Tutti poi, senza che gli uni sapessero degli altri, i popoli sotto la linea o nelle opposte zone nell’incaminarsi alla coltura s’imbattono nella drammatica, la coltivano colle medesime idee generali, favoleggiano da prima in versi, ed hanno sacre rappresentazioni, e passano indi a ritrarre la vita civile, ad eccitar ne’ grandi delitti l’orrore e la compassione, a schernire e mordere i vizii de’ privati, e ad esser dalla legge richiamati a temperar l’amarezza della satira; dal che proviene la bella varietà e delicatezza delle nuove favole nate a dilettare ed istruire. […] Di buona fede siamo noi sicuri che a’ di di Aristofane sarebbero state accolte con pari effetto da que’ repubblicani baldanzosi e pieni sotanto della loro potenza e libertà finanche le greche favole, la Perintia, l’Andria, non che le straniere posteriori, l’Euclione, l’Eunuco, gli Adelfi, il Misantropo? […] Dopo il Cocalo ed il Pluto di Aristofane, e le favole de i di lui figliuoli vennero ad illustrar questo genere gli Apollodori, i Filemoni, Difilo, Demofilo, e più di ogni altro Menandro che divenne la delizia de’ filosofi.
Se altre favole comiche non potessero mostrare gl’Italiani del secolo di cui parliamo, se non quelle del cavaliere napoletano Giambatista della Porta recitate in parte anche nel precedente, ma in questo pubblicate per le stampe, poco avrebbero da temere nella prima metà del XVII. […] Per comprendere l’indole comica di questo cavaliere e la natura delle sue favole, bastano le quattordeci che raccolte in quattro volumi si pubblicarono in Napoli nel 1726 dal Muzio. […] Se Plauto potesse prestar la sua penna e render latine la Trappolaria e l’Astrologo, ne rimarrebbe oscurata buona parte delle favole di lui tolte in prestanza da’ Greci. […] L’economia delle sue favole è sempre verisimile, semplice ed animata da piacevoli colpi di teatro. […] Tre altri buoni scrittori Napolitani fin dal principio del secolo si segnalarono con ingegnose favole comiche regolari, l’Isa, lo Stellati, il Gaetano duca di Sermoneta.
Lontana dall’arte di ritrarre al vivo, e con leggiadria la natura, di rappresentar sagacemente la vita civile, di dar con delicatezza la caccia al vizio, e al ridicolo, di toccar il punto vero del grandioso, e del sublime, per non picciolo tratto del secolo XVII si mantenne in Francia la scena sul sistema delle favole di Hardy. […] Giovanni Mairet, Rotrou, Ryer componevano favole poco vivaci, e poco decenti. […] Le favole si rappresentavano all’aria aperta e senza lumi, i quali s’introdussero più tardi.
Sotto il regno del medesimo Francesco I vissero Antonio Forestier e Giacomo Bourgeois autori di alcune favole comiche già perdute; nè di essi altro ci rimane che il nome. […] Scrissero poi favole drammatiche Moncretien, Baro, ed Hardy, i quali, secondo il Voltaire, vendevano a’ commedianti che giravano per la Francia, le loro composizioni a dieci scudi l’una. […] Donne violate, cortigiane, adultere, sono le persone principali delle sue favole. […] Separatisi poi da questa Compagnia de’ Gelosi alcuni attori, presero il nome di Confidenti, e vi recitarono varie favole italiane, e tra queste la Fiammella pastorale, in cui si adoprò il mescolamento de’ dialetti veneziano, bolognese, bergamasco ecc., il cui autore fu Bartolommeo de Rossi veronesea.
Sotto il regno del medesimo Francesco I vissero Antonio Forestier e Giacomo Bourgeois che composero alcune favole comiche già perdute; nè di essi ci rimane altro che il nome. […] Scrissero poi favole drammatiche Monchretien, Baro ed Hardy, i quali, secondo M. […] Donne violate, cortigiane, adultere, sono le principali persone delle sue favole. […] Separatisi poi da questa compagnia de’ Gelosi alcuni attori, presero il nome di Confidenti, e vi recitarono varie favole italiane, e tra queste la Fiammella pastorale, in cui si adoperò il mescolamento di dialetti Veneziano, Bolognese, Bergamasco ecc, il cui autore fu Bartolommeo de’ Rossi Veronese10.
Lontana dall’arte di ritrarre al vivo e con leggiadria la natura, di rappresentar sagacemente la vita civile, di dar con delicatezza la caccia al vizio e al ridicolo, di toccar il punto vero del sublime e del grandioso, per non picciolo tratto del secolo XVII si mantenne in Francia la scena sul sistema delle favole di Hardy. […] Mairet, Rotrou, Ryer componevano favole poco vivaci e poco decenti.
In tali favole fra mille goffaggini e bassezze, dicono gl’ intelligenti di quel linguaggio, scorgonsi varie piacevolezze e pensieri che recano maraviglia12. […] Simili favole che aveano tutt’altro oggetto che di formare il gusto teatrale, non potevano contribuire ai progressi della drammatica, e quindi in premio sono rimaste per retaggio perpetuo delle tignuole. […] Queste non furono favole stravaganti e maligne; ma non vi si guardano le regole della verisimiglianza e molto meno quelle del gusto.
Boisrobert, Scarron, Desmaret, Tommaso Cornelio seguendo l’esempio di Pietro trasportarono, come dicemmo, diverse favole spagnuole al lor teatro, purgandole per lo più dalle principali irregolarità, ma sovente sfigurandole e convertendo in bassezze scurrili le grazie originalia. […] Tutto ciò si conobbe nella recita del Cocu immaginario scritto più correttamente delle prime favole. […] Intorno a’ caratteri diversi delle sue favole, è da avvertirsi che egli da prima accomodò i suoi lavori al gusto dominante per le commedie d’intrigo; ma poichè ebbe acquistato maggior credito, si rivolse da buon senno a rinvenire il ridicolo ne’ costumi correnti. […] Tutte le sue favole vanno impresse in dieci volumetti; ma si crede che alcune sieno state pubblicate da autori anonimi sotto il di lui nome. […] Numerando Giovanni Andres nel tomo III della sua opera su di ogni letteratura le favole francesi tratte dalle spagnuole, affermache il Convitato di pietra di Moliere è tutto spagnuolo, ed in ciò parmi che s’inganni.
L’opera francese fondata dal Lulli e dal Quinault che tira dal fondo dell’immaginazione e dall’allegoria e dalle favole un ammasso di prodigj e stravaganze, nel nostro secolo non ha calcato miglior sentiero. […] Fontenelle fu autore di Teti e Peleo, Voltaire di Pandora e di Sansone, Marmontel di varie favole musicali alla francese. […] Ascendono a più di ottanta le di lui favole, ma ne scrisse alcune in compagnia d’altri. […] Havvi almeno venti case private solo in Parigi dove varie società particolari rappresentano tragedie e commedie e certe favole novelle composte per tali brigate espressamente.
Oltre alle favole tragiche e comiche coltivarono i Greci altre specie di drammi che nomaronsi diversamente. […] Tralle favole di Euripide citansi otto drammi satirici; ma il solo Ciclope ci è pervenuto intero. […] Il Tarantino Rintone che visse sotto Tolommeo Lago, sembra che avesse accresciuto il numero degli spettacoli teatrali de’ Greci con queste nuove favole, che dal suo nome chiamaronsi ancora Rintoniche. […] Giulio Polluce nomina tre altre favole di Rintone, cioè due Ifigenie, in Aulide e in Tauri, ed il Telefo. […] Coltivò parimente questo genere Scira nativo di Taranto, di cui Ateneo stesso dice che fu uno de’ poeti Italici, e si sa che Italiche si dissero ancora le favole del di lui compatriotta Rintone.
Oltre alle favole tragiche e comiche coltivarono i Greci altre specie di drammi che nomaronsi diversamente. […] Tralle favole di Euripide citansi otto drammi Satirici; ma il solo Ciclope ci è pervenuto intero. […] Il Tarantino Rintone che visse sotto Tolommeo Lago, sembra che avesse accresciuto il numero degli spettacoli teatrali de’ Greci con queste nuove favole, che dal suo nome chiamaronsi ancora Rintoniche. […] Giulio Polluce nomina tre altre favole di Rintone, cioè due Ifigenie in Aulide e in Tauri ed il Telefo. […] Coltivò parimente questo genere Scira nativo di Taranto, di cui Ateneo stesso dice che fu uno de’ poeti Italici, e si sa che Italiche si dissero ancora le favole del di lui compatriotto Rintone.
., per le favole teatrali scritte da Carlo Gozzi pel capo-comico Sacco, ma, non compiuti i ventiquattr'anni, le si palesò tal grado di anemia che in pochissimo tempo la estinse in Venezia nel 1765, seguìta nel sepolcro a breve distanza dallo sposo accoratissimo.
Pregiavasi Cornelio d’aver nel suo Pompeo procurato di far sentire ne’ pensieri e nelle frasi il genio del suo Lucano, e quindi di essersi sollevato più che nelle altre sue favole. […] Con predilezione amava Cornelio la Rodoguna come la migliore delle sue favole; ed i critici Francesi singolarmente ne pregiarono l’atto quinto. […] Racine nelle sue belle favole non sempre si appressa alla perfezione, benchè sempre sia nobile, elegante, armonioso e saggio. […] I vizj, le virtù ed anche gli attributi accidentali nelle loro favole (nota il Colepio) diventano le persone agenti. […] Più rari sono questi difetti nelle altre sue favole, benchè alcuno se ne rinvenga ancora nel Mitridate, nell’ Andromaca e nell’Ifigenia.
La corte di Filippo IV si empì di verseggiatori che produssero a gara un gran numero di favole. […] Ma Francesco de Roxas ha prodotte molte favole interamente sue. […] Egli è però autore di varie favole non dispregevoli nel genere comico chiamato colà di spada e cappa. […] Ma qual vantaggio o diletto apporterebbe un catalogo di favole per lo più mancanti d’arte, di gusto e di giudizio? […] Da ciò si vede che Linguet ha raccolte ma non scelte le favole pel suo Teatro Spagnuolo.
Altre favole si formarono ad imitazione di quelle dette di espada y capa ripiene di evenimenti notturni, di ratti, puntigli, duelli, equivoci, raggiri e sorprese al favor de los mantos. […] Allora il Pisani toscano compose le sue favole sul medesimo gusto. […] Ho detto che rettificò (con pace del Lampillas) i difetti principali degli originali, perchè in fatti ne tolse le irregolarità manifeste sebbene non vò lasciar di dire che alle favole che fece sue traducendole liberamente, manchi la grazia e la purezza e l’eleganza della locuzione del Solis e del Calderòn, e l’amabile difficoltà della versificazione armoniosa.
Siano e non siano Siano o non siano p. 23. v. 29. di Tragedie di Tragici p. 32. v. 23. ci accorderemo ci accorderemmo p. 33. v. 3. un figura una figura p. 39. v. 3. me diguis me digais p. 40. v. 10. tristos gemidos tristes gemidos p. 40. v. 22. in quanto dite in quanto dice p. 41. v. 20. vò partar vò portare p. 41. v. 20. esame, dirò esame, e dirò p. 48. v. 15. pies de ninnos pies de niños p. 49. v. 12. introducevono introducevano p. 52. v. 15. immagnate immaginate p. 53. v. 21. ammetterla ammetterne la censura p. 59. v. 3. ciantos llantos p. 61. v. 9. trennità tre unità p. 66. v. 8. sin la stima sin lastima p. 66. v. 8. se a parte se aparte p. 67. v. 5. gran la stima gran lastima p. 67. v.ult. a si asi p. 72. v. 27. che sanno che ne sanno p. 77. v. 23. dell’Edia dell’Eolia p. 83. v. 9. in ta’ favole in tali favole p. 84. v. 5.
Egli racchiuse, come i Cinesi, in una rappresentazione di poche ore i fatti di trenta anni: introdusse nelle favole tragiche persone basse, prostitute, ubbriachi, calzolai, beccamorti, spiriti invisibili, un leone, un sorcio ed il chiaro della luna che favellano: egli non seppe nè astenersi dal miracoloso ed incredibile, nè separare dal tragico il comico, restando per ciò, non che lungi dal pareggiare Euripide, inferiore allo stesso Tespi. […] L’ intreccio delle sue favole (parla il medesimo Johnson) in generale è tessuto debolmente e condotto senz’arte. […] Tralle di lui favole passa per eccellente quella che intitolò il Re non Re. […] Noi non ci perderemo in tessere partitamente analisi delle favole di questo maraviglioso Inglese, non volendo cadere nella ridevole temerità di certi moderni pedanti superficiali che pur da se stessi si danno il titolo di profondi pensatori, i quali si lusingano ed osano di voler ragionare di ogni poeta anche ignorandone la lingua. […] Il far capire le bellezze dello stile e la grandezza de’ pensieri e l’energia dell’espressioni, non è mestiere di chi debba andar mendicando notizie e traduzioni di Shakespear da taluno che forse ne sa quanto lui; ma è riserbato a colui, che oltre di possederne l’idioma originale abbia mostrato di capire tutta l’ arduità ed i misteri della poesia rappresentativa con altro che con favole sceniche senza stile e senza lingua, le quali veggano p. e.
Cirillo gran letterato ed avvocato e cattedratico grande senza la pompa delle favole Liveriane richiamò sulle patrie scene le bellezze e gli artifizj comici di Menandro e di Terenzio. […] Queste sono l’epoche delle favole Goldoniane. […] Questa commedia lontana dalle favole di Mercier quanto è dalla sapienza e dalla veracità l’autor del Colpo d’occhio, è nel genere tenero concesso. al comico. […] Non sono del gusto del nostro secolo le favole pastorali. […] Sapesse almeno codesto infelice capire che cosa sono le favole di Mercier e di Villi, e che cosa è la Faustina!
Con predilezione amava il Cornelio la Rodoguna come la migliore delle sue favole; ed i critici francesi singolarmente ne pregiavano l’atto quinto. […] I vizii e le virtù ed anche gli attributi accidentali nelle loro favole (osserva il Calepio) diventano le persone agenti. […] Più rari sono tali difetti nelle altre sue favole, benchè alcuno se ne rinvengano anche nel Mitridate, nell’Andromaca e nell’Ifigenia. […] Senza dubbio Racine apprese tal pratica da Menandro, il quale, come già osservammo, non cominciava a comporre i versi delle sue favole prima di averne disposto tutto il piano. […] Invano si rileverebbe l’effemminatezza dello stile, la mancanza di verità nelle situazioni, l’inverisimiglianza de’ colpi, l’ineguaglianza de’ caratteri, ed altri difetti di quelle favole che si ascoltarono per qualche anno e sparvero senza ritorno.
Nondimeno non parmi che si debba coll’ autore de’ Tre Secoli collocare senza veruna riserba la di lui Eugenia tralle favole viziose e contrarie alla scena di Talia. […] Questa delicatezza che pur si rinviene nelle favole Terenziane, non isconviene alla commedia, e nocerebbe alla tragedia. […] Ad accreditar questo genere che si allontana da’ tristi eccessi del comico larmoyant, ma che per qualche tinta soverchio tetra si diparte dalla buona commedia tenera, ha contribuito ancora il Voltaire con due buone favole malgrado di alcun difetto, cioè col Figliuol Prodigo rappresentato nel 1736, e col Caffè ovvero la Scozzese.
La corte di Filippo IV si empì di verseggiatori che produssero a gara un gran numero di favole. […] Ma il Roxas ha prodotte molte favole interamente sue. […] Ma egli è autore di varie favole non dispregevoli nel genere comico chiamato di spada e cappa. […] Verisimilmente l’autore ne tolse l’argomento dalle favole di Moreto, o dell’ Anonimo o di Matos. […] Linguet ha raccolte ma non scelte le favole pel suo Teatro Spagnuolo.
Chi detto avrebbe che le favole e le grandiose immagini del gran Cieco di Smirne fecondando la greca immaginazione, darebbero nascimento ad una poesia più universale, più artificiosa e più coltivata dovunque fiorisce la coltura? […] Ma nella Grecia soltanto brillano luminosamente gli Aristofani che con allegoriche imitazioni presentando i più frivoli oggetti, le rane, le vespe, gli uccelli, le nuvole, saettano con acuti motteggi la bruttezza de’ prepotenti e cacciangli in fuga, versando nelle loro favole un tesoro di sana politica, di pura morale e di dilicata poesia. […] Non debbe dunque recarci stupore che la Grecia sì dotta maestra, ed apportatrice di luce, tanta cura riponesse a far fiorire il suo teatro: che i filosofi più celebri si occupassero, o, come Epicarmo, a comporre favole sceniche, o, come Aristotile, a dettarne i precetti: che i grandi allievi de’ Pitagori, come Eschillo, degli Anassagori, come Euripide, de’ Teofrasti, come Menandro, vi contendessero per lo corone drammatiche: che Socrate volesse in pubblico mostrarsi l’amico e l’ammiratore del gran tragico di Salamina: che la Grecia intera si pregiasse d’intervenire solennemente ne’ Certami Olimpici, d’intendere i suoi poeti drammatici, e decidere del loro merito. […] In Grecia tutti gli autori erano gli attori delle proprie favole. […] Vi serva di cote per aguzzare il vostro fervido ingegno, e per isciorne a nobil volo i vanni con favole originali, frangendo i lacci servili delle smunte, spa ute, fredde e macre traduzioni.
Perciò nella Risposta a Giambattista Sacco disse ottimamente il Bonciario, che “non da’ rottami di Menandro, nè dalle intere favole di Aristofane, ma di loro invenzione ed ingegno fecero gl’Italiani delle loro Commedie gli argomenti, intrecciamenti, e scioglimenti”. […] Saverio, menarvi buona quella sbraciata della p. 211. contro l’Italia nel XVII. secolo, nel quale supponete le nostre Scene occupate dalle più sconce arlecchinate a cagione di cinquanta scheletri di favole tessute a soggetto pubblicate dal Commediante Flaminio Scala nel 1611. […] Non tacquero i Teatri degli Strioni, che doveano cercar del pane, e seguirono colle loro favole dell’Arlecchino chiamate Dell’Arte, perdendo sempre più il concorso, tra perchè l’Arlecchino giva invecchiando, tra perchè l’Opera riempiva tutti i voti, benchè la Poesia vi andasse degenerando. […] Simili sfacciataggini, fughe, ratti, trascorsi vengono abbelliti coll’aspetto della virtù (come bene osserva Don Blas de Nasarre), e non corretti e ripresi, come avveniva nelle favole antiche, che mostravano le meretrici quali erano, cioè spregevoli, detestabili. […] Non per tanto io son di avviso, che se il Goldoni prese di mira il sistema della Commedia di Lope, forse ciò fu nelle prime sue favole, che scrisse pel Teatro Istrionico allora assai corrotto, delle quali fa egli menzione, se non m’inganna la memoria, nella Prefazione citata dal Lampillas.
Le favole del Cañizares da me vedute ripetere in Madrid sono; El honor da entendimiento, el Montañes en la Corte, el Domine Lucas. […] Questo nome si vuole anagramma di Tommaso Yriarte, di cui parleremo da quì a poco; ma se egli ricusò di riconoscere per sua tal commedia, non è giusto attribuirgliela, benchè gli appartenga, tanto più che egli si è nominato in altre due favole. […] Tutte le altre favole pubblicate nella penisola sono tali che ci rendono preziose le irregolarità, e le stravaganze ancora del secolo XVII. […] Quando ne’ secoli più rozzi di ogni nazione si sono presentate sulle scene favole più incondite di quelle rappresentate in Madrid dal 1780 inclusivamente sino al carnevale del 1782 della Conquista del Perù, del Mago di Astracan, del Mago del Mogol? […] Se egli avesse posseduta fantasia atta ad inventare e disporre acconciamente favole compiute in tanti anni, non l’ha certamente manifestato.
Gl’interlocutori delle favole cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non son più di quattro o cinque; e ciascuno di loro fa due o tre parti. […] Non si conosce nella China, nel Tunkino, e nel Giappone la divisione europea delle favole teatrali in tragiche e comiche.
Differiscono tanto le moderne favole sceniche di Costantinopoli dalle antiche, quanto da Atene il borgo di Setina. […] Dura tre anni, cioè a dire incomparabilmente meno, non dico delle favole cinesi, ma delle alemanne, spagnuole e inglesi del passato secolo.
che si registrano tralle favole di Epicarmo, volle Martino Del Rio collocarlo tra’ poeti tragici. […] Una delle di lui favole intitolavasi Eolosicone, nella quale si satireggiavano Omero e i poeti tragici. […] Alcune delle di lui favole furono trasportate nel teatro Latino da Marco Accio Plauto. […] Non lieve argomento del pregio di queste ed altre favole di Menandro si è l’uso e il saccheggio fattone da’ poeti Latini. […] Con perdita irreparabile della poesia rappresentativa, niuna di tante sue favole potè salvarsi intera dal tempo distruttore.
Questo non poteva a meno di non dar nell’occhio agli scrittori italiani: così alcun non v’ha tra coloro che la storia delle lettere hanno preso a scrivere, che non parli delle macchine, delle decorazioni, della mitologia e delle favole, come del carattere principale del melodramma in quel secolo. […] Ma se invece di tutto ciò prendete a narrargli le favole d’Esopo, o gli strani e incredibili avvenimenti del moro Aladino, della grotta incantata di Merlino, del corno e dell’ippogrifo d’Astolfo, della rete di Caligorante o tali altre cose, che per folle e menzogne si tengono da tutti, e da lui medesimamente; il ragazzo tralascerà con piacere i suoi fanciulleschi trastulli solo per ascoltarvi. […] [6] Un altro fonte del piacere che recan le favole si è l’istinto che ci porta a cercar la nostra felicità. […] A soddisfare siffatta inquietezza sono conducenti la mitologia e le favole. […] E siccome per le cagioni esposte fin qui le favole e il maraviglioso erano, per così dire, l’anima di cosiffatti spettacoli a que’ tempi, perciò la musica ad essi congiunte fu creduta da tai cose esser inseparabile.
Tali idee ci risvegliano le sue poesie liriche, le Canzoni di un’ Amazone, e le sue favole tragiche e comiche. […] E con un fatto sì comune, come è la morte naturale di un uomo decrepito, è giunto a destare quel terrore tragico, che con impotente sforzo cercano di eccitare i moderni scrittori di favole romanzesche ed atroci. […] Le sue favole lugubri a noi note sono: Minna de Barnhelm, Filota, Natan, Emilia Gallotti, Miss Sara Sampson. […] Giovanni Goete nato nel 1749 in Francfort sul Meno, oltre ad alcune favole comiche in prosa sparse di versi per cantarsi, ha composto una tragedia patriotica, che chiamò spettacolo intitolata Göz di Berlichingen, notabile per la lunghezza, equivalendo almeno a quattro tragedie regolari, pel numero degli attori che passano i trenta, e per le assurdità non inferiori a quelle di Shakespear. […] Può anche contarsi per certo pregio dell’Alemagna l’aver contribuito al risorgimento dell’arte pantomimica con intere favole.
Tali idee ci risvegliano le sue Poesie Liriche, le Canzoni dî un’ Amazzone, e le sue favole tragiche e comiche. […] E con un fatto sì comune, com’ è la morte naturale di un uomo decrepito, è giunto a destare quel terrore tragico, che con impotente sforzo cercano di eccitare i moderni scrittori di favole romanzesche ed atroci. […] Le sue favole lugubri a noi note sono: Minna de Barnhelm, Filota, Natan, Emilia Gallotti, e Miss Sara Sampson. […] Giovanni Goete nato nel 1749 in Francfort sul Meno, oltre ad alcune favole comiche in prosa sparse di versi per cantarsi, ha composto una tragedia patriotica che chiamò spettacolo, intitolata Göz di Berlichingen, notabile per la lunghezza equivalendo almeno a quattro tragedie regolari, pel numero degli attori che passano i trenta, e per le assurdità non inferiori a quelle di Shakespear. […] Può anche contarsi per una specie di pregio dell’Alemagna l’aver contribuito al risorgimento dell’arte pantomimica con intere favole.
Le favole del Cañizares da me vedute ripetere in Madrid sono: el Honor dà entendimiento, el Montañès en la Corte, el Domine Lucas. […] Tutte le altre favole pubblicate nella penisola sino a questi ultimi anni sono tali che ci rendono preziose le stravaganze del passato secolo. […] Quando ne’ secoli più rozzi d’ogni nazione si sono poste in iscena favole più incondite di quelle rappresentate in Madrid dal 1780 inclusivamente sino al carnevale del 1782 della Conquista del Perù, del Mago di Astracan, del Mago del Mogol? […] Egli potrà aver anche fantasia per inventare e ben disporre favole nuove compiute; ma in tanti anni non l’ha certamente manifestata. […] Ma in vece di apprendere da sì gran maestro l’arte di formar quadri compiuti di giusta grandezza simili al vero, egli ha rannicchiate, poste in iscorcio disgraziato e dimezzate nel più bello le di lui favole, a somiglianza di quel Damasto soprannomato Procruste, ladrone dell’Attica, il quale troncava i piedi o la testa a’ viandanti mal capitati, quando non si trovavano di giusta misura pel suo letto28.
Nondimeno non parmi che si debba coll’autore de’ Tre Secoli collocare senza veruna riserba la di lui Eugenia tralle favole viziose, e contrarie alla scena di Talia. […] Questa delicatezza che pur si rinviene nelle favole Terenziane, non isconviene alla commedia, e nocerebbe spesso alla tragedia. […] Ad accreditar questo genere che si allontana da’ tristi eccessi del comico larmoyant, ma che per qualche tinta soverchio tetra si diparte dalla buona commedia tenera, ha contribuito ancora il sig. di Voltaire con due buone favole malgrado di alcun difetto, cioè col Figliuolo prodigo rappresentato nel 1736, e col Caffè, ovvero la Scozzese.
Cicerone afferma che le favole Liviane non meritavano di leggersi la seconda volta38, ed Orazio le pregiava ancor meno. […] Il Patrici conta fino a venti favole di Nevio che tutte trasportò dalle Greche, e tra esse nomina il Trifalo. […] Queste sono favole di cattivo esempio. […] Aristofane in qualche coro ragiona a lungo delle proprie favole e delle altrui, cose che niuna relazione hanno coll’ azione rappresentata. […] Il parlare allo spettatore, il chiamare alla memoria la persona dell’ attore nel più bello del dramma, è cosa comune nelle favole di Plauto.
Differiscono tanto le moderne favole sceniche, quanto da Atene il borgo di Setina. […] Dura tre anni, cioè a dire incomparabilmente meno, non dico delle favole cinesi, ma delle alemanne, spagnuole ed inglesi del secolo XVII.
Arnaud: “Non vi si rappresentano (diceva) che le antiche favole, alcune insipide imitazioni delle commedie e novelle francesi scritte senza ingegno e senza spirito, e un gran numero di farse satiriche”. […] Se il Goldoni che ha mostrato a’ Francesi coll’ ultime sue favole la vera guisa onde scuotere e gettar via il fosco corrotto de’ Sedaine e de’ Diderot, se l’Albergati, il Pepoli e qualche altro, scrittori non ignobili di vere commedie, lasciano pur vuoto il seggio di Moliere, a quanti ed a quanti comici della Senna non son essi superiori?
Recatasi col marito nella Compagnia Battaglia, rimase tuttavia, benchè in là con gli anni, quella celebre Corallina che fu nella sua fresca giovinezza, e le lodi — dice il Bartoli — che a lei si dànno in alcuni moderni romanzi sono degne di lei ; ma meglio sarebbero state in una storia vera, di quello che figurano in mezzo alle favole.
Io credo, Signor Lampillas, che potremo per lo meglio affermare, che le favole del Malara fossero state Tragedie, come le sei del Vega. […] Adunque o le favole del Malara chiamate Tragedie n’ebbero il nome per l’abuso nazionale d’intitolare alla rinfusa le favole sceniche or Tragedie, or Commedie, or Tragicommedie: o esse non meritarono la stima de’ savj per essere state scritte secondo il gusto volgare, e non secondo il metodo degli Antichi. […] Vadano adunque le favole del Cueva in quattro atti como pies de niños, secondo il motto di Lope sulle antiche Commedie; e niuno certamente per questo gli moverà lite. […] Torno a replicarvi che dovevate leggere nel mio Libro, che io non avea avuto sotto gli occhi le favole del Cueva. […] Ben poteva inoltre notare il Signor Lampillas il carico che dà il Montiano al Virues, cioè di aver contribuito a cangiar metodo con mezclar los preceptos antiquos con la moderna costumbre, llevando asi los ingenios à que declinasen à la formacion de estos hormaphroditas (così chiama le favole Spagnuole), ò monstruos de la Poesia, como los llama Cascales.
Il ridicolo da lui maneggiato appartiene alla commedia bassa e alle farse; e pur serpeggiano nelle di lui favole alcune tinte veramente comiche da piacere in tutti i tempi, e degne di studiarsi. […] Del di lei sale comico prenderà diletto il leggitore a misura che riuscirà negli sforzi che farà per dimenticar, mentre legge, le favole comiche de moderni, e s’internerà nello spirito dell’allegoria. […] I mimi greci furono picciole favole buffonesche le quali poterono derivare da quelle farse satiriche che si andavano rappresentando per gli villaggi prima che la commedia acquistasse la forma regolare. Senarco, e Sofrone siciliano contemporaneo d’Euripide, furono scrittori di favole mimiche. […] Avanti quest’epoca, cioé avanti che la rappresentazione insegnasse al ballo a imitar favole seguite e compiute tragiche e comiche, esso non era altro che una saltazione quasi senza oggetto, come il piruettar dei dervisi turchi.
Simili favole che aveano tutt’altro oggetto che di formare il gusto teatrale, non potevano contribuire ai progressi della drammatica, e sono perciò rimaste per retaggio perpetuo delle tignuole nelle scanzie. […] Queste non furono favole stravaganti e maligne; ma non vi si guardano le regole della verisimiglianza e molto meno quelle del gusto.
Ma la soverchia semplicità delle favole di Eschilo non sempre animata da quella interessante vivacità che può renderla accetta, qualche reliquia di rozzezza nella decorazione, e la scarsezza di moto, additavano a Sofocle una corona tragica non ancora toccata. […] Ebbe ancora l’accortezza di scerre argomenti adattati al talento e alla disposizione de’ suoi attori, giacchè egli per mancanza di voce non potè rappresentare, come facevano gli altri poeti, i quali per lo più recitavano nelle proprie favole. […] Se tale fosse il sentimento di Laerzio, verrebbe contraddetto dalle favole che ci rimangono di questi due tragici. […] Se fossero stati semplici individui accresciuti uno per volta, ne seguirebbe che Eschilo non avesse introdotti nelle sue favole che due soli attori, oltre del Coro, la qual cosa, come si è detto, sarebbe smentita da quelle che ce ne rimangono; perocchè nel solo Prometeo alla prima scena intervengono la Forza, la Violenza, Vulcano e Prometeo, cioè quattro personaggi. […] Tra gli esempii delle irregolarità delle favole antiche intorno al luogo reca Metastasio Ajace, perchè avendo questi risoluto di uccidersi in-un luogo solitario per non essere impedito da veruno, si vede poi in effetto sul medesimo palco solo nel-luogo cercato e vi si uccide.
I Giovani sacri, il Forbante, il Penteo sono nomi di alcune favole Tespiane. […] Le favole che di lui si citano, sono: Pleuronia, gli Egizi, Atteone, Alcestide, Anteo, i Sintoci e le Danaidi. […] Altre favole conseguirono la corona teatrale ne’ giuochi Olimpici o in Atene, e niuna si vede che ne avesse tratto il nome di coronata. […] Dionisio il maggiore tiranno Siracusano scrisse ancora favole tragiche che niuno volle con lui tener per buone. […] Se tale fosse il sentimento di Laerzio, verrebbe contraddetto dalle favole che ci rimangono di questi due tragici.
Diverse specie di favole sceniche latine. […] Le favole Italiche, delle quali parla Donato nella prefazione alle commedie di Terenzio, erano azioni giocose di personaggi pretestati, le quali dovevano rassomigliare alla greche Ilarodie. […] Nonnio, Prisciano, Carisio, Festo e Macrobio, hanno conservati i nomi di moltissime sue favole. […] A tempo di Giulio Cesare fiorirono due celebri scrittori di favole mimiche, Decimo Laberio cavaliere Romano, e Publio Siro schiavo e poi liberto.
Diverse specie di favole sceniche Latine. […] Le favole Italiche, delle quali parla Donato nella prefazione alle commedie di Terenzio, erano azioni giocose di personaggi pretestati, le quali doveano rassomigliare alle greche Ilarodie. […] Nonnio, Prisciano, Carisio, Festo e Macrobio, hanno conservati i nomi di moltissime sue favole. […] A tempo di Giulio Cesare fiorirono due celebri scrittori di favole mimiche, Decimo Laberio cavaliere Romano e Publio Siro schiavo e poi liberto.
Se Plauto potesse prestar la sua penna e render latine la Trappolaria e l’Astrologo, ne rimarrebbe oscurata buona parte delle di lui favole tolte in prestanza da’ Greci. […] L’economia delle sue favole è verisimile, semplice ed animata da piacevoli colpi di teatro. […] Tre altri buoni scrittori Napoletani sin dal principio del secolo si segnalarono con ingegnose e regolari favole comiche, l’Isa, lo Stellati, il Gaetano duca di Sermoneta. […] Altre favole si formarono ad imitazione di quelle di espada y capa ripiene di evenimenti notturni, di ratti, puntigli, duelli, equivoci, raggiri, sorprese al favor de’ manti. […] Allora il Pisani Toscano compose le sue favole sul medesimo gusto.
Francesco Patrizio conta sino a venti favole di Nevio che tutte trasportò dalle Greche, e tra esse nomina Trifalo. […] Secondo Eusebio egli mori in Utica nell’olimpiade CXLIV (che cade nell’anno nominato 549) cacciato da’ Nobili Romani che morder soleva nelle sue favole. […] Plauto conservato il nome greco, nè altrove ricordandomi di averlo letto tralle favole di quel Comico citate dagli antichi. […] Aristofane in qualche coro ragiona a lungo delle proprie favole e delle altrui, cose che niuna relazione hanno coll’azione rappresentata. […] Il parlare allo spettatore, il chiamare alla memoria la persona dell’attore nel più bello del dramma, è cosa comune nelle favole di Plauto.
La regolarità, lo stile accomodato alle cose, e gli affetti naturali e bene espressi, sono i meriti generali delle favole del Bettinelli. […] Forse la diversità dell’effetto deriva dalla dissomiglianza delle due favole. […] Le passioni maneggiate con terribile maniera le caratterizzano, e la condotta delle favole è accomodata al moderno teatro. […] Nulla nelle sue favole rallenta l’azione, tutto va al fine, tutto tende ad inspirare spavento, e terrore. […] Racine, Crebillon, Voltaire ebbero torto quando imitarono i Greci nell’adottarne le favole?
Te ne fai beffe, e ti par di udir favole? […] In molte parti si desidera quel verisimile che accredita le favole sceniche e chiama l’attenzione dello spettatore. […] Altre immediate sorgenti che non si scorgono nella Mandragola, sogliono cagionar nelle favole sceniche lentezza e languore. […] Il Machiavelli ha fatto con molta felicità della Casina quello che Plauto stesso e Cecilio e Nevio e Terenzio ed Afranio fecero delle favole greche. […] Ed intanto mille o duemila altre favole col medesimo pregio dello stil fiorentino fanno sbadigliare, e giacciono seppellite sotto la polvere delle biblioteche.
Or non essendo sicuri della loro specie, come poteva il Varchi compaparle con le favole del Ruzzante? […] Libro di Pausania: addio antica Alope di Cherilo, addio famose Ifigenie di Euripide: addio Medee, Ajaci, Ecube, poichè tutte le loro storie trovansi conservate con bronzi, con marmi, con legni, e con pitture nelle rispettive Patrie, e poi ripetute da’ Poeti antichissimi, onde i Tragici trassero gli argomenti delle favole che ne idearono, di che vedasi il citato Pausania: addio insomma diremo a tutte le Tragedie Greche, Latine, Italiane, Francesi, Inglesi, Spagnuole, e Alemanne. […] Osarono il Sedano e il Signorelli chiamarle Traduzioni, e il Lampillas che pur le avea egli stesso così chiamate in un altro Volume del Saggio1, e che pure nega al Trissino l’invenzione per aver preso l’argomento della sua Tragedia da Livio, si stizza, s’imbizzarrisce poi perchè si chiamino Traduzioni due favole Greche travestite, raccorciate, e scritte in prosa Castigliana. […] Riguardo poi all’esser queste favole del Perez composte in prosa, se vuole il Signor Lampillas patrocinare la prosa nelle Tragedie, è padrone del suo ozio e della sua penna.
Grimani, dalla quale apprendiamo che egli fu da lui protetto e beneficato ne’venticinque anni che gode l’onore di servire il nobilissimo suo teatro ; e un discorso preliminare, il quale ci dice come queste opere regolate fossero precedute da due favole spettacolose Arabinda prima e Arabinda seconda, che sortirono un esito felicissimo.
La gran Semiramis a buona ragione non dee reputarsi una tragedia divisa in tre atti o giornate, ma una rappresentazione de’ fatti di questa regina in tre favole separate. […] La cruel Cassandra contiene molti fatti e molti ammazzamenti, ed è la più spropositata delle favole del Virues.
Un altro momentaneo soccorso trassero dalle favole spagnuole piene d’avvenimenti notturni, di duelli, ratti, nascondigli, e raggiri, facendole tradurre e rassettare al loro dono. […] Ma l’irregolarità di tali favole, e la poca somiglianza che aveano cogli originali della natura e co i componimenti giudiziosi del secolo passato, le fecero presto andare in disuso, e ricondussero la desolazione nel teatro de’ commedianti.
Gl’ interlocutori delle favole Cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non sono più di quattro o cinque, e ciascuno di loro rappresenta due o tre parti. […] Non si conosce nella China, nel Tunkino e nel Giappone la divisione Europea delle favole teatrali tragiche e comiche.
Tutti, gli antichi convennero in celebrar Cecilio Stazio conte il primo e ’l più eccellente di tutti i comici latini per la felicità della scelta e per l’ottima disposizione degli argomenti; il che rende; sensibile la perdita della di lui favole. […] Aulo Gellio anche dimostra, che Cecilio avea deteriorati nelle sue favole molti pasti originali di Menandro. […] Il teatro latino ebbe tragedie, favole italiche, commedie, mimi, e pantomimi. […] Le favole italiche, di cui parla Donato nella prefazione alle commedie di Terenzio, erano azioni giocoso di personaggi pretestati, le quali doveano rassomigliare alle greche ilarodie, Per altro nome tali favole si chiamavano rintoniche da Rintone, poeta tarentino, che le inventò. […] A tempo di Giulio Cesare fiorirono due celebri scrittori e attori di favole mimiche Decimo Laberio dell’ordine equestre, di cui Macrobio e Aulo Gellio ci han conservati vari frammenti; e Publio Siro, le cui sentenze eleganti a noi pervenute sono altamente commendate da’ critici.
Non sono del gusto del secolo XVIII le favole pastorali. […] Queste sono l’epoche e le differenti maniere delle favole Goldoniane. […] Le sue favole tutte in prosa, eccetto una, sono di genere differenti. […] Efestione, Che favole ! […] Anch’essa rappresenta co’soli gesti in cadenza favole compiute comiche o tragiche.
La condotta delle favole n’é sommamente giudiziosa; lo stile grande e sublime, e i versi liberi da lui usati con destrezza rendono le sue tragedie superiori a quelle del Martelli e del Gravina. […] Non son del gusto di questo secolo le favole pastorali. […] Le favole dello Stampiglia sono doppie e piene d’intrighi amorosi simili alla pretta galanteria di certe tragedie francesi, e lo stile abbonda di pensieri e di espressioni liriche. […] Molti critici hanno asserito che la maggior parte delle favole metastasiane viene dalle francesi, perché non seppero che la maggior parte delle francesi si trasse dalle italiane. […] Trionfa ancora oggidì in Italia la danza e l’arte pantomimica ridotta finalmente a rappresentar favole intiere e seguite.
Nello spoglio del suo Teatro delle favole rappresentative, ella entra tre volte.
Sacco-Vitalba Angela), e recitò ammirato nelle favole di Carlo Gozzi, dalle cui Memorie inutili riferisco il brano che riguarda la parte ch' ebbe Vitalba nello scandalo Gratarol, riproducendolo al vivo in Le Droghe d’amore, dal quale si ha un chiaro cenno delle sue qualità fisiche e morali.
Bisogna dire che questi sieno i pretti originali degli eruditos à la violeta dell’ ingegnoso mio amico il signor Cadalso y Valle, e che appena leggano pettinandosi alcuni superficiali dizionarj o fogli periodici che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, e che con tali preziosi materiali essi pronunziano con magistral sicurezza, che il canto rende inverisimile le favole drammatiche. […] Così terminò il secolo XVI glorioso in tante guise per l’Italia: cioè per aver fatta risorgere felicemente in aureo stile la greca tragedia, il teatro materiale degli antichi e la commedia de’ Latini; per l’invenzione di tanti nuovi tragici argomenti nazionali e tante nuove favole comiche ignote a’ Latini; per aver somministrati a’ Francesi tanti buoni componimenti scenici prima che conoscessero Lope de Vega e Guillèn de Castro; pel dramma pastorale ad un tempo stesso inventato e ridotto ad una superiorità inimitabile; finalmente per l’origine data al moderno melodramma comico ed eroico. […] Il diletto che partoriscono le favole poetiche proviene dalla dolce alleanza del vero colla finzione.
Dee a lui il coturno non solo varie favole degne di mentovarsi al pari del Cinna, dell’Atalia e del Radamisto, ma una poetica piena di gusto e di giudizio, talora superiore a molte sue favole stesse, sparsa nelle sue opere multiplici e nell’edizione che fece del teatro di Cornelio. […] Quella maravigliosa opposizione di sentimenti che anima le più semplici favole, spicca soprattutto negli affetti di Zamoro e di Alzira. […] Noi non abbiamo dissimulati alcuni difetti delle migliori sue favole, affinchè la gioventù non creda di trarre da sì ricca miniera sempre oro puro; ma tralasciamo di spaziarci sulle altre più abbondanti di difetti che di bellezze. […] La Place ha tradotto molte favole inglesi, ed ha composto Jeanne d’Angleterre, e Adéle de Ponthieu. […] Che gl’ Inglesi e gli Spagnuoli in quasi tutte le loro favole?
Traeva le sue commedie dalla cronaca giornaliera, attorno alla quale egli ricamava favole intricatissime, chiassone, quasi direi acrobatiche, a cui faceva il pubblico le più matte risate.
Uno scrittore di favole Atellane per un verso ambiguo fu da Caligola fatto bruciar vivo in mezzo dell’ anfiteatro. […] In tempo di Antonino Pio troviamo da Capitolino mentovato solamente Marco Marullo attore e scrittore di favole mimiche, il quale ebbe l’ardire di satireggiare i principali personaggi della città senza eccettuarne lo stesso imperadore. […] Non empiono questo gran vuoto nè le musiche, i balli e i travestimenti usati da’ Cherici nelle feste solenni dal VII sino al X secolo, nelle quali con istrana mescolanza di pagane reliquie e di cerimonie Cristiane danzando e cantando esponevano le favole delle gentili divinità188; nè gl’ ignorati o negletti sei dialoghi di Roswita monaca di Gandersheim intitolati commedie, che appartengono al decimo secolo189. […] Tutti poi, senza gli uni saper degli altri, i popoli sotto la linea o nelle opposte zone nell’incamminarsi alla coltura s’imbattono nella drammatica; la coltivano colle medesime idee generali; favoleggiano da prima in versi, ed hanno sacre rappresentazioni; passano indi a dipignere la vita civile, ad eccitar ne’ gran delitti l’orrore o la compassione, a schernire e mordere i vizj de’ privati, e ad esser dalla legge richiamati a temperar l’ amarezza della satira, dal che proviene la bella varietà e delicatezza delle nuove favole nate a dilettare ed instruire. […] Dopo il Cocalo ed il Pluto di Aristofane, e le favole de i di lui figliuoli, vennero ad illustrar questo genere gli Apollodori, l’uno e l’altro Filemone, Difilo, Demofilo, e più di ogni altro Menandro che divenne la delizia de’ filosofi e ’l modello di Terenzio, e fu il primo a cui la grazia comica si mostrasse in tutta la sua beltà.
Donne violate, cortigiane, adultere, sono le persone principali delle sue favole. […] Giovanni Fletcher di lui contemporaneo contribuì ancora agli avanzamenti del teatro brittannico, e tra le sue favole passa per eccellente quella che intitolò Il Re non Re.
Uno scrittore di favole Atellane per un verso ambiguo fu da Caligola fatto bruciar vivo in mezzo dell’anfiteatro. […] IN tempo di Antonino Pio troviamo da Capitolino mentovato solamente Marco Marullo attore e scrittore di favole mimiche, il quale ebbe l’ardire di satireggiare i principali personaggi della città senza eccettuarne lo stesso imperadore. […] Non empiono questo gran voto nè le musiche e i balli e i travestimenti usati da’ Cherici nelle feste solenni dal VII sino al X secolo, nelle quali con istrana mescolanza di pagane reliquie e di cerimonie Cristiane danzando esponevano le favole delle divinità gentilia; nè gl’ignorati o negletti sei dialoghi di Roswita monaca di Gandersheim intitolati Commedie, che appartengono al X secolob.
Bisogna dire che questi sieno i pretti originali degli Eruditos à la violeta dell’ingegnoso nostro amico Joseph Cadhalso y Valle, e che appena leggono pettinandosi alcuni superficiali dizionarii o fogli periodici che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, e che con tali preziosi materiali essi pronunziano con magistral franchezza che il canto rende inverisimili le favole drammatiche . […] Così terminò il secolo XVI glorioso in tante guise per l’Italia; cioè per aver fatta risorgere felicemente in aureo stile la greca tragedia, il teatro materiale degli antichi, e la commedia de’ Latini; per l’invenzione di tanti nuovi tragici argomenti nazionali, e tante nuove favole comiche ignote a’ Latini; per aver somministrati a’ Francesi tanti buoni componimenti scenici prima che conoscessero Lope de Vega, e Guillèn de Castro; pel dramma pastorale ad un tempo stesso inventato, e ridotto ad una superiorità inimitabile; finalmente per L’origine data al moderno melodramma comico ed eroico. […] Il diletto che partoriscono le favole poetiche proviene dalla dolce alleanza del vero colla finzione.
Fu considerato come il Plauto del Portogallo, e talmente applaudironsi le sue favole, che invogliarono Erasmo Roterdamo a studiar la lingua Portoghese per comprendere le grazie comiche di Gil Vicente. […] Probabilmente simili favole furono novelle in dialogo. […] In esse, oltre a’ soliti difetti circa le unità e lo stile, vedesi la stessa mescolanza di compassione e di scurrilità che regna nelle altre sue favole. […] Esalta indi le favole artificiose di Miguèl Sanchez comendato anche distintamente da Lope. […] Delle favole sceniche di questo gesuita favellò con somma lode Antonio Possevino.
Adunque quest’ultima specie di commedia presenta tutti i vantaggi della sensibilità posta in tumulto nelle favole lagrimanti, ma ne sfugge gli eccessi lugubri, l’espressioni da coturno, il tuono di disperazione, i pericoli grandi. […] Non sono le lagrime che rendono difettose le favole di Sedaine, Mercier e tanti altri; ma il tuono tragico, i delitti grandi, i patiboli. […] Per tali favole veramente la poesia comica nulla ha guadagnato; benchè l’intenzione dell’autore fu di manifestar le conseguenze perniciose delle nuove massime de’ filosofi di ultima moda, per li quali non esiste nè legge nè virtù veruna. […] Come attore nelle proprie favole rappresenta felicemente alcuni caratteri originali tratti al vivo dalla società; ma avea cominciato a rappresentar le parti de’ Crispini negli antichi repertorii. […] Il pubblico però benchè non pago delle loro favole compiacevasi della buona condotta, dell’urbanità, e del rispetto che essi mostravano per la nazione, e con pena gli vedeva partire.
Senza dubbio Racine apprese tal pratica da Menandro, il quale (come abbiamo osservato nel tomo I di questa istoria) non cominciava a comporre i versi delle sue favole prima di averne disposto tutto il piano. […] Una delle più stimate commedie di Pietro Marivaux è quella intitolata le False Confidenze lavorata sul medesimo conio delle altre sue favole, nelle quali si trova sempre una sorpresa dell’amore. […] Si è, dicesi, tale improprietà di vestiti corretta, ed i personaggi vi si abbigliano con la naturalezza e la decenza richiesta negli argomenti e ne’ costumi descritti nelle favole che si rappresentano. […] Le favole si rappresentavano all’aria aperta e senza lumi, i quali si ammisero sulla scena più tardi, e questa si adornava di tapezzerie, per le cui aperture entravano ed uscivano gli attori, appunto come avveniva per las cortinas del teatro di Madrid.
Come poeta eccellente seppe con arte e facilità maggiore degli antecessori trasportar le favole Omeriche al genere tragico e maneggiarle in istile assai più grave e più nobile. […] Le favole del padre della tragedia greca furono, come quelle de’ suoi successori Sofocle ed Euripide, vere azioni drammatiche eroiche accompagnate dalla musica e decorate dal ballo del coro; nè altra differenza può ravvisarsi tra l’uno e gli altri, se non quella che si scorge ne’ caratteri di diversi artefici che lavorano in un medesimo genere, per la quale distinguiamo ne’ pittori eroici Tiziano da Correggio, ne’ poeti melodrammatici Zeno da Metastasio, ne’ tragici moderni Corneille da Racine. […] Euforione figlio di Eschilo, oltre ad alcune tragedie da lui composte, vinse secondo Suida e Quintiliano quattro volte con alcune favole del padre, alle quali diede novella forma.
Nè debbe egli fondarsi punto nè poco nella mancanza di originalità desiderata nelle lodate tragedie latine; perchè nè Eschilo, nè Sofocle, nè Euripide potrebbero contarsi per originali secondo la regola del Denina, sapendosi che gli argomenti delle loro favole si trassero quasi tutti da Omero e da’ tragici più antichi. Molto meno dee egli appoggiarsi nell’abbondanza de’ difetti de’ tragici latini e nella scarsezza di sublimità; perchè dalle ultime favole moderne risalendo sino ai cori di Bacco in Icaria, non so quante tragedie potrebbero ostentarsi come perfette, grandiloquenti e prive di ogni taccia.
Gl’interlocutori delle favole Cinesi sogliono essere otto o nove; ma i commedianti non sono più di quattro o cinque, e ciascuno di loro rappresenta due o tre parti. […] Non si conosce nella China, nel Tunkino e nel Giappone la divisione Europea delle favole teatrali tragiche e comiche.
Fu considerato come il Plauto del Portogallo, e talmente applaudironsi le sue favole, che invogliarono Erasmo Roterdamo a studiar la lingua portoghese per comprendere le grazie comiche di Gil Vicente. […] Probabilmente simili favole furono novelle in dialogo. […] In esse, oltre a i soliti difetti circa le unità e lo stile, vedesi la stessa mescolanza di compassione e di scurrilità che regna nelle altre sue favole. […] Esaltò indi le favole artificiose di Miguèl Sanchez commendato anche distintamente da Lope. […] Delle favole sceniche di questo gesuita favellò con somma lode Antonio Possevino.
L’Opera francese fondata dal Lulli e dal Quinault, che tira dal fondo dell’immaginazione e dall’allegoria e dalle favole un ammasso di prodigi e di stravaganze, nel secolo XVIII non calcò miglior sentiero. […] Fontenelle fu autore di Teti e Peleo, Voltaire di Pandora, Marmontel di varie favole musicali alla francese. […] Ascendono a più di ottanta le di lui favole; ma in alcune fu ajutato da qualche altro. […] Havvi almeno venti case private di teatro solo in Parigi, dove varie società particolari rappresentano tragedie, commedie, e segnatamente alcune favole composte per tali brigate espressamente.
Debbe a lui il coturno non solo varie favole degne di mentovarsi al pari del Cinna, dell’Atalia e del Radamisto, ma una poetica piena di gusto e di giudizio, talora superiore a molte sue favole stesse, sparsa nelle sue opere moltiplici e nell’edizione che fece del teatro del Corneille. […] Quella meravigliosa opposizione di sentimenti che anima le più semplici favole, spicca soprattutto negli affetti di Zamoro e di Alzira. […] Ma Place trasportò in francese varie favole inglesi e compose Jeanne d’Angleterre, e Adele de’ Ponthieu. […] Che gl’Inglesi e gli Spagnuoli in quasi tutte le loro favole? […] Che Belloy aveva nelle prime favole esauriti i suoi tesori, e che non seppe idear quest’altra senza ripetersi?
., Ma se quest’autore ricusò di riconoscere per sua tal commedia, non è convenevole attribuirgliela, benchè gli appartenga; tanto più che si è nominato in altre due favole migliori, delle quali dovrà farsi parola. […] Nè anche Andres, nè Huerta, nè Lampillas esageratori sur parole del merito comico delle favole di Naharro e della Celestina mostruosi parti drammatici che mal conobbero, hanno procurato d’informarsi, se in mezzo alle stravaganze anche a’ nostri dì esposte sulle scene spagnuole siesi recitata una commedia pastorale in cinque atti con cori e con prologo eziandio composta ed impressa in Madrid l’anno stesso 1784 per la nascita riferita de’ reali gemelli e per la pace da don Juan Melendez Valdès.
Egli è certo, che i Romani molto tardi ebbero teatri stabili, e che le favole drammatiche in tempo de’ Ludi si rappresentavano nel Foro dove con statue e pitture che dagli amici, ed anche dalla Grecia soleano gli Edili Curuli, cui apparteneva la cura degli spettacoli, farsi prestare, ornavano il luogo in modo di scena. […] Egli è certo, che quando Tiberio cacciò da tutta Italia gl’ istrioni per la loro somma petulanza e immodestia, e che quando Nerone medesimo, alcun tempo dopo averli richiamati, fu costretto per timor di qualche grave periculo a bandirli da Roma, non cessarono le rappresentazioni delle favole teatrali, segno evidentissimo che non vennero compresi nel bando sotto il nome d’ istrioni i tragedi e comedi, cioè coloro che recitavano e cantavano drammi regolati.
Che fuor che titoli E vanti e fumi, ostentazioni e favole, Ci so veder poco altro di magnifico. […] e ti par di udir favole? […] In molte sue parti si desidera quel verisimile che accredita le favole sceniche e chiama l’attenzione dello spettatore. […] Il Machiavelli ha fatto con molta felicità della Casina quello che Plauto stesso e Cecilio e Nevio e Terenzio ed Afranio fecero delle favole greche. […] Egli che pur sapeva sì bene inventare e disporre senza altra scorta che la natura, volle non per tanto dare un bell’ esempio del modo di trasportare nelle moderne lingue le antiche favole con grazia e con franchezza e vivacità di colorito nelle maniere.
Le sue favole comiche e tragiche si rappresentarono da’ collegiali dal 1677 in poi.
Le sue favole comiche e tragiche si rappresentarono da’ collegiali dal 1677 in poi.
Lasciando le incondite favole di Trediakouski, e le deboli di Lomonosow, possiamo considerare Sumarocow di una famiglia distinta come il primo tragico Moscovita.
Or mascherato fingevasi un Personaggio, or senza maschera altro ne rappresentava ; e nelle sue favole non introduceva visibilmente Donna alcuna, e neppure da femmina egli vestivasi, ma solo dentro la scena voleva, che la voce della Donna fosse sentita.
Quindi è che si videro da prima in quell’alma Città, divenuta centro delle lettere, rappresentate nel loro natural linguaggio le favole degli antichi, come il Penulo di Plauto nel 1513 in occasione di essersi dichiarato cittadino Romano Giuliano de’ Medici fratello del pontefice, le Bacchidi del medesimo Comico col celebrarsi le nozze de’ Cesarini co’ Colonnesi, il Formione di Terenzio con un prologo del Mureto fatto recitare dal cardinale Ippolito da Este il giovine, e l’Ippolito di Seneca rappresentato avanti il palagio del cardinale Raffaele San Giorgio, in cui sostenne il personaggio di Fedra con tanta eccellenza il canonico di San Pietro Tommaso Inghiramoa dotto professore di eloquenza ed orator grande che fin che visse ne portò il soprannome di Fedra. […] Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca del regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio che ebbe di recare egli solo nella latina favella molte delle più pregevoli favole greche.
Nella Gran Brettagna si ammirano i due pregevoli autori Shakespear e Otwai, che tra gli attori si segnalarono ancor componendo; ma le loro favole piene di bellezze e di mostruosità, non trovano competitori nell’Adisson, nel Van-Broug, nel Wicherley, in Gai, in Stèele?
Lasciando le incondite favole di Trediakouski e le deboli di Lomonosow, possiamo considerare Sumarocow di una famiglia distinta come il primo tragico della Moscovia.
Vi si leggono altri di lui frammenti di favole incerte; ma non quello del sagacissimo imitatore degli antichi poeti Antonio Moreto che fu da lui stesso composto76. […] Tullio stesso96 cita i di lui Sinefebi, e Aulo Gellio la commedia intitolata Plozio, favole di Menandro da Cecilio imitate. […] E chi di grazia ha rivelato a costui sì bel secreto, che gli autori nel pubblicar le loro favole l’empivano di noterelle, come fanno oggidì i moderni? […] Che che sia però di questo, dobbiamo osservare che Terenzio in tutte le sue favole, e con ispecialità in questa, si scaglia contro il poeta Luscio Lavinio suo detrattore. […] I loro congressi facevansi nel tempio di Apollo o delle Muse, ove i poeti recavansi a recitar le loro favole.
Adunque quest’ultima specie di commedia presenta tutti i vantaggi della sensibilità posta in tumulto nelle favole lagrimanti, ma ne sfugge gli eccessi lugubri, l’espressioni da coturno, il tuono di disperazione, i gran pericoli. […] Non sono le lagrime che rendono difettose le favole di Sedaine, Mercier, Falbaire e tanti altri, ma il tuono tragico, i gran delitti, i patiboli. […] Cristofano Bartolommeo Fagan nato in Parigi nel 1702 e morto nel 1755 dotato di facilità e di naturalezza nel genere comico, ma obbligato dalle sue strettezze a scriver troppo, mostra nelle sue favole l’ effetto della precipitazione. […] Il pubblico però benchè non pago delle loro favole compiacevasi della buona condotta, dell’urbanità e del rispetto che essi mostravano per la nazione, e con pena gli vedeva partire.
Regolarità, decenza, purezza di locuzione e scelta giudiziosa del verso endecasillabo sciolto all’italiana, formano il merito di tali favole. […] Noi scorgiamo nelle favole del Montiano la regolarità nascente nella nazione non raccomandata dal gusto e dalla forza tragica che la rendano amabile. […] Ma il mezzo che scelse di ripetere le antiche favole del teatro patrio col solo vantaggio di renderle più regolari, secondò male il di lui disegno. […] Questa abbraccia trentacinque favole oltre della sua Rachele e delle sue traduzioni di cui bentosto parleremo. […] L’esgesuita Pedro Garcia de la Huerta non prese a tradurre o imitare favole straniere; ma pieno dello spirito di Vincenzo suo fratello volle recare al nostro idioma in versi sciolti la di lui Raquel, com’egli dice.
Con qual fondamento diremo ancora che fossero Tragedie le favole accennate dal Barbadillo?
S’esaminan le favole tragiche nella lor proprietà principale. […] Di molte lor favole occorrerammi di ragionare nel decorso di questo paragone. […] Parmi pure inescusabile nel viluppo tragico la maniera con cui si trattan gli affari in molte favole italiane di coro continuo. […] Le favole del Giraldi son sopra l’altre piene di coteste indecenze. […] S’esaminan le favole tragiche nella lor proprietà principale.
Ati recitata nel 1676 dee reputarsi una delle favole più interessanti del Quinault. […] Nel Fetonte rappresentato nel 1683, nell’Amadigi il cui soggetto fu dato al poeta dallo stesso sovrano nel 1684, e nel Tempio della Pace balletto, e nell’Orlando tragedia, le quali favole si cantarono nel 1685, si ripetono le decorazioni delle altre sue composizioni che vengono interrotte da alcune scene che tirano l’attenzione.
Ati recitata nel 1676 dee reputarsi una delle favole più interessanti di Quinault. […] Nel Fetonte rappresentato nel 1683, nell’Amadigi il cui soggetto fu dato al poeta dallo stesso sovrano nel 1684, e nel Tempio della Pace balletto e nell’Orlando tragedia che si cantarono nel 1685, si ripetono le decorazioni delle altre favole interrotte talvolta da qualche scena interessante.
Vi si leggono altri di lui frammenti di favole incerte; ma non quello del sagacissimo imitatore degli antichi poeti Antonio Moreto che fu da lui stesso compostoa. […] Ciò rende ben rincrescevole la perdita delle favole da lui composte. […] E chi di grazia ha rivelato a colui si bel secreto, che gli autori nel pubblicar le loro favole le colmavano di noterelle, come fanno oggidì molti moderni? […] Che che sia però di questo, dobbiamo osservare che Terenzio in tutte le sue favole, e con ispecialità in questa, si scaglia contro il poeta Luscio Lavinio suo detrattore. […] I loro congressi facevansi nel tempio di Apollo e delle Muse, ove i poeti recavansi a recitar le loro favole.
Regolarità, decenza, purezza di locuzione e scelta del verso endecasillabo sciolto all’italiana, formano tutto il merito di tali favole. […] Ma il mezzo scelto di ripetere le antiche favole del patrio teatro col solo vantaggio di renderle più regolari, male secondò il di lui disegno. […] Un poco più di filosofia gl’ insegnerebbe l’arte usata da’ tragici della Grecia nelle Trojane, nelle Fenicie, negli Eraclidi, nelle Supplici, ne’ Persi, nelle quali favole essi presero un oggetto principale per iscopo collocando quasi in lontananza il rimanente o serbandolo ad un coro. […] Questa collezione che abbraccia 35 favole, oltre della sua Rachele e delle sue traduzioni, non è nè ragionata, nè completa, nè scelta. […] Chi avrebbe (diamone un esempio) omessa nelle favole dette eroiche o la Judia de Toledo, o Dar la vida por su Dama, o los Amantes de Teruel, le quali sempre riempiono di spettatori le scene spagnuole, per eleggere Eco y Narciso nojosa favola mitologica di Calderon che più non si recita?
La gloria della commedia inglese é cresciuta per le favole del signor Congrève, morto di cinquantasette anni nel 1729. […] L’autor filosofo, retrocedendo fino ai tempi primitivi, ha conseguito di afferrare i veri pensamenti che doveano occupar il primo uomo nella sua prossima dissoluzione; e con un fatto sì comune, com’é la morte naturale di un uomo decrepito, é pervenuto a cagionar quel terror tragico, che in vano tentano di svegliare tante favole romanzesche, tanti delitti atroci spiegati con tutta la pompa nelle odierne tragedie cittadinesche inglesi e francesi. […] Le picciole favole spagnuole, che danno per tramezzi degli atti delle loro commedie, e chiamansi saynetes, dipingono esattamente la vita civile e i costumi correnti spagnuoli, e riprendono il vizio e ’l ridicolo dominante. […] Perciò si é limitato a tradurre varie farse francesi, e particolarmente di Molière, come Giorgio Dandino, il Matrimonio a forza, Pourceaugnac; ma invece d’imparare da tal maestro l’arte di formar di varie figure un quadro d’una giusta azione principale, ha rannicchiate, poste in iscorcio e troncate al meglio le favole del comico francese, a somiglianza di quel Procuste ladrone dell’Attica, il quale troncava i piedi o la testa de’ viandanti, quando non erano di giusta misura pel suo letto.
Egli racchiuse, come i Cinesi, in una rappresentazione di poche ore, i fatti di trenta anni: introdusse nelle favole tragiche persone basse, prostitute, ubbriachi, calzolai, beccamorti, spiriti invisibili, un leone, un sorcio, il chiaro, della luna che favellano: egli non seppe nè astenersi dal miracoloso ed incredibile, nè separare dal tragico il comico, restando perciò, non che lungi dal pareggiare Euripide, inferiore allo stesso Tespi. […] Sceglieremo non pertanto tralle migliori nominate sue favole l’Amlet, e n’esporremo la tessitura e le bellezze principali, senza omettere qualche scena che ci sembri disdicevole alla gravità tragica. […] L’intreccio delle sue favole (parla il medesimo Johnson) in generale è debolmente tessuto, e condotto senza arte. […] Tralle di lui favole passa per eccellente quella che intitolò Il Re non Re.
Le di lui favole sono doppie e piene d’intrighi amorosi simili a quelli delle tragedie galanti francesi, e lo stile abbonda di pensieri lirici. […] Ciò che ne segnala ancora il carattere è l’aver saputo in ciascun atto delle sue favole preparare una scena vistosa, popolare, interessante che tiene svegliata l’attenzione dello spettatore. […] Si è da’ critici detto ancora che la maggior parte delle favole Metastasiane viene dalle francesi, senza avvertire che la maggior parte delle francesi si trasse dalle italiane. […] La danza teatrale ora non è più un’ arbitraria filza di più pantomimi eterogenei serii o grotteschi con pieni senza oggetto concatenato: ma rappresenta anch’essa co’ soli gesti favole compiute comiche o tragiche.
Le favole pastorali che dopo il Cefalo del Correggio e l’Orfeo del Poliziano si scrissero nel Cinquecento, non meritavano di esser segno a tante censure pedantesche per l’unica ragione di non trovarsene esempio fra gli antichi. […] Non è da cercarsi in questa ed in moltissime altre favole di questì ultimi anni del secolo nè intreccio semplice o almeno moderatamente ravviluppato, nè quel linguaggio che richiede il genere drammatico. […] Finalmente il Visdomini fondatore dell’Accademia degl’Innominati di Parma, oltre alle tragedie già mentovate, compose l’Erminia pastorale dedicata al conte Pomponio Torelli, la quale fra tutte le nominate favole inedite sola trovasi conservata manoscritta nella ducal Biblioteca di Parma.
Le favole pastorali che dopo il Cefalo del Correggio e l’ Orfeo del Poliziano, si scrissero nel cinquecento, non meritavano di esser segno a tante censure pedantesche, per l’unica ragione di non trovarsene esempio fra gli antichi. […] Non è da cercarsi in questa ed in moltissime altre favole di quest’ultimi anni del secolo nè intreccio semplice o almeno moderatamente ravviluppato, nè quel linguaggio che richiede il genere drammatico. […] Finalmente il Visdomini fondatore dell’accademia degl’ Innominati di Parma, oltre alle tragedie già mentovate, compose l’Erminia pastorale dedicata al conte Pomponio Torelli, la quale fra tutte le nominate favole inedite sola trovasi conservata manoscritta nella ducal Biblioteca di Parma.
Ci voleva un capitale di filosofia per far tal passo, e appunto troviamo, che le favole drammatiche del Perù furono inventate e coltivate da’ filosofi, colà chiamati amauti.
Da tali favole tirò la sua tragedia il Baruffaldi, nè se ne infinse, ma ingenuamente l’accennò nel ragionamento che vi premise. […] Venghiamo a qualche particolarità di ciascuna delle sue favole. […] Forse la diversità dell’effetto deriva dalla dissomiglianza delle due favole. […] Certo è parimente che quel real Protettore concesse, come si è detto, all’Aristodemo gli onori ed il premio delle favole coronate. […] Nulla nelle sue favole rallenta l’azione, tutto va al fine, tutto tende ad ispirare spavento e terrore.
Di lui, ch'egli ebbe in tal considerazione da dettare egli stesso la prefazione alle favole rappresentative, facendo dell’artista il più largo elogio ? […] Luigi Riccoboni nel capitolo quinto della sua Istoria del Teatro italiano, parla a lungo di queste favole dello Scala.
Lope de Vega non pensò così, non si curò di Caverne di Salamina, non attese a purgare le sue favole dell’ammasso d’inverisimilitudini, di cui egli, e l’Apologista si compiacciono. […] Così, ad onta della sua vasta fantasia, e della fluidità della versificazione, si rimase nel luogo meritato; e la maggior parte delle sue favole sceniche restò inedita, negletta, e sepolta, e non so quanti nazionali, e stranieri oggi leggono le impresse1. […] E questo parmi troppo vero; perchè prima sul Teatro Francese non si vedeva altro che ratti, deflorazioni, ad ulterj, indecenze, che formano la materia delle favole di Hardy.
Appena s’incominciò a capire che il vero, il grande, il patetico, il semplice erano le sole strade per giugnere al cuore, che immantinente sparì tutto quell’apparato di favole e tutto il viluppo di avvenimenti e di meraviglie inventate unicamente per sorprender l’immaginazione in mancanza della natura. […] Egli non conobbe abbastanza la rapidità che esige il melodramma; perciò le scene sono troppo lunghe, le favole troppo composte, e troppo cariche d’incidenti: talmente che v’ha di quelli fra i suoi drammi che fornirebbero ampia materia di lavoro a due o tre compite tragedie.
In tempo di Antonino Pio da Capitolino si fa menzione solamente di Marco Marullo, attore e scrittore di favole mimiche, il quale ebbe l’ardire di satireggiare i principali personaggi della città, senza eccettuarne l’istesso imperadore; Marco Aurelio, di lui figliuolo adottivo e successore, diceva, che le commedie de’ suoi tempi altro non erano che mimi, Dagli Antonini fino alla divisione dell’imperio romano non si trova nominato, ch’io sappia, altro scrittore drammatico a riserba d’una commedia in prosa poco degna di lode, scritta da un autore incerto ad imitazione Aulularia di Plauto, e così pure intitolata109.
Dovettero dunque in quell’età esservi favole sceniche in copia maggiore di quello che oggi possa riferirsi.
Dovettero dunque in quell’età esservi favole sceniche in copia maggiore di quello che oggi possa riferirsi.
I Giovani Sacri, il Forbante, il Penteo, sono nomi di alcune delle favole tespiane. […] Pleuronia, gli Egizi, Atteone, Alceste, Anteo, le Danaidi, sono i nomi che ci restano delle di lui favole. […] Ma la soverchia semplicità delle favole di Eschilo, qualche reliquia di rozzezza nella decorazione, e la scarsezza di moto, dovettero additare al famoso Sofocle una corona tragica non ancor toccata. […] Ebbe ancora l’accortezza di scegliere argomenti adattati al talento e alla disposizione de’ suoi attori giacché egli per mancanza di voce non poté rappresentare, come faceano gli altri poeti, i quali per lo più recitavano nelle proprie favole. […] Gli s’imputa un poco di negligenza nella condotta e disposizione delle favole; il che fa vedere ch’egli ponea maggior cura a ritrarre la natura che a consultar l’arte.
E per rappresentarsene al vivo i pregi inimitabili occuparonsi in prima gl’ Italiani con somma cura a calcar le stesse orme de’ Greci traducendone ed imitandone le favole; indi, assuefatti all’antico magistero, ad immaginarne altre nuove su que’ modelli. Così troviamo un gran numero di greche imitazioni, e poi un altro ugualmente grande di nuove favole sulle greche modellate. […] Si troveranno in tal periodo in Italia 1 favole scritte in latina favella, 2 tragedie e commedie italiane di greca invenzione, 3 drammi modellati su gli antichi ma di nuovo argomento, 4 nuovi generi drammatici ignoti a’ greci, 5 i primi avanzamenti d’un melodramma diverso dall’antico. […] Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca del regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio che ebbe di recare egli solo nella latina favella molte delle più pregevoli favole greche. […] Ma quando anche queste nuove favole non si dovessero all’ Italia, non basterebbe per eternarla l’aver fatto risorgere in tante guise il greco teatro (Nota XII)?
Calderòn in tali sue favole espone tutta la filastrocca de’ fatti, alterandone bensì le circostanze ad arbitrio, confondendoli con frequenti anacronismi, e colorendo i caratteri, secondochè glie li presenta la propria immaginazione.
Il Clero cui importava che i popoli non venissero distratti dalla divozione, alla prima proscrisse siffatti spettacoli, indi cangiando condotta e seguendo lo stile delle precedenti età, quando ad onta de’ divieti si videro introdotti nelle Chiese, ne ripigliò egli stesso l’usanza, esercitando L’arte istrionica, e mascherandosi e cantando favole profane nel Santuarioa Teodoro Balsamone autore del XII secolo sul Canone 62 del Concilio Trullano che proibisce agli uomini il prender vesti femminili, e coprirsi con maschere, osserva che a suo tempo ancora nel Natale di Cristo, e nell’Epifania i chierici si mascheravano in chiesa. […] Non ostante poi il titolo di tragedie e commedie, le di lui favole altro esser non doveano che meri monologhi o diverbii per lo più satirici senza azione, posti in musica da lui stesso, e cantati insieme colla moglie che egli menava seco iu cambio de’ ministrieri e de’ Giullari. […] Dividevansi in Troubadores, cioè Trovatori detti dal trovar prontamente le rime e dall’inventar favole e narrarle in versi; in Canteres, o Cantori che aggiungevano il canto ai versi de’ Trovatori; e in Giullares, ovvero Giullari o Giucolieri, che equivalevano a’ Giocolieri o buffoni, i quali nelle pubbliche piazze, nelle fiere, e nelle feste o conviti che solevano dare le persone doviziose, intertenevano gli astanti con varie buffonerie accompagnate dal suono di qualche stromento ed anche dal ballo.
Se di tragedie intenda favellare quest’ultimo nell’ode che a lui indirizzaa, Pollione ebbe anche il merito di uscire da soliti argomenti tratti da Omero e dalle favole Greche, ed esporre con nobile intrepidezza sul teatro di Roma la civile querela di Cesare e Pompeo, ed il giogo imposto dal vincitore a tutta la terra, fuorchè al gran cuore di Catone, Et cuncta terrarum subacta Praeter atrocem animum Catonisb. […] In fatti nel consenso del popolo (non della plebe) consiste il vero giudizio quanto a’ caratteri, a’ costumi, alla condotta delle favole; e solo per mio avviso prevaler debbe il giudizio de’ conoscitori e scrittori trattandosi di stile e di lingua. […] Molto meno debbe egli appoggiarsi nell’abbondanza de’ difetti de’ Tragici Latini e nella, scarsezza di sublimità; perchè se dalle ultime favole moderne si risalga sino ai Cori di Bacco prodotti in Icaria, dir non sapremmo quante tragedie ostentar si potrebbero come perfette, grandiloquenti ed’ esenti di ogni taccia. […] La Tebaide che non ci è pervenuta intera, contiene lo stesso argomento de’ Sette Capi a Tebe di Eschilo, e delle Fenisse di Euripide: ma questa Tebaide latina cede di molto alle due favole greche per istile e per condotta.
Ma serpeggiano nelle sue favole tali tinte veramente comiche, tali politiche vedute, e tal conoscenza de’ costumi e dello stato degli Ateniesi, che, mal grado delle bassezze ed oscenità, piaceranno in ogni tempo a chi saprà trasportarsi a quello del poeta. […] La maggior parte delle osservazioni di quell’erudito contro Aristofane svanisce al considerarsi che egli volle misurare le di lui favole colla squadra della commedia, e doveva adoperarvi quella della farsa. […] Artemone codardo, Stratone e Clistene effemminati, Euripide introduttore di vertiti laceri e meschini nella tragedia, Amfiteo povero e fiero dell’albero cronologico della sua schiatta, oltre a Cleone prepotente, a Cleonimo ingordo, al freddo poeta Teognide e al comico Cratino, i quali entrano pressochè in tutte le favole di Aristofane. […] Con tutto ciò il Pluto per mio giudizio par che tenga il principato di tutte quelle favole, perchè quivi non sei stomacalo da laidezze nè scandalezzato da oscenità, nè immalvagito da perversa imitazione quanta si cede nelle altre. […] Pieno di coraggio e di elevazione, ardente dichiarato nemico della servitù e di quanti tentavano di opprimere il suo paese, esponeva agli occhi di tutti nelle sue favole la segreta ambizione de’ magistrati, che governavano la Repubblica, e de’ generali che comandavano gli eserciti.
Ma poichè con tanta garbatezza v’ingegnaste di dissipare certi miei Pregiudizj con un ben lungo paragrafo, e mi correggeste gl’importantissimi errori di Critica, e di Storia, cioè l’aver chiamati Colloquj Pastorali tutte le favole del Rueda, quando egli fece anche alcune commediole, e l’avere collocato nel secolo XV. […] Se io quì parlassi a dirittura all’Autore del Saggio, gli direi così: Sovvengavi, per non aver tenuto presente questo Avviso, a quanti equivoci soggiaceste su i Teatri Greci, e Romani a proposito del Saguntino: sulla immaginaria Drammatica de’ Moro-Ispani: sulla creduta mancanza d’invenzione nella Sofonisba del Trissino: sul negare che fossero Traduzioni le Tragedie del Perez: sulla infelice difesa che imprendeste della Isabella dell’Argensola: sulla vostra novella foggia di conteggiare, che io ho chiamata apologetica, a cagione delle Mille Tragedie del Malara, delle azioni dell’Ecuba &c.: sul giudizio che portaste di Rapin: sugl’inventori della Pastorale: su i Pregiudizj attribuiti al Signorelli, che in fatti sono vostri errori di Storia di Critica: sulla sognata decenza delle favole Lopensi, e Calderoniche: sulla possibile imitazione di un Metastasio delle Opere di Calderòn: sul vostro falso modo di ragionare dell’Opera Italiana: sulle Tragedie divine della Caverna di Salamina: sul passo di Orazio, in cui prendeste per rappresentazioni teatrali difettose l’Orso, l’Elefante bianco, i Pugili, i Gladiatori, la pompa de’ Trionfi, e tutti i Giuochi del Circo, e dell’Anfiteatro.
Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo: che vi si trova uguale ignoranza delle favole Omeriche e de’ tragici antichi: che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia, ignorando che la sacrificata Ifigenia per miracolo di Diana ignoto a’ Greci dimorava nel tempio della Tauride: che la stessa Briseida lo prega ad intenerirsi, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas, colle quali parole par che attribuisca al ferro le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare: che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni (los pajaros parleros sean mudos testigos): che il medesimo dice di avere appreso da Ulisse à despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa non può dire se non con ispirito profetico, perchè Ulisse non si preservò dalle sirene se non dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja: che anche profeticamente l’istesso Achille indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma niuno gliel’ ha detto: che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo: in fine che l’autore dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’ annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille? […] Non è che una semplice reimpressione di circa 35 favole buone, mediocri e cattive, le quali e nel male e nel bene si rassomigliano a molte altre che se ne tralasciano.
Ma gli Etruschi ed i Campani aveano favole sceniche senza potersi dire di averle tratte da’ Greci.
L’Alcippo impressa in Venezia nel 1615 gareggia per la semplicità colle stesse greche favole, e pure impegna a meraviglia chi legge ed ascolta.
L’Alcippo impressa in Venezia nel 1615 gareggia per la semplicità colle stesse greche favole, e pure interessa a maraviglia.
Gli s’imputa altresì, nè senza fondamento, da Aristotile nella Poetica, un poco di negligenza nel condurre e disporre le sue favole; ciocchè pruova ch’egli poneva più cura a ritrarre la natura che a consigliarsi col l’arte. Secondo alcuni egli scrisse settantacinque tragedie; ma contando le diciannove intere che ne rimangono e i frammenti di molte altre raccolti nella bella edizione del Barnes, si può con altri asserire con più ragione che ne componesse fino a novantadue, otto delle quali erano favole satiriche. […] Altre favole conseguirono la corona teatrale ne’ giuochi Olimpici o in Atene, e niuna si vede che ne avesse tratto il nome di coronata. […] E forse da queste critiche esagerate su i difetti più che su i pregi degli antichi proviene la moderna non curanza delle favole greche, e l’idolatria per le romanzesche degli ultimi tempi.
Le sue favole veramente sono assai più complicate delle greche di modo che talvolta stenta a rinvenirvi l’unità dell’azione; ma vari suoi caratteri son pennelleggiati con maestria e vivacità. […] Ciò mette alcuni poeti nazionali a scrivere pel loro teatro varie favole francesi, nelle quali s’ingegnarono di accoppiar la ragione e la novità colle grazie dell’Arlecchino. […] M. de Noverre é uno de’ ballerini moderni che hanno rimessa in piedi l’arte pantomimica, rappresentando con molta verità per gesti favole intere eroiche e comiche.
Giorgio Lillo giojelliere di Londra, il quale morì l’anno 1739, imprese a scrivere più d’una di simili favole tragiche di persone private sommamente atroci, per le quali si è comunicata alle scene francesi ed alemanne la smania di rappresentar le più rare esecrande scelleraggini che fanno onta all’umanità. […] Dicesi che Lillo si prefiggeva la correzione de’ costumi, e supponeva che le sue favole potessero prevenire i gran delitti. […] La gloria della commedia Inglese dopo del Wycherley è cresciuta per le favole piacevoli e regolari del sig.
Aggiungiamo solo alla sfuggita che tutte le arie sono stentate, inarmoniche, difettose nella sintassi, e contrarie o distanti dal pensiero del recitativo; che si trova in quest’atto secondo uguale ignoranza delle favole, ed invenzioni Omeriche, e degli antichi tragici; che Briseida augura ipocritamente ad Achille che giunga à gozar del amor de su Ifigenia; ignorando che la sacrificata figlia di Agamennone per miracolo di Diana ignoto a’ Greci si trova viva trasportata nel tempio della Tauride; che l’istessa Briseida la prega di volersi intenerire, y no qual fuerte hierro à tu Briseida aniquiles, abrases y consumas; colle quali parole attribuisce al ferro che non è rovente, le proprietà del fuoco di annichilare, bruciare, consumare; che Achille vuole che gli augelli loquaci siano muti testimoni, los pajaros parleros sean mudos testigos che lo stesso Achille dice di avere appreso da Ulisse â despreciar la voz de las sirenas, la qual cosa dimostra di possedere uno spirito profetico, perchè Ulisse si seppe preservare dalle sirene dopo la morte di Achille e la distruzione di Troja; che l’istesso Achille pure profeticamente indovina che l’uccisore di Patroclo sia stato Ettore, perchè nel dramma del La Cruz niuno glie l’ha detto; che Agamennone dice ad Achille che vedrà al campo il corpo di Patroclo pasto fatal de las voraces fieras, bugia che contraddice al racconto di Omero che lo fa venire in potere de’ Mirmidoni; nè poi Achille potrebbe mai vedere una cosa già seguita, purchè le fiere a di lui riguardo non vogliano gentilmente differire di manicarselo sino al di lui arrivo; in fine che La Cruz dovrebbe informarci perchè Briseida di Lirnesso, cioè Frigia di nazione mostri tanto odio contro le proprie contrade a segno di desiderarne l’annientamento anche a costo di dover ella rimaner priva di Achille?
Giorgio Lillo giojelliere di Londra, il quale morì l’anno 1739, imprese a scrivere più d’una di simili favole tragiche di persone private sommamente atroci, per le quali si è communicata alle scene francesi ed allemanne la smania di rappresentare le più rare esecrande scelleratezze che fanno onta all’umanità. […] Dicesi che Lillo si prefigeva la correzione de’ costumi, e supponeva che le sue favole potessero prevenire i delitti grandi. […] La gloria della commedia inglese dopo del Wycherley è cresciuta per le favole piacevoli e regolari del sign.
Ci voleva un capitale di filosofia per dar questo passo, e appunto troviamo che le favole drammatiche del Perù furono inventate e coltivate da’ filosofi colà chiamati Amauti.
Ci voleva un capitale di filosofia per dar questo passo, e appunto troviamo, che le favole drammatiche del Perù furono inventate e coltivate da’ filosofi colà chiamati Amauti.
Il clero cui importava che i popoli non venissero distratti dalla divozione, alla prima proscrisse siffatti spettacoli, indi cangiando condotta e seguendo lo stile delle precedenti età, quando ad onta dei divieti si videro introdotti nelle chiese, ne ripigliò egli stesso l’usanza, esercitando l’ arte istrionica e mascherandosi e cantando favole profane nel Santuario9. […] Non ostante poi il titolo di tragedie e commedie, le di lui favole altro esser non doveano che meri monologhi o diverbii per lo più satirici, senza azione, posti in musica da lui stesso, e cantati insieme colla moglie che egli menava seco in cambio de’ ministrieri, e de’ Giullari (Nota V).
Passando ad altro ho cercato esaminare con nuova diligenza le favole antiche e moderne, per presentare a’ giovani studiosi con sempre più accurata scelta le drammatiche bellezze da tenersi per esemplari.
Si farebbe un volume inutile favellando molto di Montalvàn, Godinez, Bocangel, Tirsi de Molina, Diamante, Roxas, Zamora, Alarcòn, Velez, Fregoso, Paz, Zarate, e di altri cento commediografi, i quali si abbandonarono a’ trasporti d’un’immaginazione calda e disordinata, usando un gergone incomprensibile, composto di metafore matte, enigmatiche e gigantesche, e riempiendo le loro favole sregolate di ripetute impertinenti descrizioni e dipinture di cavalli, tori, armature, navi, giardini, palagi, naufragi, duelli, e Combattimenti di mare e di terra.
«Non vi si rappresentano (diceva) se non le antiche favole, alcune insipide imitazioni delle commedie e novelle francesi, scritte senza ingegno e senza spirito, e un gran numero di farse satiriche» 264 La satira sotto quel cielo nata dal potente entusiasmo di libertà che vi predomina, non rispetta né particolari, né ministri, né il governo, e non poche volte porta il suo fiele fin sulle scene.
Passando ad altro ho cercato esaminare con nuova diligenza le favole antiche e moderne, per presentare a’ giovani studiosi con sempre più accurata scelta le drammatiche bellezze da tenersi per esemplari.
I Poeti Provenzali, che per quanto chiaramente ricavasi da due passi del Petrarca l’uno del Trionfo d’Amore cap. 4, e l’altro della Prefazione alle sue Epistole Famigliari, vennero dopo i nostri Siciliani a verseggiare e a far uso della rima nelle moderne lingue volgari, si distinguevano con varj nomi secondo i loro varj mestieri, in Troubadores, cioè trovatori, così detti dal trovar prontamente le rime, e dall’inventar favole verseggiando, in Canterres, o cantori, i quali cantavano i versi composti dai Trobadori, e in Giullares, o siano Giucolari, o Giullari, che vale lo stesso che giocolieri, o buffoni, i quali nelle pubbliche piazze, o nelle fiere intertenevano il popolo con varie buffonerie, sonando qualche stromento, o sollazzavano i conviti de’ Principi e gran Signori con canti, suoni e balli, celebrando le gesta de’ Paladini, e le bellezze delle donne.
Non è che una semplice reimpressione di trentacinque favole buone, mediocri e cattive, le quali e nel male e nel beno si rassomigliano a molte altre dal primo e secondo collettore tralasciate.
Dovettero dunque in quell’ età esservi favole sceniche in copia maggiore di quello che oggi possa riferirsi.
Le favole pastorali che dopo il Cefalo del Correggio furono composte nel cinquecento, sono un nuovo genere drammatico inventato dagl’Italiani, quando non se ne voglia ravvisare un’immagine nel Ciclopo d’Euripide. […] Essi non leggono, se non pettinandosi, alcuni superficiali dizionari e fogli periodici, o gazzette letterarie, che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, dove decidesi con magistral sicurezza che ’l «canto rende inverisimili le favole drammatiche».
Intanto essi in tali favole sembrano meno eloquenti e meno appassionati, che non sono nel Poliuto, nella Fedra, nell’Alzira.
Piccole favole chiamate Saynetes 412.
Le sue favole sono tutte scritte in prosa, ad eccezione di alcuna, come lo Schiavo, ossia il Ritorno dalla Soria scritta in versi sciolti e chiamata commedia non essendo tale in conto alcuno. […] L’autor del Ladislao mesce liberamente l’interesse ed il ridicolo colla preponderanza del primo per la legge VIII: e tutte le favole inglesi, spagnuole ed anche francesi prima del XVII secolo, servano la stessa regola. […] Il Ladislao per la legge XIV termina lietamente: e tutte le favole spagnuole e tante inglesi ed alemanne sono di lieto fine, e per questa parte ancora sono fisedie. […] Havvi altresì due favole boscherecce musicali, l’Isola incantata, e l’Amor vendicato, delle quali s’ignora l’epoca. […] A quanto ne abbiam divisato e al più che per fuggir noja omettiamo, si scorge che all’Elfrida cede di gran lunga l’Elvira, la quale difficilmente si conterà mai tralle favole musicali mediocri.
Se di tragedie intenda di favellare quest’ultimo nell’ode che a lui indirizza116, Pollione ebbe anche il merito di uscire da’ soliti argomenti tratti da Omero e dalle favole Greche, ed esporre con nobile intrepidezza sul teatro di Roma la civile querela di Cesare, e Pompeo, ed il giogo imposto dal vincitore a tutta la terra, fuorchè al gran cuore di Catone, Et cuncta terrarum subacta Præter atrocem animum Catonis 117. […] La Tebaide che non ci è pervenuta intera, contiene lo stesso argomento de’ Sette Capi a Tebe di Eschilo, e delle Fenisse di Euripide; ma questa Tebaide latina cede di molto alle due favole greche per istile e condotta.
Leggansi le prime poesie di tutte le nazioni, come sono i frammenti degl’islandesi, i poemi d’Ossian, le favole di Pilpai, il Gulistan di Saadi, e le canzonette americane, e vi si troverà una somiglianza che a prima vista sorprende, benché scritte da nazioni e in tempi così diversi. […] [34] E qui ci si affaccia un dubbio importante, che conviene dilucidare, il sapere cioè se alla interna costituzione del dramma convengano più gli argomenti tratti dal vero, oppure i maravigliosi cavati dalla mitologia o dalle favole moderne.