Ma se una piccola parte di buongustai applaudiva alla novazione, l’altra che formava pur troppo il grosso del pubblico, vi si ribellò, chiamando noiose quelle interminabili scene ove non eran che parole. […] In uno stile gonfio e reboante, con mescolanza di prosa e versi rimati, son le solite scene vuote, retoriche, in cui si passa dal furore all’amore colla maggior tranquillità del mondo, senza ombra di gradi. […] Pur talora t’imbatti più qua più là in scene di una tal qual finezza e di effetto teatrale sicuro, qual è questa tra Ersilia e Ostilio, la sesta dell’atto primo : ………………………..
Io non ho veduto che uno scherzo del Grazioso Gabriele Cinita in Madrid, il quale solo, in tre picciole scene buffonesche che chiamava atti, rappresentava un’ azione mimica. […] Ne’ dialoghi poi delle altre scene ugualmente belli, non veggiamo chiaro in qual maniera attendendosi p.e. […] Che che sia di ciò il Socrate è poi ritornato sulle scene, e ritornerà, e muove il riso, e se ne cerca ognor con gli occhi l’originale. […] E chi le rimenerà sulle armoniche scene? […] Tali scene non si leggono nel Cinna, nè in altri drammi ch’io sappia.
Bartoli – che fecesi sulle scene chiamare col nome di Florindo.
Francesco Valvasense, e dedicò a Giovanni Giustiniani il Natale de’ Fiori, dramma di Andrea Salvadori Fiorentino, ridotto ad uso delle comiche scene senza la musica.
Sciolta la società, fu scritturato da Gaetano Bazzi, con cui stette parecchi anni ; passò poi con altre Compagnie, finchè, lasciate le scene, andò a stabilirsi a Firenze, ove morì nel 1865.
Abbandonate poi le scene, si restituì in patria, ove morì nel 1831.
Abbandonò le scene in tarda età, e Fr.
Il Bugiardo, tratto dalla Verdad sospechosa, e dal Mentiroso en la corte degli Spagnuoli, si rappresentò dopo che avea Cornelio illustrate le scene con gli Orazj, col Cinna e col Poliuto, cioè nel 1641 o 1642. […] Mille pregi rendono questo dramma l’ornamento più bello della comica poesia e delle scene francesi. […] La vivacità ch’è l’anima delle scene, aumenta per gradi col comparire nell’atto III il personaggio di Tartuffo, e col disinganno di Orgone nel IV. […] Varie scene ed astuzie di Scapino e di Sbrigani si trovano nelle commedie del Porta. […] Le Festin de Pierre (cattiva traduzione del titolo spagnuolo) ancor mal riuscito è componimento assai lontano dal mostruoso dramma di Tirsi di Molina tante volte ripetuto sulle scene Europee.
Ignazio Casanova le fu maestro egregio, e « volle – riferisco dal Bartoli – che si presentasse all’uditorio con una sortita, che pareva della commedia, ma che però alludeva a raccomandare sè stessa all’animo de’benignissimi Veneziani. » Il Pantalone Bissoni poi, che faceva scena con lei, aggiunse un’arguta raccomandazione, chiamando la Gavardina una tenera pianticella, che coltivata nel bel terreno dell’ adriache scene, ed innaffiata dall’ acqua di sì benefico cielo, non potea che crescere in poco tempo, e produrre dolci frutti. […] Bartoli, che riferisce anche il seguente sonetto di anonimo : Spiegar col labbro in misurati accenti i diletti d’amore, oppur le pene, qual fra le gioje, o tra gl’infausti eventi un tenerello cor prova e sostiene, te veggiam, Margherita, assai contenti, quando saggia affatichi in sulle scene ; e sì n’ alletti, che ciascun pur senti te innalzar fra le bionde Dee Camene.
Figliuola d’un sarto di Pavia, fu sposa del precedente, e da lui iniziata alle scene, in cui riuscì amorosa ingenua graziosa e graziosa cantatrice.
Illustrò allora le scene inglesi l’eccellente attore ed autore tragico e comico Tommaso Otwai morto nel 1685 d’anni trentaquattro. […] Il mentovato Andres a somiglianza del Voltaire, ha confrontate alcune scene della Giovane Reina del Dryden con altre simili della Fedra del Racine. […] Il di lui Avaro è una traduzione libera e ampliata dell’Avaro francese, in cui Shadwell non trovava azione sufficiente per le scene inglesi. […] È da notarsi, che a’ suoi dì già sulle scene inglesi si satireggiavano i nobili e i titolati.
Illustrò allora le scene inglesi l’eccellente attore ed autore tragico e comico Tommaso Otwai morto nel 1685 di anni 34. […] Il di lui Avaro è una traduzione ampliata della commedia francese, in cui Shadwell non trovava azione sufficiente per le scene inglesi. […] E’ da notarsi che a’ suoi dì già sulle scene inglesi si satireggiavano i nobili e i titolati. […] Andres, a somiglianza del Voltaire, ha confrontate alcune scene della Giovane Reina di Dryden con altre simili della Fedra del Racine.
Si recò allora il Costantini a Verona, sua città natale, ma voglioso di ricomparir su quelle scene ove tante volte aveva coll’arte sua trionfato, si restituì alla fine del 1728 a Parigi ; e fu ricevuto come un vecchio camerata alla Comedia italiana, ove riapparve il 5 febbraio 1729 nella di cui si spogliò a un cenno di Momo. […] Così, nelle scene deliziose del Gillot, e in alcune del Bonnart che il lettore vedrà nel corso dell’opera riprodotte. […] Evaristo Gherardi, il famoso Arlecchino, successor di Mezzettino, a cui dobbiamo esser grati della preziosa raccolta di tutte le scene rappresentate sul teatro italiano, biasima fieramente l’opera, siccome quella che tende a calunniare un incomparabile artista, mettendo sotto gli occhi del pubblico fatti non mai accaduti. […] Fu tanto e così indemoniato il chiasso che se ne fece, che i commedianti italiani vollero approfittar di quel titolo per semplice ragione di réclame : e dovendo rappresentare La Finta Matrigna con nuova giunta di scene francesi del Fatouville, la chiamarono sugli avvisi di teatro La Fausse Prude.
Stette più anni nella Compagnia di Girolamo Medebach assieme alla moglie ; e, quando questa abbandonò le scene, passò in quella di Pietro Rossi, per poi tornare il 1770 col Medebach dopo soli sei mesi, alla morte del dottore della Compagnia, Sante Vitali.
Lasciate le scene, astrettavi forse dalla vita infernale ch’ ei le faceva condurre, ritornò a Firenze, ove morì non molto prima, pare, del 1688, data delle seconde nozze di Scaramuccia.
È indicibile quanto fosse il valor suo nelle cose dell’arte, e quanto unitamente al suo consorte facesse brillare le scene all’ improvviso co’ Dialoghi naturali ben condotti, e frizzanti.
Compiuti gli studi di lettere umane, si diede alle scene, recitandovi gl’innamorati col nome di Odoardo, e restando lungo tempo nella Compagnia di Antonio Marchesini. […] Ma verrà un giorno ch'io tornando a queste scene avrò nuove genti intorno di bel spirito ripiene, che le cose altrui ben chiare sapran meglio recitare. […] Del Paganini il nome alle Tirrene sponde vivrà, che per nuovo costume senno e onestà trionfa in dotte scene.
Fu prima donna con Luigi Vestri, poi seconda donna di nuovo col Fabbrichesi, col quale restò fino all’anno in cui lasciò definitivamente le scene, che fu il 1827.
Giovannoni Carlo, torinese, fu dall’amore di un’attrice condotto sulle scene, ove riuscì comico di qualche pregio nelle commedie all’improvviso.
Dopo tre anni, offertolesi un ottimo partito, divenne moglie di un ragguardevole personaggio, dando in ancor giovane età un addio alle scene.
Toltasi dal teatro, si stabilì in Parma ; ma poi vinta dall’amore dell’arte, tornò sulle scene, e nel 1782 recitava in Palermo, « tentando – dice il Bartoli – che il proprio merito le servisse di strada, onde poter giungere ad una sorte migliore. »
Giulietti Giulio, ferrarese. « Dall’arte meccanica di fabbricator di mastelle, volle il Giulietti – scrive il Bartoli – passar sulle scene a recitare, e fecelo prima cogli Accademici della sua Patria ; e poscia unitosi alla Truppa di Pietro Colombini l’anno 1768, incominciò a farsi conoscere anche fra’commedianti.
Ma dopo un triennio abbandonò le scene per isposare un ricco signore di Bologna, e morì dell’ 80.
Il '25, scritturato il Venier coll’Internari, ella si scritturò con Tommaso Zocchi ; poi si riuniron di nuovo, fuor delle scene in Verona, città natale del marito, dov'ella morì verso il 1830.
Ryer compose una tragedia di Lucrezia senza avvertire a qual segno sia indecente sulle scene simile argomento. […] Se vogliamo dunque risalir sino ai primi tentativi drammatici de’ Provenzali, il gusto e la ragione e l’esempio degli antichi e dell’Italia quasi per quattro secoli e mezzo lottarono contro la barbarie per discacciarla dalle scene francesi.
Dopo tanti anni di sicuro cammino sulle scene, ornata dei pubblici elogi, tal Donna è superiore a qualsiasi linguaggio di maldicenza.
Fu grata sulle scene per l’avvenenza del suo personale, e per qualche prontezza nel suo brillante carattere.
Fu anche scrittore di versi, e lo stesso Bartoli riferisce un prologo, nè dei migliori, nè dei peggiori, ch'egli dettò per Luigia Lapy, quando assunse in Cremona il ruolo di prima donna, e ch'ella recitò, applauditissima, spettatrice Maddalena Battaglia, alla quale eran rivolte assai parole di lode, e la quale terminava allora di recitare su le medesime scene.
Comico egregio per le parti di brillante, fece sulle scene una fuggevole apparizione.
Tentò di abbandonar le scene, ma dopo sei mesi vi fe’ ritorno, con vantaggio dell’arte e soddisfazione del pubblico.
Formò nel '30 in società con l’artista Natale Fabbrici una Compagnia primaria, che condusse per varj anni, finchè non ebbe abbandonate col marito le scene. – Si ritirarono entrambi a Venezia, ove morirono tra il '40 e il '50.
Chi in tanta luce ardirebbe presentar sulle scene nell’atto I un eroe nascente in Bisnagar e nel III canuto nel Senegal? […] La satira sotto quel cielo non rispetta nè particolari, nè ministri, nè governo, e porta spesso il suo fiele sulle scene. […] Fu in questo tempo che si videro su quelle scene tradotte la Sposa Persiana, il Cavaliere e la Dama, il Burbero benefico del Goldoni.
II Bugiardo tratto dalla Verdad sospechosa e dal Mentiroso en la Corte degli Spagnuoli, si rappresentò dopo che avea Cornelio illustrate le scene con gli Orazii, col Cinna e col Poliuto, cioè nel 1641 e 1642. […] Come esso si comprese, caddero le macchine dell’impostura, la quale temendo di essere smascherata voleva farlo passare per una satira della vera pietà e religionea, Mille pregi rendono questo dramma l’ornamento più bello della comica poesia e delle scene francesi. […] La vivacità ch’è l’anima delle scene aumenta per gradi col comparire nell’atto III il personaggio di Tartuffo, e col disinganno di Orgone nel IV. […] Varie scene ed astuzie di Scapino e di Sbrigani si trovano nelle commedie del Porta; Giorgio Dandino deriva da una novella del Boccaccio già dallo stesso Porta trasportata sulla scena. […] Le Festin de Pierre (cattiva traduzione del titolo spagnuolo) ancor mal riuscito sul teatro è componimento assai lontano dal mostruoso dramma di Tirsi di Molina tante volte ripetuto sulle scene Europee.
S’unì poi in società collo stesso Verniano e con Luigi Domeniconi, col quale restò fino al 1850 colla moglie Fanny ; anno in cui, lasciate per sempre le scene, si restituì alla natìa Cortona, ove morì il 16 agosto del 1883. – Fu Gaetano Coltellini artista valentissimo, specialmente per la recitazione dell’Odio ereditario, della Figlia dell’avaro, del Curioso accidente, del Far male per far bene, e di tante altre commedie di cui è parte principale il caratterista.
XIII dell’ edizione Pasquali, dice di lui : Primo vecchio, cioè Pantalone, Andrea Cortini del Lago di Garda, il quale aveva la figura disavvantaggiosa, e non era buon parlatore ; ma gran Lazzista e ottimo per li Zanni ; poichè avea moltissima grazia, e contraffaceva assai bene i personaggi ridicoli, e soprattutto era ammirabile nelle scene di Spavento, e di agitazione.
Viveva ancora il 1781 insieme alla moglie Teresa, la quale, non ostante l’ avanzar dell’ età, dotata di svelta ed elegante persona, di spirito pronto e vivace, recitava ancora egregiamente le parti di serva, specialmente in scene improvvise.
Aveva esordito come amoroso, riuscendo egregio nelle scene all’improvviso.
Moglie del precedente, nata Trabalza a Roma il 1836, apparve sulle pubbliche scene come una meteora, dopo di avere appartenuto, acclamatissima, alle più chiare e signorili filodrammatiche della città, fra cui quella presieduta dal Duca Grazioli, nella quale si meritò l’onore dell’effigie, e busti e poesie.
Ritiratosi Battaglia, Morelli continuò la compagnia sino al '53, recitando nel '50, primo de'viventi attori italiani, l’Amleto, ch'egli stesso adattò alle scene sulla traduzione del Rusconi. […] Stette un anno in riposo a Scandicci, e tornò l’ '88-'89 alle scene, direttore della Compagnia Marazzi-Diligenti e Zerri.
Le pitture nobili, le forti passioni, i caratteri grandi tratti dalla storia greca e romana, (quasi le due sole nazioni che somministrino argomenti al teatro, perché esse quasi le sole furono ove si conoscessero quelle virtù che possono riceversi dalla legislazione, e dalla filosofia) si sostituirono sulle scene all’abbominio del buon gusto, che dominava per tutto. […] Quindi s’accorciarono di molto i componimenti, il numero degli atti si ridusse a tre di cinque che solevano essere, si tolsero via gli inutili prologhi, i quali facevano altrettante azioni preliminari separate dalla principale, si abbreviarono i recitativi, e si cacciarono infine delle scene le arie, ove prima si frammettevano contra ogni retto pensare. […] Egli non conobbe abbastanza la rapidità che esige il melodramma; perciò le scene sono troppo lunghe, le favole troppo composte, e troppo cariche d’incidenti: talmente che v’ha di quelli fra i suoi drammi che fornirebbero ampia materia di lavoro a due o tre compite tragedie. […] L’arte di far comparire spaziosi e grandi i luoghi ristrettissimi, l’agevolezza e rapidità di volger in un batter d’occhio le scene, la maniera di variar artificiosamente il chiarore dei lumi, e soprattutto l’invenzione dei punti accidentali, ovvero sia la maniera di veder le scene per angolo, condussero la scienza della illusione al sommo cui possa arrivare. Come il gran segreto delle belle arti è quello di presentar gli oggetti in maniera che la fantasia non finisca dove finiscono i sensi, ma che resti pur sempre qualche cosa da immaginare allo spettatore allorché l’occhio più non vede e l’orecchio non sente, così il discostarsi talvolta dalle prospettive che corrono al punto di mezzo, che sono, per così dire, il termine della potenza visiva e della immaginativa, fu lo stesso che aprire una carriera immensa alla immaginazione industriosa e inquieta di coloro che guardano da lontano le scene.
Si mostrò molto eloquente e spiritosa sulle scene ; ed in Venezia fu sommamente gradita.
Cappelletti Gaetano, volterrano, si diede giovanissimo alle scene, riuscendo prima un buon mamo, o servo sciocco, poi coll’esempio di Luigi Del Buono, un bravo stenterello.
Nata il 1844 a Bologna da parenti non comici, fu scritturata quale prima amorosa il ’60 con Luigi Pezzana, il ’61 con Elena Pieri-Tiozzo, il ’62-’63 con Lorenzo Sterni, poi con Monti e Coltellini sino al ’70, in cui assunse il ruolo di prima donna assoluta nella Compagnia di Carlo Lollio ; ruolo che non lasciò più sino al ’95, nel quale anno, si ritirò dalle scene, per istabilirsi a Bologna, ove si trova tuttora.
Affetto da aneurisma nel collo, dovè, dice il Bartoli, abbandonar le scene del '65, e stabilirsi a Milano sua patria, dove morì del '68.
Figlia dei precedenti, fu una ottima prima attrice per le commedie goldoniane e le sentimentali del teatro francese, che al suo tempo inondavan le scene, tradotte dalla madre Gaetana.
Poco sopravvisse a Babet, morendo a Parigi, fuor dalle scene, la domenica 5 settembre del 1745.
La quaresima del '25 diede improvvisamente addio alle scene per ritirarsi a Bologna, ove aveva segretamente sposata la Principessa Maria Hercolani. […] Milano n’ebbe già una prova solenne, che poteva riuscire per lui troppo fatale, allorquando del 1821 su quelle scene rappresentando l’ Emone nell’ Antigone dell’ Alfieri, nell’atto ch'ei dovea simulare di uccidersi, veramente si feri del pugnale nel fianco.
Nata da Eugenio Casilini buon amoroso, poi buonissimo generico primario, e da Enrichetta Romagnoli figlia di Luigi e di Rosa, la celebre servetta, cominciò ad apparir sulle scene in parti di bimba.
Dopo di aver fatto monaca una figlia e addottorato un figlio, si ritirò, dopo il carnevale del 1763, dalle scene, pensando di vivere gli ultimi suoi anni agiatamente e in pace col danaro lasciatogli dal padre, e con quello da lui guadagnato.
Meraviglia Ferdinando, nato da onesti parenti a Brescia nel 1786, si diede il 1808 alle scene, esordendo quale amoroso generico in Compagnia di Antonio Goldoni, dal quale fu poi riconfermato ma col ruolo di primo attore assoluto.
Il '66 si ritirò dalle scene per unirsi in matrimonio con certo Enrico Finizio, negoziante in seta, il quale, dopo pochi anni, dovè per infortunj commerciali abbandonar Napoli, e recarsi con la moglie a Roma, ove vivon tuttora agiatamente, lontano dal teatro.
Sposò in seconde nozze certo Bonagamba, e abbandonate le scene si ritirò a Venezia in casa della vedova Tommasini, sorella del genero Bon, abitante in S.
Le scene per lo più lunghe, oziose, e quasi sempre fredde di quattro donne che v’intervengono, spargono per tutto, e specialmente ne’ primi tre atti, un languore mortale. […] Dopo alcune scene galanti ed elegiache, come le indicate degli altri atti, comparisce nell’ultima Solone moribondo, il quale si mette a declamare lungamente con tutta l’inverisimiglianza per uno che stà spirando, e racconta con troppe parole, che Policrita non è sua figlia, e che si chiama Cleorante. […] Intorno al 1777 o 1798 si produsse con applauso sulle scene francesi Zuma tragedia del sig. […] Nè questo nè il buon senno di uno scrittore francese ha punto giovato a richiamar su quelle scene l’opera eroica all’imitazione degli uomini da quella de’ demoni e delle furie ballerine. […] Ciò si deduce non senza fondamento dall’edizione della Primera Parte de Comedias de don Pedro Calderon de la Barca raccolte da don Joseph suo fratello, e impresse in Madrid per Maria Quiñones nel medesimo anno 1636, non trovandosi tralle dodici che vi si leggono la favola dal Tetrarca nominato; la qual cosa sarebbe stata una omissione somma, avendo tal componimento prodotto su quelle scene un grande effetto.
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
Ma non eccellente apparve sulle scene della Comedia italiana a Parigi, quando vi si recò il 1716 nella Compagnia del Reggente.
Arrivata a una certa età, e messosi assieme coll’arte sua un po’ di danaro, abbandonò le scene, stabilendosi a Mantova, dove comprò una casa presso il teatro, e propriamente quella vicino alla Torre del Zucchero, la quale, ben ammobigliata, affittava poi a’ comici che si recavan colà a far la stagione.
Lasciò l’ arte per seguire una figlia ballerina ; maritata la quale, ritornò sulle scene, applauditissimo sempre, or con Pietro Rossi, or con Domenico Bassi, or con la Faustina Tesi, che molto aveanlo in pregio, benchè vecchio.
Romagnesi di Belmont Carlo Virgilio, fratello del precedente, Ufficiale del Re, nato a Parigi il 7 maggio del 1670, fu inviato in educazione a Roma, d’onde si restituì in patria dopo tre anni di dissipazioni, col fermo proposito di calcar le scene.
Toltala il Monti, artista, dalla casa paterna, l’avviò alle scene, in cui diè prove subito delle sue grandi attitudini al teatro.
Questa fisedia, che vorrebbe significar canto della natura, è un vero e proprio zibaldone in prosa e in versi con scene a grandi tinte, mutamenti a vista, effetti di sole e di luna, combattimenti, musiche, ecc. ecc.
La Gaidoni continuò per alcun tempo ancora a vagar di compagnia in compagnia, finchè doma dagli anni dovè lasciar le scene e rifugiarsi in Genova, dove miseramente visse fino all’anno 1849.
Sposata l’egregia artista Laura Civili, si fece capocomico ; ma dovè, poco dopo, lasciar le scene, per condursi a Pisa, ove sperava trovar sollievo all’etisia invadente, e ove pur troppo morì consunto nel 1820.
Vaga donna io vedea stretta in catene i bei lumi girar pietosi e lenti, e di tragico pianto e di lamenti udìa d’intorno risonar le scene.
Dell’arte sua dice la Gazzetta Universale di Firenze (10 gennajo 1800) che ella rappresentò la parte d’Andromaca con quella vivacità e maestria, con la quale s’era fatta sempre distinguere sopra le scene del R.
Una facondia copiosa, un’ arguzia sottile, ed alcuini motteggi aspri insieme ed accorti, resero questa comica sulle scene gradita. […] L’opera, una farsa senza spirito, secondo il gusto moderno, e senza l’eterno feminino, contiene anche un’ apprendice in polacco, nella quale è detto non trattarsi che di una parodia delle più salienti scene della Didone e Semiramide e altre opere del Metastasio.
Distribuite le parti e letta la Commedia, venne alla prima prova con un foglio, ove eran segnati meccanicamente nelle scene più confuse i movimenti de'singoli attori !… Mostrava egli le scene, recitava da donna, da vecchio, da giovine !
Non ebbe torto il Voltaire che ne disapprovò le scene staccate che lasciano il teatro vuoto, gli amori freddi ed insipidi, una cospirazione inutile &c. […] Tutto il resto però può dirsi una filza di scene debolmente accozzate più che un’ azione ben combinata. […] Giorgio Colman traduttore di Terenzio produsse nel 1763 la Moglie gelosa commea dia rappresentata in Drury-Lane e compars per varj anni sulle scene inglesi. […] Il suo principal merito consiste nella connessione delle scene, in una piacevolezza decente e nell’eleganza dello stile. […] Dello stesso ordine Corintio sono le due colonne isolate che si veggono nel fondo delle scene.
Ma le scene del teatrino privato eran troppo anguste a soddisfar le vanità e mostrar le qualità del Roscio futuro, il quale, scritturatosi in Compagnia Dreoni per le parti comiche che non abbandonò più, passò poi in quelle di Sterni, e, nel 1874, di Emanuel e la Pasquali, dove colla farsa Il Casino di campagna, da lui raffazzonata, toccò addirittura la celebrità.
L’Italia ne’ primi lustri del secolo rappresentava Sofonisba e Rosmunda, ed in Parigi nel carnovale del 1511 sotto Luigi XII si vedeva sulle scene il Giuoco del Principe degli sciocchi e della Madre sciocca a, componimento di Pietro Gringore detto Vaudemont, in cui con amaro sale si motteggiavano i monaci e i prelati e la corte papale rappresentata allegoricamente da un personaggio chiamato la Mere-Sotte. […] Fu essa poi più tardi da un altro Francese rimpastata e riprodotta sulle scene, come diremo a suo tempoa, Quanto dunque comparve sulle scene francesi anche sotto Francesco I, era una mescolanza grossolana di satira, di religione e di scurrilità, che cominciò a scandolezzare e ristuccare il pubblico, e fece sì che i Confratelli perdessero il teatro, che tornò a convertirsi in ospedale.
L’Italia ne’ primi lustri del secolo rappresentava Sofonisba e Rosmunda, ed in Parigi nel carnevale del 1511 sotto Luigi XII si vedeva sulle scene il Giuoco del Principe degli Sciocchi e della Madre Sciocca 1, componimento di Pietro Gringore detto Vaudemont, in cui con amaro sale si motteggiavano i monaci e i prelati, e la corte papale rappresentata allegoricamente da un personaggio chiamato la Mére-Sotte. […] Fu essa poi più tardi da un altro Francese rimpastata e riprodotta sulle scene, come diremo a suo tempo4. Quanto dunque comparve sulle scene francesi anche sotto Francesco I, era una mescolanza grossolana di satira, di religione e di scurrilità, che cominciò a scandolezzare e ristuccare il pubblico, e fece sì, che i Confratelli perdessero il teatro, il quale tornò a convertirsi in ospedale.
Toltosi il Rossi dall’arte, ella recitò alcun tempo col genero di lui, Luigi Perelli ; si fermò a Bologna assieme al marito e alla figlia con l’intenzione di lasciar per sempre le scene ; alle quali poi pare tornasse dopo un solo anno, scritturata nella Compagnia di Francesco Paganini.
Si allontanò dalle scene, col proposito di ritornarvi, ma, pur troppo, non vi fece che fuggevoli apparizioni or con Salvini, or con la Compagnia Squillace.
Altre due sorelle si diedero all’arte comica, una delle quali, andata sposa al Marchese Castiglione di Mantova, si ritirò dalle scene, e l’altra, mediocrissima attrice, fu moglie dell’artista e capocomico Francesco Menichelli.
Scritturata poi dalla Sadowski con Cesare Rossi, restò al fianco di lui sino all’ ’89, anno in cui abbandonò le scene.
« Faceva talvolta – scrive il Bartoli – delle scene con suo Marito, le quali conduceva con eleganza, con brio, e le spargeva di sali frizzanti, che il popolo ascoltava con gran piacere, impartendole de’ sinceri encomi.
La Graziosa cominciò a calcar le scene da bimba, e la vediamo il’ 69 al Comunale di Modena, a fianco di Adelaide Ristori, rappresentare una parte difanciullo nella Giuditta, col babbo Oloferne, e quella di Delfino nella Maria Antonietta col babbo Luigi XVI, sotto le cui spoglie egli s’andò acquistando meritato grido di artista egregio.
Mortole il marito, avrebbe potuto condurre vita agiatissima fuor dalle scene, ma suo nipote, Luigi Riva, figlio di Francesco e della sorella sua maggiore, buon attore, ma rotto a’ vizj, la consigliò e persuase a continuar l’impresa, offrendolesi compagno nel condur la compagnia, che si chiamò appunto Goldoni e Riva.
Se in altre produzioni la Laboranti è fedele all’ indole della sua parte, e sa, diremo cosi, convertire in verità l’illusione delle scene, nella parte di Adriana superò sè stessa.
Salito al grado di generico primario, si mantenne in quel posto, ammirato e acclamato, al fianco de' migliori artisti del suo tempo, e scritturato da' migliori capocomici, quali Vergnano, Bon, Mascherpa, Bazzi, Presciani, Alberti, Monti, Domeniconi, Coltellini, Dondini, Salvini, sino al 1879, anno in cui si ritirò dalle scene, poverissimo, soccorso da' suoi concittadini, e da qualche compagno d’ arte.
Passò poi con Onofrio Paganini, e recitava il 1748 al Teatro degli Obizzi in Padova, ove s’acquistò molta lode, specialmente per una sua commedia intitolata Il Par onzino, in cui produsse una difesa dell’arte comica dettatagli dal Paganini, che terminava col seguente SONETTO Aver in finto oprar pompe d’onore, mostrar ne' scherzi sollevati ingegni, mover tutti gli affetti in un sol core, passar dal genio a provocar gli sdegni : Eccitar in un punto odio ed amore, di politica idea mostrar gl’impegni, esser scuola di speme, e di timore, aprir ad ogni mente alti disegni : Sollevar con virtù gli spirti oppressi, rinovar con piacer le altrui memorie, i fasti rammentar de' Numi istessi : I giorni degli Eroi colle vittorie in un fascio di scene avere annessi della comica azion tutte son glorie.
Colpita da grave anemia, dovè per alcun tempo allontanarsi dalle scene, alle quali è tornata l’autunno del '903.
Dopo alcuni mesi di alienazione mentale, un suo fratello lo consigliò, a meglio distrarsi, di darsi alla pittura per la quale aveva mostrato da giovine chiara inclinazione ; ma l’amore per l’arte drammatica prevalse in lui, sì che, tornato alle scene, s’ebbe le più entusiastiche accoglienze, specie a Palermo ove mancava da venti anni.
Ma verrà un giorno ch'io tornando a queste scene avrò nuove genti intorno di bel spirito ripiene, che le cose altrui ben chiare sapran meglio recitare….
Morì il 18 febbrajo 1740, dopo di aver già lasciato le scene senza nemmeno dar tempo agli spettatori di accorgersi della sua bellezza.
Ma forse egli s’avvide più tardi, e i suoi compagni con lui, che per gli studj a'quali s’era dato prima di calcar le scene aveva assai più inclinazione che per l’arte.
Nel medesimo anno 1666 quando si rappresentò l’Agesilao del Cornelio, comparve sulle scene l’Alessandro di Giovanni Racine nobile e giovane poeta, da cui cominciò una specie di tragedia quasi novella. […] I moderni sulla scorta del Petrarca attinsero nella filosofia Platonica una più nobile idea dell’amore, e ne arricchirono la poesia, e quindi cosi purificato passò alle scene. […] Tralle prime riscosse particolari applausi Agrippa re di Alba, ovvero il Falso Tiberino rappresentata nel 1660 per due mesi continui e rimasta su quelle scene. […] Le scene per lo più lunghe, oziose e quasi sempre fredde di quattro donne che v’intervengono, spargano per tutto, e specialmente ne’ primi tre atti, un languore mortale. […] Dopo alcune scene galanti, elegiache al pari delle già indicate, comparisce nell’ultima Solone moribondo, il quale si mette a declamare lungamente con tutta l’inverisimiglianza per uno che stà spirando, e racconta verbosamente che Policrita, non è sua figlia e che si chiama Cleorante.
Chi non vi ravvisa una copia esatta di ciò che per introduzione ai loro pas-de-deux i ballerini Europei hanno a sazietà rappresentato sulle nostre scene? […] Da queste danze e scene recitate in Wateeoo non son dissimili quelle delle isole degli Amici, e le altre degli abitanti delle isole Caroline del Mar Pacifico del Nord.
Sebbene si creda generalmente che il Bazzi non abbia mai calcato le scene, a somiglianza del fratello Giovanni, marito della celebre Anna ; pur sappiamo ch’egli sostenne la parte di Luigino nell’ Innamorato al tormento del Giraud ; e nell’elenco a stampa della Compagnia pel 1820 (un anno prima che egli avesse l’incarico di formar la famosa Compagnia Reale Sarda) figuravano : Gaetano Bazzi per le parti di padre, e Giovanni per quelle di generico. […] Ecco le parole del Brofferio al proposito di un suo lavoro giovanile, La saviezza umana : …… Bazzi ponea mano alla rappresentazione ; e allora la commedia era sua, allora con uno zelo, con un amore, con una intelligenza che non era in altri che in lui, metteva tutto in movimento, e l’autore vedeva sotto i suoi occhi trasformarsi quasi per incantesimo il proprio lavoro, e i suoi pensieri si animavano, il suo dialogo si vestiva di arcane significazioni, le sue scene si succedevano cosi naturalmente che era una maraviglia, e i suoi personaggi si sentivano trasfuso nelle vene tanto sangue che il medico avrebbe perduto il suo tempo.
Troviamo il Romagnesi a Mantova l’aprile del '55, come da una sua lettera al Duca di Modena del 5, con la quale lo ringrazia dell’invito di recarsi colà a recitare : poi nulla sappiamo più fino all’anno 1667, in cui egli apparve sulle scene del Teatro italiano, sostituendovi il secondo amoroso Valerio Bendinelli ; indi, abbandonato il primo amoroso Ottavio Costantini il teatro nel 1688, e partito per l’ Italia, predendone egli il posto. […] Soppresso il Teatro italiano nel 1697, Romagnesi naturalizzato francese dal 1685, ufficiale del Re, e amministratore della Compagnia italiana insieme ad Angelo Lolli, abbandonò le scene, e morì a Parigi in via S.
[commento_2.2] che… cantano: una delle critiche che venivano mosse nel Settecento all’opera riguardava l’incongruenza della rappresentazione di scene tragiche attraverso il canto. […] La sua opera più importante relativa al teatro è Il primo libro d’architettura, pubblicato in edizione bilingue a Parigi nel 1545, con il privilegio del Re e diviso in Primo libro di geometria e Il secondo libro di perspettiva, che comprende a sua volta un Trattato sopra le scene composto da sei capitoli dedicati all’allestimento scenico. […] Camillo Mercati, Bologna, 1707, e dei Disegni delle scene che servono alle due opere che si rappresentano l’anno corrente nel R. […] deliziose: le scene deliziose nei drammi del XVIII secolo rinviano a un’ambientazione arcadica e accompagnano azioni pacate e rasserenanti. […] Dentone: Gerolamo Curti, detto il Dentone (Bologna, 1575-1632) pittore e scenografo, dipinse le scene per molte rappresentazioni teatrali.
Metto fra i comici anche il nome di questo scrittóre ben noto, nato a Venezia nel 1756 dal Conte Casimiro, napoletano, e da Angiola Olivati, veneziana, perchè, già vedovo della comica Monti, « che in quell’epoca – scrive Iacopo Ferretti – in cui era di moda recitare il verso tragico cadenzato, come i sonetti si recitavano dai novizii di Parnaso, era una rediviva figlia di Roscio, » fatta società colla insigne comica Marta Colleoni, si diede anche all’arte del recitare, nella quale riuscì mediocremente ; « fu discretissimo – dice lo stesso biografo – e non apparve più sulle scene. » Visse col De Marini, collo Zuccato, col Fabbrichesi, col Vestris e col Blanes, e ne fu poeta.
Che il nome del Bertoldi fosse legato a tutto quanto era manifestazione di arte sulle scene del Teatro di Corte abbiam veduto.
Compiuti gli studi universitari, si diede, dopo ottime prove in quella filodrammatica, alle scene, dove, dotato di prestante figura e di voce armoniosissima, riuscì artista di qualche pregio.
Consoli Teresa, nata a Venezia il 1751, e sposatasi a Pietro Consoli, basso impiegato di quell’arsenale, risolse, per togliersi dalle ristrettezze nelle quali vivevano, di darsi alle scene.
Il 23 dicembre del 1880 fu inaugurata al Goldoni di Venezia una lapide in ricordo di lei colla seguente iscrizione : a marianna moro-lin che del veneto dialetto quantunque non suo sentì le grazie e sulle scene col cuore e coll’arte inimitabilmente lo espresse la società filodrammatica carlo goldoni in segno di affettuoso ricordo pose Ella morì a Verona la notte del 19 giugno '79, quasi improvvisamente.
Da famoso delirio un pregio eterno traggon le scene, e in si mirabil mole coronato di lode or va lo Scherno.
Non ebbe torto il Voltaire, che ne disapprovò le scene staccate che lasciano il teatro voto, gli amori freddi ed insipidi, una cospirazione inutile. […] Tutto il resto però può dirsi una filza di scene debolmente accozzate più che un’ azione ben combinata. […] Il suo merito principale consiste nella connessione delle scene, in una piacevolezza decente, e nell’eleganza dello stile. […] Nella fine del secolo trionfava sulle scene inglesi madamigella Siddons eccellente attrice, alla quale tributano gl’Inglesi tutti gli elogii per la verità, l’espressione e l’energia, che al loro dire ella possiede eminentemente. […] Dello stesso ordine corintio sono le due colonne isolate che si veggono nel fondo delle scene.
Si diede alle scene dopo aver fatto ottime prove tra’dilettanti nella celebre accademia degl’Imperiti di Roma, che aveva teatro in Trastevere e della quale fecero parte il Cirri e il Pertica.
Nel ’55 si ritirò dalle scene.
Abbandonate nel ’41 le scene, e morti poco dopo il marito e il cognato, passò a seconde nozze col comico Luigi Negri, col quale andò a stabilirsi a Firenze : quivi morì in età avanzata
Datosi all’arte drammatica, riuscì prima un ottimo generico primario, scritturato nelle migliori compagnie, quali di Luigi Domeniconi e Romualdo Mascherpa ; poi un buon caratterista ; nel qual ruolo recitò parecchi anni, sinchè eletto direttore della Società Filodrammatica di Terni, abbandonò per sempre le scene.
Dopo qualche anno di servizio, esordì nella suite du festin de Pierre, il 4 febbraio 1673, col nome e il costume di Pierrot, tipo di servo sciocco, che il Geratoni rappresentò con molto successo, e sempre come stipendiato, sino all’anno 1684, in cui fu ricevuto come attore socio, e recitò il Pierrot in francese nell’Arlequin empereur dans la lune, ove sono scene deliziose di una comicità irresistibile, specialmente tra Pierrot e il Dottore.
Oggi, andata a marito, vive a Torino fuor dalle scene.
Dopo il movimento politico del 1848 aveva emigrato a Torino, dove trasse la vita colla più modesta laboriosità, amato e stimato da quanti ebbero la fortuna di conoscerlo personalmente, e dove finalmente, il 1852, dopo di aver anche provato le noje del capocomicato, si ritirò dalle scene.
Ignoro presentemente se l’abbia eseguito ; ma a’ 14 di maggio del 1796 ne rimise all’autore per saggio alcune scene. […] Gl’ingressi, le scene, i corridoi sono magnifici. […] Quando e chi le rimenerà sulle armoniche scene ? […] Questo spettacolo che abbisognava, si disse, di quindicimila scudi per rappresentarsi, non comparve sulle scene. […] Di maniera che queste prime scene possono acconciamente chiamarsi preghiere notturne e matutine.
Benchè l’uscire per le scene di sopra, ed entrare per quelle di sotto è una Regola infallibile, quando la necessità altro non ricercasse. Rimediare alle scene vuote e mute si può altresì più all’improvviso, che al premeditato, potendo ciascuno uscire sopra il tenore della scena antecedente, e parlare fin a tanto che venga a chi toccherà d’uscire. Noi, grazie a Dio, non ci troviamo più a tanta libertà ; ma artisti capaci di rimediare alle così dette scene vuote, e di tenere a bada il pubblico o con un monologo o con una scena, finchè non entri il personaggio che deve entrare, ne abbiamo ancora. […] Giacean sepolte in un profondo oblìo le Muse, quando tu Flavio gentile le richiamasti, e con leggiadro stile principio desti al nobil tuo desìo : per te godon le scene il lor natìo honor ; e già se 'n vola a Battro a Thile glorioso il tuo nome, e l’empia e vile invidia paga il doloroso fio : Godi dunque felice un tanto honore, che 'l mondo in premio delle tue fatiche lieto ti porge, e ne ringrazia il Cielo : Quindi avverrà ch'ogni or le Muse amiche avrai, e colmo d’amoroso zelo a le scene darai gloria e splendore.
Ryer compose una tragedia di Lucrezia avvertire a qual segno sia indecente sulla scene simile argomento. […] Se vogliamo dunque risalir sino a i primi tentativi drammatici de’ Provenzali, il gusto e la ragione e l’esempio degl’antichi e dell’Italia quasi per questo secolo e mezzo lottarono contro la barbarie per discacciarla dalle scene francesi.
Essa racchiude le scene francesi che furono, si può dire, incastonate ne’ loro soggetti, de’ quali non sarebbe stato possibile dare distesamente lo sviluppo. […] Il Gherardi aveva pubblicato un primo volumetto nel 1694, la cui buona accoglienza suscitò l’invidia di alcuni compagni, i quali temendo che la pubblicazione di quelle scene potesse nuocere alla rappresentazione delle commedie da cui furono tratte, riuscirono a far togliere al Gherardi da Monsignor Cancelliere il privilegio accordato.
Diventò direttore della Compagnia Guarna, poi di quella Ciarli, passando dal Carcano al Lentasio, e da questo alla Stadera, per metter finalmente il piede sulle scene dell’aristocratico Teatro Re, ove fu, come dovunque, acclamatissimo. […] Comunque sia, il Meneghino personaggio comico, ed esclusivamente milanese, apparve la prima volta su le scene in compagnia di Donna Quinzia, Beltramina e Taresca, per opera di Carlo Maria Maggi, al cader del secolo xviii.
Simone, fu per comune consentimento la maggiore della gran triade che regnò sulle nostre scene dal '60 all’ '80 incirca, per la spontaneità e il sentimento prodigiosi. […] Unitasi in matrimonio con Giovanni Guidone, si allontanò per due anni dalle scene, alle quali tornò più entusiasta che mai, scritturata da Bellotti-Bon (Compagnia n.° 1, 1873), dopo il clamoroso successo avuto nella Marcellina di Marenco al D'Angennes di Torino, in unione a Giacinta Pezzana, quella che raccolse degnamente la sua eredità artistica in Compagnia Toselli.
L’EDITORE A CHI LEGGE Dopo che il noto autore della Storia Critica de Teatri antichi e moderni l’ebbe pubblicata in Napoli in sei volumi dal 1787 al 1790, malgrado delle sue gravi cure e fatighe non mai perdè di mira il suo argomento, ed andò raccogliendo non solo ciò che potesse vie più illustrare la storia e l’erudizione teatrale antica e moderna già descritta, ma quanto rimaneva a narrarsi comparso posteriormente sulle scene Europee o per le stampe nel corso degli ultimi sette anni.
Passò dalla Compagnia di Bellotti a quella di Pietriboni per quattr’anni, e di Lavaggi per due ; dopo i quali (nell’ ’81) ritiratasi dalle scene, andò a stabilirsi a Firenze ove vive tuttora agiatamente, e direi quasi giovanilmente a dispetto dell’età incalzante.
Ristabilitosi poi, fu costretto a tornare su le scene, in cui fece come per l’addietro ottime prove, (era il maggio del 1777 al Comunale di Modena in Compagnia di Francesco Panazzi, assieme a un Antonio Falchi, forse figliuolo), sinchè avanzato in età, si ritirò nella natia Bologna, ove morì l’autunno del 1780.
Noi lo vediamo il 1796 nell’elenco dei componenti la gran Compagnia del San Carlino di Napoli al fianco dei Cammarano e dei Fracanzano, dalla quale uscì il 1803, già ottimo caratterista, a niuno secondo per la grande spontaneità, acquistata su quelle scene, ricercato dai migliori capocomici.
Il 25 la malattia si mostrò apertamente, e il 7 febbrajo era già ritirato dalle scene per paralisi progressiva, della quale morì il 4 febbrajo 1886 nel manicomio di Fregionara, e fu sepolto il 6 nel cimitero di Lucca.
Entrato poi il Vestri nella Compagnia Nazionale, dove non era alcun posto per lei, non volendo ella creare ostacoli alla scrittura del marito, si ritirò dalle scene, e, dopo la morte di lui, a Bologna, traendo meschinamente la vita.
Quanto poi al merito letterario di tal componimento, ne’ giornali stessi di Parigi se ne rilevarono molti difetti particolari, lentezze, inverisimiglianze, monotonia di scene, e non pochi vizii nello stile. […] Si novera tra’ vaudevilli piu felici le Carosse Espanol di Gersain di un intrigo leggero condito di ariette spiritose e piacevoli, che contiene alcune scene comiche e salse. […] Le Connoisseur de Marmontel si pose su quelle scene da Giuseppe Piis dopo molti altri che han maneggiato questo medesimo soggetto. […] Lo spirito di rappresentazione che anima i Francesi, i grandi modelli nazionali che riempiono le loro scene, il gusto di cui credonsi con privilegio esclusivo in possesso, non basta ad obbligarli a volgere un solo sguardo alla meschinità de’ loro pubblici teatri. […] Nè questo nè il buon senno di uno scrittore Francese ha punto giovato a richiamar su quelle scene l’opera eroica all’ imitazione degli uomini da quella de’ demoni e delle furie ballerine.
Egli non seppe osservare che le arlecchinate delle nostre scene si hanno in conto di prette buffonerie ancor dalle nostre femminucce, nè vi è pericolo che possano dentro le Alpi produrre sì temuto effetto. […] Lo spirito di rappresentazione che anima i Francesi, i gran modelli nazionali che riempiono le loro scene, il gusto di cui credonsi tutti con privilegio esclusivo in possesso, tutto ciò non basta ad obbligarli a volgere un solo sguardo alla meschinità de’ loro pubblici teatri. […] Les dieux furent chassés de la scene, quand on y sut représenter des hommes.
Basta ciò per conoscere che le scene debbono essere disunite, il dialogo slegato e privo del menomo calore, i caratteri immaginari, contradicentisi e senza interesse. […] Ora si vedeva nell’assedio di Persepoli, capitale antica della Persia, una mina sotterranea, che coll’aiuto della polvere faceva andar in aria una parte della città, ora il leggiadro Alcibiade che veniva in sulle scene sopra un carrozzino alla moda preceduto da corrieri e da volanti. […] bene, bene Mi cavasti di pene [9] Gli amori introdotti sempre come principale costitutivo dei drammi non solo erano ricercali, falsi e puerili, ma in siffatta guisa indecenti che sembravano rappresentaci a bella posta sulle scene per giustificar il rimprovero che diè il Conte Fulvio Testi ai poeti italiani di quel tempo: «Fatto è vil per lascivia il Tosco inchiostro.» […] [14] Il mentovato Ciccognini verso la metà del secolo trasferendo al melodramma i difetti soliti allora a commettersi nelle altre poesie drammatiche, accoppiando in uno avvenimenti e personaggi seri coi ridicoli, interrompendo le scene in prosa colle poeti che strofi, che arie s’appellano, e mischiando squarci di prosa alle scene in verso, confuse tutti gli ordini della poesia, e il melodramma italiano miseramente contaminò. […] Da una lettera del celebre viaggiatore Pietro della Valle a Lelio Guidiccione scritta nel 1640 si vede ch’erano di già comunissimi sulle scene italiane a quel tempo.
Il lungo periodo della loro unione aveva afforzata, fissata ormai un’omogeneità di tinte, una armonia di toni, una geniale spontaneità, un tale affratellamento insomma nella concezione ed espressione delle varie scene, che non si acquista, pur troppo, se non coll’esercizio congiunto a un forte spirito di assimilazione. — Sotto questo rispetto, la separazione artistica di Eleonora Duse e di Flavio Andò non può essere stata che di nocumento all’arte.
Si diede giovinetto alle scene, e fu per molti anni primo attore della primaria Compagnia, condotta da Giacomo Dorati.
XV del Giornaletto ragionato teatrale di Venezia per l’anno 1820, dice in proposito della Compagnia Campana, che si è meritata la benevolenza di quel pubblico intelligente, mediante l’indefesso zelo che dimostra nell’ esecuzione delle rappresentazioni, che di mano in mano si vanno esponendo su quelle scene.
Dice di lui Francesco Bartoli che « la sua prontezza nelle risposte, la sua pantomima naturale e graziosa, e una profonda intelligenza delle commedie improvvise, furono tutti meriti, che gli acquistarono fama e riputazione. » Domenicantonio di Fiore, nato il 1711, s’era dato giovanetto alle scene.
Nel 1796, probabilmente, o era morto, o s’era ritirato dalle scene, giacchè nol vediam figurare nell’elenco del S.
Natole a quel tempo un bambino, Cristofano Razzani dettò il seguente MADRIGALE Pargoletto bambino, i tuoi vagiti sono canti graditi, quasi armonia di Cigni e di Sirene : or che sarà poi, quando per l’Italiche scene andrai d’intorno errando fiume che ha d’or l’arene fiume d’alta eloquenza ?
Oggi trionfa sulle scene inglesi mad.
Quand’egli lasciò l’arte, chiamò a sè la piccola Maria per metterla in un collegio di Milano : ma, lui morto, le angustie di famiglia le fecer troncare gli studî e la sbalzaron su le scene a soli 13 anni.
L’annotatore dice di lui : Di questo vecchio non si può dir male ; mentre essendo vecchio nell’arte sapeva stare sulle scene ed era sicuramente il meglio che fosse in compagnia.