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103. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 492-494

Fatta più grandicella, e formata il padre società or col Subotich, noto arlecchino, or con Luigi Zerri, padre di Enrichetta e di Antonio, e in ultimo con Antonio Scremin, alla declamazione delle poesie succederon le ombre palpabili e le rappresentazioni improvvisate sulle tavole di una cantina, con biglietto d’ingresso a 20 e a 10 centesimi, e magari in commestibili, come alle recite del Capitan Fracassa nel mirabile studio di Teofilo Gauthier.

104. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 616-618

Non frequentava nessuna società, amantissima della propria casa e dello studio.

105. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 667-669

Nello studio critico di Luigi Capuana sui Mariti di Torelli, si leggon queste parole : Il Ciotti (Fabio Regoli) non rappresentava un personaggio a forti risalti, tale da dargli campo d’adoperare una grande varietà di colorito.

106. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1024-1026

È ricordato da Carlo Trautmann nel suo eccellente studio sui comici italiani in Baviera, come artista, il quale, insieme a Silvestro Trevisano e a Barbetta Alessandro e figlio, andò a unirsi l’anno 1574 nel Castello di Trausnitz presso Landshut, a due saltatori, che vi furon chiamati un anno prima, dopo la fuga di Massimo Trojano, il famoso cantante, suonatore e dilettante comico.

107. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 574-575

Separatasi dal marito, si diede allo studio della musica, e calcò alcun tempo le scene liriche, tornando poi, pel mediocre successo, alle drammatiche, scritturata il 1770 al S.

108. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 691-696

» le domandò stupita. « Io studio in ferrovia – le rispose con semplicità la Vitaliani. — Nella mia esistenza affannosa e turbinosa, le ore che io passo in treno sono le mie migliori.

109. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Insigne parimenti divenne Galuppi, chiamato altrimenti il Buranello celebre non meno per questo merito che per lo studio posto nella espressione del costume musicale, intendendo io con siffatto vocabolo il qualificare come si conviene, col debito grado d’intonazione e colla propria spezie di canto, la natura e situazione attuale de’ personaggi che prendonsi a rappresentare. né minor gloria s’acquistò l’immortale Jummelli, il quale in siffatto pregio come nella felicità de’ suoi voli musicali, che lo rendono, a così dire, il Chiabrera e l’Orazio de’ compositori, nell’accoppiar la espressione al difficile, nella fecondità e nel brio de’ suoi concerti fu veramente originale. […] Antesignano di essa divenne il celebre Antonio Bernacchi, il quale, comechè avesse fievole voce e disadorna, tanto ei seppe fare a forza di studio, che attissima la rese pel canto, nel quale maravigliosamente poi si distinse pel facile spianamento, per l’arte di graduar il fiato, per la leggiadria degli ornamenti, e per la esatta maniera di eseguir le cadenze. […] Nelle seconde, perché la perfezione di quelle facoltà è un indizio sicuro, che si coltivano pur ora, o si sono per l’addietro coltivate felicemente molte altre che dipendono dalle prime, o s’inanellano con esse in maniera che non possono reggersi da per sé; così una lingua ripolita, abbondante, armoniosa, e pieghevole suppone un lungo progresso di lumi, di coltura, e di cognizioni; una poesia ricca, e perfetta nei moltiplici rami che la compongono, suppone un uso quotidiano del teatro, una gran cognizione critica della storia, uno studio filosofico, analizzato e profondo del cuor dell’uomo; una musica come è l’italiana, suppone un avanzamento prodigioso nel gusto, e in tutte le arti del lusso. Imperocché è incontrastabile, che giammai un popolo baderebbe a perfezionar con tanto studio le facoltà di puro diletto, se l’agio, la pace, la morbidezza, e le superflue ricchezze, onde nasce il lusso, non vi dominassero da lungo tempo. né può tampoco chiamarsi inutile quella gloria, che al sostentamento serve di tanta gente, e contribuisce in particolar maniera a tirar in Italia l’oro degli stranieri, essendo certo, che da niun ramo delle belle arti cava, se ben si considera, tanto lucro questa provincia, quanto da quei che servono al melodramma. principalmente dacché le arti del disegno dopo aver padroneggiato senza rivali per’ben due secoli nel bel paese, «Che Appenin parte, e l’mar circonda, e l’Alpe» voltarono infine le spalle, e sene andarono assise sul carro di Minerva ad illeggiadrire colla sua venustà le rive della Senna e dello Scaldi. […] [NdA] Un siffatto carattere dovea render al nostro Tartini vie più insopportabile la compagnia d’una moglie riottosa e caparbia, che gli toccò in sorte simile alla Santippe di Socrate: invaghitosi della quale in Padova avea egli disgustatosi il genitore, abbandonato lo studio del foro e rovinata la propria fortuna.

110. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Introduzione »

[Intro.2] E però non sarebbe maraviglia se cotesto ingegnoso ordigno, fatto di tanti pezzi com’egli è, non sempre rispondesse al fin suo, ancorché a ben unire e a congegnare insieme ogni suo pezzo, venisse posta da coloro che il governano tutta la diligenza e tutto lo studio.

111. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 694-696

Egli entrò alla Commedia italiana per recitare al fianco del Bertinazzi che non poteva per vecchiezza disimpegnar da solo il ruolo di Arlecchino ; e se non poteva accostarsi troppo all’arte sovrana di lui, benchè anch’ esso attore di pregi singolari, pure collo studio indefesso, colla più schietta modestia, seppe conquistarsi la benevolenza del pubblico e del comitato del teatro, il quale, quando nel 1780 licenziò gli attori del genere italiano, pensò bene di conservare il Coralli.

112. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 118-139

Antonio Valeri (Carletta) nel suo pregevole studio (Un palcoscenico del seicento, Roma 1893) fu il primo, col soccorso del ritratto che è innanzi alla Florinda, a stabilire erronea la data di nascita dell’Andreini (1579) accettata sin quì da i più. […] Passò Giovan Battista la prima giovinezza a Bologna ove si diede allo studio delle scienze. […] (Vedasi per questo il citato studio di Enrico Bevilacqua che analizza largamente e magistralmente le due opere). […] Di questa ci serviremo come breve esame alla fine di questo studio ; poichè se in alcune parti essa può parere il più bel pasticcio comico-drammatico-tragico-melodrammatico-mimo-danzante che sia mai stato visto sulla scena a chi piuttosto la guardi un po’ superficialmente, in altre, senza dubbio, dopo un’ accurata analisi si manifesta opera fortissima, ricca di originali bellezze.

113. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 619-638

Dominando ancora le maschere sulla scena, abbandonò il Cavicchi gli amorosi per darsi tutto allo studio della maschera di Brighella nella quale riuscì mirabilmente, tanto che fu dal Fiorilli riconfermato per cinque anni come ruolo primario assoluto. […] E se, desiderosa di assurgere a somma altezza anche in quel genere, si diede con ogni studio e con ogni amore alla rappresentazione della Saffo e della Norma…. tragedie irte di difficoltà materiali, pur troppo ad esse più specialmente dovè la immatura sua fine. […] E ciò fece perchè quello et altri comici moderni, non sono del numero di coloro che poco intendendosi di comedie pervertiscono l’arte, rendendosi indegni d’ esser posti nel numero de’ buoni, tal che, è necessario lo studio, e studio assiduo.

114. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 216-226

Il Bonazzi (V.) nel suo studio su Gustavo Modena, parlando di quella nuova compagnia che egli pensò di creare, « raccogliendo filodrammatici non viziati da pretensioni (?) […] Temendo la madre che queste tenerezze del Prati potessero distoglier l’Adelia dall’arte, glie ne movea rimprovero ; ma l’Adelia serenamente rispondeva : State quieta che la passione della drammatica non è punto scemata e che studio e procuro di farmi onore. ’Sta settimana farò i cannoni.

115. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 881-887

Imparziali erano quelle lodi, che dal Pubblico gli venivano concesse, sapendo colla fatica e lo studio plausibilmente farne l’acquisto. […] La sua non ordinaria abilità nel canto finiva di coronare i suoi meriti, ond’è ch’ella, e per lo studio indefesso, e per la natural grazia, e per una allettatrice avvenenza, poteva essere elevata ad un grado distinto in mezzo al numero limitato delle valorose giovani attrici.

116. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO II. Se i Mori Spagnuoli ebbero Poesia Scenica. » pp. 9-13

Molti componimenti Greci e Latini sono periti: ma tanti ne sono rimasti da provarci il loro studio in questo genere.

117. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO V. Produzioni comiche di Commediani di mestiere nel secolo XVI. » pp. 256-264

E riguardo segnatamente al Pulcinella, aggiunse: Silvio Fiorillo commediante che appelar si faceva il Capitano Matamoros, inventò il Pulcinella napoletano, e collo studio e colla grazia molto vi aggiunse Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, il quale fu sartore, e morì nella peste dell’anno 1656, imitando i villani dell’Acerra città antichissima dì Terra dì Lavoro poco distante da Napoli.

118. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 728-730

E tanto quegli collo studio e l’amore in essa progredì, che divenne capocomico a sua volta e il primo artista del suo tempo.

119. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 147-149

Egli non era stato fatto artista dallo studio, ma creato tale da Dio ; e però di quanto il genio soprasta gl’insegnamenti delle scuole, di tanto il Monti, nel signoreggiar gli animi dei suoi spettatori, superò gli altri artisti.

120. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO I. Teatro Spagnuolo. » pp. 4-134

Di maniera che ho veduto io stesso l’attore tutto grondante di sudore per lo studio che pone ad imitare i movimenti del becco, delle ali, degli artigli di un uccello, lo strisciar della serpe, il corvettar del cavallo, ed il guizzar del pesce. […] E se Calderòn vivesse, confesserebbe che a tavolino distese egli con qualche studio ciò che suppone che i suoi personaggi facessero estemporaneamente. […] Il suo disegno e di mostrare che non vale lo studio scompagnato dall’esperienza; ma viene a fondare questa massima: que no es ciencia que se studia la del reinar , cioè che l’arte di regnare non si studia, la quale è manifestamente falsa. Studio richiede il regno; ma studio saldo, profondo; studio di cognizioni immediatamente necessarie a’ diversi rami della politica, della pubblica economia e della legislazione; studio non iscompagnato dall’intelligenza degli affari. […] Essi tutto posero lo studio a riempiere le sregolate loro favole di ripetute impertinenti descrizioni e pitture di cavalli, tori, armature, navi, giardini, palagi, duelli, battaglie navali e terrestri, naufragii, di avventure romanzesche di ogni maniera.

121. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO IV. Teatro Spagnuolo. » pp. 196-285

Di maniera che ho veduto io stesso l’attore tutto grondante di sudore per lo studio che pone ad imitare i movimenti del becco, delle ali, degli artigli di un uccello di rapina, il serpeggiar di un ruscello, lo strisciar della serpe, il corvettar del cavallo, ed il guizzar del pesce. […] E se Calderon vivesse, confesserebbe che a tavolino distese egli con qualche studio ciò che suppone che i suoi personaggi facessero estemporaneamente. […] Il suo disegno è di mostrare che non vale lo studio scompagnato dell’esperienza; ma si fonda questa massima que no es ciencia que se estudia la del reinar, la quale è manifestamente falsa. Studio richiede il regno; ma studio saldo, profondo; studio di cognizioni immediatamente necessarie a diversi rami della politica, della publica economia e della legislazione; studio non iscompagnato dall’intelligenza degli affari. […] Essi tutto posero lo studio a riempiere le sregolate loro favole di ripetute impertinenti descrizioni e pitture di cavalli, tori, armature, navi, giardini, palagi, duelli, battaglie navali e terrestri, naufragj, di avventure romanzesche d’ogni maniera.

122. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosettimo, ed ultimo »

Tanto più che l’Italia avrà fra poco il piacere di leggere le vicende dei due mentovati rami della drammatica esposte con molta erudizione e criterio nella Nuova Storia de Teatri che si va preparando in Napoli da un mio cortese e gentile amico, il Dottor Don Pietro Napoli-Signorelli, degnissimo segretario di quella Reale Accademia; della quale opera benché nulla abbia io veduto finora, ho però diritto di giudicarne anticipatamente e pel talento dell’autore di già conosciuto in altre sue stimabili produzioni, e per lo studio che attualmente vi pone nell’arricchirla di scelte ed opportune notizie. […] Confesso però ch’io debbo l’idea della mia opera, e i migliori mezzi onde sarà eseguita allo studio per me fatto della loro musica e in un della poesia loro. […] Io addito loro i moltissimi vantaggi che ne trarrebbono da questo studio. […] Onde può rilevarsi a qual segno monti a nostri compositori il fare uno studio serio e profondo non solo delle differenti proprietà de movimenti e de’ modi, ma ancora di quelli de’ suoni; studio che gli antichi aveano molto a cuore, e che caldamente raccomandavano ai principianti, come la parte della musica la più utile all’eloquenza e in cui mostrerò a qual grado di perfezione essi salirono.

123. (1878) Della declamazione [posth.]

A ostacolare uno studio sistematico di tali fonti è in primo luogo lo statuto incerto di tali testi, che non hanno natura né descrittiva, né prescrittiva. […] Le doti naturali hanno tuttavia bisogno di essere indirizzate dallo studio. […] Capitolo XXI: Salfi si sofferma sullo studio della parte, che si dovrebbe svolgere in tre fasi: lettura comune, studio particolare, prova generale. […] In tale studio noi troviamo assai più la ragione che le osservazioni di fatti, ancorché l’una dall’altra assolutamente dipenda. […] [14.8] L’arte e lo studio sviluppano le naturali disposizioni dell’attore, ma sono sempre queste le sole che debbono comparire, e non mai lo studio e l’arte che le sviluppano.

124. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

In esse vedesi talvolta troppo studio della semplicità greca, talvolta d’imitar Seneca nell’infilzar sentenze a guisa di aforismi, sovente di ornar con fregi proprii della poesia epica e lirica. […] S’ingannò dunque, dirò un’ altra volta l’abate Andres, allorchè con troppa precipitazione ed arditezza sentenziò così: La parte drammatica (degl’Italiani) cede senza contrasto al greco teatro; e benchè gl’Italiani siano stati i primi a coltivare con arte e con vero studio la poesia teatrale, non hanno però prodotto, prima di questo secolo, tolte le pastorali del Tasso e del Guarino, un poema drammatico che meritasse lo studio delle altre nazioni. […] Non hanno meritato lo studio delle altre nazioni i tanti argomenti nuovi degl’Italiani, da’ quali gli Oltramontani hanno così spesso trasportato con poca alterazione non pure il piano, l’intreccio, la condotta, le situazioni, lo scioglimento, ma i costumi, i caratteri, i pensieri e gli affetti degl’interlocutori? Non meritano lo studio delle altre nazioni i drammatici Italiani del XVI secolo, se non per altro, per la cultura, proprietà, purgatezza della loro lingua che a que’ tempi rifioriva? E pure il signor Andres stesso non fu astretto dalla forza della verità a contradirsi: Si distingue l’Italia sopra le altre nazioni per la superiorità di parlare con tanta coltura la propria lingua, come se di questa facesse tutto lo studio.

125. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 995-998

Della intelligenza e dello studio di Luigi Gattinelli fanno fede alcune sue lettere, in cui si discorre largamente di commedie originali e tradotte, del ’28 da Firenze ad Antonio Benci, in Livorno, autore della Bottega del libraio, del Salvator Rosa, e di altro, e del ’44 da Trieste al figliuolo Angelo in Vicenza.

126. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 87-90

Artista non troppo sincera, forse, al molto studio sagrificò di conseguenza la spontaneità.

127. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

[1] Il metodo progressivo dell’umano ingegno nelle sue investigazioni, gli avanzamenti fatti nell’armonia e nella poesia, il favore largamente concesso da Leon X alla musica, della quale fu intendentissimo, e lo studio dell’antichità da tre secoli pertinacemente coltivato doveano in un secolo d’attività e d’imitazione sollicitar la fantasia pronta e vivace degl’Italiani a rinovare tutto ciò che aveano fatto gli antichi. […] [12] La musica madrigralesca, ch’era a un dipresso carica de’ medesimi raffinamenti, ricevette allo stesso tempo nuovo lustro in Italia da Luca Marenzio, che la spogliò dell’antica ruvidezza e la fece camminar in maniera più ariosa e leggiadra, da Paolo Quagliati romano, da Scipione della Palla maestro di Giulio Caccini, da Alessandro Strigio musico celebre nella corte di Ferrara, dall’Ingegneri, da Claudio Monteverde, da Marco da Gagliano, da Alessandro Padovano, da Ipolito Fiorini musico d’Alfonso II di Ferrara, dal Luzzasco, dal Dentice, da Tommaso Pecci sanese, e da altri valenti compositori, ma sopra tutti dal principe di Venosa uno de’ maggiori musici, che avresse avuti l’Italia, se all’ingegno mirabile concessogli dalla natura eguale studio accoppiato né tvesse. […] Lo studio delle cose antiche fece loro conoscere che quella sorte di voce, che da’ Greci e Latini al cantar fu assegnata, da essi appellata “diastematica” quasi trattenuta e sospesa, potesse in parte affrettarsi, e prender temperato corsa tra i movimenti del canto sospesi e lenti, e quelli della favella ordinaria più spediti e veloci, avvicinandosi il più che si potesse all’altra sorte di voce propria del ragionar famigliare, che gli antichi “continuata” appellavano. […] [28] Facendo adunque la distribuzione di laude che a ciascun s’appartiene nell’invenzione dell’opera seria, si vede che dee la città di Firenze il vanto riportarne principalmente, che Giovanni Bardi e Jacopo Corsi furono i mecenati, Girolamo Mei e Vincenzo Galilei i precursori nella parte teorica, e nell’arte d’intavolar le melodie Emilio del Cavalieri il primo, che da lontano adittò agli altri la strada, Giulio Caccini e Jacopo Peri nella esecuzione, ma che deesi principalmente l’elogio al Rinuccini, il quale coll’armonia e bellezza de’ suoi versi mirabilmente adattati alle mire dei compagni, e più colla sua autorità, collo studio degli antichi e colla dipendenza in cui teneva gli altri, si fece il ritrovatore d’un nuovo genere che tanto lustro ha recato alla poesia, alla musica e alla sua nazione.

128. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 461-471

Esegui il comando di quel Sovrano, mostrossi dispostissimo a tale esercizio, e veramente trasportato poi dal genio alla Comica professione, pose la maschera del Truffaldino con sicurezza, e di grado in grado collo studio s’andò perfezionando, divenendo finalmente un inimitabile, e famoso Comediante. […] II, 17) la unione, la buona armonia, le occupazioni domestiche, lo studio, la subordinazione, il vigore, la proibizione alle femmine di ricever visite, l’abborrimento che queste dimostravano di accettar doni da'seduttori, l’ore regolarmente divise ne'lavori casalinghi, nelle preci, e l’opere di pietà co'miserabili ch' ei vide nel suo drappelletto, gli piacquero, dopo venticinque anni di eroicomica assistenza dovè sciogliersi per la vecchiaja e il rimbecillimento del Sacco ; e più ancora pe'suoi ridicoli amori a oltre óttant’anni, pei quali, vedendo compromessa l’eredità, la figlia comica si ribellava audacemente.

129. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 260-263

Molto la pregiava Scipione, che un argomento scelse in bello studio per lei, ecc. ecc.

130. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 754-756

Oltre lo studio accurato sull’incedere e sul gesto, De Marini occupava moltissimo tempo per trasformare il suo volto, e bene spesso egli recavasi al teatro due ore prima del principiare dello spettacolo.

131. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 35-37

M. ritrat mi manda da voi la cortigiana, acciò le mandiate vn sacchetto di mente per il bastardo, da far l’amito al basto del mio patrone, & contrafarà nello studio del Pittore l’olio nell’rerinale, non va così ?

132. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 718-721

Emilio Zago, che ha in sè tutta la spigliatezza arguta, tutta la bonarietà del suo popolo veneziano, è forse il più atto a sentire e a riprodurre l’opera di Carlo Goldoni fatta dallo stesso vero ; e al teatro di Goldoni infatti egli volge oggi ogni pensiero, ogni studio, ogni aspirazione.

133. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IX. Pregiudizj dell’Autore della Storia de’ Teatri, rilevati dall’Apologista. » pp. 95-111

 177.) insinua alla gioventù lo studio delle Commedie di Ariosto, cosa disapprovata dall’Apologista, perchè potrebbe temersi, che in vece del purgato stile imparasse il corrotto costume. […] Siccome non si schiva il frequentare la Casa dell’Orazione per l’abuso fattone talvolta da chi vi amoreggia con cenni, sorrisi, e parolette; nè si bandisce il ferro, perchè con esso si versa il sangue umano; nè dobbiamo fisicamente cavarci gli occhi, perchè per essi può entrar la morte: così pensava il Signorelli non doversi trascurare lo studio di un eccellente modello dell’arte, quando anche alcuna cosa vi si dicesse con qualche libertà.

134. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo III. La Poesia Drammatica nel Secolo XV fa maggiori progressi in Italia. In Francia cominciano i Misteri. » pp. 194-209

Arse l’Italia d’un grand’incendio di guerra in diversi suoi paesi nel secolo XV, ma le contese de’ pisani co’ fiorentini, de’ veneziani co’ duchi di Milano, degli angioini cogli aragonesi, non impedirono l’alto favore, la generosa protezione, e la magnanima liberalità e munificenza de’ nostri principi, ministri, generali, e grandi verso le lettere, scienze ed arti tutte, e verso i coltivatori di esse133, non la fervida e quasi generale applicazione di ogni uomo di lettera ad apprender profondatamente le due più famose lingue de’ dotti, non l’universale entusiasmo di quanti a quel tempo eruditi viveano, di andare da per tutto, anche in lontane regioni ricercando e disotterrando i codici greci e latini134, non l’ardente premura di moltiplicarli colle copie, confrontarli, correggerli, interpretarli, tradurli, comentarli, non il raccorre da ogni banda diplomi, medaglie, cammei, iscrizioni, statue ed altri antichi monumenti, non lo stabilimento di varie accademie, non la fondazione dì altre università, non l’istituzione di nuove cattedre, non l’aprimento di pubbliche biblioteche e di teatri, non la rapida e maravigliosa moltiplicazione delle stamperie per le città e sin anco per le più ignote contrade d’Italia, non il promovimento dello studio della platonica filosofia per mezzo di Giorgio Gemisto Pletone, e singolarmente di Marsiglio Ficino e di Giovanni Pico della Mirandola in Firenze, e del cardinal Bessarione in Roma, non il risorgimento dell’epopea italiana e i progressi dell’arte drammatica, non il felice coltivamento dell’eloquenza e della poesia latina, e di ogni altro genere di erudizione, precipuamente per le cure, l’ingegno e ’l buon gusto del degretario e vonsigliere de’ nostri re aragonesi Giovanni Pontano135, e del precettore di Leone X Agnolo Poliziano, e del nostro Regnicolo Giulio Pomponio Leto, non impedirono in somma l’acquisto e ’l dilatamento delle piacevoli ed utili cognizioni letterarie e scientifiche, né l’attività e ’l progresso dello spirito umano136. […] Leon Battista Alberti, uno de’ più gran valentuomini de’ suoi tempi, nato secondo il Manni e ’l dottor Lami nel 1398, secondo il Bocchi nel 1400, e, secondo che con maggior probabilità congettura il Tiraboschi, nel 1444, scrisse anche in latino nell’età di 20 anni una comedia, intitolata Philodoxeos, che per due lustri fu creduta opera di antico scrittore «perché (al dir del prelodato Tiraboschi) comunque scritta in prosa, ha nondimeno alquanto dello stile de’ comici antichi, e pruova lo studio che l’Alberti avea fatto della lingua latina».

135. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

L’algebra dunque, la geometria, la nautica, l’idrostatica, l’astronomia, la medicina, la fìsica e le altre scienze consimili colà si veggono maggiormente avvanzare e fiorire dove lo studio è più universale, i tentativi più costanti e più frequenti, e la libertà nell’opinare è meno ristretta. […] Però mentre un uomo di mente assai limitata può colla fatica e lo studio aggiugner qualche particella di più alla massa generale del sapere nelle scienze naturali, e distinguersi per questo mezzo dagli altri, nessun ingegno di bassa lega per quanta cura ei ponga nell’esercitare le facoltà che riguardano il bello otterrà giammai i suffragi del pubblico, perché non sarà trovato capace di poterle promuovere una sola pedata. […] [6] Si è parlato a lungo nell’antecedente capitolo del dominio che s’usurparono sulla scena i cantori, si è mostrato per quai mezzi pervennero ad ottenerlo, e si è trovata la radice dell’abuso nel trascurar i recitativi, nel porre ogni loro studio nel canto delle arie, e pello sfoggiare su queste con mille artificiosi sminuzzamenti di voce. […] Di questa perché quanto più d’attenzione porgerà l’uditore allo sfoggio delle macchine e ai colpi di scena tanto meno gli resterà per la melodia, e perché non potendo gl’impressari, a motivo del gran dispendio delle comparse, dare ai musici le paghe considerabili che davano loro per lo passato, questi scoraggiti nell’arringo rallenteranno l’ardore per lo studio a misura che verrà meno la speranza del guadagno e degli applausi. […] Però non ostanti i suoi talenti poetici, nonostante la dovuta stima ch’esige il Signor de’ Calsabigi per lo studio posto nelle cose teatrali di cui ci porge egli eccellenti saggi non meno nella citata dissertazione che nella sua lettera al Conte Vittorio Alfieri; bisogna pur accordare esser egli uno de’ principali corruttori del moderno musicale teatro.

136. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Enrico Bevilacqua ha testè pubblicato un accuratissimo studio su Gio. […] « Egli — aggiunge il Bevilacqua in una nota al citato studio, pag. 88, 4 — pubblicò ancora Alcune Rime, fra quelle di diversi altri, In morte di Camilla Rocha Nobili, comica confidente, detta Lelia (Venezia, Ambrogio Dei, 1613) ; due Sonetti ed un Madrigale, premessi fra versi d’ altri autori, al Mincio ubbidiente di suo figlio G. […] A complemento dello studio sulla maschera del Capitano, V. anche Adolfo Bartoli (op. […] E perch’ io bramava di preservarmi, e di non dicadere da quel grido che acquistato m’avea in quei tempi famosi, mi diedi con molto studio allo studio della parte del sopranominato Capitano solo per renderla, più che per me si poteva, ricca e adorna.

137. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo I. Origine della poesia drammatica. » pp. 2-7

Dalla cura e dallo studio d’indagare, questa natural pendenza ed avidità di sapere chiamossi da’ latini, e poi da noi, curiosità, come quella che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guida all’attività laboriosa della scienza.

138. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO PRIMO. Origine della Poesia Drammatica. » pp. 2-11

Questa natural pendenza e viva brama di sapere, dalla cura e dallo studio d’indagare, chiamossi da’ Latini e poi da noi Curiosità, come quella che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guida al l’attività laboriosa della scienza.

139. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO PRIMO. Origine della Poesia Drammatica. » pp. 2-9

Questa natural pendenza ed avidità di sapere dalla cura e dallo studio d’indagare chiamossi da’ latini e poi da noi curiosità, come quella che dalla stupida inazione dell’ignoranza ci guida all’attività laboriosa della scienza.

140. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 869-873

E in codesta perfezione di esecuzione tutto ha che vedere fuor che lo studio macchinale : il Ferravilla anzi, sotto certi rispetti, ha punti di contatto coi grandi nostri della commedia dell’arte.

141. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 738-742

Egli diffatti aprì uno studio fotografico in Padova ; ma lo colpi una grave malattia d’occhi, e tutto andò per aria….

142. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della musica »

E pare oggimai che i nostri compositori sieno venuti in parere che i recitativi non meritino il pregio che vi si ponga grande studio, non potendosi aspettare ch’e’ siano altrui di molto diletto cagione. […] Datosi a cercare l’imitazion musicale che conviene ai poemi drammatici, volse l’ingegno e lo studio a trovar quella che in somiglianti soggetti usavano gli antichi Greci.

143. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO IV. Opera Musicale. » pp. 314-344

Che se tanto può attendersi dallo studio delle donne, quali vantaggi maggiori ne presentano le voci de’ castrati, perchè non abbiano a sbandirsi dalle scene italiche? […] Giacinto Andrea Ciccognini fiorentino mostrò tanta inclinazione alle cose teatrali, che, oltre allo studio che pose in inventare o tradurre varii drammi, non eravi compagnia comica ch’egli non conoscesse, nè attore abile di cui non cercasse l’amicizia.

144. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Ferrara, li 4 marzo 1618.Ferrara, li 3 marzo 1618. » pp. 170-184

Poche parole ci ha lasciate nelle sue notizie Francesco Bartoli di questa comica ; ma di essa abbiamo un largo studio in due articoli di Achille Neri (Gazzetta letteraria dell’ 11 e 18 maggio 1889) dei quali ci varremo non solo restringendo, ma qua e là trascrivendo. […] Lo Stoppato nella sua Commedia popolare italiana propende a credere si trattasse nella recitazione di quei comici, di accenti e gesti di convenzione ; e questa opinione seguì il Bevilacqua nel suo elaborato studio su G.

145. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO III. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 125-139

Ma dobbiamo al prelodato Mussato, promotore dell’erudizione e dello studio della lingua latina, l’aver richiamata in Europa la drammatica giusta la forma degli antichi.

146. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO III. Teatro Inglese. » pp. 143-156

Il genio che l’inclinava allo studio ed alla poesia, gli tolse di mano la cazzuola, e lo trasportò al teatro colla protezione di Shakespear.

147. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO II. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 32-40

Ma dobbiamo al prelodato Mussato, promotore dell’erudizione e dello studio della lingua latina, l’aver richiamata in Europa la drammatica giusta la forma degli antichi.

148. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO VI. Teatro Inglese. » pp. 291-300

Il genio che l’inclinava allo studio ed alla poesia, gli tolse di mano la cazzuola, e lo trasportò al teatro colla protezione del Shakespear.

149. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VI. Tragedia Cittadina e Commedia Lagrimante. » pp. 134-143

Ma una ipotesi troppo rara discopre lo studio dell’ autore di mettere in tali circostanze un uomo virtuoso, che a stento si rinvengono ne’ processi criminali più famosi.

150. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Pisa, li 13 agosto 1745. » pp. 192-197

Entra nel mio studio a passi contati, ed io mi alzo : costui fa un gesto propriamente pittoresco per dirmi che non m’incomodassi ; s’avanza, e lo fo sedere : ecco il nostro colloquio.

151. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 543-547

 » Dell’andata a Monaco del Calderoni abbiam qualche notizia nel bellissimo studio del Trautmann.

152. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 915-921

Il Mazzoni li ha illustrati con un elaborato studio, edito il 1891 dal Randi di Padova, col titolo : Appunti per la Storia de’ teatri padovani nella seconda metà del secolo XVIII.

153. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

Nel secolo passato il canto delle arie oltrepassava di poco nell’artifizio quello dei recitativi, i quali costituivano principalmente l’essenza dell’opera, e perciò ne’ recitativi ponevano ogni loro studio i compositori; sebbene il cattivo gusto allor dominante faceva che vi s’introducessero non poche putidezze di contrappunto lontane dalla semplicità e dalla bella natura. […] Ma di siffatto studio e cognizione, onde tanti vantaggi ne riporterebbe l’arte drammatica, niun pensiero si prendono i moderni Arioni. […] [49] Ma l’imitazion che risulta dalla somiglianza del canto colla situazione del personaggio suppone forse troppo di studio e di gusto perché deva sperarsi dagli automati canori che si chiamano virtuosi di musica. […] Volgo è la massima parte delle persone civili che frequentano il teatro o per le stesse cagioni che i precedenti, o perché gli affari urbani o domestici, o lo studio ad altre cose rivolto non concedono loro l’agio d’attendere a così delizioso pascolo della sensibilità. […] Ed ecco un motivo di più della diversità delle opinioni in questo genere, il non rimanere cioè alla posterità un classico esemplare, che fìssi immobilmente lo studio dei giovani, perché dipendendo in massima parte la bellezza del canto dalla maniera di eseguirlo, questa non può conoscersi fuorché nella viva voce del cantore, morto ch’ei sia, il voler giudicare del suo merito dagli scritti che restano è lo stesso che giudicare delle bellezze di Elena sul suo cadavero.

154. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Tè questo pennello, La genitrice ritrarrai con essoa Che tragico incomparabile non diverrebbe chi sapesse bene accoppiare l’uno e l’altro studio! […] Si faccia parimente grazia a codesto preteso matematico del non aver conosc iuta la storia letteraria Italiana, com’è dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia lo studio de’ Greci: a quell’Italia, dove anche nella tenebrosa barbarie de’ tempi bassi fiorirono intere provincie, come la Magna Grecia, la Japigia e parte della Sicilia, le quali altro linguaggio non avevano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa del loro sapere a Costantinopoli i Metodii, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione del Greco Impero tutta si diede alle greche lettere, e fu la prima a communicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo del Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio di Nebrixa, ed all’Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e del Guarini, maestri de’ due Cuglielmi Lilio e Gray: a quell’Italia, dove, per valermi delle parole di un elegante Spagnuolo) la lingua greca diventò sì comune dopo la presa di Constantinopoli, che, come dice Costantino Lascari nel proemio ad una sua gramatica, l’ignorare le cose greche recava vergogna agl’Italiani, e la lingua greca più fioriva nell’Italia che nella stessa Grecia a: a quella Italia in fine che oggi ancor vanta così gran copia di opere, nelle quali ad evidenza si manifesta quanto si coltivi il greco idioma in Roma, in Napoli, in Firenze, in Parma, in Pisa, in Padova, in Verona, in Venezia, in Mantova, in Modena, in Bologna, in Milano, che vince di gran lunga l’istesso gregge numeroso de’ viaggiatori transalpini stravolti, leggeri, vani, imperiti e maligni, tuttocchè tanti sieno i Sherlock e gli Archenheltz b. […] I critici (dice Johnson) hanno rimproverato a Shakespear il troppo studio d’imitar la natura universale.

155. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XV. ed ultimo. Conchiusione con pochi Avvisi amorevoli agli Apologisti. » pp. 214-236

Palliare le di lei necessità letterarie, economiche, politiche, militari, alimentarne i volgari pregiudizj, perpetuarne il letargo, è lo stesso che volerne essere a bello studio piaggiatore, cioè nemico tanto più pernicioso, quanto più occulto. […] Questo è lo studio del Segretario dell’Accademia di San Fernando.

156. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO V. La Drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 148-185

Si promosse lo studio della filosofia di Platone. […] Leon Batista Alberti nato, secondo il Manni e il Lami nel 1398, e secondo il Bocchi nel 1400, e secondo che con maggior probabilità congettura il Tiraboschi nel 1414, scrisse in prosa latina nell’età di venti anni una commedia intitolata Philodoxeos, creduta per due lustri opera di un antico scrittore, perchè ha non poco dello stile degli antichi comici, e mostra lo studio fatto dall’Alberti della latina favella.

157. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO IV. La drammatica nel secolo XV fa ulteriori progressi in Italia. » pp. 47-73

Si promosse lo studio della filosofia di Platone. […] Leon Batista Alberti nato secondo il Manni e il Lami nel 1398, e secondo il Bocchi nel 1400, e secondo che con maggior probabilità congettura il Tiraboschi, nel 1414, scrisse in prosa latina nell’età di venti anni una commedia intitolata Philodoxeos, creduta per due lustri opera di un antico scrittore, perchè ha non poco dello stile degli antichi comici, e mostra lo studio fatto dall’Alberti della latina favella.

158. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO II. Pastorali Italiane del XVII secolo. » pp. 274-291

I parenti non del tutto sforniti di comodi l’aveano inviato a scuola; ma egli spaventato dalla villana sevizia del suo pedagogo lasciò la casa paterna, e si fuggì nelle selve a menar vita campestre, ed in esse senza studio pervenne a poetare ed improvvisare ancora.

159. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO II. Tragedia Cittadina, e Commedia Lagrimante. » pp. 112-127

Ma una ipotesi troppo rara scopre lo studio dell’autore di mettere in tali circostanze un uomo virtuoso che a stento si rinvengono ne’ processi criminali più famosi.

160. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO II. Pastorali Italiane. » pp. 131-143

I parenti non del tutto sforniti di comodi l’aveano mandato a scuola; ma egli spaventato dalla villana sevizia del suo pedagogo lasciò la casa paterna, e si fuggì nelle selve a menar vita campestre, ed in esse senza studio pervenne ad essere poeta ed improvvisatore.

161. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimoterzo »

Nasce questo vizio dal non volersi applicare i maestri al necessarissimo studio della declamazion teatrale, o, per dir meglio, nasce dal mancare in Italia quest’arte della declamazione, che non può germogliar né fiorire dove manca un teatro tragico ed un comico che valgano la pena d’essere frequentati. […] Pensieri rancidi e vieti che si replicano mille volte e mille volte si sentono con fastidio delle orecchie, e con iscapito dell’interesse; motivi, a così dire, abbozzati senza finitura e senza carattere; idee buttate all’improvviso come vengono giù dalla penna, senza la lima che vien dallo studio, e senza la sensatezza che acquistano dalla riflessione; tratti raccolti qua e là nelle carte de’ viventi o de’ trapassati maestri combinati poi bizzarramente, onde ne risulta un ritratto che non ha fisonomia determinata; mosaici composti d’altrettante pietre di vario colore quanti sono i diversi stili, che sovente concorrono alla composizione dell’aria stessa; periodi musicali raccozzati insieme senza disegno a formar un soggetto che per lo più è in contraddizione con se medesimo e col tutto insieme del dramma; una fluidità insignificante di melodia che s’oppone alla robustezza e maestà dello stile, che restringe la musica a non trattare fuorché i rondò e le barcaruole, e che esprime la nobile tristezza d’Ezio o d’Achille col tuono proprio delle canzonette per ballo; i vezzi e le frascherie sostituite all’antica, e non mai pregiata abbastanza simplicità; il desiderio di grattar l’orecchio o di sorprender la fantasia con passaggi capricciosi, con arpeggi fuori di luogo, e con ambiziosi ornamenti; per dir tutto in poche parole il secolo del Marini e del Preti, che va succedendo nella musica dietro a quello dell’Ariosto e del Bembo, ecco il vero, il genuino, il per niun verso alterato quadro della presente musica teatrale in Italia. […] Per mancanza di studio e di riflessione, per mantenere i pregiudizi che hanno ormai acquistato forza di legge, perché vogliono ridurre a due o tre dozzine di esempi tutte l’arie d’indole e di carattere affatto diverso, facendo come il celebre frate Gerundio 138,‌ il quale trovava nella storia di Taltoc, idolo ridicolo degli antichi Messicani, tutta l’applicazione per la predica dei Corpus Domini, pe’ i suoi parenti ed amici, e per la processione de’ flagellanti che si faceva in Campazas, sua patria. […] Non s’insegna loro la fisica propria del mestiere che consisterebbe nello studio dell’acustica, ossia nello esame di quei rapporti che la risonanza dei corpi sonori ha colla macchina umana, e in particolare col nostro orecchio, quantunque sia fuor d’ogni dubbio che tali notizie gioverebber moltissimo alla perfezione e maggior finezza dell’arte. […] [47] Ora se non si può far dei progressi nelle scienze e nelle arti senza la speditezza dei metodi, i quali per la maggior parte degli uomini sono ciò ch’è la bussola per le caravane che traversano i deserti immensi di Saara e di Biledulgerid; se quelli che s’adoperano comunemente nelle scuole di musica non meno che nelle altre scuole che formano la nostra educazion letteraria, servono tanto a sviluppar il genio musicale quanto lo studio delle Pandette gioverebbe a crear in una nazione dei legislatori simili a Minosse, a Confuzio, a Pen, o a Licurgo; se tutte le idee o modificazioni intellettuali dell’umano spirito hanno così stretta relazione fra loro che non può farsi gran via in una scienza o facoltà senz’essere più che mediocremente versato nella cognizione delle altre facoltà o scienze che le tengono mano; se il talento s’avvilisce qualora divien mercenario, e se le arti liberali somiglianti a quelle piante generose che marciscono ne’ luoghi paludosi o ristretti, né s’avverdiscono o frondeggiano fuorchè all’aria aperta e sotto libero cielo, non ponno fiorire colà dove i coltivatori loro le prendono per un mestiero che debbe unicamente servire di stromento al loro guadagno; egli fa d’uopo confessare, che la musica soggetta a tutti gli accennati inconvenienti non può, e non ha potuto conservar lungo tempo la sua perfezione in Italia.

162. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241

Fremano pure a loro posta pieni di se stessi e di matto orgoglio i dispregiatori dell’antichità mai da loro non conosciuta che noi francamente affermeremo, che se una nazione deride come pedantesco lo studio greco, se mette in ridicolo e corregge Omero, battasi quanto si voglia i fianchi per prender il volo, non farà che radere il suolo e imprimer orme incerte e poco più che fanciullesche nel sentiero delle lettere. […] Costui prima del 1735 non conobbe cosa veruna del teatro italiano, e ne avrebbe ignorato per sempre ancora quelle scarse mal digerite notizie che ne reca, se non si fosse immerso nel laborioso studio del Mercurio di Francia; e pur volle affibbiarsi, come dicesi, la giornea, e giudicare e condannare il Torrismondo. […] Pasquale de’ romani, le Pasquelle de’ fiorentini, i Travaglini de’ siciliani, i Giovannelli de messinesi, il Giangurgolo de’ calabresi, il Pulcinella, il Coviello, e ’l Pasquariello, tutti tre napoletani… Silvio Fiorillo commediante, che appellar si facea il Capitano Mattamoros, inventò il Pulcinella napoletano; e collo studio, e grazia molto aggiunse Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, il quale fu sartore, e morì nella peste dell’anno 1656, imitando i villani dell’Acerra, città antichissima di terra di lavoro poco distante da Napoli» e vicina per poche miglia a quell’antica Atella, che sumministrò a i gravi romani una nuova spezie di commedia bassa sì, e sparsa di oscenità, secondo il Poliziano in Pers.

163. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo V. Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII. » pp. 355-388

I caratteri di Catilina, Cesare, e Cicerone son bene espressi in Roma Salvata; ma una finzione ad ogni passo smentita dalla storia certa e conosciuta, non fa nascere l’illusione cercata con tanto studio. […] Ma ne’ componimenti di quest’autore vedesi uno studio assettato (ch’é pur generale in Francia) di mostrarsi spiritoso, che fa sovvenire spesso del poeta, e perder di vista i personaggi236. […] Il piano é disegnato con pratica e accorgimento: l’azione semplice interessa divertisce: i caratteri vi son dipinti con colori vivacissimi: i sali sono tutti urbani e piacevoli: lo stile elegante, e spiritoso, ma senza che ne apparisca lo studio, e senza che si tradisca la natura: é finalmente la versificazione armoniosa e dilettevole per quanto comporta la monotonia del verso alessandrino.

164. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157

. ; poesie tutte che furon pubblicate in appendice dello studio, più volte citato, di Enrico Bevilacqua su Giovanni Battista Andreini. […] Il nuovo matrimonio e le domestiche brighe della famiglia distolsero per alcuni anni l’Andreini dallo studio. » Di Lidia abbiamo la seguente lettera alla duchessa di Mantova, colla data di Vienna 16 novembre 1628, già pubblicata in parte dal Bevilacqua : Ser.

165. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « [Dedica] » pp. -

Un’opera così ripiena, e di disegno sì grande, suppone senza fallo un uomo di spirito, di studio, e di genio proprio a tal mestiere; e l’autore fin dalle prime pagine di quest’eccellenti qualità dubitar non ci lascia.

166. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 316-325

Quindi avvenne, che que’ due gran luminari della Greca e Latina eloquenza Demostene e Cicerone, col molto esercitarsi nello studio delle tragedie di Euripide, mirabili progressi fecero nell’arte loro.

167. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 281-290

Orazio, giudiciosissimo poeta e precettore (scrive Anton Maria Salvini) rende ragione, perchè i Comici Latini non abbiano aggiunto all’ eccellenza de’ Greci, zoppicando in questa parte la commedia Latina, per usare in questo proposito la frase di Quintiliano, uomo di squisito giudicio, seguito in ciò dal Poliziano nell’erudita Selva de’ poeti, dice, che di questa infericrità n’è cagione, che i Latini non hanno amata la fatica della lima, e stati sono impazienti d’indugio, mandando fuori troppo frettolosamente i lor parti, ne’ quali più ingegno che studio si scorge.

168. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 266-272

L’Innamorato, per esempio, pare non avesse che uno studio : quello di recar sulla scena tutto un repertorio di immagini achillinesche, di cui abbiamo avuto un largo esempio nell’orazione funebre di Adriano Valermi per la Vincenza Armani ; mostrando così, come la fama di un attore serio, e sopratutto amoroso, avesse una solida base nella strampalata ampollosità del fraseggiare.

169. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO III. Della vera Commedia Francese e della Italiana in Francia. » pp. 128-191

Io noto nelle sue espressioni certo studio non molto occulto di mostrarsi spiritoso.» […] Abbonda solo Di giolivi pedanti ogni adunanza: Sulle orme lor nelle festive cene Ragionar sanno ancor gli appaltatori: Son di decenza esempio i nostri abbati: Di studio e di saviezza i curiali. […] Il sublime non richiede veruna esagerazione della natura, e la passione perde l’effetto nell’azione caricata, e la tenerezza (ciò che in Francia si chiama sentiment) meglio si manifesta con un colorito vivace senza studio soverchio.

170. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO I. Teatro tragico Italiano. » pp. 98-130

Benchè in esse lo stile alcuna volta appalesi qualche studio soverchio, pur vi si notano molti pregi tragici, oltre alla costante regolarità de’ drammi Italiani. […] Non ha coro di veruna sorte, ed è notabile per certo portamento moderno e una grandiosità che invita a leggere, ed occulta ogni studio di seguir gli antichi.

171. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Delle scene »

Né altrimenti esser poteva; perché essendo sì innalzati in quella medesima età per dare ricetto all’opera tanti nuovi teatri, è necessariamente avvenuto che abbia posto lo studio nel dipinger le scene un assai maggior numero d’ingegni che fatto non avea per lo addietro.

172. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO I. Drammi Latini del XVI secolo. » pp. 7-27

Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca del regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio che ebbe di recare egli solo nella latina favella molte delle più pregevoli favole greche.

173. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 227-235

Ora vediam di tracciar qui cronologicamente l’itinerario dei Gelosi (coi quali però non si può affermare se fosse sempre il Pasquati, mutando egli, come tutte le celebrità, di compagnia anche per una sola stagione), riassunto sui varj studj apparsi in giornali e riviste e volumi dal D'Ancona, e arricchito poi di aggiunte dal Solerti nel suo studio in collaborazione col Lanza sul Teatro ferrarese nella seconda metà del secoloxvi.

174. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo duodecimo »

Avrebbe veduto che la musica più bella che si canti nelle lingue viventi, né il più bravo poeta dramatico-lirico della Europa, né l’ampiezza e magnificenza de’ teatri, né lo studio perfezionato della prospettiva bastano nel paese delle belle arti a destare in un popolo che cerca solo il piacer passaggiero di poche ore quelle commozioni vive e profonde, quel pathos che pur dovrebbe essere il gran fine di tutte le arti rappresentative. […] [21] Dal particolare studio posto da loro nella formazion della poesia e del metro non meno che nella scelta e nel maneggio del ritmo s’arguisce con evidenza la cura con cui trattarono tutto ciò che concerne la musica propriamente detta. […] In conseguenza gli autori o inventori delle note musicali contenti d’agevolare lo studio al solo fine che richiedevano le circostanze loro, non sospettaron neppure i cangiamenti che doveano col tempo sopraggiungere alla musica, e le novelle vie che aprir poteva in quest’arte lo sviluppo successivo del genio. […] Imperocché dicendosi che le loro corde medie si distinguevano per intervalli di quarti di voce, ossia di quarte parti d’un tuono (con una frapposta mescolanza di due tuoni intieri) si vede che siffatta divisione oltracciò doveva riuscir sommamente sgradevole all’orecchio, è cotanto difficile a praticarsi che appena la voce snodatissima e leggerissima di un eunuco potrebbe dopo lungo studio coglier per accidente nel segno una qualche volta.

175. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Altro non aggiungeremo intorno alle commedie dell’Ariosto, se non che egli è sì ingegnosamente regolare e semplice nell’economia delle favole, sì vivace grazioso e piacevole, sì alle occorrenze patetico e delicato ne’ caratteri e negli affetti, sì elegante e naturale nello stile, e con tanta aggiustatezza e verità dialogizza senza aggiungnere una parola che non venga al proposito; che stimo che mai non termineranno con lode la comica carriera que’ giovani che allo studio dell’uomo e della società, per la quale vogliono dipingere, e alla ragionata lettura de’ frammenti di Menandro e delle favole di Terenzio e di Plauto, non accoppino principalmente quella dell’Ariosto. […] Vedesi forse in essa sì grande studio di rendere italiane le maniere latine? […] Pure se ciò fosse, di grazia potrebbe tale studio essere necessaria e vicina cagione di languidezza? […] Queste commedie non possono notarsi di veruna superstiziosa cura di rendere italiane le maniere latine, e non per tanto mancano di ogni vivacità; la qual cosa pruova (contro l’asserzione dell’Andres) che la lentezza ed il languore provengono da tutt’altra sorgente, che dallo studio di adattare le antiche frasi alle moderne lingue a. […] Tuttavolta (sebbene non vi si vegga punto uno studio affettato di trasportare in essa l’espressioni latine, sorgente all’avviso di taluno di lentezza nelle commedie italiane) sembraci ben lenta e languida nell’avvilupparsi e nello sciogliersi, e da non soffrire, per vivacità e sceneggiatura ed economia, il paragone di quelle dell’Ariosto, del Machiavelli e del Bentivoglio.

176. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo ottavo »

L’armonia era ben concertata, e spiccava la pienezza degli accordi, ma niuno, o pochissimo studio si metteva nell’osservar la relazione tra la parola e il canto, e nel perfezionare la melodia. […] Che se in questa guisa s’anderà avanti nello studio delle lettere e dell’antichità, ben tosto, cangiato l’ordine delle cose, vedrem la barbarie sortita dalla coltissima regione d’Italia diffondersi per tutta l’Europa» 80.

177. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO X. » pp. 112-139

Torno a ripetervelo, caro Signor Abate, voi avete bisogno di fare migliore studio delle cose letterarie Italiche, se volete combatterle, e non fidarvi delle altrui capricciose asserzioni. […] Egli dunque prese a studiare, non già il gusto del volgo, come fece Lope, ma il Mondo, cioè i costumi, i caratteri, e le passioni degli uomini (che questo vuol dir Mondo, Signor Lampillas, e non già, come voi credeste, il gusto volgare); ed anche il Teatro, cioè la pratica osservazione degli artificj comici che più sogliono risvegliare gli Spettatori (che questo vuol dir Teatro); ed a questi due Libri Mondo e Teatro, due cose distantissime dallo studio di Lope, accompagnò il Goldoni gl’insegnamenti d’Aristotile e di Orazio, ch’egli trasse dalle Riflessioni di Rapin da lui citate, e soprattutto la lettura di Moliere.

178. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO VI. Storia drammatica del secolo XVII. — CAPO I. Teatro Tragico Italiano. » pp. 228-273

Benchè in esse lo stile alcuna volta appalesi troppo studio, pur vi si osservano molti pregi tragici, oltre alla costante regolarità serbata ne’ drammi tutti prodotti dentro il recinto delle Alpi. […] Non ha coro di veruna sorte, ed è notabile per certo portamento moderno, per una grandiosità che invita a leggere, e per un lodevole artificio di occultar ogni studio di seguir gli antichi.

179. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176

Io veggo nelle sue espressioni certo studio non molto occulto di mostrarsi spiritoso, (Nota VII) ond’è che la sua maniera degenera alcuna volta in affettazione, e fa perdere di vista i personaggi palesando il poeta. […] Abbonda solo Di giolivi pedanti ogni adunanza: Sulle orme lor nelle festive cene Ragionar sanno ancor gli appaltatori: Son di decenza esempio i nostri abati: Di studio e di saviezza i curiali.

180. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Ferrara il dì 27 febraro 1618. » pp. 519-525

Lo studio è necessario per sapere occorrendo trattare di tutte le materie non solo in Commedia, ma nelle Accademie, poichè pure vi sono Accademie illustrissime che per testimonio che i comedianti, che fanno l’arte loro come si conviene, non sono indegni d’essere ammessi nelle loro adunanze ; hanno accresciuto il numero degli accademici accettando e uomini e donne, che ordinariamente comparivano in iscena…. ecc. ecc.

181. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 646-656

Nel pronunziar delle sue parole udivi tutta la gentilezza del favellare toscano, ma vi trovavi, dallo studio e dal continuo correre per l’Italia, rimosso ogni senso di aspirazione.

182. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo secondo »

Ma dico bensì che la lingua che avrà il vantaggio della trasposizione farà in uguali circostanze progressi più sensibili nelle belle arti ora per la facilità maggiore d’accomodar le parole al sentimento, onde nasce l’evidenza dello stile: ora per la maggior attitudine a dipignere cagionata dal diverso giro, che può darsi alla frase, e dalla varietà, che da esso ne risulta, onde si sfugge la monotonia, e il troppo regolare andamento; ora schivando la cacofonia nel rincontro sgradevole delle vocali, o l’asprezza in quello delle consonanti inevitabili spesse fiate nelle lingue, che hanno sintassi sempre uniforme: ora questo medesimo accozzamento a bello studio cercando, come lo richiede la sostenutezza e gravità dell’oggetto: ora facendo opportuna scelta di quei suoni, che più alla mimetica armonia convengono: ora per la sospensione, che fa nascer nello spirito lo sviluppo successivo d’un pensiero, di cui non si sa il risultato sino alla fine del periodo. […] Le donne inoltre, dalle quali ogni civile socievolezza dipende, avendo per cagioni che non sono di questo luogo acquistata una influenza su i moderni costumi che mai non ebbero appresso gli antichi, giovarono al medesimo fine eziandio ora per l’agio, e morbidezza di vivere, che ispira il loro commercio, onde s’addolcì la guerresca ferocia di que’ secoli barbari: ora per l’innato piacere che le trasporta verso gli oggetti che parlano alla immaginazione ed al cuore: ora per lo studio di molte posto nelle belle lettere, e nelle arti più gentili, dal che nacque il desiderio d’imitarle ne’ letterati avidi di procacciarsi con questo mezzo la loro grazia, o la loro protezione, massimamente nel Cinquecento, secolo illustre quanto fosse altro mai per le donne italiane: ora per le fiamme che svegliano esse nei petti degli uomini, onde questi rivolgonsi poi a cantare la bellezza, e gli amori, piegando alla soavità lo stile, e la poesia.

183. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « A CHI AMA la poesia rappresentativa » pp. -

Non iscorgete voi (egli disse) ch’egli scrive alla distesa con certo gergone apparato nelle vie, nelle botteghe e per le magioni da’ perlari ds’ popoli senza alcun studio ne’ libri?

184. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 478-485

Il libretto sul Modena è un aureo studio sull’arte del grande attore.

185. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « A CHI AMA LA POESIA RAPPRESENTATIVA. » pp. -

Non iscorgete voi (disse) ch’egli scrive alla distesa con certo gergone apparato nelle vie, nelle botteghe e per le magioni da’ parlari de’ popoli senza alcun studio ne’ libri?

186. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 130-141

Una lettera al celebre attor dialettale Giuseppe Moncalvo, meneghino, nella quale sono espressi i suoi intendimenti d’arte, e le vie da seguirsi ad arrestarne il precipitoso decadimento, riprodotta poi dal Bertolotti nel suo studio sul Moncalvo.

187. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »

[2] Roma, che in ogni tempo si dichiarò protettrice delle arti e delle lettere, sì perché le une e le altre servono ad abbellire il maestoso edifizio della religione, come perché questa nuova maniera di signoreggiare negli animi si confà molto alle mire di quella Capitale del mondo cristiano, e perché gli avanzi non anco spenti della sua grandezza la richiamano ogni giorno allo studio dell’antichità il quale tosto o tardi conduce al buon gusto, doveva parimenti promuovere la musica e la poesia.

188. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo VI. Spettacoli Scenici Spagnuoli nel medesimo Secolo XVI. » pp. 252-267

Di più annunziò egli nel suo prologo, come scritte con arte, le otto ultime sue commedie pubblicate un anno prima di morire; e pur sono talmente cattive e spropositate, che nel 1749, per procurar lo spaccio degli esemplari di esse mai più non venduti, il bibliotecario Nasarre prese il partito d’appiccarvi una lunga prefazione, nella quale si ammazzò per dimostrar che Cervantes le scrisse a bello studio così sciocche per mettere in ridicolo quelle di Lope di Vega.

189. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca del regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio che ebbe di recare egli solo nella latina favella molte delle più pregevoli favole greche. […] La narrazione di Sofonisba ed Erminia incominciata dalla remota fondazione di Cartagine, lo studio di calcare con soverchia superstizione le vestigia de’ Greci, alcune ciarle, certe comparazioni liriche, lo stile non portato a quel punto di sublime richiesto nella tragedia, sono difetti con abbondante usura compensati dalla novità dell’argomento che l’autore non dovè nè alla Grecia nè al Lazio84, dalla regolarità ed economia dell’azione, dal carattere bellissimo di Sofonisba che interessa in ogni parte dell’azione (in ciò superiore di gran lunga a quella di Pietro Cornelio) e da un patetico animato da’ bei colori della natura che sempre trionfa nella vivace semplicità; quella semplicità che attinse il Trissino ne’ greci fonti. […] Vi si vede talvolta troppo studio della semplicità greca, talvolta un’ imitazione delle sentenze di Seneca poste come aforismi, e sovente degli ornamenti più proprii dell’epica e della lirica poesia. […] E chi si perderebbe a confutare un superficiale scarabocchiatore di carta che parla de’ Greci e de’ Latini come un assonnato, e che del teatro Italiano altre notizie confessò di non avere, se non quelle mal digerite acquistate col grande studio del Mercurio di Francia in cui s’immerse verso il 1735?

190. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

Altro non aggiugneremo intorno alle commedie dell’Ariosto, se non che egli è sì in gegnosamente regolare e semplice nell’economia delle favole, sì vivace, grazioso e piacevole, sì alle occorrenze patetico e delicato ne’ caratteri e negli affetti, sì elegante e naturale nello stile, e con tanta aggiustatezza e verità dialogizza senza aggiugnere una parola che non venga al proposito, che stimo, che mai non termineranno con lode la comica carriera que’ giovani, che allo studio dell’uomo e della società, per la quale vogliono dipingere, e alla ragionata lettura de’ frammenti di Menandro, e delle favole di Terenzio e di Plauto, non accoppino principalmente quella dell’Ariosto114. […] Andres, che la lentezza ed il languore provengono da tutt’altra fonte che dallo studio di adattare le antiche frasi alle moderne lingue. […] Tuttavolta (sebbene non vi si vegga punto uno studio affettato di trasportare in essa l’espressioni latine, che altri ha creduto che nelle commedie Italiane sia sorgente di lentezza) sembraci ben lenta e languida nell’avvilupparsi e nello sciogliersi, e da non soffrire, per vivacità e sceneggiatura ed economia, il paragone di quelle dell’Ariosto, del Machiavelli e del Bentivoglio. […] Lampillas come pernicioso lo studio delle commedie dell’ Ariosto.

191. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

lascia i libri, rinunzia alla filosofia, studia gli uomini; questo solo studio ti basterà. […] Sempre diremo che simili atrocità scelte a bello studio da’ processi criminali più rari o inventati da chi ignora il segreto di commuovere e di chiamar le lagrime sugli occhi con minor quantità di colori oscuri, potrà soltanto piacere in teatro al popolaccio che per aver la fibbra men delicata si diletta dello spettacolo de’ rei che vanno al patibolo.

192. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Discorso preliminare premesso alla prima edizione »

Il loro studio consiste nel verificar appuntino le date, nel sapere il numero e i titoli delle produzioni d’un autore, per quanti mesi ei le ritenne chiuse nello scrigno, quanti manoscritti se ne facessero, in qual anno e da quale stampatore vedessero la pubblica luce, quante edizioni siano state fatte finora.

193. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO III. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 36-58

Allo studio dell’uomo e della propria nazione Moliere accoppiò quello degli scrittori teatrali, e seppe approfittarsi delle loro invenzioni, non da plagiario meschino, ma da artefice sagace che abbellisce imitando.

194. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

Perde l’orgoglio la pedanteria studiando nell’Heautontimorumenos, o sia nel Tormentator di se stesso, con quanto giudizio questo schiavo cartaginese inseguì l’arte di conoscere i caratteri, e con quanta vaghezza di colorito dipinga una giovanetta che d’altro non é sollecita che del suo lavoro: Hic sciri potuit, aut nusquam alibi, Clinio, Quo studio vitam suam, te absente, exegerit, Ubi de improviso est interventum, mulieri. […] Orazio ne dice, che Afranio veniva considerato come il comico che più si avvicinava a Menandro: Dicitur Afrani toga convenisse Menandro, Senza dubbio lo studio, che posero tali scrittori in imitare i greci, portò in Roma l’arte drammatica a un lustro notabile. […] Uno studio continuato di mostrar ingegno ad ogni parola, fa che l’autore si affanni per fuggir l’espressioni vere e naturali e per correr dietro a un sublime talvolta falso, spesso assettato, e sempre noioso per chi si avvede della fatica durata dall’autore a portar la testa alta e sostenersi sulle punte de’ piedi.

195. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

Nel medesimo tempo che Martelli, emulando i Francesi, riusciva più secondo il gusto moderno, e arricchiva le nostre scene, il dotto GianVincenzo Gravina calabrese, uno de’ gran promotori del buon gusto e dell’erudizione, pose tutto il suo studio a contraffare i greci e scrisse in tre mesi cinque tragedie, il Palamede, l’Andromeda, il Servio Tullio, l’Appio Claudio, e ’l Papiniano. […] Apparisce il di lui studio sui greci: ha egli parecchie scene eccellenti; e buono n’é ordinariamente lo stile.

196. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « LIBRO VIII. Teatri settentrionali del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 232-294

Lascia i libri, rinunzia alla filosofia, studia gli uomini; questo solo studio ti basterà. […] Sempre diremo che simili atrocità scelte a bello studio da’ processi criminali più rari o inventati da chi ignora il segreto di commuovere e di chiamar le lagrime su gli occhi con minor quantità di colori oscuri, potrà soltanto piacere in teatro al popolaccio che per aver la fibbra men dilicata si diletta dello spettacolo de’ rei che vanno al patibolo.

197. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO VI. Stato della Commedia Francese prima e dopo di Moliere. » pp. 212-244

Allo studio dell’uomo e della propria nazione Moliere accoppiò quello degli scrittori teatrali, e seppe approfittarsi delle loro invenzioni, non da plagiario meschino, ma da artefice sagace che abbellisce imitando.

198. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 454-467

E credo per lo studio della scena di prosa, non sia privo d’interesse il dialogo in furbesco di Zan Muzzina tra Scatarello e Campagnolo, che è nella seconda parte della Corona maccheronica, e di cui ecco le prime due stanze : Scatarello Alluma un po’ Calcagno, se ’l gonzo da per ell’ vien al cogoll’.

199. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO VI. Storia drammatica del XVII secolo. — CAPO III. Continuazione del teatro Italiano. Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. » pp. 144-195

Che se tanto può attendersi dallo studio delle donne, quali vantaggi maggiori ne presentano le voci de’ castrati perchè non abbiano a sbandirsi dalle scene italiche? […] Giacinto Andrea Ciccognini Fiorentino mostrò tanta inclinazione alle cose teatrali, che, oltre allo studio che pose in inventare o tradurre più drammi, non eravi compagnia comica ch’egli non conoscesse, nè attore abile di cui non cercasse l’amicizia.

200. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo sesto »

E siccome trascuravasi allora lo studio pratico della natura, senza cui vana e inutil cosa fu sempre ogni filosofica speculazione, così altro non era che un ammasso di bizzarre cavillazioni e di fantasìe.

201. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO IV. LIBRO V » pp. 67-93

Che tragico incomparabile non diverrebbe chi sapesse ben congiungere l’uno e l’altro studio!

202. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402

Nello studio su di Amalia Bettini di Giuseppe Costetti (I dimenticati vivi della Scena italiana.

203. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « Indice delle opere e degli autori citati » pp. -786

 — Indice universale della Libraria o studio del celebratiss.

204. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO IX. Teatro di Euripide. » pp. 134-207

Pure quali ostacoli non vince l’attività, l’ingegno e lo studio? […] É perciò che non meno Demostene che Cicerone, grandissimi oratori del l’antichità, col l’esercitarsi nello studio delle tragedie di Euripide, pervennero al colmo nel l’arte loro; per la qual cosa Gian Vincenzo Gravina nella Ragion Poetica chiama le tragedie di Euripide vera scuola di eloquenza .

205. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO V. Tragedia Francese nel secolo XVIII. » pp. 75-133

Colardeau morto da non molti anni, il quale a qualche dono naturale non accoppiò nè studio nè travaglio, scrisse due tragedie Astarbé e Calisto, delle quali durano ancora i nomi. […] Palissot ne commenda lo studio d’imitare la nobile semplicità del Racine.

206. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Certo è però che specialmente nell’Alessandro e ne’ Fratelli nemici, si osservano molti concetti ricercati, il dolore espresso con troppo studio, varj contrapposti non proprj della scena, qualche sentimento freddo e qualche immagine superflua.

207. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Di più egli nel suo prologo enunciò come scritte con arte le otto ultime sue commedie pubblicate un anno prima di morire, e pur sono talmente spropositate che nel 1749, per procurar lo spaccio degli esemplari di esse non venduti nello spazio di quasi un secolo e mezzo, il bibliotecario Nasarre prese il partito di appiccarvi una lunga dissertazione, in cui inutilmente si affanna per dimostrare che Cervantes le scrisse a bello studio così sciocche per mettere in ridicolo quelle del Vega. […] Sventuratamente lo studio stesso ch’egli fa per allontanare da se il sospetto de’ suoi ladronecci, gli discopre e riscalda la bile dell’onesta gente.

208. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Di più egli nel suo prologo enunciò come scritte con arte otto ultime sue commedie pubblicate un anno prima di morire, e pur sono talmente spropositate, che nel 1749, per procurar lo spaccio degli esemplari di esse non venduti, il bibliotecario Nasarre più volte mentovato prese il partito di appiccarvi una lunga dissertazione, in cui inutilmente si affanna per dimostrare che Cervantes le scrisse a bello studio così sciocche per mettere in ridicolo quelle del Vega. […] Sventuratamente lo studio stesso che fanno i plagiarii per allontanar da essi il sospetto de’ ladronecci, gli discopre, e riscalda la bile dell’onesta gente.

209. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68

A dirla io non posi studio veruno a ponderare questi difetti diffusamente rilevati da quell’Erudito; e solamente intesi di accennare il modo di comporre del Cueva, che io non avea letto come il confessai, sul testimonio di un nazionale.

210. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XIII. » pp. 182-206

Per Dotti intendo ancora un buon numero d’ingegnosi Militari, di cui conosco alcuni, i quali al brio marziale, al buon gusto, alla pratica del Mondo, hanno accoppiato uno studio delle Fisiche, una intelligenza delle dottrine di Keplero, di Leibnitz, e di Newton, da fare arrossire non pochi di certi Savj Solitarj, che si credono i soli custodi della Scienza.

211. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO V. Teatro Tragico Francese nel XVII secolo. » pp. 166-211

Certo è però che specialmente nell’Alessandro e ne’ Fratelli nemici si osservano molti concetti ricercati, il dolore espresso con troppo studio, varii contrapposti non proprii della scena, alcun sentimento freddo e qualche immagine superflua.

212. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Introduzione »

A queste esperienze, rafforzate da soggiorni di studio a Firenze e a Padova, si unì presto la passione per i viaggi che portò Algarotti in Francia, dove frequentò Voltaire, e in Inghilterra.

213. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi [3e éd.]. Tomo X, parte 1 pp. 2-271

Chi si sovverrà dell’ Alceste greca, avendo sotto gli occhi quella del Martelli, vedrà nella moderna conservato l’interesse dell’ antica senza inverosimilitudini, senza il trionfo di Ercole nell’ inferno, e senza le indecenti altercazioni di Admeto col padre(a) Impaziente parimenti del risorgimento della nostra tragedia il celebre calabrese Gian Vincenzo Gravina volle richiamarci allo studio de’ Greci, e scrisse in tre mesi cinque tragedie, Palamede, Andromeda, Servio Tullio, Appio Claudio, Papiniano. […] L’erudizione che possiede, lo studio da lui fatto del cuore umano, la sua sensibilità, il gusto e l’eleganza della sua penna tanto esercitata, le raccomandano al pubblico. […] Lo stile è robusto, grave, degno del coturno ; cui gioverebbe purgare di alcune poche maniere che si risentono di troppo studio. […] Pur la sua lunghezza potrebbe (stò per dire) far pensare che Polidoro siesi a bello studio fermato perchè arrivasse Merope con Polifonte senza che potesse avvertirla. […] Ansare nemico di Agide subalterno dell’ ingrato vendicativo re Leonida, vela col manto del pubblico spartano l’odio privato e lo studio di affrettar l’estrema ruína di Agide per timor di perdere le ricchezze col rimettersi le leggi di Licurgo.

214. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

La sceltezza esige che il danzatore, non contentandosi di cavar dal suo corpo i movimenti ovvi e comuni i si studi di svegliare e mantenere la sospensione con quelle mosse inaspettate e decisive così atte a produrre il loro effetto, e che sono il frutto più pregiato dello studio e del genio. […] Privi per mancanza d’educazione e di studio d’ogni idea filosofica dell’arte propria, i ballerini non sanno distinguere ciò che vuole una danza artifiziosa da ciò che vorrebbe una facoltà imitativa, ma mischiano l’una coll’altra, e la confondono in guisa che tu sei costretto a non vedere che il danzatore colà dove non cercavi che il pantomimo.

215. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VIII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI ANTICHI E MODERNI. TOMO VIII. LIBRO VIII. Teatri d’oltramonti nel secolo XVIII. — CAPO I. Teatro Francese Tragico. » pp. 4-111

Palissot ne commenda lo studio d’imitare la nobile semplicità di Giovanni Racine. […] Lo stile di Chenier non profferisce bellezze luminose; merita però di esser applaudito per la purezza, per l’eleganza, e per varii tratti che mostrano lo studio da lui fatto ne’ buoni modelli; e lo meriterebbe ancor più se vi regnasse minor copia di declamazioni triviali.

216. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Egli è vero che non senza ragione Madame Dacier imputa a Plauto lo studio di filosofare con qualche affettazione; ma in questa favola sparge alcuna massima filosofica senza gonfiezza, e come si farebbe in una conversazione. […] Chi ha molto agio potrà consultare un gran numero di dotti comentatori, i quali seriamente si sono applicati a interpretare questi pochi versi scritti in una lingua morta e ignorata, e della quale non rimangono libri che accrescano le umane cognizioni, che sembrami il saggio fine dello studio delle lingue.

217. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Hic sciri potuit, aut nusquam alibi, Clinia, Quo studio vitam suam te absente exegerit: Ubi de improviso est interventum mulieri. […] Senza dubbio lo studio che posero tali scrittori, e singolarmente Nevio, Plauto, Cecilio, Terenzio ed Afranio, in imitare i Greci, portò in Roma l’arte comica a un certo lustro notabile.

218. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

Bisogna posseder critica, principj e riflessione per comprendere ancora quando gli autori s’incontrano per ventura, e quando si seguono a bello studio; Aretade presso i Greci fece un volume de’ pensieri degli scrittori che s’incontrano senza seguirsi73.

219. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 889-912

Lasciando da parte il teatro di prosa, ov’ egli è stato messo sotto tutti gli aspetti, citerem qui l’opera lirica Le avventure di Scaramuccia del maestro Ricci, il grazioso poema Scaramuzza in vernacolo familiar veneziano e in ottava rima di Giambatista Bada (Venezia, 1791), dettato sulle orme della Vie de Scaramouche, par le sieur Angelo Constantini (Paris, m.dc.xcv), Les Caravanes de Scaramouche di Emanuel Gonzales, con un bello studio preliminare di Paolo Lacroix (Paris, Dentu, 1831), ecc., ecc.

220. (1772) Dell’opera in musica 1772

Se gli uditori si annoiano d’uno stile recitativo, cotal noia non procede dalla natura di questo stile, ma dal poco studio, che fanno sopra di esso i moderni maestri di cappella» (III.III.7). […] [Sez.III.1.4.12] Questo vantaggioso concetto che i Greci formarono della musica, gli portò a coltivarla con sommo studio, non tanto in quella parte che la rende grata all’udito, quanto in quella che muove l’animo. […] Se gli uditori si annoiano d’uno stile recitativo, cotal noia non procede dalla natura di questo stile, ma dal poco studio, che fanno sopra di esso i moderni maestri di cappella. […] Se il cantante ha nel suo studio un’aria che gli va a verso, egli la caccerà nel libretto in barba d’Apollo e di tutto Parnaso. […] Thomas Willis (1621-1675), importante medico e anatomopatologo inglese, membro della Royal Society, ha legato il proprio nome alla nascita della neurologia, oltreché allo studio delle cause del diabete.

221. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE II — LIBRO X ed ultimo » pp. 161-344

La sua nota erudizione, lo studio che ha fatto del cuore umano, la sua sensibilità, il buon gusto, l’eleganza della sua penna tanto esercitata, le raccomandano al pubblico, e fanno desiderare che si producano. […] Vi si scorge in generale miglioramento notabile nello stile divenuto più naturale senza perder di grandezza, nella versificazione più scorrevole senza allontanarsi dal suo genere, nella lingua tersa ed elegante senza sacrificar la grazia nativa per lo studio di esser cruschevole, nell’economia più giudiziosa, per l’entrar de’ personaggi in iscena meglio motivato, pe’ monologhi men frequenti, pel numero de’ personaggi accresciuto che rende l’azione più verisimile senza la nojosità de’ confidenti. […] Le due virtuose donne Agesistrata madre e Agiziade moglie di Agide hanno distintivi eroici proprj della loro nazione, Ansare nemico di Agide, subalterno dell’ingrato vendicativo re Leonida, vela col manto del pubblico spartano l’odio privato, e lo studio di affrettar l’estrema ruina di Agide per timor di perdere le ricchezze col rimettersi le leggi di Licurgo. […] Se il Varano, il Conti, il Marchese, il Martelli, il Granelli non vanno del pari coi Crebillon e i Voltaire, essi si appressano di molto ai La Fosse, ai Piron, e talora lasciangli indietro, e l’Alfieri singolarmente che coltivò la tragedia con maggiore intensità di studio e di predilezione, qualche volta non teme il paragone dello stesso Voltaire.

222. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

Egli è vero che non senza ragione Madama Dacier imputa a Plauto lo studio di filosofare con qualche affettazione; ma in questa favola sparge alcuna massima filosofica senza gonfiezza, e come si farebbe in una conversazione. […] Chi ha molto agio potrà consultare un gran numero di dotti comentatori, i quali seriamente si sono applicati a interpretare que’ pochi versi scritti in una lingua morta e ignorata, e della quale non rimangono libri che accrescano le umane cognizioni; che sembrami il saggio fine dello studio delle lingue.

223. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Hic sciri potuit, aut nusquam alibi, Clinia, Quo studio vitam suam te absente exegerit: Ubi de improviso est interventum mulieri. […] Senza dubbio lo studio che posero tali scrittori, e singolarmente Nevio, Plauto, Cecilio, Terenzio ed Afranio, in imitare i Greci, portò in Roma l’arte comica a certo lustro notabile.

224. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XII. Confronto Apologetico della Opera Italiana, e della Commedia Spagnuola. » pp. 149-181

E’ più del Canto verisimile lo studio, che pongono questi Attori in sentar bien el verso, vale a dire in troncare il concetto in grazia della versificazione, e in cantar male senza Musica, di che non v’è cosa più nojosa?

225. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. » pp. 172-221

Uno studio continuato di mostrare ingegno ad ogni parola fa sì che l’autore si affanni per fuggire l’espressioni vere e naturali, e per correr dietro a un sublime talvolta falso, spesso affettato e sempre nojoso per chi si avvede della fatica durata dall’ autore a portar la testa altà e a sostenersi sulle punte de’ piedi.

226. (1715) Della tragedia antica e moderna

Timoroso dell’accoglienza che le sue tragedie in martelliani avrebbero avuto, Martello meditò a lungo sulla diffusione del Teatro; nel maggio del 1710, infatti, rispondeva a Muratori che ne aveva accusato la ricezione: V’accorgerete dalla prosa il gran studio che mi costano queste apparenti negligenze delle tragedie. […] — [3.88ED] — Io non vorrei invanire — soggiunsi — di qualche studio impiegato perché l’amore non mi guadagni la briglia nelle tragedie; ma egli è però vero che di quest’affetto ho avuto in animo di servirmi come di un pulito ed abil valletto, di cui nulla è più insoffribile quando, da troppo favor de’ padroni a qualche impiego men vile degli altri suoi pari venga elevato; il restante della famiglia, che lo vede far da signore sul suo signore, questo disprezza e quello quasi venera ed ubbidisce. [3.89ED] Egli è uopo che il valletto sia sempre valletto e che sempre per tale e dal padrone e da’ famigli si riconosca. […] [4.16ED] Oggi si rappresenta l’Ifigenia del Racine; dimani l’Anfitrione dello spiritoso Molière. [4.17ED] Goditi questa tragedia e quella commedia, e assaggiate che avrai queste due, nel seguente giorno ti porterai al Palagio reale, abitazione di monsieur, principe in ogni sorta di studio, e di lingue a maraviglia versato, dove potrai godere della Medea, dramma per musica, ivi cantato e rappresentato.  […] [4.164ED] A me, che son filosofo e loico, spetterebbe l’esaminare il suo raziocinio nell’arte poetica, nel cui studio mi son mescolato della maniera ch’è nota a tutti gl’ingegni, perché nulla meno ha costui che il vantato buon raziocinio, come nulla meno che la sostanza dell’onore, han coloro che la parola ne han sempre in bocca. [4.165ED] Scrive egli dunque: che quando una favella di sua natura nobile e copiosa s’incontra ad avere in qualche tempo tal numero di eccellenti scrittori che abbondi più che mai per tutte le materie e tanto in prosa, quanto in versi risplenda, allora come ascesa al colmo del suo universale accrescimento, se non ferma il corso nel punto della perfezione e non munisce gli acquisti suoi con regole, osservazioni e precetti, ma si lascia andar disciolta ovunque dalla volubilità delle cose umane e particolarmente dalle nostre lingue è portata, partendo dal perfetto, incontrerà necessariamente stato sempre peggiore e con la mutazione andrà tuttavia insensibilmente mancando. […] Mosca, 1712, p. 8av: «benché la prisca libertate e spirito / le regole mi tolser d’Aristotile / date per legge da’ servili interpreti, / ch’alla ragion l’autorità prepongono, / e con più studio sempre più s’intricano».

227. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO I » pp. 116-223

Impaziente parimente del risorgimento della nostra tragedia il celebre Calabrese Gian Vincenzo Gravina volle richiamarci allo studio de’ Greci, e scrisse in tre mesi cinque tragedie, Palamede, Andromeda, Servio Tullio, Appio Claudio, Papiniano. […] L’incontro di Polidoro con Egisto nel punto in cui è esposto al furore di Merope che lo crede uccisore del proprio figlio, anima l’atto IV; pur la sua lunghezza potrebbe far pensare che Polidoro siasi a bello studio fermato per far che giungesse Merope con Polifonte senza poterla avvertire.

228. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

Cotale studio suppone nell’ambizioso uno spirito d’osservazione, e di sistema capace di rilevar la connessione delle cause coi loro eventi, e di risalire fino ai principi.

229. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO IV. Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori.  » pp. 245-317

Uno studio continuo di mostrare ingegno ad ogni parola fa sì che l’autore si affanni per fuggire l’espressioni vere e naturali, e per correr dietro a certo sublime talvolta falso, spesso affettato, sempre nojoso per chi si avvede della fatica durata dall’autore a portar la testa alta e a sostenersi sulle punte de’ piedi.

230. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 88-117

E ben che da gli antichi si facci mentione di molti histrioni eccelenti, et si conosce che questo era uno studio particolare, nel quale si essercitauano ; non si può però cauar regole di questa proffessione per che ueramente bisogna nascerci Et tra molti galanti huomini, che di recitare perfettamente si sono dilettati a tempi nostri [come il mirabile Montefalco et lo suegliatissimo Veratto da ferrara, l’arguto Oliuo, Et l’ acutissimo Zoppino da Mantoua, et un’altro Zoppino da Gazzolo.

231. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo V. Teatro greco. » pp. 26-81

Pur quali ostacoli non vince l’attività, l’ingegno, e lo studio?

232. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Da essa nasce che favellino alternativamente con troppo studio imitando l’uno i sentimenti dell’altro, come fanno i pastori nell’egloghe amebee di Teocrito.

233. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

[4.1.1] Se dalle cose dette sinadora alcun sospettasse che l’amore della propria nazione m’avesse fatto dissimulare o non conoscere i difetti degl’Italiani poeti e m’avesse mosso a censurare quelli de’ Francesi, in questo capo egli s’avvedrà che l’amore del vero, siccome è scorta d’ogni mio studio, così pure è direttore de’ miei giudizi, perocché con quella libertà che mi son preso nel dichiarare le tragedie di Francia meno regolari che le nostre nella teorica costituzion della favola, parimenti confesserò che queste sono assai difettose nella disposizione ed in altre qualità rappresentative della medesima, siccome quelle hanno in ciò molti pregi particolari. […] [4.7.1] Terminerò questa parte del mio paragone con dire che la differenza che ha tra gl’Italiani ed i Francesi nell’arte della rappresentanza deriva dall’avere questi secondi rivolto il loro studio principale al piacere del popolo e dall’aver regolato ogni cosa colla esperienza dell’applauso che dal medesimo si traeva, laddove i primi quasi tutti si son proposti l’imitazione pura de’ saggi lasciatici dall’antichità senza guari curarsi di ciò che può piacere o dispiacere alla propria nazione ed alla propria età; nel che fare i nostri son meno lodevoli degli altri, sì perché le tragedie antiche non sono sì raffinate e perfette che non s’avesse a tentare d’aggiugner loro maggiori perfezioni, come perché fa di mestiere che le favole sieno proporzionate al tempo in cui si fanno ed alle genti che debbono ascoltarle. […] Lo studio di render mirabili i sentimenti ha fatto sì che dietro la scorta de’ primi, certi moderni non si sono talvolta rattenuti da qualche simile affettazione. […] [7.4.1] Per conoscere quanto disconvenga la rima alle tragedie basta considerare ch’ella fu ritrovata per produrre insieme il piacer dell’udito e la maraviglia dello intelletto, perocché quindi appare che, siccome lo studio della medesima è proprio per le canzoni, così non è compossibile né colla gravità de’ tragici interessi, né collo spensierato sfogo delle passioni, poiché l’artifizio non può rimanerne nascosto a guisa della misura ch’hanno i versi greci e latini, ma tutto al di fuori si sente, come bene osserva il Gravina141. […] Sulla fortuna del Cid in Italia: Marco Lombardi e Coral Garcia, Il gran Cid delle Spagne: materiales para el studio del tema del Cid en Italia, Firenze, Alinea, 1999.

234. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VI. Teatro Greco. » pp. 44-148

Pure quali ostacoli non vince l’attività, l’ingegno e lo studio?

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