Il primo atto desta curiosità, ed è meno difettoso nello stile; gli altri sono pessimi per istile, per azione e per orditura. […] In generale questo scrittore usa della libertà spagnuola meno di Galderon, per lo più distendendosi la durata dell’azione a pochi giorni. […] Essa è tanto regolare quanto gl’ Impegni in sei ore di Calderòn; ma è più semplice, meno caricata di accidenti, e non meno dilettevole. […] Il re senza farsi conoscere duella con lui, lo disarma, e si scopre, godendo di avere umiliato e convinto l’orgoglioso vassallo non meno del proprio potere che della gagliardia. […] Da quanto quì abbiamo ora appena accennato ben si rileva perchè nel XVII ancor meno che nel precedente secolo si trovino tragedie vere.
Il primo saggio che fe delle sue forze nel tragico, fu la Medea Egli amava con predilezione Lucano e Seneca, e nelle di loro opere attinse non meno l’amor del sublime che l’impeto e la foga che il trasportava al pari de’ suoi modelli nell’enfatico e nell’ampolloso. […] Nondimeno questo desiderato vero effetto della tragedia, che in tal favola in verun conto si produce, vien compensato dal nobile perdono di Augusto quanto meno atteso tanto più accetto. […] Non meno teatrale è il colorito degli affetti episodici della virtuosa e sensibile Paolina e dell’appassionato e nobile Severo. […] Certo è che anche Luigi Racine disapprovò quegli amori episodici, e disse del padre che « doveva esser meno compiacente pel di lui secolo, e non introdurre un amor galante in un argomento in cui l’amor tragico dee regnar solo ».
Roma stessa vantò un Lelio e uno Scipione Affricano come coadjutori di Terenzio, un Cornelio Silla dittatore, il gran Germanico, e Cajo Claudio imperadore scrittori di commedie; Giulio Cesare, Cesare Augusto, Tito Vespasiano, e Mecenate e Vario e Ovidio e Lucano e Stazio e Seneca che coltivarono la tragedia, e Orezio Flacco che si fe ammirare non meno come grande emulo di Pindaro, che come critico incomparabile di teatral poesia.
Dura tre anni, cioè a dire incomparabilmente meno, non dico delle favole cinesi, ma delle alemanne, spagnuole e inglesi del passato secolo.
Dominique, non meno eccellente ballerino che eccellente attore, si diede alcun tempo dopo ad imitare il ballo di Beauchamps, e vedendo quanto il Re prendesse diletto da quella parodia, maestrevolmente eseguita, la prolungò più che potè.
Grande nella Zelinda di Goldoni, non fu meno grande nella Medea di Legouvé.
Ma chi voglia più e meglio addentrarsi in questo laberinto di notizie e di genealogie io rimando allo Jal, che al nome di Tabarin, mette il resultato delle sue lunghe ricerche, colle quali, per lo meno, ha potuto accertare chiamarsi il Tabarin di Parigi Giovanni Salomon, e non aver niun vincolo di parentela con quello di Venezia.
Ognuno ne vede altresì la irregolarità, ed il disprezzo delle sagge regole del verisimile, Ma i dotti non meno Inglesi che stranieri convengono tutti del difettoso e del mirabile del dramma, delle bassezze e de’ gran tratti che vi si notano. […] Il meno impudente la spoglierà, la prenderà per iscorta, e mostrerà poi di averla appena veduta citata. […] L’Imenea potrebbe dirsi delle otto la meno spropositata, ma essa in altro non consiste che in una languida filza di scene insipide e mal cucite, nelle quali si ripetono varie situazioni, si ritraggono i caratteri senza niuna verità, e l’azione si scioglie, non perchè trovisi giunta al segno di svilupparsi per necessità, ma perchè il poeta ha stimato arbitrariamente di conchiudere, facendo che quel marchese, il quale senza ragione si opponeva al matrimonio di Febea sua sorella con Imeneo che l’ama, senza ragione ancora poi vi consenta, tuttochè mutata non sia o la situazione, o lo stato, o le circostanze de’ personaggi.
Con non meno invidiabil riuscita i grandi uomini che portarono i loro sguardi su tutta la natura, seppero anche discendere alle più minute osservazioni degli esseri che la compongono. […] Adunque senza tener conto veruno della rigidezza affettata di alcuni sedicenti coltivatori de’ severi studii, i quali sdegnano tutto ciò che non è algebra, nè delle meschine rimostranze di qualche bonzo o fachiro, nè delle insolenze di alcuni immaginarii ministri di non so qual filosofia arcana, e molto meno apprezzando le ciance insidiose smaltite fra i bicchieri delle tavole grandi da certi ridevoli pedantacci che ostentano per unico lor vanto l’essersi procacciati varii diplomi accademici, noi avremo sempre in pregio così amena filosofia in azione, di cui gli additati impostori ignorano il valore e la prestanza.
Poichè sul Greco teatro ειδικῷ, formale, preso come spettacolo abbiamo in grazia della gioventù ragionato a sufficienza, non increscerà per diletto ed erudizione, quando per altro non fosse, formarsi di esso una meno confusa idea, considerandone la struttura ύλικην, materiale. […] Eschilo musico, attore e saltatore non meno che poeta, era uno de’ valorosi capitani del suo tempo, e sotto di lui godeva la pubblica stima il saltatore Teleste che si segnalò nella rappresentazione de’ Sette a Tebe.
Farsa Tragi-Comi-Pastorale, in cui non meno che nella prefazione viene finamente e con grazia comica deriso il teatro di Shakespear in mille guise, formandosi fin anche de’ di lui versi piacevolissime parodie. Adunque non è punto vero ciò che afferma il Sherlock, che in Inghilterra non vi è stata mai una sola voce contro Shakespear; non è punto vero che sono quivi tutti ciechi adoratori non meno delle bruttezze che delle bellezze di lui.
Nè per tale privazione il pubblico era meno esigente verso gli artisti minori. […] E noti bene il lettore che tale condizione dei comici è assai meno antica di quel che si crede, e risale fino ai più cospicui attori odierni, quasi decrepiti in gioventù, e ringiovaniti in età matura.
O si dovrebbe attribuir forse al fatto che, quanto maggiormente egli si dà con l’andar degli anni e il crescer della rinomanza alla disanima profonda di un personaggio, tanto meno egli pensa al modo di esprimerla col cesello della parola ? […] Sarebbe lo stesso come dire lo Zacconi scolaro di tutti gli ammalati e i moribondi che osservò negli ospedali per raccogliere sinteticamente in una semplice linea tutta l’analisi fatta su quelle contrazioni facciali lente e spasmodiche, che generaron poi una polemica su pei giornali a proposito dello spegnersi di Corrado nella Morte civile di Giacometti : polemica di cui forse una parte del pubblico avrebbe fatto a meno volentieri, tanto più ch'essa era aperta fra il glorioso decano de'nostri artisti, Tommaso Salvini, che fu per quarant’anni il rappresentante del classicismo a teatro, e lui, rappresentante da un decennio del verismo : l’arte vecchia, non mai interamente scomparsa, e che va rifacendo capolino oggi nel rinnovamento del dramma storico, e l’arte nuova, che va già cennando a modificarsi.
Molti altri teatri si eressero nel medesimo secolo e quasi ogni città n’ebbe uno qual più qual meno magnifico a proporzione, tutte volendo partecipare del piacere di uno spettacolo pomposo come l’opera in musica.
Dura tre anni, cioè a dire incomparabilmente meno, non dico delle favole cinesi, ma delle alemanne, spagnuole ed inglesi del secolo XVII.
Queste non furono favole stravaganti e maligne; ma non vi si guardano le regole della verisimiglianza e molto meno quelle del gusto.
Non so se quindi solo derivi quella spezie di decadenza che osservasi nelle belle arti; ma sembra che ora si abbondi meno in grandi artisti che in calcolatori, sofisti, falsi letterati, e gazzettieri.
In un giorno di mercato, a Lugano, si annunziava in cartelloni scritti a mano una serata di prestidigitazione data niente meno che dal professore Azampamber.
Spronato poi dal desiderio di realizzare un suo disegno, già gran tempo ventilato, si diede con alacrità al lavoro ; e in meno di cinque anni riuscì a pubblicare un’opera nella quale era come un catalogo illustrato delle migliori opere di pittura che sono a dovizia sparse per l’Italia.
Pur della Senna e del Tamigi in riva Ricchezze e onori si profondon’anco A chi fa bella del natio suo riso La classica Commedia,16 e a chi l’accento Che immortale segnò tragica penna Fa possente suonar ;17 nè meno in folla A Riccardi, a Zaire, a Polïutti Che a Silfidi e ad Orfei traggon le genti ; Ove d’Italia in le città più vaste Ad armoniche gole e a piè danzanti Si posposero ognor Mirre e Medee E Saulli ed Oresti ; e scema spesso, Benchè a men costo aperta e men capace, Vider l’arena lor Vestri e Taddei.
Forse meno ligia alle intenzioni di Scribe e Legouvé, forse mero fedele alla biografìa, ma più conforme a natura e verità.
L'Archivio di Stato di Modena conserva alcune lettere di Coviello, il quale, per non essere da meno dei suoi compagni, batte cassa con supplicazioni di ogni specie ; ora (Brescia, 4 agosto 1690) allegando in ragione che il suo esercito è in rovina per non aver potuto fare in diciassette giorni che sei comedie, che fruttarono di parte lire dieci e soldi otto ; ora (Reggio, 20 novembre 1690) che li Massari del ghetto vogliono semignare l’elettione, per la carica dei letti nel Castello, e sospira una gratia che può liberarlo dalle mani del Ebraismo.
É perciò che non meno Demostene che Cicerone, grandissimi oratori del l’antichità, col l’esercitarsi nello studio delle tragedie di Euripide, pervennero al colmo nel l’arte loro; per la qual cosa Gian Vincenzo Gravina nella Ragion Poetica chiama le tragedie di Euripide vera scuola di eloquenza . […] I cori di questa tragedia sono tratti dal soggetto e pieni di passione non meno che di bellezze poetiche. […] Squarcia poi i cuori ancor meno sensibili il dolore di Andromaca nel l’atto terzo al vedersi strappar dalle braccia Astianatte. Ma le traduzioni non giungono a darne a conoscere tutto il patetico, e molto meno questa nostra che si ristrigne a un solo passo spogliato della situazione della scena: Figlio, viscere mie, da queste braccia Ti svelgono i crudeli. […] Sofocle che ad Euripide sopravvisse, avea mentre vivea quel suo grand’ emulo, composto contro di lui qualche epigramma; ma poichè fu morto senti un dolore sì vivo e sì vero, che non meno per ciò si rendè meritevole degli applausi della posterità che per aver prodotto l’Edipo ed il Filottete.
Si priva l’autore rigorosamente di ogni sorta di confidenti, ed è costretto a valersi con frequenza de’monologhi non rare volte narrativi non meno nojosi de’confidenti e più inverisimili. […] Un altro critico non meno scorto oppone che lo scopo morale richiedeva che il giusto avesse esito più felice del malvagio. […] Detestabile non meno di Clitennestra ella ha fatto uccidere il marito, ed ha sposato Almachilde di lui assassino. […] Scorgesi in tutte miglioramento nello stile, versificazione più scorrevole, lingua tersa ed eleganza meno cruschevole, monologhi meno frequenti, numero di personaggi accresciuto senza bisogno di confidenti. […] Scipione grande per se stesso, nella tragedia non ispiega se non l’amicizia che ha per Masinissa per salvarlo, scusarlo, compatirlo, e diviene il personaggio meno importante.
Il suo Avaro é una traduzione ampliata della commedia del comico francese, nella quale Shadwell non trovava azione sufficiente pel teatro inglese; ma volendola allargar con personaggi e fatti episodici, parmi che ne tolse l’unità, e la rese meno rapida. […] Non meno dell’oscenità é rimarchevole nel teatro inglese l’arditezza della satira.
Non è a dire però che la volontà di studiare, di fare, di togliersi col proprio ingegno da quelle angustie venisse meno in lui. […] Giudicar Cesare Rossi nel periodo estremo dell’arte sua, quando le poche figure che ancor presentava, tra le tante che lo poser sì alto, eran già sbiadite, alternate con le figure nuove, a mostrar le quali il vecchio metodo e il vecchio spirito non eran capaci, è, per lo meno, ingiusto.
Egli amava con predilezione Lucano e Seneca, e nelle di loro opere attinse non meno l’amor del sublime che l’impeto e la foga che il trasportava al pari de’ suoi modelli nell’enfatico e nell’ ampolloso. […] Nondimeno questo vero effetto della tragedia che in tal favola in niun conto si produce, vien compensato dal nobil perdono di Augusto quanto meno atteso tanto più accetto. […] Certo è che anche Luigi Racine disapprovò quegli amori episodici, e disse del padre, che “dovea esser meno compiacente pel di lui secolo, e non introdurre un amor galante in un argomento in cui l’ amor tragico dee regnar solo”.
Non di meno v’ha chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce di Aristotile, di Plutarco, di Tullio, di Quintiliano, e mentovar dove stia bene que’ graziosi sagaci attori, i quali seppero sulle più culte scene ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che accreditarsi nelle società come originali di que’ medesimi ridicoli mascherati da uomini di alto affare, come filosofi senza logica, come pedanti pieni di stomachevole orgoglio e voti di ogni valore e dottrina, e come pigmei in somma, la cui pelle distesa a forza di puro vento per via di replicati argomenti si gonfia e gli fa per qualche istante parer gigantoni.
Ma mi dica il Signor Quadrio, o il Signor Lampillas per lui, le composizioni di Livio Andronico, di Ennio, di Nevio, di Pacuvio, di Accio, erano meno Drammi scritti ad imitazione de’ Greci, per non essere esenti da difetti?
Queste non furono favole stravaganti e maligne; ma non vi si guardano le regole della verisimiglianza e molto meno quelle del gusto.
A quel sua già favorita attrice, il Maffei, forse punto sul vivo, diede in ismanie, tanto che il Martelli nella sua lettera di pentimento, scrisse : …. tolga Dio, che io abbia nè meno per ombra avuta questa intenzione.
Il vecchio capocomico, anch’esso, con meno onesti intendimenti di quelli del Gozzi, la circuì con promesse di donativi….
Se Ella conserva le mie ultime lettere, ella potrà vedere ciò che più o meno produsse effetto.
Il buon Prelato ascoltò le ragioni de'Comici : non mancauano li dua di portar Testi contro le Comedie, e non voleuano, che i Comici altercassero ragioni ; quasi volendo che l’autorità dell’habito potesse far autentica legge alle loro opinioni : ma l’amoreuole Superiore diceua, lasciateli dire, il douere è, ch'ogn’ vno dica la sua ragione ; ma perchè la cosa andaua in lungo, si trasportò il ragionarne all’altro giorno ; e così il giorno seguente all’hora deputata comparuero i Comici con l’autorità segnata ne' libri, e così fecero gl’altri che si trouarono inuitati, chi da vna parte, e chi dall’altra, oue che si contrastò vn pezzo, in vltimo il benedetto Cardinale decretò, che si potesse recitar Comedie nella sua diocesi, osseruando però il modo che scriue San Tomaso d’Aquino ; et impose à Comici che mostrassero i Scenarij delle loro comedie giorno per giorno al suo foro, e così ne furono dal detto Santo, e dal suo Reuerendissimo Signor Vicario molti sottoscritti, ma in breue i molti affari di quell’ Vffizio, fece tralasciar l’ordine, giurando i Comici, che non sarebbero stati gli altri suggetti meno honesti dei riueduti : il Braga (così chiamano il Pantalone di quella Compagnia) et il Pedrolino haueuano ancora (e non è molto) di quei suggetti, ò siano Scenarij di Comedie sottoscritti, e quelli segnati da San Carlo, si tengono custoditi, e nella Compagnia, oue hora sono vi è chi ne ha due, e li tiene à casa per non li smarrire.
Ma non dovea il poeta riflettere che, perchè il Moro potesse fondare sulla di lei passione, avrebbe dovuto con più artifizio velare la sordidezza de’ suoi disegni, i quali colla cruda richiesta scoprendone tutta l’ambizione, potevano atterrirla, e rendere meno cieca la di lei passione? […] Lo spirito umano nella mescolanza delle tinte e de’ suoni non meno che nella moltiplicità mal graduata delle stragi rimane, diciam così, ottuso, rintuzzato, privo di sensibilità; là dove la tragedia esige energia ed elasticità per eccitar la commiserazione e conservar la sua natura, e non convertirsi in flebili nenie elegiache, in lugubri epicedii. […] Ma in ciò altri non ebbe parte, e molto meno Alfonso VIII occupato sin da’ suoi più teneri anni al riacquisto delle terre Castigliane, tutte le operazioni in Terra Santa non avendo allora passato oltre del 1192, quando il re Filippo tornè in Francia, ed il marchese di Monferrato fu assassinato in Tirob. […] Per convenire alla tragedia dovea rendersi meno odiosa senza lasciarla impunita. […] Per lo stile lascia rare volte di esser grave, ed il patetico n’è ben sostenuto, e con passi armoniosi e robusti compensa certe espressioni che parranno intralciate, più prosaiche, e meno precise e vibrate.
I versi dilombati e la languidezza della favola le rendono meno accette. […] Nè chiama meno l’attenzione di chi legge o ascolta la prudenza di Alessandro che sa rimettere l’ordine in sua casa colla prudenza e la dolcezza. […] Nella scena sesta del III non si conosce meno il maestro. […] Forse in alcune espressioni si desidererà più precisione, e idee meno generali. […] Vegga poi il leggitore, se il Calsabigi l’ha piggiorato, o reso meno armonico.
Vengo a dire il perchè nella prima edizione sì mi condussi: bene inteso, che se allora parlai poco dello Spagnuolo, meno assai parlai dell’Italiano, se si attenda alla lunghezza del tempo, in cui l’Italia ha coltivata la Drammatica. […] Quest’equivoco di poco meno di un secolo, preso del Signor Lampillas, compenserà l’anticipazione del tempo in cui fiori Luis de la Cruz.
Cristofaro Castillejo morto nel 1596 scrisse alcune commedie che io non ho potuto legger finora, le quali, secondo Nasarre, potrebbero passar per buone, se fossero meno mordaci e lascive. […] Or perché poi cotesto scempiato eremita, il quale, senza sapersi perché, si rende complice d’un attentato sì atroce, aspetta fino a quel punto a fare una richiesta sì importante e necessaria per impedir l’uccisione d’Orfea poco meno che eseguita?
Poichè sul teatro Greco οιδικῶ, formale, preso come spettacolo abbiamo in grazia della gioventù ragionato a sufficienza, non increscerà per diletto ed erudizione, quando per altro non fosse, formarsi di esso una meno confusa idea, considerandone la struttura ιλικην, materiale. […] Eschilo musico attore e saltatore non meno che poeta, era uno de’ valorosi capitani del suo tempo, e sotto di lui godeva la pubblica stima il saltatore Teleste che si segnalò nella rappresentazione de’ Sette a Tebe.
Molto meno debbe egli appoggiarsi nell’abbondanza de’ difetti de’ Tragici Latini e nella, scarsezza di sublimità; perchè se dalle ultime favole moderne si risalga sino ai Cori di Bacco prodotti in Icaria, dir non sapremmo quante tragedie ostentar si potrebbero come perfette, grandiloquenti ed’ esenti di ogni taccia. […] Vi si mostra alla prima meno odiosa l’infedeltà di Giasone ed in certo modo scusabile, trovandosi egli nella dura necessità di morire insieme coi figliuoli, o di tradir Medea: Si vellem fidem Praestare meritis conjugis, letho fuit Caput offerendum: si mori nolimus, fide Misero carendum est. […] Molte ciarle in assai bei versi contiene la scena d’Ippolito colla Nutrice dell’atto II, dove poeticamente espongonsi le lodi della vita semplica rusticale, e vi si ammirano varie belle imitazioni di alcuni passi di Esiodo e di Ovidio; ma simili cose sono meno tragiche di quel che si brama. […] Eccellente è la scena della dichiarazione di amore fatta da Fedra ad Ippolito; ed il signor Racine che l’ha presso che interamente trascritta nella sua Fedra, ne ha renduta meno vivace l’introduzione. […] Non è meno vivace l’atto III in cui Fedra accusa della propria colpa l’innocente Ippolito, e Teseo in di lui danno invoca il soccorso di Nettuno obbligato a compiere l’ultimo di lui desiderio.
Rancida parrebbe ancora l’invenzione degli argomenti delle sue favole fondati sulla schiavitù di qualche persona in Turchia o in Affrica; ma si vuole avvertire che in quel secolo essi doveano interessare più che ora non fanno, perchè tralle calamità specialmente delle Sicilie sotto il governo viceregnale non fu la minore nè la meno frequente quella delle continue depredazioni de’ barbari sulle nostre terre littorali non più coperte dalle potenti armate di mare di Napoli e di Sicilia. […] Arteaga; di maniera che allora non fu il dramma musicale Italiano meno stravagante che le rappresentazioni Spagnuole, Inglesi ed Alemanne. […] Il famoso pittore e poeta satirico Napoletano Salvador Rosa morto in Roma nel 1673, empì questa città non meno che Firenze di maraviglia per la copiosa eloquenza estemporanea, per la grazia, per la copia e novità de’ sali, e per la naturalezza onde si fece ammirare nel carattere di Formica personaggio raggiratore come il Coviello, ed in quello di Pascariello. […] Molti altri teatri si eressero nel medesimo secolo, e quasi ogni città n’ ebbe uno qual più qual meno magnifico a proporzione, tutte volendo partecipare del piacere di uno spettacolo pomposo come l’opera in musica. […] Ciò è storia nota in Europa; e il celebre Giorgio Luigi Le Clerc conte di Buffon riconobbe in Ispagna non meno che in Italia lo stesso tollerato abuso.
Essi sono figli legittimi, o piuttosto variazioni più o meno accentate di un tipo, figlio legittimo del suo tempo e del suo ambiente, dovute alla fantasia e alla perizia de’varj attori che ne assunsero la maschera. […] E Tempesta allora per non esser da meno del suo collega e crescer sempre più nelle grazie del Signor Suo, esclama : Temp. […] E ne’tempi meno antichi, dimmi, chi ti dài tu a credere che fusse colui, che in quel famoso duello ammazzò di sua mano il superbo Agramante e il fier Gradasso ? […] Hora vien questo personaggio si nell’uno, come nell’altro Idioma esercitato con tante le sconcertate maniere, che il purgarlo da i superflui sarebbe al certo un ridurlo poco meno che senza lingua. […] Piace, & è di molto diletto questa nobilissima parte quando vien però leggiadramente trattata da personaggio habile di vita, gratioso di gesto, intonante di voce, vestito bizzaro, e tutto composto di strauaganze, il quale poi si eserciti in parole, benche di lor natura impossibili, tuttauia credibili da chi abbandona la mente nel vasto delle glorie come sarebbe il dire : « Quando che il Turco seppe il mio arriuo al Campo sotto Buda, non osò mai di uscir dalle tende entro le quali non si teneua meno sicuro sin tanto, ch’egli non seppe ch’io haueua lasciato la mia spada in Vienna per farli un fodro della pelle di Suliman Sultan.
Esse più o meno remotamente hanno seco un rapporto proporzionato alla sensazione che ne ricevette la macchina, nella quale esso signoreggia e discorre di modo che le l’urto fu piacevole, cioé se scosse con soavità la tela de’ nervi, l’intelletto apprende per bene le forme che ’l cagionarono: se la scossa fu dolorifica, cioé se con maggiore asprezza esse incresparono quella tela, le contempla come male.
Di fatti ognun sa che i Romani stessi studiavano le lettere Etrusche; e secondo Dionigi Alicarnasseo il Greco Demarato fece non meno nelle Greche che nell’Etrusche lettere ammaestrare i figliuoli.
Le Accademie letterarie de’ Rozzi e degli Intronati che tornarono a fiorire nel XVII secolo, quella brigata di nobili attori che rappresentava in Napoli le commedie a soggetto del Porta, gli Squinternati di Palermo, di cui parla il Perrucci ed il Mongitore, i nobili napoletani Muscettola, Dentice, Mariconda che pure recitarono eccellentemente, facevano cadere in dispregio la maniera per lo più plebea caricata declamatoria de’ pubblici commedianti, Il celebre cavalier Bernini nato in Napoli, e che fiorì in Roma dove morì nel 1680, rappresentava egregiamente diversi comici caratteria Il famoso pittore e poeta Satirico napoletano Salvador Rosa morto in Roma nel 1673 empì quella città non meno che Firenze di meraviglia per la copiosa eloquenza estemporanea, per la grazia, per la copia e novità de’ sali, e per la naturalezza onde si fece ammirare nel carattere di Formica personaggio raggiratore come il Coviello ed il Brighella, ed in quello di Pascariello, La di lui casa in Firenze divenne un’ accademia letteraria sotto il titolo de’ Pencossi, ove intervenivano l’insigne Vangelista Torricelli, il celebre Carlo Dati, l’erudito Giambatista Ricciardi, i dotti Berni e Chimentelli ecc.
Anzi non v’ha cosa meno strana di questa.
Non fu più riproduzione, ma creazione : la particina diventò poema, al quale tenner dietro senza interruzioni nel cammino glorioso gli altri (se non molti, così grandi e perfetti da valerne infiniti), quali il Massinelli, el sur Pedrin, il Sindaco Finocchi, il Tecoppa, Gigione, el sur Pancrazi, el Maester Pastizza, el sur Pànera, el sur Pistagna, e altri ancora che non son poi che una derivazione più o meno isvariata di questi.
Chi la vide rappresentare L'Alexina, La Fiera, La Lusinghiera, e La Vedova in solitudine del Nota ; La Sposa sagace, le due Pamele, Gl’Innamorati, le tre Zelinde del Goldoni ; La bella Fattora, traduzione del conte Piosasco ; le due Chiare di Rosenberg, La figlia della terra d’esilio, L'Orfanello suissera, drammi scritti a posta per lei dal fratello Luigi, non potè a meno di riconoscere e di applaudire in lei quei tratti di grande attrice, che caratterizzano il vero genio.
Ma i Caligoli sono come le fiere addimesticate, che mai non si spogliano di tutta la nativa ferità, e quando meno si attende, la riprendono. […] La grandezza eroica campeggia nel loro stile con carattere particolare, meno attaccato alla naturalezza Greca, e più confacente alla maestà Romana. […] Se le spaventa l’austero imperioso despotismo, si arretrano, divengono malinconiche e taciturne, e finiscono col rivolgere altrove il volo, cercando aure meno ingrate, men rigido clima e più ospitale e dolce nido.
Fiorì Epicarmo insigne filosofo non meno che comico illustre in Siracusa a’ tempi di Gerone il vecchio. […] Non è meno licenziosa e sfacciata della precedente, e secondo gl’ intelligenti lo stile è più sollevato che nelle altre, e si avvicina al tragico. […] Questo squarcio ne dà la storia de’ tragici che sopravvissero a Sofocle, fra’ quali, al dir di Aristofane, il meno cattivo era Jofone. […] Non meno piacevole è la scena di Strepsiade col figlio. […] La necessità di schivarlo suggeri l’idea di una commedia che fu chiamata Nuova, senza dubbio più delicata e discreta, e meno acre delle precedenti.
Lo spirito umano nella mescolanza delle tinte e de’ suoni non meno che nella moltiplicità mal graduata delle stragi rimane, diciam così, ottuso, rintuzzato, privo di sensibilità; là dove la tragedia esige energia ed elasticità per eccitar la commiserazione e conservar la sua natura e non convertirsi in flebile elegia o lugubre epicedio. […] Ma in ciò altri non ebbe parte, e molto meno Alfonso VIII occupato sin da’ suoi più teneri anni al riacquisto delle terre Castigliane, tutte le operazioni in Terra Santa non avendo allora passato oltre del 1192, quando il re Filippo tornò in Francia, e il marchese di Monferrato fu assassinato in Tiro7. […] Per convenire alla tragedia si dovea rendere meno odiosa senza lasciarla impunita. […] Ma il carattere di Alfonso nella favola francese è di un padre sensibile che ama il valore del figliuolo, benchè sia disposto a punirlo, nè il Poeta Cesareo ha calcato diverso sentiero nel Demofoonte; là dove il Colomès fa nascere perturbazioni meno tragiche col formare il suo Alfonso severissimo per natura, poco sensibile agli affetti di padre e prevenuto contro del figlio. […] Per lo stile lascia rare volte di esser grave, ed il patetico n’è ben sostenuto, e con passi armoniosi e robusti compensa certe espressioni che parranno intralciate, più prosaiche e meno precise e vibrate.
Perciò il protagonista dell’antica tragedia ci attacca assai meno di quello del melodramma. […] Infatti i drammatici più sentenziosi sono appunto quelli che meno intesero la loro arte. […] Ma va fallito; e il suo inganno non pregiudica meno alla sua riputazione che allo spettacolo. […] Per contentare i Greci e i romani vi volea pur tanto; e per contentar noi non ci vorrà egli per lo meno altrettanto? […] Questo anzi è il meno.
Non v’ha cosa meno strana di questa.
Molto meno si pensa di proporle per modelli a chi voglia ottenere una corona dalle mani stesse di Apollo, secondo l’espressione del sig. […] Taluno però sentirà qualche rincrescimento del non delicato carattere di Pausania e del di lui indecente invito mandato a Cleonice perchè venisse a passar seco la notte, facendole indi in premio sperare le fue nozze; nè meno sconvenevole parrà la mediazione di Scilace di lei padre che cerca tutte le vie di persuader la figlia ad andarvi. […] Pilade nella 2 del IV per rimediare alle imprudenze di Oreste gli dà il proprio nome di Pilade non meno imprudentemente, giacchè Egisto non ha manifestato minore abborrimento per Pilade che per Oreste. […] Finalmente sembra che Polifonte nell’ultima scena abbia più pazienza e meno scorgimento di quel che a lui starebbe bene in lasciar dir tanto a Merope che tiene discorsi sediziosi a’ Messenj. […] Sembraci dunque il Gernand meno plausibile dell’Alonso, e difettoso per la mescolanza delle tinte comiche ad un tragico orribile.
Ma se avesse scorsi i passi di questi Letterati meno alla sfuggita, avrebbe osservato che essi dicono che il Vicentino fu il primo a scrivere una degna Tragedia in questa lingua, cioè in idioma Italiano. […] E molto meno seguiterebbe a cercar di deprimere la Sofonisba col criticare la scena che siegue alla morte di questa Regina, allorchè viene Masinissa, la quale scena all’ Apologista sembra freddissima.
Ciò è storia nota in Europa ed il celebre Giorgio Luigi le Clerc conte di Buffon riconobbe in Ispagna non meno che in Italia lo stesso mal tollerato abuso. […] Di maniera che allora non fu il dramma musicale italiano meno stravagante che le rappresentazioni spagnuole, inglesi ed allemanne.
Ma mi dispiace che non ò colpa e pure ò tutto di meno, avendo ogni cossa impegnatta ; nè manco dinari da far quadragesima e da far viaggio per Loretto, dal qual loco non uscirò sintanto che non sappi se mi vol far degna della gracia adimandatali. […] l’onor m’addita il premio, l’incostanza m’innaspra, l’empietà m’è presente, l’inganno ha vario aspetto, l’innocenza ho nel core, l’insidia nella mente, l’ira sta in mezzo al petto, la lealtà sen fugge, il martor non mi lascia, la memoria non manca, le minacce son pronte, la miseria m’abbraccia, necessità mi stringe, l’odio sta sempre meco, l’ostinazione è fissa, la pena mi tormenta, il pensier mi tradisce, il pentimento è certo, la perfidia è d’altrui, la pertinacia è mia il pianto è mia bevanda, la preghiera non giova, la purità non basta, le querele son sparse, la rabbia m’avvelena, il vigor mi percote, il rumor già m’assorda, lo sdegno in me s’accresce, il soccorso s’invola, la speranza vien meno, il timor mi travaglia, il tradimento ha l’armi, il valor lo respinge, la vendetta l’uccide, la vittoria m’innalza e mi corona !
Mantener la quale lo inquietava assai meno della difficoltà di trovare un attore abile e piacevole quanto il perduto Pantalone.
Per insignificante potesse essere quel villaggio, non meno doveva riuscir reboante quel titolo, specie a quel tempo di non facili comunicazioni e in Capitale straniera.
La conclusione si distanzita decisamente da quella della prima redazione; proprio in virtù di una ricomposizione del discorso in termini meno militanti e immanenti, sono espunti i toni anche polemici che avevano caratterizzato la prima redazione, laddove Algarotti prendeva le distanze dal dibattito e dalle censure primosettecentesche, criticava il costume corrotto del teatro contemporaneo20 e citava i versi provocatori di Voltaire tratti da Le Mondain. […] Non viene meno la volontà di riflettere sulla funzione catalizzatrice della poesia ma ogni aspetto è visto sullo sfondo del sistema complessivo di organizzazione degli spettacoli. […] Il Saggio del 1755, ancora dedicato al barone di Svertz, mantiene la natura discorsiva, integra alcuni passaggi e ne elimina altri, come i riferimenti legati in modo specifico all’esperienza berlinese; il tono nel complesso è più curato, meno colloquiale, ma nella sostanza le due prime redazioni risentono dello stesso clima culturale e di una destinazione più circoscritta.
L’autor filosofo ha saputo rintracciar nuovi argomenti per la scena tragica ne’ bassi tempi e dove meno se ne attenderebbero. […] Sento ch’io vengo meno . . . ah caro padre . . . […] Si vorrebbe oltre a ciò la favola meglio organizzata, più tendente al fine, meno carica di freddi riposi episodici che la rallentano. […] Se per Carlo era egli reo di morte come Tancredi, lo sarà meno come Corradino? […] Forse in alcune espressioni si desidererà più precisione, e meno generali idee.
Di queste non meno che delle altre favole greche a noi giunte, in grazia della gioventù curiosa e senza arrogarci l’autorità e l’infallibilità degli oracoli, andremo brevemente esponendo le bellezze principali senza dissimularne qualche difetto. […] Sofocle a mio giudizio rimane pure ad Eschilo inferiore allorchè scema la sospensione dell’uditorio col far seguire la morte di Clitennestra prima di quella di Egisto, perchè ne rende meno interessante lo scioglimento. […] I cori di questa tragedia sono tratti dal soggetto e pieni di passione non meno che di bellezze poetiche. […] Squarcia poi i cuori ancor meno sensibili il dolore di Andromaca nell’atto terzo al vedersi strappar dalle braccia Astianatte. […] Intorno al di lui tempo visse pure Euforione e Bione, e lo scrittore di tragedie non meno che di commedie Agatone che Platone onorò della sua amicizia.
e quanto meno importerà al resto dell’Europa, per non dire a tutta la Terra, non che all’Universo?
A queste due tengon dietro le sei non meno interessanti, che debbo alla squisitezza del cav.
E l’eccellente attrice seppe serbarsi intatta la fama acquistata, alla quale non nocque punto nè meno il suo difetto capitale comune a molte donne : la gelosia di mestiere….
Sin dal secolo precedente si trova introdotta in Inghilterra l’opera italiana eroica, e comica, ma é la meno frequentata di tutti gli spettacoli teatrali. […] Alemano La turgidezza, i frizzi, e le metafore stravaganti di Lohenstein, non meno che le bassezze di Cristiano Weisse andavano di giorno in giorno fin dal principio di questo secolo cadendo nel meritato dispregio, e già l’aggiustatezza e la verità de’ pensieri, e la purità e correzione dell’espressioni trionfava nelle opere di vari chiari prosatori e poeti, in quelle di Wolf, di Canitz, di Breitinger, Neukirck, Haller, Hagedorn, Mosheim, Bodmer, Gottsched. […] Eppure questo soggetto, atroce che sia, egli é meno orrido di quello della Fatale Curiosità, di cui si può leggere un estratto nella Gazzetta letteraria dell’Europa tom.
Udii dire che assistendo talvolta alla rappresentazione di una favola alcune persone malvage furono così vivamente ferite per l’illusione teatrale, che alla presenza di tutti manifestarono la propria reità, perchè la colpa, benchè priva di lingua, sempre si manifesta quando meno si attende. […] Farsa tragico-comi-pastorale, nel corso della quale non meno che nella prefazione viene finalmente, e con grazia comica deriso il teatro di Shakespear, in varie guise, formandosi fin anche de’ versi di lui piacevolissime parodie. Adunque non è punto vero ciò che afferma il signor Martino, che in Inghilterra non vi è stata mai una voce sola contro Shakespear; non è punto vero che quivi sono tutti ciechi adoratori non meno delle bruttezze, che delle bellezze di lui.
Cristofano Castillejo morto nel 1596 scrisse alcune commedie rimaste inedite che io non ho potuto leggere, e che secondo il Nasarre potrebbero passar per buone, se fossero meno mordaci e lascive. […] Or perchè poi codesto scempiato Eremita, il quale senza saper perchè si rende complice di un attentato sì atroce, aspetta sino a quel punto a domandare una circostanza sì necessaria per impedire l’ammazzamento di Orfea poco meno che eseguito? […] L’Imenea potrebbe dirsi delle otto la meno spropositata, ma in altro essa non consiste che in una languida filza di scene insipide malcucite, nelle quali si ripetono varie situazioni, si ritraggono i caratteri senza niuna verità, e l’azione si scioglie, non perchè trovisi giunta al segno necessario per isvilupparsi, ma perchè il poeta ha stimato a capriccio di conchiudere, facendo che quel Marchese, il quale senza ragione si opponeva al matrimonio di Febea sua sorella con Imeneo che l’ama, senza ragione ancora poi vi acconsenta, tuttochè mutata non sia o la situazione, o lo stato, o le circostanze de’ personaggi. […] Fa dunque torto, ripeto, alla veracità ed onestà non meno che all’erudizione di un uomo di lettere, la vana jattanzia aggiunta a questa istoriella mendace e gratuita del Nasarre, cioè che il Naarro insegnò agl’Italiani a scrivere commedie, e che essi poco profitto trassero dalle di lui lezioni . […] Prima nulla mai ne disse, e quando poi ha voluto entrare in bucato, per dirne più ne ha detto meno, ed è tornato indietro.
Prassagora stessa, che se ne fa capo e sembra la meno sciocca, aringa stranamente valendosi de’ più ridicoli argomenti nel dimostrare che per migliorare la città debbe concedersene alle donne il dominio. […] Non è meno licenziosa e sfacciata della precedente, e secondo gl’intelligenti lo stile è più sollevato che nelle altre, e si avvicina al genere tragico. […] Questo squarcio ne dà la storia de’ tragici che sopravvissero a Sofocle, fra’ quali, al dir di Aristofane, il meno cattivo era Josone. […] Non meno piacevole è la scena di Strepsiade col figliuolo. […] Ma se la copia (aggiugne l’avveduto scrittore) è più conforme a’ nostri costumi, non pertanto essa è meno vivace del l’originale.
Questo non poteva a meno di non dar nell’occhio agli scrittori italiani: così alcun non v’ha tra coloro che la storia delle lettere hanno preso a scrivere, che non parli delle macchine, delle decorazioni, della mitologia e delle favole, come del carattere principale del melodramma in quel secolo. […] Quando l’immaginazione a scioglier il nodo altre vie non sa rinvenire che le ordinarie, l’invenzione non può a meno di non essere imbarazzata e ristretta, ma qualora ne abbia essa la facilità di snodar per macchina ogni evento, avendo alla mano il soccorso di codeste intelligenze invisibili, i suoi voli diventano più ardimentosi e più liberi, e l’invenzione più pellegrina.
Nè dopo che lo stesso Pietro Cornelio ebbe trattato quest’argomento, il pubblico si dilettò meno della Sofonisba del Mairet 2. […] Ogni atto presenta un punto importante dell’azione; le situazioni sono patetiche senza languidezza e senza esagerazione; lo stile è appassionato, naturale, e molte volte energico; gli accidenti dall’intervallo dell’atto quarto per tutto il quinto sembrano troppo accumulati riguardo al tempo della rappresentazione, ma a giustificarne la verisimiglianza non mancano esempj nella storia, e molto meno dee contrastarsi al poeta la facoltà di fingerne, purchè ne faccia risultare il diletto dell’uditorio, ed il trionfo della virtù, come appunto avviene nel Gustavo.
Se Carlino era il cucco del pubblico per l’arte sua, non l’era meno di quanti lo conobbero, per le sue qualità morali. […] Questo illustre autore parve averci ricondotto per alcun tempo gli spettatori, con molte opere che i conoscitori hanno a buon diritto avuto in conto di capolavori ; ma il pubblico, guastato da certe frivolezze, le abbandonò ben presto ; il che non scema certo il merito del signor Goldoni, come non scema quello dei capolavori di Molière e di Corneille, non meno abbandonati.
Pareva che l’attrice volesse col vigore della sua anima, coll’espressione degli atti, coll’ardore del desiderio rientrare nell’entusiasmo che destò quell’alto lavoro ; pareva che un altro sentimento, non meno nobile e generoso, la infiammasse, ed era di recare un conforto, una gioia all’anima, su cui in pochi anni tanti e si fieri dolori si sono accumulati. […] Dotata di memoria ferrea, poteva fare a meno del rammentatore ; ed in 5 anni che ebbi il piacere di esserle al fianco come direttore e primo attore, non l’ho mai veduta ricorrere al soggetto per saper la parola di entrata in scena.
Molto meno dee egli appoggiarsi nell’abbondanza de’ difetti de’ tragici latini e nella scarsezza di sublimità; perchè dalle ultime favole moderne risalendo sino ai cori di Bacco in Icaria, non so quante tragedie potrebbero ostentarsi come perfette, grandiloquenti e prive di ogni taccia.
Abate per trovare ragioni da rimovere dal giudizio I due Pellegrini del Tansillo, e l’Ecloga del Caro; e intanto si lascia dietro un nemico non meno forte del Cefalo, e dell’Orfeo, cioè l’Egle del Giraldi pubblicata nove anni prima del sacrifizio del Beccari.
Fu egli amoroso egregio, egregio primo attore, ed egregio padre e tiranno : ebbe a compagni la Battaglia, la Pelandi, Demarini, Pertica e Blanes ; e, vissuto onestamente, non gli venner mai meno l’affetto e la stima dei compagni.
Essendo l’Hôtel de Bourgogne in riparazione, la compagnia recitò al Palais Royal, alternativamente con l’opera, cominciando la sera del 18 maggio, nel nome di Dio, della Vergine Maria, di San Francesco di Paola e delle Anime del Purgatorio, con La Felice Sorpresa, che ebbe un grande successo davanti a un pubblico affollatissimo : l’introito, e i posti costavano un terzo meno che un secolo più tardi, fu di lire 4068.
Non meno penetrante è il colpo che questo satirico di Lizio dà a’ giudici, che oggi forse non si permetterebbe sulle scene; ed in fine con somma grazia e piacevolezza comica pongonsi alla berlina gli avvocati. […] Anch’essi perdono Non meno in adornarsi, e fino a mettere Il bianco e ’l rosso. […] Direi che meno di altri critici e precettori di poetica si fosse allontanato dalla mente di Cesare il prelodato Sig. […] Chi vestisse ora di toga e di pretesta, per begli abiti che fossero, ci offenderebbe non meno che se portasse la beretta a taglieri o le calze a campanelle. […] L’altra commedia dell’Oddi non meno bella per lo stile, per l’onestà, per la vaghezza de’ caratteri e per l’intreccio, intitolata i Morti vivi, s’impresse nel 1597.
Castilhon avesse avuta più pratica della storia letteraria drammatica, avrebbe evitato quest’errore, il quale, per se stesso leggiero, diviene sproposito grave in chi mettendosi a filosofar sulle nazioni, da falsi dati non può dedurre se non falso conseguenze e fondarvi sopra principi non meno falsi. […] Né merita meno di esser mentovata quella del Bracciolini intitolata L’Amoroso Sdegno, come anche la Disperazione di Sileno e ’l Satiro di Laura Guidiccioni, dama Lucchese, rappresentata avanti al gran duca nel 1590, ai cui cori fece la musica Emilio del Cavaliere, romano. […] La musica, costante amica dei versi ancor de’ selvaggi, la quale nell’oriente si frammischia senza norma fissa neller, e in Atene e in Roma avea accompagnata or più canoramente, come ne’ cori, or meno, come negli episodi, la poesia rappresentativa, nelle grandi rivoluzioni dell’Europa se ne trovò divisa.
La pastorale che in un certo modo si scosta meno dal Ciclope di Euripide, è l’Egle del Giraldi Cintio che egli intitolò Satira. […] La futilità delle critiche si manifestò non meno colle difese che coll’applauso generale che riscosse sì vago componimento, e colla moltitudine delle traduzioni che se ne fecero oltramonti.
Marsolier verseggiò le Rocher de Leucade posto in musica da Dalayrac, e non meno che le Cabriolet jaune di Sègur, e le Fruit defendu, ed Epicure di Dumonstrier posto in musica da Mèhul e Cherubini, sono tutte opere mal riuscite. […] Altre opere possono parimente rammentarsi di non meno varia fortuna; ma ad accezione di alcune che ne accenneremo nel parlar del Vaudeville e de’ teatri materiali francesi, abbandoneremo tutto il resto all’obblio che le ricopre.
La pastorale che in certo modo si scosta meno dal Ciclope di Euripide, è l’ Egle del Giraldi Cintio ch’egli intitolò Satira. […] La futilità delle critiche si manifestò non meno colle difese che coll’ applauso generale che riscosse sì vago componimento, e colla moltitudine delle traduzioni che se ne fecero oltramonti.
Cicerone afferma che le favole Liviane non meritavano di leggersi la seconda volta38, ed Orazio le pregiava ancor meno. […] Egli non meno degli altri Latini si arricchì colle invenzioni delle greche favole, ma per evitare la satira de’ particolari, non altronde le tolse che dalla commedia nuova, siccome è manifesto da molte sue commedie. […] Se si trattasse poi di un amore in qualche modo renduto meno illecito, meriterebbe tutta la lode il tratto patetico della divisione di Argirippo e Filenia nella terza scena dell’ atto terzo. […] Questa è un’ altra favola di Filemone intitolata in greco Θησαυρὸς, e da Plauto detta Trinummus forse meno felicemente da tre nummi pagati per incidenza a un Sicofanta. […] I Latini assai meno rigorosi de’ moderni accordarono a’ loro poeti comici più ampii confini della verisimiglianza.
Egli però ignorando i punti del dialogo più opportuni per le arie, ed altri pezzi musicali, nè sa valersene a rendere meno ristucchevole il recitativo, nè sa con questo interromperne la frequenza, ed evitar la sazietà che si produce anche coll’armonia quando è perenne.
Arnaud, meno al Poeta che ai Greci di quel tempo; perocchè la lingua altro non suol essere, che l’espressione e l’ immagine del carattere e del costume regnante presso di una nazione.
Gli altri anch’essi, per non parer meno eruditi, davansi lo stesso vanto; e tutti ce tamente non avrebbono scrupoleggiato di accertare sulla lor fede d’aver letto eziandio le commedie di Eupolide, Cratino, Filemone, Difilo, Apollodoro, Turpilio, Trabea, Cecilio, e tutte quelle altre de’ Greci e Latini, di cui o pochissimi frammenti o appena i nomi, rimasti ci sono.
Comunque sia, lo Stordito è più che ispirato all’opera italiana, la quale ebbe tanto favore che restò nel repertorio lungamente, modificandosi poi coll’andare del tempo nelle improvvisazioni de’ comici più o meno intelligenti.
Gli amici, più che i medici, gli affibbiarono, sin dal ’67, una tisi, per la quale egli fu spacciato una ventina di volte al meno.
Cristofano Castillejo morto nel 1596 scrisse alcune commedie rimaste inedite che io non ho potuto leggere, e che secondo il Nasarre potrebbero passar per buone, se fossero meno mordaci e lascive. […] Or perchè poi codesto scempiato eremita, il quale senza saper perchè si rende complice di un attentato sì atroce, aspetta sino a quel punto a domandare una circostanza sì necessaria per impedire l’ammazzamento di Orfea poco meno che eseguito? […] Fa dunque torto, ripeto, alla veracità ed onestà non meno che all’erudizione di un uomo di lettere, la vana jattanzia aggiunta a questa istoriella gratuita del Nasarre, cioè che il Naarro insegnò agl’ Italiani a scrivere commedie, e che essi poco profitto trassero dalle di lui lezioni. […] Al contrario; prima nulla ne ha detto, e quando poi ha voluto entrare in bucato, per dirne più ne ha detto meno, ed è tornato indietro.
Vi si mostra alla prima meno odiosa l’infedeltà di Giasone e in certo modo scusabile, trovandosi egli nella dura necessità di morire insieme con i figliuoli, o di tradir Medea: . . . . . . . . . […] Racine che l’ha presso che interamente copiata nella sua Fedra, ne ha renduta meno vivace l’introduzione. […] Non è meno vivace l’atto terzo in cui Fedra accusa della propria colpa l’innocente Ippolito, e Teseo in di lui danno invoca il soccorso di Nettuno obbligato a compiere l’ultimo di lui desiderio.
Accanto ad opere di un ascetismo oserei dire ridicolo, alle solite difese del teatro virtuoso, alle lacrime, alle penitenze stemperate in versi più o meno barocchi, troviamo commedie, nelle quali sono frasi e parole da far arrossire il più spregiudicato. […] … Aggiungetevi una musica e un allestimento scenico non meno grandiosi ; e non dobbiamo stupirci se il pubblico di due secoli e mezzo fa andava in visibilio.
E più giù : In Bologna, dove per lo più si recita il Verno, et dove sono sempre chiamate le buone compagnie ; al mio arrivo, già anni sono, mi fu detto da un Mastro Dionisio Bruni padrone d’ una bottega di carte da giuoco, le precise parole : « S’ io non amassi tanto voi e le vostre virtù, e s’ io non avessi qualch’ altro comodo fuori del mestier delle carte, non potrei fare di meno di non vi maledire, et desiderarvi ogni male, acciò lasciaste di venire in questa città, poichè siate cagione, che i ridotti si chiudono, e che con essi la mia bottega fallischi. » Le Lettere facete e morali (ivi, m dc xxii) gli procacciaron da molti poeti una bellissima corona di sonetti, che poi non fece imprimere, egli dice modestamente, essendosi accorto, che per abbassare il suo povero stile non ci voleva altro che l’altezza de’ loro concetti (Lett. […] II) : Voi che fate professione di parlare in pubblico, raccordatevi d’aver pronto l’occhio, la mano, il piede, anzi tutta la persona, non meno che habbiate la lingua, poichè il concetto, senza il gesto, è appunto un corpo senza lo spirito, havertendo che non si vuol gesticolare in quel modo che molti sogliono fare, e ch’io molte volte ho veduti, che se girano gli occhi pajono spiritati, se muovono il piede sembrano ballerini, se le braccia barbagiani che volano, e se voltano il capo, scolari di Zan della Vigna ; però il capo, le braccia, i piedi, gl’occhi si deono muovere a tempo, con modo, con ordine e con misura, havertendo ancora che non è poco vitio adoprar sempre un sol braccio, o una sola mano, ma che si dee hor l’ una, hor l’altra et hora tutte due muovere, come più comporta il discorso che si recita.
Conforto unico le era l’affetto non mai venuto meno della madre, con cui spesso s’intratteneva per lettere, ch’ella soleva intestare colle soavi parole : « Mamma mia divina. » Povera Adelia !
Oimè, che quasi meno io son venuto nel dirvi questo.
Cicerone afferma che le favole Liviane non meritavano di leggersi la seconda voltaa, ed Orazio le pregiava ancor meno. […] Non meno degli altri Latini si arricchì Plauto colle invenzioni delle greche favole, ma per evitare la satira de’ particolari, non altronde le tolse che dalla commedia Nuova, come si scorge da molte sue commedie. […] Se si trattasse poi di un amore in qualche modo renduto meno illecito, meriterebbe tutta la lode il tratto patetico della separazione di Argirippo e Filenia nella 3 scena dell’atto III. […] Questa è un’ altra favola di Filemone intitolata in greco Θεσαυρος, e da Plauto detta Trinummus forse meno felicemente da tre nummi pagati per incidenza a un sicofanta. […] I Latini assai meno rigorosi de’ moderni accordarono a’ loro poeti comici più ampii i confini della verisimiglianza.
Non meno penetrante è il colpo che questo Lizio satirico dà a’ giudici, che oggi forse non si permetterebbe sulle scene. […] …… Anch’essi perdono Non meno in adornarsi, e fino a mettere Il bianco e il rosso. […] Direi, che meno di altri critici e precettori di poetica si fosse allontanato dalla mente di Cesare il prelodato signor Marmontel, il quale pose la forza comica ne’ gran tratti che sviluppano i caratteri, e vanno a cercare il vizio sino al fondo dell’anima ; se l’arte di cogliere questi grandi tratti fosse mancata a Terenzio. […] Questa ultima espressione stà ben con Cristo parve a Balsac meno castigata; e veramente non può negarsi che avrebbe potuto esporsi con minore impudenza o irriverenza. […] L’altra commedia dell’Oddi non meno bella per la vaghezza de’ caratteri e dell’intreccio, intitolata i Morti vivi, s’impresse nel 1597.
Egli fa nelle sue Opere serpeggiare il bellissimo cappio della Finzione, e del Vero; e in aspetto più gentilesco del Castelvetro, e non meno filosoficamente disviluppa le idee del Verisimile poetico, vero perno su cui si volge il Teatro, anzi la Poesia tutta, e le altre arti imitatrici. […] Non di meno egli alla meglio cercò discolparsene dicendo di aver pensato a fare di ognuna delle tre Giornate una Tragedia.
Non meno licenziosa e sfacciata é l’altra intitolata le Oratrici o l’Assemblea donnesca, il cui stile é più sollevato che in ogni altra, e si avvicina al tragico. […] Indi venne una commedia nuova, senza dubbio più dilicata e meno acre delle due precedenti, della quale sembra che avesse gittati i fondamenti l’istesso Aristofane col Pluto, dove si trova sì un coro, ma ben lontano dall’antica baldanza e mordacità.
La necessità di schivarlo sugerì l’idea di una commedia che fu chiamata Nuova, senza dubbio più delioata e discreta, e meno acre delle precedenti.
Quanto più dunque essa attraeva il giovine, tanto meno egli sperava di potersi dare a lei col consenso paterno.
Rancida parrebbe ancora l’invenzione degli argomenti delle sue favole fondati sulla schiavitù di qualche persona in Turchia o in Affrica ma si vuole avvertire che in quel secolo essi doveano interessare più che ora non fanno, perchè tralle calamità specialmente delle Sicilie sotto il governo viceregnale non fu la minore nè la meno frequente quella delle continue depredazioni de’ barbari sulle nostre terre littorali non più coperte dalle potenti armate di mare di Napoli e di Sicilia.
Si aggiunga a questo, che l’Armida meno caricata di macchine ed apparenze è pure riuscita pienamente ad onta del freddissimo atto IV.
A ciò si aggiunga che l’Armida è l’opera meno caricata di machine ed apparenze, e pure riuscì pienamente ad onta dell’atto IV.
… Ma pare che il Righetti gli scrivesse al proposito di tali minaccie una lettera di buon inchiostro, perchè Rossi, il 12 ottobre '51, da Mantova, venuto a più miti consigli, gli dichiara che la loro amicizia non deve venir meno per sì piccola bazzecola, e, naturalmente, non si parla mai più di scioglimento.
Poteva egli convincersi dei disordini del foro spagnuolo nella compilazione meno antica intitolata Fuero Real fatta da Alfonso IX, e veder nel prologo gli sconcerti de’ secoli ch’egli voleva illuminati dalle leggi di Alarico. […] Ebbero questi conquistatori, per governare non meno la propria nazione tra noi traspiantata, che gl’Italiani che volessero soggettarvisi, il celebre editto di Rotari settimo re d’Italia, pubblicato nel 643, quello di Grimoaldo del 668, i capitoli di Luitprando incominciati ad uscire dal 713, quelli di Rachi del 746, e di Astolfo del 753.
L’autore stesso ha data la più giusta idea di tali sacri componimenti: In essi (ei dice) studiai di far ragionar le persone, e in particolare i Patriarchi, i Profeti e gli Apostoli collo stile delle Scritture, e co’ sentimenti de’ Padri e de’ Dottori della Chiesa, stimando, che quanto meno fossevi frapposto del mio, tanto più di compunzione e di diletto avesse a destarsi negli animi degli uditori. […] Nella scena 6 del III non si conosce meno il maestro.
Se l’austero, imperioso dispotismo (ch’è tutto l’opposto della moderata sovranità de’ tempi moderni) le atterrisce, si arretrano, perdono il brio, divengono taciturne e finiscono con volgere in altro cielo il volo per cercare aure meno ingrate, clima men rigido e più ospitale e dolce nido.
I Giullari, che in abito proprio e buffonesco anzi che no andavano girando colle arpe, e le viuole, e con altri strumenti per le case e per le mense de’ Grandi (come fecero da principio nella Grecia i primi antichissimi Cantori e Poeti, e poi i Rapsodi dopo Omero, ed anche nel Settentrione i Bardi e gli Scaldi), soleano per interesse cantar gli altrui componimenti, sfidandosi scambievolmente a poetiche e musicali tenzoni, e vantandosi ciascuno di superar il suo rivale non meno nella gentilezza e lealtà dell’amore, che nella prontezza dell’ingegno; e quando alcun Principe e gran Signore celebrar volea solenne festa di nozze, di corte bandita, di torneamenti ecc., non mancavano di venirvi in folla per dar saggio del loro valore, e farsi gran nome.
.), vedova Lancetti, da cui ebbe due figliuoli) ; e che la serenità dell’uomo e la coscienza dell’artista non mai venissero meno in lui, mostrandosi in ognun de'casi (o attore stipendiato, o socio, o capocomico solo), direttore eccellente e galantuomo rarissimo.
Sarà vero che molto in sua vita egli abbia guadagnato e molto speso : ma è vero non meno che l’arte comica in Italia non arricchisce nemmeno chi l’esercita colla più grande fortuna.
A. che di questo negozio non se ne tratti, perchè non è proporzionato alla sua Grandezza, che quattro commedianti si allontanino dal suo gusto, et che lasciando in parte il dovuto rispetto non stiano mai d’accordo in sieme, come al certo non starebbon questi, et tanto meno in Francia nel Teatro di sì gran Corte ; e V.
Cotal rinforzamento unito alla più lunga dimora della voce sulle rispettive sillabe, che ne era una conseguenza, fece rallentar tutti i’ tuoni, frapporre più lungo intervallo tra i passaggi non meno di sillaba a sillaba che di suono a suono, e alterar così la durata de’ tempi tanto nella poesia quanto nella musica. […] Un Francese dottore in teologia giunse a sostenere in una pubblica tesi che la surriferita festa era non meno grata al nostro Signore di quello che fosse alla Madonna la festa della sua Concezione.
Guerre de’ popoli culti meno nemiche alle lettere 193.
Sofocle, a mio giudizio, resta pure inferiore ad Eschilo allorché scema la sospensione dello spettatore col far seguire la morte di Clitennestra prima di quella d’Egisto, e le rende lo scioglimento meno interessante. […] E tu, Bacco, non meno, a cui le tempie Cinge aurata corona, E godi aver con questa Città comune il nome, A le Menadi tue compagno e duce Unico qua t’invia: E questo tra li Dei Spirto infame e nocivo Fa che da la tua ardente Face trafitto giaccia. […] Squarcia poi i cuori men sensibili ancora il dolore d’Andromaca nell’atto III al vedersi strappar dalle braccia Astianatte: ma le traduzioni non son sufficienti per farne conoscere il patetico, e molto meno questa nostra: Figlio, viscere mie, da queste braccia Ti svelgono i crudeli!
Essa principia dal render meno odiosa l’infedeltà di Giasone e in certo modo scusabile per trovarsi nella dura necessità di morire, o di tradir Medea: …………………………… Si vellem fidem Praestare meritis conjugis, letho fuit Caput offerendum: si mori nolimus, fide Misero carendum est. […] Eccellente é la scena della dichiarazione d’amore fatta da Fedra ad Ippolito; e Racine che l’ha presso che interamente copiata nella sua Fedra, ne ha resa meno vivace l’introduzione. […] Gli altri anch’essi, per non parer meno eruditi, asserivano di averle lette; e tutti certamente non avrebbero scrupoleggiato di convenire d’aver letto eziandio quelle di Eupoli, Cratino, Filemone, Difilo, Apollodoro, Turpilio, Trabea, Cecilio, Dosseno ec.
Trasportato dall’entusiasmo nella tragedia, colpisce con forza gli animi de’spettatori, che con pari forza gli contraccambiano applauso ; non meno vivace nella commedia, quest’attore non lascia mai di occupare, e chiamare a sè l’attenzione di chi lo guarda e l’ascolta ; e s’egli fosse talvolta più rattenuto nella violenza de’conati, lo scoppio degli affetti farebbe più impressione.
Valorosa non meno nelle armi, che nelle Lettere, allorchè divenne Romana, come dimostrano i Magistrati, i Capitani, gli Scrittori insigni che vi fiorirono?
Lascio poi stare il poco artificio di tener sotto gli occhi dello spettatore per tutta la rappresentazione la più vistosa decorazione della reggia di Pluto, mentre altrove espongonsi cose assai meno vivaci.
Non per tanto questo padre e legislatore del teatro francese, che morì, nel 1684, ha pur troppo pagato il tributo al gusto delle arguzie viziose, dominante sotto il regno di Luigi XIII, e nel principio di quello di Luigi XIV, siccome hanno osservato gl’italiani187 non meno che i medesimi francesi.
Poteva egli convincersi dei disordini del foro Spagnuolo nella compilazione meno antica intitolata Fuero Real fatta da Alfonso IX, e veder nel prologo gli sconcerti de’ secoli ch’egli voleva illuminati dalle leggi di Alarico.
Venendo (egli narra) nel collegio de’ poeti Giulio Cesare personaggio decorato nella repubblica non meno che di lettere adorno, Accio nonmai si levò in piedi; non già per noncuranza della di lui maestà, ma perchè a lui sovrastava ne’ comuni studj letterarii, gareggiandosi colà co’ libri non con le immagini degli antenati83. […] Questa scena è tanto più vaga, quanto le cose umili sembrano meno capaci di grazia e leggiadria.
La lite prima del sequestro della caricha venduta acora sono in lite al Sataleto ed ora à mandato prochura e mi à messo un’ altra lite al parlameto e poi mi fece dire : dite a mio padre che se viene a Firence che non comadi i suoi servitori ne meno il fatore mi averebe dato una camera e che adasi a magiare e non pesase ad altro.
Venendo (egli narra) nel consiglio de’ poeti Giulio Cesare personaggio decorato nella repubblica non meno che di lettere adorno, Azzio non mai si levò in piedi, non giù per non curanza della di lui maestà, ma perchè a lui sovrastava ne’ communi studii letterarii, gareggiandosi colà co’ libri non colle immagini degli antenatia. […] Questa scena è tanto più vaga, quanto le cose umili sembrano meno capaci di grazia e bellezza.
La Semiramide rappresentata nel 1748, benché meno complicata di quella di Crébillon uscita al pubblico nel 1717, fu censurata per l’intervento dell’ombra di Nino, macchina prediletta di tutti gli spagnuoli del secolo pallaio.