. – Di lei, il numero 9 delle Varietà teatrali, (Venezia, 1824) enumerando gli artisti della Compagnia Fabbrichesi, dice : Bettini Madre….
Di lui abbiamo anche la testimonianza del comico G.
Di nobile famiglia veronese, dovette per dissesti finanziari darsi all’arte comica, esordendo nella Compagnia della Battaglia, e passando poi in quelle di Giuseppe Lapy, e di Luigi Perelli, nella quale ultima era al tempo di Fr.
Di questo Apelli dice il giornale : colle disposizioni ch’egli dimostra, non potrà che riuscire un ottimo attore per perfezionarsi collo studio.
Di quel che gli occorse a Mantova recitando la favola de' tre gobbi, vedi Pasquati Giulio.
Di lui Corrado Ricci (Teatri di Bologna) riferisce una lettera del 1613, con la quale domanda privilegio particolare che nissun possa dispensare un secreto di un olio da lui chiamato il suo Balsamo.
Di lui dice il Porcacchi (Le attioni d’Arrigo III Re di Francia e di Polonia, ecc.), che era « rarissimo in rappresentare la persona di un facchino bergamasco, ma più raro nelle argutie e nelle inventioni spiritose : » il Rossi, nella Fiammella, lo loda insieme a Battista da Rimino, perchè « osservano il vero dicoro de la Bergamasca lingua ; » e Francesco Andreini (Bravure, XIV) lo cita insieme a' comici di quella famosa Compagnia, « che pose termine alla dramatica arte, oltre del quale non può varcare niuna moderna Compagnia di Comici. »
Di questo comico Aurelio non è a noi pervenuto altro lume ; ma ci persuadiamo ch’ egli sia stato un uomo di merito, avendo colla penna difesa valorosamente la di lui Professione.
Di costoro par che i Vicerè spagnuoli si servissero a fare scriver filippiche, avvisi e altro, a sostegno del Governo di Spagna e in difesa dell’opera propria.
Di volto piacente, di fisonomia mobilissima, sapeva in modo mirabile dare al suo personaggio l’espressione voluta, senza il soccorso della truccatura, fosse esso l’ Avaro o il Burbero benefico, o il Maldicente, o altro.
Di questa mia astensione nessuno a vero dire si accorse, salvo qualche amico cortese, che me ne mosse, per cortesia, rimprovero. Di lui scrisse il Calissano in un opuscolo edito a Siena il 1876, nel quale sono messe in rilievo tutte le buone qualità dello scrittore, alcuna opera esaminando con coscienza di artista, quale ad esempio, la Moda, una delle migliori, se non la migliore di lui.
Di lui si ha un libretto, e qui anche torna a mente il Camerani, intitolato Gastronomia Sperimentale (Zara, 1886), in cui sono le norme particolareggiate per allestire una buona serie di piatti dolci e di piatti di famiglia. […] Di lui lasciò scritto Ernesto Rossi (op. cit.
Di questa il Bartoli dava nelle sue notizie speranza di ottima riuscita, unendo essa una perizia singolare a una rara bellezza.
Di lei non abbiamo che la seguente lettera, comunicatami dall’egregio Davari dell’ Archivio di Mantova : 1690. 31 mag.° – Bologna (ad un ministro del Duca) Ill.
Di lei, quand’era in Compagnia Belloni, le Varietà teatrali disser parole di lode.
Di mezzana statura, di colorito più tosto bruno, e pieno di fuoco.
Di lui, attore in Compagnia Vestri e Venier, scrisse il Giornaletto ragionato dei teatri del 1821 : Partito da Firenze sua patria, immaginò in Lombardia un nuovo ridicolo personaggio, cui diede il nome di Stentarello, che quantunque in lui non male accolto dal pubblico, tuttavia non fu da altri poi ricopiato.
Di bella persona e di bella voce, d’ingegno svegliato, e perseverante nello studio, fu attore ammiratissimo nel tragico e nel comico, nelle parti di giovine e in quelle di vecchio, nelle quali – scrive Fr.
Di fisonomia men regolare forse di quella di sua sorella, ma più viva e animata, fornita delle più chiare attitudini all’arte scenica, fu al suo esordire applauditissima, nè solo come attrice, sì ancora come danzatrice ; chè nel balletto d’uso dopo la commedia, ella eseguì egregiamente un passo a due insieme al signor Dehesse.
Di fuori : Al’Ill. […] Di fuori : Memoriale All’ Altezza Ser.
Di quella stagione il Beltrame Barbieri nel Capitolo XXXVI della sua Supplica ci dà la seguente notizia : Si trovava in Verona la Compagnia del Signor Adriano Vallerini Comico gentilhuomo di quella Città, Dottore et assai buon Poeta Latino, e volgare : e l’Eccellentissimo Signor Gouernatore di Milano inuitò quella Compagnia à dar trattenimento à quella Città ; i Comici accettarono l’inuito, et arriuati che furono, e fatto la prima Comedia, fu loro leuata la licenza dall’istesso Sig. […] CORO Sacrosanto Himeneo, Che alberghi in Helicona Con la tua casta madre, Là doue il Pegaseo Fonte, le dotte squadre De i Cigni a bere inuita, Per c’habbin la corona Dal figlio di Latona, Di quella fronde, ch'ha perpetua uita, E d’essa ornati poi, Cantin la gloria de gli eccelsi Heroi. […] Tu di duo cori un core, E un’Alma fai di due, Di due voglie vna voglia, Mentre per far minore L'aspra eccessiua doglia De la uita mortale, Le noie e pene sue Comparti in amendue, Ond’è più lieue a sofferirsi il male, Nè men le gioie, e i risi Hanno in commun ne i tuoi beati Elisi.
Di fuori :A Sua Altezza Serenissima Per Horatio Colletta Comico Annotazione della Cancelleria.
Re (Di) Pietro.
Di principj ultra liberali (il sangue del padre, terribile e fanatico giacobino, circolava nelle sue vene), nella fatal giornata del 15 maggio 1848 a Napoli egli era su le barricate co’ due figliuoli.
Di lui non fu detto troppo bene allo stesso Vendramin, che alle preghiere del Goldoni faceva orecchi da mercante. « Questo giovane – insisteva Goldoni – non è mio parente, ma ho preso impegno di assicurarlo, e deggio farlo. » E più innanzi : « Per cattivo ch'ei fosse, avrebbe mai rovinata la compagnia in un posto di terzo amoroso ?
Ebbe l’onore d’essere all’attual servizio delle serenissime altezze di Alessandro ed Orazio Farnesi Principi di Parma, ai quali dedicò una commedia d’origine spagnuola da lei tradotta in italiano, che porta per titolo : Di bene in meglio stampata in Venezia per Matteo Leni l’anno 1656 in forma di ottavo. […] Di essa non v’è che la dedica fatta all’altezza di Francesco II Duca di Modena in data de’17 febbraio 1677.
Riflessioni ad alcune delle molte prerogative che rendono grata a tutti la medesima Virtuosa Alla modestia unir spirto e bellezza, Formar più vezzi, e non macchiar il core ; Con laude oprar, e disprezzar l’honore ; Di più lingue3 erudite haver vaghezza. […] Di tutto ciò ne dà compito saggio.
Di quest’ultima specie erano: la tragedia di Ennio intitolata Scipione, il Bruto di Azzio, l’Ottavia di Mecenate, e l’Ottavia che si è voluta attribuire a Seneca ec. […] Di varie farse di Laberio fanno menzione gli antichi, e specialmente il nomato Gelliob: Theophinus, Fullonica, Staminarii, Restis, Compitalia, Cacomemnon, Nacca, Saturnalia, Necromantia, Scriptura, Alexandra, nel qual mimo diffinisce il giuramento, Quid est jusjurandum? […] Di questo liberto sono a noi pervenute alcune centinaja di versi, i quali contengono eccellenti sentenze e insegnamenti per la vita civile, e l’eleganza che vi si ammira ci rende molesta la perdita delle intere sue favolette. […] Di qualche altro seguace o imitatore di Pilade dovè parlare Manilio dicendo: Omnis fortunae vultum per membra relucet. […] Di esse vedasi Alberto Fabrizio Biblioth.
Di questo Puttino Etrusco trovato nell’agro Tarquiniense ed illustrato da mons. […] Di un altro Putto Etrusco che vuolsi trovato fin dall’anno 1587 vicino al Lago Trasimene, e poi rubato dal museo del conte Graziani perugino, e ricuperato dopo molti anni, favellarono il p. […] Di questo valoroso attore vedi ciò che ne dice Cicerone, che visse a’ suoi tempi, nel dialogo de Senectute, e l’autore de Caussis corruptae eloquentiae. […] Di fatti, oltre alle nominate tragedie a noi non pervenute, ebbero i Romani eziandio in pregio la Medea di Ovidio, il Prometeo e l’Ottavia di Mecenate, il Tieste attribuito a Quinto Vario, a Virgilio, ed a Cassio Severo, tragedia da Quintiliano reputata degna di compararsi colle migliori de’ Greci, in oltre quelle di Curiazio Materno altamente comendate dall’autor del dialogo della corruzione dell’eloquenza, e di Pomponio Secondo stimate per l’erudizione e per l’eleganza, la Medea di Lucano, l’Agave di Stazio sì bene ascoltata in Roma ed encomiata dal satirico Giovenale, tutte queste buone tragedie danno a noi diritto di affermare che un genere di poesia maneggiato da’ migliori poeti latini, dovè trovare in quella nazione ordigni opportuni per elevarsi, ed in copia maggiore che non ne trovò la poesia comica.
Di famiglia di commercianti, nacque a Firenze il 1788.
Di lei scrisse Francesco Bartoli : Brava, ed incomparabile attrice fu la Gandini a’tempi suoi, sostenendo con immensa bravura il carattere di prima donna in tuttociò che all’arte comica per dovere si aspetta.
Di lui si pubblicarono anonime alcune parodie di Atys, Roland, Mérope, Amadis ; le commedie Les Ennuis de Thalie, Les noms changés, Les Faux devins ; e la tragedia Alzaïde ; poi : L'Art du théâtre (Berlino, 1760, in-8°), Œuvres d’un paresseux bel esprit (Berlino, 1760, in-8°), il Dictionnaire des passions, des vertus et des vices (Paris, 1769), la traduzione dall’inglese di Garrich ou les acteurs anglois (Paris, 1769) e il Dictionnaire des gens du monde (Paris, 1770, 5 vol., in-8°).
Di bellissima figura, di ottima voce, di intelligenza pronta e svegliata, fu egualmente ammirato nella commedia, nel dramma e nella tragedia ; ma principalmente in questa.
Di lei non abbiamo che le poche notizie che io trascrivo dal D’Ancona.
Di tutte le scenate dei coniugi Nelli e dei coniugi Buffetto e Colombina, vedi al nome di Cantù Carlo, il quale ha lettere interessantissime su tal proposito.
Di lui disse il Mercurio del tempo : « Egli parlava assai bene il francese e l’italiano.
Ignote voci fur pianti e querele, Come alle vaghe Pastorelle ignoti Di traditrice i nomi e di crudele. […] Qui le follie della Cittade e il fasto Potè meglio ritrarre Arte gradita : Tanto pregio ne accrebbe il bel contrasto Di questa Pastoral tranquilla vita ! […] Oh, almen, calma porgesse al cuore afflitto Di riederne la speme a questo lido, Come lieta rivola al caro nido La Rondinella dall’antico Egitto !
Di alcune parti da lei create, come della Grimani nella Cecilia del Cossa, non si è tuttavia cancellato il ricordo.
Di sera, affrettava l’alzata del sipario con ripetuti rulli di tamburo, e soleva talvolta partirsi da una Piazza con la condotta e i suoi scritturati, senza un soldo in tasca, e senza sapere ove si sarebbe posato.
Di rincontro i fratelli Parfait con la scorta del Mercurio di Francia dicono che Gioacchino Visentini esordì alla Comedia italiana col ruolo di Arlecchino in Timon le Misantrope, il sabato 26 agosto 1741 all’età di soli diciotto anni.
» Di un Dottor Violone è fatto cenno in una lettera di Ludovico Bevilacqua al Duca di Modena con data di Ferrara 9 aprile 1664, come di attore il quale, ben lontano dall’aver la pietà e modestia del Chiesa, per certi livori ch’egli ebbe con la Marzia Fiala, moglie del Capitano Sbranaleoni, capocomico, mancò a’suoi impegni scritturandosi con una Marchetta, e allegando con atto di perfidia, pretesi contratti antecedenti con un Cavaliere.
Di questa attrice, prima donna e capo comica, abbiamo la seguente lettera del 1663 al Duca di Modena : Serenissima Altezza Hippolita Gabrielli comica hunita con suoi Compagni ricorono alla benignità di Vostra Altezza Serenissima supplicandola a uolerli far gratia col suo benignissimo rescritto di concederli licenza di poter recitar opere, e Comedie per il suo felicissimo Statto come altre uolte à sempre hauto fortuna di seruire al Altezze Sue antesesori che di tal gratia l’oratrice e suoi Compagni pregarano Sua divina Maesta per la Sua Esaltatione, che della gratia quam deus…… Volendo dar principio al Finale, e poi a Reggio.
Di buona fede siamo noi sicuri che a’ di di Aristofane sarebbero state accolte con pari effetto da que’ repubblicani baldanzosi e pieni sotanto della loro potenza e libertà finanche le greche favole, la Perintia, l’Andria, non che le straniere posteriori, l’Euclione, l’Eunuco, gli Adelfi, il Misantropo? […] Di grazia si ebbe presente in siffatte comparazioni la differenza della commedia greca Antica da quella de’ posteri di Aristofane?
Di lui abbiamo la seguente istanza inedita che riferisco intera. […] Di fuori : À Sua Altezza Serenissima Per Virginio, et Aurelia Comici.
Di nulla meno si tratta che di fare man bassa e pressoché annientare quanto forma in oggi la delizia, l’ammirazione e il trasporto del teatro musicale italiano.
La donna ha tal poter, tale attraenza Cui l’uomo invan resister tenta ; (sic) Invan filosofia, ed esperienza Combatton contro lei ; e se non spenta Di veder cento donne è in me la speme Uomini a mille le verranno insieme. (?)
Di lui, il più celebre degli stenterelli moderni, nato a Firenze nel 1823, discorre diffusamente Jarro nella sua opera Origine della maschera di stenterello, da cui riferisco in ristretto.
Di forme più tosto erculee, se ben corto di braccia, male gli si attagliavano le parti sdolcinate.
Di lui la Gazzetta di Genova del 18 settembre 1822, dell’anno, cioè, in cui egli entrò a far parte della Compagnia, scriveva : « Il signor Righetti, nemico dei lazzi volgari, conosce la difficile arte di saper cogliere dagli spettatori sensati il desiderato sorriso di compiacenza. »
Di questa e di quelli egli va dando non dubbie prove, specie con la interpretazione del Parini e la recitazione della Canzone di Garibaldi e dell’ Ode a Verdi di Gabriele D'Annunzio.
Di civil famiglia, ferrarese.
Di compassione. […] Di che? […] Di su. […] Di casa della vostra moglie. […] Di lui vedi il Crescimbeni, il Fontanini, il Poccianti, il Mazzucchelli.
Apritemi le vene, Delibate il mio sangue, Pur che viviate voi Poco a me cale il rimanermi esangue ; Barbaro insidiatore Di nostra libertade, Tu con funesto orrore D’armi hai ricinte di Sion le mura. […] Figli, care pupille Di questi occhi piangenti, Figli, i vostri lamenti Mi trafiggono il core, Voi morite di fame, io di dolore. […] Di te parlano ancora Il doppio Reno, il Po, l’Arno ed il Tebro. […] Qui le Sceniche Muse al cenno pronte Di verde serto ornarla ; e all’Indo e al Moro Le virtù di Giuseppa andar più conte.
Di tali strumenti è notizia nell’Infermità, Testamento e Morte di Francesco Gabrielli detto Scappino, composto e dato in luce a requisitione degli spiritosi ingegni, edito in Verona, Padoa et in Parma, per li Viotti, con licenza de’ Superiori il 1638, e ristampato poi nel Propugnatore del maggio-giugno 1880 da Severino Ferrari. […] — I singulti, e sospiri, Le lagrime, e gli homei Del moribondo son cari trofei, Cosi fra gente amate, Così fra gente amate, L’ultima fa Scappin di sue cascate, Di sue cascate. […] Oltre al noto epitaffio di Francesco Loredano, Giace sepolto in questa tomba oscura, Scappin, che fu buffon tra i commedianti, Or par che morto ancor egli si vanti Di far ridere i vermi in sepoltura, abbiamo i due seguenti sonetti, senza nome di autore, inediti, nel manoscritto Morbio, descritto al nome di Andreini-Ramponi Virginia : PER LA MORTE DI SCAPPINO COMICO Proteo costui ben fù, che ’n mille forme Su le scene variò voce, e sembiante, Hor seruo scaltro, ed or lasciuo amante, Edippo, hor Dauo, et hor Mostro difforme. […] Di altre stagioni fatte dalla Compagnia dei Comici Confidenti al servizio di Don Giovanni De Medici abbiam date precise in molte lettere concernenti il capo di essa Flaminio Scala (V.) detto Flavio in Commedia.
Di lui non abbiamo altra notizia che indue lettere di Scipione Garimberti da Parma al Duca di Modena del…..
Di questa dice il Bartoli : « il gentil personale adattato al carattere che sostiene, una prontezza vivace, ed i modi suoi graziosissimi fanno distinguerla per un’ attrice pregevole, e degna di quelle lodi, che liberalmente le vengono dagli spettatori concesse. » Ricci Emilia, pisana, nata dalla civile famiglia Gambacciani, venuta a povertà, ancor fanciulla, dopo la morte del padre, sposò Antonio Ricci, padovano, ballerino da corda, assai maggiore di lei.
Di quest’ultima specie erano la tragedia di Ennio intitolata Scipione, il Bruto di Azzio, l’ Ottavia di Mecenate, e l’Ottavia attribuita a Seneca ecc. […] Di quest’ultima favola parlando Scaligero intorno a Varrone, dice: Pomponio poeta Atellanario intitolò certo esodio 131 Pitone Gorgonio, il quale, a mio credere, altro non era che il Manduco, perchè il nome di Pitone è posto per incutere terrore, e Gorgonio equivale a Manduco, dipingendosi i Gorgoni con gran denti. […] Di varie di lui farse fanno menzione gli antichi, e specialmente il nominato Gellio143: Theophinus, Fullonica, Staminarii, Restio, Compitalia, Cacomemnon, Nacca, Saturnalia, Necromantia, Scriptura, Alexandra, nel qual mimo diffinisce il giuramento, Quid est jusjurandum? […] Di questo liberto ci sono pervenute alcune centinaja di versi, i quali contengono eccellenti sentenze e insegnamenti per la vita civile, e la di loro eleganza ci rende molesta la perdita delle intere sue favolette. […] Di esse vedi il Fabrizio Bibliot.
Di lui scrisse Michele Cuciniello, uno de'fortunati autori che l’ebber felice interprete delle loro opere. […] Di tal fatto si mandò avviso al cognato Alberti, il quale si recò colà in compagnia di un medico amico, e lo fece subito rivestire dicendogli che il Re lo attendeva al R.
Di una Compagnia eran prime parti : l’Astolfi stesso, caratterista e promiscuo, la Giuseppina Casali, prima attrice, in surrogazione della Santoni, che per dissensi col capocomico abbandonò la Compagnia a metà dell’anno (Cfr.
Di questo Mozzana non abbiam notizie ; ma due lettere di Anton Maria Coccino da Venezia del 18 febbraio 1650 e del 4 marzo 1651 al Duca di Modena che lo richiedeva di alcuni artisti, accennano a un Truffaldino, che non s’è potuto identificare, ma che potrebb' essere il nostro attore.
Di aspetto piacevolissimo, di persona elegantissimo, di voce carezzevole, ricco d’intelligenza, studioso, era il diletto di ogni pubblico.
Di lui è detto nelle Mémoires secrets : il piccolo Veronese, figlio d’un attore italiano noto col nome di Dottore di cui ha sempre sostenuto il ruolo, ci ha dato uno spettacolo de' più curiosi.
Di portamento elegante, di maniere correttissime, pieno di sentimento e di slancio, studioso e modesto, diventò in brev’ora uno de’ migliori primi attori giovani.
Di una rispettabile famiglia di Rovigo, assai educato e coltissimo, fu egregio attore, egregio poeta estemporaneo e non meno egregio autore comico.
Di cori ancisi archi famosi e chiari ergansi a te, bella d’amor guerriera, che quinci omai trionfatrice altera gir di mill’alme ad altro ciel prepari.
Fiore (Di) Domenico Antonio.
Di bella figura, se bene alquanto esile, di voce armoniosissima, d’ingegno pronto, di coltura non comune venutasi acquistando da sè con l’assidue letture, di maniere dolcissime, fu amato da quanti lo conobbero.
Di lui si contan parecchi aneddoti, tra'quali questo che dà un’idea ben chiara del suo cervello.
Di che? […] Di su. […] Di quel sacco parlò pure nel Geloso il prelodato Bentivoglio, ed ancor l’Aretino nella Cortigiana. […] Di casa della vostra moglie. […] Di lui vedi il Crescimbeni, il Fontanini, il Poccianti, il Mazzucchelli.
Di poi non regge il di lui ragionare, perchè baratta sotto gli occhi i termini della quistione. […] Di più non se ne rappresenta pur una, e per leggerle conviene stentare a trovarle.
Di nuovo in Italia, si scrittura ai Fiorentini di Napoli, ove interpreta colossalmente la Teresa Raquin di E. […] Di mente aperta, d’ indole sdegnosa, ribellante a tutto ciò ch'è impunemente e coscientemente iniquo, fu attratta un tempo dalla politica, che, in lei, soverchiò quasi l’arte.
L’annotatore dice di lui : Di questo vecchio non si può dir male ; mentre essendo vecchio nell’arte sapeva stare sulle scene ed era sicuramente il meglio che fosse in compagnia.
Di lei non abbiamo notizia che in questo documento inedito, che trovo tra le carte del Mariotti alla Biblioteca Nazionale di Firenze.
Di comicità irresistibile, e d’ingegno come abbiam detto vivacissimo, seppe trar grande partito da ogni situazione la più semplice ; una piccola scena recitata da lei, assumeva proporzioni gigantesche !
Bartoli ci fa sapere come « al suo valore non corrispondesse ancora il di lei personale, che per essere basso, e pingue di soverchio le fu di molto discapito nell’arte sua. » Di ciò fa cenno anche il Gozzi nel canto ditirambico : L'Angelina il monte assaglia, ma s’ingrassi un po' più adagio.
Di che loco beato, e di che stella scese costei, che aggiorna l’età nostra ? […] Di molte sentenze son esse ricche, in cui è la prova evidente che il Cecchini era un profondo e fine osservatore. […] re Don Amedeo di Savoja col seguente sonetto : Mira tall’ hor il pastorello errante Del Biondo Dio, che ’l sacro Delfo adora Superbo il tempio, e riverente odora Di pretioso licor l’ara fumante. È giunto al fine al chiaro nume accante Tosto s’inchina, el sacro fuoco honora Di latte solo, e poverello infiora Di rose il legno placido, e sonante. […] Di codesti capitoli verrò trascrivendo quelle cose che più mi pajon degne di nota.
Di questa precisione e aggiustatezza abbiamo pochi esempli tra’ moderni, i quali per lo più fanno rispondere a’ personaggi quel che comanda la rima o L’armonia de’ versi. […] Di chi dunqne ti lagni , ripiglia il Coro, se niuno colpa al tuo male? […] Di quì nacque che non volendo gli attori mimici esser tenuti da meno nell’arte di rappresentare, si divisero dalla commedia e l’esempio eccitò altri rappresentatori ancora a separarsene, lasciando ai Comedi la nuda commedia, e così ciascana specie di attori diessi a rappresentar separatamente le proprie farse. […] Di tali cose possono consultarsi le opere di Giulio Polluce, Dionisio Alicarnasseo, Ateneo e Suida, i quali alla distesa ne favellano. […] Di tali figurine che prendono il nome dall’esser tratte co’ nervi, si fa menzione da Aristotile de Mundo, da Senofonte in Symposio, parlando di un Siracusano interrogato da Socrate, da Erodoto nel libro il e da Luciano.
Di questa precisione e aggiustatezza abbiamo pochi esempj tra’ moderni, i quali per lo più fanno rispondere a’ personaggi quel che comanda la rima o l’armonia de’ versi. […] Di chi dunque ti lagni, ripiglia il coro, se niuno colpa al tuo male? […] Di quì nacque che non volendo gli attori mimici esser tenuti da meno nell’arte di rappresentare, si divisero dalla commedia, e l’esempio eccitò altri rappresentatori ancora a separarsene, lasciando ai comedi la nuda commedia, e così ciascuna specie di attori diessi a rappresentar separatamente le proprie farse. […] Di tali cose possono consultarsi le opere di Giulio Polluce, Dionisio Alicarnasseo, Ateneo, e Suida che distesamente ne favellano. […] Di tali figurine che prendono il nome dall’esser tratte co’ nervi, si fa menzione da Aristotile de Mundo, da Senofonte in Sympos.
Di lui dice Bruscambillo che era grasso e di aspetto gioviale, e lo comparò talvolta a Bacco.
r Duca di Modena Di fuori : (Rescritto della Cancelleria) s’ è scritto al S.
Di lui dice il Quadrio (vol.
Di fuori : A Vostra Altezza Serenissima per la Virginia et Lucilla Commici. […] Pien d’augelli canori è il vostro Cielo : Di musiche Sirene il vostro Mare.
Di mente svegliatissima, egli fece ottime prove non solamente nella lettura di classici greci e latini, ma anche nell’arte del disegno. […] Di fieri Agitator tragici affetti e di franchi pensieri, alto, ed umano Tu, l’ira del terribile Astigiano Infondesti primier nei nostri petti.
Di fuori : Al Ser. […] Di fuori : Al Ser.
Di ciò vedasi il Temanza nella Vita del Palladio presso il cavaliere Girolamo Tiraboschi.
Di quando in quando si risveglia nel suo cervello il ricordo de’ passati studi e allora tenta di ricostruirli o a sè stesso o a qualche sciagurato curioso….
Di fuori : Al Altezza Ser.
Di fatti uscirono in Teatro, ed il Vitalba incominciò a ragionare con quello spirito, ed eleganza, che era sua propria dote.
I faentini ristamparon per lei, nel carnovale ’60-’61, il sonetto di Paolo Costa per la Clementina Cazzola ; « Di che loco beato…. » (V.) ; e l’appassionato Braccio Bracci pubblicava in Livorno la primavera del ’50 un inno in versi sciolti, tra’ quali i seguenti : ………….
Di lei, a proposito della Serva amorosa.
Ah non v'approdi, e in pria, Fatta signora di sè stessa, un detto, Un sospiro, un addio sciolga, e rimbombi Di nostre voci al suono alterno, e giunga Alle Valli del Serchio, e lo ripeta Del bel Tirreno ancor la riva e l’onda.
Di lui dicono i fratelli Parfait : « Turi di Modena, eccellente attore per le parti di Pantalone, recitò sotto le spoglie di tal personaggio sino alla sua morte, avvenuta il 1670, come s’ha ragion di credere dall’annunzio che Robinet fa dell’arrivo di un nuovo Pantalone, il marzo dello stesso anno. » Andò a Parigi colla nuova Compagnia che vi esordì il 10 agosto del 1653 ; ma erronea è la data della sua morte.
È ver, son tali Certi perversi cuor che ognun detesta: Tale è la calca, è ver, d’uomini falsi, Di spregevoli donne, di buffoni, Spiriti bassi, spiriti gelosi, Senza onestà, senza principj, senza Costume meritevole di stima; Gente infingevol che a se stessa rende Giustizia disprezzandosi a vicenda. […] Quivi quando alcun tratto si dipigne Di candor, di bontà, dove trionfi, E del proprio splendor tutta sfavilli L’umanità benefica e gentile, Di pura voluttà s’empie ogni cuore, Quivi s’intende di natura il grido. […] Di questo genere sono le seguenti: l’Oracolo impressa nel 1740, in cui intervengono tre personaggi, cioè una Fata, Alcindoro di lei figlio e Lucinda il cui carattere è un leggiadro tessuto di vezzi: le Grazie rappresentata nel 1744 ed impressa l’anno che seguì, il cui soggetto si trasse dall’ode III di Anacreonte di amore immollato dalla pioggia, e dalla XXX dell’istesso amore annodato con una catena di fiori dalle Muse secondo Anacreonte, o dalle Grazie secondo la vaga cantata del Metastasio recitata in Vienna nel 1735: gli Uomini vivace azione drammatica allegorica rappresentata nel 1753, in cui intervengono Mercurio, Prometeo, la Follia e le Statue animate dal fuoco celeste, le quali formano alcuni pantomimi allusivi a i caratteri e alle passioni degli uomini. […] Abbonda solo Di giolivi pedanti ogni adunanza: Sulle orme lor nelle festive cene Ragionar sanno ancor gli appaltatori: Son di decenza esempio i nostri abati: Di studio e di saviezza i curiali. […] Di quest’ultimo si rappresentano ancora il Mostro Marino, gl’ Intrighi d’Arlecchino, i Tre Gemelli Veneziani da me ascoltata nel dicembre del 1777 passando per Mompellier.
Di civile famiglia veronese, si diede giovinetto all’arte, cui fu strappato da morte immatura.
Di slancio tutto meridionale, facea levarsi il pubblico con iscatti di passione felini….
Di fuori : Sig.
Di salute assai cagionevole, fu costretto, a venticinque anni, abbandonar le scene e recarsi in cura a Padova ; ma poco tempo dopo, la primavera del 1769, vi morì.
Di là : Molière, Jodelet, Crispin, Turlupin, Matamore, Gros-Guillaume, Gaultier-Garguille in secondo piano ; di qua : Trivellino, Brighella, Scaramuccia, Pantalone, Pulcinella, Dottor Baloardo, Arlecchino. […] Di noiosi pensier mai sempre armato, porta il suo duro cor più che diamante.
Di quelle del tempo di Filippo IV più non si favella nè anche. […] Di un reo che involge gl’innocenti nella propria ruina, dicesi con felicità, proprietà, ed eleganza, hizo partecipantes del castigo gl’innocenti. […] Di bel nuovo poi dal 1786 vi si tornarono per qualche altro anno a rappresentare opere musicali italiane.
Di spade si favella? […] Di anni diciassette cominciò a scrivere commedie che si recitarono con applauso e s’impressero in due volumi nel 1639. […] non è più tempo Di rammentar quel che obbliare è forza! […] Di questo celebre commediografo variamente giudicarono i critici e forse sempre con ingiustizia. […] Di poi quel Moròn Francese comparato col ben grazioso Polilla Spagnuolo comparisce un freddo buffone.
Di fatti che cosa è mai questo mio povero presente agli occhi dell’Autor preclaro del poema de i Doveri dell’Uomo, delle auree traduzioni de’ Greci Bucolici e di Anacreonte, e delle Pescagioni?
Di che, non pur l’istessa Compagnia di Vittoria può ricevere accrescimento, ma particolarmente la nostra città, ove sperano di far lor comedie, sentirà grandissimo gusto, essendo Aurelia da ciascuno generalmente ben vista.
Di lui s’era scritto : Balletti, lorsque je te vois j’entends aussitôt le parterre se récrier tout d’une voix : Son talent est héréditaire.
Di lei si ha la seguente quartina : Dans tes traits que de dignité et dans ton jeu que de noblesse !
Di lui, morto, disse il Costetti, del quale mi piace riportar le parole che indirizzò alla figliuola Lina il Io giugno del ’96.
Di lui scrisse Bernardo De Dominicis nelle Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti napoletani (Napoli, 1745) : …..
La Moda di Napoli dice : « è difficile veder due volte il Marchionni con la stessa sembianza : diverso sempre da sè sotto le diverse forme che veste su le scene, ei non somiglia a sè stesso che in una sola cosa, cioè in esser sempre eccellente. » Di lui abbiamo tragedie : I Martiri, Olindo e Sofronia, Edea Zavella o La presa di Negroponte, La Vestale, che meritò gli elogi di Vincenzo Monti e di Ugo Foscolo ; spettacoli : Pirro, o i Venti Re all’assedio di Troja, La figlia della terra d’esilio ; drammi : Chiara di Rosenberg calunniata, Chiara innocente, L'Orfanello svizzera ; lavori questi scritti per la sorella Carlotta e da lei con molto successo recitati.
Di buona famiglia, aveva avuto un’ educazione eccellente, ed era stato prima gesuita, poi medico di Reggimento, poi professore di medicina all’ Università di Palermo, poi ciarlatano.
Di qui la Dafne, l’Euridice, l’Arianna di Ottavio Rinuccini, che furono i primi drammi che circa il principio della trascorsa età sieno stati rappresentati in musica; lasciando stare la favola di Orfeo del Poliziano, che fu accompagnata da strumenti, quella festa mescolata di ballo e di musica fatta già per un duca di Milano in Tortona da Bergonzo Botta, o una specie di dramma fatto in Venezia per Enrico III, che fu messo in musica dal famoso Zarlino, con altre tali rappresentazioni, che si hanno solamente a riguardare come lo sbozzo e quasi un preludio dell’opera. […] Di maniera che l’opera, discendendo come di cielo in terra, dal consorzio degli dei si trovò confinata tra gli uomini.
Di lei così scrive Ernesto Rossi nel vol.
Di fisionomia dolce ed aperta, di figura maestosa ed elegante, di voce forte e soavissima, non tardò molto ad abbandonar la stabile Compagnia napoletana per entrare in una delle nomadi di primissimo ordine.
Di lui riferisco le parole di Yorik, come quelle che ci dàn chiaro il ritratto dell’artista e dell’uomo : Aveva appena trent’anni, era pieno di vita e di speranza, forte, robusto, gagliardo, ricco d’ingegno, lieto della sua sorte, felice della simpatia, dell’affetto, della stima, in che lo tenevano i suoi concittadini.
Di quando fu comico al servizio del Duca di Modena abbiamo un larghissimo passaporto in data 3 novembre 1681 ; e il Campardon riferisce una querela di lui del 7 dicembre 1691, contro certa Maria Lemaine che aveva tentato involargli i pegni di un credito per la perdita di un pajo di maniche di merletto.
[2] Di siffatto disordine tre ne furono le vere cagioni: la prima, la natura stessa del maraviglioso, il quale, ove non abbia per fondamento una credenza pubblicamente stabilita dalla religione e dalla storia, non può far a meno che non degeneri in assurdità, perocché l’immaginazione lasciata a se stessa senza la scorta dei sensi o della ragione più non riconosce alcun termine dove fermarsi. […] Nella Ipermestra del Moniglia la castissima sposa, apostrofando alle labbra dello sposo, dice in piena udienza: «Belle porpore vezzose Onde Amore i labbri inostra Pur son vostra: Di rubini almo tesoro, Mio ristoro, idolo mio, E che più bramar degg’io?» […] Nell’Elio Pertinace dell’Avverara havvi un personaggio che si spiega pei seguenti termini: «Orologio rassembra il mio cuore Di quel sole, ch’è l’anima mia Serve d’ombra crudel gelosia, E di stilo spietato rigore. […] Chi sapesse ben il vero Del mestiero Di chi va cercando i mali Manderebbe alla mal’ora Tutti i medici, e speziali Per goder la sanità. […] [NdA] Di queste ne parla lo storico Vittorio Siri nel suo Mercurio.
Precede i recitativi di Cerere il coro seguente Di rai più belli Cinto i capelli Il Dio di Delo Ride nel cielo. A’ bei splendori Di nuovi fiori Tutte superbe Ridono l’erbe. […] Di maniera che allora non fu il dramma musicale italiano meno stravagante che le rappresentazioni spagnuole, inglesi ed allemanne. […] Di ciò fe pur menzione l’esgesuita Arteaga.
Di solito era affidato a lui, uomo colto, l’incarico d’invitare il pubblico alla commedia ; e anche in ciò seppe farsi apprezzare per la eleganza di modi e di parole ch’egli adoperava.
Di lui disse Francesco Bartoli : « Bravo Comico, che ne’suoi primi anni giovanili apprese l’Arte della Pittura sotto gl’insegnamenti di Felice Boscarati celebre dipintore della sua Patria.
Di mezzo alle poesie dettate per Carolina Santoni scelgo il seguente sonetto di T.
Di qui nacquero mormorii vieppiù crescenti, chè il pubblico non sapeva rendersi conto di quello sconcio di scene vuote, mai accaduto.
Di altri due Bertolini è ricordo nella Storia del teatro : di quello degli Uniti del 1584 (V.
Di essa pare che avesse gettati i fondamenti il medesimo Aristofane col Pluto, dove abbiamo, sì, trovato un Coro, ma ben lontano dall’antica baldanza e mordacità. […] Or come saggio, se a’ capricci esposto Di fortuna pur sei, t’acqueta e soffri. […] Di lui scrisse Vellejo Pater colo: imaniebat, neque imitandum relinguebat .
Di là vennero tante armate barriere, fortezze, castella baronali, opposte a’ compagni e al sovrano più che a’ nemici stranieri, delle quali e nel nostro regno e altrove veggenti tuttavia in piedi su ripide balze grosse reliquie: di là tante guerre intestine, tanti diritti de’ leudi e antrustioni, vassalli angari parangari, e schiavi prediali ec. […] Di quelli menestrels ebbero ancora gl’inglesi, gli scozzesi, e i danesi, e forse furono i successori dei bardi e degli scaldi.
Os quoque eructat levem Flammam, perennis lambit et barbam focus etc, Di tale origine soprannaturale rallegrasi col fratello Ezzelino, indi si rivolge a fare una preghiera al padre novellamente scoperto. […] Di ciò non dubiterà punto chi ne legga la narrazione del Villani recata dal lodato Tiraboschi tom.
Di tale origine soprannaturale rallegrasi col fratello Ezzelino, indi si rivolge a fare una preghiera al padre. […] Di ciò non dubiterà punto chi ne legga la narrazione del Villani recata dal lodato Storico t.
Di lei non abbiamo altre notizie che queste lasciateci dal Goldoni nelle sue memorie, che riproduco fedelmente per non sciuparle : …. la mia predilezione per le Cameriere mi fece fissare sulla signora Baccherini, ch’ era stata in quell’ impiego alla sorella di Sacchi sostituita.
Di civile famiglia bresciana, vinto dall’amore per l’arte drammatica vi si abbandonò tutto, diventando, circa il 1780, artista amoroso di rari pregi.
Di lei si cantò : Toi que les Grâces ont formée, sois sûre, aimable Silvia, que tu seras toujours aimée tant que le bon goût durera.