Il di lei spirito, le grazie, la civetteria decente e gastigata, una profonda conoscenza del carattere della sua parte, e tutto ciò unito ad una figura non alta ma proporzionata perfettamente, congiunta ad un bel volto adorno da due occhi nerissimi pieni di malizia, e ad una voce, benchè un poco nasale, gratissima all’orecchio : tutte queste belle doti la rendevano la favorita del Pubblico.
Ma verrà un giorno ch'io tornando a queste scene avrò nuove genti intorno di bel spirito ripiene, che le cose altrui ben chiare sapran meglio recitare….
Ma di queste avea egli una chiara idea, qual debbe aversi nel comparar due cose? […] come posporle a queste? […] A queste osservazioni che ci dimostrano, che il Varchi, benchè avesse scritta qualche Commedia, non si curò di applicarsi gran fatto sulla Poesia Drammatica, aggiungasi l’animosità del Varchi contro del Trissino. […] Da queste epoche ricava l’Apologista, che il Perez soggiornasse in Italia dal 1514. sino a’ principj del 1517. […] E queste due azioni, a dispetto della virtù talismanica infusa dall’Apologista nella parola triste, sono ancor due nella traduzione del Perez.
Come egli se ne sia giovato, si vede già da queste prime 172 pagine dell’opera, dove si trovano, fra altre minori, le biografie di quattro comici antichi di gran fama : Francesco e Giambattista, Isabella e Virginia Andreini. La copia e varietà di particolari raccolti ad illustrare la vita e la carriera artistica di queste vere stelle di massima grandezza nel cielo drammatico – la frase secentistica non è fuori di luogo parlando degli Andreini – ci dà certezza di eguale diligenza per le vite che restano da compilare. […] Scorrendo queste pagine – stampate in un nitidissimo e largo elzevir, in cui si alternano fregi della più appropriata eleganza, riproduzioni di disegni antichi, tavole cromolitografiche ed autografi inediti di singolar valore per la storia dell’arte – abbiamo provato centuplicato quel piacere che De Amicis seppe tanto abilmente descrivere nella sua Lettura del Dizionario.
Secondando queste Reali mire il celebre Conte Campomanes, Autore del noto Giudizio imparziale, e di altre dotte produzioni, ha arricchita la Spagna dell’Opera preziosa sulla Industria Popolare. […] Poste tali cose, e riflettendo che nella stessa Storia Letteraria si confessi, che gli Autori profani non determinano il tempo, in cui i Fenici fecero in queste Coste i loro primi viaggi, come mai dice il Signor D. […] E se verisimilmente soltanto egli il congettura (ad onta pure di tante incertezze), come poi repentinamente muta stile, e linguaggio, e con asseveranza conchiude con queste parole (p. […] Di sì meschine gloriole, di queste apologetiche petitesses, per dirla alla Francese, ha bisogno la Madre de’ Garcilassi de la Vega, degli Errera, de’ Leonardi di Argensola? […] Essa sola copiosamente fornisce ai veri amatori della Spagna glorie reali, patenti, innegabili: e queste unicamente sono l’incenso Sabeo grato ed accetto ad ogni odorato.
Naturalezza, dunque intelligenza ; intelligenza, dunque naturalezza ; queste cose vanno sempre insieme.
« Sebastiano Asprucci-esso dice-in quest’anno solamente fece la parte di caratterista, e la sostenne con bravura, decenza ed applauso universale. » Il commediografo Antonio Sografi nella Prefazione alle sue Inconvenienze teatrali (Padova, Bettoni, 1816, pag. 9) scrive : « Fu insuperato ed insuperabile nella parte del napolitano Gennariello Sebastiano Asprucci, in ogni senso, di cara ed onorata memoria. » Sposò egli la Caterina Cesari, lodata nella stessa prefazione, dal Sografi, con queste parole : « Caterina Cesari Asprucci, e Maddalena Gallina, e Caterina Venier, attrici sempre di grande utilità ai miei componimenti, come di grata ricordanza al mio cuore. » Colpito da congestione cerebrale nel 1803, tornando di teatro, morì dopo poche ore, compianto dall’arte tutta, e da quanti lo conobbero come artista e come uomo.
A detta del quale anche fu generico di molto valore, sapendo rappresentar con valore così le parti comiche, come le serie e tragiche ; queste specialmente, chè il Farasmane nella tragedia di Radamisto e Zenobia sosteneva mirabilmente.
Giudizio che troviam confermato in queste parole del Regli : Le parti passionate erano da lui preferite alle altre, e male non s’apponeva, poichè quando si ebbe in dono dal cielo un’anima non volgare e che sa infiammarsi ai più nobili affetti, d’uopo è lasciarle libero il campo e abbandonarla alle sue inspirazioni.
Adunque cedei a queste amichevoli rimostranze, e nella riforma della mia Opera distesi la nostra Istoria teatrale in guisa, che appagasse gli amici della verità, e delle nostre Lettere. […] Forse alcune poche cose cercate col fuscellino vi noterà il Signor Lampillas da riprendere; ma che queste sieno pochissime in Ariosto, e poco degne di farsene caso, apparisce dall’essersi disprezzate dalla vigilanza della Chiesa per tre secoli continui. […] Anche di questo pregiudizio si emenderà il Signorelli, e crederà più alle rare congetture del Signor Lampillas, che agli occhi proprj, co i quali ha vedute e lette queste spropositatissime Commedie di Cervantes. […] Dove poi sono queste composizioni regolate? […] Oggi che queste cose io scrivo, si rappresenta nel Teatro de la Cruz un Sainete, in cui un Villano semplice malizioso, che soffre in sua Casa un Militare, che corteggia la Moglie, a’ loro stretti espressivi colloqui si pone le due mani in testa come per esprimere le armi del Toro, e invoca San Marcos.
Ma queste diventavan quasi una celia, confortate dall’ammirazione sconfinata per l’incomparabile artista, la quale su tutti gli profuse in privato epistolario e su per le gazzette Angelo Brofferio, di cui, metto qui il brano seguente : Ti ringrazio, o mio buon Moncalvo, lume e splendore dei Meneghini, ti ringrazio dell’oblio che spargi sulle mie pene, del sorriso che chiami sulle mie labbra, della serenità che trasfondi nel mio cuore. […] E mi par dovrebbero bastare queste parole a dar l’idea esatta dell’arte del Moncalvo e del fascino ch' egli esercitava sul pubblico.
Napoli-Signorelli, di sapermi buon grado di simile cura, per cui chi possiede la Storia de’ Teatri impressa in Napoli, se ne assicura il compimento senza bisogno di comprare anche quella di Venezia, quando pur quivi si pensasse a conchiuderla approfittandosi di queste Addizioni.
Veramente queste personnes ne sont ni courtoises, ni bonnes. » Tout chagrin, tout pâle & transi, Baloardo parloit ainsi, en regardant saigner sa playe.
Il numero dell’Arte di Mercoldì 9 agosto 1855 recava in terza pagina queste poche parole listate a nero e sormontate da una croce : L'artista comico per eccellenza, il conscienzioso ed esperto agente teatrale, attaccato jeri dal cholera, spirava questa mattina a ore 4 antimeridiane, fra il pianto dei suoi più cari e il lamento di tutti quelli che apprezzavano il di lui talento e le sue rare virtù.
Volete che da queste Sacre Farse, che contro le Bolle Pontificie narrano prodigj immaginarj, e mettono in bocca del Demonio mille bestemmie contro il Creatore, volete che in questo torbido fonte beva un Metastasio? […] In queste che cosa avrebbe potuto imitare il nostro Poeta? […] Arrestato da queste meschinità secentiste, che fanno di un remo una penna, di un mare un pezzetto di carta, in somma che avviliscono gli oggetti proprj con traslati poverissimi, chi si curerà di pescare in uno stagno fangoso, lasciando il vasto mare, e tanti copiosi fiumi ricchi di abbondante saporosa pescagione?
A queste due tengon dietro le sei non meno interessanti, che debbo alla squisitezza del cav. […] A queste lettere mancano gl’ indirizzi ; ma sono dirette ai Ministri del Duca di Mantova. […] no in particolare per la sua parte et per i travestimenti spagnoli ne è oltre modo desideroso che sia in compagnia, perchè il figlio di pantalone per queste parti non è bono, et poi ha tanto poca fortuna da per tutto che la compagnia patisce pur assai.
Ma quali sono queste modificazioni? […] Tutte queste passioni vivaci si esprimono cantando: il rimanente si recita senza musica.
E a proposito di queste sorprese di effetti, Roberto Bracco racconta di lei che la Duse…. ma no : io voglio metter qui come chiusa le parole dell’ egregio commediografo napoletano, come quelle che ci dànno in bella sintesi il ritratto dell’ artista e della donna, mostrandone le qualità meravigliose, non senza toccare quel tanto di male che potè nuocere in parte alla sua gloriosa carriera. […] E queste manifestazioni genuine di arte somma paiono specchi che riflettano tutto quanto accade dinanzi ad essi.
Il pubblico, son certo, che a tutte queste sì belle doti farà plauso. […] Tre invenzioni soprattutto contribuirono a rendere in ciò sì diverse queste due spezie di musica. […] Un effetto anche osservabilissimo di queste due differenti ragioni di musica ne somministrano i fanciulli. […] Il verso ha colla prosa un fondo comune, e queste son le parole. […] Tutte poi queste classi erano abbigliate uniformemente e senza differenza veruna.
Carolina Internari, abbandonate dopo tanti anni di gloria le tragiche scene, lasciava in retaggio alla Caracciolo il diadema ond’ella si cingeva in Medea, con queste parole : Eccoti, Carolina, una mia memoria : io portai questa corona per venti anni, e mi è cara sopramodo perchè tanti trionfi mi ricorda ; te la dono, perchè non saprei a chi meglio dedicarla.
E il povero Goldoni per queste ragioni dovè abbandonar quell’anno (il 1764) l’impresa di rappresentar la trilogia, trovando il disegno di più facile esecuzione l’anno di poi, nel quale avrebbe potuto affidar le parti de’ due innamorati servitori al fratello e alla sorella Majani.
Artista, non recitò parti di amorosa, donna non ebbe marito : all’ infuori di queste due eccezioni, tutto ella provò, pigliando dal mondo il buono che potè, e vivendo la più allegra delle vite.
Nel 1780 cominciò a uscir di Firenze, sotto la protezione di Pietro Leopoldo, con privilegio di occupar egli solo con la sua comica compagnia i teatri varj della Toscana ; e lo vediamo l’autunno di quell’anno a Livorno, ove per l’apertura del Teatro di San Sebastiano fu composto un prologo (Livorno, Falorni), che finisce con queste parole di Minerva volta alla Compagnia schierata in sulla scena : ….. scendete O miei figli scendete ; eccovi aperto Vasto campo al valor ; dell’arti mie Fate qui prova ; Io non vi guido al varco D' incognita region ; del patrio Mare Rivedete le sponde ; in ogni volto Distinguete la gioia ; in voi si scorga Un’umiltà non vile ; assai decente Abbia lo scherzo il suo confin ; il gesto Non si avanzi di troppo, il fasto improprio Nel vestir non deformi Il carattere altrui ; fate che sia Esatta ognor l’esecuzion, ma prima, Lungi dall’adularvi Fate che ognor risulti Ad eterna memoria, Dall’altrui perdonar la vostra Gloria ; Solo pregio del terreno Non è il darne il frutto, o il fiore Pregio è pure del calore Dell’umore È pur mercè.
Morì in Milano nell’anno 1775. » A queste si dee aggiungere un libretto per musica L’Impresa d’opera, dramma giocoso da rappresentarsi nel Teatro Giustiniani di S.
Fra molte cose belle e gentili che improvvisò Felice Cavallotti sul feretro di lei, queste bellissime riferisco, le qualisintetizzano, come niuno potrebbe meglio, i grandi pregi dell’artista incantevole, squisita : Pierina Giagnoni era davvero una predestinata dell’arte.
Sono queste le angustie di Termopile, o il passaggio delle finestrelle della Savoja? […] Eh Signor Lampillas, per queste vie non itur ad astra, e gli Spagnuoli, e gl’Italiani non passano così facilmente per corrivi delle vostre astuzie. […] Con poche altre di queste opere pie ch’egli presti alla sua Nazione, possiamo dire addio alla Letteratura Spagnuola.
A queste lettere vanno aggiunte una lunga tiritera morale, affettuosa in prosa a’ parenti di ogni specie, e un polimetro, specie di cantata, alla quale ha posto il titolo di Sentimenti affettuosi di Paolo Belli nel rivedere la sua Patria Firenze, i suoi genitori, e la famiglia de’ suoi, e la quale comincia così : Care, beate mura cui lambe intorno con sue limpid’onde il rapid’Arno ! […] Oh meglio per lui le tragiche fatiche, che han potuto ispirare delle gentili iperboli come queste : SONETTO Con l’auree chiome abbandonate ai venti eran le Dee di Pindo in sen di Flora, e al dolce suon dei modulati accenti ride la Terra, e il Ciel viepiù s’indora. […] Gualtieri, passò a quelle di generico primario : da queste poi, a quelle di caratterista e promiscuo, ultimo grado della sua vita artistica, sul quale egli si trova tuttavia a fianco di Claudio Leigheb e di Flavio Andò, molte volte applaudito, sempre rispettato da ogni pubblico.
Con simili componimenti battevansi colà i Luterani e i Cattolici; benchè questi assai più tardi si valsero di queste armi teatrali, avendo cominciato a farlo nel XVII secolo colla Graziosa Commedia della vera antica Chiesa Cattolica ed Apostolica, dove intervengono Lutero, Zuinglio, Carlostad con altri eretici, e Satana e Gesù Cristo, i SS. […] e queste bestie che poi si descrivono, sono Carlo-Magno leone, Ildegarde agnella, Talando volpe; e con tal continuata allegoria dà a conoscere l’ azione, che termina colla riconciliazione d’Ildegarde e Carlo, ma che nell’avvilupparsi entra nel tragico.
In una lettera da Bologna della Pelzet a Niccolini del 27 luglio 1843, sono queste parole : « Poi è venuta la Job, la quale dopo aver rovinato Verniano colla sua pros…… (prosopopea), cerca d’insinuarsi verso Coltellini per farmi onta e spauracchio. » E più oltre : « Anche la Job prima donna comica, vil…… (vilissima) creatura, ha scelto una tragedia per sua beneficiata. » Ma non è da prestar troppa fede ai pettegoli risentimenti di una artista che si trova tra compagni inesorabili e crudelmente accaniti contro la sua poca abilità ; sono sue parole. […] Così meco io pensava allor che a queste Scene, o Donna, venisti ; e a te, per cui Di quell’arte che avviva la parola I bei pregi sentii, de’sensi miei Inculto spositor volava il verso.
Si vede adunque in queste danze o farse di Ulietea quello spirito imitatore universale che guida l’ uomo a copiare le azioni de’ suoi simili per farsene un trastullo; si notano i primi passi verso una spezie d’imitazione drammatica; si osservano congiunte alla danza le parole ed il canto; ma non si va più oltre.
Nel '63 era già prima attrice egregia sì nelle parti drammatiche, sì nelle tragiche, ma più in queste che in quelle, e nel '69-'70, conduttrice ella stessa d’una compagnia comica, sollevò quasi all’entusiasmo i pubblici più varj d’Italia.
Ora di tutte queste cose, a lui ben chiare, perchè lo spettatore benignamente perdona a’ rappresentatori? […] Se queste osservazioni, o mio Signor D. […] Poi perchè mai spogliata di queste apparenze col recitar sedendo i nudi versi, non produce quel felice inganno? […] A queste opere inarrivabili del Pittore di Urbino ne aggiungo un’ altra di uno non meno divino Artefice, cioè del fonte della Grazia pittoresca, Antonio Allegri detto il Correggio. […] Parmi, che da queste due parti della vostra proposizione potrebbe ricavarsi una coppia di argomenti.
Saverio, chi vi ha prestate queste parole, chi vi ha dato ad intendere generalmente siffatte cose della Drammatica del Cinquecento, non ebbe presenti i Fatti. […] Voi, o quest’Autore in queste due asserzioni opposte? […] Credete voi che queste insipide sciocchezze de’ Graziosi Spagnuoli siano meno sconcie delle Arlecchinate? […] Nè le buffonate del primo, nè le mimiche scipitezze del secondo si debbono portare in trionfo da chi ha fior di senno, non essendo queste le ricchezze della Poesia Scenica delle due Nazioni. […] Or queste regole rubano molto tempo al verseggiare.
Da queste danze e scene recitate di Wateeoo non sono dissimili quelle delle isole degli Amici e le altre degli abitanti delle isole Caroline del Mar Pacifico del Nort. […] Vi si erano osservate queste lettere greche ... […] e 24., in vece di queste parole, le memorie dei defunti scolpite nelle colonne egiziane erano in versi, si scriva come segue. […] Si sono quì sostituite queste bevande de’ moderni popoli settentrionali all’uso antico dell’acida pozione abyrtaca accennata da Alesside, che si componeva di porro, nasturzo ed acini di melagranata.
Il citato Ottone da Frisinga nel succennato luogo ci attesta parimente che le Città Italiane de’ suoi tempi erano senza dubbio più ricche di tutte quelle d’oltramonti; anzi il soprallodato Muratori nella Conclusione degli Annali d’Italia, che trovasi dopo l’anno 1500, giunge a dire queste precise parole: Non si può negare, che negli ultimi predetti secoli, cioè dopo il mille e cento di gran lunga abbondasse più l’Italia di ricchezze che oggidì. […] Così nelle nozze d’un Gonzaga al 1346 si distribuirono in Mantova a tal gente 338 vesti; nè queste erano di poco prezzo, leggendosi nelle Cronache di Verona, che delle 200 date loro da uno Scaligero per le sue nozze, la minore costava dieci docati, che allora era non poca moneta, come ognun sa. […] In alquante di queste poesie Scandinave, o Runiche, raccolte da Anders Wedel, da Peder Sys, dal Bjorner, dal Mallet, dal Sig. […] E il nostro celebre filosofo Antonio Genovesi (degnissimo di quanto ne ha maestrevolmente e veracemente ragionato nel V tomo delle Vicende della Coltura delle Sicilie lo Storico filosofo Don Pietro Napoli-Signorelli autore di quest’eccellente Storia de’ Teatri) anche così: Il favor de’ Monarchi sa germogliar nello Stato gli uomini illustri, ed accende l’anime grandi ad operar cose grandi: queste sono le molle che fanno muovere gli umani talenti.
Alla squisita cortesia del conte Paglicci-Brozzi debbo queste altre notizie concernenti la Compagnia Reale, tratte dall’ Archivio di Stato di Milano :
E queste ultime parole sottolineava.
Rappresentando a Lucca il 6 dicembre 1836 in Compagnia Pelzet il Galeotto Manfredi per sua serata, invitò il pubblico con queste parole : La fiera gelosia che agita la sospettosa Matilde, fomentata dall’ arte scaltrita dell’ambizioso Zambrino, la debolezza del generoso e troppo credulo Manfredi ; infine l’ingenuità della giovine ed onesta Elisa, formano l’inviluppo di questa tragedia, la di cui catastrofe, terribile non meno che esemplare degna la rende di tenere un posto distinto tra le classiche italiane.
In queste ottave, come in quelle cantate dal Corsini, potremmo forse, e senza troppa fatica, intravvedere il germe della maschera dello Stenterello, la quale sola serbò in teatro l’uso delle ottave, che furon poi come l’elemento primo della maschera, poichè in esse Stenterello mostrava senza inceppamenti il proprio io, dando bottate o politiche, o sociali, in cui emergeva l’inevitabile frizzo a doppio senso, generato forse dal Ciarli, e continuato dal Corsini e dal Del Bono entro una cerchia di relativa correttezza, e ridotto poi dal Cannelli a vera e propria sguajaterìa.
Felice, entrato a raccontare le solite peripezie di compagnia con le parole : Sia maledetto, quando mai m’intricai in queste maledete zenie di comedianti (alludendo alla lettera del Fidenzi (V.) a lui diretta), dà a Trappolino il titolo di briccone, perchè, nel timore che il Duca volesse per sè il comico Flaminio (Napolioni), egli sel prese con sè in casa, mantenendolo di tutto punto, col fondamento di averlo per compagno.
Nel cimitero di Mestre è una lapide di marmo nero, sulla quale sono scolpite in oro queste parole : A — Francesco Garzes — Emma e Bona — xiii aprile mdcccxcv. — La moglie e la figliuola.
Di lui non abbiamo altre notizie che queste rintracciate in alcune lettere dell’Archivio di Modena, fra cui la seguente allegata a un’altra del comico Nelli, che riferisco intera : Al nome di Dio adi 15 Aprile 1651 in Bologna.
Un’ adunanza grande di cavalieri, come nella Contessa: un abboccamento di due gran signori col seguito rispettivo, come nel Solitario: una scena detta del padiglione nell’Errico, che metteva sotto gli occhi una corte reale in attenzione di un gran fatto: i personaggi aggruppati con verità e bizzarria pittoresca, che tacendo e parlando facevano ugualmente comprendere i loro propositi particolari senza confusione: fin anco l’indistinto mormorio che nulla ha di volgare, prodotto da una polita moltitudine raccolta insieme: tutte queste cose quando più si vedranno sulle scene comiche? […] Sono poi queste azioni per se in alcun modo importanti? […] Non importa, replica Falloppa, queste sono le formalità solite di noi Giornalisti. […] Lasciamo alla rigorosa critica di notare le lunghe aringhe morali de’ Pantaloni, i motti talvolta scenici, qualche deferenza agli attori, la non buona versificazione, le mutazioni di scena in mezzo agli atti ec. e veggiamo noi in queste i quadri inimitabili de’ costumi correnti, la verità espressiva de’ caratteri, il cuore umano disviluppato. […] I suoi drammi di Koulican, le sue Sorelle Cinesi sono scritte su queste idee.
Con simili componimenti battevansi colà Luterani e Cattolici; benchè questi assai più tardi si valsero di queste armi teatrali, avendo cominciato ad usarle nel secolo XVII colla Graziosa Commedia della vera antica Chiesa Cattolica ed Apostolica, dove intervengono Lutero, Zuiglio, Carlostad con altri eretici, e Satana e Gesù Cristo, i ss. […] e queste bestie che poi si descrivono, sono Carlo-Magno leone, Il degarde agnella, Talando volpe; e con simile continuata allegoria dà a conoscere l’azione, che termina colla riconciliazione d’Ildegarde e Carlo, ma che nell’avvilupparsi entra nel tragico.
Di queste non meno che delle altre tragedie greche a noi giunte, in grazia della gioventù curiosa, e senza arrogarci l’autorità e l’infallibilità degli oracoli, andremo brevemente esponendo le bellezze principali senza dissimularne qualche difetto. […] Chi a queste avvinto Orride rupi ed al rigor del verno Tal giace esposto o sventurato o reo? […] Nella condotta delle Danaidi supplichevoli si osserva una regolarità così naturale che con tutta la semplicità di azione tiene sospeso il leggitore sino all’atto 3, quando le Danaidi passano dall’asilo alla città, venendo discacciato l’araldo dell’armata egiziana nemica di queste principesse. […] Dopo queste succinte notizie delle sette tragedie di Eschilo, non c’incresca di ascoltare ciò che alla solita sua maniera (ch’io chiamo spensierata) ne disse l’avvocato calabrese Saverio Mattei nel Nuovo Sistema d’interpretare i tragici Greci.
A essa, come ho già detto, preluse con parole di molta lode Francesco Andreini, tra cui queste : Che il signor Flaminio Scala detto Flavio in Comedia, per non far torto all’ordine suddetto, e tanto da buoni filosofi lodato, nella sua gioventù si diede all’ esercizio nobile della commedia (non punto oscurando il suo nobile nascimento) e in quello fece tanto e tale profitto ch' egli meritò d’esser posto nel numero de' buoni comici, e fra i migliori della comica professione. Luigi Riccoboni nel capitolo quinto della sua Istoria del Teatro italiano, parla a lungo di queste favole dello Scala. […] A. conosca tutte queste cose molto meglio di me, ma che l’ importunità di tutti cotesti comici di cotesta compag.ia trattenuti costì gli faccia per strano dare orecchie, et dare qualche ordine in queste materie, nel qual caso poi, per dirgliela confidentemente, io non mi curo punto di rompere una Compag.
La natura, che non ha voluto annoverarmi tra quelli, è andata perfettamente d’accordo colla fortuna che mi frappone l’inciampo di queste.
E più oltre, al proposito della Rosmonda : L’ho composta per contentar la Bastona, la quale sostenuto avendo il carattere odioso di Teodora, pretendeva di farsi onore con una parte virtuosa, ed eroica ; ma tutti e due c’ ingannammo : ella non era fatta per queste parti, ed io non era ancora assai pratico per iscegliere gli argomenti.
A queste dell’artista andavan congiunte le migliori qualità dell’uomo : laborioso ed onesto allo scrupolo, e buon soldato dell’ indipendenza italiana.
Nelle ore in cui poteva esser libero da' suoi doveri (e queste non erano tali che nella notte), si occupava continuamente a leggere ; ed essendo pieno d’ingegno naturale, e dotato di ferace memoria, seppe profondamente istruirsi, e in seguito diventare un buon autore teatrale, ed un ottimo artista.
Non dee far maraviglia che in queste pagine figuri un semplice suggeritore.
Sono queste le pennellate maestrevoliche di un sol tratto spiegano l’intensità dell’affetto. […] Si lascino queste imitazioni impudenti alla sfacciataggine de’ repubblicani Ateniesi di venti secoli indietro che se ne compiacevano. […] che parole son queste? […] È Giulietta scrive queste cose? […] Or quali di queste ha lette il prelodato maestro di Poetica Francese?
Sono queste le pennellate maestrevoli che di un sol tratto spiegano tutto quanto è l’ affetto. […] Si lascino queste imitazioni impudenti alla sfacciataggine de’ repubblicani Ateniesi di venti secoli indietro che se ne compiacevano. […] che parole son queste? […] E Giulietta scrive queste cose? […] Or quali di queste ha lette il sempre lodato maestro di Poetica Francese?
Parla indi Annibale della promessa fatta ad entrambe di condurle seco, aggiugnendo: Ma l’attener sarà che dall’opposta Parte, per altre scale e per altr’uscio, Io mi condurrò fuor di queste mura. […] Con queste pugna e queste unghie non si avvilirebbe anche una commedia sino al genere più triviale e prossimo alla farsa? […] Dovrebbero queste donne introdursi più a proposito, e comparire meno inaspettatamente. Ma queste osservazioni non l’escluderanno dal meritato luogo tralle buone tragedie Italiane, e dal piacere in teatro e nella lettura anche a’ nostri giorni. […] Una imitazione delle preghiere dell’Ercole in Eta di Seneca vedesi in quelle d’Amfia nella II scena Rotin gli astri innocenti, che possono dirsi nobili ed eleganti; ma la gioventù schiverà sempre queste liriche attillature.
Ora quella poveretta in Dio riposa, e poichè tacciono le umane passioni oltre il sepolcro, io vivo nella dolce lusinga che leggendo taluno queste melanconiche note, si ricorderà con reverente e pietoso animo di un fiore in si verdi giorni succiso ! […] A quelli, dopo due giorni, tennero dietro questi altri versi, tuttavia inediti, e a me comunicati con gentilezza squisita dal fratello di lei Conte Giovanni Arrivabene, al quale debbo anche, in gran parte, la compilazione di queste notizie. […] Temendo la madre che queste tenerezze del Prati potessero distoglier l’Adelia dall’arte, glie ne movea rimprovero ; ma l’Adelia serenamente rispondeva : State quieta che la passione della drammatica non è punto scemata e che studio e procuro di farmi onore. ’Sta settimana farò i cannoni.
A lode dell’ artista poi la canzone ha infine queste tre strofe : — È fama, che le scene Il lugubre colore Giurassero a Scappin loro Signore, E che nell’auuenire, E che nell’auuenire, Tragici casi sol faranno vdire, Faranno vdire. […] Il ’15 e il ’16 egli era già nella Compagnia de’ Confidenti, come si vede da queste due lettere scritte a S. […] V. che solo bramo di servirlo, mi scordo il torto fattomi da messer Battistino nello scrivere queste falsità al Sig.
Ma sol perocchè ognun, queste malnate Mie sembianze mirando, indi comprenda, Quanto coi Vili ancor Gentil voi siate.
Ciò suggerì a Geoffroy (Appendice del 12 vendemmiale anno 11) queste parole : L'auteur, en mari galant, mit sur le comte de sa femme les deux premiers actes des Caquets, lorsqu’il les fit imprimer ; ce n’était pas un médiocre cadeau, qu’il lui faisait, car le premier acte est le meilleur.
I poeti adoperavano il piede tribraco, che costava di tre sillabe brevi, e la misura musicale corrispondeva esattamente a queste. […] Il primo dice espressamente: «Voi dovete adattare il modo al soggetto ed alle parole, e non queste al modo o all’armonia; su queste materie concerterete con Damone quali piedi o misure siano più adattate per esprimere l’avarizia, la petulanza, il fanatismo e gli altri vizi, e quali metri esprimano meglio le virtù contrarie. […] Mutavansi anche i modi, ovvero siano arie o cantilene secondo il senso delle parole, e al cangiamento di queste teneva dietro quello degli strumenti. […] Ignorano forse che queste non producono il loro effetto se non in quanto rappresentano simultaneamente all’anima una medesima sensazione o immagine? […] Se si parla delle composte, queste non sono che quattro, cioè la quadrupla, ch’è una dupla doppia, la dodecupla, ch’è una dupla triplicata, le sestupla, ch’è una tripla doppia, e la noncupla, la quale è una triplicazione della tripla.
Quando sperava porre quì il termine a queste mie osservazioni antiapologetiche, mi veggo arrestato da alcune altre coserelle del vostro Volumetto in questa disamina, in cui mal volentieri mi occupo per quella breve famigliarità, che contraemmo, e che io bramo di conservare. […] E questo sale, quest’arte, queste bellezze faranno, che gli uomini di buon gusto, dopo che hanno col Pubblico intero goduto di tali Drammi ne’ Teatri, si pregeranno di conservarli con gl’immortali componimenti che si scrissero nella Caverna di Salamina. […] Anche queste cose credè l’Apologista, che fossero rappresentazioni teatrali strepitose desiderate non meno dalla Plebe, che da’ Cavalieri Romani in vece de’ buoni Drammi; nel che prende ancora un bel granchio. […] Or sono queste le mostruosità, le arlecchinate Italiane, sincerissimo Signor Lampillas? […] Quel che veramente avea detto il Signorelli, e che non ben ispiegano queste parole dell’Apologista, è che Racine, a differenza de’ Greci, fu il primo a introdurre l’amore nella Tragedia con decenza e delicatezza.
Parla indi Annibale della promessa fatta ad entrambe di condurle seco, aggiungendo: Ma l’attener sarà che dall’opposta Parte, per altre scale e per altr’uscio Io mi condurrò fuor di queste mura. […] Con queste pugna e queste unghie non si avvilirebbe anche una commedia sino al genere più triviale e prossimo alla farsa? […] Dovrebbero queste donne introdursi più a proposito, e comparire meno inaspettamente. Ma queste osservazioni non l’escluderanno dal meritato luogo tralle buone tragedie italiane, e dal piacere in teatro e nella lettura anche a’ giorni nostri. […] Una imitazione delle preghiere dell’Ercole in Eta di Seneca vedesi in quella di Amfia nella seconda scena, Rotin gli astri innocenti , che possono dirsi nobili ed eleganti; ma la gioventù schiverà sempre queste liriche attillature.
Grimani, dalla quale apprendiamo che egli fu da lui protetto e beneficato ne’venticinque anni che gode l’onore di servire il nobilissimo suo teatro ; e un discorso preliminare, il quale ci dice come queste opere regolate fossero precedute da due favole spettacolose Arabinda prima e Arabinda seconda, che sortirono un esito felicissimo.
Egli è stato de’ primi a far vedere sopra le scene queste trasformazioni istantanee, che sorprendono per la velocità, e dilettano per gli adornamenti, di canzonette, di balli, di giochi, di facezie, ed altre cose ridicole ; spettacolo dilettevole, ma lontano dalla buona commedia.
Levandosi queste due parti — dice il Farnese nella citata lettera — che sono le principali e necessarissime nella mia Compagnia, venirebbero a rimaner inutili tutti gli altri miei comici……
La fragil canna colla maestra man stringo, e vi adatto amo ed esca in un punto, e poi su queste che spuntano dal suolo erbe novelle, Lieta m’affido, e ricca preda io faccio, pria che il raggio del Sol l’onda riscaldi, de' muti pesci al nostro cibo eletti.
Ciascuno da se può discernere che queste idee della nuova commedia Greca passate da’ Latini a noi, in forza di governo e di costumi furono ed esser doveano posteriori alla commedia di Aristofane; e se tanti critici pedanti condannano i poeti comici allegorici chiamandoli marrani, maremmani, auzini, e notandone gli artificii come sconcezze; ciò avviene perchè non seppero nelle loro fantastiche Poetiche giammai distinguere tempi, generi e costituzioni, nè seguire con ordine la marcia, per così dire, dell’umano ingegno e delle diverse società civili nel loro nascere e progredire. […] Non lieve argomento del pregio di queste ed altre favole di Menandro si è L’uso ed il saccheggio fattone da’ poeti Latini. […] Tutte queste patetiche commozioni dipingonsi nella commedia greca, le quali nella latina divengono pesanti, pigre, snervate, disadatte alle circonstanze e spogliate di ogni grazia.
per dio ti avvedrai, s’io dormo, o selci Mancano in queste rupi . . . […] Bettinelli “Ben è curioso (egli dice) il legger le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime del teatro italiano, essendo in vero lor primo merito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni del costume onesto”.
Ma quali sono queste modificazioni? […] Tutte queste passioni vivaci si esprimono cantando (Nota II.
A questo tempo il Martinelli, che, avido com’ era, non lasciava nulla d’intentato pel mantenimento sollecito d’ogni promessa che gli veniva fatta, pubblicò un libro per ottenere dal Re e dalla Regina la promessa collana con medaglia d’oro, del quale il Baschet, alla cui opera magistrale più volte citata vo queste notizie attingendo, ha fatto un largo cenno, ma il quale per la sua curiosità e rarità, riporto qui per intero. […] le respondis en dormant, si non me burlat opinio : Piaccia a Iddio di sarci vedere il maturo parto di queste pregne speranze.
Voltaire negò questo in un luogo delle sue opere, e lo confessò in un altro con queste parole: Mairet fut le premier qui en imitant la Sophonisbe du Trissino introduisit la règle des trois unités.
Una sera in cui egli rappresentava al Gerbino di Torino l’A’ basso porto di Cognetti, l’Emanuel che assisteva alla recita da una poltrona, con sentimento di schietta ammirazione pel fratello d’arte, gli mandò sulla scena un bellissimo anello con pietre preziose, accompagnato da queste parole : Giovanni Emanuel all’inzupperabile o’ Zi Pascale lu cantiniere.
A queste scenate di compagnia possiamo aggiungerne altra accaduta in Modena il 13 luglio del 1682 e così riferita al Duca dal Podestà Giulio Rossi e dal giudice Ottavio Cortesini.
Nel fare da vecchio in una scena, e in un’altra da giovine, senza mutar personaggio ; anzi, spesse volte, queste mutazioni succedono in una scena medesima ; perocchè la comincia tremante, e piegato col capo a terra, e la finisce ritto, ritto sulla persona.
Siale tu dunque degno Padre, ed ella a te sia figlia ; e queste carte e ’l nome sien d’alto grido un immortal tesoro. […] Hora non potendo far di meno, è forza ch’ io replichi queste poche righe. […] In queste appar chiaro lo sforzo di dir cose straordinarie, l’intento, ahimè fallito, di innalzarsi il famoso monumento d’Orazio…. […] Nè s’ha da far troppo carico a Isabella di queste rettoriche e vacue piccinerie, poichè formavan pur troppo elemento non ultimo della commedia dell’arte. […] Ma queste cose in uero malagevolmente insegnar si possono, e sono al tutto impossibili da impararsi, se da la natura non si apprendono.
Or si può senza biasimo da chi vuol ragionar di teatro negligentare la notizia di queste produzioni non ignobili, delle quali gli autori o tributo molto scarso pagarono al mal gusto che giva infettando l’eloquenza, o pur felicemente se ne guardarono? […] A tutte queste chi negherà il pregio della regolarità? […] Dico ciò perchè alcuni sogliono prendere queste due voci indifferentemente l’una per l’altra.
Facevansi in queste varj aditi, entrate, o porte che dall’introdurre il popolo si dissero da’ Latini vomitoria, o anche vomitaria, come scrive il dottissimo Mazzocchi; e a questi aditi si ascendeva per gradi anteriori. […] Ogni coppia di queste picciole scalinate conteneva uno spazio, che dall’andarsi sempre ristringendo nel calar giù presentava la figura di un cuneo, e secondo Giusto Lipsio167 diede il nome agli spartimenti de’ sedili assegnati a i diversi ceti degli spettatori. […] Gli spettacoli come scuole di destrezza, di valore, e d’ingegno formavano una delle cure predilette de’ Greci, e tralle prime di queste cure erano i teatrali.
Egli soggiugne in appresso esservi dei monosillabi assai più lenti e più tardi gli uni degli altri, e ad esempio ci addita le parole “stant tristes”; ove, come si scorge, il monosillabo “stant” esige una pronunzia più lenta e più durevole che in queste “stant acies”. […] Né intralascierò di indicare i luoghi ove queste suppliscono in un modo vantaggioso e superiore ancora ad una delle maggiori bellezze della lingua greca, voglio dire all’onomatopea, di cui Quintiliano ne fa tanto conto, che si lagna forte perché la lingua latina non ne sia abbastanza doviziosa. […] Del resto s’io rivolgo il pensiero alla severità della musica antica, non perciò pretendo di ristabilirla; voglio bensì che il musico conduca un medesimo soggetto per diverse modulazioni, purché queste rendano più interessante e più forte l’espressione, e che innanzi ad ogni altra cosa abbia egli in vista d’afferrare quella giusta ed adeguata misura, fuor della quale fuggono, e a così dir, si dileguano tutte le bellezze di quest’arte. […] L’arte delle fughe, delle imitazioni, dei disegni opposti e in contrasto fra loro, quel concorso di dissonanze, quelle ardite combinazioni, tutto era ad essa nascosto: ma queste ricchezze che stan così bene che nulla più alla musica istrumentale, non convengono per niente alla vocale. […] La semplice filologia non giugnerebbe mai a dilucidare queste materie.
« Qui » – egli scrive – cominciò quel « periodo per me indimenticabile, in cui non so, nella gara, se vincesse il merito degli artisti, o l’entusiasmo del pubblico, la valentia del direttore, o la fecondità degli autori ; forse tutte queste cose unite insieme con tribuirono a crearci anni beati, compiacenze indescrivibili, trionfi incancellabili !
Ma del '51 e '52 lo vediamo in Italia, come appare dalla supplica del 10 agosto 1651 da Verona, di cui s’è parlato al nome di Fiala Giuseppe Antonio ; e da queste lettere che riferisco inedite dall’Archivio di Modena, in cui troviamo anche notizia della moglie Gabbrielli : Ser.
Alle severità della critica odierna, Antonio Cervi, dal cui opuscolo (Bologna '96) ho tratto in parte questi cenni, contrapponeva queste parole di Alamanno Morelli : « Io che ho saputo contraffare le varie interpretazioni di tutti i più grandi artisti, non sono riuscito mai a contraffare quelle del Papadopoli, tanto esse erano naturali e semplici, e di una meravigliosa efficacia. » Come uomo, egli si formò una travagliosa vecchiaja, confortata a pena da qualche sussidio strappato ai colleghi doviziosi, o che gli eran stati compagni, o che sentivan pietà della miseria sua.
Fra i documenti che concernon la Compagnia del Duca, ov'era Pantalone, ve n’ha uno del 1681, che comprende la nota della paga per ognun de'comici in sessanta ducatoni d’argento, e queste parole aggiunte : l’anno 1682 gli donò Sua Altezza vinti doble per ciascheduno Comico, et erano in dodici sì che l’ordine fu di doble 240 in tutto, e poi l’ Altezza Sua si disfece della Compagnia.
Questi riguardi, queste sospensioni e cautele erano necessarie per disporre l’uditorio a uno spettacolo sì atroce, come é quello di vedere un figlio bagnarsi del sangue di una madre. […] cacce, foreste, Ombre, ruscelli… A queste torri appresso Limpidi fonti non vi sono e piante? […] Ha essa più parti: queste parti hanno bisogno di maggior arte per essere conciliate insieme; onde é più difficile di formarne un tutto naturale. […] La morte d’Astianatte é trattata nella tragedia intitolata Le Troiane, insieme col destino di queste prigioniere. […] Si appressa poi Ion a queste straniere, e la loro osservare i quadri e i bassi rilievi, diciferandone le storie: Vedete qui il figlio di Giove, che colla dorata falce ammazza l’Idra di Lerna.
Io vi credo assai saggio per capire come debba parlare un attore; ma pochi sono in Italia atti in questo a dar buon giudicio; e però appena pubblicate, le tengo come suppresse, sì perché ne ho in prova altre due che voglio aggiungere a queste quando usciran dalla lima, sì ancora perché in queste voglio prima udire il giudizio de’ giornalisti franzesi, a’ quali procurerò di farle avere a suo tempo4. […] [1.61ED] Vi sono alcune cose mirabili nei tre citati poeti, ma ve ne sono delle insoffribili, e chi queste imita se meriti fortuna nol so, so ben che non l’ha. […] [5.142ED] Le escite si adopreranno quando un personaggio esce in scena e queste ne’ soliloqui sogliono esser accette, e per lo più la figura apostrofe è l’anima loro. [5.143ED] Ma di queste ti varrai parcamente. [5.144ED] Con la medesima cautela è d’uopo valersi delle medie, perché riescono fredde ogni volta che a mezzo una scena gli attori muti sono obbligati a star così ritti ad udire l’attore che canta a tutt’agio, e però in queste vi vuole un necessario accompagnamento di azione che almeno costringa gli altri attori a qualche atto che non li lasci interamente oziosi, e allora producono un ottimo effetto. [5.145ED] In queste sole è soffribile alle volte l’interrogazione, che in altre tutte è odiosa, siccome quella che non dà luogo a varietà di note in esprimerla. […] [6.137ED] Ma l’aria colante di queste tilie comincia ad aggravarmi la testa e omai la sera va spopolando questo fronzuto passeggio a cui va levando il bel verde che sì ne allettava. [6.138ED] Amico, a rivederci.
Il gran Condè nell’età di venti anni trovandosi alla prima rappresentazione del Cinna, versò lagrime a queste parole di Augusto, Je suis maître de moi ecc.
Or per queste parti bisogna avere un genio particolare cosi a scriverle come a rappresentarle.
Là giunto, corse fra loro un dialogo con minaccie da parte del Lombardi, e di scuse da quella del cuoco ; ma queste non servirono che a iritar maggiormente il padrone, il quale fini col percuotere il vecchio.
Che poi questa si cantasse tutta, come pretese il Menestrier, ovvero se ne cantassero i soli cori, come noi stimiamo, ambedue queste opinioni sono arbitrarie, ed hanno bisogno di nuova luce istorica. […] Che se di tutte queste cose volesse idearsi una scena stabile, non riuscirebbe difficile compartirvele; ma allora sorgerebbe un dubbio inevitabile, cioè, come mai ninfe e pastori scorrendo per ogni banda non si sono avveduti della via che mena all’inferno, e delle apparenze dell’atto IV? […] Ma io che penso di avere una coscienza un pò più delicata de’ gazzettieri di queste contrade, le dico che si astenga di trarre il capo fuori del suo telonio e di frammischiarsi in ciò che ignora, e stia ad ascoltare chi sa più in là delle gazzette. […] Il padre Bianchi nulla seppe di queste due edizioni, delle quali si parla nel l’Eloq.
E a queste lodi schiettissime faceva seguire schiettissime osservazioni, per le quali m’ebbi a fin di stagione dalla eletta artista il ritratto che qui riproduco, con dietro queste parole : A chi m’incoraggia – A chi mi dice il vero, correggendomi – A chi mi analizza…. – A chi conosco e ricordo come compagno d’arte – A persona che stimo. – E. […] Ad un direttor di giornale, per un articolo che la portava alle stelle scriveva : (Debbo la comunicazione di queste lettere alla cortesia del collettore milanese d’autografi Carlo Vanbianchi). […] Se poi la smontatura che traspare dalla vostra lettera, è dovuta ad altre cause — forse troppo intime — « benedetto ragazzo che siete » con tutto il bene bono che vi voglio mi permetto di dorlotarvi con queste parole : fate quello che credete sia un dovere di fare e lasciate fare al tempo.
A queste, altre se n’aggiungon di minore importanza, una delle quali ricordo, rappresentata al Corea di Roma nel ’73 dalla Compagnia di Fanny Sadowski, diretta da Cesare Rossi, di cui faceva anch’io parte, e che non figura nell’ elenco di tutte le opere di lui, pubblicate in due volumi.
Per queste sue pessime qualità egli ha privato il Teatro Italiano del suo migliore ornamento, disgustando la Prima Donna, che allora era seco, e sostenendo un puntiglio contro di lei.
E di queste accuse e dello sparlar contro il Duca stesso, e dell’ avere il fratello Arlecchino strapazzato in Firenze e in Parma il servo di S.
In un mio manoscritto di notiziole, raccolte dalla bocca de' vecchi artisti, trovo questa curiosa, e interessante : « Luigi Taddei buttava al pubblico ogni fine di frase, e camminava come un ballerino. » Dettò poesie, non prive di spontaneità e di acume, tra cui una satirica intitolata Artisti e giornalisti, che ha, tra l’altre, strofe come queste : È un foglio inutile, ma molta gente va a sottoscriversi immantinente : gli artisti corrono per la paura come le pecore alla pastura.
Morì a Genova il 12 di gennajo del 1886, e il 9 di aprile dello stesso anno, la sua salma, reclamata dall’autorità municipale di Cuneo, fu trasportata con gran pompa in quel cimitero, dove si ammira il busto che abbiamo detto, opera dello scultore Alessandro Cafetti, sulla cui base è la seguente epigrafe dettata da Desiderato Chiaves : a | GIOVANNI TOSELLI | che su queste scene | il teatro piemontese | instaurò | perchè ricreando educasse | testimonianza | di memore affetto | i torinesi posero | il xii cennaço m dccc lxxxvii.
Vi si erano osservate queste lettere greche ΚΛΕΟΣ - ΠΑΤ - ΦΡΟΝ, logore e guaste in modo che non si curarono mai. […] Ogni coppia di queste picciole scalinate conteneva uno spazio, che dall’andarsi sempre ristringendo nel calar giù presentava la figura di un cuneo e secondo Giusto Lipsioa diede il nome agli spartimenti de’ sedili assegnati ai diversi ceti degli spettatori. […] Gli spettacoli come scuole di destrezza, di valore e d’ingegno formavano una delle cure predilette de’ Greci, e tralle prime di queste cure erano i teatrali.
Ma la buffoneria e l’oscenità a poco a poco corruppe queste picciole farse, specialmente come vi s’introdussero le donne. […] Ma in tal caso dir non saprei, se maggiore sfacciataggine mostrassero queste schiave in eseguirlo, o il popolo in comandarlo. […] Egli ebbe un discepolo chiamato Ila, il quale rappresentando co’ gesti una tragedia, nel voler esprimere queste parole, il grande Agamennone , sollevò la persona.
Ma la buffoneria e l’oscenità a poco a poco corruppe queste picciole farse, specialmente coll’ introdurvisi le donne. […] Ma in tal caso dir non saprei, se maggiore sfacciataggine mostrassero queste schiave in eseguirlo, o il popolo in comandarlo. […] Egli ebbe un discepolo chiamato Ila, il quale rappresentando co’ gesti una tragedia, nel voler esprimere queste parole, il grande Agamennone, sollevò la persona.
Ma quali sono queste modificazioni? […] Tutte queste passioni vivaci si esprimono cantando, il rimanente si recita senza musica.
Chi morde, chi impallidisce all’udirle lodare, chi si scaglia in pubblico o in segreto contro di esse; ma queste superiori alle bassezze della timida malignità e dell’arrogante ignoranza poggiano in alto e s’incamminano all’immortalità. […] A queste delicate espressioni sugerite da una grande intelligenza del cuore umano, Celia è spinta a palesare le proprie avventure col Centauro e co’ due pastori; e de’ suoi strani amori e del veleno da lei preso si riempie la maggior parte de’ primi quattro atti.
Ma a queste (ella risponde) non si passerà se non da chi avrà prima trattenute le più sparute e le vecchie. […] Strepsiade domanda che cosa sono queste Nuvole, e se son regine? […] Stupisce il candidato, perchè queste Nuvole non rassomigliano a quelle che ei suol vedere in aria, avendo queste l’aspetto donnesco, e quelle che volano per l’aria sembrando tanti volumi di lana che ondeggia. […] Or in queste parole non sembra che la finzione tutta svanisca, e si converta in verità? […] Agoracrito adunque è stato in parte il modello di queste moderne farse.
Ora queste espressioni non indicano un’intrinseca impossibilità nella nostra musica d’accoppiarsi coi suddetti generi, come vorrebbe farmi dire il sempre degno estrattista, ma un’inveterato costume ne’ compositori di non mai eseguirlo. […] L’estrattista dunque non sol non ha inteso per niente né la mia proposizione, né le ragioni su cui s’appoggia, ma ha ravvisato sconciamente e quella, e queste. […] L’estrattista doveva esaminar queste ragioni e combatterle, e non contentarsi di citar se stesso e le Regole armoniche, perché ned egli né le sue Regole armoniche fanno autorità, quando non sono avvalorate dal giusto ragionamento. […] [82] E dov’è mai in queste parole neppur un’ombra di contraddizione? […] Per una Venere medicea, per un Apolline di Belvedere ecc., ecc., quante statue inferiori di gran lunga a queste non abbiamo.
È chiaro che tutte queste trasformazioni tendevano a contraffare e ridicolizzare le tragedie più rinomate. […] Strepsiade domanda che cosa sono queste Nuvole? […] Stupisce il candidato, perchè queste Nuvole non rassomigliano a quelle che ei suol vedere iu aria, avendo queste l’aspetto donnesco; e quelle che volano per l’aria sembrano tanti volumi di lana che ondeggi. […] Agoracrito adunque è stato in parte il modello di queste moderne farse. […] Io, io vi somministro tutte queste cose: io col bisogno costringo gli uomini alla fatica.
Di queste distribuzioni di luoghi vedasi Suetonio in Vit.
Di queste distribuzioni di luoghi vedasi Suetonio in V.
Egli stesso, l’autore, vi era inarrivabile nella parte del servitore intrigante………… Lasciò scritte, e tuttora inedite, le sue Memorie ; in fondo alle quali, di suo pugno, si leggono queste parole : « Nato nel 1798, morto….
Nello studio critico di Luigi Capuana sui Mariti di Torelli, si leggon queste parole : Il Ciotti (Fabio Regoli) non rappresentava un personaggio a forti risalti, tale da dargli campo d’adoperare una grande varietà di colorito.
S. et per queste parole fu datto ordine espresso che fosse carcerato.
Se non danno è segno che non hanno ; » e di queste candide teorie, molti seppero far tesoro.
Il Campardon riferisce le parole di lui, tra le quali furono queste : Due cose vi dispiacciono : i nostri difetti e quelli delle nostre commedie.
Vitalba Antonio, detto Ottavio, padovano, primo amoroso della Compagnia dell’ Imer, per la quale cominciò a scrivere il Goldoni, fu comico eccellente, e bastano, credo, queste parole dello stesso Goldoni a dare un’ idea chiara dell’ artista e dell’ uomo : ……Antonio Vitalba Padovano, comico il più brillante, il più vivo che siasi veduto sopra le scene.
E in tutte queste opere, quando il temperamento gliel consenta, sa mostrar l’arte sua poderosa « fatta – scrive Angiolo Mori — di intendimenti di una accuratezza sottile, umanamente intima, di cui è profondo il concetto ; con una recitazione tutta moderna, di una rispondenza assoluta dell’anima con lo stato della coscienza femminile nella triste e tormentosa ora che passa. » Fin qui della artista.
Di queste non meno che delle altre favole greche a noi giunte, in grazia della gioventù curiosa e senza arrogarci l’autorità e l’infallibilità degli oracoli, andremo brevemente esponendo le bellezze principali senza dissimularne qualche difetto. […] Ma queste esagerazioni enfatiche oggi fanno poca fortuna, e si comparano alle precauzioni che prendevano i sacerdoti gentili per accreditare i loro responsi e venderli per oracoli celesti. […] A queste torri appresso Limpidi fonti non vi sono e piante? […] Essa ha più parti, e queste hanno bisogno di maggior arte per conciliarsi insieme, e quindi riesce più difficile il formarne un tutto naturale. […] Jone si appressa a queste straniere e fa loro osservare i quadri e i bassi rilievi, diciferandone le storie.
Da queste relazioni bene osservate risulta la proprietà del dialetto, l’esattezza dell’articolazione, l’opportunità della pausa e l’armonia del discorso; e secondo queste tre relazioni, a cui tutte le regole particolari della pronunzia si riferiscono, si dovrebbero esercitare i fanciulli nell’arte di leggere e di pronunciare. […] Sono queste le parti che nell’espressione del volto fra le altre primeggiano. […] Ora a queste limitandoci particolarmente, quelle che fra tutte prevalgono, sono le così dette fisiologiche ed istintive. […] Ciascuna di queste passioni ha i suoi modi, la sua lingua, i suoi gesti, e sì risentiti e sì propri, che si può l’una dall’altra agevolmente distinguere. […] Ma queste ed altre tali bizzarrie possono anzi pregiudicare all’effetto che l’arte vuole produrre.
Tale a me sembra l’immagine contenuta in queste parole: Il s’avance au trèpas Avec le même front qu’ il donnoit des états. […] Muovasi un Polifonte per ambizione all’esterminio di qualche famiglia legittimamente sovrana, o apporti un Paride per la cieca sua passione per un’ Elena le fiamme nella sua patria, un ingegno grande saprà usar con arte di entrambe queste furiose passioni per destar le vere commozioni tragiche. […] Invano si rileverebbe l’effemminatezza dello stile, la mancanza di verità nelle situazioni, l’inverisimiglianza de’ colpi, l’ineguaglianza de’ caratteri, ed altri difetti di queste favole che si ascoltarono per qualche anno e sparvero senza ritorno. […] Se pur una di queste prerogative avesse posseduto il fu Garcia de la Huerta, veggasi da ciò che egli affermò di Racine nel suo gran papelon chiamato prologo.
A due (per quanto giungo a comprendere) si riducono queste. […] [6] Si è parlato a lungo nell’antecedente capitolo del dominio che s’usurparono sulla scena i cantori, si è mostrato per quai mezzi pervennero ad ottenerlo, e si è trovata la radice dell’abuso nel trascurar i recitativi, nel porre ogni loro studio nel canto delle arie, e pello sfoggiare su queste con mille artificiosi sminuzzamenti di voce. […] E piacesse al cielo che queste arie, questi duetti o questi finali isolati fossero tali almeno che colla loro vaghezza, novità od interesse ci ricompensassero dei sagrifizi che si fanno del buon senso in grazia del canto; terremmo allora con essi il costume, che suol tenersi col frammenti della greca scultura de’ quali in mancanza d’una intiera statua s’ammira pure e si custodisce un braccio solo, una gamba, od una testa. […] Gli abiti, i lumi, le decorazioni, le comparse, i cangiamenti di scena, queste sono le bellezze che si sostituiscono in oggi sul teatro italiano al piano sì felicemente seguitato e con tante grazie abbellito da Metastasio. […] La natura dell’argomento è la cagion parimenti dello slegamento delle scene, succedendosi queste in tal guisa fra loro, che tolta via qualunque di esse, poco o nulla ne soffre l’intiera composizione160.
Or si può senza biasimo da chi vuol ragionar di teatro negligentare la notizia di queste produzioni non ignobili, delle quali gli autori o bene scarso tributo pagarono al mal gusto che giva infettando l’eloquenza, o pur felicemente se ne guardarono? […] Ma queste cose toglievano di giorno in giorno il credito al teatro istrionico, senza impedirne la desolazione. […] Dico ciò perchè altri suol prendere queste due voci indifferentemente l’una per l’altra. […] Dopo ciò che abbiamo narrato non pare che queste parole sieno state dettate da giusta critica e da lettura diligente. […] E queste sono le commedie Spagnuole sfigurate ancor più dagl’ istrioni, come accenna il Goldoni, le quali il Lampillas applicava ad altre tradotte da letterati e purgate de’ difetti principali.
Percorriamo brevemente queste cinque classi. […] Sarebbe operosa e inutil fatica il risponder a quelle perché la verità non ammerte risposta, e a queste perché taluni non cangiano opinione giammai ove si tratta di vilipendere. […] [NdA] Un anno dopo che furono stampate queste parole, il padre Martini passò a miglior vita.
A queste empietà aggiugne il comando funesto di entrare nella spelonca per esser pasto gradito del suo gran ventre. […] Il Tarantino Rintone che visse sotto Tolommeo Lago, sembra che avesse accresciuto il numero degli spettacoli teatrali de’ Greci con queste nuove favole, che dal suo nome chiamaronsi ancora Rintoniche. […] Condiscese il filosofo, ed il pantomimo prese ad esprimere l’avventura di Venere e di Marte scoperti dal Sole e accusati da Vulcano, le insidie di questo zoppo assumicato marito, la rete che annodava gli amanti, i numi presenti allo spettacolo, il rossore di Venere che si raccomandava a Marte, e quanto altro apparteneva a questa favola; ma con tale perspicuità, con tanta leggiadria, che Demetrio attonito e rapito proruppe in queste voci: Io ti ascolto, attore insigne, non che ti veggo.
A queste impietà aggiugne il comando funesto di entrare nella spelonca per esser pasto gradito del suo gran ventre. […] Il Tarantino Rintone che visse sotto Tolommeo Lago, sembra che avesse accresciuto il numero degli spettacoli teatrali de’ Greci con queste nuove favole, che dal suo nome chiamaronsi ancora Rintoniche. […] Condiscese il filosofo, ed il pantomimo prese ad esprimere l’avventura di Venere e di Marte scoperti dal Sole e accusati da Vulcano, le insidie di questo zoppo affumicato marito, la rete che annodava gli amanti, i numi presenti allo spettacolo, il rossore di Venere che si raccomandava a Marte, e quanto altro apparteneva a questa favola, ma con tale perspicuità, con tanta leggiadria, che Demetrio attonito e rapito proruppe in queste voci: Io ti ascolto, attore insigne, non che ti veggo.
La storia dunque ci dimostra, che siccome Guillèn de Castro servì di scorta al gran Cornelio nella tragica carriera, così nella comica il gran Moliere ebbe per guida gl’ Italiani; benchè senza tradire l’interesse di queste favole straniere seppe dar loro maestrevolmente un colorito nazionale. […] È ben noto che in una di queste un vecchio rapito dal piacere gridò dalla platea, coraggio, Moliere, questa questa è la buona commedia, voce della natura onde siamo avvertiti che il pubblico polito, se la pedanteria non lo corrompe, sa giudicar dritto de’ componimenti teatrali. […] La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre il verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fénélon, La Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con troppa fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, dico, quando anche gli venissero con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’ uomo.
Da queste danze e scene recitate in Wateeoo non son dissimili quelle delle isole degli Amici, e le altre degli abitanti delle isole Caroline del Mar Pacifico del Nord.
Interessantissima è sopra ogni altra l’analisi ch’ egli fa delle varie parti, o ruoli (amoroso, primo uomo, padre, caratterista, parti brillanti, tiranno, servo sciocco e secondi caratteri, prima attrice, ingenua o amorosa, vecchia caratteristica, cameriera, madre), analisi ch’egli restringe poi in queste ultime parole : L’amante ingenuo dice all’oggetto più caro del suo cuore : – Sono innocente – colle voci di scusa, di raccomandazione, o di abbandono, e disperazione.
XXIX) dice del Camerani : « Quest’uomo molto attivo, pieno d’intelligenza e di probità, incaricato di commissioni spinose, sa conciliar così bene gl’interessi della Società e quelli dei particolari, ch’egli è il mezzano delle contese, l’arbitro delle riconciliazioni, e l’amico di tutti. » E queste qualità trovo confermate nella lettera seguente, non mai pubblicata, che debbo alla cortesia di Luigi Azzolini.
Però nel 1633, quarantesimo quinto dell’età sua, ne fu stampato a suo onore il ritratto, che fu inciso da Agostino Caracci ; e sotto all’immagine vi furono impresse queste parole : Solus instar omnium ; volendo dire ch’egli valeva per un’intera compagnia di comici.
Alle di lui commedie romanzesche, salite alle stelle, altre non men romanzesche contrapponeva il Goldoni, come : La sposa persiana, Le Ircane, La Peruviana, La bella selvaggia ; a queste altre nuove e più romanzesche, o meglio, più ancor bislacche contrapponeva il Chiari ; e, tra' due litiganti, chi godeva era il solito terzo, che accumulava danaro.
Oltre a queste una ne pubblicò il Cotolendi nel suo Livre sans nom (Paris, Brunet, M.
Fu Lucifero sol quell’ampia luce per cui splendeva in mille raggi il cielo, ma queste faci or sue son ombre e fumi, o de’ gran lumi miei bastardi lumi. […] E dopo le poesie in lode dell’autore e delle attrici che rappresentaron Marta e Maddalena è stato aggiunto a queste indicazioni un AVVERTIMENTO NELL’APPARENZA DEL PROLOGO, CHE DATO NON S’ERA (Subito alzata l’antitela, si dovrà sentir da tutte parti del teatro, uccelletti garrire, quaglie, cucchi ; e queste voci imitate da quelli istromenti di terra, che d’acqua s’empiono da quagliaruoli e cucchi di terra ; e sempre dovran suonare, sin che la nuvola dov’ è il Favor Divino sia discesa, accompagnando li suoni di questi uccelli, l’armonia delle sinfonie ; e cosi, finito il Prologo, allorchè la nube ascenderà, pur delle sinfonie al suono, dovransi gli uccelli sentire). […] Oggi che l’ arte è giunta a tanta eccellenza, che ci fa vedere ciò che appena l’occhio può credere, e si fa con tanta sollecitudine e destrezza, che sembra farsi per arte magica ; io queste belle stravaganze non escluderei da’ teatri, essendo fatte usuali e tanto comuni che fanno stupire lo stesso stupore : anzi l’arte supplitrice della Natura, tante ne va di giorno in giorno inventando, che per tante stravaganze può dirsi l’Arte della Natura più bella.
L'huomo è un animal prodizioso composto de pezzi contrarij, l’anema xe come un principe, el corpo come una bestia, con tutto zò queste do parte se abbrazza così ben tra loro, che i non puol vivere inseme senza verra, ne separarse senza dolor ; podendosi con rason buttar in occhio l’un all’altra de non poder con ella ne senz'ella vivere. […] Da queste resoluzion dell’anema ne succiede i varij pensieri e stravagante opinion dell’huomo parte delle quali ne ho trattà cosi in compendio.
Oimè, cacce, foreste, Ombre, ruscelli… A queste torri appresso Limpidi fonti non vi sono e piante? […] E forse da queste critiche esagerate su i difetti più che su i pregi degli antichi proviene la moderna non curanza delle favole greche, e l’idolatria per le romanzesche degli ultimi tempi. […] Essa ha più parti, e queste hanno bisogno di maggior arte per conciliarsi insieme, e quindi riesce più difficile il formarne un tutto naturale. […] Pur queste due tragedie hanno tra loro qualche relazione nella condotta. […] Ione si appressa a queste straniere e fa loro osservare i quadri e i bassi rilievi, diciferandone le storie: Ion.
A queste parole Ecuba si rammenta di Ettore ucciso e da’ cavalli di Achille strascinato dintorno alle patrie mura.