E il Belisario fu fatto e letto con successo a Verona in casa del Direttor Imer, che aveva in un giorno di riposo invitato a pranzo il Goldoni assieme alla Compagnia. E a un de’ comici che dimandò se i suoi compagni sarebbero stati i primi a rappresentare il Belisario, il Casali rispose con aria di sicurezza : sì signore : il signor Goldoni mi ha fatto l’onore di lavorare per me : e prendendo l’opera ch’era rimasta in tavola, vado, disse, con permission dell’autore, a copiarla io medesimo ; e senz’aspettar la risposta, la portò via.
Nato a Bologna da civili parenti, compiè il corso degli studj e si laureò in legge : ma vinto dall’ amor pel teatro, nel quale aveva già fatto egregie prove co' filodrammatici, si scritturò il 1829 con la Società Vedova-Colomberti, riuscendo in breve sì per la svegliatezza di mente, sì per la correttezza dei modi e la spontaneità, un de' migliori attori comici del suo tempo.
Dopo aver fatto i primi passi nell’arte come ingenua e generica giovine nella Compagnia che suo padre conduceva in società con Gaetano Martini il 1830, entrò il 1833 nella Compagnia di Romualdo Mascherpa qual prima donna giovine.
Figlio di Benedetto, di cui s’è fatto cenno all’articolo precedente, fu attore pregiatissimo in Roma per le parti di donna.
In più luoghi delle mie Rivoluzioni ho fatto espressamente questa distinzione. […] Indi mi potrebbe accusare, perché non ho parlato del triton e della quinta falsa, e dopo aver parlato di queste, perché non ho fatto menzione della quinta superflua, e della settima diminuita, e così riprendermi all’infinito perché spiegandole cause generali della decadenza del melodramma non ho fatto un trattato teorico degli intervalli. […] risponda “perché il Padre Sanchez ha fatto il Trattato del matrimonio”? […] L’esame che fin qui s’è fatto della sua logica mostra parimenti che avrebbe fatto meglio ad essere prudente più di buon’ora. […] Quanto a me ho ritrovato bensì la distinzione tra il recitativo e l’aria come l’ho fatto distesamente vedere nella lunga nota posta alla pagina cinquantesima terza di questo volume, ma non m’è venuto fatto di ritrovare la differenza tra il recitativo semplice e l’obligato.
Ciò fatto, l’ Abriani compose un altro sonetto sopra il medesimo soggetto, ed inviollo alla Coris, che lo trovò del tenore seguente : ( ?) […] A. à fatto scrivere a Roma a Flaminio, facino profitto e che venga alla compag. […] te come à fatto V. […] Anche sta il fatto che mentre il nome di Eularia sarebbe, nei comici conosciuti del xvi, xvii e xviii secolo, una rarità qual nome di battesimo, diverrebbe assai comune qual nome di teatro.
Per compiere però il IV che or vi presenta, m’ingiunge di unirvi in fine un Discorso che egli recitò a più centinaja di ascoltatori in Milano nel Liceo di Brera per prolusione alla Cattedra di Poesia Rappresentativa che vi occupò alcuni anni; il qual Discorso impresso per cura dell’autore nel dì che fu pronunziato, fu dopo tre giorni per ordine del Governo fatto reimprimere a’ 4 di Pratile nell’anno IX.
Lucca di Venezia nel venturo carnevale in precio di mille ducati effettivi e casa finita, ha fatto ch'io mi impegni a servirli mentre m’ hano in tutto sodisfatta di quanto richiedevo ; onde mi dispiace n’ poter sortir fortuna di ricevere le sue gracie con Sig.
Mio padre aveva fatto conoscenza con quei comici, palesò i propri guai al capocomico. […] Egli sosteneva il ruolo di amoroso, che con quella voce e con quel naso, non era proprio fatto per conciliargli la benevolenza del pubblico. […] Sia che il pubblico fosse pentito della propria ferocia, sia che sapesse l’affare della malattia, sia che mio padre non sapendo quella sera le norme altrui recitasse a modo suo e apparisse un attore diverso, fatto è che dopo la prima scena cominciarono gli applausi, gli applausi continuarono, e calata la tela mio padre si trovò fra le braccia di Ernesto, che era felice quanto lui, perchè Ernesto Rossi era buono. […] Egli nel frattempo aveva calmato gli animi, aveva parlato con Ernesto e con lui andò a casa del papà per dirgli di non fare sciocchezze, che nel nuovo triennio egli sarebbe succeduto in omne et qualibet parte al Gattinelli, e tanto fu fatto che la tiara di Achimelek rientrò nei cassoni, insieme alla cotta di Lanciotto. […] Quando al suo metodo di recitazione la giovane critica ebbe da contrapporre giovani forze, il cui metodo, fatto tutto di verità, era dal suo tanto discosto.
Il '70, fatto vecchio, fu per essere licenziato di compagnia, ma con una supplica al Re, vi rimase fino all’ '82.
Croce, Teatri di Napoli, 781) fatto uccidere da Vincenzo Capece, un de' primi proprietarj insieme a Ottavio Sgambato del Teatro de' Fiorentini.
Scacciato immediatamente di scuola, e narrato il fatto a F. […] Così, definita che avremo l’indole di questo suo porgere, ne parrà di aver fatto tutto quello che da noi si può meglio in limiti si angusti.
Nel 1587 pare che Messer Battista si fosse fatto capocomico, come può rilevarsi da quest’altra lettera, tolta pure dal D’Ancona (II, 492), dalla quale anche si apprende come egli fosse già da tempo in que’ rapporti relativamente intimi che solean correre fra S. […] Siccome gli infiniti favori et gratie che mi ha sempre fatto V.
Mentre il cuoco correva alla polizia a palesare il fatto, Federigo, padre di Francesco, che non abitava con lui, lo andò a cercar nel suo appartamento, e avendo saputo dal cameriere ov'era, andò alla cucina ; ed entrato in quella, gli si presentò l’orribile spettacolo del figlio steso in terra, ed immerso in un lago di sangue. […] Tal fatto ci è descritto nel seguente sonetto, che tien dietro allo scritto del Locatelli : Sei tu, Lombardi, o il furibondo Emone, d’ Antigone svenata al crudo aspetto, che col barbaro padre in ria tenzone d’ira trabocca e disperato affetto ?
Quanto al casato della Cecchini, il crederla il Quadrio moglie di Flaminio Scala, e il sapere che Frittellino fu allievo valentissimo di lui, han fatto nascere il dubbio ad Antonio Valeri (Carletta) che Flaminia sia, invece, una figlia del maestro, maritata allo scolaro, e che debba perciò chiamarsi Orsola Scala (Un palcoscenico del Seicento. […] r Prencipe di Modona tratta da quell’Archivio di Stato, e concernente la prigionia del fratello Nicola, di cui s’è già parlato al nome di Pier Maria, e pel quale il Martinelli, anche nel 1620, invocava dal Duca di Mantova aiuto e protezione, pregandolo di mandar subito Nicola a Mantova et farlo retenire sin all’arrivo de’comici in Torino, perchè egli aveva minacciato di ammazzare Aurelio e queli, come s’è già detto, che aveva fatto dispiacere a Frittellino. […] S. mi gioua anche il credere che lei sia per superare ogni mal officio che fosse fatto contro la sua liberacione si che, e per la promessa fatta, et per la speranza ch’ io hò nella sua bontà ; ma più per l’Amor di Dio V.
Di quella stagione il Beltrame Barbieri nel Capitolo XXXVI della sua Supplica ci dà la seguente notizia : Si trovava in Verona la Compagnia del Signor Adriano Vallerini Comico gentilhuomo di quella Città, Dottore et assai buon Poeta Latino, e volgare : e l’Eccellentissimo Signor Gouernatore di Milano inuitò quella Compagnia à dar trattenimento à quella Città ; i Comici accettarono l’inuito, et arriuati che furono, e fatto la prima Comedia, fu loro leuata la licenza dall’istesso Sig. […] Cardinale, et aggiustateui seco, che per me hauerò gusto d’ vdir qualche volta questa Compagnia, che mi piace ; ma non voglio commetter peccato mortale ; e così i Comici ricorsero dal buon Pastore, e furono subito introdotti, atteso che quelli istessi, che haueuano parlato, erano in quell’hora all’udienza dando parte al Superiore di quanto haueuano fatto col Sig. […] Il Decreto è nell’Arciuescouato di Milano, chi hauesse curiosità di vederlo, fu fatto tre anni in circa auanti la morte del Glorioso Santo, e presto si potrà trouare.
Dopo il primo passo fatto in quella compagnia d’infimo ordine, abbandonata l’amante, andò a far parte della gran Compagnia formata da Petronio Zanerini, quale amoroso.
Dopo di aver fatto monaca una figlia e addottorato un figlio, si ritirò, dopo il carnevale del 1763, dalle scene, pensando di vivere gli ultimi suoi anni agiatamente e in pace col danaro lasciatogli dal padre, e con quello da lui guadagnato.
A questo comico è fatto cenno nella lettera seguente che tolgo dall’ Archivio di Stato di Modena : Ser.
Non par fatto per il teatro.
Viveva ancora al tempo del Bartoli (1782), il quale ci fa sapere com’ egli a Malta scrivesse un Prologo in versi martelliani, « dove finse che i comici agitati da una burrasca si trovassero vicini a naufragare ; e che poi assistiti da Netunno (il quale lasciavali con questi due versi : restate dunque amici al puro aer sereno, che a riposar men torno ad anfitrite in seno), potessero felicemente in quell’ Isola approdare, e far servitù a quella Nazione, come di fatto poi fecero. »
Il 1572 era capo di una Compagnia italiana in Francia, e Carlo IX, messosi a un regime per venti giorni, ordinò a' comici italiani di recarsi da Parigi a Blois ov'era la Corte, per divertire Sua Maestà durante il suo periodo di dieta ; e per rimborso di spese di viaggio e per onorario delle rappresentazioni (Comédies et plaisants jeux) ordinò in data 2 marzo 1572 a Claudio Marcello, proposto de' mercanti della città di Parigi, di pagare a esso Soldino e agli altri comici italiani lire tornesi 135, da dividersi tra loro in parti eguali, e di cui non doveva esser fatto cenno ne' registri delle spese (V.
A. che di far la compagnia per mandare in Francia, poichè il concerto fatto con esso, io sapevo che non poteva in modo alcuno havere effetto. […] Mi sono ben fatto promettere da ciascuno in particolare, che sempre, che per qual si voglia accidente si disunischino, ogni uno di loro farà quel ch' io vorrò. […] A. ho fatto alla cortigiana ; et più tosto volevo tacermi che scriver cosa di poco gusto, nondimeno perchè la lettera di V. […] Troppo dolce suona negli orecchi il nome della libertà, et etiam gli animali vivuti qualche poco in sieme non si fanno dividere quando si viene all’atto et al fatto. […] re, al quale feci relatione del regalo fatto a ciascuno della sua compagnia, ma in particolare poi dell’honore fattomi da V.
Festeggiavasi colla musica più solenne la celebre cerimonia o festa di primavera del lavoro della terra fatto pubblicamente dal l’imperadore. […] Non solo ha fatto parte del dramma cinese, ma essendo negli ultimi tempi caduta in disistimab (siasi ciò avvenuto per l’introduzione della musica europea fatta in que’ paesi dal l’imperadore Kamhi per mezzo del portoghese Pereira e del p. […] Io ti allevai allorchè perdesti la madre poco dopo del tuo nascere, il caro padre che mi ha rilevata, prenderà di te cura nella guisa che io ho fatto, poichè ci faremo separati. […] Mi avvidi al fine che non è la stessa cosa sapere i linguaggi antipodici, che aver notizia che il Ludolfo ha fatto un lessico Etiopico, l’Antequil uno del linguaggio Zend, Haex del Malaico, Clodio dell’Ebraico, Grorgi un alfabeto Tibetano, ed il Bajero un dizionario Cinese.
Ond’è che la regione de’ metafisici è per lo più la regione degli errori, e che per ogni spirito ben fatto l’annunziargli un nuovo sistema in quella scienza non è diverso dal proporgli una nuova modificazion di falsità. […] Ma il fatto è che quelli squarci staccati sono egualmente cattivi e peggiori forse che non è il restante. […] L’eunucare un povero poeta che non ha fatto alcun male, è crudeltà che ripugna al buon cuore. […] Ma vi torno a dire che il buon senso non è fatto per noi. […] Se non vi vien fatto di lavorarla, come ei vuole, poco importa, attaccheremo quella stessa, e tutto anderà a dovere.
Gli avesse fatto qualche impressione ciò che vi accennai delle ritirate, e delle oscuritá visibili de’ Corridoj? […] Per quale interesse l’avrei fatto? […] Ho parlato de’ Teatri di Madrid, perchè mi erano sotto gli occhi, e, per quanto io so, niuno degli Stranieri finora ne avea fatto motto.
Poi vi eran cantanti : Gabriella Locatelli, Giulia Gabrielli e Margherita Bertolazzi ; e n’aveva fatto gli scenarj Giacomo Torelli da Fano. […] Un figlio di Scaramuccia era giunto a tal grido di favore che il Re lo aveva fatto cavaliere di San Michele e Suo Gentiluomo di Camera. […] La lontananza di Marinetta, una naturale inclinazione ch’ egli aveva all’ amore, e la vecchiezza sopravveniente, l’avean fatto d’umor bestiale…. […] Tuto questo non è stato risposto che in ordine a i consigli del mio confesore e avrei uno eterno rimorso se non l’avesse fatto. […] Di già ò fatto casare la donacione fatta pasata al parlamento e al Sataleto, il dirle achora sarebe troppo lugo basta a diri ch’ è peggio d’uno faista che a bocha li dirò il tutto come i strapacci fatomi.
Uscita di convento, ad onta della singolar squisitezza di educazione, si innamorò di un giovine scavezzacollo, il quale, chiestala in moglie e non ottenutala, seppe con tali arti circuirla, che la indusse a fuggir da la casa paterna, e a recarsi con lui a Venezia, ov’egli la sposò, colla certezza di avere, a fatto compiuto, il perdono del padre.
Fiorillo), e soprattutto di volersene fuggire, come fece poi, ora che avea fatto bottino ; e faceva istanza, conforme i desiderj di Sua Maestà, di restare a Parigi un anno ancora…. istanza, che fu accolta favorevolmente, rimanendo allora alla testa della compagnia Giovanni Battista Andreini.
L'autunno del 1807 era a Modena, e il 19 a Tolentino, fatto segno alle più vive dimostrazioni di simpatia.
Il Sand che a pagina 52 della sua introduzione a Masques et bouffons (Paris, 1860), parlando della Compagnia del 1653, dice : « vi troviamo attori che eran già venuti in Francia più volte, come Fiorilli, Locatelli, Brigida Bianchi, » avrebbe certo fatto alcuna menzione di quell’Adami già tanto celebre. […] Forse il Sand ha fatto confusione di nomi, rappresentando essa la parte di Diamantina, come quella che le succedette più tardi e che si chiamò realmente Patrizia Adami ?
A. supplica la sua innata bontà, e Generosità di ristorarla del suo viaggio fatto per seruir V. […] Cesarea nello Stato di Milano, e di altri, eran già stati eretti in sala conveniente palcoscenico e palchetti ; quando, al momento di partire, gli fu ingiunto di aspettar l’ordine del Marchese Decio Fontanella, che probabilmente lo avrebbe fatto andare a Vicenza anzichè a Pavia.
Medoni Nicola, nato in Genova nel 1803 da onesta famiglia, e fatto un corso regolare di studi, si diede all’arte comica, nella quale, mercè l’ingegno svegliato, la bella figura, e la voce magnifica, riuscì egregio, occupando in breve il ruolo di primo attore assoluto nella Compagnia del suo concittadino Luigi Favre.
Ascoltate il Duca di Modena le dichiarazioni di lui, parve piegare all’ indulgenza, e risolversi forse per la liberazione ; ma le due donne gli inviarono una supplica, in cui raccomandavan fosse fatta giustizia, poichè il Raparelli aveva in dosso le pistole al solo intento di ucciderle, il che a ogni modo avrebbe fatto, secondo le sue dichiarazioni, non appena uscito di prigione.
Carloni-Talli Ida, nata a Roma da Gioachimo Carloni, romano, e da Emilia Marovich, slava, maestra di ballo, si diede all’arte nel 1887, dopo di aver fatto ottima prova sotto la direzione dell’ex-comico Alessandro Meschini nella Filodrammatica romana, esordendo a Verona, qual prima attrice giovane, nella Compagnia di Giuseppe Pietriboni col quale restò tre anni. « Al Teatro Manzoni di Milano – scrive il Traversi (Natura e Arte, gennaio del ’93) – si ebbe, in quell’anno stesso, il più splendido battesimo…..
Fu presto tolto all’ arte ed alle speranze ed agli affetti della sua famiglia e di tutti coloro che lo conobbero, quando per mezzo delle mie assidue cure e della sua buona volontà ne aveva fatto un eccellente amoroso, tale, che invano si cerca e si trova l’ uguale ( ?).
Infatti un contemporaneo, il Gueullette, dice che Sticotti era un grand’uomo assai ben fatto, di viso tondo e piatto, e di fisonomia piacevole ; di umore gajo al sommo, e amabilissimo in società.
Dopo il triennio, passò il Venturoli nella Compagnia Domeniconi ; e anche qui, al Valle di Roma, le prime prove furon di fischi e corbellature ; ma poi, fatto il pubblico l’orecchio a certe sue stridule intonazioni, ne divenne in breve il beniamino, soprattutto per la sua grande versatilità, mostrandosi ugualmente egregio nella prosa e nel verso, nella tragedia e nella farsa.
Tornato a Firenze, formò la quaresima del 1821 un’ ottima Compagnia, che condusse gran tempo, rimanendo poi capocomico in sino a che, fatto vecchio, s’unì prima al figlio Guglielmo, col quale era il '46, poi si ritirò a Firenze del '50, ove morì settuagenario.
Le sublimi e vive dipinture, e le grandiose e robuste immagini d’Omero faceano dire al celebre Statuario Francese Bouchardon: sempre che ho letto Omero, ho creduto aver venti piedi di altezza; e una volta servirono anche di scusa a un bravo Disegnatore, che essendo stato ripreso di aver fatto una figura di Capitano d’esercito alquanto smisurata, rispose: Io avea letto pur dianzi Omero, e tutto pareami più grande dell’ordinario. […] Oltre alla prefettura di Samo ebbe Sofocle l’onore di esser fatto Arconte di Atene, e attese con lode al governo della Repubblica. […] Insigni ancora sono le sentenze da codesto nuovo legislatore di Poetica pronunciate contro l’Italica nazione in fatto di poesia. […] Si dee sapere, che fra gli altri ciarlatani, empirici ed istrioni, che a’ nostri giorni han fatto e fanno grandissima fortuna in Parigi, vi sono con carrozza ed equipaggio un certo Nicole, e un certo Nicolet, de’ quali il primo a forza di far correre avvisi stampati per guarire il mal francese, e ’l secondo a forza di rappresentar farse e buffonerie sopra i Baluardi e alle Fiere di San Germano, e di San Lorenzo, seppero così ben fare i fatti loro, che da molti anni sono padroni di varie terre, le quali hanno titolo di Signorie.
Adolfo Bartoli, dallo spoglio fatto nelle notizie, più volte citate, del suo omonimo, dà l’elenco di alcune delle personne che appartennero alla Compagnia di Domenico Bassi.
» Di un Dottor Violone è fatto cenno in una lettera di Ludovico Bevilacqua al Duca di Modena con data di Ferrara 9 aprile 1664, come di attore il quale, ben lontano dall’aver la pietà e modestia del Chiesa, per certi livori ch’egli ebbe con la Marzia Fiala, moglie del Capitano Sbranaleoni, capocomico, mancò a’suoi impegni scritturandosi con una Marchetta, e allegando con atto di perfidia, pretesi contratti antecedenti con un Cavaliere.
Egli fu anche espertissimo del canto e del ballo ; e il Bartoli ci fa sapere come « alla stessa Maestà napolitana abbia pur egli fatto vedere un ballo spagnolo, che chiamasi il fandangh, eseguito da lui ad occhi bendati in mezzo a un numero d’ova, che movendosi ancora restavano illese, e non schiacciate da’piedi. » Fu anche autore di due azioni spettacolose, che non diede alle stampe : Il Naufragio felice, e I Prodigi d’amore ; e pubblicò un dramma per musica tratto dal Feudatario del Goldoni, e intitolato Le Gelosie villane.
Il che concorderebbe forse col fatto dell’essere stato il Marchetti, come abbiam visto, la rovina della casa Fiali.
Tutto in lui parlava, e camminando e gestendo e levando il cappello e stando immobile : effetto di uno studio fondato, e fatto da lui nella difficile scuola del teatro. »
Dopo di aver fatto parte di molte Compagnie di giro, si fermò il 1774 con quella di Lapy al Sant’Angelo di Venezia, ove recitò La pazza per amore, sua particolar fatica, in cui oltre al rappresentar vari personaggi, cantava ariette musicali non senza grazia.
La natura non lo dotò di sciolta loquela, e il Bartoli ci racconta : Egli aveva un’arte di fare frettolosamente un ragionamento (non inteso nè da lui, nè dall’uditorio) promettendo assistenza al Padrone o ad altri ; e questo con parole spessissime, e vibrate con forza fra le labbra in sì fatto modo, che il popolo movevasi a fargli un grande applauso, battendo palma a palma, ond’ egli restava soddisfatto, e l’udienza godendo moveva a più potere le risa, benchè nulla avesse capito da tal discorso, che lo Sgarri chiamava battuta, forse per la battuta di mani, ch'egli ne riscuoteva.
Nacque ai primi del secolo xix a Trieste, dove, fatto un corso regolare di studj, si impiegò presso una Casa di Commercio.
[Intro.2] E però non sarebbe maraviglia se cotesto ingegnoso ordigno, fatto di tanti pezzi com’egli è, non sempre rispondesse al fin suo, ancorché a ben unire e a congegnare insieme ogni suo pezzo, venisse posta da coloro che il governano tutta la diligenza e tutto lo studio. Ma di tanti pensieri, quali a ben ordinare un’opera in musica sarebbono necessari, non si danno gran fatto malinconia coloro che seggono presentemente arbitri de’ nostri piaceri.
«Che non ho io fatto per voi? […] Non mi son fatto per un mese veder più ubbriaco del mio cocchiere per esser eletto? […] Gluck, che in Francia é stato ultimamente onorato d’una statua (In Italia a qual maestro di musica si é fatto altrettanto? […] Se ne può leggere una breve analisi e un ben meritato elogio fatto dal dotto autore della «Gazette littéraire de l’Europe » tom. […] Egli ci fa eziandio sperare un’idea del teatro tedesco, volendo in essa restringere quanto vanta di più eccellente la Germania in fatto di tragica e comica poesia.
Festeggiavasi colla musica più solenne la celebre cerimonia o festa di primavera del lavoro della terra fatto pubblicamente dall’Imperadore. […] Non solo ha fatto parte del dramma Cinese, ma essendo negli ultimi tempi caduta in disistima29 (siasi ciò avvenuto per l’ introduzione della musica Europea che pretese fare nel paese l’Imperadore Kam-hi per mezzo del Portoghese Pereira e del P. […] Mi avvidi che non è la stessa cosa sapere gl’ idiomi antipodici, che aver notizia che il Ludolfo ha fatto un lessico Etiopico, l’Antequil uno del linguaggio Zend, Haex del Malaico, Clodio dell’ Ebraico, Giorgi un alfabeto Tibetano, ed il Bajero un dizionario Cinese.
Dell’Armani, bellissima, s’innamorò uno de’principi Gonzaga ; e Don Antonio Ceruto, giureconsulto e poeta, in un suo passo riportato dal D’Ancona, dice : heri il signor Federico da Gazuolo venne posta a Mantova per menar seco la comediante Vincenza a solazzo ; ma la cattivella dubitando de non vi lasciare in un punto l’acquisto di molti mesi, fatto con sudore, fingendo di hauer un certo sdegno con lui, si riparò bravamente, e lui a guisa della donna del corso, subito tornò in dietro, bravando et bestemmiando, non essendogli restato altro che la lingua per potersi vendicare. […] La Flaminia poi, oltre l’havere apparato benissimo quel luogo de corami dorati, et haver trovati abiti bellissimi da nimpha, et fatto venire a Mantova quelle selve, monti, prati, fiumi et fonti d’Arcadia, per intermedi della Favola introdusse Satiri, et poi certi maghi, et fece alcune moresche, a tal che hora altro non si fa nè d’altro si parla, che di costoro. […] r Cesare è ritornato da Guastalla per il battesimo, o che si è fatto o che si ha da fare, d’un figliolo del genero del S. […] Ecc.ª ha fatto far comedia da due compagnie : l’una de Pantalone, l’altra deGanaza. […] « Volse il cielo che la signora Vincenza, forse per purgar de’ vizj la corrotta gente, si desse al recitar comedie in scena, dove degli uomini, come in uno specchio, rappresentando il vivere, e d’essi riprendendo i perduti costumi e gli errori, a vita lodevole gli infiammasse, il che fatto di leggiero avrebbe, quando il mondo non fosse al suo bene cosi incredulo, etc. etc. » e qui tien dietro la solita predica in difesa delle commedie e contro coloro che le aborriscono, e che « come odono nominar comici, par che sentano qualche cosa profana e sacrilega.
Apparve sempre artista di gran pregio, e fatto a posta per recitar l’ Arlecchino…. nel cui costume egli era proprio ne’suoi panni.
Dallo spoglio fatto sullo Jal ho trovato al nome della Riccoboni scrittrice notissima e nuora di Luigi Riccoboni (sabato, 7 luglio 1734), un atto concernente la bigamia del signor de Laboras, padre di lei, e firmato da’ seguenti interessati e testimoni : « A.f.
Dice il Bartoli che « fatto vecchio ed incapace di montar più sul teatro, gli vennero retribuite le beneficenze, che ad altri egli aveva impartite, trovando que’sussidj ch’erano necessari alla sua cadente vecchiezza. » Morì a Venezia il 1767.
Egli è per ciò ch’ io ho fatto si che Cola entrasse nella Compagnia.
« Modenese, nacque – dice il Bartoli – da onesta e civilissima famiglia, occupando il padre suo la carica di cassiere nell’ impresa dei pubblici lotti di tutto lo Stato del Serenissimo di Modena. » Dallo spoglio fatto nell’Archivio comunale di Modena, più Goldoni col nome di Antonio risultan quivi nati nella prima metà del secolo scorso, ma non si può dire qual sia il nostro di essi.
.) ; e vi era ancora l’ 8 di settembre, sotto la qual data riferisce a un famigliare del Duca, come non essendosi negoziata a dovere l’andata a Venezia, probabilmente la compagnia non avendo l’autunno, dovrà sciogliersi, per riunirsi poi nel carnovale ; annunzia che Colombina (la Franchini) vuol andarsene a Bologna, e ch'egli è costretto, secondo l’ordinazione de' medici, a condur l’ Angiola sua moglie a Venezia per una tosse di cattiva conseguenza ; e conchiude con l’annuncio di due lettere (non potute trovare), le quali avrebber fatto conoscere le doplicate malignità de' comici parmiggiani, capo de' quali è Brighella(V.
Perduto l’impiego, tornò all’amor della scena, in cui aveva fatto da giovine buone prove coi filodrammatici, e si scritturò con Rossi, colla Goldoni, colla quale lo vediamo il 14 giugno 1815 rappresentar la parte di Sole nella Caduta di Fetonte dell’Avelloni, poi con Dorati, prima padre nobile, poi caratterista, nel qual ruolo entrò il '22 nella Compagnia Reale Sarda, e vi fu acclamatissimo, fino al '28, anno della sua morte.
Né altrimenti esser poteva; perché essendo sì innalzati in quella medesima età per dare ricetto all’opera tanti nuovi teatri, è necessariamente avvenuto che abbia posto lo studio nel dipinger le scene un assai maggior numero d’ingegni che fatto non avea per lo addietro. […] «E non vedete voi», disse loro, «che se voi nelle pitture quello approvate che non può stare in fatto, la vostra città corre gran pericolo di esser posta nel numero di quelle che non hanno gran riputazione per isvegliatezza d’ingegno54?» […] Avea egli nella pittura di una cupola fatto reggere le colonne, sopra cui ella posava, da mensole; cosa alla quale si storcevano alcuni architetti, protestando ch’essi per conto niuno non l’avrebbon fatto in una fabbrica, e dandogli per ciò non lieve carico; quando tolse loro ogni pensiero, secondo che riferisce egli stesso, un professore, amico suo, il quale si obbligò a rifare ogni cosa a sue spese qualora, fiaccando le mensole, le colonne con la cupola fossero venute a cadere: magra scusa, quasi che l’architettura non si avesse a dipingere secondo le buone regole, e ciò che offende nel vero non offendesse ancora nelle immagini di esso.
Un fatto di tanta importanza avvenuto pubblicamente poteva ignorarsi con verisimilitudine dalla regina? […] Finalmente con somma perizia de’ moti del cuore umano questo grande ingegno mostra l’immenso dolore del padre più eloquente di quello che avrebbero fatto i moderni declamatori teatrali. […] Rechiamo l’eccellente parallelo fatto dal l’ab. […] A un furore da baccante che trasporta Ecuba fuori di se, far succedere un dubbio sul fatto? […] Quello del l’atto terzo mi sembra il più patetico, ed il Dolce ne ha fatto una troppo libera imitazione.
Si diede alle scene dopo aver fatto ottime prove tra’dilettanti nella celebre accademia degl’Imperiti di Roma, che aveva teatro in Trastevere e della quale fecero parte il Cirri e il Pertica.
Uomo eruditissimo, dotato di memoria ferrea, era quasi una biblioteca ambulante : capacissimo di dare un consiglio sull’arte, indicare il modo di interpretare un carattere, sviscerare un concetto, svolgere un fatto storico, precisarne l’epoca.
L’argomento di questa tragedia, la quale conservasi manoscritta nella Biblioteca Estense138, sono le vicende del famoso generale Jacopo Piccinino, che l’anno 1464 fatto improvvisamente arrestare da Ferdinando re di Napoli, fu poscia per ordine dello stesso re ucciso139. […] Non oltrepassava l’autore, per quanto credesi da taluni, l’anno diciottesimo della sua età quando la compose in tempo di duo giorni, come egli stesso dice in una sua lettera a Carlo Canale, «intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano» Francesco Gonzaga in occasione che questi da Bologna, ove risiedeva legato, portossi a Matova sua patria, ove era vescovo, nel 1472, siccome con il dotto abate Bettinelli stabilisce il chiaro padre Ireneo Affò di Buffeto minor osservante, che nell’anno scorso ha fatto a onore e beneficio della letteratura italiana stampare in Venezia appresso Giovanni Vitto l’Orfeo, tragedia di Messer Angiolo Poliziano tratta per la prima volta da due vetusti codici ed alla sua integrità e perfezione ridotta ed illustrata 143. […] Leon Battista Alberti, uno de’ più gran valentuomini de’ suoi tempi, nato secondo il Manni e ’l dottor Lami nel 1398, secondo il Bocchi nel 1400, e, secondo che con maggior probabilità congettura il Tiraboschi, nel 1444, scrisse anche in latino nell’età di 20 anni una comedia, intitolata Philodoxeos, che per due lustri fu creduta opera di antico scrittore «perché (al dir del prelodato Tiraboschi) comunque scritta in prosa, ha nondimeno alquanto dello stile de’ comici antichi, e pruova lo studio che l’Alberti avea fatto della lingua latina». […] Al 25 di gennaio del succennato anno, secondo l’antico diario ferrarese, questo splendido duca fece rappresentare in un gran teatro di legno, fatto innalzare nel cortile del suo palagio, la commedia dei Menecmi di Plauto, alla traduzion della quale egli istesso avea posto mano148; e a’ 21 di gennaio dell’anno seguente vi si rappresentò la favola pastorale di Cefalo, divisa in cinque atti, e scritta in ottava rima dall’illustre letterato e guerriero Niccolò da Correggio, dell’antichissima e nobilissima vala de signori di Correggio; ed indi a’ 26 dello stesso mese l’Anfitrione di Plauto, tradotto in terza rima da Pandolfo Collenuccio da Pesaro, il quale a richiesta parimente di Ercole I scrisse la sua commedia, o a dir meglio tragedia, intitolata Joseph, che fu poscia stampata nel 1564. […] Affò corredata eziandio di belle osservazioni appartenenti alla storia della poesia drammatica, l’Orfeo che fu fatto magnificamente rappresentare in Mantova dal suddetto principe porporato, non solo vien purgato da tutte quelle macchie che lo tenevano deturpato nelle anteriori edizioni contraffatte e scomposte, ma é stato diligentemente assai più regolato nel dialogo ed in cinque atti diviso, quale uscì dalla penna del suo autore.
Il Golinetti era più fatto per questo secondo carattere, che per il primo. […] Siccome una gran parte di quella commedia era a soggetto, ha fatto credere agli amici suoi, che anche la parte sua era opera del suo talento, e che tutto quel che diceva, lo diceva all’ improvviso.
Lui morto a Genova, nell’anno 1864, essa continuò la società che egli aveva fatto con Cesare Dondini ; sciolta la quale, ritornò scritturata a Napoli, dove sposò in seconde nozze Enrico Alberti, fratello di Adamo, che lasciolla ben presto nuovamente vedova.
Hanno alcun rapporto necessario col fatto del Filosofo? […] Da prima questo letterato pieno d’ingegno quasi scherzando prese a combattere i due competitori, e si contentò di provar col fatto che il concorso del popolo non era argomento sicuro della bontà de’ loro drammi. […] Sotto l’ orchestra vi si è fatto un vuoto con due tubi all’estremità che sorgendo sino all’altezza del palco scenario serve a spandere i suoni e le voci più rotonde e sonore. […] Ma il Real teatro di San Carlo costruito col disegno del brigadiere Giovanni Metrano nel 1737, edifizio magnifico in soli sei mesi fatto eseguire per l’attività di Angelo Carasale, dopo tanti teatri eretti in Europa nel nostro secolo conserva ancora sopra tutti il primato. […] Ma il fatto diametralmente si oppone alla sua osservazione architettonica, in niun teatro che io sappia vedendosi que’ due oggetti meglio ottenuti che in questo del Vaccaro.
Un applauso fatto a una compagna le era una trafittura al cuore. […] Savemo, che le Fiabe sulla scena A un Poeta no basta a far onor ; Ma per sie zorni avemo fatto piena, E nu femo l’onor, e el desonor. […] E dallo spoglio della Gazzetta Veneta (che non mi fu possibile vedere) fatto dal Tessier (Giornale degli eruditi, Tom.
Annunziò la recita a suo beneficio, il 2 giugno 1832, al Teatro del Giglio di Lucca, nella quale si rappresentò Il Gran Los-Rios Assassino delle Alpi, con Pasquale spaventato dai Masnadieri (Pasquale era Giuseppe Guagni) e nella quale egli sosteneva la parte del protagonista, con un programma reboante (degno dell’attore capocomico), di cui ecco una parte : Per le anime d’altissimo sentire non riescirà stravagante il fatto che si espone di quest’uomo, il quale profugo dalle terre native per un fallo d’amore, dalla malvagità attribuito ad altissimo delitto, a rifugiarsi costretto si vide nelle Alpi, ed a condurre una riprovevole vita in odio di tutta la terra e fulminato dalla celeste maledizione.
Dopo di aver fatto parte delle primarie compagnie Taddei, Righetti e Bazzi, ne formò una egli stesso in società con Pietro Solmi e Giovanni Pisenti, colla quale si trovava il 1820 al S.
in lode di cui Paolo Cersonti le scrisse un’oda, che non trascriviamo per essere troppo lunga, e ci contenteremo di riportar qui un solo sonetto di Tinocasto Gradivello, fatto in occasione della di lei partenza.
Veramente la nuova divisione de'ruoli e delle parti ha fatto di lui un primo attore, ma, secondo le considerazioni antiche, oggi egli è sempre primo attor giovine ; come, secondo le moderne, si dee dire che primo attore egli è da un pezzo, almeno da quando, ammalatosi il Salvadori, egli lo sostituì nell’Armando con la Marini.
Trovandosi fermo a Firenze con la madre, a spasso, gli venne fatto di conoscere Giovanni Chiarini celebre conduttore di una compagnia di pantomimi, e fu da lui scritturato con due svanziche alla settimana per ogni specie di parti, dopo di avere esordito con ottimo successo in quella di vecchia mugnaia nei Mulinari.
. — No, Signori ; io vi prometto di doventare superbo, solo allora che io mi creda sicuro del fatto mio. — Sia così !
Nè sulla Flaminia nominata nella lettera, che avrebbe fatto colla Fanegotti la serva a vicenda, saprei pronunciarmi.
Ancora due anni, e questa Compagnia che s’è conquistato il posto primo tra le prime, non solo per le parti che la compongono, ma anche, e più, per la bella armonia dell’ assieme, si sfascierà tutta per dare nuove missioni da compiere, nuovi ideali da tradurre in fatto, o nuove speranze di lucro.
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img159.jpg] Questo buon comico aveva un figliuolo unico, a cui propose con affettuosa esortazione la fuga dalla vita pericolosa secolare, ed il ritiramento alla religiosa, ed ebbene l’intento, vedendolo fatto Religioso zoccolante.
A. dieci doppie, le quali nel tempo, che qui si tratiene ha fatto di debito e non potendosi più sostenere supplica V.
Un fatto sì strepitoso avvenuto in pubblico, poteva ignorarti con verisimilitudine dalla regina? […] Egli stesso non ha fatto di più nella bellissima traduzione di questa medesima scena. […] Quello dell’atto IV mi sembra il più patetico, e ’l Dolce ne ha fatto una troppo libera imitazione. […] Dopo il prologo fatto da Mercurio, mentre Ion attende alla cura delle cose sacre del tempio, il coro composto di donne ateniesi va osservando curiosamente e con molta naturalezza il vestibulo. […] Anche il riconoscimento fatto nel V é vivace e sveglia l’attenzione; ma le domande di Ion mettono in angustia la madre, e ’l poeta é costretto a far discendere Minerva per giustificar Creusa.
Immaginarsi la gioia di entrambi : Colombina gli fe’dono d’un suo ritratto in miniatura, del quale aveva già fatto promessa per lettera, e sul quale egli scrisse la seguente ottava : Già fu il mio primo nome d’Isabella, Franchini nel cognome fui chiamata, Colombina tra’comici son quella, Ch’ora qui tu rimiri effigiata, Mi mutai di Franchini in Biancolelli, Quando in Francesco già fui maritata : Vedoa restai, & hora non son più, Che son moglie a Buffet Carlo Cantù. […] E perchè i comici avean fra l’altre stravaganze inventato che egli, una volta fatto il matrimonio, si sarebbe liberato de’suoceri, dichiarò di sposar Colombina senza dote, contraddotandola di cinquecento scudi, e obbligandosi di pagare a’genitori mille scudi, ove per cagion legittima non volesser più vivere con lui.
Circa poi al non essere Aspasia la sedotta, ma la sorella, l’ ho fatto, e lo ritornerei a fare se fatto non l’avessi.
Confermasi dappoi l’odiosità con l’asprezza che usa al marito, che vien fatto schiavo per aver voluto compiacerla. […] Peccasi sovente da’ Francesi in tal fatto invece d’aiutare con gli affetti degli episodi quello dell’azione. […] Nell’età nostra altresì Pier Jacopo Martelli ha fatto prima del Baruffaldi tal professione, cangiando bene spesso luogo da scena a scena. […] Dopo il Gravina ha fatto qualche uso della disuguaglianza greca il Lazzarini con migliore riuscimento. […] Siccome tal fatto sarebbe verisimile in un altro amante; così non confassi ad un marito che ha già posseduto per anni l’oggetto amato.
Scorgesi certamente in questo giuoco una semplicità regolare di un fatto drammatico; ma esso non passa più innanzi delle danze Messicane e de’ balli delle tribù selvagge.
Le sue strampalerie lo avevan fatto un comico guitto, e un artista intermittente !
mo Padrone hà fatto il regallo quest’anno 1686 : Flaminia Fiali Dob.
Il Fiorilli s’ accinse a risponderli, e fecelo con tanta grazia, e con si bel modo, che spiegando a poco a poco i suoi sentimenti con quella ridicola balbuziente pronunzia, ora tenendo la voce sommessa, ed ora strepitosa innalzandola, e contorcendo la bocca, e dimenando le braccia, ed il tutto eseguendo co’ più naturali movimenti di un uomo, che tale difetto avesse in propria natura, e aggiungendo il Fiorilli in quell’ istante tutto ciò che l’arte seppe insegnarli, svegliò nell’uditorio per sì fatto modo il picchiar delle mani, che confondendosi co’ ripetuti evviva tenne per lunga pezza i due Comici in sulla scena ammutoliti.
ma circa della Compagnia la qualle deba star in cori io son a ubidire li suoi comandi si come ò fatto per lo pasato ma suplico ben Sua Altezza Ser.
E dopo di averle resi i più vivi ringraziamenti per le gentili espressioni che in quello Ella si compiace dirigermi, La prego di voler manifestare a cotesto illustre Ateneo i sensi della mia riconoscenza per l’onore che mi ha fatto di nominarmi suo Socio corrispondente. Mi è poi di grandissima compiacenza l’entrare seco Lei in tali rapporti, che mi procureranno il piacere di conoscer La personalmente, e di riconoscere in pari tempo il di Lei merito anche in fatto di pubblico insegnamento. […] Ma sta in fatto che l’uno e l’altro scopo non ottenner dalla cattedra tutti insieme gli eruditi espositori, com’ egli dalla scena al popolo infiammato. […] Il 29 aprile del '900, Torino, rifugio dell’esule, che gli fu seconda patria, inaugurò, per l’opera costante e amorosa di Giuseppe Cauda, un giornalista, che dell’arte del teatro s’è fatto un culto, il sospirato monumento, degno lavoro di A.
Vi hanno degli istanti in cui l’artista scompare, e resta la donna inspirata, che cogliendo la natura sul fatto, ne simula sì al vero il contrasto delle passioni, da operare un prodigio, da sollevarsi ad altezza tale, dove non lice ad altra.
Erano arrivate a un punto le corbellature dei compagni che ogni qualvolta gli si accennava seriamente ad un fatto storico, egli soleva rispondere : « Ah !
Occhi neri, espressivi, lucenti come il diamante, lampeggianti come stelle ; un sorriso che ipnotizzava tutti con quelle labbra più rosse e fresche del corallo, con quei denti che avrebber fatto invidia alle più autentiche perle orientali ; un’indole quasi infantile, semplice, piena di soave ingenuità, sempre bonacciona con tutti, pronta sempre all’ allegria, alla risata argentina, al buon umore : al tempo della primiticcia compagnia dialettale di Giovanni Toselli ella era il vero cucco del pubblico.
Morta a Pietroburgo la sorella Angiolina celebre cantante, ch’ella avea fatto educare a sue spese nell’arte lirica, n’ebbe in compenso eredità di una villa e di non poco danaro, col quale costruì a Firenze, ove, rimasta vedova, s’era stabilita, la ben nota Arena Nazionale, ch’ella condusse e conduce tuttora con sorti assai propizie.
Battista Fiorillo Comico, nel corso delle fattiche c’ hà fatto quà s’è stabilito merito tale apresso di me, che desideroso fargliene risentir gl’ effetti non le ho potuto negare di procurar la protettione dell’Alt.
E tal fatto mise innanzi al pubblico il Goldoni nella introduzione a quelle recite autunnali, che è nel tomo quinto del Nuovo teatro comico (Venezia, Pitteri, mdcci. viii).
Ove si eccettui la commendata signora Rosina Romagnoli, che se non di tutte, almeno di una buona porzione n’ ha fatto tesoro, dubito che altre si possano ritrovare.
Avanti di entrare in Compagnia Modena, trovavasi a Forlì, ove per la sua beneficiata si pubblicò, in foglio volante, la seguente epigrafe : A GIVSEPPE SALVINI livornese per felice natura potente ingegno accurata industria fatto esempio singolare del decoro della proprietà della grazia onde la drammatica recitazione dilettando governa le menti e i' cuori a figurare gli umani affetti una cosa col vero fra l’unanime applauso dei forlivesi che nel teatro del comune il carnovale del m dccc xliii ammiravano tanta eccellenza i soci delle barcacce ghinassi versari e minardi vollero rendere onore con questa memoria ed augurare all’arte lodatissima perfetta giusta mercede e che italia schiva una volta di usanze forestiere le liberalità rimuneratrici della danza e del canto serbi a più utili studj e non torni in bas tarda
La difesa dell’Aminta fatta dal Fontanini che s’ impresse nel 1700, fu composta per rispondere al discorso censorio fatto contro la pastorale del Tasso dal duca di Telese Don Bartolommeo Ceva Grimaldi per comando dell’accademia degli Uniti di Napoli. […] fatto certo Ciascun de l’altrui vita, e fatto certo Aminta de l’amor de la sua ninfa, E vistosi con lei congiunto e stretto; Chi è servo d’amor, per se lo stimi; Ma non si può stimar, non che ridire. […] L’istesso chiaro autore delle due Semiramidi compose un altro scenico componimento pastorale intitolato il Contrasto amoroso fatto in Lorena l’anno 1591143, in cui, per quel che scrive l’autore a D. […] L’autrice da prima non vi pose i cori, e fu ben fatto (le dice il Manfredi scrivendole a Parma il dì 11 di gennajo), conciosiachè contenendo la pastorale azion privata, non è capace del coro, siccome non è anche la commedia per la medesima ragione, e non vi si fa. […] Lampillas nel voler parlare di questo componimento, si è fatto motto nel tomo IV delle Vic. della Coltura delle Sic.
L’illusione si diminuisce nello spettatore, se vede nell’attore troppi preparativi : per questa sovrabbondanza si dimentica talvolta delle convenzioni sociali e del tacito patto fra l’attore ed il pubblico sul limite stabilito a quella massima, che l’attore, tranne i personaggi co’quali trovasi in scena, deve credere non esservi altra persona che lo guardi e l’ascolti ; precetto che ha bisogno d’essere ben spiegato, perchè non del tutto vero, ed a cui contrasta il fatto. […] Egli diceva come il celebre Zanerini : – L’artista vestito in carattere ha già fatto la metà della parte. – Era cosa poi assai sorprendente per gli stessi artisti che con lui recitavano, il vedere come si prevaleva delle più piccole cose, come una scatola da tabacco, una penna da scrivere, una sedia, un tavolino, per ricavarne un effetto certo in una scena o in altra della produzione.
Ma il sommo credito che andava Sofocle acquistando, non nocque gran fatto alla riputazione di Eschilo. […] Un fatto di tanta importanza avvenuto pubblicamente, poteva ignorarsi con verisimilitudine dalla regina? […] Rechiamo l’eccellente parallelo fatto dal chiar. […] Quello dell’atto terzo mi sembra il più patetico, ed il Dolce ne ha fatto una troppo libera imitazione. […] Aristotile così narra questo fatto, giusta la versione del Castelvetro P.
[4] Degnate non per tanto onorare dell’autorevol vostro suffragio codesto tenue saggio del mio zelo per gli studi voi, che siete solito d’accogliere con tanta benignità tutto ciò, che spetta l’avanzamento delle arti, e delle lettere; voi, che in una città maestra della religione e della politica sostenete con tanto decoro i diritti di un monarca cognito all’universo non meno per la sua pietà nella prima che per la sua prudenza nella seconda; voi, che collocato ih carica sì luminosa rarissimo esempio avete dato a’ vostri pari di sensibilità spargendo lagrime, e fiori sulla tomba d’un amico illustre; voi, finalmente, che nelle vostre sensate, profonde e per’ogni verso filosofiche riflessioni intorno alle opere di Mengs avete fatto vedere che il talento di regolare gli affari non è incompatibile con quello di conoscere le più intime sorgenti del bello, e che il più’gran genio del nostro secolo nella pittura era ben degno d’avere per illustratore de’ suoi pensieri, e confidente uno degli spiriti più elevati della Spagna nella penetrazione e sagacità dell’ingegno come nella squisitezza del gusto.
Attrice famosa, intorno alla quale e antichi e moderni hanno fatto il più fitto bujo che si possa dire.
Più probabile è la congettura del D' Ancona, benchè, senza prova di fatto e con la sola opera alla mano del Lombardo stesso (Nuovo Prato di prologhi di Gio.
Dopo il carnovale del '78, fatto prima al Comunale di Bologna, poi a Firenze, egli cedè la compagnia a suo genero (ne era prima donna Anna Lampredi (V.), e andò a ritirarsi con la moglie e due figlie a Cento, ove aprì una bottega di commestibili ed altro.
Antonio Salsilli fu anche scrittore egregio di articoli e bozzetti di teatro, spesso col pseudonimo di Paron Toni, nella Gazzetta di Napoli, nella Rivista Subalpina, nel Corriere di Roma, nel Carro di Tespi ; autore di commedie, tra cui accolta con molto favore quella in un atto Cicero pro domo sua, e di monologhi, tra cui Il punto interrogativo, fatto celebre dall’arte meravigliosa di Claudio Leigheb, e divenuto poi la delizia di tutti i dilettanti maggiori e minori.
Poteva pur mio padre mettermi a qualche altro mestiero, nel qual credo che avrei fatto miglior profitto, e senza tanto travaglio, poichè chi ha arte ha parte in questo mondo, soleva dire Farfanicchio mio compagno. […] M’ha fatto gettar via una stoccata, che percotendo di rimbalzo nel turbante del Gran Soffi, gli avrebbe buttata la testa nelle tempia del Gran Mogol, e le tempia del Gran Mogol nel mostaccio al Re del Giapone, con lasciare quel Monarca fino alla quarta generazione uomo di poca memoria, ecc. […] Zanni L’altro giorno a sto Signore li fu fatto un grand’ honore, per rubbare no castrato, per la terra fu frustato. […] Bisogna a ponto che sian tanti : tu hai fatto giusto il conto : cancaro, tu hai buona memoria. […] Non era difficile rintracciarlo colla scorta del ritratto di lui, fatto dal vero dal Tumermann (pag. 55) a quello della lunetta (pag. 83) somigliantissimo.
Fazio gli dice che faccia conto che Massimo abbia già saputo il fatto, essendo iti a lui Camillo ed Abondio. […] Chiavria mai imparato a morir sì bene come ha fatto questo valentuomo, il quale muore di fuora eccellentemente? […] Si vede bene che il favellar di gusto e poesia drammatica antica e moderna non è fatto per ogni sorta di antiquarii. […] Timoteo, che è nostro confessore di casa, ed è un santarello, ed ha già fatto qualche miracolo. […] Ogni parola è una bellezza per chi l’analizza, nè l’analizza chi non ha il cuore fatto per ciò che i Francesi chiamano sentimento.
Eccone l’ultimo passo : Quando dico una cosa io, è quella, ed in fatto di equitazione, credo di aver voce in capitolo. […] Il Bellotto recitò molti anni sempre ben visto ed applaudito ; ma poi, alienatosi dalla professione, passò ad abitare in Trevigi, dove, fatto già vecchio, terminò felicemente i suoi giorni intorno all’anno 1766. »
Si è notata in genere la felicità e comicità delle frasi nuove e inattese passate ormai in proverbio, che han fatto il Ferravilla popolare. […] Sani e allegri, perchè senza odio abbiamo riso delle miserie comiche dell’umana famiglia, perchè voi ci avete fatto ridere largamente, pienamente e deliziosamente.
Veramente riaffacciatasi la questione delle date, quella della rappresentazione dell’ Adamo e quella dell’età del Milton, potrebbe cader dubbio sul fatto della prima ispirazione. […] Per intercessione di suo padre, Giovan Battista ebbe l’onore nel 1618 di esser fatto comico ai servizi del serenissimo Francesco Gonzaga II ; e fece con magnificenza di allestimento scenico recitare in Casal Monferrato la sua Turca, in occasione delle nozze di esso Duca con Margherita di Savoja, primogenita del Duca Carlo Emanuele. […] Batista Andreini detto Lelio comico, com’ in effetto ho fatto com’ho potuto, e come V. […] Stravaganti mutazioni di scena, macchine, voli non solo d’uomini ma di cavalli vivi han fatto vedere ciò che forse non avrebbe potuto operare la stessa Magia. Attonito è rimasto ognuno in veder fatto possibile l’impossibile ; poichè, quanto le chimere poetiche han saputo inventare, tutto si è veduto porre in opera dall’arte, più che imitatrice, superatrice della Natura.
Quell’arte deliziosa, che i saggi dell’antichità risguardavano come il dono più grande che gli dei avessero fatto agli infelici mortali, formò mai sempre la passione delle anime bennate, e divenne insieme lo scopo delle meditazioni, e delle ricerche de’ più illustri filosofi. […] Confesso però ch’io debbo l’idea della mia opera, e i migliori mezzi onde sarà eseguita allo studio per me fatto della loro musica e in un della poesia loro. […] Lo stesso m’è venuto fatto d’osservare in tutti gli altri piedi da me indicati, ed ho ravvisato con piacere (e meco l’hanno parimenti ravvisato i più dotti artisti e gli amatori dell’arte, ai quali comunicai le mie esperienze) accordarsi esattamente l’osservazioni degli antichi colla natura, e gli esempi miei colle osservazioni degli antichi. […] In cotal guisa ci verrebbe fatto di comprender lo spirito, e la verità dei diversi componimenti che dovrebbono eseguirsi; i nostri organi acquistarebbero un’aggiustatezza più decisiva e costante, e la nostra perspicacia in distinguere e separare la natura d’ogni modo s’adopererebbe con maggiore avvedutezza, e con sicurezza maggiore. […] Le perpetue desinenze in vocale, che mollezza spesse fiate e grazia le aggiungono ne’ versi corti d’undici sillabe, fievole e cascante la renderebbero nell’esametri, i quali per sostenersi nella loro pienezza e rotondità hanno bisogno dell’aiuto delle consonanti, come si vede aver fatto i Greci ed i Latini.
Se mai potrebbe cader dubbio sulla Gaetana, ma mi pare strano che il Bartoli, suo contemporaneo, non abbia fatto alcun cenno nè di viaggi all’estero, nè della educazione ecclesiastica del marito Gaetano, nè della sciagurata figliuola.
E. ha fatto recitare oggi una comedia dai Gratiani.
ma Altezza Non Auendo potuto Auer l’onore di seruire l’Altezza Vostra Serenissima questo Carnouale per eser io impegnato in Ferrara à Benche il male sia deriuato dà chi poteua impegnarmi Auanti di Ferrara Auendone io fatto là Ricerca ; Tutta Via esendo io disochupato quest’Autunno, se mai l’A.
Scriveva con garbo in prosa ed in verso ; aveva anche fra le sue carte qualche non infelice tentativo drammatico ; si era fatto largo nella schiera degli artisti per l’ingegno suo vivace, per la festività dello spirito, per l’arguzia della parola, per la bontà del cuore, per l’ardore infaticabile de'suoi studj continui.
È questo un Prologo fatto da lui in occasione d’incominciare le sue recite in Bologna l’estate dell’anno 1624.
Fazio gli dice che faccia conto che Massimo abbia già saputo il fatto, essendo iti a lui Camillo ed Abondio. […] chi avria mai imparato a morir sì bene come ha fatto questo valentuomo, il quale muore di fuora eccellentemente? […] Timoteo, che è nostro confessore di casa, ed è un santarello, ed ha già fatto qualche miracolo. […] Nè in regolarità nè in grazia comica cedono gran fatto a quelle de’ contemporanei. […] Ogni parola è una bellezza per chi l’analizza, nè l’ analizza chi non ha il cuore fatto per ciò che i Francesi chiamano sentimento.
Il coro é fatto dalle rane, una di cui scena molto corta ha dato il titolo alla commedia. […] Merita di esser qui rapportato un bellissimo articolo dell’Anno Letterario 1769 num. 31 fatto dal fu M. […] Quel teatro, i cui vecchi fondamenti si additano presto la tomba di Pausania vincitor de’ persiani nella battaglia di Platea, era veramente fatto per gli esercizi ginnici; ma vi si facevano ancora pubbliche rappresentazioni. […] Il poeta tragico Girolamo che col suo sentimento avea fatto determinare i giudici dei drammi a permettere, come cosa lecita e onesti, la rappresentazione delle Nuvole di Aristofane, viene pure per la sua troppo strana e lugubre fantasia dileggiato in un coro degli Acarnanii. […] Insigni ancora sono le sentenze da cotesto nuovo legislatore di poetica e pronunciate contro l’italica nazione in fatto di poesia.
Se ragionasi di teatro, anteporranno l’Ulisse di Lazzarini all’Olimpiade del Metastasio, e tel proveranno con un testo della poetica d’Aristotile comentata dall’Einsio, riguarderanno con disprezzo il Tartuffo e il Misantropo, que’ due capi d’opera sovrani nel genere comico, e vorranno piuttosto seguir l’esempio di Giulio Cesare Scaligero, il quale in una sua commedia intitolata la Valigia introdusse a dialogizzar insieme un coro d’agli e di cipolle per imitar Aristofane, che aveva parimenti fatto parlare sul teatro d’Atene le rane, le vespe, e le nugole. […] Se fosse quistione di scrivere per lo teatro, e non del teatro, l’uomo di gusto esser dovrebbe l’unico giudice, che se ne scegliesse, siccome quello, che avendo meglio d’ogni altro studiate le regole di piacere ad un pubblico illuminato, meglio d’ogni altro saprebbe additare que’ mezzi, che a così fatto fine conducono. […] Avrebbono forse desiderato, ch’io fossi stato più circospetto: cioè nella significazione che danno essi a tal parola, che non avessi osato, di profferir il mio sentimento se non colla timidezza propria d’uno schiavo, che avessi incensato gli errori e i pregiudizi del secolo, e che avessi fatto l’eco vituperevole di tanti giudizi stoltissimi, che sentonsi ogni giorno ne’ privati discorsi e nelle stampe. né vi mancheranno di quelli, i quali, ricorrendo a’ luoghi topici della ignoranza, troveranno nel titolo di straniero una suspizione d’invidia contro l’Italia. […] [13] Sarebbe in me imperdonabile baldanza il presumere di poter supplire a ciò che non hanno fatto gli altri, e che probabilmente non si farà così presto.
Massimamente in un paese e in un secolo dove la musica allora nascente non avea per anco fatto sentire la varietà, le grazie, la dolcezza, e la melodia che manifestò poscia nelle composizioni de’ gran maestri italiani. […] [10] Siffatta riforma venne al melodramma per opera de’ più celebri poeti a quel tempo, de’ quali io non nominerò se non quelli che in qualche modo al cangiamento concorsero, lasciando le ricerche più minute a coloro che stimano aver fatto gran via nella carriera del gusto allorché sanno dirci appuntino il giorno della nascita e della morte, il numero e il titolo delle opere di tanti autori che il pubblico ha dimenticati da lungo tempo senza far loro alcun torto. […] Io l’ho fatto vedere parlando della Euridice del Rinuccini, e l’ho trovata costantemente osservata in quanti mi sono capitati alle mani di quel secolo. […] Ovunque fatto gli venne di rinvenire caratteri grandi e forti gli dipinse felicemente senza confonderne le copie.
Ma io non amo le ripetizioni intempestive fatte unicamente ad ostentazione e pompa; nè questo poi con vostra licenza, manifesterebbe un cuore fatto per sentire. […] Le parole, la sentenza, sieguono la cosa, il fatto: Verbaque provisam rem non invita sequentur. […] Appello al sentimento interiore del Signor Apologista, e alla di lui imparzialità e buona fede, sempre che voglia leggere quei Drammi, fatto però anticipatamente uno sforzo generoso contro a’ pregiudizj nazionali, per portare a tal lettura vista chiara e mente serena. […] Ditemi, per vostra fe, avete voi fatto simili esami prima di trarre colpi da orbo?
L’ultimo dramma del Rinuccini s’impresse nel 1608 nè da più diligenti scrittori che del tentativo da lui fatto insieme col Peri, col Corsi e col Caccini hanno favellato, si accenna che si valessero di eunuchi cosa che certamente non avrebbero omessa a cagione della novità. […] Coltivò ancora il dramma musicale, e ne compose uno assai allora applaudito nelle nozze di Michele Porretti principe di Venafro e di Anna Maria Cesi fatto rappresentare con magnificenza reale. […] Nè passeremo oltre senza aver fatto motto dell’opera buffa che si coltivò con qualche successo e forse con molto minore stravaganza anche per la poesia, come si vede nelle Pazzie per vendetta di Giuseppe Vallaro, nel Podestà di Coloniola, nelle Magie amorose del nominato Giulio Cesare Sorrentino vagamente decorato, e nel piacevole componimento allegorico di due parti la Verità raminga di Francesco Sbarra. […] Nelle ultime vicende dell’Europa si è sperato con più fondamento, Risuonò, è vero, sulle scene del Teatro Reale di Napoli la voce del musico Velluti che vi cantò sino agli ultimi dì della state dell’anno 1808 ma ne partì in fine, e l’eccellente cantatrice Sessi provò col fatto che le donne istruite e dotate di voci felici esprimeranno sempre con verità ed energia le passioni de’ personaggi principali dell’opera eroica.
E con un fatto sì comune, com’ è la morte naturale di un uomo decrepito, è giunto a destare quel terrore tragico, che con impotente sforzo cercano di eccitare i moderni scrittori di favole romanzesche ed atroci. […] Il ridotto del giuoco fatto nel recinto di quest’edifizio comunica col teatro. […] La sala ossia il teatro dell’opera di Berlino fu fatto costruire dal gran Federigo II, e si reputa il più bello di tutto il settentrione, ed è il solo che può gareggiare in qualche modo con quelli di Torino e di Napoli. […] In Italia a qual maestro di musica eccellente si è fatto altrettanto?
Questi stranieri furono i Provenzali, popolo celebre nella storia pella piacevolezza del suo temperamento sempre vivace, alla giocondità, e al riso inchinevole che abbonda di vini spiritosi e di donne galanti, e ch’educato sotto un cielo per lo più sereno e ridente, e in un paese amenissimo sembra fatto a bella posta dalla natura per non aver altro impiego che quello di cantare e ballare. […] «Tutto il mondo è fatto come la mia famiglia» diceva quell’altro. […] La fama m’ha fatto intendere l’avventurosa unione di due amanti così degni di vivere l’uno per e altro, e il mio cuore, rammentandosi le sue passate gioie, ha per la prima volta sentito un movimento di piacere. […] Fermiamoci noi non per tanto un poco più di quello, che non è stato fatto finora a maggior lume di questa materia, sperando che le nostre ricerche non siano per riuscire ingrate o inopportune a chi vorrà approfittarsene. […] All’opposto niuna notizia, niuna allusione, niun cenno neppur lontano si scorge fatto da loro ai riti, nomi, storia, costumanze, o che che altro si voglia degli arabi; Dunque, o nulla pruova il proposto argomento, o pruova in favore de’ Greci e Latini anziché degli arabi.
Giovanni Andolfati figlio di Pietro Andolfati Direttore dell’Accademia Filodrammatica di Milano, dopo aver fatto cattivi affari nel teatro Comunale Milanese (Scala) nell’estate del 1808, domanda al Vicerè un sussidio pecuniario per passare nell’autunno a Trieste, colla sua compagnia.
Anzitutto, Signori, voglio farvi osservare, che nella commedia intitolata Lo Spirito folletto, recitando la parte dello Spirito, secondo ogni idea avuta in fatto di magia teatrale, ho diritto di prender tutte le figure che voglio.
Qualche circostanza di questo fatto ci riserbiamo a narrarla sotto l’articolo del mentovato Rubini.
Col tempo li riparano le stragi, si seminano di nuovo i campi, li rialzano gli edifici, se il nuovo signore lascia intatti i costumi; e non alterando gran fatto il governo, sembra egli stesso conquistato in certo modo dal popolo aggiogato. […] Ma questo fatto é confutato dal Quadrio nella Storia e Ragione d’ogni Poesia tom.
Giovò pel vantaggio che se ne può ritrarre nocque per l’abuso che n’é stato fatto. […] L’ingegno umano sale e scende, e in sì fatto modo cammina sempre.
Lo troviamo poi nella Compagnia di Pedrolino, Giovanni Pelesini, dalla quale, com’egli scrive a un famigliare del Duca da Cremona, il 4 dicembre '95, si partì per mali trattamenti e più per insofferenza di giogo, passando in quella de'Desiosi o della Diana, in cui lo troviamo ancora l’anno successivo a Mantova e a Bologna, il '97 a Piacenza, onde scrive gajamente a Ferdinando de'Medici, chiamandolo nell’ intestatura misericordioso tutore, e nella sopra- scritta « suo come fratello minore Messer Ferdinando Medici, ma non de quei che toccano il polso », e il '99 a Verona, anno appunto, in cui, con decreto del 29 aprile, fu fatto dal Duca Vincenzo soprastante ai Comici mercenarj, ciarlatani, ecc., di Mantova e distretto ; carica che gli suscitò contro l’invidia de' malevoli, com’ egli ebbe a dolersi col Duca in una lettera del 7 di agosto, riferita intera dal D'Ancona. […] A questo tempo il Martinelli, che, avido com’ era, non lasciava nulla d’intentato pel mantenimento sollecito d’ogni promessa che gli veniva fatta, pubblicò un libro per ottenere dal Re e dalla Regina la promessa collana con medaglia d’oro, del quale il Baschet, alla cui opera magistrale più volte citata vo queste notizie attingendo, ha fatto un largo cenno, ma il quale per la sua curiosità e rarità, riporto qui per intero.
Fratello minore di Giuseppe e di Carlo (di cui non ho trovato notizie, ma già comico, e al tempo del’ Bartoli (1781) maestro di ballo in una città della Lombardia), nacque a Bologna ; e dopo di avere fatto qualche studio, si diede all’arte dell’intagliare in legno, nella quale riuscì un fine lavoratore. […] Correva il 1797, e l’Armata Repubblicana, impadronitasi delle Legazioni, aveva fatto, pur ne' più piccoli e remoti paeselli, innalzare l’albero della libertà con in cima il simbolico berretto.
La difesa dell’Aminta fatta dal Fontanini che s’impresse nel 1700, fu composta per rispondere al discorso censorio fatto contro la pastorale del Tasso dal duca di Telese Bartolommeo Ceva Grimaldi per comando dell’Accademia degli Uniti di Napoli. […] fatto certo Ciascun dell’altrui vita, e fatto certo Aminta de l’amor de la sua ninfa, E vistosi con lei congiunto e stretto; Chi è servo d’amor, per se lo stimi. […] L’istesso chiaro autore delle due Semiramidi compose un altro scenico componimento pastorale intitolato il Contrasto amoroso fatto in Lorena l’anno 1591 a, in cui, per quel che scrive l’autore a donna Vittoria Gonzaga principessa di Molfetta b, con novissima invenzione è un solo pastorello e dodici ninfe, delle quali quattro contrastano amorosamente ciascuna per averlo per marito, ed è vinto da una che si chiama Nicea . […] L’autrice da prima non vi pose i cori e fu ben fatto , le dice il Manfredi scrivendole a Parma il dì ii di Gennajo, conciosiache contenendo la pastorale azion privata, non è capace del coro, siccome non è anche la commedia per la medesima ragione, e non vi si fa.
L’altra donna che vogliamo accennare, é la signora Maria Fortuna che ha già fatto stampare la Zaffira e la Saffo, due tragedie in versi sciolti, nelle quali vi é il pregio di uno stile fluido e purgato. […] Egli si é fatto ammirare colle sue commedie del Saggio Amico, col Prigioniero, coll’Ospite Infedele, e con altre produzioni giudiziose, che vanno pubblicandoli in Venezia col titolo di Nuovo Teatro Comico. […] Tra tante buone produzioni drammatiche lei presente secolo, l’opera ha fatto maggior romore ne’ paesi oltramontani. […] Leggansi le varie lezioni di Marcantonio Mureto, e si vedrà di quanti fiori e gemme de’ nove lirici greci Orazio siasi fatto corona, comeché poco di essi ci resti perché si possano puntualmente simili usurpazioni notare». […] Fu fatto in Francia da un bell’ingegno intendente di musica quell’epigramma contro M.