Ne fui talmente spaventato per quelli che diceva di odiare, e ai quali voleva fare tanto male, che non compresi null’altro, se non il dovere di difendere da quella jena quei disgraziati !
Si scritturò con l’ Emanuel, poi, andate a male le cose, formò Compagnia coi figliuoli già grandi, poi tornò ancora scritturato a' Fiorentini di Napoli dalla Santobono, insieme a Michele Bozzo, la Piamonti, ecc., poi di nuovo capocomico in società, or con Pareti, marito della prima donna Elvira Glech, or con Drago, la Lugo e Sichel, ed ora con Cartoni e Udina.
Questa Semiramide poi mal rappresenta la maschile attività e il valore attribuito dalla storia alla famosa conquistatrice reina degli Assiri. […] Nell’interessante scena quarta del medesimo atto III di Merope che crede vendicare in Egisto la morte del proprio figlio, sorge alcun dubbio nell’uditorio mal persuaso. […] In tal tragedia non è solo questa madre che ragiona male, ragionando assai peggio Polifonte. […] Argiro troppo poco si sforza di sapere con distinzione l’apparente delitto della figlia; ella mal si difende; i giudici non mostrano la convizione del delitto. […] Sarebbe pure il minor male.
Il male è che Montiano taccia questa prima Tragedia come difettosa, slogata, irregolare, contro le quali imputazioni tutte le belle parole generali dell’Erudito Signor Francesco Zannotti, e del Conte Algarotti, e l’eloquenza Tulliana stessa non mai la scagioneranno. […] Adunque se un carattere è chimerico, sfornito di somiglianza di un vero noto, che non risveglia nell’ascoltatore veruna idea di cosa rappresentata, necessariamente sarà mal ricevuto, e il Poeta soggiacerà alle censure della Filosofia. […] Ma come fidarsi più d’inferire da quello che si predica quello che può eseguirsi, dopo l’esempio del Cervantes, che intorno al Teatro parlò sì bene, ed eseguì sì male! […] Non so poi come il Signor Montiano intendesse se stesso, mentre dopo vere asserito esser questa una Tragedia mal regolata, dice appresso che vi sono osservate le unità.
Svolgete un poco qualche Libro di Storia letteraria, e Voi troverete che vi furono in Italia tuttavia moltissime Accademie di Lettere amene, nelle quali, benchè in istile alterato dal mal gusto, che allora infettava soprammodo anche la Penisola di Spagna, si scrissero Commedie, e talvolta se ne tradussero dal Teatro Spagnuolo, cercando spogliarle da’ difetti di unità. […] Questo anzi fu il suo maggior male. […] Gli stessi Francesi, quando aveano un mal Teatro, ebbero un fecondo Hardy, il quale compose più di seicento Drammi, spendendo in ciascuno di essi tre o quattro giorni. […] Ma l’istesso Goldoni tacitamente riprovò queste sue prime fatiche; ed in tante Edizioni delle sue seconde Commedie l’amor proprio non l’ha mai spinto ad imprimere nè anche una sola delle prime; ciò che dimostra che n’ebbe onta, e pentimento, e si avvide della mal fida scorta, e del gusto del secolo cangiato in meglio.
Ma perchè la gioventù non creda che tutto nel suo stile sia oro puro, vuolsi avvertire ch’egli pur troppo pagò il tributo al mal gusto delle arguzie viziose che dominava sotto il regno di Luigi XIII e nel principio di quello di Luigi XIV. […] Tralle tragedie del Racine senza dubbio più giudiziosamente combinate, meglio ordinate, e più perfette di quelle di Pietro Corneille, per avviso de’ più scorti critici, trionfano l’Ifigenia rappresentata nel 1675, in cui con singolar diletto di chi non ignora il tragico tesoro greco, si ammirano tante bellezze di Euripide, mal grado delle avventure di Erifile che muore in vece d’Ifigenia senza destar pietà, trovando lo spettatore disposto unicamente a compiangere la figliuola di Agamennone; l’Atalia uscita nel 1691, ove il poeta s’innalza e grandeggia imitando alcuna volta il linguaggio de’ profeti; il Britannico rappresentato nel 1670, in cui si eccita il tragico terrore per le crudeltà di un mostro di tirannia nascente in Nerone, e di passaggio s’insegna a’ principi ad astenersi da certi esercizii disdicevoli alla maestà; e la Fedra comparsa sulle scene nel 1677, la quale per tanti pregi contenderebbe a tutte il primato senza il freddo inutile innamoramento d’Ippolito ed Aricia. […] Il di lui Timocrate (componimento cattivo carico di accidenti romanseschi poco verisimili e mal verseggiato) tante volte fu dal pubblico richiesto e si ripetè, che i commedianti infastiditi dopo ottanta recite chiesero in grazia di rappresentare altri drammi. […] A un tratto poi nel IV si enuncia la morte di Pisistrato, di cui non cercano di accertarsi nè gli amici nè i nemici, così che poco dopo Solone avvisa che Pisistrato combatte ancora, e la libertà soccombe ; anzi Pisistrato stesso viene fuori, altro male non avendo che un braccio ferito.
Ma dall’idea complicata di società non può a ragione scompagnarsi quella d’una divinità e di culto religioso (mal grado de’ sofismi e delle sceme induzioni de’ moderni lucreziani), e tali idee nell’infanzia delle nazioni agiscono con tanto maggior vigore, quanto é minore la fiducia che allora ha l’uomo nella debolezza del suo discorso.
Generalmente i Turchi, mal grado della loro comunicazione con alcune corti Europee, che potrebbero darne più giusta idea, sono stimati barbari e rozzi.
E a proposito di queste sorprese di effetti, Roberto Bracco racconta di lei che la Duse…. ma no : io voglio metter qui come chiusa le parole dell’ egregio commediografo napoletano, come quelle che ci dànno in bella sintesi il ritratto dell’ artista e della donna, mostrandone le qualità meravigliose, non senza toccare quel tanto di male che potè nuocere in parte alla sua gloriosa carriera.
Ma onde sia venuta in mente a’ poeti siffatta idea; per qual istrano cangiamento di gusto una nazione sì colta sene sia compiacciuta a tal segno, che abbia nel teatro antiposta la mostruosità alla decenza, il delirio alla verità, l’esclusione d’ogni buon senso alle regole inalterabili di critica lasciateci dagli antichi; se il male sia venuto dalla poesia ovver dalla musica, o se tutto debba ripetersi dalle circostanze de’ tempi, ecco ciò che niun autore italiano ha finora preso ad investigare, e quello che mi veggo in necessità di dover eseguire a continuazione del metodo intrapreso, e a maggior illustrazione del mio argomento. […] Non occorre punto fermarsi intorno all’origine della prima, essendo noto ad ognuno che nacque dalla mal intesa imitazione de’ poeti greci e latini trasferita al teatro. […] Non parlo di quelli del Chiari, quali per la scipitezza loro non possono far né bene né male: nemmeno di quella folla di romanzi francesi, frutto della dissolutezza e dell’empietà, che fanno egualmente il vituperio di chi gli legge, e di chi gli scrive: parlo soltanto dei due più celebri, che abbia l’Europa moderna, cioè la Clarice, e la Novella Eloisa.
A un tratto poi nel quarto si enuncia la morte di Pisistrato, di cui non cercano di accertarsi nè gli amici nè i nemici; così che poco dopo Solone avvisa che Pisistrato combatte ancora, e la libertà soccombe; anzi Pisistrato stesso viene fuori, altro male non avendo che un braccio fasciato. […] La commedia del milanese Niccolò Secchi fornì al Moliere, come abbiamo notato, quella del Dispetto amoroso; ma la commedia italiana termina assai meglio della francese, il cui quinto atto mal congegnato raffredda tutta la favola. […] Non per tanto dal racconto fattone in quest’articolo apparisce a quali stravaganze siesi abbandonato il teatro lirico francese, mal grado dell’ottimo effetto che hanno prodotto le traduzioni e le imitazioni di qualche opera del Metastasio colà recitata colla musica de’ nostri ultimi celebri maestri.
Non l’odio all’applauso, badiamo : l’applauso non ha mai fatto male ad alcun attore ; ma l’odio ai mezzucci volgari per istrapparlo. […] Senz’ amor, come Satana, chimera de ’l male, ella passava entro un febbrile soffio di colpa, or procellosa e fiera, or supplice e sommessa : e sempre vile ! […] In questa eterna e breve, comica e dolorosa vita, è vano combattere : non v’ha male migliore….
Ma il mal costume invecchiato nè anche, al dir di Orazio, colla forca giugne a sterminarsi; ed ossserviamo che da per tutto quasi sempre i costumi col tempo sogliono diventar leggi, e ben di rado le leggi si convertono in costumi. […] Ad un bisogno potrei allungare la lista delle di lui asserzioni mal considerate e gettate giù senza aver letto o senza avere inteso gli autori; ma chiuderò questa nota ripetendo le parole dell’incomparabile Metastasio, Esaminando i suì Ciascuno impari a perdonar gli altrui.
Or si può senza biasimo da chi vuol ragionar di teatro negligentare la notizia di queste produzioni non ignobili, delle quali gli autori o tributo molto scarso pagarono al mal gusto che giva infettando l’eloquenza, o pur felicemente se ne guardarono? […] Carlo Maria Maggi compose quattro piacevoli commedie con intermezzi e prologhi da cantarsi il Barone di Birbanza, il Manco male, i Consei de Meneghin, ed il Falso Filosofo impresse poi in Venezia nel 1708.
Ma il loro svaporato cervellino mal sosterrebbe il travaglio di analizzar le dee che sono concorse alla formazione degli spettacoli teatrali. […] Ma che altro produce in tutti i secoli e in tutti i paesi quest’effetto maraviglioso, se non quella tacita convenzione tra l’attore e l’uditorio, la quale sussiste, e sussisterà mal grado di tutti i possibili mercenarii giornalisti, gazzettieri e declamatori sedicenti filosofi dell’ universo?
Quelle ondate di respiro mal contenute a mostrare la gioia interiore ; il mal contenuto agitarsi delle braccia e delle gambe con selvaggia infantilità ; le sghignazzate sommesse, arrestate a un tratto da un volgersi guardingo e immediato….
Ma chi sa (dicasi ciò con buona pace di certe pretese divinità terrestri) che il male non consista, anzi che ne’ miei giudizj, in quel che da tanti anni pose nelle loro teste salde radici? […] Ah sì, che me l’aspetto, Di sentirmi annunziar qualche gran male. […] Il mio debol conosco, e il mal ch’ho fatto. […] Ma perchè, dimmi, dopo fatto il male Tu non pensasti a dargli alcun rimedio? […] perchè vuoi ire a male?
Ma la magnificenza, la vastità, l’artificio onde è costrutto, per cui, mal grado di tante centinature, colonne isolate, agetti e risalti, parlando ancor sottovoce da una parte si sente distintamente dall’altra tutto ciò farà sempre ammirar questo teatro come uno de’ più gloriosi monumenti dell’amor del grande e della protezione delle arti che mostrarono i principi Farnesi.
… il male passerà, tornerà il bene.
Ch'ella accoppiasse al grande valore artistico un’altrettale bontà dell’animo non pare : si sarebbe anzi portati a credere che avesse con le compagne di palcoscenico e di ruolo comune la diavoleria ; scusata in parte dal fatto, che mai madre di comica spinse la petulanza, il pettegolezzo, la malignità, l’abbiettezza sì alto, come la madre di Maria, a cui s’aggiungeva poi come braccio destro delle sue male azioni un figliuolo, fior di canaglia, disperazione vera del povero direttore Flaminio Scala.
Di Virginia Marini non si potè mai dire : « stasera son capitato male ; recita col sangue al naso !
La sua voce era rauca, e mal atta a colorire tenere espressioni, imponente, terribile nell’espansione di violenti affetti ; il suo portamento, il suo gesto erano nobili, e dignitosi, nè perdevano della loro dignità, e della loro nobiltà, che quando voleva dipingere gli oggetti fisici con gesti di contraffazione.
Così mano bramosa di vermigliuzza rosa, se troppo s’avvicina la punge acuta spina, e prova in un momento con dilettoso mal gioja e tormento.
Il primo brighella apparso a Parigi nel 1671, faceva rabbia, tanto era detestabile ; lui morto, si chiamò a sostituirlo Cimadori Finocchio, il quale, poveretto, sorpreso dal male, morì per via a Lione.
Questa Semiramide poi mal rappresenta la maschile attività e il valore attribuito dalla storia alla famosa conquistatrice reina degli Assirj. […] In tal tragedia non è solo questa madre che ragiona male, ragionando assai peggio Polifonte. […] Alcuna di tali riflessioni non isfuggì al dotto Calepio, e e mal grado della di lui parzialità per la Merope Volteriana non potè lasciar di dire che nel miglior punto della passione rimane una fantasima, una chimera. […] Argiro troppo poco si sforza di sapere con distinzione l’apparente delitto della figlia; ella mal si difende; i Giudici non mostrano la convizione del delitto. […] Sarebbe pure il minor male.
Ecco il carattere del protagonista preventivamente da Lisetta a gran tratti enunciato: S’il n’avoit de mauvais que le fiel qu’il distile, Ce seroit peu de chose, et tous les medisans Ne nuisent pas beaucoup chez les honnètes-gens; Je parle de ce goût de troubler, de detruire, Du talent de brouiller, et du plaisir de nuire, Semer l’aigreur, la haine, et la division, Faire du mal enfin; voila votre Cleon. […] Questo abominevole scellerato, il cui carattere cosi bene espresso avrebbe dovuto far fremere sopra loro stessi tutti quelli che hanno la disgrazia di rassomigliargli, si credette un carattere mal colpito, e le sue nere perfidie passarono per galanterie, imperciocchè tale che tenevasi per molto onesto uomo, vi si riconosceva tratto per tratto. […] Si vede in essa dipinta una falsa virtuosa contrapposta ad una sua cugina amante de’ piaceri, ma ingenua e di buon cuore, come anche ad un uomo candido, il quale giudica bene della prima, e male della seconda per prevenzione fondata sulle apparenze, che però al fine si disinganna a stento per opera di una fanciulla che si occulta sotto spoglie virili. […] L’avversione al mal gusto letterario gl’inspirò il nominato poema satirico ad imitazione di quello di Pope; e l’abborrimento conceputo contro i suoi compatriotti, che davano il nome di filosofia ai loro capricciosi sistemi, gli dettò le commedie les Philosophes, e l’Homme dangereux. […] Mal ricevuto fu Pietro il Grande rappresentato nel 1779.
Serafini Giustiniani genovese fe imprimere nel 1751 il Numitore che riuscì sulle scene, mal grado della trascuraggine dello stile. […] Spira tragica gravità questo componimento mal grado della snaturata barbarie di Filippo. […] Ch’ei t’è padre e signor rammenti Mal tu così ; il mal suono che fa quest’ altra A te sol resta Come a me morte ; la non rara mancanza degli articoli ec. […] Male dunque egli dice or d’ Argo il re son io, parole inconsiderate che smentiscono il suo carattere artifizioso e cauto in tutta la tragedia. […] Questo componimento è tutto d’invenzione dell’ autore, ed è l’unico ch’ egli abbia interamente inventato ; ciò che rincresce ai suoi ammiratori perchè è riuscito male.
Il legato Ermini mal sostiene la dignità della sua corte. […] Il piè tremante Mal mi regge. […] Mal mi regge. […] Senza di simile abuso o licenza poetica quanti drammi caderebbero come mal tessuti? […] O dunque il ribrezzarsi del Calsabigi è voce inusitata e di nuovo conio, o male usata.
Ma il loro svaporato cervellino mal sosterrebbe il travaglio di analizzar le idee che sono concorse alla formazione degli spettacoli teatrali. […] Ma che altro produce in tutti i secoli, e in tutti i paesi quell’effetto maraviglioso, se non quella tacita convenzione trall’attore e l’uditorio, la quale sussiste, e sussisterà mal grado di tutti i possibili mercenarii giornalisti gazzettieri, e declamatori sedicenti filosofi dell’universo?
Il Signor Lampillas pretende che io abbia letto male un passo dell’Opuscolo di Luis Velazquez sulle Origini della Poesia Castigliana, ch’egli così traduce1: “Sindachè i Romani introdussero in Ispagna la buona Poesia, furono in essa conosciuti i Giuochi Scenici; e le rovine di tanti antichi Teatri, che sino a’ nostri giorni si conservano in diverse Città, sono altrettanti testimonj di quanto si fosse impossessato del Popolo questo genere di divertimento”.
Ma gl’instruiti sanno che il mio racconto è verace, e autenticato dalle prove, da’ passi degli Autori, e dagli Scritti stessi de’ riferiti Drammatici (che quì non si tratta di Drammi immaginarj come quelli del Vasco Dias, nè delle Mille Tragedie del Malara conservate nella Biblioteca della Luna); e i mal instruiti aveano bisogno di chi glielo dicesse.
Il primo passo al mal costume fu il suo matrimonio col Bartoli, maniaco per la letteratura, più guitto di lei nel vestiario, macilento, che teneva il fiato co’denti, e che per soprammercato sputava sangue.
No, no, non mi piace ; è una commedia che farebbe male agli occhi, e che farebbe pianger tutto il mondo.
S. mi gioua anche il credere che lei sia per superare ogni mal officio che fosse fatto contro la sua liberacione si che, e per la promessa fatta, et per la speranza ch’ io hò nella sua bontà ; ma più per l’Amor di Dio V.
Queste smancerie e turbolenze ispirarono allora a Paolo Costa dei versi di questa specie : Mal abbia l’istrion che con orrendo artificio sonar fa la parola che il latrato dei cani, il rugghio, il fremito dei rabidi leoni e delle strigi le querimonie imita…… Per la qual cosa il Domeniconi, dolente, si recò dal Costa e gli disse che sua non era la colpa, ma del pubblico : e che glie lo avrebbe provato il domani.
Tu di duo cori un core, E un’Alma fai di due, Di due voglie vna voglia, Mentre per far minore L'aspra eccessiua doglia De la uita mortale, Le noie e pene sue Comparti in amendue, Ond’è più lieue a sofferirsi il male, Nè men le gioie, e i risi Hanno in commun ne i tuoi beati Elisi.
Come direttore intelligente, valendosi del l’opera del l’architetto Agatarco, fece innalzare in Atene un teatro magnifico e assai più acconcio a rappresentare con decenza e sicurezza; là dove Pratina, e altri tragici del suo tempo montavano su tàvolati non solo sforniti di quanto può contribuire al l’illusione, ma così mal costrutti e mal fermi che sovente cedevano al peso e cadevano con pericolo degli attori e degli spettatori meno lontani.
A l’è al Boja mal pratic, che no savend struzer la ignuranza, al s’espon al pericol d’ì sassà del popol. […] Vn’altra spetie Gratianatoria si è ritrouata, ed è che pensando questa di correggere l’vso del parlar rouerscio, si è posta à dir latini, & sentenze, con tirate, & ponga di memoria in guisa, che non lasciando mai parlare chi seco tratta, confonde, & snerva il filo della Fauola, & la mente di chi ascolta, che non riman campo per intendere, & molto meno per capire l’orditura de’ negotij ; e chi è poi colui, che voglia far credere agli Scolari di questa Scuola, che faccino, & dichino male, se ogni giorno cento beuanti gli fanno fede, che sono i primi huomini del Mondo ?
«Mal venga (diceva il Frugoni in una lettera scritta a ragguardevole personaggio bolognese) ai drammi musicali ed a chi primiero li pose sopra i nostri teatri a far perdere il cervello ai poeti, a far guadagnare enormi somme ai castrati, a rovinar la poesia, ad effemminare la musica, guastare i costumi. […] «Potrei accomodarmi all’uso corrente d’Italia che è quello di strozzar i drammi di quell’autore, levando via a capriccio il più bello per inserire in sua vece arie e duetti fatti da qualche versificator dozzinale; dal che restano essi così sfigurati e mal conci che più non gli riconoscerebbe il padre che li generò, se per nuovo miracolo di Esculapio tornasse a viver fra noi. […] L’eunucare un povero poeta che non ha fatto alcun male, è crudeltà che ripugna al buon cuore. […] Ma che il rimanente de’ personaggi parli assai poco, imperocché quei che mi sono toccati in sorte quest’anno cantano male. […] A fine di schivar le contese fa di mestieri parimenti che tutti i personaggi cantino per ordine le loro ariette incominciando dal primo uomo o dalla prima donna infino all’ultimo, e siccome vorrei che vi si mescolasse il buffo, così non farebbe male un finale dove tutti cantassero ad un tratto.
Ma chi sa (dicasi ciò con buona pace di certe pretese divinità dell’orbe letterario) che il male non consista, anzicchè ne miei giudizii, in quel che da tanti anni pose nelle loro teste salde radici? […] Ah sì, che me l’aspetto Di sentirmi annunziar qualche gran male. […] Il mio debol conosco, e il mal ch’ho fatto. […] Ma perchè, dimmi, dopo fatto il male Tu non pensasti a dargli alcun rimedio? […] perchè vuoi ire a male?
Ma dall’idea complicata di società non può a ragione scompagnarsi quella di una divinità e di un culto religioso16 (mal grado de’ sofismi e delle sceme induzioni de’ moderni Lucreziani), e tali idee nell’infanzia delle nazioni agiscono con tanto maggior vigore, quanto minore è la fiducia che allora ha l’uomo nella debolezza del proprio discorso.
Appresso di me non ho nulla ; ne mai ho ueduto in tanti mesi, toltone il Vitto, un soldo solo per riparare all’altre cotidiane mie necessità ; onde non mi auanza altro, che una misera, e mal condotta uita, essendo per tanti guai, peggio, che morte ; e Dio sà quello sarà di mè, doppo, che mi haueranno posto nel sudetto Castello.
E chi si perde ad osservare una casuccia mal costrutta di loto e di paglia dove sorgono marmorei edificii realia? […] Or chi non ignora la storia teatrale, potrà mai senza infastidirsene leggere gli arzigogoli de’ sedicenti filosofi e critici declamatori di oggidì i quali sostengono sempre opinioni singolari mal digerite contraddette dal fatto e dall’evidenza? […] Che gran male hai tu detto in poche voci! […] La Semiramide trionfo dell’invidia e della pedanteria; e se in vece di criticarla i pedanti, che sono alle lettere quel che è la rugine al ferro, si fossero dedicati a rilevarne ciò che avea di migliore per additarlo alla gioventù, forse avrebbero impedita nel seguente secolo l’escursione e i progressi del mal gusto. […] Che mal si converria che un uom sì degnon Obedisse a chi men di lui potesse.
Costui prima del 1735 non conobbe cosa veruna del teatro italiano, e ne avrebbe ignorato per sempre ancora quelle scarse mal digerite notizie che ne reca, se non si fosse immerso nel laborioso studio del Mercurio di Francia; e pur volle affibbiarsi, come dicesi, la giornea, e giudicare e condannare il Torrismondo. […] Ma quella maniera di giudicar’ senza vedere né pensare, e di offender le nazioni culte, é un male ormai divenuto incurabile tra’ belli-spiriti francesi. […] E ’l famoso favolator M. de la Fontaine nella favola del topo e dell’elefante: Se croire un personnage, est fort commun en France; On y fait l’homme d’importance, Et l’on n’est souvent qu’un bourgeois C’est proprement le mal français. […] E che altro produce quest’effetto maraviglioso in tutti i secoli e in tutti i paesi, se non quella tacita convenzione tra l’attore e l’uditorio che sussiste e sussisterà mal grado di tutti i possibili gazzettieri e ragionatori filosofici dell’universo?
Lungo tempo in Grecia e in Italia si diedero gli spettacoli scenici in teatri aperti e senza tetto in piazze spaziosissime, ne’ quali la voce naturale degli attori dissipata per l’aria aperta male avrebbe soddisfatto al gran concorso senza un mezzo artificiale di comunicarla e distenderla.
Le mal de mes rivaux n’égale point ma peine. […] De cent maux le trépas délivre; Qui cherche à vivre Cherche à souffrir.
Chi volesse decidere del di lui Regimento dalle follie o da’ vizj di tal Soldato, mal si apporrebbe. […] Che se poi il Signor Abate sia pur fermo nella determinazione di sconfiggermi, il modo più proprio di conseguirlo si è mostrare a dirittura la mia mala scelta, il mio mal gusto nella citata scena, palesandone la mancanza di verità e di patetico.
Alternazione di bene e di male 183. […] Deffontaines e dal Voltaire ivi., mal organati 353. n. loro guasta Filosofia 360. n.
Sileno sbigottito accusa Ulisse, dicendo che voleva rubarli, e per essersi egli opposto, n’era stato così mal concio. […] Di chi dunqne ti lagni , ripiglia il Coro, se niuno colpa al tuo male?
Sileno sbigottito accusa Ulisse, dicendo che voleva rubarli, e per essersi egli opposto, n’è stato così mal concio. […] Di chi dunque ti lagni, ripiglia il coro, se niuno colpa al tuo male?
Una donna, un’ attrice, la famosa Neuber ebbe il coraggio di pensarla e d’imprenderne l’esecuzione, e coll’ animare Gottsched a travagliarvi, e coll’ innoltrarsi ella stessa nell’sardua impresa, ad onta delle persecuzioni, correndo per la Sassonia e facendo la guerra al mal gusto. […] Quanto a’ poeti melodrammatici tedeschi, mal grado dell’esempio del gran Poeta Cesareo Italiano, essi hanno coltivata l’opera mitologica rifiutata dall’Italia.
Sì che veda ciò che da un animo preparato al male si può sperare. […] Si che il popolo tutto parte scandalizzato, e mal soddisfatto di costoro, portando oltre di ciò nella memoria i bruttissimi ragionamenti recitati, nella seguente sera, non spenderebbe un bagattino per sentir di nuovo cotali sciocchezze, già per tutta la terra, con beffe d’ognuno divulgate e sparse.
Oh mal vegliate notti, Oh cure vane!
Manca poi al Virues la guida del poeta ferrarese, e si avvolge nel resto in avventure mal accozzate, in bassezze e indecenze.
Crebbe il male in guisa che si vide con orrore un buon re sentenziato da’ rei vassalli passar dal trono al palco, e lo stato che soffrir non volle nel re legittimo una soverchia autorità, si trovò effettivamente schiavo sotto gli speciosi nomi di repubblica e di protezione.
Crebbe il male in guisa che si vide con orrore un buon re sentenziato da’ rei vassalli passar dal trono al palco, e lo stato che soffrir non volle nel re legittimo un’ autorità soverchia, si trovò effettivamente schiavo sotto gli speciosi nomi di repubblica e di protezione.
Questa favola discende dal Vero Amico dell’Italiano, il quale mal grado di varj difetti vale assai più del Figlio naturale, benchè Diderot nel tempo che se ne valeva volle chiamarlo farsa senza averne veruna caratteristica.
Que venga la verole A son conseil, qui l’a mal conseillé, Qu'est causa qu’Arlequin est ruiné.
E tali ragioni furono scritte dallo Zanotti stesso al Duca, esagerando il male con tal conchiusione : « Sì che unito con tutta la mia povera famiglia supplico per l’amor di Dio l’Altezza Vostra a non comandarmi tal cosa se desidera il mantenimento di mia casa ».
25 L’Antigone, conosciuta per moltissime traduzioni, si aggira su gli onori della sepoltura, ch’erano tanto a cuore all’antichità, prestati da Antigone al fratello Polinice mal grado d’un rigoroso divieto di Creonte. […] La fatalità discolpava il poeta presso i greci: ma avrebbe fatto male Sofocle a mostrar meglio il contrasto delle voci della natura colla necessità d’obbedire all’oracolo che dovea fuor di dubbio lacerare in quel punto il cuore d’Oreste? […] Mal grado di tali negligenze la tragedia d’Euripide é piena di moto e calore, e i costumi vi son vivacemente coloriti, e le passioni espresse con energia. […] La scena dell’atto II, in cui Fedra manifesta alla nutrice la cagione del suo male, fu da M. […] L’amico di Socrate non sarebbe stato mai così mal accorto di presentare a i vincitori di Maratone e di Salamina un’Ippolito amoroso, ed avido d’intrighi.
Non ebbe torto l’esgesuita Andres nel riprenderne la mal intesa cospirazione, gl’inopportuni freddi continui e complicati amori, ed alcune espressioni basse. […] Varie ne compose tutte esatte ingegnose e piene di ben descritti caratteri assai di moda tratti da ciò che dicesi gran mondo, avendo animati con tinte vivaci e naturali gli uomini ben nati e male educati, falsi, doppii e furbi in fatti, ma nobili, onesti e virtuosi in parole. […] Eduardo Moore nel 1756 se recitare nel teatro di Drury-Lane la Figlia ritrovata, che si scioglie pe’ rimorsi di una balia, e non lascia d’interessare mal grado di tal disviluppo mille volte ripetuto. […] Non disgusta la nostra musica, ma le donne specialmente (dicesi nel libro francese intitolato Londres) non possono assistere senza riso a uno spettacolo, in cui un Ati o un Eutropio teatrale si vede rappresentar seriamente Artaserse, Adriano, Enea; e quanto più codesti cantanti mal conci si sforzano di esprimere i loro affetti, tanto più si raddoppiano le risa femminili, In questa guisa la natura manifesta avversione e disprezzo per una mostruosità che l’ha oltraggiata per più secoli.
Ad onta di tale incertezza, con cui mal si può intentar lite di anteriorità, e ad onta del disprezzo che il dotto Nicolàs Antonio mostrò per le millanterie di Vasco, vorrebbe Agostino Montiano con questo Tanco di Fregenal contrastare agl’ Italiani l’ anteriorità della tragedia, dicendo che “la di lui giovanezza poteva essere intorno al 1502” (epoca, come a suo tempo credevasi nella penisola, della prima tragedia degl’ Italiani), “perchè non vi è specie che ripugni all’esser nato Vasco nel 1500”51; ed in questo veramente erroneo raziocinio fu il Sig. […] Du Perron de Castera nel 1738 volendo pubblicare in francese un teatro Spagnuolo cominciò male dalla Celestina e dell’Eufrosina credendole tragedie. […] Il sempre invitto apologista Lampillas ebbe a male che io avessi chiamate visioni le ciance del Nasarre sul Naarro. […] Bello è il patriotismo che ci lega alla propria nazione: lodevole l’ impegno di difendere i compatriotti; ma egli è colpevole, cieco e mal collocato a favore di chi inorpella la verità. […] Nel che ecco in quante guise egli ragionò male.
Al contrario un verso che mal suoni gli dispiace, poiché quel mal suono viene da ciò, che in quel verso non si sente il numero delle parti, come fa la sonorità, che però ne’ versi fu detta anche numero. […] Insomma la mutazione della scena è un male; male però prudentemente adoperato per ovviare a un altro anche maggiore, poiché l’interrompimento della drammatica illusione non dura che un momento. […] Mal dunque alcuni restringono il gesto al moto delle braccia. […] Esse al più possono aver luogo nelle opere comiche musicali: la tragica gravità, male a lor converrebbe. […] Mal dunque alcuni restringono l’entusiasmo al fuoco della lirica.
L’imperadore se ne sdegnò, parendogli cosa di mal esempio, e comandò che l’autore ne fosse gastigato, ma egli ebbe tempo di fuggir via; e nel 1552 morì in Lausana170.
Za che son quà vogio confidarghe un affar che me dà molto da pensar, e che me fa star de mal umor.
E però mal a proposito è stato annoverato fra gl’inventori del melodramma da quegli eruditi che non avendo mai vedute le opere sue, hanno creduto che bastasse a dargli questo titolo l’aver in qualunque maniera messo sotto le note alcune poesie teatrali. […] Dì pur: sovente del timor l’affanno È dell’istesso mal più grave assai. […] Dall’uso ancora che allor si faceva della musica madrigalesca, e dal non aver per anco la lingua italiana preso l’andamento rapido e breve ch’esige il recitativo, avviene che l’Euridice debba piuttosto chiamarsi una filza di madrigali drammatici che una tragedia, come è piaciuto al suo autore d’intitolarla, e nella stessa guisa dalla troppo religiosa e mal intesa imitazion degli antichi è venuto che dovendosi dividere il dramma in cinque atti, né somministrando materia per essi il troppo semplice argomento, l’autore non ha potuto schivar il languore di molte scene e dell’ultimo atto, che riesce del tutto inutile.
Dunque (seconda conseguenza) essendo tutti mal eseguiti, non avrebbe torto chiunque vituperasse l’opera italiana. […] E tanto è vero che i drammi del Metastasio non fanno più effetto sulle scene, che rare volte hanno gli impresari il coraggio di esporveli, e se talvolta lo fanno, non gli espongono se non mutilati, e così mal conci che appena sono riconoscibili. […] [99] «Quindi non è colpa della musica se tante volte le opere sono malamente composte, e peggio eseguite, e la questione non consiste nel decidere se i drammi, che ora si rappresentano, son male composti e male eseguiti, che questo purtroppo succede spesso; consiste nel deffinire se abbiamo adesso una buona poesia e musica teatrale, in favor di che le opere del gran Metastasio e di qualcun altro, e l’eccellente musica di tanti bravi maestri parlano abbastanza. […] [101] È inoltre da osservarsi che il giornalista, il quale finora altro non ha fatto che menar rumore perché mi sono mostrato poco contento dello stato presente della musica, conviene ora meco intieramente accordandomi, che siamo «nella scarsezza de’ bravi artisti e che l’opere che al presente si rappresentano sono mal composte, e peggio eseguite». […] Ciò mi fa sperare che il Signor giornalista diverrà un pò men baldanzoso per l’avvenire, e che uscirà dalla persuasione in cui è che il saper combinare bene o male dei diesis e dei bemolle gli dia un diritto d’infallibilità quando parla a coloro che non sono della professione.
Dopo Cecilio il cartaginese Terenzio seguito da Afranio, indossando felicemente le spoglie preziose di Menandro e degli Apollodori, mal grado delle gloriose vestigia impresse in Roma del festivissimo Plauto, introduce in Roma la bella commedia, la quale non che a’ filosofi e letterati, piacque ai migliori della repubblica, ai Furii, agli Scipioni, ai Lelii.
Questa favola discende dal Vero Amico dell’italiano, il quale mal grado di varii difetti, vale assai più del Figlio naturale, benchè Diderot nel tempo che si valeva della favola italiana, volle chiamarla farsa senza che ne avesse veruna caratteristica.
La ringrazio del suo libro, che mi pare utilissimo, e dal quale mi pare che imparerò anch' io a leggere meno male i versi.
Ingerenza, che con sollecitazioni e raccomandazioni non mancò, poichè gli fu affidato un ufficio amministrativo ; ma, fortunatamente egli lo disimpegnò sì male, che poco tempo dopo fu congedato.
E chi si perde ad osservare una casuccia mal costrutta di loto e di paglia dove sorgono marmorei edificj reali83? […] Che gran male hai tu detto in poche voci; e poi Ah Calcante crudel! […] La Semiramide trionfò dell’invidia e della pedanteria; e se in vece di criticarla i pedanti che sono alle lettere quel ch’è la ruggine al ferro, si fossero dedicati a rilevarne ciò che avea di migliore per additarlo alla gioventù, forse avrebbero impedita nel seguente secolo l’escursione e i progressi del mal gusto. […] Che mal si converria che un uom sì degno Obedisse a chi men di lui potesse ecc. […] E chi si perderebbe a confutare un superficiale scarabocchiatore di carta che parla de’ Greci e de’ Latini come un assonnato, e che del teatro Italiano altre notizie confessò di non avere, se non quelle mal digerite acquistate col grande studio del Mercurio di Francia in cui s’immerse verso il 1735?
Si fa come il novello autore mal in arnese arrivò in tempo che Cecilio giaceva per cenare, e da principio fu fatto sedere in una panca presso al letto; ma dopo alquanti: versi Cecilio stupefatto e rapito dall’eleganza e proprietà dello stile, l’invitò a cenar con lui, e appresso si scorse tutta la Commedia con somma continuata ammirazione del vecchio poeta. […] Nobilmente si querela Ecuba de’ mali di Troia e della sua famiglia nell’atto I, mal grado di quel falso pensiero, «Priamus flamma indiget, ardente Troia». […] quid male in lucem editis Gnatis? […] Di più quando gl’istrioni veri rappresentavano male, a un cenno del popolo dovean soggiacere a smascherarsi, e soffrirne a volto nudo le fìschiate. […] Da Battilo e Pilade si formarono le due famose scuole, o, partiti chiamati i Battili, e i Piladi,98 i quali’ si disprezzavano reciprocamente e si facevano ogni male.
Andres nel riprenderne la mal intesa cospirazione, gl’ inopportuni, freddi, continui e complicati amori ed alcune espressioni basse. […] Varie ne compose tutte esatte, ingegnose e piene di caratteri assai di moda in ciò che si dice gran mondo, avendo animati con tinte vivaci e naturali gli uomini ben nati e mal educati, falsi, doppj e furbi in fatti, ma nobili, onesti e virtuosi in parole. […] Edoardo Moore nel 1755 fe recitare nel teatro di Drury-Lane la Figlia ritrovata, che si scioglie per gli rimorsi di una balia, e non lascia d’interessare mal grado di tal disviluppo mille volte usato.
Antigone conosciuta per moltissime traduzioni si aggira su gli onori della sepoltura che erano tanto a cuore dell’ antichità63, prestati da Antigone al fratello Polinice mal grado del vigoroso divieto di Creonte. […] La fatalità discolpava il poeta presso i Greci: ma avrebbe fatto male Sofocle a rilevar meglio il contrasto delle voci della natura colla necessità di obedire all’oracolo che dovea fuor di dubbio lacerare in quel punto il cuore di Oreste? […] Mal grado però di simili negligenze, che noi schiettamente rileviamo, ma senza il fiele de’ nemici dell’ antichità, la tragedia di Euripide ci sembra piena di moto e di calore, i costumi vi si veggono vivacemente coloriti, e le passioni vi sono espresse con grande energia. […] “L’amico di Socrate non sarebbe stato mai così mal accorto di presentare ai vincitori di Maratone e di Salamina un Ippolito amoroso ed avido d’intrighi. […] Questo Saggio che ben può chiamarsi del mal gusto e dell’imperizia di Cartaud, si accompagni colle sessanta pagine del Cavalier di Saint-Mars sopra la letteratura degli antichi.
Se l’apprensione è d’un male, i muovimenti del corpo sono diretti a slontanarlo lungi da noi, come si cerca con ogni sforzo di avvicinarlo qualora si crede di ritrovar in queir oggetto la propria felicità. […] La filosofia, ai dettami della quale fa d’uopo assoggettare non meno le facoltà appartenenti al gusto che le più elevate scienze, ha insegnato ai coltivatori di quelle che un discorso fatto simultaneamente allo spirito in due idiomi affatto differenti non può far a meno di non confonderlo, che se la danza dice lo stesso che la compagna il suo linguaggio diviene inutile, come diviene contraddittorio se dice l’opposto; ch’essendo la pantomima fondata sulla supposizione che debba parlarsi ad un uditorio di sordi o di muti, cotal supposizione diventa ridicola qualora si senta nel medesimo tempo sulla scena un altro linguaggio che distrugga l’ipotesi, e che se gli spettatori si prestano di buon grado ad un genere d’illusione, soffrono però mal volentieri di dover assoggettare la loro imaginazione ad un altro, il quale sia in contraddizione col primo. […] Non è questo il luogo d’esaminare se male o bene fossero introdotti cotesto ballo e cotesto coro, né se i poeti conservassero l’uno e l’altro più per l’autorità imperiosa della religione, o d’un inveterato costume che per proprio sentimento177, ma sarà sempre vero a confusione di quelli che vorrebbono legittimare l’abuso coll’esempio degli antichi, che questi non introdussero mai la danza nelle azioni teatrali come un episodio straniero al soggetto, ed io sfido tutti i Pitraot, e tutti gli Angiolini dell’Europa a trovare un ballo pantomimico presso ai Greci e ai Latini che servisse d’intermezzo in una tragedia o in una commedia. […] [42] Questi raffinamenti dell’arte mal applicati che travisano e sformano qualunque idea d’imitazione, hanno avuta nel ballo la stessa origine che nella musica. […] Io non dico se bene o male s’avvisasse Licurgo così pensando, giacché non sarebbe questo il luogo d’entrare in siffatra ricerca, ma dico che tale fu realmente lo spirito di quella sua legge non compreso per niente dall’Elvezio.
Così però che non si vorrebbe che, o per la maggiore perpetuità della fabbrica o per una certa male intesa magnificenza, altri avvisasse di fare di pietra anche i palchetti e tutte quelle interne parti che guardano l’imboccatura della scena.
E così in Fedora, mentre la protagonista agita nel cuore atroci propositi di vendetta, mentre si dibatte disperata fra la passione nascente ed il rancore, mentre prepara sapientemente la rovina dell’uomo che l’adora, ella non ci parve vivere intensamente la vita del personaggio rappresentato : laddove nel terzo e nel quarto atto fra lo spasimo per la rivelazione di Loris e le torture del rimorso per il male irreparabilmente compiuto, la vedemmo salire ad un grado di potenza drammatica degno veramente di una grande artista.
È impossibile : dovrei dirne troppo male, e la carità del prossimo me lo vieta.
Rinacque allora la venerazione per Dante e Petrarca, si esigliò da tutte le adunanze letterarie la stravaganza e ’l mal gusto, si rise de’ secentisti e di chi avea tenuti in pregio e pagati sì cari i versi de’ Marini e degli Achillini; e la poesia de’ Greci e de’ Latini fu ricondotta trionfante dentro il recinto delle Alpi. […] Granelli hanno avuto una gloria efimera, mal grado di tutti gli encomi, de’ quali le ha caricate il signor abate Bettinelli. […] Speriamo per tanto, che il nostro Piccini chiamato l’anno scorso a Parigi voglia colla bella musica italiana cagionare alla fin fine una totale rivoluzione nel sensorio di que’ mal organizzati gaulesi che ridicolosamente contendono di preminenza anche in quest’arte cogl’italiani.
La sesta scena dell’ atto III del loro nobile contrasto è piena di vigore e di moto, mal grado di qualche espressione lirica. […] Non è egli un Re de’ Re dell’armata Greca che per non perderne il comando condiscende per ambizione al sacrifizio della figliuola, Aristodemo è un grand’uomo che mal grado di tutto l’affetto paterno consacra la figlia alla salvezza di Messenia.
La prima recita ebbe luogo il ventiquattro di novembre all’Hôtel de Bourgogne, ove le cose non andaron nè bene, nè male : e la Compagnia si trattenne a Parigi fino alla fine di luglio, recitando ora al Louvre per il Re, ora all’Hôtel de Bourgogne per il pubblico. […] Io so che molti professori del ben parlare troueranno molti luoghi dove ne men’ io debbo dir bene, si come anche mi accorgo, che quelli, che non sanno parlar bene non conosceranno s’ io dica bene, o male ; onde anderanno sempre dicendo peggio, si che da questi non desiderarei altra sodisfatione se non che si dichiarassero di non saper ciò ch’ io mi habbia detto.
E più giù : In Bologna, dove per lo più si recita il Verno, et dove sono sempre chiamate le buone compagnie ; al mio arrivo, già anni sono, mi fu detto da un Mastro Dionisio Bruni padrone d’ una bottega di carte da giuoco, le precise parole : « S’ io non amassi tanto voi e le vostre virtù, e s’ io non avessi qualch’ altro comodo fuori del mestier delle carte, non potrei fare di meno di non vi maledire, et desiderarvi ogni male, acciò lasciaste di venire in questa città, poichè siate cagione, che i ridotti si chiudono, e che con essi la mia bottega fallischi. » Le Lettere facete e morali (ivi, m dc xxii) gli procacciaron da molti poeti una bellissima corona di sonetti, che poi non fece imprimere, egli dice modestamente, essendosi accorto, che per abbassare il suo povero stile non ci voleva altro che l’altezza de’ loro concetti (Lett. […] VII) : Prima guardarsi di parlar con il popolo, raccordandosi che non vi si prossume persona in quel luoco, se non quello con cui si parla in scena, et se per sorte si parla solo fra sè stesso, si dee andar discorendo, se della sua donna si querella, alla casa di quella si volta gli occhi, se d’amore, se di fortuna, o d’altro, hora il cielo, hora alla terra, et hor in un luoco, et hor nell’altro, e non far come quelli ch’ apostano nel auditorio uno o due amici, et a quelli vanno dicendo le loro raggioni, questo precetto è di tanta osservanza, quanto mal osservato quasi da tutti.
Per le cose da me dette riescon vani tutti i ragionamenti che dirigonsi a levar il pregio di purgar le male affezioni alla tragica poesia. […] Male si scusa il poeta con dire che non lo crede capace di far cattiva impressione, perciocché viene proposto come uno scellerato abominevole. […] In qualche più moderna tragedia si vede nondimeno mal conservata, e particolarmente nel Radamisto del Crebillon. […] All’incontro male avvisossi monsieur Duchè d’attribuire ad Assalonne il carattere di penitente per abilitarlo al movimento della compassione, conciossiaché contraria alle memorie della Sacra Scrittura. […] Contuttociò, s’io mal non m’appongo riflettendo sopra di esse, que’ poeti guari non si curarono di qualificare altri caratteri fuori che quello de’ primi personaggi, traendo per lo più non dalle morali disposizioni, ma da’ fatti i sentimenti degli altri interlocutori.
Ils disent fort mal. […] [1.15ED] Certamente io dirò quello che io lessi aver detto, benché mal a proposito, in altra occasione lo stesso Aristotile: «Costui molto dice, ma niente prova.» […] [2.120ED] Pare a te che una vergine mal contenta della sua madre e di Egisto, debba uscir fuori di casa per lamentarsene in istrada? […] [3.100ED] Io non intendo quella frase del purgare il mal col malanno, cioè del purgar gli affetti col terrore e con la compassione. […] [4.47ED] Finiti que’ versi: [4.48ED] — Ecco — disse — come sarebbesi a far morire nelle botteghe de’ nostri librai tutti i volumi di regolette inventate per rimediare al male della pronuncia perduta.
O tenace dolore Mentre del viver mio la sorte scrivo Come languido son per te mal vivo Lasciami, che ben tosto a me ritorno Farai col trarmi alfin d’oscuro giorno.
Con la imponenza de'mezzi fisici, la commedia del salotto oggi gli si attaglierebbe meno che la vasta opera tragica : oggi, mentre non si comprenderebbe un Saul o un Sansone diverso da lui, mal si comprenderebbe nella gigantesca persona figurato il tipo, a esempio, di Armando.
Ad onta di tale incertezza, con cui mal si può intentar lite di anteriorità, e ad onta del disprezzo che il dotto Nicolàs Antonio mostrò per le millanterie di Vasco, vorrebbe Agostino Montiano con quèsto Tanco di Fregenal contrastare agli Italiani l’anteriorità della tragedia; dicendo che la di lui giovanezza poteva essere intorno al 1502 (epoca, come a suo tempo credevasi nella penisola, della prima tragedia degl’Italiani) perchè non vi è specie che ripugni all’esser nato Vasco nel 1500 a; ed in questo veramente erroneo raziocinio fu il signor Montiano seguito dal Velazquez e dal compilatore del Parnasso Spagnuolo. […] Du Perron de Castera nel 1738 volendo pubblicare in francese un teatro spagnuolo cominciò male dalla Celestina, e dall’Eufrosina credendole tragedie. […] Il sempre invitto felice apologista Lampillas ebbe a male che io avessi chiamate visioni le ciance del Nasarre sul Naarro. […] Bello è il patriotismo che ci lega alla propria nazione; lodevole lo zelo di difendere i compatriotti, ma esso è colpevole cieco mal collocato a favore di chi inorpella la verità.
In quella nazione cioè dove per poco non s’innalzanda per tutto gli altari al sublime genio del poeta cesareo; dove i suoi versi sono oggimai divenuti proverbi, cantandosi nelle bocche di tutti, come già si faceva nella Grecia di quelli di Omero e di Euripide; dove tante penne di rinomati scrittori si sono per l’addietro stancate e si stancano tuttora nel celebrarlo; e dove così male è tornato a quei pochi meschini, che ardirono disturbare anche in menoma parte la sua luminosa e pacifica gloria? […] Così nel Catone allorché Fulvio spiega intempestivamente ad Emilia la passione che ha per lei, e ch’essa gli risponde: «Qual mal può darti Speranza un’infelice Cinta di bruno ammanto Coll’odio in petto, e sulle ciglie il pianto?» […] È la menzogna ormai Grossolano artifizio, e mal sicuro. La destrezza più scaltra è oprar di modo, Ch’altri se stesso inganni: un tuo sospiro Interrotto con arte: un tronco accento Che abbia sensi diversi: un dolce sguardo, Che sembri a tuo mal grado Nel suo furto sorpresso: un moto, un riso, Un silenzio, un rossor, quel che non dici Farà capir. […] La seconda disamina in spezie quelle doti medesime in quanto s’impiegano talvolta da lui mal a proposito o per condurle all’eccesso, o per raffinarle di troppo, o per applicarle a personaggi, cui non si convengono.
Pulcinella Principe a forza, e Sganarello Medico a suo dispetto, si ravvisano in Agoracrito, venditor di carne cotta, che suo mal grado diviene in tal commedia uomo di stato. […] Vi s’introduce Bacco vestito da Ercole e molto poltrone, per deridere un poeta, il quale era riuscito male a vestire e caratterizzar quel nume.
La sesta scena dell’atto III del loro nobile contrasto è piena di vigore e di moto, mal grado di qualche espressione lirica. […] Aristodemo è un uomo grande che mal grado di tutto l’affetto paterno consacra la figlia alla salvezza della Messenia.
Ma è questo appunto il fare degli apologisti d’ultima moda, combattere l’evidenza che gli molesta, con un solo nome, fosse poi anche quello, non che dell’eccellente Denina, di un Sherlok, purchè dica male dell’Italia. […] Mal grado della universal barbarie era tutt’altra da quella che la dipinse l’apologista.
Il est donc naturel de penser qu’il y en a eu de plus mal écrites, et par conséquent d’antérieures, dont peut-être les manuscrits subsistent encore aujourd’hui. […] Tant mieux : la faiblesse du poison diminue le mal. […] Malheureux, malheureux, je ressens ne une cruelle fureur avec le souvenir de mes maux… O amis, que me reste-t-il à voir, à aimer, à entretenir, à entendre avec consolation ! […] Le premier reproche qu0on me fait n’est pas si mal fondé, car on peut aisément connaître une faute dans quelques-uns, et y tomber cependant soi-même. […] Mais si l’on veut supposer que Caton entende une partie du discours d’Arsène, quel mal cela pourrait-il produire ?
Passato lo spettacolo tragico in Atene a’ tempi di Frinico e de’ suoi coetanei si eresse estemporaneamente nelle gran piazze un tavolato con scene formate dagli alberi; nè si pensò a migliorarle se non dopo che in tempo del tragico Pratina quelle mal accozzate tavole cedendo al peso, forse con danno degli attori e degli spettatori, convenne innalzare un edifizio più solido.
A questa indole indiavolata accenna anche il Modena in una sua lettera a lui del 22 giugno ’57 (Epistolario, Roma, 1888) : …. vi vedo imbrogliato male andando a Faenza.
Si dovette recitare Il Burbero benefico di Carlo Goldoni, Niente di male di Augusto Bon, La Suonatrice d’ Arpa di David Chiossone.
Ma che gli Osci non poterono così nominarsi dalla parola osceno, chiaro apparisce ancora agli occhi degli eruditi che ragionano, dal sapersi che tali popoli da prima chiamaronsi Opici (parola che si allontana di molto da osceno) o da οϕις secondo alcuni, o da un accorciamento di Etiopici secondo altri; e che in appresso i Romani pronunziando male il vocabolo Opici lo corruppero in Opsci, indi in Obsci e finalmente in Osci 33. […] Si giustifica il buon vecchio, e mostra la malignità mal fondata di chi va spargendo tali voci senza essere delle cose appieno informato. […] Non permette il destin che mi fa serva, Che del mio mal meravigliar mi debba. […] Fin da’ tempi di Varrone mal si distinsero le commedie genuine di Plauto, la qual cosa l’incitò a comporre un opuscolo per isceverarle.
La scena del l’atto secondo, in cui Fedra manifesta alla Nutrice la cagione del suo male, fu ancora trasportata quasi interamente dal Racine nella sua tragedia, a riserba di uno squarcio molto delicato, in cui Fedra risponde alle istanze della Nutrice: Ah prevenirmi perchè mai non puoi? […] «L’amico di Socrate non sarebbe stato mai cosi mal accorto di presentare ai vincitori di Maratone e di Salamina un Ippolito amoroso ed avido d’intrighi.» […] Questo Saggio che ben può chiamarsi del mal gusto, e del l’imperizia di Cartaud si accompagni colle sessanta pagine del Cavaliere di Saint-Mars sopra la letteratura degli antichi.
Un’opera eroica spagnuola compose, anni sono, il soprannominato La-Crux, intitolata Briseida, la quale fu assai mal ricevuta e derisa, spezialmente in alcune lettere molto lepide e graziose scritte da Don Miguél Higueras mascherato sotto il nome di un Barbero de Foncarràl. […] Il donna son Caton mourant, pièce sagement conduite, mais mal versifiée et sans noblesse.
Denina, di un Sherlok, purchè dica male dell’Italia. […] Mal grado della universale barbarie era tutt’altra da quella che la dipinse l’apologista.
Ma il mal costume invecchiato nè anche, al dir di Orazio, colla forca giugne a sterminarsi; ed osserviamo che da per tutto quasi sempre i costumi col tempo sogliono diventar leggi, e ben di rado le leggi si convertono in costumi.
Cacciati i borboni da Napoli, deliberò di presentarsi colà come artista ; ma côlto da un malessere generale dovè tornare a Torino, ove, sviluppatosi il male, cessò di vivere a soli cinquantott’anni, il 21 febbraio del 1861.
Le baiser de la main, et l’embrassement sont même mal imaginés ; l’un est sans art et ne pique point assez ; l’autre est indécent et pèche contre la vraisemblance. […] Ainsi lorsqu’ils ont mal jugé des pièces de Molière, et qu’ils n’ont pas rendu justice à ce grand poète, ils étaient en quelque sorte excusables. […] Comme ce sentiment me paraît mal fondé, et que bien des gens se trompent, à mon avis, dans ce qu’on appelle action double, je crois qu’il est à propos d’examiner l’opinion de Bartolomei, qui ne laisse pas d’avoir ses sectateurs. […] Enfin Molière parut, et malgré le mauvais goût du théâtre français, dans lequel il avait été élevé, il sut profiter de la licence des premiers, et de la fausse exactitude des seconds, en conservant et en rectifiant les unités que les Espagnols avaient si mal entendues. […] Il marche enfin à tous moments, pour me servir de la pensée d’un ancien poète, sur des cendres couvertes d’un feu mal éteint.
Passato lo spettacolo tragico in Atene a’ tempi di Frinico e de’ suoi coetanei, si eresse estemporaneamente nelle grandi piazze un tavolato con scene formate degli alberi; nè si pensò a migliorarle se non dopo che in tempo del tragico Pratina quelle male accozzate tavole cedendo al peso, forse con danno degli attori e spettatori, convenne inalzare un edifizio più solido.
Da Batillo e Pilade si formarono le due famose scuole o partiti chiamati i Batilli e i Piladi, i quali scambievolmente si disprezzavano e facevansi ogni male.
L’uomo però inoltrato nella coltura tendente sempre mai irresistibilmente alla perfezione de’ proprj ritrovati, mal poteva limitarsi a quella semplice studiata filza di parole esprimenti rozze idee pastorizie, comunali, famigliari.
Da Batillo e Pilade si formarono le due famose scuole, o partiti, chiamate i Batilli e i Piladi, i quali scambievolmente si disprezzavano e facevansi ogni male.
r mio, son povero sì, ma son generoso, et confesso il vero, son persona dolce, ne so far male a chi mi riverisce.
Ma che Osci non poterono prendere il proprio nome dalla parola osceno, chiaro apparisce ancora agli occhi degli eruditi che ragionano, dal sapersi che tali popoli da prima chiamaronsi Opici (parola che si allontana di molto da osceno) ovvero dalla voce οφις secondo alcuni, o da un accorciamento di Etiopici secondo altri; e che in appresso i Romani pronunziando male il vocabolo Opici lo corruppero in Opsci, in Obsci, e finalmente in Osci b. […] Si giustifica il buon vecchio, e mostra la malignità mal fondata di chi va spargendo tali voci senza essere delle cose appieno informato. […] Non permetto il destin che mi fa serva, Che del mio mal meravigliar mi debba. […] Fin da’ tempi di Varrone mal si distinsero le commedie genuine di Plauto, la qual cosa lo mosse a comporre un opuscolo per isceverarle.
Erano altresì l’albergo della dissolutezza, poiché vi si rappresentavano le arti pantomimiche, delle quali son troppo note le oscenità e le laidezze, e noto è l’infame letto su cui obbligavansi non poche fiate le donne a comparir ignude agli occhi del pubblico , e nota è parimenti la esecrabile costumanza di privar della virilità loro i fanciulli, acciò più agili, e più snelli divenissero ne’ pantomimici atteggiamenti. né potevano allora i cristiani una musica a lor modo inventare, perché essendo dai gentili ferocemente perseguitati, vedeansi astretti, se volevano celebrar gli uffizi divini, a ragunarsi nei sotterranei delle case, o nelle caverne, od in luoghi ermi, e selvaggi, dove usavano di canto sommesso, e timido senza strepito di strumenti, i quali il disagio loro, e la povertà mal comportavano, e che avrebbero col romore il solitario loro ritiro agevolmente scoperto. […] Sant’Ambrogio ampliò il canto fermo, o vogliamo dire canto ecclesiastico usato nella chiesa fin dai primi secoli: lo che ei fece raccogliendo gli scarsi ma pregievoli frammenti della musica greca guasta e mal concia, come era a suoi tempi, e trasferendoli al culto divino nella chiesa di Milano.
Conviene risalire più alto per trovare la sede primaria del male.
Se per disavventura delle lettere s’affibbiano essi la giornea d’Aristarco per giudicare, l’impegno loro si riduce ad accozzar con freddissima logica una serie di precetti comunali tratti dall’esempio e dall’autorità degli antichi mal intesi e peggio gustati da loro per misurar poscia su quelli come sul letto di Procuste i più celebri ingegni.
Scrisse egli buone Riflessioni sulla Poetica, benchè in esse in prima copiasse molte osservazioni Italiane, approfittandosi degli scritti del Tasso, del Riccoboni, del Castelvetro, e di Paolo Beni, che egli chiamava, Dottore in tutto, fuorchè nella corda che a lui dissonava, cioè quando parla della sua Nazione: di poi vi censurasse per lo più mal fondatamente gl’Italiani e gli Spagnuoli, chiamandoli ignoranti nelle regole Aristoteliche, malgrado di non pochi Italiani ch’egli pur cita e trascrive: e appresso vi attaccasse con armi fragili, non solo il Poema del Chiabrera e dell’Ariosto, ma quello del Tasso, e finalmente tratto tratto vi contradicesse e Aristotile, di cui pure affermava, che on s’égare dès qu’on ne le suit pas, e se medesimo ancora in più di una censura.
Una donna, un’ attice, la famosa Neuber ebbe il coraggio di pensarvi e d’intraprenderne l’esecuzione, coll’animare Gottsched, e con lavorarvi ella stessa inoltrandosi nell’ardua impresa, ad onta delle persecuzioni, e scrorrendo per la Sassonia, e facendo la guerra a mal gusto.
Querelasi Ecuba nobilmente de’ mali della patria e della sua famiglia nell’atto primo, mal grado di quel falso pensiero, Priamus flammâ indiget ardente Trojâ. […] quid male in lucem editis gnatis?
Ed a questi due generi possono, s’io mal non veggio, tutti ridursi i tuoni, i gesti ed i movimenti che si riguardano come più o meno naturalmente espressivi. […] Al cospetto di una persona, dalla quale non temiamo alcun danno, e che soffre, si sveglia in noi la pietà, ch’è un senso dell’altrui male, e che dovrebbe essere la passione caratteristica del genere umano. […] Tutto mostra il consenso dell’altrui male, e la voglia e l’attitudine di raddolcirlo. […] Essa dunque o si solleva dall’oppressione del male che si soffriva, o si raccoglie da qualunque distrazione nel solo godimento del bene che si possiede. […] [7.26] Ma se le forze dell’obbietto odiato fossero o si credessero tali da non potersi superare probabilmente, allora si spiega il timore, che cresce a proporzione della grandezza e della vicinanza del male che si teme, e diventa terrore se il male è grave ed improvviso, orrore se è gravissimo, e disperazione se inevitabile.
Antigone conosciuta per moltissime traduzioni si aggira sugli onori della sepoltura che erano tanto a cuore del l’antichitàa prestati da Antigone al fratello Polinice mal grado del vigoroso divieto di Creonte.
Oggi qua, domani là ; quando per terra, quando per mare : e quel ch’ è peggio, sempre vivendo su l’osteria, dove per lo più si paga bene, e stassi male. […] Per quanto concerne le prime apparizioni del Capitano in sulla scena, non è male dare uno sguardo alla Farsa satyra morale di Venturino Venturini di Pesaro (prima del 1521), della quale Lorenzo Stoppato pubblica un sunto nel Capitolo V de’suoi saggi — La Commedia popolare in Italia (Padova, 1887).
, XXXI, 56: «s’aggiugne al mal volere ed a la possa».
Tutto il male è stato perchè mi chiese un permesso di 4 mesi di andare a Marsiglia e tornare alla Compagnia alla fine di 7bre (vedete che pretese) glielo negai, perchè come doveva fare con Genova che sono pagato ?
E perciò i generali Spartani allorché erano in procinto d’azzuffarsi in battaglia coi nemici diriggevano la marcia delle truppe loro piuttosto col suono dei flauti che con quello delle trombe, acciocché la temperata dolcezza di quelli correggesse la ferocia dei soldati, il soverchio ardore dei quali mal s’accomodava alla necessaria subordinazione. […] Da quanto si è detto finora risulta ch’ella consisteva sovra ogni altra cosa nel ritmo, il quale operando per via di metri o misure proporzionate all’indole di ciascuna passione, poteva facilmente con una serie di movimenti a bella posta scelti e diretti ad un solo fine temperare, correggere, o divergere altrove i movimenti delle passioni contrarie, onde nascono in noi le tendenze al bene od al male; essendo principio incontrastabile in filosofia che le virtù e i vizi puramente umani (non le virtù teologali, le quali suppongono un abito soprannaturale infuso dalla grazia divina) sono per lo più un effetto della sensibilità e del fisico temperamento, i moti de’ quali dipendono dalle impressioni che vengono loro comunicate, o che ponno comunicarsi dalla educazione non meno privata che pubblica.
La verità comparisce avanti chiedendo loro aita per trovarsi tutta pesta, e mal concia dalle mani de’ procuratori e degli avvocati, ma accorgendosi chi ella è, la sfuggono, dicendo: «A duo.
Il giovane Corneille scrisse ancora qualche tragedia applaudita, e ’l suo Timocrate (componimento per altro cattivo e mal verseggiato) fu richiesto tante volte dal pubblico, che i commedianti infastiditi dovettero pregarlo di permetter loro finalmente di rappresentar altre cose197.
Ma oltrachè non si reciderebbe in questa guisa la radice del male, la quale non consiste nella scarsezza delle parole, ma nella smania che ha il cantore di condurre la sua voce per tutti i tuoni possibili, mi sembra che si caderebbe in difetti non minori di quello cui si cerca di schivare. […] L’uomo austero ma sensibile mischierà alle significazioni del suo dispiacere pel male accaduto i rimproveri sulla imprudenza di chi non seppe sfuggirlo.
Il dialetto bolognese (checché ne pensi in contrario Dante, o chiunque sia l’autore dell’antichissimo libro della volgare eloquenza) il genovese, il romagnuolo, il piemontese con pochi altri di niun giovamento sarebbero alla musica pel duro e frequente accozzamento delle consonanti, pei suoni oscuri, offuscati, ed ambigui delle vocali, per la sintassi mal definita, e per altre cause.