O mia Margherita riposa del povero Armando sul cor ! » Or mentre nell’ occhio fiammante la pugna del core indovina, sul labbro del pallido amante la smorta fanciulla si china….
Fu prima donna egregia sul finire del secolo scorso.
Le osservazioni del Croce sulla rappresentazione della Flaminia sono giustissime : ma non men giuste paion le induzioni del Bartoli fatte sul Prologo stesso.
Fu comica del Duca di Mantova, e il 23 maggio del 1695 le si concesse vita durante una casa ove ella abitava sul Corso, purchè restasse in servizio con doppie 50 d’Italia annue (f. 95).
Appartenne alla Compagnia, che arrivò a Dresda sul principio del 1738, scritturata da Andrea Bertoldi (V. e richiami) per la Corte Sassone.
Noi vorremmo che egli sapesse liberarsi da una certa cantilena, nella quale cade qualche volta sul terminar dei periodi.
Fu amato e stimato da tutti, e da tutti compianto, allorchè, colpito sul principio del ’63 da male improvviso, lasciò la vita a soli 42 anni.
Avanti il '60 il Lipparini, abbandonato il teatro, si restituì in patria, dove morì sul cadere del '79.
Una lettera dell’attore Beltramo a Icilio Polese così descrive la morte eroica del povero amico, noto in tutta l’arte per la soavità dell’indole : Il mattino che precedette la sua morte si ritirò in casa, accomodò la sua cameretta cambiando posizione al letto ed al comodino, si vesti da garibaldino, mise le sue decorazioni sul guanciale accanto al revolver, sfoderò la spada e la mise in croce col fodero ai piedi del letto, si coricò, e si sparò un colpo al cuore con una rivoltella a due colpi con tanta sicurezza e precisione che restò fulminato.
È giovine ed ha volto piacevole sopr'a tutto sul teatro.
Nella Rebecca e nella Susanna serbò il costume de’ nazionali di trasportare sul teatro i fatti della Biblia con poca regolarità. […] Paolo Rebhun curato di Oelsnitz anche compose un dramma spirituale sul fatto di Susanna intitolato la Casta Susanna in cinque atti lodevole per certa regolarità ed eleganza scritto in idioma alemanno. […] Aurelio Giorgi-Bertòla non si prefisse di ripetere così da lungi i passi scenici degli Alemanni, allorchè nel Discorso premesso alla tradizione degl’Idilii di Gesner promise un Saggio storico critico sul la poesia alemanna, il quale dovea abbracciare il tempo scorso da Opiz sino a’ nostri giorni .
In codest’anno egli dovè cedere alla volontà imperante del padre che lo restituì al suo ufficio ; ma dopo un anno di prigionìa del corpo e dello spirito, rotto ogni ritegno, superato ogni ostacolo, determinò di tornar sul teatro per non abbandonarlo più. […] L’illusione si diminuisce nello spettatore, se vede nell’attore troppi preparativi : per questa sovrabbondanza si dimentica talvolta delle convenzioni sociali e del tacito patto fra l’attore ed il pubblico sul limite stabilito a quella massima, che l’attore, tranne i personaggi co’quali trovasi in scena, deve credere non esservi altra persona che lo guardi e l’ascolti ; precetto che ha bisogno d’essere ben spiegato, perchè non del tutto vero, ed a cui contrasta il fatto. […] Oltre lo studio accurato sull’incedere e sul gesto, De Marini occupava moltissimo tempo per trasformare il suo volto, e bene spesso egli recavasi al teatro due ore prima del principiare dello spettacolo.
L'artista per me è stato a un tempo rivelazione e ispirazione : egli è stato causa di studi profondissimi sul teatro vecchio e moderno, e nobilissimo incitamento a coltivar quell’arte, che mi diè tanti piaceri e trionfi, e pur tanti dolori nella mia povera vita artistica e avventurosa. […] Nemico di ogni convenzionalismo anche sul palcoscenico, egli ha saputo trasformare il trovarobe, i macchinisti, gli scenografi, portandoli tutti al suo grande concetto costitutivo della grande arte : verità, sempre verità in tutto e per tutto.
Quivi, col mezzo di Medebach, fu ospitato Carlo Goldoni, che, sul proposito, lasciò scritto nelle sue memorie : Questa era una vecchia comica, che sotto il nome di Fravoletta aveva esercitato eccellentemente l’impiego di Cameriera, che godeva nel suo ritiro d’un’agiatezza molto aggradevole, e che ancor nell’età di 85 anni conservava alcun resto di sua bellezza, ed una lucidezza di spirito bastantemente viva ed amena.
Poco tempo stette a Bologna fuor dell’arte ; chè, attratta di nuovo dagl’incantesimi della scena, finì coll’ abbandonare il marito e tornar collo zio Sacchi, in compagnia del quale si ripresentò sul Teatro di S.
La fine e pur frivola società di Corte bavarese, e soprattutti il giovine Max Emanuel, si stancò presto di quelle rozze rappresentazioni : la riapparizione di Treu e compagni sul teatro di Corte a Monaco ebbe per resultato la chiamata di comici stranieri : e questa volta furono italiani, venuti da Venezia sullo scorcio del 1689, e capitanati da Giovanni Nanini, che rappresentava in commedia la maschera del Dottore.
Nato a Milano il 2 maggio 1867, cominciò a recitar da ragazzo coi dilettanti, ed entrò in arte il 5 ottobre dell’ '87 nella Compagnia dialettale di Caravati e Cavalli, recitando da vecchio e da giovine, cantando, ballando, e anche capriolando sul trapezio volante sotto gli ammaestramenti del vecchio Ettore Baraccani, primo ballerino e mimo, un tempo, di gran rinomanza.
Per questi passi si venne in Francia ad introdurre l’uso di rappresentare i misteri che nel 1380 si stabilì sul teatro per mezzo del Canto Reale. […] Senza contrasto sul principio del secolo XIV furono in Alemagna alcune rappresentazioni sacre.
Giunto in quel largo, il vecchio si fermò ; prese il suo cappello, lo pose sul suolo, ed aspettò. […] Ma, benchè di maggio, il sole scottava bastantemente, e pensai bene di andarmene, riserbandomi di domandare informazioni sul passato di quel disgraziato.
Per la convalescenza di lei dettò Fidenzi il sonetto seguente : Post’avea già sul formidabil arco l’invida morte il suo funereo strale, e volea aprir de la prigion mortale de la famosa Delia a l’alma il varco. […] E un madrigale sul medesimo soggetto dettò Giovanni Lazzaroni.
Quella Bologna cara, quella patria mia, quel caro albergh, quella dove s’impara, e lo conferma il Bagaron sul tergh, quella ov’ebbi il natale, privo di questa son nel carnevale. […] Da un canto della piazza tu vedi il nostro galante Fortunato insieme con Frittata cacar carote e trattener la brigata ogni sera dalle ventidue sino alle ventiquattro ore di giorno, finger novelle, trovare istorie, formar dialoghi, far caleselle, cantar all’improvviso, corucciarsi insieme, far la pace, morir dalle risa, alterarsi di nuovo, urtarsi in sul banco, far questione insieme, e finalmente buttar fuora i bussoli e venire al quamquam delle gazzette (moneta venesiana da dieci centesimi) che voglion carpire con queste loro gentilissime e garbatissime chiacchiere. […] Fra tanto sbuca fuor de’portici un Toscano e monta su con la putta, smattando come un asino Burattino col suo Graziano ; il circolo si unisce intorno a lui, le genti stanno affisse per vedere ed ascoltare, ed ecco in un tratto si dà principio, con lingua fiorentinesca, a qualche pappolata ridicolosa, e in questo mezzo la putta prepara il cerchio sul banco e si getta in quattro a pigliar l’anello fuora del cerchio, poi sopra due spade, tuole una moneta indietro stravaccata, porgendo un strano desiderio al popolo della sua lascivia grata : ma fornita la botta, si urta nelle ballote e il cerchio si disunisce, non potendo star più saldo allo scontro dei bussolotti che vanno in volta. Da un’altra parte della Piazza il Milanese, con la beretta di velluto in testa e con la penna bianca alla guelfa, vestito nobilmente da Signore, finge l’innamorato con Gradello, il qual si ride del padrone, li fa le fiche in sul viso, le mocche di dietro, si proferisce al suo comando, prontissimo a pigliare una somma di bastonate, si tira il cappello sul mostaccio, caccia mano al temperino, e con gli occhi storti, con un viso rabbuffato, con un grugno di porco, con un guardo in sberleffo verso i rivali del suo padrone, fa mostra di sè stesso come d’un can mastino corrucciato ; ma pian piano vedendo l’incontro degl’inimici diventa paralitico, e tremando di paura e lordandosi in sul banco, si dà in preda ai calcagni e lascia il Milanese fra le scatole e l’ampolle in mezzo della piazza impettolato. […] Sono in tutto 8 paginette di stampa in carattere corsivo, 12, senza luogo nè data, ma probabilmente sul ’600).
Morì d’apoplessia nel settembre del 1880, mentre era sul punto di uscir di casa per recarsi alla prima rappresentazione di riapertura del S.
Comica illustre, fiorita sul finire del ’500.
Da quella sera lo Zacconi ebbe coscienza della sua forza, e la visione chiara e precisa di quella specie di fascino che la sincerità e la verità possono operare sul pubblico. […] E prima di tutto : questa gran preferenza sugli altri tipi gli è venuta, come vorrebbero i più, dal dominio esercitato sul suo sistema nervoso dal personaggio di Osvaldo negli Spettri di Ibsen, il primo della specie ? […] Niente vi deve essere di più sintetico, di più artisticamente teatrale dello spasimo dell’agonia, e delle malattie in genere, sul teatro. […] Ecco, tu appari con le scinte chiome Tra un velo luminoso, Ed è a te volto l’occhio desïoso, È sul labbro il tuo nome. […] Fiorito sul finire del secolo xvii, fu attore al servizio del Duca di Modena per le parti di Primo Zanni, sotto il nome di Finocchio (V. a Torri Antonia l’elenco della Compagnia pel 1689) ; ma non aveva la parte, ossia era attore pagato a un tanto fisso.
Ebbe da tal matrimonio molti figliuoli, e ne vediam due suiteatro : Benedetto, prima ballerino nella Compagnia del Sacco, rimasto in tal carica sul teatro a Lisbona per undici anni al servizio di quella Corte, poi, tornato in Italia e già maturo, Arlecchino di molto pregio, morto a Torino nel carnovale del 1795 ; e Rosa, graziosa e pregevole donnina, che sposò Francesco Arena, il figliastro del Pantalone d’Arbes, e morì giovanissima.
Anche sul valore artistico del Visentini ci troviam davanti a contraddizioni.
Fiorito sul finire del secolo xvii, fu comico al servizio del Duca di Modena per le parti di secondo Zanni sotto il nome di Truffaldino.
Sono nato a Morano sul Po, piccolo paese del Casalasco (Monferrato) or sono 50 anni, cioè l’undici febbraio 1848. […] » Meglio non avrei potuto cominciar le note sul forte artista che con questa lettera, la quale dice chiaro nella sua concisione, nella sua modestia, non discompagnata da una certa alterezza, l’indole dell’uomo. […] A chi ricordi il giovane atleta sullo scorcio del ’67 o sul cominciar del ’68, al fianco di Laura Bon, di Teresina Boetti, e di un Bianchi, pellicciaio livornese, cimentarsi nel Don Carlos e ne’ Masnadieri di Schiller, e toccar sotto le spoglie specialmente del tristo Moor, altezze non immaginate, non parrà strano che a soli ventiquattr’anni egli si disponesse, capocomico e primo attore assoluto, a lottare strenuamente colle maggiori difficoltà d’interpretazione, creando i caratteri più disparati comici e tragici, del teatro nostro e forastiero. […] Davanti a me, sul tavolo, apersi Carcano, Maffei e Rusconi ; a sinistra il testo inglese, a dritta il Millouse, e sillaba per sillaba controllai tutte le parole di Shakespeare, e ad ogni dubbio, ad ogni oscurità, mi mettevo ad urlare : – Padrone, padrone !
Tenne in affitto per molti anni il Teatro San Cassiano di Venezia ; ma la sorte, amica sul principio, gli voltò poi le spalle, non avendo egli alcuna novità per allettare il suo pubblico.
Ma aveva appena il padre pagato ogni suo debito, a condizione che non mettesse più il piede sul teatro, ch’ egli ripreso di notte tempo il volo, tornò in seno alla famiglia artistica, e questa volta per non distaccarsene mai più.
Non si creda però che il Lipparini s’illudesse sul merito della moglie : egli se ne serviva in caso di bisogno anche come Prima Donna, ma non dimenticava che questa è il vero pernio di una Compagnia…. » Livini Ferdinando.
A compimento dell’ articolo sul Chiesa (V.), metto qui l’aneddoto, che l’Ottonelli riferisce nel libro primo, pagina 101, della sua Cristiana Moderazione del Teatro, inteso da Violone stesso, come testimonio oculare, e già riferito dal Beltrame nella sua supplica.
Il dio del mare invitò i sovrani, le dame, e i cavalieri a entrar in codesto vascello ove furono serviti a suntuosa cena dai Tritoni i quali portavano le vivande sul dosso de’ mostri marini. […] Nel secondo vedevasi assiso e cantando sul delfino. […] [6] Vinegia si distinse dalle altre città nella magnificenza ed apparato delle comparse, e memorabile si rendette fra gli altri drammi la Divisione del mondo rappresentato nel 1675 a spese e sotto la direzione del Marchese Guido Rangoni sul teatro di San Salvatore, dove tutte le parti del globo terracqueo si videro simboleggiate con istraordinario accompagnamento di macchine, di maravigliosa invenzione. […] L’esempio degli antichi Greci e Romani, che escluse le vollero costantemente; il rischio, cui si espone la loro virtù esercitando una professione, ove per un orribile ma universal pregiudizio, non ha alcun vantaggio il pudore, ove tanti ne ha la licenza; l’ascendente che prendono esse sugli animi dello spettatore non meno contrario al fine del teatro, che pericoloso al buon ordine della società; la mollezza degli affetti, che ispirano coi loro atteggiamenti espressivi di già troppo avvalorata colla seduzione naturale della bellezza e del sesso; lo spirito di dissipamento che spargono fra giovani scapoli, i cattivi effetti del quale si risentono in tutti gli ordini dello stato politico, sembrano legittimar il divieto ad esse pur fatto sul principio delle drammatiche rappresentazioni in Italia di comparir sul teatro. […] Trovasi per ciò di buon’ora stabilita cotal usanza, e celebri si resero in Mantova la Muranesi e la Martinelli, sul sepolcro della quale si legge tuttora una elegante e patetica iscrizione latina fatta scolpire dal duca Vincenzo suo protettore ed amante83.
Havvene sul teatro antico e moderno un carattere interessante al par di quello di Tito? Non è egli le delizie dell’uman genere ne’ suoi scritti, come già le fu sul trono? […] Le lagrime del filosofo sul misero destino della virtù. […] [41] La pittura di questa passione sul teatro non ha mezzo. […] Abbiamo sul principio una combinazione di circostanze che può sembrare non poco ricercata.
Altri nazionali sul di lui esempio hanno parimente contribuito a fornire di tragedie Russe le native contrade. […] Le arti, le scienze, un commercio fiorente, una forza marittima, una superiorità d’armi sul possessore di Costantinopoli, la Crimea aggiunta alle Russie, il possesso ricuperato di Oczakow, un codice degno della miglior filosofia e della sovranità più rischiarata, rendono la Russia oggetto dell’ammirazione dell’Europa.
Non è nuovo che si rechino acconciamente sul teatro i bei racconti di altri; ma s’incorre nella taccia di un plagio nel dissimularlo.
Dice il Bartoli che « fatto vecchio ed incapace di montar più sul teatro, gli vennero retribuite le beneficenze, che ad altri egli aveva impartite, trovando que’sussidj ch’erano necessari alla sua cadente vecchiezza. » Morì a Venezia il 1767.
Se xe belli, e gustosi i sentimenti che xè sul libro, e in egual note scritti, per tali i comparisce a chi è presenti dalla grazia e dal brio de chi i vien ditti.
Figlia di Luigi, detto il Gobbo, rammentatore, fu prima attrice di buon nome, poi capocomica sul finire del secolo xviii e nel primo ventennio del secolo xix.
Fiorì sul fine dell’undecimo secolo, e sul principio del duodecimo. […] [5] Cade non per tanto da se medesima l’asserzione della massima parte degli scrittori francesi, i quali dicono che l’epoca delle prime poesie composte nella loro lingua volgare (comprendendo sotto questo nome anche la provenzale quantunque fosse differente dalla francese) debba fissarsi sul fine del secolo duodecimo. […] Quest’intermezzi sul principio erano madrigali cantati a più voci ora allusivi all’argomento della favola, ora di sentimento diverso. […] Gli spettacoli fatti per parlare agli occhi nelle pubbliche feste portavano sul principio il carattere dei loro tempi. […] Del resto non dissimulerò, che tutte le dispute sul prima e sul poi, sul proprio e sul derivato mi sembrano pure e prette quistioni de lana caprina, e che codeste ipotetiche letterarie trasmigrazioni ora egiziane, ora indiane, ora greche, ora settentrionali, ora arabiche, ora dei popoli atlantici lasciano perfettamente le cose come si stavano, né provano altro che lo spirito di sistema dal paro inutile nelle lettere che nella metafisica.
Come attore fu molto ammirato da’ varj pubblici ; e in un frammento di lettera sul carnevale di Roma dell’anno 1815, pubblicato nella Biblioteca teatrale (Roma, Puccinelli, 1815) e firmato Wencislao, è detto di lui : Bella e graziosa figura, sentimento, nobiltà, e scelta educazione riunisconsi nel Bonfio per formarne un eccellente amoroso.
La poca importanza che si dà alle scarsissime notizie di lui, parmi in aperta contraddizione colle tante incisioni, specialmente del Watteau, che riproducono i nostri comici a Parigi, nelle quali Pierrot occupa sempre un de’primi posti, quando non sia il primo addirittura, come nel quadro de’Comici italiani dello stesso Watteau, che riproduco nella testata della lettera G, in cui egli è segnato a dito non so se qual capocomico o principale artista della compagnia, diritto in sul mezzo della scena, a cui fan cerchio tutti i colleghi ne’lor varj costumi.
Restò sul teatro fino all’anno 1767, dopo il quale, prostrata dalle fatiche che le avevan date l’allevamento e l’educazione di cinque figliuole, si ridusse a Venezia, ov' era ancora l’ 82, « ben conservata — dice il Bartoli — e in buona salute, presso una doviziosa e onorata famiglia. » Suo marito, per non esser d’aggravio alla famiglia si recò maestro di ballo nel Collegio di Senigallia, e quivi morì il 1780.
Giaccia invidia sul suol ; l’alta Eroina fama preceda, e scritto al piè si miri : degli Eroi coturnati io son regina.
Lontana dall’arte di ritrarre al vivo, e con leggiadria la natura, di rappresentar sagacemente la vita civile, di dar con delicatezza la caccia al vizio, e al ridicolo, di toccar il punto vero del grandioso, e del sublime, per non picciolo tratto del secolo XVII si mantenne in Francia la scena sul sistema delle favole di Hardy. […] Avvenne in fatti che mentre rappresentavasi quella di Cornelio molti spettatori correvano alla Sofonisba di Mairet, e dopo lo spazio di trenta anni in cui si andò tratto tratto ripetendo sul teatro francese, si manteneva ancora.
Altri nazionali sul di lui esempio hanno parimente contribuito a fornire di tragedie russe le native contrade. […] Le arti, le scienze, un commercio fiorente, una forza marittima, una superiorità d’armi sul possessore di Costantinopoli, la Crimea aggiunta alle Russie, Oczakow ricuperato, un codice degno della miglior filosofia, rendono il regno di Caterina II e la Russia oggetto di ammirazione all’Europa.
Tra le farse rappresentate sul teatro di Varsavia nel 1748, ne troviamo una : Le contese di Mestre e Malghera per il trono, o scritta o rimaneggiata dalla Casanova, con musica dell’Appolloni. […] « Bolognese, nato – dice il Bartoli – da illustri parenti celebri nel foro…. c nelle cattedre della sua Patria, come non meno ne’ gradi eccelsi di Religioni claustrali antichissime ed insigni, » lasciò a mezzo gli studi per darsi all’arte del comico in cui riuscì ottimo per le parti di primo innamorato, e specialmente nella commedia all’improvviso, « da lui travagliata – trascrivo ancora dal Bartoli – con nobili e concettosi sentimenti, facendosi non solo conoscere per buon Rettorico e dicitore forbito, ma altresi per dotto e sentenzioso filosofo, degli affetti e delle amorose passioni in sul teatro scrutatore ingegnosissimo e penetrante.
Recatosi col Majeroni a Firenze, e recitata la Gerla al Pagliano, Alessandro Dumas, venuto per la recita del suo Don Giovanni, si recò sul palcoscenico, ed ebbe le maggiori parole di lode pel giovine artista che paragonò al celebre Lemaître. […] Ma poco appresso, un incendio fe' dileguar d’un subito il bel sogno a mala pena tradotto in fatto, e ridusse il pover'uomo sul lastrico.
[7] I Romani meno sensibili che non lo erano i Greci ai piaceri dello spirito oltre l’applicazione che sul loro esempio fecero della danza propriamente detta ad alcune istituzioni religiose e politiche, furono ancora i primi a introdur sul teatro la danza pantomimica. […] Un ballo improviso che venga sul più bello a sospender l’azione, indebolisce l’interesse e fa dimenticare l’oggetto principale. […] Peggio per noi se cotesto sconsigliato ardimento ci costringe a non vedere se non mostri ed enimmi sul teatro pantomimico. […] Una pioggia dirotta cade sul teatro accompagnata da fulmini. […] In mezzo a siffatta allegrezza il fanciullo fa un cenno, lo scoglio si trasforma in un carro trionfale, sul quale egli ascende.
I concetti sono figli de’ costumi, e le stesse passioni generali dell’uomo si modificano esteriormente sul genio delle razze e famiglie diverse. […] Tutta la stupidità o il capriccio di certi pregiudicati incurabili moderni appena basta per ingannar se stessi sul merito di questo capo d’opera, e per supporre la tragedia ancora avvolta nelle fasce infantili nel tempo che si producevano simili componimenti che nulla hanno di mediocre. […] I moderni non vedrebbero con piacere sulle scene Filottete zoppicante e disteso nel l’atto II colle convulsioni: ma egli si mostrava in questo stato senza sconcezza sul teatro della dotta Atene. […] Tra gli esempii delle irregolarità delle favole antiche intorno al luogo reca Metastasio Ajace, perchè avendo questi risoluto di uccidersi in-un luogo solitario per non essere impedito da veruno, si vede poi in effetto sul medesimo palco solo nel-luogo cercato e vi si uccide. […] Tra’ frammenti di Euripide trovansi alcuni versi di una sua tragedia sul medesimo personaggio.
Cornelio, e con una delle sue farse il Dottore innamorato; ed il modo di rappresentare di questa comitiva piacque alla corte, e Moliere ottenne dal re di stabilirsi in Parigi, e di alternare sul teatro del Picciolo-Borbone colla comitiva Italiana. […] Nel 1669 quando tornò sul teatro il Tartuffo, usci ancora la farsa di Monsieur de Pourceaugnac, in cui un avvocato di provincia viene aggirato da Sbrigani personaggio modellato su i servi della commedia greca ed italiana antica e moderna. […] L’autore ebbe principalmente in mira di tessere la sua favola sul disgusto di due amanti procurato per furberia di una serva. […] Le Festin de Pierre (cattiva traduzione del titolo spagnuolo) ancor mal riuscito sul teatro è componimento assai lontano dal mostruoso dramma di Tirsi di Molina tante volte ripetuto sulle scene Europee. […] Vedasi anche il Riccoboni nelle Osservazioni sulle commedie e sul gusto di Moliere.
Dopo la morte del re Augusto II, la Corte sassone si era volta di nuovo e con occhio ancor più benigno alla commedia italiana ; e il re Augusto III e la regina Maria Giuseppa, sentito il bisogno di ripristinar ne’loro palazzi la commedia italiana, dieder carico al Bertoldi di recarsi in Italia a scritturarvi una compagnia, la quale coll’aiuto dell’Ambasciator sassone a Venezia, Conte di Villéo, riunita sul finire del 1737, arrivò al principiar del nuovo anno a Dresda.
Ne abbiamo invece sul suo esordire a Parigi il 21 novembre del 1739 nelle Furberies de Scapin, che, non piaciute il 1726, ebber liete accoglienze, in grazia dell’arte sua.
Egli ebbe tre figli sul teatro.
Gesù-Cristo sulle spalle di Satana volava sul pinacolo ec. […] Sotto la denominazione di Misteri vengono parimente le Vite de’ Santi poste sul teatro francese in questo secolo. […] Gli Spensierati (les Enfans sans souci) che aveano un capo chiamato il Principe degli sciocchi, mettevano sul teatro avventure bizzarre e ridicole.
V’intervenivano il Padre Eterno, Gesù Cristo, Lucifero, la Maddalena e i di lei innamorati: vi si vedeva Satana zoppicando per le bastonate ricevute da Lucifero per aver tentato Gesù Cristo senza effetto: la figlia della Cananea spiritata vi proferiva parole soverchio libere: l’anima di Giuda non potendo uscire per la bocca che avea baciato il divino Maestro, si figurava che scappasse fuori del ventre insieme colle interiora: Gesù Cristo sulle spalle di Satana volava sul pinacolo ec. […] Sotto la denominazione di Misteri vengono parimente le vite de’ santi poste sul teatro Francese in questo secolo. […] Gli Spensierati (les enfans sans souci) che aveano un capo chiamato il principe degli sciocchi, mettevano sul teatro avventure bizzarre e ridicole.
Avendo perduta intieramente l’idea del teatro antico, e non vedendo sul moderno, se non se tragedie e commedie piene di mille assurdità, era ben naturale che s’appigliassero al melodramma, in cui trovano un ampio compenso. […] Le frondi degli alberi, l’albeggiante azzurro dell’orizonte, le punte delle roccie inerpicate, le lontananze e i chiaroscuri delle valli dipinti sul quadro sebbene invaghiscano l’occhio de’ riguardanti, nulla dicono però allo spirito loro; laddove una voce solitaria, che risuoni dolcemente nel silenzio di solinga valle, annunzia tosto a chi l’ascosta, che colà soggiorna un essere socievole, compagno nelle sciagure e nei diletti, e creato al paro di lui dalla natura per fruir l’aura della vita, e per godere le delizie dell’universo. […] [11] Come al rattiepidirsi della stagione nella primavera, il calore, che penetra nel centro della terra, va dilatandosi a poco a poco per tutti gli oggetti finché comprende e vivifica la intiera natura, così il buon gusto comunicato sul principio ad un genere si propagò ben tosto agli altri, che concorrono alla perfezione del melodramma. […] Ma gli empori più illustri del canto sul fine del Seicento furono Napoli e Bologna. […] Basterà non per tanto l’accennar brevemente il valore di due donne, che si fecero a quel tempo sentir sul teatro con gloria uguale a quella de’ più celebrati cantori.
Il signor Bettini dacchè è stabilita la Compagnia Reale fa sempre il primo amoroso giovine : e quantunque qualche cosa siasi sempre detto sul suo conto, si è sempre concluso che era il meno cattivo, e fu ed è il più ben pagato di tutti gli amorosi attuali nella Comica Italiana, quindi niuno mi ha mai detto di cangiarlo, bensì io più che altro in obbligo di conoscere i bisogni della mia Compagnia, ho cercato fra gli Accademici, se si poteva trovare uno che con decoro potesse servirgli di supplemento ; nei Commedianti era inutile cercarlo ; non ci è assolutamente : trovai, per mala mia ventura, il sig.
Egli assegnò alla moglie con regolare contratto la paga di quattrocento zecchini veneti all’anno, e una mezza serata per ogni piazza, ove le recite non fosser minori di venti ; e stabilì sul contratto ch'ella dovesse fornirgli un panciotto della stoffa di ogni nuovo abito ch'ella facesse, o per la scena o per fuori, o in costume o in borghese ; tal che alla sua morte si trovò una gran quantità di panciotti di ogni specie e di ogni colore, naturalmente, non mai indossati.
Il Richiedei ne'suoi Fiati d’Euterpe (Venezia, Sarzina, 1635) ha in lode di lei, rappresentante Arlanda condotta in trionfo da Papiro, questo SONETTO Spiega sul gran Teatro i suoi martiri questa del mio martir ministra atroce, nè spira accento pur, nè forma voce che amor non formi, e crudeltà non spiri.
Per queste mie terze cure l’edizion vostra porterà seco non poche novità nella storia tanto perchè vi s’inserisce quello che nel 1798 (che non passò oltre delle Sicilie per le luttuose vicende di Napoli) quanto per le molte altre cose notate ne’ primi cinque anni del secolo XIX sul Rodano, sulla Senna e nel l’Alta Italia. […] V’ha però chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile e dì Quintiliano, e mentovar dove bene stia que’ sagaci e graziosi attori, i quali seppero sulle scene delle più colte nazioni ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che rappresentar nella società gli originali di que’ medesimi oggetti rìdevoli mascherati da uomini d’alto affare e da filosofi e metafisici senza logica, e da poeti che non intendono nè rima nè ragione, e da pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore.
Dominique, stando sempre al Cicalmento (pag. 46) non si recò allora a Parigi per la prima volta : egli vi andò sul finire del’45, quando da quella Cristianissima Maestà vi fu chiamato Buffetto, il quale anche ci fa sapere come, presentate le commendatizie e ricevuti con ogni degnazione da’Sovrani e dall’eminentissimo Cardinal Mazzarini, fosser dati a Menghino e denari e un vestito bellissimo. […] Ecco lo stato della Compagnia alla morte di Dominique, che traggo dal prezioso manoscritto del Gueullette sullo Scenario del Biancolelli e sul Teatro italiano, esistente alla Biblioteca dell’Opera di Parigi.
Esordì a Milano sul finire del ’63 con Cesare Marchi nel teatro della Stadera ; e nonostante un fisico non de’più eleganti, era piccola e grassa, fece subito buona prova, dando speranza di forti e immediati progressi.
Averia gusto, che la fusse bruneta, perchè dise il proverbio : El bruno el bel non toglie, anzi accresce le voglie ; voria, che la gh’avesse do bei rossi vivi sul viso, la fronte alta, e spaziosa, la bocca ridente coi denti bianchi, e sora tutto do bei occhi negri, piccioli, e furbi.
Il nonno, contrarissimo sul mutamento, profittò della partenza di una tartana per Napoli, e v'imbarcò il nipote assieme a un altro giovane pittore, certo Prati.
Svegliatissima di mente, di spirito pronto, ebbe attitudini singolari alle parti comiche, che coltivò amorosamente sul tardi, acquistandosi con Niniche, Ma Cousine, Femme à Papa, e altro, il nome di Iudic italiana.
Nata a Mogliano (Veneto) l’ottobre dell’anno 1842 da Leone, maggiore, e da Luisa Böchmann, esordì sul finire del '59 in Compagnia Moro-Lin, di cui era prima attrice la Fumagalli e primo attore Alessandro Salvini.
Cornelio, e con una delle sue farse il Dottore innamorato; ed il modo di rappresentare di questa comitiva piacque alla corte, e Moliere ottenne dal re di stabilirsi in Parigi, e di alternare sul teatro del Picciolo-Borbone colla comitiva Italiana. […] Compiuta, corretta, riveduta, e approvata, sulla permissione verbale ottenutane dal sovrano, Moliere la rimise sul teatro l’ anno 1667. […] Nel 1669 quando tornò sul teatro il Tartuffo, uscì ancora la farsa di M. […] Contando egli nel 1653 il diciottesimo anno di sua età diede al teatro le Rivali favola tessuta alla spagnuola su di una deflorazione, sulla fuga di due donne rivali e sul loro travestimento da uomo, senz’arte, senza regolarità e senza piacevolezza. […] L’autore ebbe principalmente in mira di tesser la sua favola sul disgusto di due amanti procurato per furberia di una serva.
Il libretto sul Modena è un aureo studio sull’arte del grande attore. […] Ignaro de la vita che fugge, a’ tuoi futuri danni non pensi allor che accovacciato sul pavimento dell’aprica stanza ti scaldi taciturno a’ rai del sole, ed all’ insetto che ti ronza intorno volgi obliquo lo sguardo, e lo sollevi fraternamente all’augellin che canta da la pensile gabbia. […] A te della ragione non fu dato il tormento ; e sul mio letto forse inconscio alzerai la zampa e il muso, allor che quivi cesserà per sempre il solingo, inudito, entro gli arcani del cerebro sentieri, inane bisbigliar de’ miei pensieri. […] La Ristori fece inorgoglire gl’ Italiani delle loro domestiche glorie tanto ammirate fuori d’Italia ; Gustavo Modena, uomo di Plutarco, artista letterato, patriota e martire vero, fece nascere per l’arte drammatica un culto che non aveva avuto dapprima ; il libero pubblico italiano si affezionò ai suoi migliori allievi, e a quegli insigni che erano sorti a fianco della sua scuola, come la Ristori e il Morelli ; e poichè scarso era il numero dei grandi colleghi, diede la promozione in fama ed in paga agli artisti che più si appressavano a quelli, e spargendo anche sul teatro una tinta di patriotismo si vergognò di non accorrervi quando recitavano i più riputati artisti d’Italia.
Ma ormai il teatro non era più il principale scopo della sua vita : e sul finire del ’51, abbandonato Napoli, si recò a Bologna, ove diventò in breve esperto negoziante di quadri ed oggetti antichi.
Fra molte cose belle e gentili che improvvisò Felice Cavallotti sul feretro di lei, queste bellissime riferisco, le qualisintetizzano, come niuno potrebbe meglio, i grandi pregi dell’artista incantevole, squisita : Pierina Giagnoni era davvero una predestinata dell’arte.
Al momento di alzar la tela, uscì di camerino per entrar sul palcoscenico, quando, tutt’ a un tratto, mandò un grido, e stramazzò a terra, come fulminato.
E quando un compagno gli disse che la recita era sul finire, e ch' egli aveva ripiegata la sua parte, il Vidari trasse di tasca il borsello, vi diè dentro un’occhiata, e tornò pacifico all’osteria.
Ma lo starsi sempre in sul difficile è contra l’intendimento dell’arte; egli è un far divenir fine quello ch’essa adopera soltanto come un mezzo. […] Per non avere appreso o per non seguire i veri modi del cantare, adattano le stesse grazie musicali ad ogni sorta di cantilena, e co’ loro passaggi, co’ loro trilli, colle loro spezzature e volate fioriscono, infrascano, disfigurano ogni cosa: mettono quasi una lor maschera sul viso della composizione, e arrivano a far sì che tutte le arie si rassomigliano, in quella guisa che le donne in Francia, con quel loro rossetto e con que’ tanti lor nei, paiono tutte di una istessa famiglia. […] Angelo, a cui i nostri virtuosi dan fuoco in sul fine dell’aria; e la cadenza, direm noi, ha da essere tratta dal cuore dell’aria, variare secondo la indole di quella, esserne quasi la perorazione e l’epilogo48.
Il signor Denina par che abbia scritte le ultime sue cose in fretta, fermandosi sul primo pensiere senza esaminarlo, come può comprovarsi con varie osservazioni sull’indicato Discorso, e sul Proseguimento delle Rivoluzioni d’Italia. […] Al Capo IV, art. 1 pag. 176 in fine, dopo le parole, montarono essi medesimi sul pulpito a recitarla, si aggiunga ciò che segue.
Nella Rebecca e nella Susanna serbò il costume de’ nazionali di trasportare sul teatro i fatti della Biblia con poca regolarità. […] Paolo Rebhun curato di Oelsnitz anche compose un dramma spirituale sul fatto di Susanna intitolato la Casta Susanna in cinque atti lodevole per certa regolarità ed eleganza scritto in idioma Alemanno.
Risalendo a Guittone d’Arezzo, troviamo un suo sonetto indirizzato a Messere Onesto Guinizzelli da Bologna, nel quale scherza sul nome d’entrambi : vostro nome, messere, è caro, onrato, lo meo assai ontoso, e vil pensando, ma al vostro non vorrei aver cangiato. […] Leggere questo nome, e riafferrare tutte la sparse e isvariate buffonerie che aveva udite sul famoso guitto, fu un baleno.
Il capocomico Fabbrichesi aveva scritturato quegli artisti, dopo che il re Ferdinando I, ripristinato sul trono delle Due Sicilie, alla caduta di Giovacchino Murat, gli aveva confermato il sussidio annuale di ducati 8 mila, affinchè si dovessero presentare su quelle scene gli artisti più rinomati. […] Appena Sua Maestà si presentasse in palco, uno dei granatieri doveva fare un passo fuori del sipario, col fucile al piede, ed immobile tener sempre fisso lo sguardo sul volto del re.
Non è così ben tenuto il teatrino di Sabbionetta che pur sussiste; ma è parimente di forma antica e bellamente architettato dal rinomato Scamozzi, il quale avea terminato il teatro Olimpico sul disegno del Palladio.
Dettò versi in morte di Teresa Calamai, la famosa innamorata del Gamerra, il quale nella Corneide ha un cenno di lode sul Somigli.
Ma è da credersi, che la frase a lui detta, se pure fu detta, quando salì sul palco, dopo ascoltato il Saul :« no g' avè rispeto gnanca de vostro pare » ebbe più un tuono di amorosa compiacenza, che di sciocco risentimento ; dacchè pare irrefragabilmente provato da chi lo avvicinò, che egli fosse d’indole buona e avesse un amore sviscerato per la famiglia (sposò il 1801 la valorosa attrice Luigia Bernaroli (V.), vedova Lancetti, da cui ebbe due figliuoli) ; e che la serenità dell’uomo e la coscienza dell’artista non mai venissero meno in lui, mostrandosi in ognun de'casi (o attore stipendiato, o socio, o capocomico solo), direttore eccellente e galantuomo rarissimo. […] Una lettera al celebre attor dialettale Giuseppe Moncalvo, meneghino, nella quale sono espressi i suoi intendimenti d’arte, e le vie da seguirsi ad arrestarne il precipitoso decadimento, riprodotta poi dal Bertolotti nel suo studio sul Moncalvo. […] Nè minore entusiasmo egli suscitava in assurdità incredibili come quella famosa del pugnale infisso con gran violenza sul piano della tavola, che…. doveva essere di marmo. […] Bi stolfi, al quale porse il saluto della patria Enrico Panzacchi, e sul quale sono incise queste degne parole di A.
.) — sul finire di ottobre 1490, scriveva al Marchese Francesco le difficoltà per la ripetizione a Marmirolo dell’ Orfeo, accennando Filippo Lapacino e Zafrano, che dovevano prendervi parte, oltre al Citaredo Atalante che si attendeva da Firenze.
Vi hanno degli istanti in cui l’artista scompare, e resta la donna inspirata, che cogliendo la natura sul fatto, ne simula sì al vero il contrasto delle passioni, da operare un prodigio, da sollevarsi ad altezza tale, dove non lice ad altra.
Giovanni visse fino ai 16 anni in mezzo alle tradizioni marinaresche ed ebbe un fratello maggiore che potè illustrare il nome degli Arrighi con azioni eroiche, riconosciute da compensi sovrani, dal 1866 al’70, sempre sul mare.
Accanto a queste vocali strascicate, altre ne proferiva scivolate, guizzate, salterellate…. nè questo accadeva per la volata incettatrice di applauso, come, ad esempio, nella Orfanella di Lowood, se ben ricordo, in cui colla frase « ed anche i cani delle reggïe muteee van rispetttati (alzata massima di tono, con immediato ruzzolamento delle parole che seguono) perchè portano sul collare una corona reale, » strappava i più calorosi applausi ; ma per le scene piane, nelle quali poi il difetto era più palese.
Se aveva da ridere, lo faceva di gran cuore, e la sua risata argentina si comunicava subito negli spettatori ; se aveva da piangere, senza punto preoccuparsi, piangeva liberamente, apertamente, sinceramente, sul serio, e a quelle di lei mescolava il pubblico le sue lagrime ch’era un gusto a vederle.
Quivi avea pubblicato nel 1839 alcune lettere sopra l’arte d’imitazione dirette alla prima attrice italiana Anna Fiorilli-Pelandi, alle quali va innanzi una bella lettera di Iacopo Feretti al discreto Lettore sul merito dell’opera.
Fu sempre al fianco di ottime artiste, quali la Bettini, la Robotti e la Ristori, la cui somma valentìa non valse mai ad attenuare il fascino ch’ella esercitava sul pubblico sia con le doti intellettuali, sia con quelle del fisico ; poichè la Chiari aveva elegante figura, volto piacevole, bellissima voce.
Dopo di avere sostenuto in Compagnia Mascherpa il ruolo di generico e secondo brillante, passò brillante assoluto in quella che Cesare aveva formato il ’53 ; e poco mi resta da dire sul miglior tempo della sua vita artistica, essendo essa legata intimamente a quella del fratello.
Si mantenne viva nei repertori del tempo una sua commedia, intitolata La Maga avvocato, che aveva in fine il seguente sonetto : Diede natura all’uom sul proprio Core un assoluto, indipendente impero.
Salvini Giuseppe, nato da onesti parenti a Livorno sul cadere del secolo decimottavo, fu maestro di calligrafia egregio.
Non di meno v’ha chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile, di Plutarco, di Tullio, di Quintiliano, e mentovar dove stia bene que’ graziosi sagaci attori, i quali seppero sulle più culte scene ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che accreditarsi nelle società come originali di que’ medesimi ridicoli mascherati da uomini di alto affare, come filosofi senza logica, come pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore e dottrina, e come pigmei in somma, la cui pelle distesa a forza di puro vento per via di replicati argomenti si gonfia e gli fa per qualche istante parer gigantoni. […] Platone aspirò alla vittoria Olimpica con una tetralogia: Temistocle attese a far riuscire con ogni splendidezza gli spettacoli scenici: Eschine il competitore di Demostene, Archia capitano, Neottolemo favorito del re Filippo, e Aristodemo ambasciadore in Macedonia, furono essi stessi rappresentatori: il sobrio filosofo Plutarco ha conservate varie memorie teatrali, ed ha profuso i più alti encomj sul gran comico Menandro.
Discorso della Tragedia sul testimonio di un Antiquario Spagnuolo dell’Accademia della Istoria; asserendo che tuttavia vi si discernono le tre Porte della Scena. […] Non entro frattanto di proposito a seguitare l’ Apologista nelle sue congetture sul Teatro Saguntino, cioè che i Saguntini presero i Giuochi Scenioi da’ Greci, pensando io in questo discorso a ristrignermi a quello soltanto che a me appartiene.
Quel che vi si avanza, specialmente dell’ignoranza provata de’ Sacerdoti Spagnuoli sino al XV secolo, è fondato, come ognun vede, sulle cure presene per distruggerla da tutto un Concilio Matritense, e sul testimonio del celebre Storico Mariana. […] Amaduzzi Discorso filosofico sul fine e sull’utilità delle Accademie) la sua casa e le sue sostanze per essa consacrò, e di Museo, di Biblioteca e d’Orto Botanico generosamente l’arricchì.
La compassione dee tutta eccitarsi pel gran marito che pieno di sincera tenerezza per la moglie arriva nella sua reggia, e proditoriamente per mano della rea consorte cade sul letto maritale. […] Carlo nella scena 4 siede sul trono. […] Geldippe apostrofa al carnefice che non disarmi il fero braccio che sostenga in alto il ferro, che lo faccia cadere sul capo di lei. […] L’azione di questo dramma di lieto fine presentato dall’autore come un nuovo genere passa in Buda, sul Danubio e nelle montagne del Crapac nello spazio di più di due mesi. […] Elvira co’ capegli sciolti distesa sul letto piangente Sustinet in vidua tristia signa domo.
In sul principio L’Inavvertito fu uno scenario, e Beltrame dovette veramente all’ingegno de’suoi comici, in gran parte, il successo di esso ; ma le libertà che si pigliaron poi le nuove compagnie, tali da ridurlo pressochè irriconoscibile, fecer prendere all’autore la risoluzione di spiegarlo per iscritto, seguendo in tutto le traccie lasciate dai comici egregi che lo recitaron prima. […] Più notevoli nell’ Inavvertito sono le tirate sul modo di giudicar le azioni della plebe e de’signori ! […] Un giorno, caduta la Torre di Piazza, furono atterrati e il Salone e le sottoposte botteghe, restando meravigliosamente in piedi quella sola parte ove sorgeva il palcoscenico, sul quale erano alcuni servi di comici, che, naturalmente, non ebbero alcun danno, mentre la rovina, in altra parte, aveva cagionato la morte di alcuni cittadini.
Stefano Arteaga [1] Se in un secolo come il nostro, se ad un uomo quale voi siete, io non presento una di quelle opere importanti che influiscono direttamente sul bene delle nazioni; io vi prego, o Signore, ad attribuirlo meno al non averne sentito gl’impulsi che al destino che mi vieta di secondarli.
Dhe vieni, Apollo, sul pegaseo aringo, a gloriar Colei che il mondo adora ; mentre a sì alta impresa io non m’accingo.
Amurat) ; e nel chiedere all’uditorio la completa indulgenza, il Goldoni aveva un po’ caricata la dose, pare, sul nome della Ferramonti.
SONETTO Illustre donna, sul cui viso adorno scherzan le Grazie, e ridono gli Amori, a Te dovuti son, d’invidia a scorno, del Coturno e del Socco i primi onori.
Ufficio che gli fu riaffidato al suo ritorno a Parigi, poichè riferisce il Campardon una querela colla data del 5 febbraio 1696 sporta dal Costantini a nome di tutta la Compagnia, perchè alcuni venditori ambulanti facevano smercio alla porta dell’Hôtel de Bourgogne delle arie che si cantavan sul lor teatro, composte dal musicista Gillier : arie, che per decreto del 17 dicembre 1694, non potevano essere stampate da chicchessia.
Fu parte poi della Compagnia Pieri, e, cominciando a star male col petto, non fece che rare apparizioni sul teatro.
In questo frattempo, il capocomico Pietro Rossi offrì la propria figliuola in moglie al Perelli, che andò a sposarla a Gorizia sul finir del carnovale '77, restando poi col suocero tutto il '78, e assumendo l’impresa e la direzione della Compagnia l’anno successivo, in cui il Rossi avea abbandonato l’arte.
Fra i tanti miracoli compiuti dal Salsilli nell’arte sua, va segnalato questo : di aver suggerito dell’ '84 in Compagnia Nazionale, un po' a memoria e un po' improvvisando, con poche parti principali in mano, il Cuore ed Arte di Leone Fortis, al Teatro Gerbino di Torino, essendo stato involato il manoscritto, nuova riduzione dell’autore, sul punto di alzarsi il sipario ; e Paolo Ferrari, direttore della Compagnia, ignaro della cosa, si meravigliò, venuto più tardi in teatro, della esattezza e rapidità di esecuzione.
Il Goldoni aggiunge che trovasi nel quarto volume delle sue commedie (ediz. veneta del Pasquali) : errore questo, sul quale non ricordo di aver letto correzioni.
[20] Si osserva facilmente quanto la natura del canto e dello stil musicale debba influire sul carattere de’ personaggi. […] [23] Ecco il perché gli apotegmi amorosi riescono così insipidi sul teatro. Lo stesso dico dello sdegno, il quale determinandosi sul momento, non ha né il tempo né l’occasione di generalizzare le idee. […] La fantasia ripiena di ciò che le vien tramandato per mezzo degli organi non sa creare se non immagini corrispondenti a quello che vede, e l’uomo, sul quale ha codesta facoltà sì grande imperio, non sa immaginare le cose anche più astratte se non rivestite delle proprietà che osserva negli oggetti sensibili. […] Essa è la rappresentazione sul teatro di qualche azione diretta al gran fine di giovar dilettando: utile dulci.
A Racine, secondo il mio parere, conviene il vanto di fare gli uomini come debbono essere; Cornelio all’incontro per far gli uomini come esser debbono li fa sovente quali esser non ponno, sul qual metodo s’è lavorata la maggior parte delle francesi tragedie. […] Telefo travestito, cui per cagion d’amore introduce monsieur de La Fosse nel campo de’ Greci, merita per lo meno quella censura che nelle Rane d’Aristofane dassi ad Euripide, perché indusse de’ re sul teatro sotto abito non decoroso. […] Il Gravina, che ha preteso ridurre la tragica poesia alla sua perfezione sul modello della greca, ha meno nobiltà di molti altri, perciocché non ha saputo accoppiare alla natura quella dignità di cui è capace la semplicità delle locuzioni. […] Sulla rappresentazione delle passioni nel teatro musicale di Quinault e nella librettistica coeva, e sulla presa di questo «linguaggio dell’amore» sul pubblico francese cfr. […] Sulla materia politica del Nicomède e sulla continuità delle riflessioni di Corneille sul rapporto fra grandi e piccoli stati con quelle di Grozio, Hotman e Bodin, cfr.
Il contratto durò dall’otto aprile al sette giugno, e fu poi rinnovato per altri due mesi col corrispettivo di dugento lire mensili : ma il termine del secondo contratto non fu compiuto, poichè pare che la Compagnia tornasse in Italia sul finire del luglio, come si può vedere da una lettera della Regina a sua nipote la Duchessa di Lorena, concernente appunto Lelio e Florinda. […] Veramente riaffacciatasi la questione delle date, quella della rappresentazione dell’ Adamo e quella dell’età del Milton, potrebbe cader dubbio sul fatto della prima ispirazione. […] Ma eccolo di nuovo in Italia nel 1623, e precisamente a Torino nella stagione di Pasqua ; poi di nuovo a Parigi nel’ 24, ’25 e parte forse del’26 ; poi di nuovo in Italia (a Cremona sul finire del’26, a Venezia sul principio del’27, ove pubblica pei tipi del Salvadori la nuova commedia la Campanaccia) ; poi nel 1628 a Praga, ove dedica il poemetto La Maddalena all’arcivescovo Cardinal d’Arrach, divenuto il suo protettore, e a Vienna. […] Marta Ah, superbo pavon, vatten, va gonfio d’ occhiuta piuma e d’oro d’alto fasto fugace ; che se l’orrida base avvien che miri che sostiene il tuo fasto, (misera) allor vedrai di beltà, di bruttezza in sul confine, ch’ogni superbia ha lagrimoso il fine. […] Per altre cose concernenti la vita dell’ Andreini come at tore e capocomico, pettegolezzi di palcoscenico, invidie di mestiere, seccature e…. fedeltà di marito, vedi gli articoli seguenti sulle mogli Virginia, la rinomata Florinda, e Lidia (la Rotari) ; e quelli sul celebre Arlecchino Tristano Martinelli e i coniugi Cecchini Fritellino e Flaminia.
Quand’era a’ Fiorentini di Napoli, nel ’65, Alessandro Dumas figlio, recatosi dopo la rappresentazione della Signora dalle Camelie, sul palcoscenico, disse alla Cazzola : « Io mi inginocchio dinanzi a voi. […] Lo troviamo sul finir del 1595 a Firenze, come appare da questa sua lettera, diretta allo jll. […] Non mi par cada dubbio sul significato dell’ honorate cagioni. […] Nulla ci ha detto sul modo di rappresentare la parte sua in genere, alla quale solo è accennato al principio del capitolo sul Primo e Secondo Servo : è cosa molto necessaria et molto dovuta nella comedia che dopo la parte di un servo astuto et ingegnoso il quale spiritosamente attendi senza buffonerie al maneggio della favola, che ne succedi un altro totalmente dissimile, ecc. ecc., e qui si dilunga a parlar dell’Arlecchino. […] Ma se in onta di ciò ; se in onta alle requisitorie dell’ Andreini, del Martinelli, del Gabbrielli, ecc. ecc., egli potè artisticamente restar saldo sul suo piedistallo di bronzo, ammirato, onorato da Re, da Principi, da popolo, è segno manifesto che i pregi dell’artista soverchiavan d’assai i difetti dell’uomo.
E mentre si trattennero fra cotai cancelli le cose tutte andarono in miglior sesto, come avvenne sul principio del dramma musicale sotto la direzione del Corsi e del Rinuccini. […] Invece di dar nelle smanie, Othello impietrisce e cade sul letto senza voce né motto. […] Eccedente non per tanto fu la severità di quell’altro francese autore d’un bel Trattato sul melodramma allorché volle sbandirà dalla musica drammatica tutto ciò che serve a dipignere e a far valere la possanza intrinseca dell’arte. […] Allora gli ornamenti aggiunti alla semplice e schietta natura nuocono invece di giovare, perché da una banda chiamano a se parte di quell’attenzione che dovrebbe tutta e intiera fissarsi sul tale oggetto, e dall’altra cuoprono colla loro pompa alcune bellezze naturali di esso onde restando inosservate, oppur non sentite non eccitano l’interesse. […] [59] La riflessione ultimamente accennata potrebbe, se mal non m’appongo, sparger qualche lume sul quesito che ho udito farsi da molti onde tragga origin cioè la rapidità con cui si succedono i gusti nella musica, i quali si cambiano non solo da secolo a secolo, ma da lustro a lustro, e perché siffatti cangiamenti siano più visibili in essa che in qualunque altra delle arti rappresentative.
Cresce finalmente la probabilità delle congetture sul l’origine degli spettacoli del Perù col riflettere che si eseguivano da’ medesimi curaci, inchi e capitani che si mascheravano nella stessa Raymi. […] Vi si eseguiscono poi con destrezza tutti gli esercizii ginnici spagnuoli, come corse di tori e giuochi di canne; si fanno combattimenti navali sul gran fiume che bagna la città; si formano castelli di legno coperti di tela dipinta, e se ne imprende l’assedio e la difesa; vi si esercita la pittura, la danza, la musica; e vi si trovano teatri. […] Non credo adunque (per tornare al Cabotto) che il Lampillas, per quanto egli siesi apologista spacciato, possa fondarsi senza pericolo di esser deriso, sul non essere stato quel valoroso argonauta veneziano impiegato in Ispagna pel corso di quindici anni per mostrare la di lui insuffcienza.
Assomiglia allo Scaramuccia anche un po'il costume datoci dal Sand, di cui giacca e calzoni corti son neri, senza guarnizione di sorta ; la baverina è di tela bianca pieghettata, e il viso infarinato : ha calze rosse e piccola berretta tonda e nera sul capo raso.
Avvenne in fatti, che mentre rappresentavasi quella del Cornelio, molti spettatori correvano alla tragedia del Mairet, e dopo lo spazio di trent’anni in cui si andò tratto ripetendo sul teatro francese, si manteneva ancora. […] ADDIZIONE III* Osservazioni sul Cinna. […] Vedasi anche il Riccoboni nelle Osservazioni sulle commedie e sul gusto di Moliere. […] Riouperoux compose Ipermestra tragedia regolare sul fatto delle Danaidi. […] Una delle più stimate commedie di Pietro Marivaux è quella intitolata le False Confidenze lavorata sul medesimo conio delle altre sue favole, nelle quali si trova sempre una sorpresa dell’amore.
Se io quì parlassi a dirittura all’Autore del Saggio, gli direi così: Sovvengavi, per non aver tenuto presente questo Avviso, a quanti equivoci soggiaceste su i Teatri Greci, e Romani a proposito del Saguntino: sulla immaginaria Drammatica de’ Moro-Ispani: sulla creduta mancanza d’invenzione nella Sofonisba del Trissino: sul negare che fossero Traduzioni le Tragedie del Perez: sulla infelice difesa che imprendeste della Isabella dell’Argensola: sulla vostra novella foggia di conteggiare, che io ho chiamata apologetica, a cagione delle Mille Tragedie del Malara, delle azioni dell’Ecuba &c.: sul giudizio che portaste di Rapin: sugl’inventori della Pastorale: su i Pregiudizj attribuiti al Signorelli, che in fatti sono vostri errori di Storia di Critica: sulla sognata decenza delle favole Lopensi, e Calderoniche: sulla possibile imitazione di un Metastasio delle Opere di Calderòn: sul vostro falso modo di ragionare dell’Opera Italiana: sulle Tragedie divine della Caverna di Salamina: sul passo di Orazio, in cui prendeste per rappresentazioni teatrali difettose l’Orso, l’Elefante bianco, i Pugili, i Gladiatori, la pompa de’ Trionfi, e tutti i Giuochi del Circo, e dell’Anfiteatro. […] gli studj severi riformati sulle novelle scoperte, esperienze, e osservazioni fatte sotto altro Cielo più puro, alle quali si attraversavano sul cammino tuttavia le vestigia delle Arabe Scuole?
Noi, duca di Rochechouart, Pari di Francia, primo Gentiluomo di Camera del Re, Ordiniamo alla Compagnia dei comici italiani di Sua Maestà di fare esordire senza ritardo sul loro teatro Carlo Bertinazzi nel ruolo d’Arlecchino, e ciò affinchè possiamo giudicar de’ suoi talenti per la commedia. […] A Carlo Bertinazzi fu assegnata con decreto del 1 gennaio 1780 una pensione di 1000 lire (nette L. 837 e s. 10) sul Tesoro Reale, come gratificazione annuale in premio de’servizi resi in qualità di comico ordinario del Re, sotto nome di Carlino. […] III) sul merito del nostro artista aggiunge : Il signor Carlo Bertinazzi detto Carlino, era un uomo stimabile pe’suoi costumi, celebre nell’impiego di Arlecchino, e godeva una riputazione che mettevalo al pari di Domenico e Tommasino in Francia, e di Sacchi in Italia. […] E tanti furon davvero gli applausi, che ad essa dovette il Goldoni la sua andata a Parigi, e a Parigi assistè a nuove rappresentazioni di quella fortunata bagattella, che ’sta volta, con suo grande stupore, fu innalzata alle stelle sul teatro della Commedia italiana. […] Il Des Boulmiers (ivi, pag. 498) che dell’opere goldoniane si mostra sincero e profondo ammiratore, dopo avere esposto l’argomento della favola, conchiude : Questa commedia è la prima data dal signor Goldoni sul Teatro italiano, dopo il suo arrivo a Parigi, ove i comici, sempre intesi a procacciarsi la benevolenza del pubblico, l’avean chiamato, per ridar vita alla lor Scena Italiana, che cominciava a essere negletta.
Io dettava allora le appendici drammatiche sul Fieramosca, e il 5 luglio dell’ ’82, a proposito della rappresentazione di Frou-Frou, della quale era ancor vivo nel popolo fiorentino l’entusiasmo suscitato dalla Bernhardt, pubblicavo : Da un gran pezzo in qua non m’era accaduto di notare sul nostro teatro di prosa certi sgattajolamenti nervosi, certi contorcimenti serpentini, certi sfiaccolamenti veri, sentiti. […] E a questo sentimento di modestia Eleonora Duse deve la perseveranza nello studio, che, arrotondando e perfezionando la sua natura d’artista, la collocò sul piedistallo di gloria, in cui oggi si trova : natura d’artista che traspariva tutta, anche fuor di scena, ne’ gesti, nelle parole, negli scritti. […] Il 16 giugno dell’ ’83 scriveva da Bologna all’incomparabile amico Antonio Fiacchi, il Piccolet allora del Piccolo Faust : È sempre cosa gradita alla nostra vanità – o meglio alla nostra fibra – il non vedersi sconosciuti nel mondo ove viviamo – e per quanto io cerchi isolarmi – non lusingandomi troppo – nè degli elogi – nè delle affascinanti profezie sul mio conto – pure – una parola – una approvazione intelligente – mi rimettono in cammino con più lena – e con un coraggio che non è senza fiducia. […] ), che si divertiva a fissar le diverse espressioni ch’ egli coglieva a volo in teatro sul volto della Duse, aveva tappezzato il suo studio a Palazzo Borghese di trenta schizzi che personificavano i diversi moti dell’anima umana, uno dei quali io metto qui, a mio parere il migliore.
Perchè sul verde prato al rezzo assisa I miei mali ingannar non mi è concesso? […] Le riflessioni morali di Ecuba su i buoni e i cattivi, sul l’educazione e la nascita, dopo tale funesto racconto, sembrano per altro intempestive. […] A un furore da baccante che trasporta Ecuba fuori di se, far succedere un dubbio sul fatto? […] Per dominar sul l’Asia Non per morir tra’ barbari sì tosto Credei produrti, o figlio…. […] In tal periodo essi non cessavano di recitar versi tragici, e specialmente quelli del l’Andromeda come se si trovassero sul teatro.
In ciò, Signor mio, che i Volgari pensano come i Dotti, ad una buona Favola ben rappresentata, e i Dotti non pensano come i Volgari sul Paolino, sul Koulicán, sulla Conquista del Perù; cioè a dire, che i Dotti accoppiano il gusto al discernimento, e i Volgari attendono al solo momentaneo passatempo. […] Immaginatevi, che, secondando i voti della parte illuminata della Nazione, avesse impreso a introdurre sul Teatro di Madrid Favole quanto vivaci, e ben verseggiate, altrettanto giudiziose, e verisimili. […] In questo medesimo passo ei dice: “Nelle Commedie Sacre Spagnuole compariva al più un solo Diavolo, ma sul Teatro Italiano ne vengono delle volte delle Legioni: non è gran tempo, che vidi in un Teatro di Roma dar principio ad una Commedia con un Concilio di Diavoli, i quali consultavano sull’ajuto da darsi a una Maga”. […] E questo parmi troppo vero; perchè prima sul Teatro Francese non si vedeva altro che ratti, deflorazioni, ad ulterj, indecenze, che formano la materia delle favole di Hardy. Racine volle adoperare questa passione sul Teatro, ma in una maniera onesta sulle idee Platoniche per non offendere il pudore della nazione.
La nota commedia delle Nuvole, che fu c composta nel nono anno della guerra del Peloponneso, e che diede agli oziosi ateniesi tanta materia di ragionare anche due mesi prima che l’autore ottenesse la licenza di porla sul teatro, e che preparò la ruina di Socrate38, dimostra per tutto l’arte somma di Aristofane nel dipingere i caratteri39. […] Gli ateniesi provando sommo diletto nelle di lui commedie, non contenti di applaudirlo in teatro, a piena mano gittavano fiori sul di di lui capo, e menavanlo per la città tra festive acclamazioni; anzi con pubblico decreto gli diedero la corona del sacro olivo, ch’era il maggior onore che far si potesse a un cittadino. […] Probabilmente cotesto Gaulese, e di lingua greca, e di poesia, e della politica che conveniva alla repubblica ateniese, e di ciò che poteva in que’ tempi esser pregevole sul teatro, se ne intende meglio del popolo greco, il più illuminato dell’universo, meglio di Platone, meglio di Aristotile, meglio dell’istesso Molière, meglio di tanti e tanti grand’ingegni antichi e moderni, i quali tutti (a riserba di qualche Chamfort) hanno avuta la compiacenza di ammirare Aristofane.» […] I loro commedianti chiamanvansi dicelistae; e secondo Suida, il grammatico Sofibio spartano avea composto un trattato sul genere di commedie usato dalla sua nazione. […] Uno de’ sintomi dello scadimento delle lettere in Francia é stata la pertinace e boriosa disputa insortavi nei secolo trapassato, e rinnovellata in sul principio del presente sulla preminenza fra gli antichi e i moderni sintomo alla quale così scriveva l’anno 1715 il signor di Brossette a Giambatista Rousseau: «Monsieur de la Monnoye me mande que toute la jeunesse est déclarée contre le divin poète Homère et que si l’Académie Française prenait quel quelque parti, la pluralité serait certainement pour M. de la Motte contre Madame Dacier».
Se per disavventura delle lettere s’affibbiano essi la giornea d’Aristarco per giudicare, l’impegno loro si riduce ad accozzar con freddissima logica una serie di precetti comunali tratti dall’esempio e dall’autorità degli antichi mal intesi e peggio gustati da loro per misurar poscia su quelli come sul letto di Procuste i più celebri ingegni. […] Se ragionasi di teatro, anteporranno l’Ulisse di Lazzarini all’Olimpiade del Metastasio, e tel proveranno con un testo della poetica d’Aristotile comentata dall’Einsio, riguarderanno con disprezzo il Tartuffo e il Misantropo, que’ due capi d’opera sovrani nel genere comico, e vorranno piuttosto seguir l’esempio di Giulio Cesare Scaligero, il quale in una sua commedia intitolata la Valigia introdusse a dialogizzar insieme un coro d’agli e di cipolle per imitar Aristofane, che aveva parimenti fatto parlare sul teatro d’Atene le rane, le vespe, e le nugole. […] Mi riserbai non per tanto a farlo in qualche occorrenza, ove mi parve che lo richiedesse il bisogno, e m’astenni sul medesimo riflesso dall’affastellare ad ogni pagina le citazioni sì per non frastornar ad ogni tratto l’attenzione del lettore, come per non ingrossar di troppo il volume. […] Prendendo io a narrare l’origine, i progressi e lo stato attuale del melodramma in Italia, ove più che altrove si è coltivato, e si coltiva pur ora, mi s’affacciò in sul principio una difficolta, che quasi mi fece venir manco il coraggio.
Il sistema della mitologia e delle fate, sorgente perenne di deliri non meno sul teatro italiano che sul francese acquistò fra le sue mani del vigore, della forza e dell’ordine. […] Una cognizione più intima del teatro gli fece avvertire che l’aria, essendo quasi l’epifonema o l’epilogo della passione, non dovea collocarsi sul principio, o tra mezzo ad una scena, giacché non procedendo la natura per salti, ma bensì colla opportuna graduazione ne’ suoi movimenti, non è verosimile che sull’incominciare d’un dialogo si vedesse di già il personaggio nel colmo della passione per rientrar poi immediatamente nello stile pacato che esige il recitativo. […] Il mostro descritto da Orazio, che aveva sembianza di donna su una cervice di cavallo, le piume sul dosso e il restante pesce, era il vero emblema del teatro musicale.
Andres sul Mussato.
Quelli variavano la maschera giusta il bisogno di ogni favola; e questi si hanno inchiodate sul viso sempre le medesime maschere.
Quelli variavano la maschera giusta il bisogno di ogni favola; e questi si hanno inchiodare sul viso sempre le medesime maschere.
In Ispagna si è continuato a mostrar su quelle scene fino a tanto che Antonio de Zamora non vi espose la sua commedia sul medesimo argomento trattato con minori assurdità. […] La favola del Virues si aggira sul matrimonio che Jarba vuol contrarre con Didone.
Altre sul lor modello ne composero gl’italiani in quel periodo di decadenza. […] Avvegnaché la prima Accademia scientifica dei segreti della natura fosse stata formata in Napoli nel secolo XVI (come afferma il dotto abate Gimma nella sua Italia letterata pag. 479) dal chiarissimo Giambatista la Porta, fertile ed elevato Ingegno, pregio della scienze, e dell’arti liberali, onore d’Italia, non che del regno, pure fassene qui menzione, perché parecchi membri di essa col lor capo vissero nel XVII, e furono aggregati nell’Accademia de’ Lincei istituita in Roma l’anno 1603 dallo scienziato principe Federigo Cesi Duca d’Acquasparta, il quale «con raro immortale esempio», secondo che ci dice il signor abate Amaduzzi nel Discorso filosofico sul fine ed utilità dell’Accademie, «la sua casa e le sue sostanze per essa consecrò, e di museo, di biblioteca, e d’orto botanico generosamente la arricchì».
Il Goldoni, dietro invito di lui, scrisse il Tonin bella grazia, sul modello di un’antica commedia dell’arte, intitolata Pantalone paroncino, per la quale poi, il D’Arbes aveva richiesto il Goldoni d’un sonetto di chiusa. […] Allora per compensare l’artista del fiasco, fu messo in iscena l’Uomo prudente, che ebbe un ottimo successo e pel quale fu il D’Arbes proclamato l’attore più perfetto - dice Goldoni – che fosse allora sul teatro.
Luigi Riccoboni dopo di avere parlato delle condizioni artistiche, dell’ignoranza dei comici, della sudiceria dominante nelle commedie di allora (1690) dice : Una sola Compagnia in questa spaventosa decadenza serbò la modestia sul teatro ; ma il buon esempio non durò gran tempo per poter essere seguito dagli altri : essa lasciò l’Italia per recarsi in Germania a servizio dell’ Elettor di Baviera a Monaco e a Bruxelles, d’onde poi passò a Vienna in Austria al servizio dell’ Imperator Leopoldo e di Giuseppe Re de’ Romani. […] mo Replico questa mia per non parere che stij sul grande, ma so dirli che non mi lusinga altra speme ch’ella si sij scordato di me se non il suppormi V.
Dell’inesperte forze a far cimento altrove andai, ma sull’ Euganea scena ben tosto apparvi palpitante, incerta sul mio destin. […] Nella Compagnia di Giuseppe Pellandi, sul finire del ’95, sposò il figlio di lui, Antonio.
ma l’orchestra dirà all’afflitta principessa in altro linguaggio che quella barbara sentenza «Sulle labbra gli sta, ma non sul cuore». […] Io porto ferma opinione che un’aria patetica cantata sul teatro da una bella voce col solo accompagnamento d’un’arpa e d’un flauto farebbe sull’udienza una impressione vieppiù profonda che non è quella delle arie più rinomate che si sentono in oggi eseguite con tutto il brillante sfoggio dell’armonia. […] Alle volte due campioni incolleriti saranno sul punto di battersi, ma la musica gli tratterà un quarto d’ora colla mano sull’elsa minacciandosi colla più bella melodia del mondo. […] Nella stessa guisa si veggono essi sommamente affaccendati nel rappresentare con suoni alti la parola “cielo”, con bassi la “terra” o l’“inferno”, con suoni cupi la parola “buio”, le precipitano “sul fulmine”, l’incalzano sul “tuono”, e fanno quindici o venti slanci di voce qualora il leone che errando vada per la natia contrada, o l’orsa nel sen piagata, o la serpe ch’è al suol calcata, o la tigre delle foreste ircane, ovvero qualche spaventevole mostro di simil razza si scaglia in un’arietta contro allo smarrito personaggio. […] Si crede aver addottrinato abbastanza un giovine quando egli ha imparata sul cembalo l’arte di concertare le parti, di ritrovare gli accordi, di preparare, di risolvere, di combinare in varie guise le note.
[1.86ED] E però, se quanti se ne genereranno saranno sempre sul modello del primo che fu generato, saranno perciò meno uomini di quel primo? […] [3.4ED] Mi sembrò lunga un secolo quella notte per trovarmi colà sul nascer del Sole ed il mio gobbo fu non meno ratto di me ad arrampicarsi per lo scosceso della montagna e sul più eminente parapetto della cortina, da cui mi vidi soggetta agli occhi quanta bellezza può mai consolare una vista. […] [5.80ED] E pur, in leggendoli sul libriccino stampato, quanto insipidi e fievoli dipoi li conobbi! […] Bolzoni, «La finestra aperta sul cuore», in Ead., La stanza della memoria. […] Marlì: il serbatoio sul colle del Cœur Volant che sovrasta Versailles.
Il secondo è la medesima azione che fu da Euripide esposta sul teatro di Atene, e di Grecia trasferita dipoi in Francia dal tenero Racine.
Lontana dall’arte di ritrarre al vivo e con leggiadria la natura, di rappresentar sagacemente la vita civile, di dar con delicatezza la caccia al vizio e al ridicolo, di toccar il punto vero del sublime e del grandioso, per non picciolo tratto del secolo XVII si mantenne in Francia la scena sul sistema delle favole di Hardy.
Il presente re per animar la nazione congedò la compagnia francese, e compose egli stesso la Generosità di Gustavo Adolfo recitata dalle dame e da’ cavalieri di corte sul teatro di Utrichsdahl74.
A dieci anni fu in collegio alle Dorotee di Firenze, ove studiò a pena un po’ di musica, e d’onde si recò sul teatro, giovinetta inavvertita.
Francesco Bartoli le indirizzò il seguente sonetto : Alla Signora Caterina Manzoni Io, nel fiorir de' bei vostri anni acerbi sul picciol Ren per quella via vi scorsi, che a sottrarsi del tempo ai fieri morsi insegna, ed a' suoi fasti empj e superbi.
Olivetta Se podesse za mai con Bagolin mio bell, ballar, tirarghe dentro, provandome con ti ; e per compir el ballo vogio sul fallo far comparir, la sguattara col cogo i quai tutt’unt interzeran corbette, e contrapunt.