Il volgo Italiano sene compiacque per la novità e per quello spirito di satira scambievole che serpeggia tra’ varii popoli di una medesima nazione, siccome avviene in Francia ancora tra’ Provenzali, Normanni e Gasconi, e nelle Spagne tra’ Portoghesi e Castigliani e Galiziani, Valenziani, Catalani, Andaluzzi, le cui ridicolezze e maniere di dire e di pronunziare rilevansi con irrisione vicendevole.
Di tutte le opere del Calmo, una lettera, quella scritta al padre domenicano Medici per avere un proemio al Travaglia, è scritta in italiano e senza sensi riposti ; a questa si aggiungon brani qua e là, specie nelle egloghe.
Scrisser di lui distesamente il Ghislanzoni, il Regli, il Brofferio….. abbiam lettere di Adelaide Ristori, di Ernesto Rossi, di Alamanno Morelli….. e poesie di ogni specie, fra di cui una Cantata di addio del '33 a Torino, dalla quale apprendiamo com’egli recitasse in italiano il D.
Così, e assai bene, il mio Ugo De Amicis comincia uno studio sull’ arte della Reiter nell’interpretazione della prima : Credo che se Sardou fosse un autore italiano il pubblico direbbe ch'egli ha scritto la Madame Sans-Gêne per la signora Reiter, ch'egli ha svolto così largamente il carattere di Caterina perchè l’illustre attrice, presentandosi nei diversi aspetti di questo personaggio storico, potesse in una sola parte spiegare tutte le sue doti ; e credo che chiunque avesse letta la commedia prima di vederla rappresentata e avesse voluto distribuire idealmente i ruoli, avrebbe scritto a fianco del nome della protagonista : Virginia Reiter.
Quivi tornò a far l’orefice per campar la vita, esercitandosi la sera in una società di dilettanti a recitar le parti di amoroso in italiano.
Dal Teatro piemontese passò poco di poi al Teatro italiano, primeggiando nella Compagnia Bonazzi a fianco di Virginia Santi e di Enrico Cappelli, prima ; indi in quella di Alamanno Morelli, con cui stette acclamatissima un triennio.
Non solo le questioni affrontate sono interne al dibattito italiano, anche nell’impellenza di confrontarsi con i risultati drammaturgici e scenici transalpini, ma quasi tutti italiani o latini sono gli autori citati a corredo. […] [4.62ED] Il verso italiano senza rima si può recitar punteggiato in maniera che altri non vi conosca il numero armonioso. [4.63ED] Dunque il verso italiano senza rima non ha l’armonia sostanziale inseparabile dal medesimo. […] Il verso italiano rimato ha l’armonia essenziale delle consonanze inseparabile dallo stesso. [4.66ED] Dunque il verso italiano rimato è verso. [4.67ED] Io crederei che tu mi dovessi tutto concedere quando tanto nell’uno come nell’altro argomento non mi negassi il primo principio ch’io suppongo per fondamento della mia prima proposizione, nel qual caso non disputerò più con teco come con uomo fuor di ragione e negante i primi principi. [4.68ED] Posti questi due argomenti, insorgerò nella seguente maniera: per quello che mi è concesso, quello è verso che ha una essenziale armonia inseparabile dallo stesso. [4.69ED] Ma quest’armonia essenziale non ha il verso non rimato italiano e il verso italiano rimato l’ha. [4.70ED] Dunque il verso italiano non rimato non è verso e il verso italiano rimato lo è. [4.71ED] Subsumo. [4.72ED] La tragedia italiana dee comporsi in versi italiani, dunque dee comporsi in versi rimati. [4.73ED] Questa seccagine di Aristotile tanto impugnata dal genio tuo l’incontrerà questa volta; dalla qual cosa ricaverai che il verso greco e latino hanno per anima dell’armonia loro il metro, ma l’anima del verso italiano è la rima. [4.74ED] Né il solo ritmo opera che il verso sia verso, essendo il ritmo ancor comune alla prosa. […] Da qui la sua tradizione presso le repubbliche oligarchiche del Cinque-Seicento italiano, ma anche la sua inattualità nella Francia del XVIII secolo, retta non dalla tirannide, ma da una giusta monarchia.
L’una e l’altra appartengono al teatro italiano. […] Diceva Dubos che si ricordava di aver letto che Moliere doveva al teatro italiano il suo Tartuffo b. […] Baltassarino indi chiamato Beaujoyeux, uno de’ migliori sonatori di violino italiano, mandato dal maresciallo di Brisac alla regina Caterina Medici, che lo fece suo valletto di camera, v’introdusse simili balli comici.
È strano che di questo artista, il quale oltre i monti incontrò tanto il favor del pubblico, non sia rimasta traccia in alcun libro del tempo, nè in alcuno degli archivi di Parigi, tanto consultati oggimai dagli storiografi del Teatro italiano in Francia. […] Domenico Locatelli, secondo il parere dei Parfait, convalidato da un brevetto del Re in data 21 gennaio 1647 che gli accorda di poter confiscare i beni di certo Lorenzi, italiano, sarebbe andato in Francia il 1645. […] Ma l’aver dato al Buffetto, nome tutto italiano e non traducibile, il nome generico di Brighella, ben noto in Francia, il cui costume vediam già nel quadro di Porbus del 1572 indossato dal Cristianissimo Re Carlo nono, non mi par cosa fuor del probabile.
Liviera, Torelli Manfredi, Cavalerino, Dolce, Groto, ed altri non pochi, arricchirono ancora di molte tragedie regolari il teatro italiano. […] Costui prima del 1735 non conobbe cosa veruna del teatro italiano, e ne avrebbe ignorato per sempre ancora quelle scarse mal digerite notizie che ne reca, se non si fosse immerso nel laborioso studio del Mercurio di Francia; e pur volle affibbiarsi, come dicesi, la giornea, e giudicare e condannare il Torrismondo. […] Non chiamerebbe egli maligno e ignorante un italiano che per far conoscere la commedia francese, dimenticato Molière, fondasse il suo giudizio sulle farse di Hardy, o sui cartelloni delle fiere parigine? […] Il volgo italiano se ne compiacque per la novità, e per quello spirito di satira scambievole che serpeggia tra’ vari popoli d’una medesima nazione. […] L’autore anonimo, forse tratto da soverchio zelo per la riforma del teatro italiano, copia così le parole del generale della Dunciade francese, M.
All’amore della storia debbesi la beneficenza usata da questo principe con uno storico Italiano.
Inoltre : non parrebbe strano davvero che il Campardon e il Ial, solleciti raccoglitori di documenti, questi anzi tutto, non abbian accennato in alcun modo nè men di volo a questo Fedeli, italiano, venuto a Parigi non si sa d’onde nè quando ?
Diede rappresentazioni a Madrid per fondare un ospedale italiano ; altre ne diede a Buenos Ayres per quegli istituti di beneficenza, ed altre ancora a Rosario per la Società patriottica italiana.
Dal l’altra parte Saverio Bettinelli gentile sempre e sempre puro scrittore italiano si diede ben poca cura di schivare diversi gallicismib, e talvolta a qualche voce toscana diede il significato francesea, o ne diede uno tutto nuovob, e si valse di voci ch’egli chiama inusitate e strane c. […] Servano di esempio questi pechi tratti dal l’Entusiasmo: poco a poco da peu à peu in vece del l’italiano a poco a poco; formicolare da fourmiller; sentimento da sentiment; intravedere da entrevoir.
Ella più che ogni altro può in ciò giovarci, e mandarci qualche lettera che presenti mio marito, per ora, e quindi ma alle distinte e ragguardevoli famiglie sue conoscenti, raccomandando onorare di loro appoggio quest’esperimento drammatico italiano, pel quale colà si porta mio marito (Giuliano dei Marchesi Capranica, Marchese Del Grillo)…. […] Recitò la commedia e la farsa, il dramma e la tragedia in italiano, in francese e in inglese con attori italiani, francesi, inglesi e tedeschi ; e dovunque ammirata, festeggiata, acclamata dal pubblico, dalla stampa, dai poeti.
Queste trasformazioni satiriche di uomini in animali sono accennate con somma in animali sono accennate con somma lepidezza, nè hanno minor grazia comica di quella che osservammo in Aristofane nelle Nuvole che prendono varie forme; se non che l’Italiano satireggia con più artificio i ceti interi, e non le persone particolari, come fa l’Ateniese. […] Io gli presento un ritratto del costume italiano di quel tempo della maniera di conversare insieme l’uno e l’altro sesso somministratomi dalla favola del Negromante. […] Dalla lentezza e languore attribuita loro dal signor Andres, che è la frase che egli adopra per intingolo perpetuo in parlar del teatro italiano, apparisce che egli parlar volle (il dirò pure) di una provincia che non aveva visitata. […] Ben è Curioso (egli dice) il leggere le lodi date da molti a queste commedie, come se fosser l’ottime del teatro italiano, essendo in vero lor primo merito lo stil fiorentino colle più licenziose e triviali profanazioni del costume onesto. […] Ma stranissimo poi che un Italiano avesse pappigallescamente copiate e ripetute le inconsiderate parole di colui senza citarlo nell’opera detta del Teatro proscritta in Roma nel 1771 e ristampata in Venezia nel 1773.
Bettinelli un Discorso intorno al teatro Italiano, dal quale traggonsi moltissime osservazioni di buongusto. […] E che può sapere, per esempio, dell’indole dell’Italica commedia quel meschino Italiano che prende per sua scorta la Poetica Francese del Marmontel, dove trovansi stabiliti principj contraddetti dal fatto? […] Io gli presento un ritratto del costume Italiano di quel tempo della maniera di conversare insieme l’uno e l’altro sesso, somministratomi dalla favola del Negromante. […] Ma tutti i vantaggi che essi speravano co’ nuovi metri poco o nulla grati all’orecchio Italiano, presenta a chi sa maneggiarlo il solo endecasillabo sciolto. […] Ma stranissima poi che un Italiano avesse pappagallescamente copiate e ripetute le di lui parole stesse, senza, citarlo, nell’opera intitolata.
Le Colombine più rinomate, o meglio, le sole rinomate del teatro italiano appartennero tutte alla famiglia Biancolelli.
Angelo Brofferio nel Messaggere torinese lamentava così il tristissimo avvenimento : Una gravissima perdita fece ne’scorsi giorni il Teatro drammatico italiano nell’ artista Luigi Gattinelli, il quale dopo Luigi Vestri era caratterista a nessuno secondo.
Legga l’Opera De Amphitheatro di Giusto Lipsio [per non inviarlo a quella di un Italiano, del dottissimo Canonico Simmaco Mazzocchi De Ampitheatro Campano], e vedrà che l’Anfiteatro non era se non un doppio Teatro, e che le scalinate, i recinti, le uscite, convengono appuntino ad esso ugualmente, che al Teatro secondo le regole Vitruviane.
Io veggo però un altro possibile incomparabilmente più comune, e naturale, cioè, che il Nasarre ignorasse o dissimulasse la barbarie della Penisola verso il principio del XVI secolo (alla quale non mai derogheranno nè tre nè quattro scrittori che altri potesse citare), e spacciasse un fatto passato solo dentro del suo cervello, cioè che ne fosse sbucciato un autore spagnuolo che, usando nelle insipide sue commedié un latino barbaro e un pessimo italiano, calato fosse ad insegnare a scrivere commedie ai maestri de’ Nebrissensi e de’ Barbosi, agl’ Italiani, che, come bene osserva l’A. di questa eccellente Storia teatrale, già possedevano le comiche produzioni de’ Trissini, degli Ariosti, de’ Machiavelli, de’ Bentivogli.
Il che non tolse ch’ella fosse un’attrice delle meglio del teatro italiano, alla quale fu dedicata la seguente quartina : Que d’esprit, que d’intelligence, dans le jeu de Flaminia, peu de Comédiens en France ont autant de goût qu’elle en a.
Fu stampata per la prima volta in Venezia nel 1558, e il Domenichi la tradusse in Italiano, spacciandola qual cosa sua. […] La prima tragedia che nel risorgimento delle lettere venisse a luce in bello ed elegante stile italiano, e con qualche idea di ben regolata azione, fu certamente l’Orfeo del soprallodato Angiolo Ambrogini da Montepulciano, detto comunemente Angiolo Poliziano.
Rivista del 1872, a metter fuori il nome di Garrick ; poichè il nostro attore italiano coll’amico del Spos sequestraa, che in due minuti si trasforma su la scena da vecchio, può infatti competere col celebre attore inglese.
Io non volli accettare altro che col patto di fare almeno le farse in italiano ; e andai ma…. non sapevo parlare veneziano !
Gli odierni abitatori di quelle contrade hanno tuttora lo stesso pendio verso l’ilarità, lo che ha dato luogo in Francia ad un proverbio che corre comunemente: «Che il Provenzale sdegnato minaccia un suo nimico con una canzonetta, come l’Italiano con una stilettata». […] Questa si è che la poesia provenzale povera nella sua origine e di piccol pregio, finché rimase nel suo nativo terreno, tosto che fu traspiantata sotto il cielo italiano divenne non solo bella e gentile, ma capace di gareggiare colla lirica più squisita de’ Latini e de’ Greci. […] [19] Nel secolo XV cominciò a rosseggiar sull’orizzonte italiano l’aurora del miglior gusto nella musica, il novello raggio della quale si spiccò da un popolo che faceva profession di distruggere le arti e le scienze, come gli altri facevano di coltivarle. […] Siena ebbe la congrega de’ Rozzi, utile quanto fosse altra mai a’ progressi del teatro italiano non men che alla musica per gl’intermezzi di canto e di suono, che si frapponevano alle loro farse o commedie. […] [23] Italiano è pure il Morigi, e interessato nelle lodi della sua patria, del quale però eccone le parole tratte dal suo libro assai noto della nobiltà milanese, ove parla di Galeazzo Sforza Duca di Milano, che vivea nel 1470.
Dietro alle pedate di costoro camminarono felicemente que’ grandi armonisti Gaetano Greco, l’Albinoni, il Caldara, il famoso Giovanni Buononcini, e Pietro Sandoni, bolognese, i quali sostennero con tanto decoro la gloria del nome italiano in Inghilterra in mezzo al grido che aveano meritamente levato in quell’isola le composizioni dell’Hendel. […] Così si vede per pruova, che posta la stessa fabbrica degli strumenti, lirici o pneumatici che siano, e la stessa abilità ne’ maestri, si osserverà tuttavia dagli orecchi imparziali ed esercitati la soavità del suono italiano a preferenza degli altri. […] [23] Fornita di tale e tanta ricchezza in ogni genere, l’Italia divenne allora per le altre nazioni scuola pregiata d’ogni saper musicale, onde i più gran compositori stranieri o vi si portarono a bella posta a imparare, o impiegaron le proprie fatiche nel perfezionar il melodramma italiano, massimamente dappoiché le poesie del Metastasio rapirono senza contrasto il principato del teatro lirico. […] Ad essa noi pure rimettiamo i lettori che dello stato del teatro italiano volessero avere piena contezza. né i mentovati vizi si trovano nel volgo soltanto dei compositori, e degli attori, ma in alcune composizioni eziandio di quelli uomini sommi, di cui si è finora parlato con tanta lode.
Essa prelude al suo articolo con queste parole : « il giovane attore che compose questa rappresentazione merita i nostri elogi e gl’ incoraggiamenti del Pubblico, il quale avvezzo ad applaudire a’ suoi non ordinarj talenti nell’ arte del declamare, potrà, s’ egli non si stanca d’ impiegarli eziandio nello scrivere, dovergli dei drammi, pei quali anche il Teatro italiano conti un autore fra’ suoi attori.
[14] Il mentovato Ciccognini verso la metà del secolo trasferendo al melodramma i difetti soliti allora a commettersi nelle altre poesie drammatiche, accoppiando in uno avvenimenti e personaggi seri coi ridicoli, interrompendo le scene in prosa colle poeti che strofi, che arie s’appellano, e mischiando squarci di prosa alle scene in verso, confuse tutti gli ordini della poesia, e il melodramma italiano miseramente contaminò. […] Basti sapere per mia difesa, che l’autore non è uno straniero, ma un italiano, e un celebratissimo italiano.
Tal è la grande idea, ch’io non mi lusingo d’avere nemmen da lungo tratto adeguata, ma che bramerei pure di poter eseguire accingendomi a scrivere le Rivoluzioni del teatro musicale italiano. […] Basta legger soltanto di fuga i primi capitoli per vedere quanto ivi si largheggi di lodi colla Italia, come si preferiscano la musica e il melodramma italiano alla musica, e al melodramma degli altri popoli, in qual guisa si mettano, a coperto delle imputazioni degli oltramontani, ove si trovino poco fondate, e come si renda dappertutto giustizia al merito illustre de’ tanti suoi poeti e di tanti musici.
Ma l’augusta Maria Anna Walburga di Baviera elettrice di Sassonia discordando da’ nazionali coltivò il melodramma istorico di Zeno e di Metastasio, ed ella stessa l’animò colla musica, valendosi anche dell’idioma italiano più del tedesco pieghevole alla melodia tanto nella Talestri opera eroica, quanto nel Trionfo della fedeltà pastorale. […] Gran forza del genio e del clima italiano!
Luigi Riccoboni nella storia del teatro Italiano vorrebbe riferire alla fine di questo secolo la Floriana commedia scritta in terzarima mista ad altre maniere di versi, stampata nel 1523; ma non apparisce su qual fondamento l’asserisca.
Luigi Riccoboni nella storia del teatro Italiano vorrebbe riferire alla fine di questo secolo la Floriana commedia scritta in terza rima mista ad altre maniere di versi, e stampata nel 1523: ma non apparisce su qual fondamento l’asserisca.
Per la storia del teatro italiano il di lui Dizionario è un ricco e prezioso tesoro.
Cesarotti, che appena, per così dire, uscito dal teatro, prese la penna in mano per rendere italiano l’Oracolo del Saint-Foix ; in poche ore compi il suo lavoro, e mandollo tosto in dono a chi più d’ogni altro potea far conoscere il merito dell’ originale e quello insieme della versione.
I vari tentativi e la pluralità di voci, l’intensificarsi di interventi mostrano la grande diffusione e centralità del dramma per musica, ma anche la difficoltà, da parte dei letterati e degli addetti ai lavori, di dominare e classificare un genere che non poteva essere codificato e riformato secondo dei parametri esclusivamente letterari, estremamente permeabile inoltre a suggestioni tematiche, espressive e strutturali provenienti da fonti diverse e fortemente debitore ai gusti di un pubblico italiano e straniero, popolare e cortigiano. […] Deciso nel contrastare l’opera francese, nel clima della querelle des bouffons, per l’eccesso di artificio e spettacolarità, Calzabigi loda il modello metastasiano25, ma di fatto già lo supera nella direzione di una maggiore coerenza nella definizione dei personaggi, di una più organica tessitura tra aria e recitativo, di uno sviluppo complessivo più aderente a un ideale di naturalezza che la querelle des bouffons aveva attribuito come tratto distintivo al teatro musicale italiano; egli delinea insomma quello che sarà il tentativo di riforma realizzato qualche anno dopo a Vienna con Cristoph Willibald Gluck, a partire da Orfeo e Euridice del 1762. […] Le riserve nei confronti del teatro impresariale, che domina il quadro italiano in misura maggiore rispetto a quanto avviene in Europa dove il teatro musicale è sostanzialmente spettacolo cortigiano, sono presenti in misura maggiore in questo Saggio scritto anni dopo il ritorno in Italia dell’autore.
I leggitori ben comprenderanno, avendo sotto gli occhi l’Ermenegildo ed il Maurizio specialmente, che esse potrebbero meglio arricchire una nuova raccolta di un buon Teatro tragico Italiano. […] Giovanni Spinelli di Napoli de’principi di san Giorgio compose un Epaminonda verso il 1746, e lo tradusse e fe imprimere anche in italiano. […] Romano Garzoni lucchese portò in italiano la Berenice del Racine, ed una dama di lui compatriotta rendette italiano il Bruto del Voltaire. […] Quest’eccellente componimento predice al secolo XIX alti progressi al tragico teatro Italiano. […] Il bolognese Flaminio Scalpelli l’aveva preceduto in tale argomento ; e se il Pausania da colui scritto sembra languire alquanto, è però dettato in italiano, regolare nella condotta, e verseggiato competentemente.
Oltradicchè diventa oggimai tanto più necessario il parlarne quanto che la possente influenza della imitazione francese ha reso il ballo a giorni nostri quasi parte essenziale del melodramma italiano. […] Dei principali abusi introdottisi nel ballo pantomimico italiano. […] [23] Il Durandi, italiano anch’egli dimorante in Londra, verso il principio del passato secolo divenne celebre presso agl’Inglesi a motivo d’una singolare rappresentazione in ballo inventata e condotta da lui in occasione delle nozze di Federigo V. […] [31] Dopo avere in succinto narrate le rivoluzioni del ballo pantomimico siami lecito in mezzo al plauso generale e le grida d’approvazione che dappertutto si sentono per così fatta scoperta, fare due richieste al rispettabile pubblico italiano. […] [NdA] Mi s’opporrà l’esempio d’Enea, che «tenues ferro diverberat umbras», l’autorità d’Omero, che introduce Diomede combattendo cogli dei, e quella d’Ossian, che nel poema di Carricatura ci rappresenta Fingal azzuffato collo spirito di Loda, zuffa ch’è stata tradotta in italiano dall’Abbate Cesarotti con evidenza e forza eguali alla sublimità dell’argomento.
Non posso del pari assicurare, che in appresso niuno vi sarà ancora, Spagnuolo o Italiano, che le chiami spettacolo teatrale; perchè chi può indovinare tutti gli umani capricci, o gl’impulsi di un ignobile interesse!
Abbiamo osservato nel teatro italiano l’esattezza, e lo studio che posero tanti letterati per far risorgere la greca poesia drammatica, per gli cui sforzi furono imitati, ed esposti all’ammirazione universale i più gran tratti maestrevoli dell’antichità.
Mentre sulle orme degli antichi giva risorgendo in Italia la poesia rappresentativa in latino e in italiano, l’ombra che n’ebbero i Provenzali si estinse e svanì totalmente, ed in Parigi rozza ed informe si restrinse a’ sacri misteri ed alle farse.
Mentre sull’orme degli antichi giva risorgendo in Italia la poesia rappresentativa in latino ed in italiano, l’ombra che n’ebbero i Provenzali si estinse e svanì totalmente, ed in Parigi rozza ed informe si restrinse a’ sacri misteri ed alle farse.
Dallo spoglio delle Prefazioni di Carlo Goldoni alle sue Commedie, in cui fu protagonista la Bresciani, si può farsi un giusto criterio del valore di questa attrice che recitò ugualmente bene le parti serie e le comiche, quelle in italiano e quelle in dialetto :… e che, vecchia, recitò le parti di madre ammirata e applaudita sempre.
A quelli giorni il teatro italiano, il francese, e lo spagnuolo ancora fremerebbe a una scena simile alla III dell’atto III tra madama Orgone e M. […] Gran forza del genio e del clima italiano! […] Ma la Talestri opera scritta in italiano dall’augusta real principessa Maria Antonia Valburga di Baviera, elettrice vedova di Sassonia, merita gli elogi più distinti per essere stata messa in musica ed eseguita dalla medesima ingegnosa autrice.
Tralascisi poi che i personaggi usano in tal commedia quattro idiomi, cioè un latino scolastico, un italiano insipido, il castigliano ed il valenziano; e neppur si metta a conto che l’Eremita cinguetti nel suo barbaro latino con servi e donne, e tutti l’intendono e rispondono a proposito. Non minori assurdità e incoerenze si rinvengono nella Tinellaria, oltre di trovarvisi l’indicata mescolanza di linguaggi, altri parlando italiano, altri francese, altri portoghese. […] Io veggo però un altro possibile incomparabilmente più comune e naturale, cioè che il Nasarre ignorasse o dissimulasse la barbarie della penisola verso il principio del XVI secolo (alla quale non mai si derogherà nè per tre nè per quattro scrittori che altri potesse citare) e spacciasse un fatto passato solo dentro del suo cervello, cioè che ne fosse sbucciato un autore spagnuolo che usando nelle insipide sue commedie un latino barbaro ed un pessimo italiano, calato fosse ad insegnare a scrivere commedie a i maestri de’ Nebrissensi e de’ Barbosi, agl’Italiani, che, come osserva l’autore di questa eccellente storia teatrale, già possedevano le comiche produzioni de’ Trissini, degli Ariosti, de’ Machiavelli, de’ Bentivogli? […] Non così il signor Vincenzo Garcia de la Huerta (cui uniremmo il volgar saynetero Ramòn La Crux, se meritasse di contarsi tra gli scrittori almen dozzinali) il quale senza saper nè punto nè poco l’italiano idioma, e per conseguenza senza avere o letta o compresa la mia Storia, affettò di mostrar per essa un cieco orgoglioso disprezzo tutto suo, non per altro se non perchè il pubblico l’approvava, e Lampillas l’impugnava colle sue snervate forze. […] Il Crescimbeni mentova questa versione nel I libro de’ suoi Comentarii dando al traduttore il nome di Alfonso Ulloa; ma egli ne’ versi che soggiungo, si appropria il cognome di Ordoñez: Nel mille cinquecento cinque appunto Di spagnuolo in idioma italiano E’ stato questo opuscolo transunto Da me Alfonso Ordoñez nato Ispano.
Il recupero della catarsi come strumento attraverso il quale legittimare l’utilità della tragedia era peraltro tipico nel primo Settecento e spesso, proprio attorno alla purgazione, ruotava anche l’ampia produzione teorica e drammaturgica che tentava di restituire dignità al coturno italiano. […] Nello stesso 1738 il Salìo da parte sua si diceva convinto che il Paragone fosse stato scritto da uno svizzero o da un tragediografo italiano di scarsa fama. […] Nella Francia del Seicento si guardava con grande attenzione al dibattito italiano: sul fronte teorico si segnala una netta preferenza per la posizione del Castelvetro — largamente citato per questo tipo di considerazioni da Corneille —, anteposto anche a Giulio Cesare Scaligero, il cui commento alla Poetica aveva avuto una grande fortuna nella Francia seicentesca, soprattutto per le riflessioni attorno alla centralità dello stile e della sentenza. […] Al contrario, nel Settecento italiano si ragionerà molto più frequentemente sull’utile che innerva e legittima ogni operazione poetica, sia questo inteso in senso genericamente morale, oppure anche politico. […] Sul versante italiano le tragedie corneilliane godettero sin dalla metà del diciassettesimo secolo di grande fortuna: fra le opere riprese con maggiore insistenza vi è senz’altro il Cid, riprodotto con titoli differenti (Amore et Honore, 1675 e 1679, traduzione di Ferecida Elbeni Cremete; Onore contra Amore, 1691, traduzione di Giovanni Andrea Zanotti; Amore e dover, 1697, traduzione di Domenico David); non mancano tuttavia versioni italiane a stampa o rappresentazioni di altre tragedie come Rodogune, Horace, Cinna o Polyeucte.
[1] Tra i fenomeni letterari che si presentano avanti a chi vuol osservare le rivoluzioni del teatro italiano non è il minore a mio avviso quel maraviglioso strabocchevole, che accoppiandosi col melodramma fin dalla sua origine, lo seguitò passo a passo per tutto il secolo scorso e parte ancor del presente, non solo in Italia ma nelle nazioni oltramontane ov’esso fu trapiantato. […] Ma onde sia venuta in mente a’ poeti siffatta idea; per qual istrano cangiamento di gusto una nazione sì colta sene sia compiacciuta a tal segno, che abbia nel teatro antiposta la mostruosità alla decenza, il delirio alla verità, l’esclusione d’ogni buon senso alle regole inalterabili di critica lasciateci dagli antichi; se il male sia venuto dalla poesia ovver dalla musica, o se tutto debba ripetersi dalle circostanze de’ tempi, ecco ciò che niun autore italiano ha finora preso ad investigare, e quello che mi veggo in necessità di dover eseguire a continuazione del metodo intrapreso, e a maggior illustrazione del mio argomento.
Si crede che appartenga a questo secolo la Morte di Solone, tragedia di cui s’ignora l’autore non mentovata dagli scrittori drammatici di quel tempo, e non rappresentata mai nè in francese nè in italiano. […] Diceva Dubos che si ricordava d’aver letto, che Moliere doveva al teatro italiano il suo Tartufo.
Si produsse la prima volta in Venezia nel 1558, ed il Domenichi la tradusse in italiano, spacciandola come cosa propria. […] Rivoluzioni del Teatro musicale Italiano t. 1, pag. 259.
Se ciò in castigliano e in italiano significa che di questi partiti non si sono ancora aboliti i nomi, io vorrei che mi si rinfacciasse dove abbia io detto il contrario. […] E’ colpa mia s’egli ignorava l’italiano?
E il 14 novembre : Eccellente Amalia, La tua lettera gelò il sangue a que’ tali che ideavano averti per prima attrice in una Compagnia che per primo scopo doveva riformare il teatro italiano in quanto alla buona recitazione. […] Roma, 1886), abbiamo un sonetto italiano e uno in dialetto di Gioacchino Belli, un’ode di Giovanni Prati, e lettere del Belli, del Niccolini, del Pellico, del Rossini.
Terenzio ebbe nel secolo XVIII un ottimo traduttore in monsignor Niccolò Fortiguerra ; e più di un letterato prese a recare in italiano o tutte, o alcune delle commedie di Plauto. […] Il programma della corte di Parma che produsse cinque tragedie coronate, e ridestò in altri Italiani l’amore per la tragedia, non ha fornito al teatro italiano che sole tre commedie. […] Metastasio è pur tutto insieme l’Euripide, il Cornelio ed il Racine italiano. […] Il più riscaldato, il più burbero, il più preoccupato nemico del nome Italiano, non contrasterà alla nostra nazione il primato sopra le altre nell’arte incantatrice della Musica. […] Ma dove mai io dedussi quel glorioso vantaggio dell’ Italiano sul tragico Francese ?
Oggi Novelli è tutto vòlto alla erezione in Roma della Casa di Goldoni, di cui mise la prima pietra al Teatro Valle il 1° novembre del 1900 con pompa solenne e con accoglienze entusiastiche ; pensiero alto e generoso di cui gli deve saper grado ogni italiano.
Perchè non si potrebbe adoperare anche in italiano la stessa parola ?
Il primo, nato nel 1648, e morto nel 1724, dopo d’aver travagliato per l’antico teatro italiano di Parigi insieme con Regnard, diede al francese altre diciotto commedie. […] Concesso poi questo al teatro italiano di Parigi, vi si é sopra tutti segnalato Carlo Simone Favart, particolarmente colla sua Chercheuse d’esprit che viene riputata la più ingegnosa e perfetta opera comica che si abbia la Francia. […] I componimenti da loro rappresentati ne’ primi anni nell’idioma italiano furono quasi tutti dell’arte, ripieni di apparenze, incantesimi, e buffonerie.
Presenta dunque il Marchese più d’una tragedia degna dell’attenzione degl’intelligenti che non sono apologisti declamatori; e specialmente l’Ermenegildo e il Maurizio potrebbero arricchire la raccolta del tragico teatro Italiano. […] Volle poi quest’anonimo far pompa di erudizione, ed affermò che l’Italiano avea saccheggiato e sfigurato l’Amasi del la Grange, e che il Voltaire rivendicando il furto avea restituito alla nazione francese ciò che era suo. […] Questa buona tragedia colle precedenti smentisce l’asserzione di chi imparando la storia letteraria d’Italia sulle notizie giornaliere francesi, afferma che ne’ primi lustri del nostro secolo il teatro italiano non ebbe che drammi irregolari e mostruosi. […] Intanto che tali valorosi scrittori emulando ora i Greci ora i Francesi nobilitavano il coturno italiano con drammi che dalla sola invidia, sotto pretesto di delicatezza di gusto, può inspirarsi il basso espediente di occultarne il merito con un maligno silenzio, piacque ad un’ altra schiera di letterati di recare esattamente nel nostro idioma le più applaudite e felici tragedie francesi. […] Ma dalle mani almeno di chi si compiace encomiar l’Ifigenia del Lassala, la Numanzia dell’Ayala e l’Agamennone dell’Huerta, non potrebbe, oltre del Maffei, sperar di essere coronato qualche altro Italiano di questo secolo?
Anche madama Alard contasi tralle famose ballerine di quel tempo, come tra gli uomini di maggior nome si distinsero Dauberval, e l’italiano Vestris traspiantato in Parigi. […] Piacque la Dame voilèe di Sègur il giovine posta in musica dal Mengozzi celebre maestro italiano e si reputa il suocapo d’opera.
Girolamo Gigli Sanese ingegnoso e brillante letterato sin da’ primi anni del secolo consacrò qualche ozio alla poesia comica, insegnando in qual maniera potevano recarsi in italiano le comiche bellezze de’ migliori Francesi, e nel 1704 pubblicò in Venezia i Litiganti, ossia il Giudice impazzito franca ed elegante versione de’ Plaideurs di Racine, e nel 1711 impresse in Roma in tre atti il suo Don Pilone imitata anzi che tradotta dal Tartuffe di Moliere. […] Niccolò Fortiguerra; e più d’un letterato ha preso a recare in italiano o tutte o parte delle commedie di Plauto.
Avventuratamente possiamo in sì fangosa inondazione di pessime commedie contarne cinque di miglior gusto composte pochi anni fa in Madrid; e del racconto che son per farne, potranno ad un bisogno prevalersi al solito gli apologisti nazionali senza citar l’Italiano che gli prevenne.
Ma il nostro autore dotato di uno spirito più intraprendente e generale, e di assai più vaste mire, ha raccolti insieme sotto un medesimo punto di vista non che il teatro italiano, ma i teatri tutti di tutti i secoli e di tutte le nazioni del mondo.
È l’attore più vero e più efficace che si possa udire ; col progredire negli anni sono scomparse anche le piccole mende d’un tempo, e finchè avremo artisti di questa fatta non dobbiamo disperare interamente del teatro italiano.
In fatti la Pamela non invecchiò per lunga serie di anni finchè non si alterò il gusto comico italiano coll’imitazione de i drammi lugubri stranieri; e la Nanina non pare che torni spesso sulle scene francesi. […] Dopo i felici seguaci di Moliere del XVII secolo Regnard, Brueys, Dancourt, troviamo tra’ buoni comici ne’ primi lustri del XVIII Du Fresny nato nel 1648 e morto nel 1724, il quale dopo di aver lavorato per l’antico teatro Italiano di Parigi insieme con Regnard, diede al Francese diciotto buone commedie. […] Tra gl’Italiani della stessa compagnia ne compose anche il lodato Riccoboni che si stimò il Roscio Italiano di que’ tempi pregiato sommamente da Pier Jacopo Martelli, dal marchese Scipione Maffei, e dall’abate Conti, non meno che da varii leterati Francesi che frequentavano la di lui casa, e scrisse della tragedia e della commedia con molta erudizione e giudizio; come pure la di lui moglie che componeva assai bene in italiano, intendeva il latino, ed alcun poco il greco, e sapeva a fondo la poesia drammatica, e tralle altre sue opere scrisse alcune commedie, ed una dissertazione sulla declamazione teatrale che ella stessa egregiamente eseguiva, e singolarmente allorchè rappresentò ne’ nostri teatri la parte di Merope nella tragedia del Maffei.
Gli attori però sono tutti Americani, e tra essi intorno a cinque o sei lustri indietro (per quel che mi narrò in Madrid un negoziante di Cadice che vi avea passata una parte della vita) spiccava una bella e giovane attrice figliuola di una Peruviana e di un Italiano chiamata Mariquita del Carmen, e conosciuta pel soprannome di Perrachola.
Gli attori però sono tutti Americani, e tra essi intorno a diciotto anni fa (per quel che mi narrò un negoziante di Cadice che vi avea passata una parte della vita) spiccava una bella e giovane attrice figliuola di una Peruviana e di un Italiano chiamata Mariquita del Carmen, e conosciuta pel soprannome di Perra-chola.
So di più che nella difesa di Tiro si segnalò l’Italiano Corrado e distrusse due eserciti del Saladino, e co’ nominati re fece maraviglie nell’assedio di Acra o Tolemajde che venne in lor potere6; e che poi si accordarono col soldano, restando a Lusignano il titolo di re di Gerusalemme da passar dopo la di lui morte al prode Corrado. […] So ancora che il Saladino seguitò a possedere Gerusalemme col Sepolcro e colla maggior parte di quel regno, nè i Cristiani lo molestarono, finchè non vi andò Federigo II imperadore di origine Suevo, di nascita Italiano, e re di Sicilia e di Gerusalemme sin dal 1225, quando ne acquistò le ragioni per cessione di Giovanni di Brenna padre di Jolanta da lui sposata che era figlia ed erede di Maria primogenita d’Isabella figliuola di Amorico re di Gerusalemme8. […] Rimane a parlare di tre esgesuiti spagnuoli tra noi traspiantati, i quali hanno speso onoratamente il loro ozio in comporre tragedie in italiano, cioè dell’ab. […] Ramera in latino scortum, in italiano meretrice.
Luigi Alamanni celebre autore dell’elegantissimo poema della Coltivazione recò in Italiano ritenendone il titolo l’Antigone di Sofocle, che si stampò in Venezia nel 1532. […] Non l’avea l’Italiano preceduto d’un secolo intero nell’arricchire il teatro, e non infelicemente, di sì bell’ argomento non mai prima tentato nè dagli antichi nè da’ moderni? […] Potè almeno obbliar del tutto il Rapin il famoso combattimento de’ tredici Italiani con tredici Francesi che rimasero vinti ed uccisi con tanta gloria del valore Italiano? […] Ma bisogna confessare che nell’atto IV l’Italiano rimane ben al di sotto del Latino. […] E chi si perderebbe a confutare un superficiale scarabocchiatore di carta che parla de’ Greci e de’ Latini come un assonnato, e che del teatro Italiano altre notizie confessò di non avere, se non quelle mal digerite acquistate col grande studio del Mercurio di Francia in cui s’immerse verso il 1735?
Prese molto dal teatro italiano. […] E un altro letterato francese traducendo nel 1762 un’oda pastorale di un cavalier italiano, dice nella sua prefazione colla solitaria gallico-critica, boriosa e ignorante: «j’ai supprimé tous les concetti, cette production du climat, ce vice favori du terroir».
Così avesse il Cornelio seguito questo modello italiano nel punto di maggiore importanza, cioè nell’interessar l’uditorio a favore del vittorioso Orazio. […] Si crede che appartenga al secolo XVII parimente la Morte di Solone, di cui s’ignora l’autore, non mentovata dagli scrittori drammatici di quel tempo, e non rappresentata mai nè in francese nè in italiano.
Un altro de’ più pregevoli frammenti di Menandro parmi quello recato da Plutarco nell’opuscolo de Consolatione ad Apollonium, che noi consultata la traduzione del Silandro così rechiamo in italiano: Se quando al dì la madre tua ti espose Con questa legge tu fra noi venisti, Che a tuo piacer girar dovesse il mondo: Se tal felicità propizio un nume A te promise, a gran ragion ti sdegni: Poichè la fe che ti giurò non serba.
Il Byron nel suo diario, alla data del 6 gennaio 1821, a Ravenna, scrive : Parlato col conte Pietro Guiccioli del comico italiano Vestri, che è ora a Roma.
Gli abiti, i lumi, le decorazioni, le comparse, i cangiamenti di scena, queste sono le bellezze che si sostituiscono in oggi sul teatro italiano al piano sì felicemente seguitato e con tante grazie abbellito da Metastasio. […] Ha inoltre il pregio incontrastabile della novità, essendo egli stato (per quanto a me pare) il primo che, cambiando il sistema di cotesto spettacolo, abbia renduta drammatica un’ode puramente descrittiva qual è quella dell’inglese Dryden intitolata Gli effetti della musica a le cui sorgenti ha l’autore italiano largamente bevuto. […] Ma se l’Abate Casti applicherà a siffatti lavori la sua vivace imaginazione, il suo talento pieghevole e il suo stile agiato e corrente (cercando però di rammorbidirlo alquanto secondo i bisogni della melodia, e mettendo un poco più di contrasto e di forza nelle situazioni e nei caratteri) avrà egli fra poco la gloria di regnare senza rivali sul teatro buffo italiano.
So di più che nella difesa di Tiro si segnalò l’italiano Corrado e distrusse due eserciti del Saladino, e co’ nominati re fece meraviglie nell’assedio di Acra o Tolemaide, che venne in lor poterea; e che poi si accordarono col Soldano, restando a Lusignano il titolo di re di Gerusalemme da passar dopo la di lui morte al prode Corrado. […] So ancora che il Saladino seguitò a possedere Gerusalemme col Sepolcro, e colla maggior parte di quel regno, nè i Cristiani lo molestarono, finchè non vi ando Federigo II imperadore di origine Suevo, di nascita Italiano, e re di Sicilia e di Gerusalemme sin dal 1225 quando ne acquistò le ragioni per cessione di Giovanni di Brenna padre di Jolanda da lui sposata, che era figlia ed erede di Maria primogenita d’Isabella figliuola di Amorico re di Gerusalemmea. […] Rimane a parlare di tre esgesuiti spagnuoli tra noi traspiantati, i quali spesero onoratamente il loro ozio in comporre alcune tragedie nell’idioma italiano, cioè dell’abate Giovanni Colomès catalano, di Emmanuele Lassala valenziano, e di Pietro Garcia de la Huerta fratello dell’autore della Raquel. […] Ramera in latino scortum, in italiano meretrice.
Del linguaggio Italiano generale si vale acconciamente pe esprimere le cose con verità e qualche volta con vivacità.
L’anno seguente il Mazzarini fe rappresentare nel Louvre l’Ercole amante in italiano che a’ Francesi non piacque.
L’anno seguente il Mazzarini fe rappresentare nel Louvre l’Ercole amante in italiano che a’ Francesi non piacque.
Luigi Alamanni celebre autore dell’elegantissimo poema della Coltivazione recò in italiano, ritenendone il titolo, l’Antigone di Sofocle, che si stampò in Venezia nel 1532. […] Non l’avea l’Italiano preceduto di un secolo intero nell’arricchire la scena tragica, e non infelicemente, di sì bell’argomento non mai prima tentato nè dagli antichi nè da’ moderni? […] Potè almeno obbliar del tutto il Rapin il famoso combattimento de’ tredici Italiani con tredici Francesi che rimasero vinti ed uccisi con tanta gloria del valore italiano? […] Ma bisogna confessare che nel l’atto IV l’Italiano rimane ben al di sotto del Latino.
Generalmente si dissero in latino barbaro Ministelli, che poscia si chiamarono in italiano da Giovanni Villani Ministrieri e da Matteo Villani Minestrieri, derivando dalla voce provenzale Mnestrels. […] Con testimonii sicuri pruova l’illustre storico questi tre punti: che Carlo Magno a un Italiano fu debitore del primo volgersi ch’egli fece agli studii: che non mandò straniero alcuno in Italia a tenervi scuola; che da lui molti Italiani inviati furono in Francia a farvi risorgere gli studii .
Ci si permetta aggiungere da noi recato in italiano l’altro frammento rapportato da Sozione Alessandrino, che pure trovasi in Ateneo della favola Ασωτιδασκαλος, ossia Magister luxuriae, che può equivalere in certo modo all’Homme dangereux del Palissot, o al Mechant del Gresset: Non lasci tu di rompermi la testa Col nominar sì spesso Odeo, Liceo, Congressi di Termopile, e cotali Filosofiche ciance, ove di bello Nulla si scerne e d’increscevol molto?
E’ ben vergognosa cosa far da Censore senza intendere i libri scritti in idioma italiano.
Bettinelli elegante senza dubbio e gentile scrittore Italiano non ischivò diversi gallicismi 9, e talvolta a qualche voce Toscana diede il significato Francese 10, o ne diede uno tutto nuovo 11, o si valse di voci ch’egli chiamerebbe inusitate e strane12.
Tutti costoro venivano compresi sotto il nome generico di Mnestrels, i quali in Italiano, secondo che ha osservato il Redi in una lettera a Carlo Dati, furono da Giovanni Villani chiamati Ministrieri, e da Matteo Villani Minestrieri, e da qualche altro scrittore Ministelli dal latino barbaro Ministellus.
Tralascisi poi che i personaggi usano in tal commedia quattro idiomi, cioè un latino scolastico, un italiano insipido, il castigliano ed il valenziano; e neppur si metta a conto che l’eremita cinguetta nel suo barbaro latino con servi e donne, e tutti l’intendono e rispondono a proposito. […] Garcia de la Huerta (cui uniremmo il volgar Saynetero Ramòn La-Cruz, se meritasse di contarsi tra gli scrittori almen dozzinali), il quale senza saper punto nè poco l’Italiano, e per conseguenza senza aver letta o compresa la mia Storia, affettò di mostrar per essa un cieco ma orgoglioso disprezzo, non per altro se non perchè il pubblico l’ approvava e Lampillas l’impugnava. […] Il Crescimbeni mentova questa versione nel I libro de’ suoi Comentarj, dando al traduttore il nome di Alfonso Ulloa; ma ne’ seguenti versi egli si dà il cognome di Ordoñez: Nel mille cinquecento cinque appunto De Spagnuolo in idioma Italiano E’ stato quest’opuscolo transunto Da me Alfonso Ordoñez nato Ispano.
Tralasciamo poi, che i personaggi vi parlano quattro linguaggi, un latino scolastico, un italiano insipido, il castigliano, e ’l valenziano; e neppur mettiamo a conto, che l’eremita cinguetta nel suo barbaro latino con servi e donne, e tutti l’intendono e rispondono a proposito.
Io ardisco per saggio recare in italiano il principio di esse per coloro che non amano le latine traduzioni letterali e soffrono di vederne qualche squarcio comunque da me espresso: O spazii immensi ove ogni cosa nuota, O voi venti leggeri o fonti o fiumi, E voi del mare interminabili onde, O madre o Terra, o Sol che a tutti splendia.
Se in castigliano ed in italiano questo primo saben significa che di questi partiti non si sono ancora aboliti i nomi, io vorrei che mi si rinfacciasse, dove abbia io detto il contrario.
Luigi Riccoboni nel capitolo quinto della sua Istoria del Teatro italiano, parla a lungo di queste favole dello Scala.
Sicchè in questo esame avventura più il Teatro Spagnuolo, che l’Italiano. […] Non fu certamente pensiero dell’Apelle Italiano accoppiare con Tobia e l’Arcangelo Raffaele, e il Bambino Gesù, e la Vergine, un San Geronimo vestito da Cardinale.
Ma se avesse scorsi i passi di questi Letterati meno alla sfuggita, avrebbe osservato che essi dicono che il Vicentino fu il primo a scrivere una degna Tragedia in questa lingua, cioè in idioma Italiano.
L’una e e l’ altra appartengono al teatro Italiano.
[22] Un massimo inconveniente del recitativo semplice italiano è quello d’essere troppo trascurato dai maestri, i quali contenti d’accompagnare di quando a quando la voce con un’arcata o circolazione del basso, lasciano poi il restante in balia del cantore. […] La dimanda che oggidì fa il popolo italiano a chi timoneggia nel governo, è la stessa che ne faceva sedici secoli addietro a’ tempi di Giovenale, vitto e spettacoli Panem et Circenses. […] Né meno celebri sono presso agli amatori della scienza armonica divenuti il Ferrari suonatore originale per lo suo stile ameno, vago e grazioso, il Buccarini compositore bravissimo di elevati spiriti, di frase limpida e chiara, e di profonda dottrina musicale, il Jarnovich di sangue italiano quantunque nato e allevato in Parigi, il quale altrettanto si è distinto nel genere brillante e piacevole quanto il famoso Lolli nell’agevolezza dell’arco, nella maestria dei passaggi e nell’arte di eseguire le più difficili squisitezze dell’armonia.
Non poteva Sofocle esser da miglior penna trasportato in italiano.
E di lui così lasciò scritto un egregio artista contemporaneo, Francesco Righetti (Teatro italiano, vol.
Non minori assurdità e incoerenze si rinvengono nella Tinellaria, oltre di trovarvisi l’indicata mescolanza di linguaggi, altri parlando in italiano, altri in francese, altri in portoghese.
Si produsse la prima volta in Venezia nel 1558, ed il Domenichi la tradusse in Italiano, spacciandola come cosa propria.
Un italiano non avrebbe osato di esporre una situazione cotanto difficile per non dire cotanto ridicola; egli che ama meglio peccar di monotonia facendo andar a lieto fine tutti i suoi drammi di quello che sia costrigner un protagonista a morir cantando sulle scene a guisa di cigno. […] [32] Mosso da tali ragioni il Signor Sherloc irlandese in un libro italiano, il quale ha per titolo Consigli dati ad un giovine poeta, non ha dubitato di asserire che Metastasio fosse il maggior poeta che abbia mai veduto l’Italia dirimpetto ancora all’Omero ferrarese. […] [33] E tanto gliel donerei più volentieri quanto che la sua influenza sul gusto italiano e su quello delle altre nazioni è stata maggiore di quella dell’Ariosto e di qualsivoglia altro poeta.
L’ex gesuita spagnolo Esteban Arteaga nelle sue Rivoluzioni del teatro musicale italiano (1783) aveva salutato il solido buon senso di Planelli, anteponendolo alla filosofica dottrina del vecchio Algarotti, anche lui competente giudice del melodramma: «Egli abbraccia in tutta la sua estensione il suo oggetto. […] [Sez.II.1.2.5] In qualunque verso italiano più sillabe acute, o, che è il medesimo, più accenti acuti si possono incontrare. […] Ma questa declinazione ha d’uopo di molta circospezione, per non degenerare in rilassatezza, come fu quella d’alcuni pittori che nella prospettiva delle scene praticarono due punti di veduta: sconcezza intollerabile e indegna d’un pennello italiano. […] • Divizio da Bibbiena: Bernardo Dovizi detto il Bibbiena (Arezzo 1470 – Roma 1520), cardinale e diplomatico al servizio della famiglia Medici, è autore dell’acclamata commedia La Calandra (Urbino, 1513), modello per il teatro comico rinascimentale, non solo italiano. […] Bibbia e letteratura nel Settecento italiano, Bologna, Il Mulino, 2008).
Così avesse Cornelio seguito questo modello italiano nel più importante punto, cioè nell’ interessar l’uditorio a favore del vincitore Orazio.
Dell’Andreini si sa per fino che un cotale italiano voleva farlo assassinare ; onde Maria de’Medici chiedeva in una lettera a suo nipote il Cardinal Duca di Mantova, protezione e giustizia.
Teatro tragico Italiano.
Marino : e però io credo che relativamente più esatto sia il giudizio che ne dà Luigi Riccoboni, il grande erede del nome teatrale dell’ Andreini, il quale nel suo Teatro italiano (pag. 71) dice : « Gio.
Pagani-Cesa Atreo e Tieste del medesimo: il poeta italiano del secolo cadente Carlo Innocenzio Frugoni ottimamente, ancor quando si allontana dal concetto dell’originale, il Radamisto del medesimo: l’ab. […] Giovanni Spinelli di Napoli de’ principi di San Giorgio compose un Epaminonda verso il 1746, e lo tradusse e stampò anche in italiano. […] Maria Maddalena de Pazzis in latino ed in italiano nel 1707, e Bersabea nel 1708, e trasportò ancora in latino i melodrammi del cardinale Ottoboni. […] Il pubblico italiano mi saprà qualche grado che io gliene avanzi alcuna notizia. […] Iroldo però innamorato di quell’augellino ha voluto incastrarlo nel suo racconto ozioso, tuttochè vero non sia che Corradino sia fuggito in braccio alla madre, Come augellin che il cacciator crudele Da sotto l’ali della madre, dove Palpitante fuggì, svelse ed uccise, nelle quali parole si espongono circostanze assai diverse da quelle di Corradino, oltre di peggiorarsi il concetto di Euripide, perchè il greco tragico usa di quella similitudine detta di volo in tre parole, e l’italiano, sul gusto di quelle di Seneca sconvenevoli al dramma, ne riempie tre versi.
Dall’altra parte il Cueva asserisce (secondo alcuni versi di lui rapportati dal Lampillas in Italiano), che il Malara, guardando obediente l’uso antico nelle Commedie entrò “. . . . per la stretta via “Illustrando la Comica Poesia.”
Il Colombo Italiano venga in confronto della Conquista di Pizarro: le arlecchinate colle buffonerie del Polilla, del Dinero, del Calabaza, ed altri Graziosi Spagnuoli, che volano e sprofondano: i Virues e i Castri co’ Manfredi e i Tassi, i Vega e i Calderón con gli Ariosti, e i Macchiavelli, e i Cari.
Con testimoni sicuri pruova l’illustre storico questi tre punti: che Carlo Magno a un Italiano fu debitore del primo volgersi ch’ei fece agli studj; che non mandò straniero alcuno in Italia a tenervi scuola; che da lui molti Italiani inviati furono in Francia a farvi risorger gli studj.
Dopo i felici seguaci di Moliere del passato secolo Regnard, Brueys e Dancourt, troviamo tra’ buoni comici ne’ primi lustri del nostro Du Fresny nato nel 1648 e morto nel 1724, il quale dopo aver lavorato per l’antico teatro Italiano di Parigi insieme con Regnard, diede al Francese diciotto buone commedie.
L’istesso poeta Italiano ne ha tratta ed espressa facilmente un’altra sentenza detta pure da Clitennestra, Remeemus illuc, unde non decuit prius Abire: sic nunc casta repetatur fides. […] Trovansi pure in tal tragedia alcune altre sentenze non riprensibili: Ars prima regni est posse te invidiam pati, che in italiano fu detto da Metastasio nell’Ezio: La prima arte del regno E’ il soffrir l’odio altrui.
[Intro.11] Siccome dunque da una parte giovò quest’uso a sviluppare e addestrare l’ingegno e l’arte del commediante italiano, così dall’altro canto nocque non poco all’introduzione e al gusto della vera drammatica e della buona declamazione. […] Il primo che abbia trattata veramente questa materia si è Luigi Riccoboni, che alla pratica cercò pure di unir la teorica, e scrisse e pubblicò con le stampe in italiano ed in francese diverse operette sull’argomento, e specialmente i sei capitoli su l’Arte rappresentativa, stampati in Londra sul 1728, e l’Arte del teatro.
Girolamo Colonna gli pubblicò sin dal 1590 e la sua raccolta si reimpresse in Amsterdam nel 1707, Paolo Merola nel 1595 gli diede alla luce in Lione, e Bernardo Filippino tradusse la di lui collezione in Italiano, e la fece imprimere nel 1659 in Roma. […] Ecco in qual guisa è stato recato in Italiano questo squarcio dall’erudito Niccolò Eugenio Angelio nella traduzione delle commedie di Plauto ch’ egli in Napoli ha pubblicata nel 1783 in dieci tomi: Quando ella si mette a tavola La non calchi col piede il piede a un uomo, Nè a seder passi alla scranna vicina.
Mi vieta il mio argomento l’andar ricercando dietro ad ogni particolarità della scrittura di costui, nella quale trovansi sparse senza che vengano citate moltissime cose che leggonsi altrove, ed altre non poche a lui da questo e da quello Italiano sugeritegli, le quali ha egli registrate senza esame, e senza ben ricucirle col rimanente del suo libretto.
Girolamo Colonna gli pubblicò sin dal 1590, e la sua raccolta si reimpresse in Amsterdam nel 1707, Paolo Merola nel 1595 gli diede alla luce in Lione, e Bernardo Filippino tradusse la di lui collezione in italiano, e la fece imprimere nel 1659 in Roma. […] Ecco in qual guisa questo squarcio si reco in italiano dall’erudito Niccolò Eugenio Angelio nella traduzione delle commedie di Plauto che pubblicò in Napoli nel 1783 in dieci tomi: … Quando ella si mette a tavola, La non calchi col pie le il piede a un uomo, Nè a seder passi alla scranna vicina, Nello alzarsi non dia la mano a alcuno, Non dia a osservare l’anello a nessuno, Nè chieda di veder quello di un altro.
Ma oltrachè una falsità è il dire che il sistema musicale dei Greci non avesse se non quindici suoni, essendo chiaro che le pretese aggiunte del monaco italiano altro non avrebber fatto che restituire il diagramma alla sua antica estensione o piuttosto non giunsero neppure ad uguagliarlo, come dimostra evidentemente il Meibomio 24, certo è che siffatta restituzione o ritrovamento non è di Guido, ma d’un altro autore anteriore a lui di più secoli, le parole espresse del quale si rapportano dall’eruditissimo Isaacco Vossio 25.
Il popolo italiano ora non chiede che panem, et circenses, come facevano i Romani a’ tempi di Giovenale. ecc.» […] Ne’ tre seguenti capitoli del secondo tomo dell’edizione bolognese non vi sono secondo l’estrattiva tante opinioni che gli facciano dubitare della loro certezza: pure i principi ond’io parto per esaminare lo stile del moderno canto italiano sono gli stessi stessissimi, che mi serviron di scorta per disaminare lo stile delle moderne composizioni.
Sotto il nome di Hija del aire (figlia del vento) Calderòn non altrimenti che l’italiano Muzio Manfredi, pubblicò due favole sulle avventure di Semiramide. […] Osserviamo ancora che l’Italiano nello scioglimento produsse assai meglio l’effetto tragico di quello che fece lo spagnuolo colla morte di Marianna seguita all’oscuro per un equivoco mal congegnato.
È l’argomento stesso della Rosmunda del Rucellai, se non che l’Irlandese la mostra nell’atto V rea di adulterio, e l’Italiano la preserva dalla prostituzione, e dall’assassinamento.
pure leggiadramente recato in Italiano dal medesimo poeta Cesareo: Se a ciascum l’interno affanno, Si vedesse in fronte scritto, Quanti mai che invidia fanno, Desterebbero pietà.
Io ardisco per saggio recare in Italiano il principio di esse per coloro che non amano le latine letterali traduzioni e soffrono di vederne qualche squarcio comunque da me espresso: O spazj immensi ove ogni cosa nuota, O voi venti leggieri o fonti o fiumi, E voi del mare interminabil onde, O madre o terra, o sol che a tutti splendi 50, A voi ragiono, s’altri, oimè, non m’ode. […] Non poteva Sofocle esser da miglior penna trasportato in italiano.
Comunque ciò sia egli si valse del migliore della tragedia italiana, ma cercò di accomodarla meglio al gusto francese togliendole l’aria di greca semplicità e naturalezza che vi serbò l’Italiano.
Hor se io haurò [per gratia di essempio] da uestir tre o quattro serui, uno ne uestirò di bianco, con un capello ; uno di rosso con un berettino in capo : l’altro a liurea, di diuersi colori : et l’altro adornarò, per auentura, con una beretta di ueluto, Et un paio di maniche di maglia, se lo stato di lui puo tollerarlo [parlando però di comedia che l’ habito Italiano ricerca] et cosi hauendo da uestir doi amanti, mi sforzo, si ne i colori, come nelle foggie de gl’ habiti ; farli tra lor differentissimi uno con la cappa, l’ altro co’ l ruboncello ; uno co pennacchi alla berretta, et l’altro con oro senza penne ; a fine, che tosto che l’huomo uegga, non pur il uiso, ma il lembo della ueste de l’uno, o dell’altro ; lo riconosca : senza hauer da aspettare, che egli, con le parole si manifesti. auuertendo generalmente, che la portatura del capo, è quella che piu distingue, che ogn’ altro habito, cosi ne gl’ huomini, come nelle donne : però siano diuersi tutti fra loro quanto piu si possa, et di foggia, et di colori.
Longino ne cita un vago pezzo dell’atto I, che in Italiano potrebbe così tradursi: Sette guerrier spietatamente audaci Stan presso a un’ara di gramaglie avvolta In atto minacciosi, e con orrendi Giuramenti spaventano gli Dei, Alta giurando insolita vendetta A Gradivo, a Bellona, a la Paura, Mentre le mani tingonsi nel sangue Fumante ancor d’un moribondo toro.
[60] Dirò soltanto che la varietà delle opinioni e il rapido loro cangiamento nasce dal principio medesimo che fece degenerar il teatro italiano nel secolo scorso.
Comunque ciò sia egli si valse del migliore della tragedia italiana, ma cercò di accomodarla meglio al gusto francese togliendole l’aria di greca semplicità e naturalezza che vi serbò l’autore italiano.
Ciò è stato imitato da qualche commediografo Italiano, e spezialmente dal Porta.
Ciò è stato imitato da qualche commediografo Italiano, e specialmente dal Porta.
Osserviamo ancora che l’ Italiano nello scioglimento produsse assai meglio l’effetto tragico di quello che fece lo Spagnuolo colla morte di Marianna seguita all’oscuro per un equivoco mal condotto; ma ci sembra nel tempo stesso che il Dolce avrebbe meglio eccitato il terrore, se non iscemava l’odiosità prodotta dall’ insana sevizia del tiranno coll’ infruttuoso suo pentimento, o se dopo l’ eccidio egli avesse con tutta evidenza fatto conoscere al geloso il suo inganno e l’innocenza di Marianna.