Nell’Ildegarde sopra alcuni fatti de’ bassi tempi intorno a Carlo-Magno tesse l’autore una favola che chiama comica su Ildegarde di lui moglie calunniata.
Al picciol teatrin detto di Piazza (La Piazza Vecchia) vi sono alcuni attori molto attenti.
Volendo però agire con rettitudine, chiesero, dopo alcuni mesi, al Fabbrichesi se persistesse nel suo rifiuto ; ed in tal caso, qualora a lui non dispiacesse, avrebbero inoltrata domanda per ottenere il contratto di privativa in loro nome.
Tratto dall’amor della scena, entrò in una filodrammatica, e in brevissimo tempo sviluppò tali attitudini, che il Demarini, uditolo, gli fu largo di quelle lodi che lo decisero a lasciar l’arte del bulino per quella di commediante ; e abbandonata la casa paterna e la moglie e i figliuoli, si scritturò in una compagnia di pochissimo conto, passando, dopo alcuni anni di vagabondaggio, in quella di Francesco Taddei, col quale stette dodici anni.
Eccellente in tutta la tragedia, tranne alcuni abbagli di situazione, e di minute particolarità, in quell’ atto era perfetto.
Aggiungiamo qui alcuni particolari che traggo da lettere inedite dell’ archivio di Modena, non accennati a' nomi degli attori suddetti.
Ne traggo alcuni per dar l’idea di che cosa fosse diventata la maschera di Brighella Cavicchio di Val Brembana, disceso dalla parte alta di Bergamo, furbo, ladro, raggiratore, rivale in amore di Arlecchino, intrigante, mezzano di matrimonj.
Egli è vero che in Francia, nelle Fiandre ed altrove furonvi alcuni Misteri rappresentati alla muta per le strade; ma gli scrittori che ne parlano, dicono espressamente che si esposero solo alle vista; or quando poi tal circostanza non si specifica, sembra ragionevole il credere che allora si parli di rappresentazioni cantate e recitate. […] Da questo sentimento non contraddetto da i dotti si è fatto un pregio di discordare il più volte rammemorato Lampillas, pretendendo che la Spagna si governasse per alcuni secoli col codigo delle leggi gotiche compilate da Alarico sino dal 506. […] Io credo che a tali lagrimosi eventi punto non attese il Lampillas, e riposò placidamente sulle leggi di Alarico che suppose dal VI secolo felicemente osservate in Ispagna pel tratto di alcuni secoli seguenti. […] «A provarlo (egli dice) si posson recare alcuni bei monumenti tratti dagli Statuti della Compagnia de’ Battuti di Trevigi eretta nel 1261, e pubblicati dal più volte lodato signor conte canonico Avogadro (nelle sue Memorie del beato Errico p.
Alcune traduzioni di qualche commedia del Goldoni, come della Sposa Persiana e del Bourru Bienfaisant son piaciute moltissimo al popolo, e dovea esserne lodato (fuorché in alcune alterazioni fatte senza gusto agli originali) qualunque egli siasi chi ha impreso a mostrare sulle scene spagnuole queste commedie; ma sul medesimo teatro sono state motteggiate da soliti piccioli compositori di saynetes, e ricevute con freddezza da alcuni pochi, che invecchiati in un certo lor sistema di letteratura, sdegnano di approvar dopo il popolo ciò che lor giugne nuovo, Vel quia nil rectum, nisi quod placuit sibi, ducunt, Vel quia turpe putant parere minoribus, et quae Imberbes didicere, senes perdenda fateri. […] Avvegnaché poi alcuni scrittori comici non abbiano composto in quel genere di commedia che Molière portò a sì alto punto, e che Goldoni avea cominciato a risuscitar sulla Senna col mentovato Stravagante Benefico, pure i signori Palissot, Collé, e Beaumarchais han mostrato sufficienti talenti comici, e l’ultimo di essi é riuscito in un genere che ha degenerato in vizioso nelle mani di Falbaire, Mercier, Sedaine, e di altri, i quali erano nati per maneggiar maravigliosamente le passioni, se non si fossero fatti trasportar dalla corrente delle commedie piagnevoli e delle tragedie urbane difettose, cioé di quelle che accoppiano a’ fatti tragici qualche carattere comico266.
Adunque senza tener conto veruno della rigidezza affettata di alcuni sedicenti coltivatori de’ severi studii, i quali sdegnano tutto ciò che non è algebra, nè delle meschine rimostranze di qualche bonzo o fakir, nè delle insolenze di alcuni immaginarj ministri di non so qual filosofia arcana, e molto meno apprezzando le ciancie insidiose smaltite fra i bicchieri delle gran tavole da certi ridevoli pedanti che ostentano per unico lor vanto l’ essersi procacciati varii diplomi accademici, noi avremo sempre in pregio così amena filosofia in azione, di cui gli additati impostori ignorano il valore e la prestanza.
Comparve allora sulle scene del Teatro Carcano di Milano sotto le spoglie del divino Alighieri, declamandone, sviscerandone alcuni canti, fra cui di Ugolino e di Francesca, che suscitaron l’entusiasmo. […] Battaglia è in trattato con alcuni de' miei artisti : colle Botteghini madre e figlia, colla Sadowski, con Bellotti-Bon, col ragazzo Vestri Angelo, e con Lancetti.
Samuele, e continuò per alcuni anni a condur la Compagnia con buona fortuna, recandosi in vario tempo a Milano, Torino, Genova, Bologna. […] Il Rapparini a pag. 184 del suo Arlichino (Heidelberga, Müller, 1718) ce ne dà una lista, più lunga a dir vero del bisogno ; chè alcuni ebber vario il costume, e varia l’essenza : Arlichino, Trufaldino, Sia Pasquino, Tabarrino, Tortellino, Naccherino, Gradellino, Mezzettino, Polpettino, Nespolino, Bertolino, Fagiuolino, Trappolino, Zaccagnino, Trivellino, Tracagnino, Passerino, Bagatino, Bagolino, Temellino, Fagottino, Pedrolino, Fritellino, Tabacchino.
L’ Andreini supplicava il Duca a mettere riparo a tanto sconcio : nè lo supplicava in suo nome soltanto, ma a nome anche di alcuni colleghi, come il Garavini (Rinoceronte), il Ricci (Pantalone), il Soldano (Spaccastrummolo). « L’ A. […] Bartoli - una brava comica per nome Lidia rimasta vedova anch’essa da alcuni anni ; ed essendo di fresca età e vistosa, oltre il suo valore nell’arte del teatro, pensò Gio. […] Il nuovo matrimonio e le domestiche brighe della famiglia distolsero per alcuni anni l’Andreini dallo studio. » Di Lidia abbiamo la seguente lettera alla duchessa di Mantova, colla data di Vienna 16 novembre 1628, già pubblicata in parte dal Bevilacqua : Ser.
E per mentovarne alcuni pochi, nelle Spagne vi si dedicarono sacerdoti, teologi, magistrati, uomini di stato, Solis, Calderon, Montiano, Cadalso, Gusmano duca di Medina Sidonia: in Danimarca Klopstock: in Inghilterra il duca di Buckingam, il nobile Dryden, Milton l’epico della Gran-Brettagna, Adisson ministro di stato, il cavalier Van-Broug, il capitano Stèele: nella Francia Margherita di Navarra compose per la scena; Francesco I cercò d’inspirarne a’ suoi popoli il gusto sulle tracce dell’Italia; il cardinal Richelieu avrebbe voluto passare per potea teatrale, e ne promosse la coltura, onde germogliarono i Cornelii e i Racini; il celebre cartesiano Fontenelle ne scrisse la storia; Boileau Despréaux ne insegnò i precetti seguendo Orazio; il Ginevrino filosofo Gian Giacomo Rousseau volle dare il nome tra’ pregevoli drammatici.
Nell’Ildegarde sopra alcuni fatti de’ bassi tempi intorno a Carlo-Magno tesse l’autore una favola che chiama comica su Ildegarde di lui moglie calunniata.
Del Buonarrotti il giovane e de’ di lui drammi leggasi quanto ne dice il conte Mazzucchelli, a cui si può aggiugnere il giudizio, che della Tancia portò il Nisieli in questa guisa: Ridicolosa, accomodata e ingegnosissima invenzione mi par quella dell’ autor della Tancia commedia, ove per cori all’usanza delle antichissime commedie de’ Greci, inventò alcuni intermedj nel fine d’ogni atto, i quali contengono fragnolatori, uccellatori, pescatori, e mietitori, tutte persone opportunissime alla scena, e convenevolissime al subjetto rusticano.
Nel maggiore sviluppo della Commedia italiana, alcuni tipi rimasero pressochè gli stessi, ma un po’, anzi, raffreddati nell’attenuarsi delle precedenti scempiaggini ; Colombina in vece è andata assumendo proporzioni gigantesche : sia ella protagonista o personaggio di contorno, il più delle volte è il pernio su cui s’aggirano tutte le figure di una commedia : la padroncina per ajuto, la padrona per gelosia, i padroni vecchio e giovane, raggirati, sbeffeggiati, per amore, arlecchino, il futuro marito naturale, per ira, per amore, per gelosia, per disperazione, per…. tutto….
Per la Pazzia di Flaminia, scrisser versi l’Olimpico (11), il Sofferente Incognito (14), e l’Afferrante (60) ; un madrigale dettò Incerto Autore, quando ella rappresentò Angelica nella Pazzia d’Orlando (57) ; altro ne dettò il Zifferante, quando ella era in abito d’Iride (94) ; ne abbiamo del Crivellato sopra un bacio colto da lei in scena, per lo quale s’arrossì (65), dell’Acuto, sopra l’archibugiata sparata da lei (48) ; un sonetto scrisse il Sofferente Incognito, al’hora che risero alcuni al veder che molti veramente piangessero (13), e altro ne scrisse il Galleggiante, mentre ella recitava in habito virile (54).
Della poesia diam come saggio un sonetto alla stessa, alcuni madrigali amorosi, e il coro dell’Imeneo che chiude il primo atto di Afrodite.
Licinio Stolone Roma afflitta dalla peste, sospesa ogni bellica operazione, per liberarli da sì fiero nemico domestico, contra di cui ogni umano argomento riusciva inefficace, pretesa placar lo sdegno celeste con un nuovo culto religiosa, e compose alcuni inni. […] Fiorirono in essa spezialmente Marco Pacuvio, Lucio Accio, o sia Azzio, Caio Tizio, e secondo alcuni, ancora il Seffano Satirico Caio Lucilio, zio materno del gran Pompeo. […] Da alcuni questa Medea é anteposta alla Greca. […] Non pertanto in quello lunghissimo componimento di circa duemila versi fra tanti concetti assettati e strani, trovansene alcuni giusti, ben espressi, e spogliati d’ogni gonfiezza. […] I mimi latini erano picciole favole buffonesche, che da prima si usavano per intermezzo, e appresso furono uno spettacolo a parte, avendo acquistato molto credito per l’eccellenza di alcuni poeti che ne scrissero, e molta voga per la buffoneria che gli animava, e per la sfacciataggine delle mime.
Coteste sacre rappresentazioni, quasi tutte per l’addietro incondite, indecenti e sconnesse, risvegliando nuovamente ad alcuni dotti e ingegnosi italiani l’idea dell’antica drammatica da moltissimi secoli già estinta, dieder loro probabilmente la prima spinta a trattar anche sulla scena argomenti profani e in latino e nella natìa favella con più eleganza e sfoggio e con qualche regolarità e principio di buon gusto, secondo che que’ tempi lo potevano in tal genere di composizione permettere, nella stessa guisa che i rozzi cori pastorali ed i semplici inni dionisiaci della primitiva tragedia greca mossero l’ingegno di Epigene, di Tespide, e di Frinico a darle nuova forma e nuovo lustro. […] In Alemagna erano a que’ tempi in assai voga i giuochi di carnevale, ne’ quali la gioventù mascherata si portava per le case, e vi recitava alcuni dialoghi convenienti alla maschera presa da ciascheduno.
Leandro Alberti vide nel sito, ove era Acradina e Tica, alcuni pochi rottami di tal superbo teatro tagliato nel sassob. […] Formavano ancora una parte del teatro alcuni grandi portici edificati dopo la scena, i quali servivano al popolo per ricoverarsi quando le piogge dirotte interrompevano la rappresentazione.
Vi osservai tuttavia esistenti le macchine che servirono per la rappresentazione della Nitteti, cioè un gran sole, la nave che si sommergeva, un gran carro trionfale, alcuni lunghi tubi ottagoni all’esteriore, ed al di dentro lavorati a lumaca, che ripieni di petruzze col solo voltarsi, e rivoltarsi all’opposto imitavano lo strepito della grandine continuata a piacere. […] Altri spettatori seggono in alcuni scaglioni posti in giro l’uno sopra l’altro a foggia di anfiteatro che chiamano la grada.
Anche i Francesi, ripete Calepio, hanno le loro pecche, come dimostrano alcuni monologhi, di carattere eccessivamente ingegnoso delle tragedie del vituperato Corneille. […] Meritando adunque riflessione distinta la perfezione che spetta alla favola, comincerò da’ pregi che son di questa propri, de’ quali alcuni appartengono alla pura teoria, alcuni alla pratica: ma non di tutto ciò che vien compreso dalla natura della favola stimo che or debba farsi particolar osservazione; perocché non vedo generalmente discordia tra Francesi ed Italiani in tutte le sue parti. […] Nondimeno alcuni de’ nostri in questi ultimi tempi gli hanno anche in ciò superati. […] Al qual proposito mi sovviene esser parimenti biasimevoli alcuni per una ostentazione vana d’erudizione. […] Non così saprei approvare tutti i suoi sentimenti spettanti a’ caratteri: quantunque alcuni sieno rettissimi.
Comunque sia, accettiamoli questi tipi come rappresentanti della Commedia italiana nell’intenzione del Callot, al quale dobbiamo di alcuni di essi non solamente il costume, ma fin anco la conoscenza. […] Bartoli, ve n’ha alcuni (I quattro paggi, I tappeti, ovvero Colafronio geloso) ne’quali Giangurgolo è uomo di Corte e oste ; intraprendente, astuto, compiacente. […] Bartolommeo Bocchini), è fra gli Zanni un Zan Gurgola, da cui forse è venuto erroneamente il nome di Giangurgolo, come da Zan Ganassa si volle fare da alcuni Giovanni Ganassa (V.). […] clxix, clxx i nomi dei Comici che più si acquistaron fama nella rappresentazione di alcuni di quei tipi. […] Io ho udito in Pariggi stando a mensa con alcuni (non so s’ io dica strauaganti, o bestiali humori) auuezzi però alle più rabbiose guerre di Europa : Io con tanti cavalli, in tanti giorni, mi darebbe l’animo di prender il Castel di Milano, & poi passarne per Italia, debellare, distruggere, fare, dire ; & perchè uno de’suoi camerata manco furioso li disse ciò non poter essere, costui saltò di tauola, & con un senso rabbioso disse : hor hora ve lo vo a far vedere ; & così veloce partì, che se non mi fosse stato detto, ch’ egli era andato a dormire io gli voleuo raccomandar certe cose, ch’io ho in Ferrara : orsù, vno di quest’ huomini si può rappresentare, su le scene, & lasciar per gli hospitali quelli, che con un salto vanno all’ Impirio a cena con Giove.
Scortato l’uomo da un affetto sì vivo e per indole osservatore non poté non avvedersi di alcuni barlumi e faville maldistinte che nel giro delle cose vanno scappando fuori, e vengono a lui quasi spontaneamente dalla natura presentate.
Scortato l’uomo da un affetto sì vivace e per indole osservatore non potè non avvedersi di alcuni barlumi e di certe faville mal distinte che nel giro delle cose vanno scappando fuori, e vengono a lui quasi spontaneamente dalla natura presentate.
ed in essa rappresentavansi in alcuni mesi dell’anno piacevolissime commedie.
Scortato l’uomo da un affetto sì vivo e per indole osservatore non potè non avvedersi di alcuni barlumi e di certe faville mal distinte che nel giro delle cose vanno scappando fuori, e vengono a lui quasi spontaneamente dalla natura presentate.
Una catena d’idee uniformi fece spuntar la poesia rappresentativa in tanti paesi che insieme non comunicavano; ed il concorso di altre simili idee sopravvenute a moltissime società pure senza bisogno di esempio le condusse a produrre alcuni fatti comuni a tutti i teatri.
Finalmente, non potendo più resistere all’ inclinazione ch’egli aveva per il teatro, s’insinuò nell’ amicizia d’alcuni comici, i quali seco lo tolsero a recitare, e bravamente riuscì sostenendo con molto spirito il personaggio di Pantalone, a cui era tanto inclinato.
Uscito il programma di Cletto Arrighi, che di lui fu illustratore accurato e amoroso (Milano, Aliprandi, 1888) per la formazione della Compagnia milanese stabile, il Ferravilla vi fu accolto come amoroso, rimanendo per alcuni mesi attore poco men che sconosciuto.
E Francesco Righetti nel suo Teatro italiano, dopo di avere accennato alle invidie suscitate da lei nelle compagne d’arte, e di avere enumerati alcuni difetti di gesto e d’intonazione dovuti a mancanza di scuola, viene a concludere così : Ma io sfido tutti i delicati conoscitori dell’arte comica a dirmi in chi, dove, e quando si è veduto nella commedia italiana una donna, che con tanta grazia, con tanta decenza, e con tanta nobiltà passeggi la scena ?
Nell’Umbria veggonsi in Eugubio alcuni rottami di un teatro, che ebbe le mura reticolate158. […] Nella Spagna solevano alle occasioni alzarsi alcuni teatri di legno. […] L’ altro dell’anno 845 dell’Egira è di un Anonimo, e s’ intitola Comœdia Blateronis, in cui da diversi interlocutori si tratta di tre cose differenti: nella prima parte parlasi della vendita di un cavallo, nella seconda delle furberie di alcuni vagabondi, nella terza di certi innamorati.
Su questo capo alcuni poeti soverchia libertà s’attribuirono, unendo insieme versi così tra loro ripugnanti, che la gonna d’Arlotto men disparate toppe accoppiava. […] Mal dunque alcuni restringono il gesto al moto delle braccia. […] Dee far sentire il numero della poesia, e non dar nel farnetico d’alcuni, che si affannano a credenza, per estinguere ogni sentore di verso ne’ drammi. […] Mal dunque alcuni restringono l’entusiasmo al fuoco della lirica. […] E ben potrei col far minuto esame delle antiche tragedie numerosi rilevarne gli esempî, ma mi contenterò di addurne alcuni che basteranno al mio disimpegno […].
Attalchè, quando i cristiani divennero padroni de’ paesi dianzi posseduti dai gentili, si trovarono quasi affatto sprovveduti di musica, qualora non vogliamo con siffatto nome chiamare il canto de’ salmi, che poco differiva dalla pronunzia ordinaria, o quello degli inni, che eseguivasi a due cori da’ Terapeuti, spezie di monaci orientali, che da alcuni eruditi sono stati, non so se con tutta la ragione, confusi coi cristiani del primo secolo. […] [7] Che che sia di ciò, quantunque siffatto ritrovato incontrasse qualche contraddizione dalla parte d’alcuni, nullameno i più celebri musici d’Italia Anselmo Parmigiano, Fisifo da Caserta, Prosdocimo Bendemaldo, Marchetto di Padova con più altri l’abbracciarono avidamente, onde gran incremento ne prese l’arte del contrappunto. […] Terminati i divini uffizi, correvano pel tempio come forsenati, o si mettevano a saltare e ballare con tale impudenza che alcuni restavano ignudi in presenza di tutti. […] [NdA] In un’opera recente, di cui per alcuni motivi si tace il titolo e l’autore, si mostra gran dispiacere e maraviglia di ciò che dissi in questo luogo della filosofia, e (come avviene quando s’ha più cura di render odioso uno scrittore che d’esporre le cose nel suo genuino aspetto) si è trasferita la mia proposizione dal senso particolare della filosofia applicata agli oggetti religiosi ad un senso tutto diverso, cioè a quello della filosofia, che seguendo il corso delle nazioni forma la partizione delle Opere ragionate.
[2] Altro non resta dunque per compiere l’intrapreso lavoro che il parlare dei mezzi imaginati da alcuni celebri autori per ricondurre la musica e la poesia drammatica al grado di perfezione, del quale la filosofia le credè capaci; perlochè m’è sembrato opportuno l’inserir per intiero una lettera del Sig. […] Al vantaggio non mediocre che gli amatori illuminati di siffatte materie potranno cavare da tal lettura s’aggiunge ancora un conforto non debole per il mio amor proprio quello cioè di trovare gran parte di quelle idee sparse nella mia opera, che da alcuni imperiti sono state riputate insussistenti, avvalorate dall’autorità d’uno scrittore non meno rispettabile per la sua filosofia che per la sua critica, e la sua erudizione. […] L’anno 1751, alcuni musici ottennero dal re il permesso di formare un’Accademia di musica a Parigi, ma per quanto dilettosa ella si fosse, non essendo né diatonica, né cromatica, ned enarmonica, ma piuttosto un intreccio confuso di questi tre generi194, e ciò ch’è più, discorrendo questa per diversi modi in uno stesso soggetto, il presidente Dudrac e tali altri membri del Parlamento deputati all’esame di simile novità la riprovarono e la bandirono con particolare decreto. […] Porrò a confronto ciò ch’han detto della musica italiana alcuni personaggi ragguardevoli per la varietà e l’ampiezza delle loro cognizioni, con quello che ne han pensato i più grand’uomini dell’Italia 198, e tenterò infine di scoprire le cagioni della sua seduzione, e della sua magia, mostrando che la monotonia di cui noi l’incolpiamo deriva meno dall’uniformità dei tratti, delle combinazioni, e dei riposi del nostro canto che dall’uniformità del suo andamento.
Francesco-Maria d’Arnaud de Baculard é autore di alcuni componimenti tragici di un genere troppo lugubre e tetro alla maniera degl’inglesi233. […] Queste, mal grado de i loro difetti, non sono da dispreggiarsi e debbono per certo antiporsi, siccome dice benissimo il signor Palissot, «a tutte le rapsodie romanzesche, colle quali i commedianti francesi hanno avvilito il loro teatro da alcuni anni in qua». […] Ciò mette alcuni poeti nazionali a scrivere pel loro teatro varie favole francesi, nelle quali s’ingegnarono di accoppiar la ragione e la novità colle grazie dell’Arlecchino. […] Non parlano diversamente de’ loro commedianti alcuni francesi ancora.
Mistriss Moore scrisse Percy oltre ad alcuni drammi sacri. […] É una favola ravviluppata, in cui non si trascura la dipintura de’ caratteri tutti comici, e vi si veggono alcuni colpi teatrali che conducono lo scoprimento di un matrimonio secreto che ne forma il viluppo. […] Il titolo è Beggars’ Opera, cioè l’Opera del Mendico, e non già de’ Pezzenti, come la chiamarono alcuni eruditi Francesi ed il sig. […] Tutti i teatri di Londra hanno accessorj commodi e nobili; benchè per questa parte trovansi in Europa più teatri che gli uguagliano ed alcuni che gli superano.
Una catena d’idee uniformi fece spuntar la poesia rappresentativa in tanti paesi che insieme non comunicavano; ed il concorso di altre simili idee sopravvenute a moltissime società pure senza bisogno di esempio le condusse a produrre alcuni fatti comuni a tutti i teatri.
Aggiugnerò soltanto che fra i moltissimi componimenti che mi è convenuto leggere per formarmi una giusta idea del gusto di que’ tempi, a fatica ho trovato alcuni pochi che non partecipano quanto gli altri della universal corruzione. Questi sono que’ d’Andrea Salvadori, il quale meglio d’ogni altro seppe dopo il Rinuccini far versi accomodati alla musica, alcuni del Conte Prospero Bonarelli, dell’Adimari, del Moniglia, il Trionfo d’Amore di Girolamo Preti, e pochi altri. […] Infatti alcuni buffoni chiamati da Talia dopo aver riverita la verità finiscono con un ballo allegro.
La parte che il lodato cardinale ebbe a qualche componimento scenico, alcuni piani che ne distribuiva a Desmaret, Boisrobert, Colletet ed altri, i soccorsi che ne tiravano tanti letterati, la guerra stessa che egli faceva al Cid, ed i beneficii che in compenso versava sull’autore; tutto ciò, dico, contribuì a fomentare e a raffinare il gusto in Francia. […] Pur vi si scorgono alcuni tratti sublimi che non debbono nascondersi alla gioventù. […] Può veramente accordarsi a’ compilatori francesi della Picciola Biblioteca de’ Teatri che veggansi in tal tragedia sparsi quà e là alcuni versi felici e certe bellezze.
L’assenza dell’autore che viaggiò in Francia, in Inghilterra ed in Italia, facilitò ad alcuni d’impadronirsene e considerandola come cosa senza padrone, la rimpastò, la deformò con nuovi personaggi, ed accidenti e grazie e disgrazie novelle. […] Ad onta delle critiche alcuni amatori come chiamansi in Francia, o affezionati come si dicono in Ispagna, vollero recitarla in case particolari, dalle quali passò a rappresentarsi in Cadice nel pubblico teatro mutilata e deformata. […] Così l’ha pubblicato, e me ne fornì un esemplare che pure a petizione di alcuni io tradussi in prosa giusta la richiesta.
Egli è vero che in Francia, nelle Fiandre ed altrove furonvi alcuni misteri rappresentati alla muta per le strade; ma gli scrittori che ne parlano, dicono espressamente che si esposero solo alla vista; or quando poi tal circostanza non si specifica, sembra ragionevole il credere che allora si parli di rappresentazioni cantate e recitate. […] Da questo sentimento non contraddetto da i dotti si è fatto un pregio di discordare il tante volte ammirato Lampillas, pretendendo che la Spagna si governasse per alcuni secoli col codigo delle leggi gotiche recopilate da Alarico sin dal 506. […] Io credo che a tali lagrimosi eventi punto non attese il Lampillas, e riposò placidamente sulle leggi di Alarico che suppose dal sesto secolo felicemente osservate in Ispagna pel tratto di alcuni secoli seguenti.
Ne addurrò dunque alcuni squarci nella propria lingua, non osando trasferirli nella italiana per non toccar con mani profane la Venere ignuda de’ Medici. […] Il Capece lavorò alcuni dove si scorge poesia più fluida e musicale con ispeditezia d’intreccio.
Il Francese Rapin era senza dubbio uno de’ più dotti uomini del suo tempo: le Comparazioni di alcuni Scrittori che ci ha lasciate, non sono già colme di sofisticherie e cavilli, brevi sostegni di scritture momentanee, ma ricche di buona erudizione, di aggiustatezza, e di sapienza: le Riflessioni sulla Poetica fondate nella dottrina Aristotelica spargono lumi utilissimi a profitto degli amatori della Poesia: i suoi Orti hanno una fragranza e un gusto di vera eleganza Latina. […] Sì, caro Signor Lampillas, i Dotti la conoscono; ed alcuni ve n’ha che ne sono impastati a segno, che non solo ne sogliono ragionare egregiamente, ma conservarla vigorosa fino alla estrema vecchiezza.
Francesi ignoranza di alcuni di essi 165. […] Caterina de’ Medici vi porta il buon gusto, e ne sorgono alcuni componimenti 243.
Marcella tenta la fuga, Alarico la trattiene, ma accorsi alle grida di lei alcuni banditi, Alarico fugge.
L’altro dell’anno 845 dell’Egira é di un anonimo, e s’intitola Comoedia Blateronis, in cui da diversi interlocutori si tratta di tre cose differenti; nella prima parte della vendita d’un cavallo, nella seconda delle furberie di alcuni vagabondi, nella terza di certi innamorati, S’ingannò adunque Nasarre, e seco trasse Velazquez che gli credé buonamente.
Giovanni Manzini della Motta, nato nella Lunigiana, scrisse verso la fine del secolo alcune lettere latine, ed in una parla di una sua tragedia sulle sventure di Antonio della Scala signore di Verona, e ne reca egli medesimo (dice il celebre Tiraboschi) alcuni versi che non ci fanno desiderar molto il rimanente.
Tiraboschi, alcuni versi che non ci fanno desiderar molto il rimanente.
— La si fece esordire dopo tutti gli altri artisti nuovi, come una generica, per lasciare che il pubblico accettasse qual vera prima attrice la Pieri-Alberti ; la si tenne inoperosa per molte sere ; le si fecero rappresentare varie parti nuove per lei e vecchie per il pubblico, non la si circondava dei migliori attori ; si trascuravano alcuni accessorj della scena ; le si faceva calare il sipario prima del tempo ; gli amici dell’ Impresa non l’applaudivano per non perdere l’ingresso di favore….
Il Colomberti (le notizie gli furon date da vecchi attori, alcuni de' quali compagni d’arte dello Zanarini, come Nicola Vedova, Federico Lombardi e Lorenzo Pani) ci fa sapere la tragica fine di Don Pietro, prete intransigente, e della povera madre.
Nel Viaggio di Francia (1664 e 1665) costumi e qualità di quei paesi – relazione di Sebastiano Locatelli, prete bolognese, tradotto sui manoscritti originali dell’Università di Bologna e della Biblioteca Comunale di Perugia, e arricchito di una introduzione e di note storico-critiche per opera di Adolfo Vautier, archivista paleografo di Parigi, sono alcuni passi interessantissimi che concernono l’attrice Eularia (V. in Supplemento) e il nostro Zanotti.
Il signor Flaminio Scarselli bolognese si é voluto altresì distinguere fra i tragici italiani; ma che ne dicano alcuni de’ suoi amici e compatrioti, ei si é rimasto di lunga mano indietro ai tre prellodati valentuomini. […] L’armonia poetica non regna ne’ suoi versi che a salti, per così dire, e spesso inopportunamente; ma l’azione viva e lo spettacolo di alcuni colpi forse anche troppo teatrali hanno sostenute le tragedie del P. […] Giuseppe Cirillo, il quale, oltre a varie buone commedie scritte a soggetto ben circostanziate per uso di alcuni civili e illuminati attori Accademici Improvvisatori, che ivi fiorirono alquanti anni addietro, lasciò ancora inedite due commedie di ben espressi caratteri correnti scritte interamente, il Notaio, o le Sorelle, e la Marchesa Castracani. […] Hanno qualche tintura più propria della commedia alcuni drammi giocosi dello Zeno e del Pariati, la Buona Figliuola e ’l Filosofo di Campagna del Goldoni, e la maggior parte de’ drammi del napolitano Gennaro Antonio Federico.
Mistriss Moore scrisse Percy oltre ad alcuni drammi sacri. […] È una favola ravviluppata, in cui non si trascura la dipintura de’ caratteri tutti comici, e vi si veggono alcuni colpi teatrali che conducono lo scoprimento di un matrimonio segreto che ne forma il viluppo. […] Il titolo è Beggars’ Opera, cioè l’Opera del Mendico, e non già de’ Pezzenti, come la chiamarono alcuni Francesi, ed anche il sig. […] Tutti i teatri di Londra hanno accessorii commodi e nobili; benchè per questa parte trovinsi in Europa diversi teatri che gli uguagliano ed alcuni che gli superano.
Il solo Racine può contrastargli la preferenza, né io dubito che non si trovino alcuni che la daranno più volentieri al francese, scorgendo forse nel suo poetare stile più lavorato, maggior verità nella espressione, caratteri più forti e più teatrali, piani orditi più destramante, sceneggiare più unito, e sviluppo di passione più continuato e meglio preparato. […] [27] La felicità, che si manifesta in alcuni squarci delle sue poesie, farebbe quasi credere che questo incomparabil poeta spicasse soltanto nella parte lirica del melodramma; ma quale altissima stima non fa d’uopo concepire de’ suoi talenti in veggendo che egli è anche superiore a se stesso nella parte patetica? […] Gli obbietti dell’universo hanno dapertutto certe relazioni comuni, le passioni hanno parlato in tutti i secoli lo stesso linguaggio, la bellezza di quelli e l’energia di queste è stata espressa da alcuni scrittori in guisa tale, che non possono ritoccarsi senza guastarle. […] Non può negarsi che Metastasio non abbia in alcuni luoghi portata l’imitazione fino ad involar le parole stesse non che i sentimenti, ma generalmente parlando, egli ha l’arte di adattare i pensieri che imita dall’altrui genere al proprio, la qual cosa basta per dare agli oggetti imitati quell’aria di novità, che gli rende pregievoli. […] Soprattutto che non lo prendano per modello di scriver tragedie, siccome alcuni scrittori con appassionato zelo vorrebbono tuttora persuadere all’Italia.
Scelse lo sdrucciolo, in cui alcuni pretesero raffigurare l’immagine dell’antico giambico; ma solo la grazia della locuzione e la maestria inarrivabile di un Ariosto potè renderlo soffribile e compensarne l’irreparabil caduta e la manifesta monotonia. […] E’ vero poi che l’Ariosto si valse di alcuni caratteri antichi, ma seppe adattarli alla propria età e nazione con un colorito fresco ed originale; e moltissimi nuovi ne introdusse, come avvocati, cattedratici, teologi. […] Dopo alcuni scambiamenti avvenuti per l’amorosa follia di Fulvia moglie del dissennato Calandro (onde la favola prende il nome) i fratelli lietamente si riconoscono. […] L’autore vi morse alcuni viventi cittadini, le orme calcando di Aristofane. […] La Flora di Luigi Alamanni s’impresse in Firenze nel 1556 per cura di Andrea Lori che la fece recitare nella compagnia di San Bernardino da Cestello con alcuni suoi intermedj124.
Con tutto ciò molta ingiustizia gli fecero i contemporanei e fangli alcuni semidotti di ultima data. […] Ne diremo ciò che altra volta ne scrivemmo, cioè che può ad esse bastare l’aver servito alcuni anni di capitale a parecchie compagnie comiche. […] Intanto alcuni nemici Affricani assalgono la sede di Albumasar che va a combatterli. […] Tra tanti passi eccellenti è ben difficile scerne alcuni pochi senza far torto al rimanente ; pur ne indicheremo alquanti. […] Vero è che per alcuni anni si tacque quella deputazione accademica ; ma se ne manifestò la cagione ?
Diamone alcuni saggi per maggior chiarezza. […] Sarebbe lo stesso che se ad uno che anela nel corso, altri gettasse fuori di strada alcuni pomi bellissimi, acciocché trattenendosi egli a raccoglierli, non potesse mai toccare la meta. […] [44] Ho udito alcuni cantori scusarsi di cantar male i recitativi accagionando i maestri, i quali coi rivolgimenti inaspettati del basso fanno aberrar la voce in luogo di guidarla. […] E che questa non sia una semplice conghiettura mia l’arguisco da alcuni testi degli autori antichi che sembrano ammettere manifestamente declamazione diversa dal canto. […] In alcuni luoghi sembra indubitabile che la declamazione si cambiasse in un vero canto, o divenisse molto simile ad esso.
Sì, poteva: vi si veggono di tempo in tempo alcuni lampi d’ingegno, alcune buone pennellate patetiche degne d’osservarsi.
Don Nicolàs Antonio ne reca un frammento da lui detto rude, incompositaeque vetustatis , di cui eccone alcuni versi: >Don Fadrique Henriquez y mas de Ribera, >De la Andalucia gran Adelantado, >De sangre muy noble, de ilustre linage, >De quatro costados de generaciones, >Henriquez, Riberas, Mendozas, Quiñones ec.
Don Nicolàs Antonio ne reca un frammento da lui detto rude, incompositæque vetustatis, di cui eccone alcuni versi: Don Fadrique Henriquez y mas de Ribera, De la Andalucia gran Adelantado, De sangre muy noble, de ilustre linage, De quatro costados de generaciones, Henriquez, Riberas, Mendozas, Quiñones ec.
Dalle virtù della Signora Eularia comica illustre, un tal mosso a far versi alcuni ne sputò de’ così tersi, che parver d’ un Toscan nato in Canaria.
Nè si limitò il Duse alla Recitazione del repertorio goldoniano ; chè in molti de’ drammi lacrimosi e degli scherzi comici del tempo, alcuni dei quali scritti a posta dallo Zanchi, dal Calderon, dalla Barluron, egli riusciva artista preclaro.
Certamente acquistano fama agli autori, quando piacciono in teatro pel maneggio felice degli affetti e de’ costumi, e per la vivacità dell’azione; ma se dopo che sono stati stampati e letti con diligenza, non vi si rinviene una bellezza di stilo corrispondente, essi goderanno di una gloria passeggiera, che pure avran comune con alcuni componimenti mostruosi. […] Non senza garbo ha dipinti alcuni caratteri di moda nel Domine Lucas, nell’Honor dà entendimiento, e nel Montañes en la Corte. […] Altri occupano alcuni scaglioni posti in giro l’un sopra l’altro a foggia di anfiteatro, chiamati la grada; e intorno al circolo superiore di quella scalinata trovasi un corredor oscuro che pur si riempie di spettatori, e a livello del primo scaglione inferiore vi ha un’altro corridoio, nel quale vedesi pur la gente in parte seduta in una fila di panche chiamata barandilla, e in parte all’in piedi affollata.
Sono adunque alcuni de’ suoi drammi anteriori a quelli del Zeno. […] Ch’egli era sì grande che ha inspirato in tutti i contemporanei la disperazione di appressarlo nel suo sistema, ed in alcuni il partito di torcere dalle sue vestigia? […] Egli è vero che possono ne’ suoi drammi notarsi alcuni difetti, ne’ quali incorse a cagione del sistema che trovò introdotto, del genere stesso, degli esempj passati, e soprattutto degli abusi musicali, come sarebbero tante arie di paragoni lirici per se stessi eccellenti, e certi amori subalterni, e qualche espressione studiata più che alla scenica non si conviene.
Quivi diè fondo a tutto quel che aveva messo in serbo, acquistando un superbo equipaggio e pigliando alcuni servi…. ma, rimasto poco dopo al verde, quello dovette vendere, questi licenziare : e, per campar la vita, aggregarsi a una compagnia che recitava allora in Napoli, nella quale ancora, e sempre sotto la maschera di Scaramuccia, ebbe il maggiore e miglior de’successi. […] Avuta poi il Fiorilli permissione dal Re di ritornarsene a Parigi, vi ricomparve il ’70, ammirato e applaudito come sempre ; tanto che per alcuni mesi fu disertato ogni altro teatro, e quello di Molière in ispecial modo. […] Ill.ª come fece pure a me iermattina ; vuole che esca di casa, e cosi sono dietro col detto vecchio che dice per vivere per due soli mesi al suo figlio, che si ritirerà in una camera guarnita, e in questo tempo farà alcuni negozi suoi, e poi se ne ritornerà a Firenze, e lascerà qui il vecchio, il quale senza un miracolo di Dio non si potrà ritirare dalla pratica di questa donna ; basta, fra lo Scaramuccia e il Tempesti mi danno non poco da fare.
Eustachio tragedia rimasero inediti, e se ne serbano copie manoscritte da alcuni signori Romani. […] La di lui casa in Firenze divenne un’ accademia letteraria sotto il titolo de’ Percossi, ove intervenivano l’insigne Vangelista Torricelli, il celebre Carlo Dati, Giambatista Ricciardi, il dottor Berni, il Cbimentelli ecc., ed in essa rappresentavansi in alcuni mesi dell’anno piacevolissime commedie. […] Non fu il principe che fe costruirlo, ma alcuni nobili particolari che soggiacquero alla spesa. […] Alterando al fine il sistema drammatico degli antichi si prese a tradurre ed imitar con furore il teatro Spagnuolo, di cui si corressero alcuni difetti, si adottarono le stravaganze, e si perderono non poche bellezze.
Può veramente accordarsi a’ compilatori francesi della Picciola Biblioteca de’ Teatri, che vi si veggano sparsi quà e là alcuni versi felici, e alquante bellezze. […] Pare che i Francesi non tarderanno a ridursi sotto il vessillo della verità e del senno prendendo ad imitar gli uomini ancor nella scena musicale; ed intanto alcuni Italiani, caporione de’ quali si era dichiarato il fu Ranieri di Calsabigi, che sedusse anche il conte Pepoli, incapaci di riescir nell’opera di Zeno, e di Metastasio, si sono ingegnati, senza effetto per altro, di alienarne la propria nazione predicando coll’esempio, e colle parole a favore delle furie danzatrici.
— Lettere Facete e Morali et alcuni brevi Discorsi intorno le Comedie, Comedianti e spettatori…. […] — Traduzione in versi sciolti di alcuni esametri latini di Marco Antonio Rosa Morando a Vincenzo Barziza.
Alessandro Guidi scrisse l’Endimione con ariette musicali, il cui piano ed alcuni versi dicesi che appartenessero alla regina Cristina di Svezia dimorante in Roma. […] A lui dobbiamo ancora alcuni piacevolissimi tramezzi, tra’ quali si distinse la sua Cantatrice Dirindina. […] Chi ne aveva due, chi tre, alcuni sino a cinque. […] Sono adunque alcuni de’suoi drammi anteriori a quelli di Apostolo Zeno. […] Anche il lodato di lui figliuolo Vincenzo produsse in seguite alcuni Oratorii cantati con plauso in più luoghi.
Ed echi martelliani, d’altra parte, è lecito sentire anche nei Mémoires goldoniani, non solo nel piccolo ‘trattato’ sull’opera seria, ma ancor di più nell’indugio su alcuni luoghi topici di Parigi52. […] [1.22ED] Questi ebbero fortuna non dissimigliante alla mia. [1.23ED] Dormirono alcuni più lungamente perché a misura che il farmaco è più o meno possente, lavora in più breve o in più lungo tempo di sonno una nuova tempra di umori che purgano le viscere infracidite e le ristoran mancanti, ed uom si desta appresso e vegeto e rinnovato. […] [1.87ED] Non certamente. [1.88ED] Ma passisi ad altro. [1.89ED] Confronteremo adunque in alcune parti la vostra con la nostra tragedia ed esamineremo a suo luogo la lor differenza come anche le altercazioni moderne fra’ troppo attaccati di venerazione all’antichità e fra alcuni altri che non vogliono attorno altra legge che quella del loro capriccio. […] [2.60ED] L’immaginazione fatica meno e la vista resta più ricreata da quella varia apparenza. [2.61ED] Onde io non so come non sia più diletto il vedere che il supporre l’obbietto, quando per ciò che riflette nell’azione, il vederlo e il supporlo è lo stesso. [2.62ED] Tu mi dirai che la mutazion della scena, che è mutazione fisica di luogo, non è verisimile, mentre non si vede nel vero che un palazzo instantaneamente divenga un giardino. [2.63ED] Ma paragoniamo questo inverisimile ad inverisimili maggiori assai che accadono nelle tragedie di alcuni de’ nostri Greci, per voler rappresentar tutto in piazza, e di alcuni de’ vostri Franzesi per voler rappresentare tutto in casa. […] Io feci aprirne la rappresentazione in una satirica, e in ciò pure credei seguire la mente di Sofocle, e lo toccherai tu con mano, se me ne ricorderò alcuni passi.
L’amore della poetica armonia che bevve il Peri in sì bei fonti, gl’ispirò l’ardente desio di verseggiare, e compose alcuni poemi e le riferite pastorali, nelle quali egli stesso rappresentava in compagnia di altri caprai.
L’amore della poetica armonia che bevve il Peri in sì bei fonti gl’ inspirò l’amore di verseggiare, e compose alcuni poemi e le riferite pastorali, ch’egli stesso rappresentava in compagnia d’altri caprai.
Intanto i marinaj tagliavano le corde del battello grande, situato al fianco della nave, e quelle della yole, per calarli in mare ; ma per l’oscurità, e per la confusione, la yole rimase attaccata, e non fu calato che il battello, entro del quale discesero alcuni marinaj, respingendo violentemente chiunque tentava seguirli.
E però, imitando alcuni de' suoi grandi predecessori, fra cui primo il Coltellini famoso, egli ha aperto nella sua casa di Venezia un ricchissimo negozio di oggetti antichi, ai quali è già tanto affezionato, che tra' più gustosi aneddoti della sua vita è questo, che, venduto un orologio antico a un forestiero, tanto se ne accorò, che non potè riacquistar l’antica pace, se non quando con perdita non lieve ebbe recuperato l’oggetto.
Istrumentano di troppo in alcuni sentimenti comuni, e lasciano inoperosa l’orchestra in più luoghi dove la musica strumentale dovrebbe supplire ai silenzi energici del cantore. Molti e singolari esempi degli indicati difetti si trovano nelle composizioni dei moderni maestri, ma basterà per confermazione del mio assunto rilevare alcuni tratti dalle opere d’un compositore in oggi rinomatissimo cioè di Giambattista Borghi. […] [31] In queste e simili occasioni dove la natura dell’affetto lo richiede e la poesia lo comporta va bene il replicar coll’armonia alcuni tratti dell’aria, come ha fatto da gran maestro il celebre Gluck nel «che farò senza Euridice?» […] [33] Bisognerebbe render grazie al Piccini per essere stato (a quello che sento da alcuni) il primo a sbandirne i noiosi da capo sostituendovi le arie lavorate a rondò, del che ne diede egli per la prima volta un plausibile esempio nel «Dov’è? […] Se la leggerezza, la varietà, la leggiadria, il brio, l’abbondanza, l’analisi più minuta dei tuoni, un maggiore raffinamento in tutte le sue parti, ed alcuni antichi pregiudizi tolti di mezzo per sostituirvi degli altri bastano a caratterizzar il buon gusto d’un’arte imitatrice, la nostra età dovrebbe a ragione chiamarsi il secolo d’Augusto per la facoltà musicale.
La parte che il lodato cardinale ebbe a qualche componimento scenico, alcuni piani che ne distribuiva a Desmaret, Boisrobert, Colletet ed altri, i soccorsi che ne tiravano tanti letterati, la guerra ch’egli faceva al Cid, ed i beneficj che in compenso versava sull’autore, tutto ciò, dico, contribuì a fomentare e a raffinar il gusto in Francia. […] Pur vi si scorgono alcuni tratti sublimi che non debbono nascondersi alla gioventù.
Calzarono allora con particolar lode il coturno Marco Pacuvio, Lucio Accio ovvero Azzio, Cajo Tizio, e secondo alcuni anche il Sessano satirico Cajo Lucilio. […] I frammenti Luciliani si raccolsero dagli Stefani, e dal Douza furono illustrati con alcuni scolii e impressi in Lione nel 1597. […] Sembra inutile il dar pieni estratti delle sue commedie per essere troppo note, e temerità il tradurne alcuni squarci per la difficoltà di conservarne le bellezze. […] Gli autori Greci ed alcuni de’ Latini ne erano per lo più gli attori, nè abbisognavano di tali soccorsi marginali. […] Vi sono alcuni autoruzzi d’oggidì, i quali non vorrebbero che si parlasse degli antichi, perchè (dicono) di essi si è tanto scritto.
Fra tanti passi eccellenti è ben difficile scerne alcuni pochi senza far torto al rimanente; pur ne indicheremo alquanti. […] Reso, Frisso, Medea stessa, benchè vi s’introducano alcuni Greci, non per tanto i protagonisti sono stranieri, o straniere ne sono le azioni. […] Chi ne avea due, chi tre, alcuni fino a cinque. […] Nel Ladislao non si estende il ridicolo all’oscenità per la legge X: ma l’oscenità se è stata talvolta usata nelle commedie da alcuni autori, non è stata mai nè lodata nè prescritta per la stessa commedia bassa, ma detestata dovunque trovisi. […] Antonio di Gennaro già Duca di Belforte morto nel gennajo del 1792 lasciò tralle altre sue poesie alcuni componimenti drammatici da cantarsi verseggiati con eleganza e con armonia.
Onde la fabbrica potè riuscir bella agli occhi di alcuni, ma né buona né bella per chi dritto estima.
Maria Ignazia Ibañez già prima donna ne’ teatri di Madrid, morta alcuni mesi dopo, rappresentò non senza energia tanto la parte di Ormesinda, quanto quella della Contessa nel Sancio Garcia.
I moderni adunque si accennano soltanto, e di alcuni se ne produce qualche bellezza, e se ne forma giudizio.
A testimoniar dell’ingegno e degl’intendimenti artistici di Giovanni Emanuel, del suo metodo di studio, de’ suoi timori, della sua forza, della sua perseveranza, della sua alterezza, e soprattutto della sua sincerità, ecco alcuni brani di una sua lettera del 12 gennaio ’87, indirizzata al Direttore del Fieramosca di Firenze, a proposito appunto della interpretazione nuova e inattesa dell’ Otello, che generò discussioni e polemiche non più udite, e, direi quasi, non più visti accapigliamenti.
Di quanto effetto sarebbero talvolta alcuni riposi opportuni ed espressivi? […] Si passa allora a descrivere l’amore, nel quale il corpo si inclina verso l’oggetto amato e ne imita alcuni tratti in segno di venerazione. […] Così per rispetto, alcuni si ricoprivano il capo e stavano ritti, e noi teniamo scoperto il capo, e più o meno ci pieghiamo. […] Per cui, mentre alcuni gesti sono cooperativi, l’uno è inteso all’oggetto, l’altro al soggetto, né manca chi ad un tempo sia imitativo o dell’uno o dell’altro. […] Come alcuni scorci, o morti, o accidenti stranissimi, che fanno il merito di alcuni quadri di Michelangelo, di Raffaello, del Vinci?
Una donna lo rimprovera per questa nuova follia; ma egli senza darle retta pronunzia alcuni versi tragici come se veramente fosse Elena. […] Euripide torna vestito dá Ecco, e la finta Andromeda recita alcuni versi tragici. […] Bacco in compagnia di Santia suo servo che porta alcuni vasi, un letto ed altro, batte alla porta di Ercole, e gli dice che in leggendo l’Andromeda di Euripide erasi invogliato di trarre questo tragico dall’inferno ed averlo seco. […] Degno di lode (ei dice) è questo nostro al pari de’ poeti antichi, perchè egli abborrisce que’ medesimi che noi detestiamo, e perchè non teme di dire con franchezza ciò che è giusto… Egli è vero che da alcuni di voi, o spettatori, gli è stato amichevolmente insinuato di astenersi dal troppo accusare; ma egli ne ha imposto di rammentarvi la gran difficoltà di comporre ottime commedie atte a piacere, e quanti pochi sinora vi sieno riusciti. […] Il dotto traduttore di Demostenea trasporta colla solita grazia alcuni squarci di questa scena per mostrare le smancerie adoperate da ambedue verso quel vecchio rimbambito: Cle.
La partenza de’ guerrieri dai loro villaggi (cosi ne parla lo storico Robertson a), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in agguato, la maniera di sorprendere l’avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa de’ prigionieri, il ritorno dei conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra.
La partenza dei guerrieri dai loro villaggi (così ne parla lo storico Robertson 34), la marcia nel paese nemico, le cautele colle quali si accampano, l’accortezza con cui pongono alcuni del loro partito in aguato, la maniera di sorprendere l’ avversario, lo strepito e la fierezza della battaglia, lo strappamento del pericranio a quegli che sono uccisi, la presa dei prigionieri, il ritorno de i conquistatori in trionfo, ed il tormento delle vittime sventurate, sono tutte cose che vi si rappresentano una dopo l’altra.
Il gennaio del 1627 Francesco Gabbrielli era a Ferrara, come si vede da questa lettera del 6, senza indirizzo, ma scritta ad Antonio Costantini, segretario del Duca di Mantova, la quale io traggo inedita dall’archivio dei Gonzaga e pubblico intera, per le notizie importanti che ci dà di alcuni comici : Ill.
Dopo di che l’autore dell’Arte rappresentativa dà alcuni esempi di Consiglio, di Persuasiva al figlio, di Maledizione al figlio….
Nocquegli in molte di esse la versificazione che prescelse, ad onta di averla renduta al possibile armoniosa, sì per esser nuova in teatro, sì per la rima e la monotonia che l’accompagna, e le di lui tragedie dopo alcuni anni cessarono di rappresentarsi. […] Con tutto ciò molta ingiustizia gli fecero i contemporanei e fangli alcuni semidotti de’ giorni nostri. […] Se questa favola da alcuni non si voglia ammettere tralle migliori tragedie, io credo che al compiuto trionfo del Varano si oppongano i due ostacoli che soggiungo. […] Si pubblicò in Bassano nel 1779 Ugolino Conte de’ Gherardeschi tragedia senza nome di autore, la quale non sembra che ottenga pienamente il fine tragico, con tutto che vi si notino alcuni passi lodevoli che ne accenneremo. […] Vero è che da alcuni anni tace quella Deputazione Accademica; ma se n’è manifestata la cagione?
Per Dotti intendo ancora un buon numero d’ingegnosi Militari, di cui conosco alcuni, i quali al brio marziale, al buon gusto, alla pratica del Mondo, hanno accoppiato uno studio delle Fisiche, una intelligenza delle dottrine di Keplero, di Leibnitz, e di Newton, da fare arrossire non pochi di certi Savj Solitarj, che si credono i soli custodi della Scienza. […] In prima quei versi accennati da Orazio potevano essere tutt’altro che Drammatici, sapendo che nel Circo soleano darsi varj Giuochi, come gli Apollinari, i Cereali, i Romani, i Megalesi1, ne’ quali talora si cantavano, e si ballavano altri poemi ancora; ed Ovidio ci dice, che se ne ballarono alcuni suoi2: Et mea sunt populo saltata poemata sæpe.
Le sue commedie hanno un dialogo felice e grazioso, e vanno in dieci tomi, benché si vuole, che molte ne pubblicassero alcuni anonimi sotto il di lui nome. […] Questo monarca ballò in pubblico nell’opera italiana dell’Ercole amante insieme colla regina; e di poi la varie commedie-balletti di Molière coi principali personaggi della sua corte e cogli attori e ballerini fino al 1670 trentesimo secondo dell’età sua, quando scosso da alcuni versi del Britannico di Racine207, si astenne di ballar più in teatro.
Di Demofilo e Posidio incontriamo altresì alcuni frammenti; ma da una commedia del primo detta Onagos Plauto compose la sua Asinaria.
A. aiuto e protezione, in nome anche di alcuni compagni, quali erano : mes.
E la supposizione di alcuni, che il Bruni, pistoiese, fosse lasciato colla madre a Bologna, intanto che il padre scorrea colla compagnia il mezzogiorno d’Italia (e non saprei poi perchè più tosto a Bologna che nella città natale), cade dinanzi all’oroscopo che traggo, come gli altri, dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, il quale ci dice il Bruni bolognese.
Però non manca chi il dice monotono in alcuni suoi lazzi e movenze : pur v'è chi risponde esservi in lui la stessa monotonia che nella natura.
Dico ciò perchè alcuni sogliono prendere queste due voci indifferentemente l’una per l’altra.
Formavano ancora una parte del teatro alcuni gran portici edificati dopo la scena, i quali servivano al popolo per ricoverarvisi quando le piogge dirotte interrompevano la rappresentazione.
Bisogna dire che questi sieno i pretti originali degli eruditos à la violeta dell’ ingegnoso mio amico il signor Cadalso y Valle, e che appena leggano pettinandosi alcuni superficiali dizionarj o fogli periodici che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, e che con tali preziosi materiali essi pronunziano con magistral sicurezza, che il canto rende inverisimile le favole drammatiche.
Dico che furono i primi, poiché sebbene trovinsi fra i Greci surriferiti alcuni gesti esprimenti un qualche fatto, ciò nonostante l’idea d’una intiera commedia o tragedia rappresentata da capo a fine senza il soccorso delle parole e col solo aiuto dell’azione non fu conosciuto per la prima volta fuorché in Roma sotto il comando di Augusto. […] S’ignora chi fosse il primo nella Grecia a separare la pantomima della poesia; presso a’ Romani fu il poeta Livio Andronico, il quale facendo, secondo il costume di quei tempi, da attore nella sua commedia, fu forzato dal popolo a ripetere diverse volte alcuni passaggi favoriti; per lo che ottenne la permissione di sostituire in suo luogo uno schiavo, che cantasse il poema insieme col musico mentre egli medesimo rappresentava la stessa azione col gesto muto175. […] La prima fu una moresca di Jason, il quale comparse nella scena da un capo ballando, armato all’antica, bello, con la spada ed una targa bellissima; dall’altro furon visti in un tratto due tori tanto simili al vero che alcuni pensorono che fosser veri, che gittavan fuoco dalla bocca ecc. […] Dietro agl’insegnamenti di questo maestro e d’alcuni valenti Francesi, s’è coltivata altresì la pantomima comica, e quella di mezzo carattere cosicché il ballo rappresentativo può dirsi in oggi salito (se crediamo agli encomi de’ suoi partigiani) ad un grado di maggioranza quale non ebbe mai per l’addietro sulla scena italiana fra le mani principalmente di le Picq, di Vestris, di Giuseppe Salomoni, di Viganò, di Clerico, e d’altri professori di minor grido.
Nel 1736 egli l’ avea già composta, ma si trattenne alcuni anni di pubblicarla, o per non farla comparire, mentre si applaudiva l’Amasi di M. […] Noi non abbiamo dissimulati alcuni difetti delle migliori sue favole, affinchè la gioventù non creda di trarre da sì ricca miniera sempre oro puro; ma tralasciamo di spaziarci sulle altre più abbondanti di difetti che di bellezze. […] Osserva in seguito che Du-Bos varia dal primo racconto in qualche circostanza dicendo che i due figli di Avogadro furono giustiziati alcuni giorni dopo; ed anche di ciò vuol dubitare il Belloy per questa gran ragione che non sa d’ où il emprunte ce recit.
L’altro dell’anno 845 dell’Egira è di un Anonimo, e s’intitola Comoedia Blateronis, in cui da diversi interlocutori si tratta di tre cose differenti: nella prima parte parlasi della vendita di un cavallo, nella seconda delle furberie di alcuni vagabondi, nella terza di certi innammorati.
Bisogna dire che questi sieno i pretti originali degli Eruditos à la violeta dell’ingegnoso nostro amico Joseph Cadhalso y Valle, e che appena leggono pettinandosi alcuni superficiali dizionarii o fogli periodici che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, e che con tali preziosi materiali essi pronunziano con magistral franchezza che il canto rende inverisimili le favole drammatiche .
Questi Trobadori erano quasi tutti Principi, Cavalieri, Militari con alcuni Vescovi, Canonici, Claustrali, e altre persone le più distinte ed amabili dell’uno e dell’altro sesso, che aveano spirito, senso e talento per la gaja scienza, cioè per la scienza d’ amore e di poesia a que’ tempi usata.
Per la primavera di quell’anno 1857 Ernesto Rossi doveva formare una Compagnia drammatica di primo ordine per incarico di alcuni capitalisti triestini.
Nelle commedie dette di spada e cappa egli dipinse bene i costumi, se non che talvolta esagerò oltre i confini naturali per far ridere, come si scorge in alcuni tratti della Dama Melindrosa. […] Nè anche pongo nel teatro tragico Spagnuolo quelle mille tragedie dell’Andaluzzo Giovanni Malara, le quali, sull’ asserzione di Giovanni della Cueva che le mentovò in alcuni suoi versi, sognarono i moderni apologisti che esisterono e si rappresentarono verso il 157952. […] E se non ebbero nella commedia Ariosti, Machiavelli, Bentivogli, Cari ed Oddi, e nella tragedia Trissini, Rucellai, Giraldi, Alamanni, Tassi e Manfredi, possono pregiarsi di aver prodotti nel Vega, nel Castro, nel Sanchez, nel Mira de Mescua, più di un Shakespear, e nel Cueva, nel Ferreira e nel Perez, e nello stesso Bermudez convinto di vergognoso plagio, alcuni pochi tragici non indegni degli sguardi del pubblico.
Ma per quante ricerche abbia io fatte affine di verificar l’epoca indicata dal Grillo non mi è avvenuto di poterlo fare, né ho ritrovato notizia alcuna del dramma musicale avanti ai tempi di Carlo Secondo, nelle nozze del quale con Marianna di Neoburg si rappresentarono alcuni drammi colla musica del Lulli, il primo dei quali fu intitolato l’Armida.
Ma qualche mio amorevole compatriota m’insinuò, che nel reimprimere il mio Libro parlassi pure del Teatro Italiano al pari degli altri, perchè non era così noto come io pensava, e perchè alcuni nostri Eruditi ne favellavano in termini assai generali secondo il proprio gusto o interesse, e non secondo la verità istorica, e gli emuli forestieri mettevano a profitto le loro parole per iscreditarlo.
Ecco per quel che concerne la maschera del Dottore le parole di Pier Maria Cecchini, il famoso Fritellino : La parte del Dottor Gratiano tanto grato à chi l’ascolta (quando vien fatta da chi l’intende) vien hoggi dal poco conoscimento d’alcuni adulterata in guisa, che non gli vien lasciato altro, che ’l semplice nome.
Davari, nelle quali Don Giovanni De' Medici si oppone strenuamente a che alcuni de'suoi comici Confidenti (Mezzettino Onorati e Scapino Gabbrielli, e primo lo Scala), passino a richiesta di Lelio e di Florinda, a far parte della Compagnia che il Duca di Mantova vorrebbe inviare in Francia.
Galzarono allora con particolar lode il coturno Marco Pacuvio, Lucio Accio ovvero Azzio, Cajo Tizio, e secondo alcuni anche il satirico di Sessa Cajo Lucilio. […] I frammenti Luciliani si raccolsero dagli Stefani, e dal Dousa furono illustrati con alcuni scolii è impressi in Lione nel 1597. […] Sembra inutile dar pieni estratti delle sue commedie per essere troppo note, e temerità tradurne alcuni squarci per la difficoltà di conservarne le bellezze. […] Gli autori Greci, ed alcuni de’ Latini no erano per lo più gli attori, nè abbisognavano di tali soccorsi marginali.
Egli insomma portò la melodia teatrale al maggior grado di eccellenza a cui sia stata finora portata, e se non ci fosse stato da troppo immatura morte rapito87 la quale gli proibì di potersi correggere di alcuni difetti annessi al genio ci avrebbe forse fatto vedere, che se la musica moderna non produce i maravigliosi effetti dell’antica, ciò non proviene dall’esser ella incapace di produrli, ma da mancanza delle nostre legislazioni, che non sanno convenevolmente applicarla. Scarlatti il giovane, Durante, Perez, Terradeglias, Lotti, Ziani, Gasparini lucchese, Sarro, Mancini ed alcuni altri lavorarono all’esempio loro con ottimo gusto, benché con istili alquanto diversi, de’ quali però, non formando classe da per sé, ma riducendosi a principi esposti di sopra, non occorre il farne individualmente menzione.
Alcuni musici, lavorando per domestico diporto alcuni componimenti d’armonia saparata dalle parole, introdussero poscia nei cori dei drammi e in quelli dei giuochi pitici la fatale usanza di render la musica strumentale indipendente della vocale112. […] Lo che si vede da ciò che sovente la stessa composizion musicale produce il medesimo effetto applicata a parole di sentimento intieramente diverso, siccome notarono alcuni nel famoso monologo di Armida di Giambattista Lulli, e nello stabat mater del Pergolesi. […] Chi sostiene che il modo significasse lo stesso che il ritmo; chi ripon la sua essenza in una spezie differente di diapason; circa gli strumenti ci è del tutto ignota la maniera con cui collocavano essi le corde, se queste salissero per via di quarti di voce, di semituoni, di tuoni intieri, o con maggiore distanza; cosa fossero le loro tibie, o flauti semplici, doppi, obliqui, destri, o sinistri, trovandosi gli autori discordi a segno, che al medesimo strumento, cui veniva da alcuni assegnato il tuono acuto venga accordato da altri il tuono grave, come alla stessa cantilena s’attribuiscono più volte effetti opposti non che dissimili.
Nelle commedie dette di spada e cappa egli dipinse bene i costumi, se non che talvolta esagerò oltre i confini naturali per far ridere, come si scorge in alcuni tratti della Dama Melindrosa, Nelle opere che ci lasciò, s’incontrano dodici componimenti col titolo di tragicommedie, le quali punto non differiscono da quelle che chiamò commedie. […] Nè anche pongo nel teatro tragico spagnuolo quelle mille tragedie dell’andaluzzo Giovanni Malara, le quali, sull’asserzione di Giovanni de la Cueva che le mentovò in alcuni suoi versi, sognarono i moderni apologisti che esisterono e si rappresentarono verso il 1579a. […] E se non ebbero nella commedia Ariosti, Machiavelli, Bentivogli, Dovizii, Cari ed Oddi, e nella tragedia Trissini, Rucellai, Giraldi, Alamanni, Tassi e Manfredi, possono pregiarsi di aver prodotti nel Vega, nel Castro, nel Sanchez, nel Mira de Mescua più di un Shakespear, e nel Cueva, nel Ferreira, nel Perez, e nello stesso Bermudez tuttochè convinto di vergognoso plagio, alcuni pochi tragici non indegni degli sguardi del pubblico.
Maria Ordoñez già prima donna ne’ teatri di Madrid, morta alcuni mesi dopo, rappresentò non senza energia tanto la parte di Ormesinda quanto di Elvira nel Sancho. […] A lui dunque s’imputi se per renderlo avveduto del suo torto ne aggiugneremo alcuni tratti. […] Alfonso riposando su tali disposizioni riflette sulla condizione infelice de’ principi, valendosi di alcuni pensieri Oraziani, O fortuna invidiable del villano &c.
Che già avendo essi scosso di per sé il giogo di alcuni vecchi pregiudizi, come è aperto a vedersi in alcune delle loro composizioni, e nell’Andromaca singolarmente del Iomelli, riuscirebbe loro meno difficile che agli altri lo entrare nella intenzion nostra, che è di secondar sempre e di abbellir la natura.
Lasciate correre: già sapete in qual mondo oggi siamo: vi sono alcuni saputelli, che vogliono saper più de’ Saccentoni, nè si accomodano più a certa Filosofia di un tempo, in cui le voci bastavano a dar corpo alle ombre.
Eustachio tragedia rimasero inediti, e se ne serbano copie manoscritte da alcuni signori Romani.
Itramezzi che oggi nelle Spagne si rappresentano nell’intervallo degli atti delle commedie, o sono alcuni antichi entremeses buffoneschi di non molti interlocutori che continuano a recitarsi per lo più dopo l’atto I, o sono sainetes 26, favolette più copiose di attori e più proprie de’ tempi presenti, perchè vi si dipingono i moderni costumi nazionali, e se ne riprendono le ridicolezze e i vizj, recitandosi con tutta la naturalezza e senza la cantilena declamatoria delle commedie.
Come parte integrante dell’articolo che concerne l’Antonazzoni, metto qui sotto gli occhi del lettore alcuni brani di una pastorale di lei tuttavia inedita, che verremo al proposito della recitazione esaminando, e la riproduzione fedele della lettera dedicatoria a Giambattista Ferrari.
E quando Pitagora, non contento di render musicali la terra, l’anima, e gli elementi, sollevò fino al cielo l’armonia volendo ch’ella fosse il principio regolatore del movimento dalle sfere; quando Platone fa dipender da essa non solo l’allegrezza, il dolore, l’iracondia colle altre passioni, ma le virtù eziandio e i vizi e la sapienza degli uomini; quando Ateneo ci assicura che gli Arcadi deponessero la loro ferocia costretti dalla soavità dell’armonia, e che a questa fossero debitori di più temperati e più religiosi costumi; quando Plutarco ci insegna aver gli dei donata ai mortali la musica non pel vano ed inutil diletto dell’orecchio, ma sibbene acciochè s’occupassero ad affrenare gli sregolati movimenti che destan nell’animo le troppo lussureggianti imagini delle terrestri Muse sotto il qual nome compresa viene ogni sorta di sregolata cupidigia; quando Gaudenzio, poeta greco, al cominciar il suo poema sulla musica scaccia «lungi da sé i profani» protestandosi di dover parlare d’un’arte affatto divina; quando Polibio ne inculca la necessità della musica per l’educazione, e rammenta i prodigiosi effetti operati da essa su alcuni popoli della Grecia; quando Montesquieu impiega un’intiero capitolo della sua opera immortale dello spirito delle leggi nel verificare i fatti che si rapportano, e nel rintracciarne le cagioni; quando il dottissimo Brown ci fa toccare con mano la grande e generale possanza che acquistò l’armonica facoltà sulle menti e sulle azioni degli antichi Greci; quando Burney, il più accreditato scrittore ch’esista della storia musicale, conferma il fin qui detto con una serie prodigiosa di fatti e d’antiche testimonianze: sarà un “discorrere in aria” l’argomentare dall’autorità riunita di tanti e così bravi scrittori, che gli Antichi avessero della musica un’idea superiore di molto a quella che noi ci formiamo di essa, e che avvezzi fossero a veder operati dalla melodia degli effetti sconosciuti ai moderni? […] I due canoni che prescrive il Signor Manfredini per applicar rettamente la stessa musica a varie parole, cioè che i versi sieno d’una stessa misura, e che il sentimento delle parole sia lo stesso, sono piuttosto regole di ciò che dovrebbe esser che di ciò, ch’è infatti, imperocché ad eccezione d’alcuni pochi maestri la maggior parte dei moderni lavora delle musiche applicabili a cento sentimenti diversi, come io l’ho fatto demostrativamente vedere colle pruove alla mano in otto pagine dell’ultimo capitolo del secondo tomo, adducendo inoltre le carte musicali che lo confermano205, quantunque né di queste né di quelle l’incomprensibile benignità dell’estrattista abbia creduto opportuno di farne menzione. […] Ma io ho depresso alcuni compositori della nostra età? Ebbene il lodare gli scrittori d’un tempo e il biasimare alcuni d’un altro è forse un contraddirsi?
A lui dunque s’imputi, se, per renderlo avveduto del suo torto, ne soggiugneremo alcuni tratti. […] Alfonso riposando su tali disposizioni riflette sulla condizione de’ principi bene infelice, e si vale di alcuni pensieri di Orazio, o fortuna invidiabile del villano ec. […] Non è ragionata perchè nulla addita nè degli errori nè delle bellezze de i drammi; non completa perchè non pochi altri componimenti dovrebbe contenere; non iscelta, perchè alcuni in essa s’inserirono senza merito particolare.
., Modena, Soliani, 1665, in-12), nei quali sono particolarità curiose sulla schiera infinita degli Zanni e una conoscenza profonda dell’arte e della vita loro, starebbero a provare che non solo egli montò in banco, ma che nè men fu de’peggiori recitanti, di cui alcuni eran gente di moltissimi pregi nell’arte comica, che esercitavan non solo recitando, ma, come i grandi colleghi, suonando, cantando e ballando.
India: Bernardino India (Verona 1528 – 1590) pittore manierista, autore di affreschi decorativi, alcuni con grottesche.
A una rappresentazione del Chat noir di Parigi nel Casino-Théatre della Chaux-de-Fonds, entrai nel camerino di Grenet-Dancourt, il gentile poeta e amabile monologhista, che aveva recitato alcuni de’suoi versi più caldi ; e venuti a parlar della Duse, del suo legittimo trionfo di Parigi e della probabilità di un suo ritorno per recitarvi in francese, « ma non ne ha bisogno – rispose candidamente il Dancourt – ella si fa ben capire colla potenza dell’espressione.
Secondo alcuni egli scrisse settantacinque tragedie; ma contando le diciannove intere che ne rimangono e i frammenti di molte altre raccolti nella bella edizione del Barnes, si può con altri asserire con più ragione che ne componesse fino a novantadue, otto delle quali erano favole satiriche. […] Nel terzo si dipinge l’Assemblea Argiva, la quale par che alluda al l’Areopago di Atene, e vi si satireggiano di passaggio alcuni oratori contemporanei del poeta, circostanza per noi perduta ma importante per chi allora ascoltava.
Et il quarto intermedio fu un gigante, che portaua una grandissima palla, et postola in mezo alla scena, con darli alcuni colpi con una sua mazza, la palla si aperse, et ne uscirono quattro satiri che fecero una moresca uaghissima.
(Da una serie di dodici acqueforti antiche, riproducenti alcuni tipi della Commedia Italiana).