Quest’ultimo lo chiamò al suo letto di morte, perchè lo consigliasse, come vedremo, nel testamento ; ma in mezzo a tanti legati non vi fu un solo scudo lasciato al povero consigliere che fu al morente pietoso di utili ricordi di gratitudine.
E tante speranze, tanti bei sogni distrutti d’improvviso a soli ventotto anni.
Ma tanti anni indugiò poi a proseguirla in Venezia, che prevenuto dalla morte nel 1796 la lasciò imperfetta, e l’autore cessò di rimettere colà il rimanente.
Arrestato da queste meschinità secentiste, che fanno di un remo una penna, di un mare un pezzetto di carta, in somma che avviliscono gli oggetti proprj con traslati poverissimi, chi si curerà di pescare in uno stagno fangoso, lasciando il vasto mare, e tanti copiosi fiumi ricchi di abbondante saporosa pescagione? […] L’Opera esige una Poetica differente dalla Calderonica e Lopense, che che voglia l’Apologista insinuare nomando alla rinfusa Tito, Sesto, Annio, Vitellia, Servilia, come se tanti nomi provassero una moltiplicità d’azioni. […] Se Calderòn fosse Greco, soggiacerebbe alla disamina de’ Critici Filosofi, come vi soggiacquero tanti altri Greci, oggi che più non si giura sull’autorità.
Ciascuno da se può discernere che queste idee della nuova commedia Greca passate da’ Latini a noi, in forza di governo e di costumi furono ed esser doveano posteriori alla commedia di Aristofane; e se tanti critici pedanti condannano i poeti comici allegorici chiamandoli marrani, maremmani, auzini, e notandone gli artificii come sconcezze; ciò avviene perchè non seppero nelle loro fantastiche Poetiche giammai distinguere tempi, generi e costituzioni, nè seguire con ordine la marcia, per così dire, dell’umano ingegno e delle diverse società civili nel loro nascere e progredire. […] In questa guisa appunto L’intendeva Menandro, la delizia de’ filosofi, L’oggetto di tanti elogii, la misura de’ voti di tanti poeti drammatici, il modello di Terenzio. […] Saverio Mattei nel lodato Nuovo sistema d’interpretare i Greci disse alcuna cosa dell’antica e della nuova commedia ben diversa da quanto di esse si è narrato da tanti autori antichi e moderni, di che conviene prevenire la gioventù vaga di erudirsi.
A Livorno (in quaresima del '22), la signora Perotti dovè pagare, all’oste della Pera, quaranta francesconi per tanti tordi mangiati dal Miutti, il quale era tenuto in ostaggio….
E per rammemorarne alcuni pochi, nelle Spagne vi si dedicarono il cattolico re Filippo IV, e teologi e sacerdoti e magistrati ed uomini di stato, Solis, Calderon, Moreto, Montiano, Cadalso, Gusman duca di Medina Sidonia; nella Germania Klopstock, Federigo II il Grande re di Prussia, e tanti e tanti reputati letterati; in Inghilterra il duca di Bukingam, Adisson segretario di stato, il cavaliere Van-Broug, il capitano Stèele, Sheridan; in Francia Margherita di Navarra compose per la scena, Francesco I ne ispirò il gusto sulle tracce segnate dagl’Italiani; il cardinal Richelieu avrebbe voluto passare per autore del Cid, e promosse la coltura scenica a segno che ne germogliarono i Cornelii e i Racini; il gran cartesiano Fontenelle ne scrisse la storia, e compose alcuni melodrammi; Boileau Desprèaux ne insegnò i precetti seguendo Orazio; il Ginevrino filosofo Gian-Giacomo Rousseau volle pur dare il nome tra’ melodrammatici.
Senza forze e senza Attori, o almen pochi ed ignoranti, privi affatto degli Autori che i lor parti dieno e tanti, come mai darvi piacere nel difficile mestiere ? […] Ogni volta, mi disse, che incomodo il mio scrignetto, dò questo bacio, e finora tanti ne diedi, che più non c’è numero.
Quanto al costume ho riprodotto la maschera del Sand, che non è che una variante dei tanti Zanni di Callot, e non ha che vedere nè con quella della stampa attribuita ad Abraham Bosse, contemporaneo di Mondor, fatta nella prima giovinezza, poco dopo la sua andata da Tours a Parigi, nè con quella della stampa che sta in fronte all’ Inventaire universel des œuvres de Tabarin (Parigi, 1623), molto somigliante del resto, se ben più piccola, all’altra : se non che Tabarino là è senza barba e coll’ enorme tesa del cappello, base del costume tabarinesco, calata sull’occhio manco (pagina 556), mentre qui ha la lunga barba a punta e la tesa rilevata ai due lati, come in questa riproduzione ammodernata che precede le opere tabarinesche nell’edizione del 1858. […] Più volte abbiam visto attori e attrici salire in rinomanza col lor nome di battesimo o di famiglia, e più altre sol con quello di teatro : e forse il celebre Tabarini si nascondeva sulla scena sotto uno dei tanti nomi di Zanni o di altro tipo, non potuti sin qui identificare.
Transferita dipoi in Venezia, in Roma, in Bologna ed in Napoli come nel nativo suo paese, vi fece nelle due trascorse età tali e tanti progressi, che nelle nostre scuole pur dovettero i forestieri venire ad apprenderla. […] Quando poi, finito il ritornello, entra la parte che canta, quei tanti violini che l’accompagnano che altro mai fanno se non abbagliare e coprir la voce? […] Cosi che quella rivoluzione che non poterono operare per lunghissimi anni in Parigi tante nostre elaboratissime composizioni, tanti passaggi, tanti trilli, tanti virtuosi, la fece in un subito un intermezzo e un paio di buffoni.
Sposatosi a Marianna Torta, attrice della Compagnia Aliprandi, fu con lei scritturato da Alessandro Salvini ; e, sciolta poi la Compagnia, egli risolse, mosso a pietà di tanti sciagurati, di rilevarla, correndo da una città all’altra, in lotta aperta con la fame.
R. di significargliene il motivo, considerando che non potrei da parte mia differir di partecipar con Lei le sue angustie, et invero hauendo io da tanti anni inuincibil notitia delle infinite prerogative con le quali V.
Nessuno dei tanti Otelli della scena moderna, incarna questa lotta tremenda con più efficacia e con maggiore verità del Drago, nessuno mostra con più evidenza di contrasti la passione che strazia il Moro.
Fece il carnevale '22-'23 al Goldoni di Firenze, e il Colomberti, descrivendo la Polvaro nella Giovanna d’Arco, uno dei tanti spettacoli della Compagnia, dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata quella martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bellissimi capelli biondi sparsi sulle spalle ; con il più vezzoso volto che immaginar si possa, con quegli occhi grandi e cerulei, io rimasi sorpreso.
La grazia sta nel contegno, negli atteggiamenti, nella naturalezza, nella disinvoltura, nella semplicità, nella perfetta armonia, e nell’intero sgombramento di tutto ciò che è superfluo, od incomodo : il linguaggio della servetta deve essere franco, e talvolta ardito ; ma in generale il modo di dire delle nostre servette è tutto pieno di tanti fiori già appassiti nel loro nascere, come quelli che hanno sulla loro gonnella.
La parte che il lodato cardinale ebbe a qualche componimento scenico, alcuni piani che ne distribuiva a Desmaret, Boisrobert, Colletet ed altri, i soccorsi che ne tiravano tanti letterati, la guerra ch’egli faceva al Cid, ed i beneficj che in compenso versava sull’autore, tutto ciò, dico, contribuì a fomentare e a raffinar il gusto in Francia. […] Racine) trovare un poeta che abbia posseduti tanti talenti, l’arte, la forza, il discernimento, l’ingegno”. […] Siffatte analisi delicate della tenerezza, o se vuol dirsi alla francese, del sentimento, anche senza tanti pregi che adornano le di lui favole, avrebbero bastato a farle riuscire in Francia e nella corte di Luigi XIV che respirava per tutto amoreggiamenti anco in mezzo alle spedizioni militari. […] Così Racine, tuttochè mirabile per tanti pregi, non ci obbliga a fare una piena eccezione alle tragedie francesi, che quasi tutte sono un tessuto d’interessi proprj del socco trattati con tetra gravità. […] La storia ci obbliga tratto tratto a discostarci da questo eccellente scrittore che per tanti altri pregi merita la nostra stima.
Il Signor Lampillas pretende che io abbia letto male un passo dell’Opuscolo di Luis Velazquez sulle Origini della Poesia Castigliana, ch’egli così traduce1: “Sindachè i Romani introdussero in Ispagna la buona Poesia, furono in essa conosciuti i Giuochi Scenici; e le rovine di tanti antichi Teatri, che sino a’ nostri giorni si conservano in diverse Città, sono altrettanti testimonj di quanto si fosse impossessato del Popolo questo genere di divertimento”. […] L’Apologista però pensa che nulla manchi a quelle parole, e vi rinviene la più convincente pruova a dimostrare l’uso de’ Giuochi Scenici in Ispagna sin da’ tempi de’ Romani, e si maraviglia, che io non l’abbia ravvisata: “Quale autorità più incontrastabile che i magnifici avanzi degli antichi Teatri conservati in Ispagna dopo tanti secoli?”
Benchè da tanti obblighi non ritraesse che un piccolo stipendio, pure non solo provvedeva alla propria sussistenza, ma siccome era studiosissimo, toglievasi spesso il pane dalla bocca, per comprare dei libri.
E che animo buono ella seppe serbare in mezzo a tante amarezze e a tanti inganni !
Fra i tanti miracoli compiuti dal Salsilli nell’arte sua, va segnalato questo : di aver suggerito dell’ '84 in Compagnia Nazionale, un po' a memoria e un po' improvvisando, con poche parti principali in mano, il Cuore ed Arte di Leone Fortis, al Teatro Gerbino di Torino, essendo stato involato il manoscritto, nuova riduzione dell’autore, sul punto di alzarsi il sipario ; e Paolo Ferrari, direttore della Compagnia, ignaro della cosa, si meravigliò, venuto più tardi in teatro, della esattezza e rapidità di esecuzione.
Circa un centinajo e mezzo di esemplari della Storia de’ Teatri essendosi sparsi per la Spagna, domandai a molti illuminati nazionali, che l’aveano acquistata, se trovavano in essa cosa veruna contraria a una moderata Critica intorno al Teatro Spagnuolo formale, e materiale, col disegno di approfittarmi del loro avviso nella ristampa; ed ebbi il piacere di udirgli affermare, che tutto era conforme al vero, e a’ dettati degli eruditi nazionali: che anzi delle rappresentazioni mostruose avea io ragionato con più contenenza di tanti loro Scrittori degli ultimi tre secoli, i quali sono tanti, Sig.
Appresso di me non ho nulla ; ne mai ho ueduto in tanti mesi, toltone il Vitto, un soldo solo per riparare all’altre cotidiane mie necessità ; onde non mi auanza altro, che una misera, e mal condotta uita, essendo per tanti guai, peggio, che morte ; e Dio sà quello sarà di mè, doppo, che mi haueranno posto nel sudetto Castello.
Se la Spagna fosse stata da qualche Apologista animata a conservare l’antica inazione per i fondi commerciali, l’Agricoltura e le Manifatture, vi si vedrebbero ora tanti oggetti di stupore, e tanti motivi d’immortali applausi per il glorioso MONARCA che oggi la felicita? […] Vi si sarebbero construtti i Ponti superbi e necessarj, i pubblici camini comodi e magnifici, non solo da Madrid al Pardo, ad Aranguez, e all’Escoriale, ma quello stupendo di Sierra-Morena, ed altri di Alaba, Guipuscoa, e Biscaglia, e delle Provincie di Valenza, Galizia, e Catalogna: opere degne della Umanità, opere che assicurano, non che i beni, le vite de’ Popoli per tanti anni distrutte dall’intemperie dell’inverno, dalle inondazioni de’ fiumi e torrenti, e dalla frequenza degli assassini? […] Ecco che già se ne veggono nobili frutti in tanti ragionatori rischiarati, de’ quali oggi trovasi così gran numero in sì famosa Corte. […] Con tutto ciò delle celebri Città Italo-Greche ci rimase qualche cosa più preziosa, cioè a dire la memoria gratissima della dottrina di tanti Filosofi, Oratori, Matematici, Musici teorici, e Poeti, ed anche non pochi avanzi de’ loro aurei Libri.
Questo solo in quanto avete detto è vero; nati sono i Poeti Scenici a dilettare ed instruire il Popolo, come dice Orazio; ed a tal fine si danno varie instruzioni intorno al buon gusto, che dee regolarli, se ne compongono tanti, come per saggi, per giugnere a quel punto di perfezione necessario, e se ne tessono Istorie ragionate, che con un colpo d’occhio espongano gli sforzi fatti dagli antepassati per conseguire fine sì bello. […] Intendo per Dotti tanti Pubblicisti laboriosi, tanti Medici veri filosofi, tanti profondi e graziosi Letterati. Nè ricuso di arrollare tra’ Dotti tanti Cittadini bene educati, forniti di un natural buon senso, di una Sapienza volgare, di quel pronto sentimento di uno spirito ben fatto, donde proviene il Gusto. […] E intanto non fanno in tanti paesi la delizia de’ dotti?
La parte che il lodato cardinale ebbe a qualche componimento scenico, alcuni piani che ne distribuiva a Desmaret, Boisrobert, Colletet ed altri, i soccorsi che ne tiravano tanti letterati, la guerra stessa che egli faceva al Cid, ed i beneficii che in compenso versava sull’autore; tutto ciò, dico, contribuì a fomentare e a raffinare il gusto in Francia. […] Questo padre e legislatore del teatro francese morto nel 1684 in Parigi, merita di studiarsi da chi voglia coltivar la tragica poesia. « Non è così facile (disse di lui con verità Giovanni Racine) trovare un poeta che abbia posseduti tanti talenti, l’arte, la forza, il discernimento, l’ingegno ». « Non sarà mai abbastanza ammirata (aggiugueva) la nobiltà, l’economia negli argomenti, la veemenza nelle passioni, la gravità ne’ sentimenti, la dignità e la prodigiosa varietà ne’ caratteri ». […] Siffatte analisi delicate della tenerezza, o se vuol dirsi alla francese, del sentimento, anche senza tanti pregi che adornano le favole del Racine avrebbero bastato a farle riuscire in Francia è nella corte di Luigi XIV che respirava per tutto amoreggiamenti anche nelle spedizioni militari. […] Così Racine, tuttochè mirabile per tanti pregi, non ci obbliga a fare una piena eccezione alle tragedie francesi, che quasi tutte sono un tessuto d’interessi proprii del socco trattati con tetra gravità. […] La storia ci obbliga tratto tratto a discostarci da questo valoroso esgesuita che per tanti altri pregi merita la nostra stima.
Or qual meraviglia che uno spettacolo, in cui poteva trionfare l’eccellenza di tanti valorosi artefici, venisse nelle prime città Italiane a gara accolto e coltivato? […] Tanta pompa di metri lirici, tante macchine, tanti cori, ci mostrano l’opera nascente al tempo del Rinuccini, benchè da questo Fiorentino rimanesse il Savonese superato per interesse e per affetto. […] L’Italia poi che, al dir dell’erudito Maffei, e nel bene e nel male suole andare innanzi ai concorrenti e soprastare, addottrinò così bene nel canto i suoi castrati, e tanti n’ebbe che potè fornire all’Europa tutta molte voci soprane conservate in quest’infelici con tanto oltraggio della natura. […] Laonde non ci tratterremo su tanti altri melodrammatici rammentati dal Mazzucchelli, dal Crescimbeni: e dal Quadrio, nè sull’Achille in Sciro del marchese Ippolito ferrarese rappresentato in Venezia nel 1663, nè sull’Attilio Regolo del veneziano Matteo Noris impresso nel 1693 in Firenze, i quali illustri nomi de’ tempi andati attendevano un ingegno assai più sublime per trionfar sulle scene musicali.
A detta de' contemporanei nessuno toccò nel Colombi la perfezione di lui, e quanto al Goldoni egli scriveva a Francesco Righetti il 18 agosto' 54 da Venezia : Qui la mia Compagnia piace immensamente, qualunque altra in vece della mia non farebbe le spese serali, tanti sono i passatempi gratis, che offre in questo mese Venezia ; pure ò 116 abbonati e nove palchi a stagione.
ma Corte penne di code di Pavoni bianchi, ardirei suplicando chiederle in prestito, mancandomene di molte per il bisogno che io ne ho per tanti cimieri che faccio fabricare et mi raccomanderei a V.
Il Real Programma di Parma che coronò cinque tragedie ed in tanti altri Italiani ridestò lo spirito tragico, non ci ha prodotte che tre sole commedie. […] Con una piena libertà d’immaginare ed eseguire a suo modo, con un sito ampio e d’ogni intorno sgombro di ostacoli e di abitazioni, con la magnificenza di un Sovrano come Ferdinando IV che ne forniva la spesa, ha formato un teatro con una facciata pesantissima, non ampio, non magnifico, non comodo per vedere ed esser visto, non armonico all’ udire; mentre la più eccellente musica de’ Sarti e de’ Paiselli perdevi due terzi della nativa squisitezza, anche per gl’ interpilastri che dividono ciascun palchetto, e per tanti intagli e centinature. […] Ma il Real teatro di San Carlo costruito col disegno del brigadiere Giovanni Metrano nel 1737, edifizio magnifico in soli sei mesi fatto eseguire per l’attività di Angelo Carasale, dopo tanti teatri eretti in Europa nel nostro secolo conserva ancora sopra tutti il primato. […] Un vuoto di tanta ampiezza ed arricchito di spaziosi corridoi e compartito in tanti palchi che equivalgono a comodi stanzini, è per se poco favorevole alle voci umane che non sieno tramandate per mezzo di qualche tromba parlante; or perchè aumentare le difficoltà da formontarsi? […] L’indiscretezze dell’oscuro e non mai verace autore del Colpo d’ occhio sulla letteratura italiana ch’egli vede a suo modo, ci obbliga a narrare ciò che abbiam taciuto tanti anni.
serà questa una prova per vedere se in conseguenza di tanti ciarlatani che sonno riusciti, vi potessero ancor capir questi, quali stano tra il comico et lo ciarlatano. » Del resto al Cecchini poco premeva che il Duca accettasse la proposta dei comici.
Marmi, bronzi, statue, colonne ed altre preziose reliquie di tanti teatri Greci, a dispetto degli anni che gli abbatterono, ne manifestano la solidità e la magnificenza. […] Qual magnificenza, qual concorso, qual lusso, quali profusioni per un semplice divertimento di una repubblica sì picciola in confronto di tanti poderosi stati moderni arricchiti dalle miniere Americane, ne’ quali son pure così meschini e spregevoli i teatri! Ma quell’Atene che con tale ardore correva al teatro e fuggiva gli accampamenti, che profondeva in quello tanti tesori, e negavali ai patriotici progetti di Demostene, si corruppe170, rovinò per questo appunto, divenne schiava e poi barbara.
Così terminò il secolo XVI glorioso in tante guise per l’Italia: cioè per aver fatta risorgere felicemente in aureo stile la greca tragedia, il teatro materiale degli antichi e la commedia de’ Latini; per l’invenzione di tanti nuovi tragici argomenti nazionali e tante nuove favole comiche ignote a’ Latini; per aver somministrati a’ Francesi tanti buoni componimenti scenici prima che conoscessero Lope de Vega e Guillèn de Castro; pel dramma pastorale ad un tempo stesso inventato e ridotto ad una superiorità inimitabile; finalmente per l’origine data al moderno melodramma comico ed eroico. […] Questo è quello che non hanno glammai saputo osservare tanti critici periodici e autori di dizionarj oltramontani, i quali inveiscono contro l’opera Italiana.
L’emulazione, quella figlia pericolosa dell’amor proprio, che alle volte partorisce l’invidia, alle volte genera l’eroismo, ma che divien necessaria in mancanza della virtù per far germogliar i talenti e per sollecitarli alle magnanime imprese, ne trovava aperto un vastissimo campo in tanti rivali illustri, su quali diveniva sommamente gloriosa la vittoria, e scusabile la sconfitta. […] Fu celebre maestro in Milano Francesco Brivio, e Francesco Redi in Firenze, che non dee confondersi coll’altro Redi parimenti Francesco, che tanti vantaggi ha recato alla sua lingua, alla poesia, e alla fisica. […] Le più insigni furono quelle di Leonardo Leo, di Domenico Egizio, di Francesco Feo, di Alessandro Scarlatti, e di Niccolò Porpora, dai quali uomini valentissimi non meno nella pratica dell’arte loro che nel metodo d’insegnarla, sortirono poscia que’ tanti discepoli, che quali novelli prodigi di melodia si fecero ammirare da tutta Europa. […] [21] Di lungo tedio e di niun giovamento al lettore sarebbe il venir meco per ogni dove cercando tutti i famosi professori di canto, che dell’uno e dell’altro sesso ebbe allora l’Italia, oppure quali fossero i diversi stili de’ Buzzoleni, de’ Cortona, de’ Matteucci, de’ Sifaci, de’ Carestini, de’ Senesini, delle Boschi, delle Cuzzoni, delle Visconti, e di tanti altri, l’abilità de’ quali è ita sotterra con esso loro, sebben non rimanga spenta in quanto alla fama. […] Sì, tu vivrai negli annali della filosofia insieme col tuo illustre amico e protetto, e mentre il nome di tanti figli dell’opulenza disprezzati dai saggi e ben degni di esserlo, mentre quello di tanti vegetabili automati che si chiamano grandi per obbrobrio del titolo, si dileguerà dalla memoria degli uomini, come gl’impuri vapori che s’innalzano sulla superficie delle paludi, i nomi della Bulgarini, e di Metastasio brilleranno fra i posteri finché esisterà negli uomini un qualche sentimento del bello morale, e finché il carattere del genio riscuoterà i ben dovuti omaggi del pubblico .
Mentre, che a tanti spirti de Zagni hozi è concesso l’uscirne fuor da questi ombrosi mirti, ecco Sivel, che da ti vien adesso, che in paese me chiama de Muzzina la fama, el qual per fabbricar canzon sì spesso, el merita segur d’esser ammesso. […] E con questo ve baso la man, o Re de’ Zagni, pregando solo a no me dar del naso ne la partenza, perchè i miei compagni sta aspettando la niova, se son passà a la prova, che dopo tante grazie e tanti onori, volemo far comedie a sti Signori. […] E questi sono un niente ancora appetto ai tanti nominati nella genealogia di Zan Capella, che pubblico in fine. […] A riscontro della descrizione garzoniana, ecco un brano di Giambattista del Tufo, concernente il carnevale del 1588 in Napoli, ecc. ecc., riprodotto da Benedetto Croce nell’opera sua de’ Teatri Napoletani più volte citata : Vedresti ed anco allor tanti buffoni, Transtulli e Pantaloni, che, per tutti i cantoni, con le parole e gesti ed altri spassi fanno muovere i sassi ; sentireste d’intorno cento cocchi di musiche ogni giorno, come anco farse e tresche e imperticate da cento ammascherate, ed al suon del pignato e del tagliero cantar Mastro Ruggero, e simili persone col tamburello e con lo calassione, sentendo in giro chi da là e da quà : Lucia mia Bernagualà !
Recitò coi celebri Francesco Lombardi e Amalia Vidari ; e il Regli dice che erano tanti gli applausi ch’ egli coglieva da farne geloso il Lombardi stesso ; e aggiunge in fine del suo breve cenno : anch’ esso è uno di quegli attori, di cui si è perduto lo stampo.
Di questo ex attore intelligente, corretto, che per le parti di generico primario e di primo attore ebbe tanti schietti encomj dai giornali e dai pubblici nostri e forestieri, metto qui una nota autobiografica, la quale, nella sua modesta semplicità, rivela l’uomo e l’artista.
Sciagura volle che un giorno la magnifica dentiera, l’ammirazione di tanti adoratori, le cadesse di bocca, scoprendo un inganno che fu per molti lustri celato.
Alla Morelli Riprender vuoi marito : e in mezzo a tanti comici birboni, il più birbo scegliesti in Majeroni ?
Dopo lo accolse il paesello di Scandicci, ove s’era fatto dono in tanti anni di lavoro, di una romita e modesta casetta, e quivi morì fra le braccia della moglie e dei figli il 10 gennaio 1893.
Essa per sua natura sarebbe una commedia musicale, cui al più si permette di avvicinarsi alla farsa, ma non già a’ vaneggiamenti di pazzi e d’infermi, come sono i tanti malcuciti e sconnessi centoni che corrono per l’Italia. […] È prosa, dice l’invidia sotto la maschera del gusto; ma che bella prosa che fa obbliare tanti e tanti versi! […] E il dolce cuor di Racine avrebbe avuto bastevole tenerezza, e sensibilità per formare i Timanti, i Megacli, le Dircee, le Zenobie, e tanti altri affettuosi ed appassionati personaggi? […] Scarlati, Vinci, Porpora, Leo, Corelli, Veracini, Tartini, Bucarini, il nobile Marcello, l’eccellente storico della musica e maestro Martini, il Buranelli introduttore del gusto della musica italiana in Alemagna, il Mancini, il Sarro, il Durante gran maestro di gran maestri, l’ impareggiabile Pergolese, il maestoso ed infelice Gaetano Latilla, il profondo armonico Logroscino, il grande Jommelli, il gajo, vivace, dilicato Piccini, che ha prodotto in Parigi la felice rivoluzione predetta sin dal 1777 dal Signorelli (ne frema pure il Lampillas) il dotto Cafora, l’armonioso Majo, il felice Traetta, il pieno e grande Sacchini, il dolce Anfossi, l’espressivo e dotto Giuseppe Sarti, il graziosissimo Paiselli, e tanti e tanti altri per la maggior parte figli di Partenope, faranno confessare a’ posteri imparziali (secondochè affermò l’Inglese autore del Parallelo della condizione e delle facoltà degli uomini) che la perfezzione di sì bell’ arte è confinata nella parte più occidentale dell’Europa.
Così terminò il secolo XVI glorioso in tante guise per l’Italia; cioè per aver fatta risorgere felicemente in aureo stile la greca tragedia, il teatro materiale degli antichi, e la commedia de’ Latini; per l’invenzione di tanti nuovi tragici argomenti nazionali, e tante nuove favole comiche ignote a’ Latini; per aver somministrati a’ Francesi tanti buoni componimenti scenici prima che conoscessero Lope de Vega, e Guillèn de Castro; pel dramma pastorale ad un tempo stesso inventato, e ridotto ad una superiorità inimitabile; finalmente per L’origine data al moderno melodramma comico ed eroico. […] Questo è quello che giammai non seppero osservare tanti critici periodici, e autori di dizionarii oltramontani, i quali inveiscono contro l’opera Italiana.
Cooper Walke, non solo conservavano per mezzo della tradizione tutte le poesie composte da’ loro predecessori, e di continuo coltivavano la memoria ed esercitavano la fantasia sopra idee di eroismo, ma in tempo di battaglia, come tanti Tirtei, accendevano gli animi de’ soldati al furor marziale, battendo con entusiasmo l’arpa; e fu Eduardo I talmente persuaso della loro potente influenza su di essi, che avendo fatta la conquista del paese di Galles, per assicurarsela, per una politica (come dice Davide Hume nel vol. […] Diciamlo quì di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici che a lor bel piacere sono andati e vanno tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le nostre cose: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’ Italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie Gaulese, e surse non che il primo crepusculo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti e scienze tutte. […] Non hanno meritato lo studio dell’altre nazioni i tanti argomenti nuovi di drammi Italiani, da cui gli Oltramontani nei loro drammi di simile argomento hanno spesse fiate traportato con poco variamento non pur il piano, l’ intreccio, la condotta, le situazioni, lo scioglimento, ma i costumi, i caratteri, i pensieri, e gli affetti degl’ interlocutori posti in azione?
Francesco Righetti nel suo Teatro italiano (II, 104), parlando de' comici figli di comici, dice : il solo Francesco Lombardi s’alza gigante in mezzo a tanti suoi confratelli, che, o giacciono nell’oscurità, o appena toccano la mediocrità.
Se avessero eglino una norma fissa e costante a cui accomodarsi nella collocazion delle note si vedrebbero tanti capricci, tante irregolarità, tanti modi diversi di vestir l’aria istessa? […] [63] «Per criticar poi la musica delle nostre arie, adduce quei difetti che sono già stati conosciuti da tanti altri, e dei quali son più di venti anni che sin la ciurma dei nostri compositori se ne astiene, e in cui veramente i bravi maestri mai non sono incorsi. […] [64] Se i difetti da me apposti alla musica de’ nostri tempi sono stati conosciuti da tanti altri, essi adunque sono verissimi, e il quadro ch’io ho proposto non è per niente alterato, come ha finora preteso il giornalista. […] Infatti per tacer di tanti altri la scelta erudizione è vastissima, la prodigiosa lettura, la critica finissima, le viste sublimi e filosofiche, l’aureo stile e la logica esatta che risplendono nell’estratto del Signor Manfredini mi doveano far accorto del mio errore. […] Martini, del Buranello, del Trajetta, dell’Jomelli, dell’Hasse e di tanti e tanti altri, le quali composizioni potranno sempre servire di classico esemplare ai giovani che vorranno diventare eccellenti nell’arte di comporre.
Quindi il continuo sospetto che alimentava la discordia delle parti: quindi vennero quelle fortezze e castella opposte ad ogni nemico domestico o straniero, delle quali e nella Spagna e nel regno di Napoli ed altrove scorgonsi tuttavia in piedi su ripide balze grosse reliquie: quindi tante guerre intestine e tanti diritti di Leudi e Antrustioni, di Fedeli o Comiti e Gastaldi, di Ricos-hombres e Infanzones: quindi i guidrigil o tasse degli uomini, per le quali un uomo ucciso valutavasi tal volta al vilissimo prezzo di venti soldi: quindi le misere condizioni di tanti vassalli angarj, parangarj, schiavi prediali, censili, terziarj, filcalini ed altre specie di servi ed aldioni 2. […] Uno spirito generoso d’indipendenza e di libertà fermentava nel cuor dell’ Italia con tal vigore, che prima di terminare l’ultima crociata tutte le città considerabili aveano dagl’ imperadori comperati e ottenuti tanti privilegj che si potevano chiamar libere 8. […] Così dietro le ardite tracce dell’ Italia libera videsi quel terribil mostro in tanti luoghi perseguitato e mortalmente ferito. […] Ma per essere periti tanti drammi greci e latini potrà negarsi che si composero e recitaronsi nella Grecia e nel Lazio, e che rassomigliavano a quelli che ci rimangono?
So che lei mi compatirà perche le miserie dell’anno passato m’hanno a bastanza adotrinata, et io che sono pouera Vedoua, agrauata da tanti figli e famiglia, ho di bisogno di solieuo e non d’agrauio, e stimo più utile il stare a Casa che l’andar fuori senza speranza di guadagno, le mie raggioni sono tante euidenti, che so ueranno approuate da V.
Se con lui sempre starete nuovi scherzi apprenderete, nuove grazie, nuovi sali, e facezie naturali, ch'ei succhiato ha dalla balia per conforto dell’ Italia, chè se l’ode su la scena la dolente si serena, e dimentica gli affanni ch'ella soffre da tanti anni !
Marmi, bronzi, statue, colonne ed altre preziose reliquie di tanti teatri Greci, a dispetto degli anni che gli abbatterono, ne manifestano la solidità e la magnificenza. […] Qual magnificenza qual concorso qual lusso quali profusioni per un semplice divertimento di una repubblica sì picciola in confronto di tanti poderosi stati moderni arricchiti dalle miniere Americane, ne’ quali sono pure cosi meschini e spregevoli i teatri! Ma quella Atene che con tale ardore correva al teatro e fuggiva gli accampamenti, che profondeva in quello tanti tesori, e negavagli ai patriotici progetti di Demostene, si corruppea, rovinò per questo appunto, divenne schiava e poi barbara.
Pisone il quale fu in procinto di essere acclamato imperadore e sostituito a Nerone, se la congiura di tanti illustri Romani non si fosse scoperta, soleva esercitarsi a rappresentar tragedieb. […] Ebbe egli poi tanti protettori che fu richiamato. […] Ma le nostre querele e quelle di tanti scrittori contro de’ pantomimi, cadono sulla loro arte o sulla scostumatezza?
Questa Prima Cagione del tutto che abbellì la superficie del nostro pianeta col vago variamente colorito ammanto di tutto il regno vegetabile, la popolò d’innumerabili esseri animati, quali d’ingenti forze dotati come i leoni, quali in mille guise proficui come tanti armenti, pesci e volatili, quali di vaghe e care spoglie abbigliati, come le martore, gli armellini, le zebre e le americane tigri, quali per dolci concenti commendabili come usignuoli, canarii, uccelli-mosche e colibrì, quali notabili per sagace istinto come le api, i destrieri, i cani, le scimie, gli elefanti, ed i castori operai insieme ed architetti de’ loro borghi. […] Ma lo spirito indagatore irrequieto che lo predomina, scorrendo rapido e curioso per tanti oggetti sensibili che lo circondano, fa germogliare in lui con incredibile fecondità nuovi desiderj, gli presenta nuovi bisogni da soddisfare, e gliene addita le guise. […] In Francia, dove tanto si studia e fiorisce la declamazione, gli attori per la maggior parte sono autori essi stessi, come già furono Moliere, la Place, Dancourt, Baron, e come oggi sono Piccard, Duval, la Molè e tanti altri.
Pisone, il quale fu in procinto di essere acclamato imperadore e sostituito a Nerone, se la congiura di tanti illustri Romani non si fosse scoperta, soleva esercitarsi a rappresentar tragedie137. […] Ebbe egli poi tanti protettori che fu richiamato. […] Ma le nostre querele e quelle di tanti scrittori contro de’ pantomimi, cadono sulla loro arte o anzi sulla scostumatezza?
Tali e tanti erano i fregi e i quadri, e così pompose le decorazioni, che essendosi così preziosi materiali bruciati per malignità degli schiavi di lui in una casa di campagna che avea in Tuscolo, ne montò la perdita a cento milioni di sesterzi in circa, cioè intorno a due milioni e ottocentomila ducati napoletani.
Tali e tanti poi erano i fregi e i quadri, e così pompose le decorazioni, che essendosi tali preziosi materiali bruciati per malignità de’ di lui schiavi in una casa di campagna che aveva in Tuscolo, ne montò la perdita a cento milioni di sesterzi in circa, cioè intorno a due milioni e ottocentomila ducati Napoletani.
A. e le mie pretensione no son altro che nessun tiri più di me, leuato la spagniola, e quelli di 3 quarti stieno nel suo posto che se gli altri di Compagnia, toltone la mia casa, glie la uoran dare, l’hauro caro anzi p no pregiudicargli faro in aparenza constare, enziandio in scritto, co i compagni che anchio son della medesima volonta di dargli le doi parte ona cbe in sostanza io no resti defraudata nelle parte della mia casa, son pouera giouane, son stata tanti mesi senza recitare, hauto malatie altre prigionie de parenti, famiglia assai, e lite si che puole ognuno considerare come sto.
E Otello da tanti anni al servizio della repubblica, capitano di ventura, nato da stirpe regia, gentile come una fanciulla, buono ed ingenuo come un bambino, dovrebbe dimostrare al pubblico un’indole selvaggia ? […] Alcuni di quei comici, e ve ne han pur tanti, che lottan colla fame, e imprecan contro l’arte, e…. non infilan quattro parole al lume della ribalta senza uno sproposito, trovaron ridicole ed esagerate le esigenze artistiche di Emanuel ; e le sue furie per una papera, per una battuta ritardata, per una intonazione sbagliata, chiamarono pazzia.
Tra tanti attori mimici che separaronsi da’ Comedi, spiccarono in seguito i Pantomimi istrioni ballerini che presero il nome dal contraffare con atteggiamenti senza parlare tutte le cose. Lasciando a parte la riferita ambizione di tanti diversi rappresentatori, ciascuno de’ quali cercò di distinguersi da se, vuolsi riflettere all’osservazione che soggiugniamo. […] Fra tanti magnifici ingegnosi spettacoli de’ Greci ne troviamo uno assai puerile.
Tra tanti attori mimici che separaronsi da’ comedi, spiccarono in seguito i Pantomimi, istrioni ballerini che presero il nome dal contraffare con atteggiamenti senza parlare tutte le cose. Lasciando a parte la riferita ambizione di tanti diversi rappresentatori, ciascuno de’ quali cercò di distinguersi da se, vuolsi riflettere all’osservazione che soggiugniamo. […] Fra tanti magnifici ingegnosi spettacoli de’ Greci ne troviamo uno assai puerile.
Grande robusto eroico pieno di brio e di fierezza, apparve talvolta turgido impetuoso oscuro, e nonpertanto a traverso di tanti secoli e delle vicende de’ regni, è pervenuto alla posterità che l’ammira nel Prometeo, ne’ Persi, ne’ Sette a Tebe.
Quindi il continuo sospetto che alimentava la discordia delle parti: quindi vennero quelle fortezze e castella opposte ad ogni nemico domestico o straniero, delle quali e nella Spagna e nel regno di Napoli ed altrove scorgonsi tuttavia in piedi su ripide balze grosse reliquie: quindi tante guerre intestine e tanti diritti di Leudi e Antrustioni, di Fedeli o Comiti e Gastaldi, di Ricoshombres e Infanzones: quindi i guidrigil o tasse degli uomini, per le quali un uomo ucciso valutavasi tal volta al vilissimo prezzo di venti soldi: quindi le misere condizioni di tanti vassalli angarii, parangarii, schiavi prediali, censili, terziarii, fiscalini ed altre specie di servi ed aldionia. […] Uno spirito generoso d’indipendenza e di libertà fermentava nel cuor dell’Italia con tal vigore, che prima di terminare l’ultima crociata tutte le città considerabili avevano dagl’imperadori comperati o ottenuti tanti privilegii che si potevano chiamar libere a. […] Così dietro le ardite tracce dell’Italia libera videsi quel terribil mostro in tanti luoghi perseguitato e mortalmente ferito. […] Ma per essere periti tanti drammi greci e latini potrà negarsi che si composero e si recitarono nella Grecia e nel Lazio, e che rassomigliarono a quelli che ci rimangono?
Capo IV Teatro Italiano nel Secolo XVIII Que’ pochi eruditi che con sommo cordoglio e indignazione verso la fine del passato secolo vedevano la depravazione dell’eloquenza poetica e oratoria nel seno della madre delle arti, ebbero finalmente la buona ventura di far tanti proseliti e allievi del vero gusto, che nel 1690 poterono instituire in Roma un’accademia sotto il semplice nome d’Arcadia, e seminarne di mano in mano per l’altre città d’Italia varie colonie. […] Ma le osservazioni della fredda critica non sogliono ascoltarsi da’ lettori sensibili, i quali commossi, perturbati da tante situazioni dolorose, da tanti quadri compassionevoli coloriti maestrevolmente alla greca, molli di lagrime accompagneranno la desolata madre di Ettore e Polissena. […] Ma il Demofoonte si scosta moltissimo dall’originale, perché la favola avviluppata alla maniera dell’Edipo, i costumi di Tracia che vi si dipingono, i colpi di teatro necessari al genere drammatico musicale, e tanti nuovi pensamenti, danno al componimento di Metastasio un’aria totalmente originale. […] Martini, Durante, Pergolese, lo Groscino, Latilla, Jommelli, Piccini, Cafora, Majo, Sacchini, Traetta, Paiselli, e tanti altri maestri famosi, per la maggior parte figli di partenope, faranno confessare ai posteri disappassionati (secondo che afferma l’autor inglese del Parallelo della condizione e delle facoltà degli uomini) che la perfezione di sì bell’arte é confinata nella parte più occidentale dell’Europa. […] Si ammirano eziandio come eccellenti esecutori del ballo grottesco il Viganò, e del serio e gentile il fiorentino Vestris che nel teatro lirico di Parigi tanti applausi riscuote fin da’ francesi in siffatto genere tanto delicati.
Una parentesi : Che i Gonzaga fossero appassionatissimi pel teatro è fuor di dubbio ; ma è anche certo che la loro grande passione non andava discompagnata dall’ambizione di avere in tal materia la supremazia ; nè da questa lettera, giacente nell’Archivio di Modena, della quale non è riuscito ad alcuno finora trovar conferma nelle carte dell’Archivio Mantovano, nè dalle prigionie patite dal Parrino e da tanti, alla liberazion de'quali s’occuparon patrizj e potentati in vano, nè dalla cacciata da Mantova degli stessi Gelosi il '79, ci sarebbe certo da dirli stinchi di santo. […] Altri dise che l’esser orbo è un gran contento ; openion de quel filosofastro di Asclepiade, che vegnuo orbo ringraziette el cielo che per l’auegnir el faraue andà accompagnao dove prima l’andava solo, e non havevane abuo tanti impedimenti a i so studij.
Se alcuno può difender Troia, Enea sarà quel desso, che è ora alla guardia della torre del palagio e con la uccisione di tanti Greci ha già in parte vendicato la patria.
Nullameno, dopo tanti allori mietuti, dopo di aver dato l’anima all’arte sua, egli, che trovandosi al cospetto del pubblico, sentiva il sangue fluirgli vivo nelle vene e una ricreazione immediata e nuova dello spirito ; dopo di avere impegnata assieme al Burchiella una lotta gagliarda e pur troppo infruttuosa contro l’avversione o apatia del pubblico, dovette piegarsi, e abbandonar la scena a cinquant’anni circa, per godersi il danaro che s’era guadagnato, in mezzo alle attestazioni di stima e di affetto che gli venivan certo da ogni parte, ma che non gl’impediron mai forse di menare una vita di rimpianto.
Quanto al Meneghino, egli s’adontava ogni qualvolta gli si desse il nome di maschera…. e lo si mettesse in mazzo con Arlecchino, Brighella e Pantalone. « Meneghino – egli diceva – è carattere e non maschera, » e Ambrogio Curti, da cui tolgo le presenti parole, aggiunge : « ed io credo fosse proprio nel vero, perocchè egli fosse la sintesi fedele del carattere milanese o piuttosto ambrosiano, che, per il confluire nella mia città di tanti diversi elementi d’ogni popolazione d’Italia, si va ogni dì più perdendo. » Alcuni fecer derivare il nome di Meneghino da Domenico, altri da omeneghino, piccolo uomo : altri ancora da Menechino, come s’usò per erronea lettura chiamare I Menechini, facendo risalire il nostro tipo, non so con quali argomenti, alla Commedia plautina.
E tanti altri giovani, i quali sono autori di più di diecimila tragedie e sono più loquaci di Euripide? […] Risponde il Dritto che se i giovani prestassero orecchio a ciò che dice il suo nemico, diventerebbero tanti infami cinedi. […] (conchiude il mal pagatore) il mare non cresce col concorso di tanti fiumi, e pretendi tu che il tuo danajo si aumenti colle usure? […] Probabilmente costui e di Greca lingua e di poesia113 s’intende meglio del popolo Greco il più illuminato dell’universo, meglio di Platone, meglio di Aristotile, meglio di Moliere stesso, meglio di tanti e tanti grand’ingegni antichi e moderni, i quali tutti hanno avuta la compiacenza di ammirare Aristofane. […] In questa guisa appunto l’intendeva Menandro, la delizia de’ filosofi, l’ oggetto di tanti elogj, la misura de’ voti di tanti poeti diammatici, il modello di Terenzio.
Non prima mi fui posto nel Soglio giudicesco, che tutti in truppa, come tanti Zingari, cominciarono a voler dirmi le lor ragioni. […] à che far tanti romori ?
Esse o non esistono, e perciò se ne ignora la natura, o certamente non sono rigorose tragedie più delle sei del Vega, e delle altre favole eroiche di tanti altri, e delle commedie del Castro pubblicate in Valenza nel 162154. […] In somma ha questa favola tali e tanti difetti, che mi parve di un altro autore, ancor quando ignorava che la prima fosse una semplice copia e traduzione, malgrado dell’uniformità che si scorge nello stile e nella verisificazione di entrambe. […] Ma se tanti e sì grandi sono i difetti dell’Isabella, quelli dell’Alessandra vincongli di numero e di qualità. […] E quindi nasce che tanti si fanno un pregio di coprirli di vergogna. […] Dovea io passando il mare recarne meco, quando per le solite avverse combinazioni che mi perseguitano, ho dovuto soggiacere alla perdita di tanti miei proprj scritti per averli colà lasciati?
Noi siamo persuasi più dall’esempio di tanti e tanti veri filosofi, e valent’ uomini che ne ragionano consommo vantaggioa che dagli schiamazzi delle cicale letterarie che declamano contro di essa senza aver mai saputo che cosa è l’uomo, che società, e che coltura generale delle nazioni.
Abbiamo osservato nel parlar de’ drammatici Italiani l’esattezza di tanti industriosi scrittori intenti a far risorgere l’arte teatrale de’ Greci. […] Gli si faccia parimente grazia del non aver conosciuta la storia letteraria Italiana, come dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia lo studio de’ Greci: a quella Italia, dove anche nella tenebrosa barbarie de’ bassi tempi fiorirono intere provincie, come la Magna Grecia, la Japigia e parte della Sicilia, le quali altro linguaggio non aveano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa del loro sapere a Costantinopoli i Metodj, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione del Greco Impero tutta si diede alle greche lettere, e fu la prima a comunicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo del Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio di Nebrissa, ed all’ Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e del Guarini maestri de’ due Guglielmi Lilio e Gray: a quell’Italia, dove (per valermi delle parole di un elegante Spagnuolo) la lingua greca diventò sì comune dopo la presa di Costantinopoli, che, come dice Costantino Lascari nel proemio ad una sua gramatica, l’ ignorare le cose greche recava vergogna agl’ Italiani, e la lingua greca più fioriva nell’Italia che nella stessa Grecia 22: a quell’Italia in fine che oggi ancor vanta così gran copia di opere nelle quali ad evidenza si manifesta quanto si coltivi il greco idioma in Roma, in Napoli, in Firenze, in Parma, in Padova, in Verona, in Venezia, in Mantova, in Modena ecc., che essa vince di gran lunga il gregge numeroso de’ viaggiatori transalpini stravolti, leggieri, vani, imperiti e maligni, tuttochè tanti sieno i Sherlock e gli Archenheltz23.
A lui sono stati decretati a ogni nuova interpretazione gli onori del trionfo ; e il pubblico ricorda ancora, fra tanti, il godimento intellettuale provato, quando egli, al fianco di Eleonora Duse, apparve sotto le spoglie di Lucio Settala nella Gioconda e di Leonardo nella Città morta di Gabriele D'Annunzio. Non vi fu città, si può dire, nostra o forestiera, in cui l’estro poetico, non si risvergliasse a dir le sue lodi : tra i tanti versi (ve n’han già dell’83, quand’egli era al Pantera di Lucca, presagenti la gloria futura) scelgo questi di Achille Testoni, dettati l’ottobre del '95 quando al grande attore drammatico | vanto dell’arte italiana | il pubblico modenese | l’entusiasmo più alto e sincero | addimostrava.
I salti immaturi (ed a ciò, per non farsi deridere, dovrebbero riflettere tanti e tanti moderni filosofi critici che per affettar gusto sopraffino rimproverano all’Italia la languidezza e ’l portamento tutto greco de’ drammi del cinquecento) i salti, dico, troppo pronti ed immaturi o son vicini a’ precipizj, o non avvengono felicemente che per prodigj; ed i prodigj sono pur così rari in natura. […] Scrisse il Carretto tre altre commedie, una delle quali s’intitolava I sei Contenti; ma esse non videro la luce, per esserne forse gli eredi stati distolti da tanti altri drammi di maggior pregio che dipoi apparvero. […] Ma per tali nei si priveranno i leggitori del piacere che recano tanti bei passi pieni di eleganza e vaghezza sparsi nelle tragedie del Rucellai? […] L’errore che dà motivo a tanti disastri (ottimamente affermò il dottissimo Marchese Maffei nel II tomo del Teatro Italiano) non potendo essere più umano, nè più compassionabile, non saprebbe incontrar meglio l’idea dell’ arte. […] Solo si è detto che hanno essi abusato del maraviglioso con tanti voli d’ ippogrifi, con Atlanti e Melisse, con eroi fatati, avventure incredibili ecc.
Io straniero, oltraggiato da Garcia de la Huerta e da Ramòn La-Cruz (se gli Huerta e i La-Cruz colle native villanie di Lavapies e de las Maravillas potessero oltraggiare altri che se stessi) perseguitato dagl’ingrati apologisti come antispagnuolo a dispetto della verità e dell’evidenza, io, dico, straniero mi accingo a rilevare i pregi di tal tragedia che avrei potuto impunemente dissimulare come negletta e ignorata da tanti nazionali sino a’ giorni miei. […] Esse o non esistono, e se ne ignora perciò la natura, o non sono certamente tragedie rigorose più delle sei del Vega, e delle altre favole eroiche di tanti altri, e delle commedie del Castro pubblicate in Valenza nel 1621a. […] In somma ha questa favola tali e tanti difetti, che mi parve di un altro autore, ancor quando ignorava che la prima fosse una semplice copia o traduzione, malgrado dell’uniformità che si scorge nello stile e nella versificazione di entrambe. […] Ma se tanti e sì grandi sono i difetti dell’Isabella, quelli dell’Alessandra vincongli di numero e di qualità. […] Dovea lo passando il mare prevedere la mala fede dell’Huerta che negherebbe ciò che era notorio, e recarne meco per convincerlo, quando per le solite avverse combinazioni che mi hanno di tratto in tratto agitato, ho dovuto soggiacere alla perdita di tanti miei proprii scritti per averli colà lasciati?
Io mi lsingava del contrario sin dal 1777: ma essa ha pure applaudito il Bouru bienfaisant, e non per tanto dopo tanti altri anni non osa rientrar nel camino della buona commedia e ne’ confini prescritti dall’invariabile Ragion Poetica.
ma per non hauerla potuto seruire questo Carneuale, et perche la riuerenza con la quale l’osseruo da tanti ani in quà supera ognaltra uedendomi così à uiua forza hauer mancato a chi tanto son tenuta, et hò desiderato sempre seruire, uiuo la piu scontenta donna che mai nassesse, et però à suoi piedi ricorro suplicandola ritornarmi nella sua gratia, et l’istesso dico di petrollino, poi che per mia causa è incorso in errore, il quale per l’affano che sente si può dir che facia la penitenza de l’errore, et accresse la mia col suo cordoglio : ma perche una sintilla de quella benignità, con la quale la mi ha sempre fauorita può render noi felicissimi io di nouo caldamente la suplico et humilissimamente me et questo suo deuoto benche basso seruo raccomando, oferendo me et la mia Compagnia suplire al mancamento et pregar Dio per la sua conseruatione, che nostro Signore la feliciti. di Venetia a di. 5.
Tuttavolta un osservatore paziente e ingenua troverà fra tanti mostri varie commedie scritte con ingegno, qualora voglia perdonar loro gli errori sulle unità. […] Giovanni Dryden, nato d’una famiglia cospicua nel 1631, il quale divenne cattolico sotto Giacomo II, e morì nel 1701, fu autore di tanti componimenti drammatici in più d’un genere ingegnosi e difettosi, che possiamo considerarlo come il Lope de Vega d’Inghilterra.
Noi siamo persuasi più dall’esempio di tanti e tanti veri filosofi e grand’uomini che ne ragionano con sommo vantaggio 5 che dagli schiamazzi delle cicale letterarie che declamano contro di essa senza aver mai saputo che cosa è l’ uomo, che società, e che coltura generale delle nazioni.
Avrebbe certamente quel bibliotecario parlato con maggior circospezione, se si fosse anche ricordato di ciò che si narra da tanti scrittori (V. il P.
Nè solo parlava, si vestiva, si profumava alla francese, in modo da nauseare chiunque l’accostasse ; ma anche nella recitazione aveva messo una cotale affettazione da riuscire sgradita a quello stesso pubblico che poco a dietro l’aveva coperta di tanti applausi !
E tanti altri giovani i quali sono autori di più di diecimila tragedie, e sono più loquaci di Euripide? […] Stupisce il candidato, perchè queste Nuvole non rassomigliano a quelle che ei suol vedere iu aria, avendo queste l’aspetto donnesco; e quelle che volano per l’aria sembrano tanti volumi di lana che ondeggi. […] Risponde il Dritto che se i giovani prestassero orecchio a ciò che dice il suo nemico, diventerebbero tanti infami ciuedi. […] (conchiude il mal pagatore) il marc non cresce col concorso di tanti fiumi, e pretendi tu che il tuo danajo si aumenti colle usure? […] Probabilmente costui e di greca lingua e di poesiab s’intende meglio del popolo Greco il più illuminato dell’Universo, meglio di Platone, meglio di Aristotile, meglio di Moliere stesso, meglio di tanti e tanti grand’ ingegni antichi e moderni, i quali tutti hanno avuta la compiacenza di ammirare Aristofane.
Il severo e religioso contegno del papa Innocenzo XI trattenne in seguito per qualche tempo il corso a siffatti divertimenti, ma dopo la sua morte incominciò di nuovo la corte ad assaporarli, dando a ciò occasione il concorso di tanti stranieri e la magnificenza di tante famiglie principesche, le quali si pareggiavano coi sovrani nella sontuosità e nelle ricchezze. né troppo era strano il vedere i cardinali stessi impegnati nell’accrescer lustro e splendore a’ teatrali spettacoli; tra essi basti annoverare il cardinal Deti, il quale in compagnia di Giuglio Strozzi istituì l’anno 1608 nel proprio palazzo l’Accademia degli Ordinati, destinata a promuovere le cose poeti che e le musicali, come anche un altro porporato illustre scrisse, e fece rappresentar l’Adonia, melodramma di cui Giammario Crescimbeni fa ne’ suoi Commentari un magnifico elogio, ma che debbe riporsi tra i molti insensati panegirici, che il bisogno o la voglia di farsi proteggere detta non poche fiate a quelli scrittori che fanno della letteratura un incenso onde profumare gl’idoli più indegni di culto. […] Sui primi anni del regno di Filippo Secondo s’introdusse l’usanza di cantar duetti e terzetti nelle commedie, e il melodrammma sarebbe stato conosciuto più presto se da una parte il carattere di Filippo Terzo dedito alla divozione e alieno da i teatrali divertimenti, e dall’altra la preferenza data da Filippo Quarto alle commedie nazionali nelle quali furono insigni al suo tempo Calderon, Montalban, Solis, Mureto e tanti altri sotto le insegne del loro antecessore Lope de Vega, non avessero altrove chiamata l’attenzione del pubblico .
Nell’inondazione di tanti scrittori drammatici di questo tempo ne troviamo quattro, i quali scrissero undici tragedie, Fernan Perez de Oliva, Geronimo Bermudez, Giovanni de la Cueva, Leonardo de Argensola. […] Da moltissimi se ne attribuisce l’invenzione a Calderón che tanti ne scrisse dalla nazione sommamente applauditi.
Sin dalla prima scena vi si espone lo stato del l’azione con arte e con garbo tale che l’antichissimo riformatore e padre della tragedia non ebbe bisogno dell’esempio altrui per condurre alla perfezione questa parte sì rilevante del dramma, nella quale tanti moderni fanno pietà, a differenza di Pietro Metastasio e di qualche altro che vi riesce felicemente. […] La vittoria di Sofocle fu un colpo mortale per un veterano come Eschilo fiero per tanti trionfi da lui riportati, vedendosi vinto dal primo saggio di un soldato novizio.
Ecco quel che il Riccoboni dice in proposito : La Città di Bologna, in Italia, che è il centro delle scienze e delle belle lettere, e dove sono una così celebre Università e tanti collegi di paesi stranieri, ci ha sempre fornito un gran numero di scienziati, e sopratutto di dottori, che avean le cattedre pubbliche di quella Università. – Essi vestivan la toga e in iscuola e per via ; e saggiamente si pensò di far del dottore bolognese un altro vecchio che potesse figurare al fianco di Pantalone, e i loro due costumi divenner, l’uno accanto all’altro, di una irresistibile comicità. […] E il Perrucci, che colla sua arte rappresentativa ha gettato veri sprazzi di luce in mezzo al bujo che avvolge le nostre scene ne’secoli xvi e xvii, dice : La parte del Dottore non ha da esser tanto grave, servendo per le seconde parti di Padre, ma per la vivacità dell’ingegno, per la soverchia loquela può darsele qualche licenza d’uscire dalla gravità ; ma non tanto che si abbassi al secondo Zanni, perchè allora sarebbe un vizio da non perdonarsele ; il suo linguaggio ha da esser perfetto Bolognese, ma in Napoli, Palermo ad altre città lontane da Bologna, non deve essere tanto strigato, perchè non se ne sentirebbe parola, onde bisogna moderarlo qualche poco, che s’accosti al Toscano, appunto come parla la nobiltà di quell’inclita Città, e non la Plebe, di cui appena si sente la favella : onde allora ch’ebbi la fortuna di esservi, al mio Compagno sembrava d’esser fra tanti Barbari, non intendendo punto quella lingua.
Doppiamente apparisce poco giusta l’osservazione dell’illustre autore francese, se si considera che quest’atroce argomento, che per suo avviso non produce interesse per veruno, si è conservato per tanti secoli, e nelle nazioni più colte ha eccitato l’entusiasmo di tanti Tragici. […] Non per tanto in questo lunghissimo componimento di circa duemila versi, fra tanti concetti affettati e strani, trovansene alcuni giusti, bene espressi e spogliati di ogni gonfiezza. […] Ma quì i leggitori di ogni paese non macchiati di manifesta malignità nè pervertiti da’ fini particolari, diranno forse così: «Perchè mai il Signorelli che da simili oltramontani viene acclamato or come uno de’ più istruiti nella letteratura spagnuola, ed or come assai giusto censore quì dove egli ravvisa bellezze in un tragico spagnuolo universalmente disprezzato: venga poi reputato decaduto da tanti bei titoli di saggia censura e d’imparzialità quando in altre cose discorda da tanti apologisti?
Dal che é avvenuto che per una forte accensione di fantasia sondata per lo più in una radice etimologica, in un monumento ambiguo, in un paralogismo, ciascun di loro ha creduto di veder prima che altrove, nelle antichità predilette fenicie, egizie, greche, o etrusche, le origini di tante cose che col soccorso della sola natura l’umana ragione sviluppata ha mostrate a questi e a tanti altri popoli.
Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologicà, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli.
Dal che è avvenuto che per una forte accensione di fantasia fondata per lo più in una radice etimologica, in un monumento ambiguo, in un paralogismo erudito, ciascuno ha creduto di vedere prima che altrove nelle antichità predilette Fenicie, Egizie, Greche, o Etrusche, le origini di tante cose, che col soccorso della sola natura l’umana ragione disviluppata ha mostrate a tanti popoli.
In mezzo a questa specie di ridda infernale, il Bellotti, sfiduciato, annichilito, perduta ogni speranza di rialzamento materiale e morale, si tolse tragicamente la vita in Milano, alle 2, 45 pom. di mercoledì, 31 gennaio 1883, empiendo di costernazione schiettamente sentita tutti i pubblici d’Italia, ch’ egli aveva mosso per tanti anni alle più sane risate.
Cosa vogliono significare que’ tanti storcimenti di collo, quel girare cogli omeri, quel non aver mai il torace in riposo non altrimenti che facciano gli avvelenati o i punti dal morso della tarantola nel tempo che si espone la sua ragione ad un principe, o mentre Regolo parla gravemente col senato di Roma? […] Ma di siffatto studio e cognizione, onde tanti vantaggi ne riporterebbe l’arte drammatica, niun pensiero si prendono i moderni Arioni. […] Ma nella musica, mercè al soverchio raffinamento cui si è voluto condurla, la verità della espressione è così poco adattata alla capacità della maggior parte, così poco riconoscibile l’imitazione, che necessario è che ondeggi anche il gusto fra tanti e sì discordi giudizi. Però mentre l’Apolline di Belvedere, il Laocoonte, e l’Ercole servono di modello tuttora agli statuari dopo tanti secoli; mentre la Venere di Tiziano, il S. […] [NdA] Se bene la prima origine del mutilar in tal guisa gli uomini sia incerta, è nondimeno antichissima, come lo è pur troppo quella di tanti altri abusi che disonorano ed avviliscono l’umana spezie.
Scrisse il Carretto tre altre commedie, delle quali una s’intitolò i Sei Contenti; ma esse non videro la luce, per esserne forse gli eredi stati distolti da tanti altri drammi di maggior pregio che di poi apparvero. […] Ma per tali nei si priveranno i leggitori del piacere che recano tanti bei passi pieni di eleganza e vaghezza sparsi nelle tragedie del Rucellai? […] Solo si è detto che hanno essi abusato del maraviglioso con tanti voli d’ippogrifi, con Atlanti e Melisse, con eroi fatati, con mille avventure stravaganti e incredibili ecc. […] Io non so come non vedesse egli quel che tanti altri anche suoi compatriotti osservarono, cioè che l’epoca de i duelli, delle giostre, de’ beni della lancia, è appunto un ritratto appena da piccioli lineamenti alterato, de’ primi tempi eroici degli Ercoli, de’ Tesei, e degli Achilli puntigliosi. […] Non hanno meritato lo studio delle altre nazioni i tanti argomenti nuovi degl’Italiani, da’ quali gli Oltramontani hanno così spesso trasportato con poca alterazione non pure il piano, l’intreccio, la condotta, le situazioni, lo scioglimento, ma i costumi, i caratteri, i pensieri e gli affetti degl’interlocutori?
Fra quelli che non sono Apologisti sono i tempi delle Scienze; e in questi tanti valentuomini, gloriosi ornamenti delle Accademie, Napoletana de’ Segreti, Fiorentina del Cimento, Romana de’ Lincei &c. […] Disingannatevi, Signor Abate, ne’ tanti Volumi delle Commedie Goldoniane, confrontando quelle d’Intrigo di Lope senza niuna regola con la Pamela, la Putta Onorata, la Buona Moglie, l’Avvocato Veneziano, il Cavaliere e la Dama, ed altre Commedie di Carattere del Goldoni, nelle quali esattamente copia la natura, e invece di Lope siegue Moliere. […] Egli niega, che il Teatro Spagnuolo sia mai incorso in tali errori, ad onta di tanti testimonj nazionali di tre secoli.
La parte che avea il cardinal de Richelieu a qualche componimento teatrale, i piani che ne distribuiva a Desmaret, Boisrobert, Colletet, ed altri, i soccorsi che ne tiravano tanti letterati, la guerra ch’egli faceva al Cid, e i benefici che in ricompensa versava sull’autore, tutto contribuì a fomentare e raffinar il gusto per gli spettacoli. […] La poca felicità notata da’ critici negli scioglimenti delle sue favole, qualche passo dato talvolta oltre il verisimile sol per far ridere, alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, ripresa da Fénélon, La-Bruyere, e Bayle, molte composizioni scritte per necessità con soverchia precipitazione, la mancanza di vivacità che pretendono di osservarvi gl’Inglesi, tutte quelle cose, ancor, ché fossergli con tutta giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’uomo; ma tanti e tanti suoi pregi, fino a quell’ora trovati coll’esperienza inimitabili, lo manifestano grande a segno, che al suo cospetto divengono impercettibili i contemporanei e i successori.
Dopo un sì fido amor, dopo tanti anni, Dopo tante speranze ecco qual premio Mi preparò la sorte! […] La geniale indolenza dell’autore mal resse a questa prova, nè soffrì il di lui amor proprio che un componimento che tanti gli attribuivano, così malconcio corresse per quelle contrade. […] Se egli avesse posseduta fantasia atta ad inventare e disporre acconciamente favole compiute in tanti anni, non l’ha certamente manifestato.
Non sono le lagrime che rendono difettose le favole di Sedaine, Mercier, Falbaire e tanti altri, ma il tuono tragico, i gran delitti, i patiboli. […] Il secolo (dice Dorante filosofo moderno) ha fatti tanti progressi che può oramai ridersi dell’odio e dell’invidia. […] E quando mai Vide la Francia tanti varj ingegni Opre più vaghe, più puri costumi?
Niuno crederebbe che Luigi Decimoquarto avvezzo ad ammirare tanti capi d’opera sovrani in ogni genere di poesia sene dovesse compiacere, come infatti sene compiacque, della triviale e plebea rappresentazione della Pomona, ove si parlava a lungo di pomi e di carciofoli, che potesse aver la sofferenza di sentir parlare nelle Pene, e piaceri d’Amore Diana, Venere, e l’Aurora col linguaggio delle fantesche e delle ostesse, e che non si raccapriciasse per lo spavento nel sentir codesta bestiale invocazion de’ demoni che si faceva nell’opera intitolata la Circe «Sus Belial, Satan, et Mildefaut, Turchebinet, Saucierain, Gribaut, Francipoulain, Noricot, et Graincelle, Asmodeus, et tout la séquelle.» […] [10] Siffatta riforma venne al melodramma per opera de’ più celebri poeti a quel tempo, de’ quali io non nominerò se non quelli che in qualche modo al cangiamento concorsero, lasciando le ricerche più minute a coloro che stimano aver fatto gran via nella carriera del gusto allorché sanno dirci appuntino il giorno della nascita e della morte, il numero e il titolo delle opere di tanti autori che il pubblico ha dimenticati da lungo tempo senza far loro alcun torto.
E se tanti e tanti altri materiali e favole degl’ Italiani imitò o tradusse Moliere con felice riuscita, ebbe torto manifesto Giambatista Rousseau quando scrisse che Moliere nulla dovea agl’ Italiani, a riserba del modo di rappresentare pantomimico di Scaramuccia, e della commedia del Secchi, e del Cornuto immaginario.
Ma ad onta di tanti difetti di regolarità, di stile ed istruzione, le favole di Pietro Calderòn de la Barca contengono molti pregi, pe’ quali piacquero e piacciono ancora in Ispagna, e trovarono traduttori ed imitatori in Francia prima di Moliere ed in Italia nel passato secolo. Chè se altrettanto non è concesso a tanti e tanti commediografi, bisogna dire che nelle di lui favole si nasconda un perchè, uno spirito attivo vivace incantatore, per cui, secondo Orazio, sogliono i poemi ascoltarsi con diletto quante volte si ripetono. […] Nel tempo che egli di tanti componimenti arricchiva il teatro castigliano, altri poeti fiorirono ancora, ma principalmente Agostino Moreto ed Antonio Solis, i quali per avventura nulla a lui cedevano per fantasia, e lo superavano per qualche altro pregio. […] Per la qual cosa tanti giudiziosi critici nazionali strepitarono negli ultimi tre secoli contro le follie teatrali, lusingandosi di arrestare l’inondazione fangosa colle loro letterarie querelea. […] Tutto in essa è sconcerto, stranezza, puerilità; nè lo stile e la versificazione rendono tanti spropositi meno nojosi ed in certo modo tollerabili.
Tutto in essa è sconcerto, stranezze, puerilità; nè lo stile nè la versificazione rendono tanti spropositi tollerabili.
E come trovarne dalla morte di Teodosio I fino allo stabilimento de’ longobardi in Italia, periodo il più deplorabile per l’umanità per lo concorso di tante calamità, di guerre, incendi, fame e peste, che desolarono l’Europa colla venuta di tanti barbari?
Di là vennero tante armate barriere, fortezze, castella baronali, opposte a’ compagni e al sovrano più che a’ nemici stranieri, delle quali e nel nostro regno e altrove veggenti tuttavia in piedi su ripide balze grosse reliquie: di là tante guerre intestine, tanti diritti de’ leudi e antrustioni, vassalli angari parangari, e schiavi prediali ec.
Così quelle notturne querele che secondo lo Scoliaste di Aristofane i villani oppressi da’ ricchi andavano spargendo pe’ villaggi indi per le città, trovarono da poi ne’ poeti comici tanti zelanti patrocinatori de’ loro diritti offesi; ed il magistrato Ateniese permise che si pubblicassero i loro oltraggi in teatro; ed animò con ciò i poeti ad infamar poscia impunemente i cattivi e i prepotentia.
Comunque sia, la Rodiana figura prima tra le commedie del Ruzzante (Vicenza, Giorgio Greco, 1584), e senza di essa non sarebbe la fama di lui attenuata, tanti sono i pregi onde abbondano le altre cinque, e le orazioni e i dialoghi rusticani.
Gl’inni sacri conservatici in varie tavole etrusche, i dialoghi satirici fescennini, i colori de’ vasi, gli anfiteatri, la statua di Giove Capitolino fatta in Roma sotto Tarquinio Prisco, il fanciullo di bronzo presentato da monsignor Carrara al pontefice Clemente XIV, e tanti altri monumenti di fresco dissotterrati, manifestano la perizia degli Etruschi nella poesia, pittura, architettura, e scultura. […] quell’eleganza che dopo tanti secoli conserva l’istessa forza imperiosa fu gli animi de’ posteri più lontani dalle latine contrade80? […] Non pertanto in quello lunghissimo componimento di circa duemila versi fra tanti concetti assettati e strani, trovansene alcuni giusti, ben espressi, e spogliati d’ogni gonfiezza. […] Egli ebbe poi tanti protettori che fu richiamato. […] Ma le nostre querele e quelle di tanti scrittori contra de’ pantomimi, cadono sulla loro arte, o sulla loro scostumatezza?
Se ciò è vero, errò Omero che nell’Iliade si prefisse di cantar solo l’ira perniciosa (μηνιν ουλομενεν) di Achille che tanti dolori cagionò agli Achivi ? […] Errò Milton nel Paradiso perduto facendo un poema eroico del funestissimo precipizio di tanti angelici cori? […] Mentre Fañez pensa a fare uccidere Rachele, Ruben in mezzo a tanti robusti armati solo debole e vile cava fuori un pugnale (come dice) per difendersi. […] L’autore nella morte e nel carattere di Rachele non ha alterata la storia (benchè in tanti altri fatti l’abbia senza necessità falsificata) perchè era persuaso che corregge meglio i costumi il gastigo del vizio ed il premio della virtù . […] Tanti giudizii mal fondati, e tanti fatti erroneamente esposti, non che sulla letteratura straniera, sulla spagnuola, mostrano ad evidenza essersi il sig.
tanti anni senza scrivermi, Senza avvisarmi ! […] Edificio magnifico eretto in soli sei mesi per l’attività di Angelo Carasale, dopo tanti gran teatri innalzati in Europa nel secolo XVIII, conserva ancora sopra tutti il primato. […] e v’inciampano tanti baldanzosi censori severi di Zeno e Metastasio ? […] Massei, Varano, Machese, Pindemonte, Alfieri e Goldoni ed Albergati e Giraud e Zeno e Metastasio in una carriera in cui tanti gli seguirono e niuno diè speranza di raggiungerli. […] A questa sola storia, dico, appartiene il giudicar di tanti grand’ingegni che vi hanno lavorato da tanti secoli ; ed il suo giudizio schietto ed imparziale additerà agli artisti nascenti il sentiero che mena senza tortuosi giri alla perfezione drammatica.
L’essersi conservato quest’atroce argomento per tanti secoli, l’aver trattenute tante diverse nazioni ed acceso l’entusiasmo di tante penne e di tanti pennelli, c’induce a dubitare della giustezza dell’osservazione del Signor di Voltaire. […] Non per tanto in questo lunghissimo componimento di circa duemila versi, fra tanti concetti affettati e strani trovansene alcuni giusti, bene espressi e spogliati d’ogni gonfiezza. […] Ma quì i leggitori di ogni paese non macchiati di manifesta malignità nè pervertiti da’ fini particolari, diranno forse così: Perchè mai il Signorelli che da questi oltramontani viene acclamato or come uno de’ più instruiti nella letteratura Spagnuola, ed or come assai giusto censore quì dove egli ravvisa bellezze non prima avvertite in un tragico Spagnuolo universalmente disprezzato, venga poi reputato decaduto da tanti bei titoli di saggia censura e d’imparz ialità, quando in altre cose discorda dagli apologisti?
Non già quella filosofia polverosa, che ristora tanti e tanti dalla perdita del senso comune coll’acquisto d’una dotta ed orgogliosa ignoranza, non quel gergo inconcludente usato allor nelle scuole, il quale invece di rischiarar l’intelletto altro non faceva che adormentarlo nel sogno della più sofistica stupidezza, ma quella aurea e divina che internandosi agguisa dell’anima universale de’ pitagorici per entro a tutte le facoltà dell’umano sapere non ischiva di travestirsi sotto il fascino della eloquenza, o sotto i vezzi dell’armonia affine di stillare più soavemente negli animi la verità. […] [39] Altri finalmente decideranno se il Metastasio abbia sempre cavato dal proprio fondaco o dall’altrui i suoi pregiatissimi drammi; se l’imitazione de’ Greci, Inglesi, Francesi e Italiani sia abbastanza nascosa, o troppo visibilmente marcata; s’abbia tolta l’arte d’intrecciar gli accidenti da Calderon, autore ch’aveva tra i suoi libri e che a ragione veniva da lui stimato moltissimo a confusione di tanti saccenti, i quali intieramente lo dispregiano senz’averlo neppur veduto. […] Ma qual interesse ho a prendere per gli affettati sospiri di Amenofi, di Barsene, di Cleofile, di Selene, di Megabise, di Tamiri e di tanti e tante che s’amano puramente per formalità e per usanza teatrale, non altrimenti che Don Chisciotte amava Dulcinea da lui non mai veduta né conosciuta, soltanto per non contravenir alle leggi della errante cavalleria, le quali volevano che ogni cavaliere avesse la sua bella? […] Quindi i tanti personaggi posticci che solo servono a spandere il languore, e che manifestamente si veggono introdotti dal poeta per sovvenir ai bisogni della favola e alla sterilità dell’invenzione. […] [59] Saranno altrettanti requisiti del melodramma che le principesse si travestano sì spesso in pastorelle, e menin la vita loro fra le selve senza contrasto alcuno e senza sospetto; che tanti personaggi vivano sconosciuti, come pare e finché pare al poeta; che tutti si scoprano appunto nelle stesse circostanze, e quasi per gli stessi mezzi; che gl’intrecci siano ovunque e dappertutto i medesimi, cioè una dichiarazio ne d’amore, una gelosia, una riconciliazione ed uno sposalizio, talmentechè chi legge quattro o cinque drammi di Metastasio può quasi dire di averli scorsi tutti quanti che gli scioglimenti riescano non solo troppo uniformi, ma spesse fiate sforzati o troncati, come già il nodo gordiano colla spada di Alessandro.
Di fatti la gloria principale dell’Ariosto e di molti altri comici Italiani, de’ quali dovrem ragionare, è questa appunto di aver migliorati gli argomenti degli antichi, e di averne poi tratti tanti e tanti altri dalla propria fantasia; la qual cosa gli rende superiori a’ Latini per invenzione, ed in conseguenza per vivacità. […] Ma si disviluppa affatto il di lui carattere quando egli stesso parla con Nibio, e svolge la sua economia furbesca nello scorticare differentemente i creduli suoi merlotti, con tal arte e grazia, che è da dolersi che la gioventù, la quale trascura la lettura di tali commedie, rimanga priva di tanti vezzi comici. […] Bartolo si fe sedurre da quell’avere, nè curò di cercare di queste infelici, ed al fine dopo tanti anni scorsi pensa a fare un pellegrinaggio per andarne in traccia, e per espiar la colpa. […] Non perchè tutte non ci presentino qualche pregio da osservarsi, chè ingegnose esse sono e in grazioso e puro stile da’ Toscani e non Toscani composte; ma solo perchè non permette tante minute ricerche e continue pause il nostro racconto che abbraccia tante età e nazioni e tanti generi di drammi. […] E Panzana additando l’uditorio dice: Eccone qua tanti.
E maggiore e più copiosa ricchezza in questo genere avrebbe il linguaggio italiano, se i nazionali da cieca venerazione sospinti verso i toscani, quantunque appoggiata su ragionevoli fondamenti, non si fossero lasciati imporre un despotico giogo di tribunale e di lingua, per cui vien tolta ad essi la facoltà di prevalersi di tanti modi leggiadri di profferire, di tanti suoni, ed accenti diversi che s’usano ne’ moltiplici e vari dialetti di questa penisola. né sono molto lontano dal credere, che se di comune consenso della nazione sene facesse una scelta giudiziosa di siffatte maniere, la quale poi avvalorata venisse dall’uso di scrittori egregi e di cantori bravissimi, la musica ne acquisterebbe un pregio maggiore assai di quello che attualmente possegga, udendosi ora l’accento molle de’ sanesi, che appena toccano a mezzo suono le vocali, e rendono alcune consonanti pressoché insensibili massimamente nel fine: ora l’intenso e veloce de’ napoletani, che squartano, a così dire, le sillabe colla loro larga pronunzia, che sarebbe perciò opportunissima a’ canti guerreschi, e vivaci: ora la soavità e la grazia del veneziano per la copia delle vocali, e per la prestezza nel profferirle atto all’espressione della voluttà: ora la chiarezza e sonorità del romano, che alle gravi e seriose melodìe mirabilmente si confarebbe. […] Ciò allora adiviene quando i licenziosi costumi d’un secolo, rallentando tutte le molle del vigore negli uomini, ripongono in mano alle donne quel freno che la natura avea ad esse negato: quando una gioventù frivola e degradata sagrifica alle insidiose tiranne della loro libertà insiem col tempo che perde anche i talenti, di cui ne abusa: quando gli autori veggonsi costretti a mendicar la loro approvazione se vogliono farsi applaudire da un pubblico ignorante o avvilito: quando i capricci della moda, della quale seggono esse giudici inappellabili, mescolandosi nelle regole del bello, fanno perder il gusto delle cose semplici, perché non si cercano se non le stravaganti: quando ci è d’uopo impicciolire gli oggetti e le idee per proporzionarle agli sguardi delle saccenti che regolano imperiosamente i giudizi e la critica di tanti uomini più femmine di loro: quando bisogna per non recar dispiacere ad esse, travisar in ricciutelli parigini i sublimi allievi di Licurgo, o impiegar il pennello grandioso d’un Michelagnolo a dipignere i voluttuosi atteggiamenti di qualche Taide: in una parola quando i geni fatti per illustrar il suo secolo e per sovrastarlo sono malgrado loro sforzati a preferire lo stile d’un giorno, che nasce e muore, come gli insetti efimeri, alle bellezze maschie e vigorose altrettanto durevoli quanto la natura, ch’esprimono.
D’ altronde il giudizioso Sofocle avrebbe esposto agli occhi de’ Greci una inverisimilitudine sì manifesta, se il fatto non fosse sembrato comportabile per qualche circostanza allora nota ed oggi involta nel l’oscurità di tanti secoli, o se avesse creduto far cosa contraria al pensare de’ suoi compatriotti? […] Le scene formate in Napoli nel teatrino del real Palazzo sotto Carlo III Borbone colla direzione del marchese Barone di Liveri possono esserne tanti evidenti esempi.
È se tanti è tanti altri materiali e favole italiane Moliere imitò o tradusse con felice riuscita, ebbe torto manifesto Giambatista Rousseau, quando scrisse che Moliere nulla dovea agli Italiani, a riserba del modo di rappresentare pantomimico di Scaramuccia, e della commedia del Secchi e del Cornuto immaginario .
r Don Cornelio siamo tanti offesi che me ne creppa il Core uedendoci non solo questa infamia publica in faccia ma adolarata la mia cara moglie in maniera tale che siamo piu che disperati, tanto piu che il Dottore di gia dice, auendo uisto la letera di Flaminio, io sono in Compagnia al dispetto di Buffetto : doue che aspetiamo magior desposti, se sua altezza non ci remedia con la sua Clemenza, per il douero bramo e non per altro. […] A. minaccie di uita per homo a posta, alhora ben che fureno false le imputationi si trataua di marito e moglie, et hora da un strano il tutto si comporta pacienza il tempo è padre de la uerità, antiuedo li disgusti che receuera la prima donna che uera da questo bon homo di già sento a buccinare molte cosse li quali (Dio facci che me ne menti per la gola) tutte saranno in danno della pouera Compagnia, nissune cosse mie noue ho fatto ne mai la mia scola per le ragione scritte tanto basti a chi di me più intende. il mio povero socero atende Grazia per guadegnarse un pezzo di pane e ciò lo suplico con ragione tanto più che non tirera ne quarto ne nulla, e pure tanti altri Comici ano le lor Gionte et sono soli, et io con Colombina non li posso far seruicio ben che sia mio socero : del tutto pero me contento per seruire a S.
Or qual colpo per un veterano come Eschilo fiero per tanti trionfi poetici da lui riportati al vedersi vinto al primo saggio di questo novizio soldato! […] Levaci tu da tanti strazj omai ecc. […] Con altro disegno leggeva i Greci il saggio Racine e ne ritrasse il vantaggio di rendersi superiore a tanti e tanti tragici. […] Ah tu morrai, E di tuo padre il nome Che tanti ne salvò, ti fia funesto. […] Le scene formate fra noi nel Teatrino del Real Palazzo sotto Carlo III colla direzione del Marchese di Liveri possono esserne tanti evidenti esempj.
Forse più che tragedia parrà questa Giocasta un romanzo drammatico per tanti colpi di teatro e per le avventure che vi si accumulano in poche ore. […] Perchè a sottrarne i vostri antichi padri Colà fec’io tanti prodigj orrendi? […] Non ha poco contribuito ad inspirar fra noi e diffondere per tanti paesi un nuovo ardore per la poesia tragica il generoso invito del Sovrano di Parma pel cui benefico genio Borbonico abbiam veduto in pro delle belli arti spuntar nuovamente i lieti giorni de’ Principi Farnesi. […] Ci tratterremo noi a dare una compiuta analisi di sì nota tragedia enunciata in tanti giornali buoni e cattivi, recitata in tanti teatri ed impressa tre volte in due anni? […] Monti che è stata una provvidenza che l’ Aristodemo avesse le sue secrezioni perchè non morissero tanti vermi.
che io sempre a tal proposito dirò, tanti pœnitentiam non emo), moltiplichiamo le nostre ciancie, purchè ci troviamo i nostri conti, cioè finchè io mi diverta nel mio ozio, ed Ella possa approfittarsi del diletto che porge ad alcuni suoi paesani.
Abbiamo osservato nel teatro italiano l’esattezza, e lo studio che posero tanti letterati per far risorgere la greca poesia drammatica, per gli cui sforzi furono imitati, ed esposti all’ammirazione universale i più gran tratti maestrevoli dell’antichità.
Grazia domando, perdonanza aspetto, Se sti ultimi dì v’ ho mal servio, Perchè son stada tanti zorni in letto, E ho dubità, ma son tornada in drio.
Se vero, la xe vecia, ma mi doman de sera faxo un bel teatro perchè tanti desidera de sentirla ; e po mi me tegno al provverbio che dise : gallina vecia fa bon brodo : E i provverbi de rado sbaglia.
[13] Da tali e tanti stimoli incitato Giulio Caccini uno de’ mentovati nella letteraria adunanza, prese, siccome era di vivo e pronto ingegno fornito, a perfezionare la maniera inventata dal Galilei, e molte belle cose introdusse del suo nella musica, che contribuirono non poco a migliorarla. […] [14] Avvegnaché l’Italia sortisse allora del secolo più glorioso della sua letteratura, e che tanti scrittori bravissimi avessero di già arricchita, e fissatta la più dolce e la più bella delle lingue europee, nullameno per le differenze che corrono fra l’armonia musicale e la poetica, delle quali parlai nel capitolo secondo, la poesia non avea per anco aperti alla musica fonti copiosi d’espressione. […] La novità dell’invenzione, che gli animi de’ fiorentini di forte maraviglia comprese; la fama dei compositori, dell’adunanza tenuta a ragione il fiore della toscana letteratura; l’occasione in cui fu rappresentata, cioè nello sposalizio di Maria Medici col re di Francia Arrigo Quarto; la scelta udienza, di cui fu decorata non meno di tanti principi e signori nazionali e francesi oltre la presenza del Gran Duca e del Legato del papa, che de’ più virtuosi uomini d’Italia chiamati a bella posta dal Sovrano in Firenze, tra quali assistettero Giambattista Jaccomelli, Luca Dati, Pietro Strozzi, Francesco Cini, Orazio Vecchi, e il Marchese Fontanella tutti o pratici eccellenti, o peritissimi nell’arte; l’esattezza nella esecuzione, essendo da bravissimi e coltissimi personaggi rappresentata sotto la dipendenza del poeta, ch’era l’anima e il regolatore dello spettacolo; finalmente il merito poetico del dramma il quale benché non vada esente d’ogni difetto è tuttavia e per naturalezza musicale, e per istile patetico il migliore scritto in Italia fino a’ tempi del Metastasio.
Or qual maraviglia che uno spettacolo, in cui poteva trionfare l’eccellenza di tanti valorosi artefici, venisse nelle prime città Italiane a gara accolto e coltivato? […] Tanta pompa di metri lirici, tante machine, tanti cori, ci mostrano l’opera nascente al tempo del Rinuccini, benchè da questo Fiorentino rimanesse il Savonese superato per interesse e per affetto. […] L’Italia poi che al dir del Maffei e nel bene e nel male suole andare innanzi ai concorrenti e soprastare, addottrinò così bene nel canto i suoi castrati, e tanti n’ebbe che potè fornire all’Europa tutta molte voci soprane conservate in quest’infelici con tanto oltraggio della natura. […] Laonde non ci tratterremo su tanti altri melodrammatici rammentati dal Mazzucchelli, dal Crescimbeni e dal Quadrio, nè sull’Achille in Sciro del marchese Ippolito Ferrarese rappresentato in Venezia nel 1663, nè sull’Attilio Regolo del Veneziano Matteo Noris impresso nel 1693 in Firenze, i quali illustri nomi attendevano un ingegno assai più sublime per trionfar sulle scene musicali.
Bisogna a ponto che sian tanti : tu hai fatto giusto il conto : cancaro, tu hai buona memoria. […] Io ho udito in Pariggi stando a mensa con alcuni (non so s’ io dica strauaganti, o bestiali humori) auuezzi però alle più rabbiose guerre di Europa : Io con tanti cavalli, in tanti giorni, mi darebbe l’animo di prender il Castel di Milano, & poi passarne per Italia, debellare, distruggere, fare, dire ; & perchè uno de’suoi camerata manco furioso li disse ciò non poter essere, costui saltò di tauola, & con un senso rabbioso disse : hor hora ve lo vo a far vedere ; & così veloce partì, che se non mi fosse stato detto, ch’ egli era andato a dormire io gli voleuo raccomandar certe cose, ch’io ho in Ferrara : orsù, vno di quest’ huomini si può rappresentare, su le scene, & lasciar per gli hospitali quelli, che con un salto vanno all’ Impirio a cena con Giove. Sarebbe facil’il ridur questa parte sotto la benignità dei miei auuisi, ma mi rende alquanto di dubio la frequenza dell’uso di tanti, che l’hanno rappresentata lontana dal mio parere, onde ridotto in natura il costume parebbe loro fuori del naturale ogn’altro modo, & fuori del buon camino ogn’ altro sentiero, che calcassero, & tenessero.
Ciò essendo errò Omero che nell’Iliade si prefisse di cantar solo l’ira perniciosa (μηνιν ουλομενεν) di Achille che tanti dolori cagionò agli Achivi? […] Errò Milton nel Paradiso perduto facendo un poema eroico del funestissimo precipizio di tanti angelici cori? […] Mentre Fañez pensa a fare uccidere Rachele, Ruben fra tanti robusti armati solo, debole e vile cava un pugnale (come dice) per difendersi, e Fañez per non far macchiare le spade de’ compagni nel sangue di una femmina, impone all’Ebreo di ucciderla promettendo a lui la vita. […] L’autore nella morte e nel carattere di Rachele non ha alterata la storia (benchè in tanti altri fatti l’abbia senza necessità falsificata) perchè era persuaso che corregge meglia i costumi il gastigo del vizio ed il premio della virtù. […] Il Bermudez fu un plagiario convinto, il Trissino inventore del suo dramma: il primo peccò nelle unità, il secondo insegnò all’Europa la greca esattezza: il primo formò un atto quinto assai freddo ed insipido, il secondo riuscì più interessante appunto nello scioglimento: il primo intepidì la passione di Don Pietro colle affettate espressioni, il secondo è tutto semplicità e verità: il primo posteriore a tanti altri moderni tragici pure ebbe bisogno di copiare la favola ed i pensieri del Ferreira, il secondo non si formò che su i Greci, e fu di esempio a tutte le nazioni moderne nel far risorgere la tragedia.