nella portatura del capo, et simile altre cose che insegnar non si possono, se non in fatti, e con il proprio giudicio. […] Et addice molto aggiungere sotto alla laurea, una capillatura posticcia, si per trasformare il personaggio, come per farlo parere persona antica. et questo haurà da uenire subito calate le tende, con passo lentissimo et graue da la estrema parte della scena. et giunto con tardità a mezo d’ essa ; fermarsi tanto ; che senta ridotto in silentio quel bisbiglio, che suol sentirsi in cosi fatti lochi : et poi agiatamente incominciare.
Ma questi sono fatti istorici, cioè i nemici capitali dell’Apologista, e per conseguenza vanno sotto la rubrica de’ Pregiudizj. […] Ma che egli potesse asserire altrettanto di quelle del Secco, del Pino, del Contile, del Bentivoglio, dell’Oddi, del suo amico Annibal Caro, e di un gran numero di Toscani, se non si curarono delle ciance della sua Dedicatoria, nè di smentirlo i contemporanei, lo smentiranno senza esitare i Posteri co i fatti alla mano, colle evidenze, colle ragioni sode, e non con istrepitose declamazioni, e con vane stiracchiate congetture.
Verso la fine di quello secolo, cioé nel 1492 Carlo Verardi da Cesena, arcidiacono nella sua patria, e cameriere e segretario de’ brevi di Paolo II, di Sisto IV, d’Innocenzo VIII, e di Alessandro VI, compose ancora due drammi, che furono stampati e fatti solennemente rappresentare in Roma dal sopraccennato Cardinal Riario; l’uno in prosa latina (trattone l’argomento e ’l prologo che sono in versi giambici) sull’espugnazione di Granata, fatta dal re Ferdinando il Cattolico; e l’altro intitolato Fernandus servatus, ideato dal Verardi all’occasione dell’attentato di un sicario contra la persona del medesimo re Ferdinando, e poi disteso in versi esametri da Marcellino suo nipote. […] I primi che in questo secolo, e probabilmente verso il 1480, cominciarono a fare rappresentare in Roma le commedie di Terenzio e di Plauto, ed anche altre composizioni drammatiche di poeti moderni, e a istruire la gioventù a ben recitarle e declamarle, furono due illustri grammatici e filologi di que’ tempi, Giulio Pomponio Leto dell’Amendolia di Calabria, institutor dell’Accademia Romana, e Giovanni Sulpizio da Veroli dello Stato Pontificio, per opera de’ quali i due cardinali Pietro e Rafaello Riari fecero vedere a Roma moderna per la prima volta spettacoli teatrali fatti con gran magnificenza.
Di fatti ognun sa che i Romani stessi studiavano le lettere Etrusche; e secondo Dionigi Alicarnasseo il Greco Demarato fece non meno nelle Greche che nell’Etrusche lettere ammaestrare i figliuoli.
Ho detto che rettificò (con pace del Lampillas) i difetti principali degli originali, perchè in fatti ne tolse le irregolarità manifeste sebbene non vò lasciar di dire che alle favole che fece sue traducendole liberamente, manchi la grazia e la purezza e l’eleganza della locuzione del Solis e del Calderòn, e l’amabile difficoltà della versificazione armoniosa.
., pag. 21) degli onori fatti a’ comici, dice : « Il Signor Gio. […] E il De Somi, dopo di aver parlato della sontuosità degli apparati antichi e di altri non men sontuosi, fatti per le nozze del Duca di Mantova ; dopo di aver parlato, solleticando al sommo la curiosità del lettore, della origine de’ lumi sui tetti delle scene, e degli specchi su certi luoghi del fondo, sui quali riflettendo i lumi, celati ad arte, si veniva a ottener la scena più luminosa e allegra ; dopo di aver parlato con molto acume del bujo della sala necessario al risalto maggiore della scena ; dopo di aver descritto con interessanti particolari e gli apparali pastorali e gli apparati marittimi, venendo a discorrer degl’intermedj e della loro attinenza colla favola, fa dire a Massimiano : Dallo Schiavetto- Edizione di Venezia, Gio. […] Ma se non ponno i fiori trar quel frutto ch’ io bramo ; movati almeno a’ generosi affari de’ tuoi grandi avi il sangue, de’ genitori il vanto di cui siglie noi siam, Lazaro insieme ; Ma se per mia sventura e per tuo danno nulla val memorar fatti sublimi a cui l’ orecchia hai sorda, movati almen del gran rigor di Dio giusto castigo eguale, a tua colpa mortale.
Ed in fatti a suo tempo si accolse l’Orbecche con molto applauso e destò in tutti cotal compassione che niuno degli ascoltatori, potè contenere il pianto. […] In fatti nel parlarne il Crescimbeni nel tomo I, dice di non meritare il nome di tragedia. […] C’increscerebbe ne’ fatti precedenti il bosco e l’altro delle ninfe incantatrici che servono di base al cambio di Rosmonda e di Alvida. […] In fatti questa Medea dell’Assiria avuta appena Dirce e i nipoti in sua balia con ispietatezza inaudita gli trucida. […] Non seppe questi fatti il signor Andres, ovvero (che sarebbe peggio) gli volle dissimulare?
Il re medesimo non era risparmiato nelle momerie, ed egli ne tollerava le punture, contentandosi soltanto di prescrivere agli attori di rispettar la regina, altrimenti gli avrebbe fatti impiccare.
Il re medesimo non era risparmiato nelle Momerie, ed egli ne tollerava le punture, contentandosi soltanto di prescrivere agli attori di rispettar la regina, altrimenti gli avrebbe fatti impiccare.
Niuna cosa prova più pienamente ciò che abbiamo di sopra ragionato ne’ fatti generali della scenica poesia, quanto questo novello rigore, che incatenò i poeti. […] Ilarodia, o ilarotragedia, secondo l’idea che ce ne dà Ateneo, era una pavola festevole e di lieto fine, nella quale interloquivano Personaggi grandi ed eroici, ma vi si dipingevano i fatti che loro accadevano come uomini, non come eroi. […] Il pensiero dell’erudito autore é brillante, a dir vero, ma non altro che brillante; e l’espressioni mentovate sono pure esagerazioni d’uno zelo virtuoso che aspira al miglioramento de’ teatri moderni, i quali in fatti esser dovrebbero le vere scuole pubbliche della gioventù.
In fatti la Pamela non è ancora invecchiata, e la Nanina non parmi che torni spesso sulle scene francesi. […] Il secolo (dice Dorante filosofo moderno) ha fatti tanti progressi che può oramai ridersi dell’odio e dell’invidia. […] In fatti il sig.
[2.10] Quelle repetizioni poi di parole e quegli accozzamenti fatti soltanto in grazia della musica e che non formano senso veruno, quanto non sono essi mai noiosi ed insoffribili? […] A così fatti uomini sarebbe da commettere la musica, quale noi la vorremmo nella nostra opera.
Non dee solamente cercare sterili fatti, ma l’ordine e il congegnamento tra essi: dee usar di stile conveniente al soggetto, ma senza tralasciar le riflessioni opportune, e il colorito talvolta vivace: ora rispettar modestamente l’autorità, ora aver a tempo e luogo il coraggio di misurarla colla bilancia della ragione: quando apprezzar le particolarità, che servono ad illustrar l’argomento, quando troncarle allorché divengono oziose: dove avvicinar i secoli passati e presenti per rilevar col confronto i progressi delle arti, dove risalire fino ai principi a fine di rintracciar meglio l’origine della perfezione loro, o del loro decadimento. […] Qualunque sia stata la mia premura nel rintracciar la verità delle notizie, mio principal assunto non è d’offrire una sterile compilazione di reminiscenze, ma di ragionare sui fatti, di far conoscere le relazioni che gli legano insieme, e d’abbracciare gli oggetti analoghi, i quali, entrando comodamente nel mio argomento, potevano servire a maggiormente illustrarlo.
Quando la maggior parte de’ Critici intelligenti ingiunge che si evitino gli argomenti finti (ad onta di varie ottime Tragedie di fatti ideati, come il Torrismondo, l’Alzira &c.), e che si cavino dalla Storia, dalla Mitologia antica, e da’ Poemi Epici moderni ancora, di maniera che quasi più difficoltoso pare che sia il rinvenire un fatto Eroico proprio della Tragedia, che il tesserne la favola e il ben verseggiarla: il Signor Lampillas ardisce in faccia all’odierna Europa riprovar questo appunto che s’inculca, e attribuire a difetto d’invenzione nel Trissino l’aver tratta da Livio l’avventura di Sofonisba! […] Qual prò dalle sofisticherie, dove sono contrarj i fatti?
Per l’idea lasciatane da Ateneo era una favola festevole di lieto fine, nella quale intervenivano personaggi grandi ed eroici, ma vi si dipingevano i fatti che ad essi accadevano come uomini, e non come eroi. […] Francesco Patrizio coll’autorità di Demetrio Falereo e di Ateneo dimostra di aver Sifrone composto in versi; e versi in fatti sono i frammenti che si conservano de’ suoi Trofei Femminili e Virili.
Ivi in fatti veggonsi apparir della scena il Papa, l’imperadore con più altri sovrani d’Europa e d’Asia, e l’Anticristo accompagnato dall’eresia e dall’ipocrisia, e perfino la sinagoga col gentilesimo, che anch’essi ragionano.
Durar non poteva in verun conto simile stato di violenza per l’indole Italiana; e in fatti la disapprovazione de’ savi, e l’allontanamento della gente ben nata dal teatro, riconduce gli spettacoli pel buon sentiero, e cagionò la felice rivoluzione del secolo susseguente.
Alberghini), che da tre settimane si trovava già in Lione, ebbe ordine da Enrico di tornare a Torino a prendervi la Compagnia ; che si recò subito in fatti a Lione, come appare dal dispaccio dell’ambasciador di Venezia delli 8 di agosto, che ci fa sapere come andasse il Re quasi ogni giorno alle commedie degl’ italiani.
Sofocle con saggia economia svolge gradatamente i fatti passati, per apportar con garbo quel felice scioglimento che diede alla sua favola; là dove Seneca accenna varie circostanze senzachè l’azione avanzi, ovvero se ne accresca l’interesse. […] E in fatti gli occhi condannati a seguir le lagrime, impazienti appena si contengono nelle occhiaje; e finalmente . . . . . . . […] Ed in fatti, come indi dice il messo, ella è accinta a precipitarsi in mezzo alle squadre, come fende l’aria veloce partico strale, come va una nave spinta da vento farioso, o come dal cielo cade una stella. […] Nerone comanda che Ottavia sia relegata nell’isola Pandataria del golfo di Gaeta, che nel Napoletano dialetto oggi dicesi Vientotene; e in fatti ella viene fuori condotta da’ soldati per imbarcarsi.
Seppero ancora sull’esempio dell’Ezzelino del Mussato preferire a’ tragici argomenti greci i fatti nazionali, al notare con qual particolare avidità si vedessero sulla scena le patrie gesta. […] Ed in fatti a suo tempo si accolse l’Orbecche con molto applauso, e destò in tutti cotal compassione che niuno degli ascoltatori potè contenere il pianto. […] C’increscerebbe ne’ fatti precedenti il bosco e l’antro delle ninfe incantatrici che servono di base al cambio di Rosmonda e d’Alvida. […] In fatti questa Medea dell’Assiria avuta appena Dirce ed i nipoti in sua balia con ispietatezza inaudita gli trucida. […] Non seppe questi fatti il Signor Andres, ovvero gli ha voluto dissimulare?
Questo trivio ricordato e descritto con esattezza presta al l’azione un calore e un movimento inaspettato rammentando al re la morte da lui data a un vecchio in un luogo simile, e a misura che vansi i fatti rischiarando la favola diviene interessante. […] In fatti Aristotile stesso nel luogo citato dice che Eschilo fu il primo a far riconoscere il rappresentatore delle prime parti.
Agata, e si dilettò di Poesia Burlesca, ma non aveva fatti grandi studi, ed era solo ajutato nel comporre da una naturale disposizione ; e pretendendo di vendicar la sua Patria dalla burla, che gli aveva data il Tassoni nella sua Secchia rapita, diede alle stampe un Poema tragicomico diviso in XII Canti intitolato : Le passie de’ Savj ovvero il Lambertaccio, nel quale si parla con poco rispetto de’ Modonesi. […] E qui dopo di avere con ogni particolarità parlato di Mastro Lione addottorato a Lizzasusina, del Cieco da Forlì, di Zan della Vigna, del Tamburino, del Napolitano, e di Mastro Paolo D’Arezzo e del Moretto da Bologna, e di Settecervelli colla sua cagnuola ammaestrata, e del Parmeggiano colla sua capra, e del Turco e del Giudeo e di tutte le loro scioccherie comiche, ciarlatanesche, acrobatiche, conclude : Or da ogni parte si vede la piazza piena di questi Ciurmadori, chi vende polvere da sgrossar le ventosità di dietro ; chi una ricetta da far andare i fagiuoli tutti fuor della pignatta alla Massara ; chi vende allume di feccia per stopini perpetui, chi l’olio de’filosofi, la quinta essenza da farsi ricchi, chi olio di tasso barbasso per le freddure, chi pomata di seno di castrone per le crepature, chi unguento da rogna per far buona memoria, chi sterco di gatta o di cane per cerotto da crepature ; chi paste di calcina da far morire i topi ; chi braghieri di ferro per coloro che sono rotti, chi specchi da accendere il fuoco posti incontro al sole ; chi occhiali fatti per vedere allo scuro ; chi fa veder mostri stupendi e orribili all’aspetto, chi mangia stoppa, getta fuori una fiamma, chi si percote le mani col grasso discolato, chi si lava il volto col piombo liquefatto, chi finge di tagliar il naso a uno con un cortello artificioso, chi si cava di bocca dieci braccia di cordella, chi fa trovare una carta all’improvviso in man di un altro, chi soffia in un bossolo e intinge il viso a qualche mascalzone, e chi gli fa mangiare dello sterco in cambio di un buon boccone.
mo patrone, et intendendo il mutamento solo della prima Donna, senza tocarme ponto nisuna satisfazione delle parole infame et ingiuriose con quasi fatti usatemi dal dottore et moglie, a mia moglie et io come tutta Roma ne informato contra a ogni ragione et senza riguardo del Patrocinio di S. […] A. si pò informare non solo da Comici ma da tutta Roma, come ho detto, perche il negocio fu troppo publico ; e ben che li broi fatti da l’Angela et il dottore siano stati grandi non dubito pero che la uerità non si sapia quando S.
L’amate, e scoprite i miei sofismi, e non volete dissimulare quando io sopprimo varj fatti per appropriarle qualche vanto?
Giacomo, aveva ottenuto, fatti gli studi liceali, un posto di alunno al Monte di Pietà.
Nell’accumular fatti come si fa nelle commedie romanzesche? […] Ed in fatti su questa lagrimosa parte della storia di Napoli è fondata la schiavitù di Alvida menata via da’ banditi Abbruzzesi, come ella stessa racconta ad Odoardo nell’atto IV. […] Ho detto che rettificò (con pace del Lampillas) i difetti principali degli originali, perchè in fatti ne tolse le irregolarità manifeste; sebbene non vo lasciar di dire che alle sue favole manchi la grazia e la purezza e l’eleganza della locuzione del Calderon e Solis, e l’amabile difficoltà della versificazione armoniosa. […] Sono dunque da riferirsi a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni del Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di finissima seta, prima che la prospettiva avesse insegnato in qualunque occorrenza a mostrare i rilievi a forza di ombre e di punti ben presi: il teatro antico di Bologna che era nella piazza, ma che più non esiste, di forma quadrata diviso in gran palchettoni: quello di Modena detto della Spelta, opera del cavalier Vigarani, distrutto nel 1767: quello di Milano che s’incendiò pochi anni sono: quello di Pavia: quello di Santo Stefano di Ferrara: quello dell’accademia degl’ Intronati in Siena rifabbricato verso il 1670: quello di Marco Contarini in Piazzuola nel Padovano di tal vastità, che nel 1680 vi si videro girar nella scena tirate da superbi destrieri sino a cinque carrozze e carri trionfali, e comparire cento Amazzoni e cento Mori a piedi e cinquanta a cavallo100.
Di fatti il paragone è stato più volte istituito da uomini niente meno eruditi e sensati, che Vincenzo Galilei ne’ suoi Dialoghi sulla musica antica, Giambattista Doni nei libri de praestantia musicae veteris, Isaacco Vossio nel ragionamento de poematum cantu et viribus rytmi, Monsieur Burette in più dissertazioni inserite nelle Memorie dell’Accademia di Parigi, Fra Giambattista Martini nella Dissertazione che chiude il terzo tomo della sua storia della Musica, l’Abate Arnaud nella Dissertazione intorno agli accenti della lingua greca, e cent’altri. […] E quantunque il giornalista non abbia addotta non che confutata neppur una sola di esse, nulladimeno sarà bene il confermarle qui con nuovi fatti e con nuove testimonianze degli antichi scrittori. […] [35] «Ma perché incolpare la musica, che adesso non operi tanto, se i miracoli gli ha già fatti, cioè, se ha già umanizzata gran parte di mondo.» […] Essi infatti non hanno mai fatti ritornelli e passaggi dove non andavano, non hanno mai coperta la voce colla troppa affluenza degli strumenti, non hanno ecc.» […] Arteaga se non ci fosse venuto da giovine, non ci avesse fatti i suoi studi, e non dimorasse ancora fra una nazione ricca in ogni coltura (quantunque si veda ne’ suoi scritti, che non l’ho per anche conosciuta), non avrebbe potuto diventare quell’uomo erudito e virtuoso ch’egli è.»
Egli sembra in verità che i nostri teatri sieno fatti più per un’ accademia di ballo, che per la rappresentazione dell’opera.
Di fatti, oltre alle nominate tragedie a noi non pervenute, ebbero i Romani eziandio in pregio la Medea di Ovidio, il Prometeo e l’Ottavia di Mecenate, il Tieste attribuito a Quinto Vario, a Virgilio, ed a Cassio Severo, tragedia da Quintiliano reputata degna di compararsi colle migliori de’ Greci, in oltre quelle di Curiazio Materno altamente comendate dall’autor del dialogo della corruzione dell’eloquenza, e di Pomponio Secondo stimate per l’erudizione e per l’eleganza, la Medea di Lucano, l’Agave di Stazio sì bene ascoltata in Roma ed encomiata dal satirico Giovenale, tutte queste buone tragedie danno a noi diritto di affermare che un genere di poesia maneggiato da’ migliori poeti latini, dovè trovare in quella nazione ordigni opportuni per elevarsi, ed in copia maggiore che non ne trovò la poesia comica.
Ma venghiamo a’ fatti.
Ma non tanto come artista egli merita qui una menzione particolare, quanto come colui al quale accadder fatti straordinarj, a mala pena credibili.
Poté dunque, come fece, arricchir quest’ultima col soccorso delle altre; e in fatti i latini ebbero in lui solo l’epico, il tragico, e ’l comico di que’ tempi. […] Cresce il suo furore, numera i delitti passati da lei fatti per amore, ma soggiugne: …………………… nullum scelus Irata feci. […] L’apertura dello spettacolo, invece di essere una decorazione teatrale, e un quadro compassionevole, come in Sofocle, quivi é una cicalata, una declamazione di Edipo sui mali della peste ripetuti dal coro dell’atto I Sofocle con economia mirabile sviluppa per gradi i fatti passati per apportar acconciamente quel sì felice scioglimento, della sua favola; e Seneca accenna varie circostanze senza che l’azione avanzi, o se ne accresca l’interesse. […] Narrali nel V, come il tumulto é già sedato, Nerone comanda, che Ottavia sia relegata nell’isola Pandataria oggi Ventotiene; e in fatti viene ella fuori condotta da soldati per imbarcarsi. […] Catone ai giuochi florali fatti dall’edile Messio; e ’l popolo si vergognò di domandar che le mime deponessero le vesti, rispettando la presenza di quel virtuoso cittadino; ma egli avvertitone uscì del teatro, usando della prudenza che non avea avuta in andarvi, e ’l popolo l’accompagnò con plausi strepitosi, e richiamò sulla scena l’antico costume94.
Havvi parimente la tanto ripetuta descrizione di un sogno ; ma vi si evita il particolareggiar soverchio, come altri ha fatto, per additare appuntino i fatti della tragedia. […] Con simil norma non riconosceremmo per tragedie le moderne che vertono su’ fatti orientali o americani o affricani. […] Certo è, che alcune pur delle rimasteci esprimono fatti di popoli stranieri. […] Unico mezzo di far da’ volgari soffrire in teatro simili atrocità de’ fatti antichi, sarebbe per ipotesi la forza irresistibile del fato, onde gli uomini cadono in eccessi per non potere con umane forze evitarle. […] Non possono negarsi a questo nostro valoroso tragico i notabili progressi fatti nella carriera intrapresa mostrati nell’ edizione di Parigi del 1788.
Puossi pronunziare, e si pronunzia di fatti ognora una sillaba più alta e più bassa, senza che v’entri per niente la sua quantità, ed io non capisco il perché la maggior parte degli eruditi s’ostinano a slungare una sillaba che sarà breve di sua natura, ove unicamente sarà segnata con accento acuto; gli è questo un opporsi tutto ad un tratto al sentimento ed alla ragione distruggendo la bellezza principale, e l’artifizio il più felice della greca versificazione. […] Abbia questa tutte le bellezze e le ricchezze possibili, pure può essere difettosa oltre modo; e di fatti lo è sovente. […] E di fatti dolevami non poco che simil disegno non fosse stato conceputo da qualche uomo rispettabile per l’autorità sua nella repubblica delle lettere, o delle arti, e portava invidia alla pittura, per aver meritato che voi le consecraste le vostre fatiche e le cognizioni vostre.
Che licenzj (risponde tosto Catone con magnanimità) Le legion, la libertà alla Patria Restituisca, i fatti suoi sommetta Alla censura pubblica, e sì stiasi Alla sentenza d’un Roman Senato. […] Varie ne compose tutte esatte, ingegnose e piene di caratteri assai di moda in ciò che si dice gran mondo, avendo animati con tinte vivaci e naturali gli uomini ben nati e mal educati, falsi, doppj e furbi in fatti, ma nobili, onesti e virtuosi in parole. […] Ne risulta non per tanto uno scioglimento non infelice, ma da non compararsi però con altri che con un sol colpo mettono i fatti in tutta la necessaria chiarezza.
Così in fatti avvenne. […] Euripide veramente non a torto nella sua Elettra si burla di simili segni; ed in fatti non si prenderà mai per modello delle agnizioni teatrali questa di Eschilo sfornita di verisimiglianza. […] In fatti alcuni tragici che si dedicarono a ritoccarne più di una, ne riportarono più volte la corona teatrale. […] Quest’Apollinare, oltre a tale tragedia, espose sulle scene altri fatti del Vecchio Testamento imitando Euripide, e scrisse ancora commedie a somiglianza delle favole di Menandro90. […] In fatti Aristotile stesso nel luogo citato dice che Eschilo fu il primo a far riconoscere il rappresentatore delle prime parti.
Ed in fatti Coridone di folle diviene assennato al contemplare le bellezze di Amarilli, a somiglianza del Cimone del Boccaccio. […] L’azione rappresenta la vendetta presa da Amore di due anime superbe che lo bestemmiavano, Tirsi pastore ed Ardelia ninfa, facendo che l’uno arda e non trovi loco Per amor di Mirtilla, e l’altra avvampi Per sua pena maggior di se medesma; ed in fatti nell’atto IV si vede Ardelia divenuta un novello Narciso che si vagheggia in un fonte.
Ed in fatti Coridone di folle diviene assennato al contemplare le bellezze d’ Amarilli, a somiglianza del Cimone del Boccaccio. […] L’azione rappresenta la vendetta presa da Amore di due anime superbe che lo bestemmiavano, Tirsi pastore ed Ardelia ninfa, facendo che l’ uno arda e non ritrovi loco Per amor di Mirtilla, e l’altra avvampi Per sua pena maggior di se medesma; ed in fatti nell’atto IV si vede Ardelia divenuta un novello Narciso che si vagheggia in un fonte.
La terza fu un carro di Nettuno tirato da due mezzi cavalli, con le pinne, e squame da pesce, ma benissimo fatti; in cima il Nettuno col tridente ecc. dietro otto mostri, cioè quattro innanti, e quattro dappoi tanto ben fatti, ch’io non l’oso a dire, ballando un brando; ed il carro tutto pieno di fuoco. […] Il carro era tirato da due pavoni tanto belli e tanto naturali, ch’io stesso non sapeva come fosse possibile, e pur gli avevo visti e fatti fare. Innanti due aquile e due struzzi; dietro due uccelli marini e due gran papagalli di quelli tanto macchiati di diverso colore, e tutti questi erano tanto ben fatti, Monsignor mio, che certo non credo che mai più si sia finto cosa simile al vero; e tutti questi uccelli ballavano ancor loro un brando, con tanta grazia quanto sia possibile a dire né immaginare. […] Atlante fece sortire coll’ordin medesimo l’altre parti del mondo, lo che formò una divisione naturale e semplice del balletto, ciascun atto del quale fu terminato cogli omaggi, che dalle mentovate nazioni furono resi alla giovine principessa d’Inghiltera e coi magnifici presenti che le furono fatti.
Con quale applauso vi fossero accolte e con quanti privilegii onorate, si vede da’ seguenti fatti. […] Roma guerriera, ordinato lo stato della repubblica in libero popolare per la legge Petelia sin dal 419 della sua fondazione, avea successivamente disteso il proprio dominio oltre del Lazio, vinti i Sabini e i Lucani, trionfato più volte de’ Sanniti (vendicando l’onta delle Forche Caudine, cui soggiacquero per essersi fatti rinchiudere in un luogo di cui cercasi tuttavia il vero sito) e cacciato Pirro dall’Italia. […] Essa in fatti per eccitare il riso sacrifica in più di un luogo il verisimile e il decoro. […] A ciò Annone prende un’ aria di tristezza, e dice che furono in fatti a lui rubate due figlie insieme colla loro balia. […] O bisogna concepire un teatro alla maniera di quelli veduti in Napoli in tempo del Marchese di Liveri, ne’ quali senza cangiar la scena vedevansi azioni fatte nell’ interiore di una casa ancor dalla strada, ovvero immaginare che il servo baldanzoso Tossilo, per far disperar Dordalo, avesse disposta la mensa avanti la porta della propria casa per farsi veder da lui, come in fatti avviene.
In effetto mettevano gli antichi ne’ loro teatri i vasi di bronzo, affine di aumentar la voce degli attori, quando essi teatri erano di materia dura, di pietra, di cementi o di marmo, che sono cose che non possono risuonare; laddove di tale artifizio non abbisognavano in quelli che erano fatti di legno, il quale forza è, come dice espressamente Vitruvio 57, che renda suono.
Tanti giudizj mal fondati e tanti fatti erroneamente esposti, non che nell’altrui, nella stessa letteratura spagnuola, mostrano ad evidenza di essersi il lodato sig.
Ottima mira in fatti, che di dimostrazione non abbisogna, e non ammette argomento in contrario: …… vos exemplaria Graeca Nocturna versate manu, versate diurna, inculcava Orazio a’ suoi pisoni.
In fatti sono assai pochi coloro che sanno, spezialmente in teatro, discernere e distinguere in un dramma gli errori di lingua, i versi cattivi, i pensieri falsi, e ciò che non conviene, e quell’ incantesimo che fin anco nelle cose non buone possono e sogliono produrre gli abili e destri rappresentatori e le decorazioni.