Non meritava la cieca idolatria de’ primi, avendo lasciate a’ posteri moltissime cose da migliorare; non le amare invettive degli altri a cagione di molti pregi che possedeva. […] Si rassomigliano in varie cose le commedie Nadie fie su secreto, ed il Secreto à voces; ma sono artificiose e naturali per alcune situazioni comiche. […] In questa favola Calderòn non ha evitato il solito difetto di mescolar colle scurrilità le cose sacre. […] El Castigo de la miseria, il castigo dell’avarizia di Giovanni La-Hoz lascia alla critica poche cose da censurare, e non poche da lodare. […] Varie cose ne trattarono i lodati Montiano, Luzan, Nasarre, l’Antonio, le cui lodi o invettive non volli adottare senza averle pesate con imparzialità.
Non meritava la cieca idolatria de’ primi, avendo lasciate a’ posteri molte cose da migliorare, nè le amare invettive degli altri, per molti pregi che possedeva. […] In questa favola Calderon non ha evitato il solito difetto di mescolare colle scurrilità le sagre cose. […] Anche in questa favola si vedono le solite allusioni buffonesche alle cose sacre. […] El Castigo de la miseria, cioè il castigo dell’avarizia, di Giovanni la Hoz lascia alla critica poche cose da censurare, e non poche da lodare. […] Varie cose ne trattarono il Montiano, il Luzan, il Nasarre, l’Antonio, le cui lodi o invettive non volli adottare senza averle pesate con imparzialità.
Osservisi ancora di qual impareggiabile poetica venustà rivesta egli gli argomenti più astratti della filosofia; come fra le sue mani le cose più spinose fioriscano, avverandosi colla magia della sua musa la favola di Armida che cangiava in giardini i deserti. […] Quindi dee principalmente badare al collegamento ed unità dell’azione, e alla pompa del dialogo; qualità che apportano seco maggior unione nelle scene, più d’ornamento nei discorsi, e sviluppo più circostanziato nelle cose. […] [58] Sarà parimenti colpa del genere, il quale permette forse molte cose che la verosimiglianza non permetterebbe, l’incertezza e la contraddizion che si scorge nel carattere di molti suoi personaggi nata unicamente dal desiderio di ripetere le situazioni medesime, e di mettere in mille guise a cimento una frivola passione. […] Del che basterà addurne in pruova un esempio, giacché a provare distintamente tutte le cose accennate vi vorrebbe un intiero volume. […] E come mantener questa qualora il poeta non ha l’arte di farlo assister come presente al soggetto di combinar colla scena l’azione e di metter d’accordo fra loto tutte le cose rappresentate?
Ma Cicerone osserva che Ennio, benchè miglior poeta di Nevio, scrivendo delle cose Romane tralasciò la guerra che Nevio aveva cantato quasi schivando il paragone. […] Queste cose pervenute nelle mani di Demone fanno ch’ei riconosca Palestra per la perduta sua figliuola. […] Aristofane in qualche coro ragiona a lungo delle proprie favole e delle altrui, cose che niuna relazione hanno coll’azione rappresentata. […] Si giustifica il buon vecchio, e mostra la malignità mal fondata di chi va spargendo tali voci senza essere delle cose appieno informato. […] Per tali cose la favola Pseudolo fu da Gellio chiamata festivissima ed ammirata dai moderni più sagaci interpreti, tra’ quali si distinse Federigo Taumanno.
Tali cose traggonsi dalle tenebre de’ secoli rozzi quando vogliono scoprirsi i principj delle arti; ma quando queste già vanno altere di grandi artisti, lasciansi nella propria oscurità gli operarj volgari. […] L’autore sostenne per essa una gran contesa con varj letterati; e sebbene si fosse gagliardamente difeso, volle riformarla e toglierne fralle altre cose le rime e i versi di cinque sillabe, ed all’ombra da prima introdotta nel prologo sostituire il personaggio di Venere. […] Io non sono cieco ammiratore di questa buona tragedia di tal modo che non mi avvegga di varie cose che oggidì nuocerebbero alla rappresentazione. […] Fralle altre cose cerca in tal guisa muoverla per l’ambizione e per la gloria: Ma tu, Semiramis, che in tutto il mondo Di gloria avanzi ogni famoso eroe ..... […] Per tali cose essenziali le greche tragedie che noi leggiamò, si chiamano così, e non già perchè si cantarono in Atene.
Tu stesso ne prendesti (dice poscia ad Ennio volgendosi) molte cose, se vuoi confessarlo, o le rubasti, se pretendi dissimularlo42. […] Queste cose pervenute nelle mani di Demone fanno ch’ei riconosca Palestra per la perduta sua figliuola. […] Aristofane in qualche coro ragiona a lungo delle proprie favole e delle altrui, cose che niuna relazione hanno coll’ azione rappresentata. […] Si giustifica il buon vecchio, e mostra la malignità mal fondata di chi va spargendo tali voci senza essere delle cose appieno informato. […] Per tali cose la favola del Pseudolo fu da Gellio chiamata festivissima, e ammirata da’ moderni più sagaci interpreti, tra’ quali si distinse Federico Taumanno.
Mentre tali cose accadevano nel pubblico teatro, non mancò chi s’ingegnasse di tradurre e di comporre alcuna commedia non mentovata da Cervantes, forse perchè non si rappresentò nè influì ai progressi dell’arte. […] Frattanto il vizio radicale della favola rende l’autore incerto fralla decenza e e la verisimiglianza, cose che non sa conciliare, si avvolge in difficoltà e cade in contraddizioni. […] Ma dotato di molto ingegno, di vasta fantasia e di eloquenza, per mezzo di una versificazione armonica e seducente, e della multiplicità degli eventi e delle cose più che maravigliose, cercò d’impadronirsi de’ cuori, e secondare, com’egli diceva, il gusto del volgo e delle donne, per la cui approvazione trionfava in Ispagna l’anarchia teatrale. […] Dopo le commediette della figlia del ferrajo e i colloquii pastorali di Lope de Rueda, venne tosto il Naarro di Toledo introduttore di battaglie e duelli, cose aliene dalla poesia comica, le quali dimostrano con evidenza che sull’incominciare i comici si rivolsero ad un nuovo sistema che confondeva i generi. […] Le persone che vi s’introducono del custode, del portinajo, del carnefice, e i plebei motteggi di quest’ultimo contro de’ rei, e lo sputar loro in faccia, sono cose tutte disdicevoli in una tragedia, e mostrano abbastanza che il Bermudez non sapeva lavorar senza maestro.
Morto Ataulfo si spendono tre altre non brevi scene nello svenimento di Placidia, nell’uccisione di Vernulfo, nelle insolenze di Rosmunda e nella di lei volontaria morte, cose che doveano soltanto accennarsi in pochi versi per non iscemare o distrarre l’ attenzione ad altri oggetti che al gran misfatto dell’uccisione di Ataulfo. […] Tali cose da me dette nella prima storia teatrale dispiacquero in parte al prelodato bibliografo de’ viventi, e prese a giustificarne l’Ayala, che non pertanto dopo la pubblicazione del mio libro erami rimasto amico fino alla mia partenza da Madrid. […] No, ella risponde, ho taciuto per timore e per vergogna, perchè (notisi il di lei sapere politico) chi comanda ama di veder eseguite certe cose che sapute prima egli non permetterebbe che si tentassero. […] Se queste cose avesse avvertito il bibliografo, mi avrebbe conceduto parimente che i versi rimati per coppia nella scena non sono i migliori tra’ metri castigliani, e non si sarebbe appoggiato sull’esempio di chi ha un solo vestito per togliere l’arbitrio della buona scelta a chi n’ha di molti e cari. […] Di tali cose vedi Sicardo, Bernardo Tesoriere, gli storici Inglesi e Francesi, il Muratori negli Annali.
Quei che attendono alle cose della religione e alla giurisprudenza, studiano i comenti dell’Alcorano, i decreti de’ Gran-Signori, e i Fetfà de’ Muftì, come noi ci occupiamo sulla Sacra Bibbia, su i santi Padri e sulle costituzioni de’ nostri legislatori.
Il solo Hann Sachs o Giovanni Säx calzolajo di Norimberga dal 1518 sino al 1553 compose sessantacinque giuochi di carnevale, settantasei commedie e cinquantanove tragedie, le quali cose racchiudonsi in cinque volumi in foglio.
Molte cose avremmo forse potuto riferire sui pregi di codesta donna che fu incontestabilmente a testimonianza di molti una delle più forti attrici del suo tempo, sì per dottrina, sì per valore artistico.
Tali cose non s’incontrano nel Cinna, né altrove. […] Il signor Ottavio Diodati, patrizio lucchese, pubblicò in Lucca nel 1761 Biblioteca Teatrale Italiana, in cui ha inserite produzioni originali, traduzioni, e molte cose proprie di poco merito. […] Le cose belle sono malagevoli tutte, dice un dettato greco: παντα κἁλετὰ τὰ καλἁ. Gl’Iddii vendono a’ mortali col prezzo di sudori immensi tutte le belle e buone cose, diceva Epicarmo, comico Filosofo. […] Ardisco dire, che muta di tali cose mette una differenza essenziale tra l’opera eroica e la tragedia; ma non é quello il luogo di trattarne di proposito.
E va proseguendo con dir cose che sembrano fuori di ragione, benchè osservi certo metodo nel dire e molta acutezza. […] A chi dici tu queste cose? […] Si faccia parimente grazia a codesto preteso matematico del non aver conosc iuta la storia letteraria Italiana, com’è dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia lo studio de’ Greci: a quell’Italia, dove anche nella tenebrosa barbarie de’ tempi bassi fiorirono intere provincie, come la Magna Grecia, la Japigia e parte della Sicilia, le quali altro linguaggio non avevano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa del loro sapere a Costantinopoli i Metodii, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione del Greco Impero tutta si diede alle greche lettere, e fu la prima a communicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo del Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio di Nebrixa, ed all’Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e del Guarini, maestri de’ due Cuglielmi Lilio e Gray: a quell’Italia, dove, per valermi delle parole di un elegante Spagnuolo) la lingua greca diventò sì comune dopo la presa di Constantinopoli, che, come dice Costantino Lascari nel proemio ad una sua gramatica, l’ignorare le cose greche recava vergogna agl’Italiani, e la lingua greca più fioriva nell’Italia che nella stessa Grecia a: a quella Italia in fine che oggi ancor vanta così gran copia di opere, nelle quali ad evidenza si manifesta quanto si coltivi il greco idioma in Roma, in Napoli, in Firenze, in Parma, in Pisa, in Padova, in Verona, in Venezia, in Mantova, in Modena, in Bologna, in Milano, che vince di gran lunga l’istesso gregge numeroso de’ viaggiatori transalpini stravolti, leggeri, vani, imperiti e maligni, tuttocchè tanti sieno i Sherlock e gli Archenheltz b. […] Mi vieta il mio argomento l’andar ricercando dietro ad ogni particolarità della scrittura di costui, nella quale trovansi sparse senza che vengano citate moltissime cose che leggonsi altrove, ed altre non poche a lui da questo e da quello Italiano sugeritegli, le quali ha egli registrate senza esame, e senza ben ricucirle col rimanente del suo libretto.
Tralascio poi le tirate, gli epigrammi, le definizioni metafisiche, la smania di mostrar in tutto dello spirito senza studiare il linguaggio della natura; delle quali cose introdotte a sazietà nelle commedie moderne si querelano concordemente molti critici francesi268; ond’é che l’anzinominato poeta osserva la decadenza della commedia francese in quella specie d’obblio, in cui é caduto Molière, dicendo: De Molière oublié le sel est affadi. […] Si dispera di pervenire all’altezza del drammatico romano, perché s’ignorano le cose che meritano riforma nell’ottima sua carriera; e che si é pensato?
Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffeia, più cose , dice, alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace. […] L’altro dell’anno 845 dell’Egira è di un Anonimo, e s’intitola Comoedia Blateronis, in cui da diversi interlocutori si tratta di tre cose differenti: nella prima parte parlasi della vendita di un cavallo, nella seconda delle furberie di alcuni vagabondi, nella terza di certi innammorati.
E giacchè con non isperata benignità accolse il pubblico il saggio che ne diedi l’anno 1777 nella Storia critica de’ teatri in un sol volume in ottavo, ho voluto, invece di riprodurla quale allora la pubblicai (come diverse volte ne venni gentilmente invitato dalla Società tipografica di Nizza, e da qualche librajo Veneziano e Napoletano), rifonderla ed ampliarla non di parole ma di nuove cose comprese in cinque volumi oltre di un’ appendice. […] Contento di aver quì accennato succintamente l’eccellenza e l’ utilità della poesia rappresentativa, stimo inutile per chi ha da leggere l’ opera il prevenirlo delle moltissime cose che la rendono del tutto nuova.
In tutti due questi Teatri fece valere Antonio Sacco la di lui abilità, mostrandosi un comico fondatissimo nelle cose dell’arte, e comparendo grazioso, arguto, e nelle facezie e nei sali spiritoso e bizzarro. […] Garrik in Inghilterra, Preville in Francia, e Sacchi in Italia : e nella Prefazione al Servitore di due padroni, Scenario, ossia Commedia a Soggetto, composta il 1745, mentre era a Pisa fra le cure Legali, dice di lui : I sali del Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che riescono più saporite, quando prodotte sono sul fatto dalla prontezza di spirito, dell’occasione, del brio.
Io adunque di bel nuovo mi occuperò della mia storia teatrale, e voi coll’accuratezza promessa stampatela colle aggiunte che vi trasmetto, e con gl’indicati miglioramenti or nell’espressioni or nelle cose, e nulla temete, perchè ad un bisogno non mancherà chi levi la mano per istrappar dal viso degl’impostori le speciose larve onde imbacuccati e camuffati si lusingano di rimanere ignoti.
Il solo Hann Sachs, ossia Giovanni Sax calzolajo di Norimberga dal 1518 sino al 1553 compose 55 giuochi di carnevale, 76 commedie e 59 tragedie, le quali cose racchiudonsi in cinque volumi in foglio.
So, e ne ho prove incontravertibili l’onestà sua, e l’onestà di Flaminia, nè una parzialità nata da vederla a meraviglia rappresentare, deve a mal costume imputarsi ; dichiarandomi io, che senza che altri dovesse pensar male nè di me, nè di Flaminia, parlando di cose mie, dal titolo istesso non mi sarei astenuto ; imperciocchè tre opere mie ha questa pudica e mirabil donna (per quel che ascolto) leggiadramente rappresentate……..
r Podestà, tutte cose che me lo faceuano aspettar jersera a Cena, onde non essendo seguita, dinuouo mi conuien tornare ai primi affani ; ma perchè sò che non ui è forzza maggiore di quella dell’A.
. – Era cosa poi assai sorprendente per gli stessi artisti che con lui recitavano, il vedere come si prevaleva delle più piccole cose, come una scatola da tabacco, una penna da scrivere, una sedia, un tavolino, per ricavarne un effetto certo in una scena o in altra della produzione.
Recitando egli a Pistoia l’estate del ’33 in società con Ferdinando Pelzet, fu pubblicato un opuscoletto di versi e prose, da cui trascelgo la seguente epigrafe, un po’ duretta se vogliamo, in onore di lui : i circhi, i ludi, i teatri in età feroci l’abbondanza della forza esaurivano in tempi codardi il sibaritico ozio molcevano in secoli emergenti dall’orror delle tenebre vita di contradizione mostravano oggi sono riepilogo di tutti gli errori dei tempi allora, ed ora a quei che si porgeano spettacolo del popolo plausi secondo natura de’tempi sinceri ma come noi, l’età future non danneranno dell’età volte la manifestazione di falsa vita, quando sapranno che prorompevamo in solenni encomii per te O LUIGI DOMENICONI che coll’eloquente gesto, colla parola informata da tutte gradazioni del sentimento incomparabilmente a mostrarci l’uomo emulo de’ più celebri scrittori svolgevi l’idee eterne del vero Lo spirito analitico, la coscienza ch’egli metteva in una parte, sapeva mettere anche nelle cose del capocomicato.
Per vn presente ti lauerai il viso, come voglio, che tu pigli co tre pesci in porto, e vn passo in mezo il Teuere co 'l dissegno d’vna tetta vecchia, & che tu metta vna buona cura alle cose del hamingo, accio resti sano, & teghi l’acqua, & ch'io venissi col subito per vna cossa ch'importa. si che intendete il presente. la lettera no me la diede ; il viso me lo lauai ; i tre pesci eccolli, il passo in mezo il Teuere lo farò, se voi pagate la spesa del ritorno ; il disegno della tetta vecchia non se ne troua ; il Fiamingo, perchè non è stitico, non volse la cura ; ne li diedi l’acqua, perchè li piaceua più il Vino : il subbio eccolo. che ve ne pare ?
Stese Sofocle le sue osservazioni fino alle più picciole cose per far risplendere l’abilità di ciascuno; e perché si vedessero in teatro brillare i piedi de’ ballerini, fé calzar loro certe scarpe bianche. […] Questo trivio ricordato e descritto con esattezza presta all’azione un calore e un movimento inaspettato, facendo sovvenire al re della morte da lui data a un anziano in un luogo simile, e a misura che si rischiarano le cose, la scena diviene interessante. […] Una muta rappresentazione sommamente eloquente, non veduta da’ grammatici e da’ freddi critici, a’ quali fa d’uopo che sifatte cose sieno accennate in note marginali, dovette far comparire sul di lei volto la riflessione del pubblico interesse che le sopravvenne a contrapporsi al primo terror della morte. […] Tali cose allora convenivano a i principi e alle opinioni de’ greci, e perciò non parevano assurde e stravaganti. […] Dopo il prologo fatto da Mercurio, mentre Ion attende alla cura delle cose sacre del tempio, il coro composto di donne ateniesi va osservando curiosamente e con molta naturalezza il vestibulo.
Morto Ataulfo si spendono tre altre non brevi scene nello svenimento di Placidia, nell’uccisione di Vernulfo, nelle insolenze di Rosmunda e nella di lei volontaria morte, cose che doveano soltanto accennarsi in pochissimi versi per non iscemare o distrarre l’attenzione ad altri oggetti che al gran misfatto dell’uccisione di Ataulfo. […] Se a queste cose avvertiva il bibliografo, mi avrebbe conceduto parimente che i versi rimati per coppia nella scena non sono i migliori tra’ metri castigliani, e non si sarebbe appoggiato sull’esempio di chi non ha che un solo vestito, per togliere l’arbitrio della buona scelta a chi ne possiede di molti e cari. […] Tali cose da me dette nella prima storia teatrale in un volume, dispiacquero in parte al prelodato bibliografo de’ viventi, e prese a giustificare l’Ayala, il quale non pertanto dopo la pubblicazione del mio libro erami rimasto amico fino alla mia partenza da Madrid. […] Nò, ella risponde, ho taciuto per timore e per vergogna, perchè (notisi il di lei talento politico) chi comanda ama di vedere eseguite certe cose che sapute prima egli non permetterebbe che si tentassero . […] Ma niuno ignora che nelle circostanze istoriche delle persone introdotte, e de’ fatti noti e sicuri il poeta non ha la libertà di mentire grossolanamente ingannando il popolo, benchè gli si permetta qualche discreto anacronismo specialmente nelle cose remote.
Non ci fermiamo nelle minute obbiezioni del per altro erudito Robortelli fatte a questa favola che spira per tutto grandezza e nobiltà e un patetico interessante; per esempio, ch’egli è assurda cosa il trovarsi Prometeo in tutta la sua rappresentazione alla vista dell’uditorio, essere gl’interlocutori tutti numi, e cose simili. […] Se il leggitore conosce tali tragedie, non potrà non ridere e non rimaner meravigliato della scrittura del Mattei, in cui tutte le idee naturali veggonsi scompigliate per lo prurito di dir cose nuove che in fine si risolvono in nulla.
Certo è che a poco a poco s’introdusse in Isparta una riforma delle cose stabilite da quel severo legislatore. […] Neottolemo stabilito in Macedonia, mentre Filippo si accingeva alla spedizione meditata contro la Persia, e celebrava le nozze di Cleopatra di lui figliuola con Alessandro re de’ Molossi, rappresentò un suo componimento intitolato Cinira, di cui Diodoro Siculo ci ha conservato un frammento notabile, tradotto o imitato dal chiarissimo Cesarottia E per finirla in grande stima era Satiro celebre attore al quale secondo il racconto di Plutarco dovè Demostene tutto il vantaggio che ricavò dalle sue aringhe, avendo da lui appreso ad animarle con azione vivace e con tuono decente e alle cose accomodato.
Volle allora il popolo che sottentrasse il maestro a rappresentar la stessa cosa, ed egli obedì, e giunto a quelle parole si compose in atto grave colla mano alla fronte in guisa di uomo che medita cose grandi, e caratterizzò più aggiustatamente la persona di Agamennone147. […] Ma gli errori di tal Francese su i pantomimi ed altre cose teatrali e non, teatrali non sono nè piccioli nè pochi.
In fatti Ennio (non c’incresca ripetere alcune delle cose già dette) diede a Roma una Medea esule, che fe dire a Cicerone (de Finibus) non potervi essere alcuno così del nome Romano nemico che ardisca sprezzar quella tragedia. […] Molte ciarle in assai bei versi contiene la scena d’Ippolito colla Nutrice dell’atto II, dove poeticamente espongonsi le lodi della vita semplica rusticale, e vi si ammirano varie belle imitazioni di alcuni passi di Esiodo e di Ovidio; ma simili cose sono meno tragiche di quel che si brama. […] Sublime n’è lo stile, molto vaghi ne sono i versi, nè vi si scorge copia di antitesi e di sentenze affettate che la deturpino; per le quali cose il celebre Marc’ Antonio Muretoa diceva: Ex omnibus Senecae tragoediis plurimum mihi semper placuerunt Troades. […] Ecco a quali vaneggiamenti conduce nel genere drammatico la frenesia del dir cose non volgari. […] Ma quì i leggitori di ogni paese non macchiati di manifesta malignità nè pervertiti da’ fini particolari, diranno forse così: «Perchè mai il Signorelli che da simili oltramontani viene acclamato or come uno de’ più istruiti nella letteratura spagnuola, ed or come assai giusto censore quì dove egli ravvisa bellezze in un tragico spagnuolo universalmente disprezzato: venga poi reputato decaduto da tanti bei titoli di saggia censura e d’imparzialità quando in altre cose discorda da tanti apologisti?
Noi ne accennammo più cose nella nostra opera appartenente alle Sicilie71; e quì ci arresteremo anche un poco su di esse forse non inutilmente non solo per la gioventù, ma ancora per chi non leggendo osa ragionare, e per chi non sa se non ripetere come oriuolo i giudizj portati dagli esteri su i nostri scrittori, favellandone iniquamente per tradizione. […] Del linguaggio Italiano generale si vale acconciamente per esprimere le cose con verità e qualche volta con vivacità. […] Ogni scrittore ha pregi a se proprii (possiamo dire con Madama Dacier che tante buone cose conobbe a molti de’ suoi posteri sfuggite), e siccome non v’ha cosa più vasta della poesia in generale, e della drammatica in particolare, così non v’ha carriera dove mostrino gli uomini maggior diversità di talenti. […] Giacinto Andrea Ciccognini Fiorentino mostrò tanta inclinazione alle cose teatrali, che, oltre allo studio che pose in inventare o tradurre più drammi, non eravi compagnia comica ch’egli non conoscesse, nè attore abile di cui non cercasse l’amicizia. […] Ma queste cose toglievano di giorno in giorno il credito al teatro istrionico, senza impedirne la desolazione.
E per le cose sceniche troviamo mentovate le tragedie e la ludicra degli Etruschi; e ci si dice che le donne ancora rappresentavano ne’ loro teatrib.
Ma queste cose toglievano di giorno in giorno il credito al teatro istrionico, senza impedirne la desolazione.
La madre morì d’anni 65 il dì 24 marzo 1835 ; ed ebbe sulla sua tomba questa iscrizione : Ad Elisabetta Marchionni Sanese | dalla figlia Carlotta | cui raddoppiò gli affanni nel mancar della madre | amata sopra tutte le cose umane com’era degna.
A questa aggiungiamo le Memorie delle notizie più vere, e cose più notabili e degne da sapersi, accadute nella feliciss. entrata delle sempre gloriose Truppe Cesaree nel Regno, ed in questa Città di Napoli, pubblicata dall’ autore il 1708, in 12° ; e la Guida de' Forestieri per la Città di Napoli, stampata il 1725.
La prima recita ebbe luogo il ventiquattro di novembre all’Hôtel de Bourgogne, ove le cose non andaron nè bene, nè male : e la Compagnia si trattenne a Parigi fino alla fine di luglio, recitando ora al Louvre per il Re, ora all’Hôtel de Bourgogne per il pubblico. […] Comunque sia, tornando all’Andreini, senza tener troppo dal Maroncelli che alza iperbolicamente al cielo la forte creazione dell’ Adamo, senza tener troppo dal D’Ancona che lo stile dell’ Adamo chiama noioso documento di secentismo, a me pare che cose veramente belle e buone in questo vasto dramma non manchino. […] Per altre cose concernenti la vita dell’ Andreini come at tore e capocomico, pettegolezzi di palcoscenico, invidie di mestiere, seccature e…. fedeltà di marito, vedi gli articoli seguenti sulle mogli Virginia, la rinomata Florinda, e Lidia (la Rotari) ; e quelli sul celebre Arlecchino Tristano Martinelli e i coniugi Cecchini Fritellino e Flaminia.
A maggiore e più compita illustrazione della materia io aveva pensato d’aggiugnere alcune riflessioni intorno alla storia della tragedia e della comedia italiana, e intorno all’influenza che deve avere sull’indole dello spettacolo lo stato attuale civile e politico dei costumi della nazione; ma i consigli di qualche amico illuminato e sincero m’hanno fatto cangiar opinione mostrandomi esser inutile il trattar brevemente di queste cose, e sconvenevole il trattarle alla lunga in up’opera che ha tutt’altro fine ed oggetto. […] Prescindendo da ogni pregiudizio il suono d’un flauto è più dolce di quello d’un tamburo… Ma io non m’avveggo che qui mi fo a sviluppare le cose, quando voi non m’addimandate che un semplice abbozzo. […] Chiamo icastiche, o similitudinarie quelle che hanno per oggetto le cose non adatte alla fantasia, e tutti gli esseri fisici; chiamo fantastiche quelle che rappresentano gli esseri morali e le idee della imaginazione, che non hanno una certa e determinata corrispondenza cogli oggetti esterni. […] Vò scorrendo tutti i tropi, tutte le figure onde si serve la musica del pari che l’eloquenza a piacere, commovere, e persuadere; parlo de’ suoi dialoghi e delle sue riflessioni, e mi sforzo di svelare infinite sue bellezze parando innanzi l’analogia che hanno coi fenomeni che ci stanno intorno; paragono le nostre opere in musica con le tragedie antiche, e quinci ne traggo molte cose nuove accende a riordinare la forma de’ nostri drammi lirici, che di tutti i drammi sono certamente i più imperfetti, non essendo per lo più che una serie d’episodi staccati fra loro senza verun bisogno e senza veruna verosimiglianza.
Ma quei cori non erano tuttavia ciò che poscia si disse poesia drammatica, e quando questa cominciò a pullulare da que’ semi, l’attore fece uso della feccia, delle capigliature ed indi delle scorze, delle foglie e di simili cose, per imitare il personaggio rappresentato, e non già quell’antica buffoneria villesca.
Vero è che il parlamento consentì alle istanze de’ medesimi Confratelli che vollero comprar le ruine del palazzo del duca di Borgogna per fabbricarvi un altro teatro; ma nel decreto stesso del 1548, con cui si permisero le loro rappresentazioni nel nuovo teatro, si prescrisse che esser dovessero puramente profane, e che non mai più vi si mescolassero le sacre cose.
Ma quei cori non erano tuttavia ciò che poscia si disse poesia drammatica; e quando questa cominciò a pullulare da que’ semi, l’attore fece uso della feccia, delle capigliature e indi delle scorze, delle foglie e di simili cose, per imitare il personaggio rappresentato, e non già quell’antica buffoneria villesca.
Vero è che il Parlamento consentì alle istanze de’ medesimi Confratelli che vollero comprar le ruine del palazzo del Duca di Borgogna per fabbricarvi un altro teatro; ma nel decreto stesso del 1548, con cui si permisero le loro rappresentazioni nel nuovo teatro, si prescrisse ch’esser dovessero puramente profane, e che mai più non vi si mescolassero le sacre cose.
Per le cose da me dette riescon vani tutti i ragionamenti che dirigonsi a levar il pregio di purgar le male affezioni alla tragica poesia. […] Laddove i poemi epici sarebbon mancanti di cosa essenziale, se fossero privi di quella che nasce dalle altre cose. […] Se in qualche tragedia del Marchese Gorini corrispondessero l’altre cose all’osservanza dell’ordine scenico sarebbe assai degno di loda. […] Per altro credo altresì non potersi senza offesa delle sagre carte, in cui ogni fatto ed ogni detto è misterioso alterar le cose a capriccio. […] Il linguaggio ordinario delle francesi tragedie è un perpetuo tessimento d’astratti, di segni, di parti che fanno le veci del tutto, di traslati, e di cose simili.
Una muta rappresentazione sommamente eloquente non veduta da’ semplici gramatici, e da freddi traduttori o critici, a’ quali fa uopo che sieno materialmente siffatte cose accennate in note marginali, dovette allora far comparire nel volto d’Ifigenia la riflessione del pubblico interesse, che a lei sopravvenne e si contrappose al primo terror della morte. […] Il Carmeli conservando la divisione in cinque atti non solo racchiude nel quinto soverchie cose, ma lascia pochissimi versi cantati dal coro fral l’incamminarsi d’Ifigenia al sacrifizio e la venuta del Nunzio che racconta l’avventura già seguita, per la quale manca il tempo che dovea correre verisimilmente per tante cose narratea. […] Tali cose allora convenivano ai principii e alle opinioni de’ Greci, nè parevano assurde e stravaganti. […] Dopo il prologo fatto da Mercurio, mentre Ione attende alla cura delle cose sacre, il Coro composto di donne Ateniesi va osservando curiosamente e con molta naturalezza il vestibolo.
Saverio, chi vi ha prestate queste parole, chi vi ha dato ad intendere generalmente siffatte cose della Drammatica del Cinquecento, non ebbe presenti i Fatti. […] Torno a ripetervelo, caro Signor Abate, voi avete bisogno di fare migliore studio delle cose letterarie Italiche, se volete combatterle, e non fidarvi delle altrui capricciose asserzioni. […] Egli dunque prese a studiare, non già il gusto del volgo, come fece Lope, ma il Mondo, cioè i costumi, i caratteri, e le passioni degli uomini (che questo vuol dir Mondo, Signor Lampillas, e non già, come voi credeste, il gusto volgare); ed anche il Teatro, cioè la pratica osservazione degli artificj comici che più sogliono risvegliare gli Spettatori (che questo vuol dir Teatro); ed a questi due Libri Mondo e Teatro, due cose distantissime dallo studio di Lope, accompagnò il Goldoni gl’insegnamenti d’Aristotile e di Orazio, ch’egli trasse dalle Riflessioni di Rapin da lui citate, e soprattutto la lettura di Moliere.
Con che si persuade, oltre all’aver dato alle parole quel sentimento che si conviene, di aver anche condito la composizione sua di varietà; ma noi diremo piuttosto che egli l’ha guasta con una dissonanza di espressione da non potersi in niun modo comportare da chi ha fior di ragione; chè già non si ha da esprimere il senso delle particolari parole, ma il senso che contiene il tutto insieme di esse, e la varietà ha da nascere dalle modificazioni diverse del medesimo soggetto, non da cose che al soggetto si appiccino e sieno ad esso straniere o repugnanti. […] Nelle cantate del Timoteo e della Cassandra e nella celebre opera de’ Salmi, non solo egli ha mirabilmente espresso le passioni tutte, i più delicati sentimenti dell’animo, ma è giunto ancora a rappresentare alla fantasia le stesse cose inanimate.
La conobbe ancora mirabilmente M. de Voltaire, il quale alla intelligenza scientifica accoppiava la vivacità della fantasia e l’energia de’ sensi, cose singolarmente richieste a sentire, e conoscere se altri sente le passioni e nella società e nel teatro. […] Senza ciò come non avrebbe scorto il patetico di Euripide in quelle cose, che io scelsi di esse Tragedie?
Ma si vuol notare che il Bernagasso ed il Tartuffo vennero dopo di due altri componimenti Italiani, ne’ quali si dipinse il carattere di un falso divoto, cioè dalla commedia latina del Vercellese Mercurio Ronzio De falso hypocrita & tristi, e dall’Ipocrito di Pietro Aretino, in cui nulla desidereresti per raffigurarvi il Tartuffo, se l’autore non avesse voluto nella sua favola aggruppare gli eventi che nascono da una somiglianza, e quelli di cinque coppie d’innamorati, le quali cose gl’ impedirono il rilevar tutti i tratti più vivaci di tal fecondo detestabile carattere sempre necessario di essere esposto alla pubblica derisione. […] La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre il verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fénélon, La Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con troppa fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, dico, quando anche gli venissero con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’ uomo.
A’ nostri dì abbiamo noi pur veduto più di un esempio di simili giuochetti, nè solo in cose letterarie dilettevoli, ma in libri dida scalici e serii.
L’altro dell’anno 845 dell’Egira é di un anonimo, e s’intitola Comoedia Blateronis, in cui da diversi interlocutori si tratta di tre cose differenti; nella prima parte della vendita d’un cavallo, nella seconda delle furberie di alcuni vagabondi, nella terza di certi innamorati, S’ingannò adunque Nasarre, e seco trasse Velazquez che gli credé buonamente.
La bella poesia che somministra alla buona musica il vero linguaggio delle passioni, col quale parlasi nel medesimo tempo al cuore e allo spirito, occupava l’ultimo luogo fra tante cose destinate unicamente a solleticare i sensi; e la fina rappresentazione che da essa ancor dipende, fin d’allora fu un oggetto o non veduto o disprezzato dagl’istrioni musici; Qual differenza, non dee immaginarti che si troverebbe da chi potesse paragonarle, tra la musica e la rappresentazione dell’opera moderna, in cui la verità é sì negletta dagli eutropi teatrali, e della tragedia ateniese, nella quale, secondo che ben si esprime ateneo, trasportato da un divino entusiasmo rappresentava e cantava l’istesso Euripide!
Ma con simili cose avrebbe meritati e gli elogii che sogliono darsi a’ dotti artefici e l’amicizia di un Petrarca?
È però strana cosa che egli avesse voluto accozzare in un sol componimento personaggi allegorici, Angeli, Najadi, Bacco, Giove, Eufrosine, in somma le divine e le umane cose, la religione cristiana ed il gentilesmo, la sublimità e la bassezza.
Ma con simili cose avrebbe meritati e gli elogii che sogliono darsi a’ dotti artefici e l’amicizia d’ un Petrarca?
E’ però strana cosa, ch’egli avesse voluto accozzare in un sol componimento personaggi allegorici, Angeli, Najadi, Bacco, Giove, Eufrosine, in somma le divine e le umane cose, la religione Cristiana e il gentilesimo, la sublimità e la bassezza.
Chiunque si occupi di cose di teatro avrà ne I Comici italiani il migliore ausilio ed una miniera inesauribile di notizie, di dati, di curiosità, ecc.
ne per parte di tutti di casa, a misura del suo merito, che ual a dire, colme di ogni bene, la nostra Quadragesima è quasi finita, con pioggie quasi ogni giorno, l’armata di marc già si prepara per andarsene, ne altro si attende che alcuni uascelli Inglesi per far un buon numero, e poi portarsi uerso Genoua è quest’anno si uol sentir belle cose, altro non ò che dirle solo che non mi lasci infrotuoso, accertandola che sempre sarò.
Farà tre cose : la Fedra, gli Orazj e la Stuarda che replicherà più volte !
E in un altro, a proposito del recitare in italiano a persone, che per lo più non intendevano, e del bisogno di far delle azioni assai, di trovar dell’invenzioni, mutazioni di scene, e cose simili per contentar l’uditorio, è detto : « Il bravissimo Zanotti non più con la sua Eularia poteva dialogando mostrar la finezza del bel dire, l’argutezza delle risposte, le sentenze, e gli equivochi frizzanti per guadagnar i cuori…. » Ottavio era dunque il capocomico, e dallo stesso Locatelli sappiamo che la Compagnia era composta di nove persone, « cioè due Innamorati, due Donne, la Rufiana, un Coviello, un Pantalone et un Dottor Graziano ».
Molte cose fa la nostra mente senza avvedersene, anzi senza saper mai d’esser capace di farle. […] Perciocché chi parlando di cose interessanti con maniere ancora interessanti non le pronunzi, non ottiene da noi alcuna fede71 , perché la sua sconvenevole pronunziazione ci sia accorgere essere egli il primo a non credere sì fatte cose. […] Se egli avrà mai esaminata l’essenza della perfezione e della bellezza, risponderà all’inesperto artista, che la bella varietà non consiste in un ammasso di cose, le quali niuna lega abbian tra loro (che ciò costituisce l’imperfezione e la bruttezza), ma nella moltiplicità delle cose tendenti a una medesima unità. […] Si mascheri il volto a tutte le figure d’un quadro di qualunque eccellente pennello, e poi sia chiamato il più sagace uomo che ci viva, a spiegare, una per una, cose vogliono esprimere quelle figure. […] Perciocché rari sono coloro che giudicano delle cose secondo il loro intrinseco valore: i più ne giudicano dal nodo onde vengono presentate.
Sino alle cose più picciole distese Sofocle le sue osservazioni per far risplendere l’abilità di ciascuno; e perchè si vedessero in teatro brillare i piedi de’ ballerini, fe calzar loro certi calzari bianchi. […] Noi ultimi venuti possiamo dire nelle nostre poesie, barbaro, stolto, insano, vile, tralcio illegittimo di tronco oscuro ec. ec., nè Corneille, Crebillon, Voltaire, Metastasio, Zeno, vengono tacciati (nè debbono esserlo) come villani e plebei, ed il Calepio vuol riprendere severamente queste medesime cose in Sofocle a?
Si vuol notare però che il Bernagasso mentovato ed il Tartuffo vennero dopo di due altri componimenti italiani, ne’ quali si dipinse il carattere di un falso divoto, cioè dalla commedia latina di Mercurio Ronzio vercellese De falso hypocrita et tristi, e dall’Ipocrita di Pietro Aretino, in cui nulla si desidererebbe per raffigurarvi il Tartuffo, se l’autore non avesse voluto nella sua favola aggruppare gli eventi che nascono da una somiglianza, e quelli di cinque coppie d’innamorati, le quali cose gl’impedirono il rilevar tutti i tratti piû vivaci di tal secondo detestabile carattere che sempre con utilità e diletto sarà esposto alla pubblica derisione. […] La poca felicità notata da’ critici nello scioglimento delle sue favole; qualche passo dato talvolta oltre del verisimile per far ridere; alcuna espressione barbara, forzata o nuova nella lingua, di che fu ripreso da Fenèlon, la Bruyere e Baile; molte composizioni scritte per necessità con soverchia fretta; la mancanza di vivacità che pretesero osservarvi alcuni Inglesi che ne copiarono qualche favola alterandola e guastandola a lor modo; tutte queste cose, quando anche gli venisseso con ogni giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’uomo.
Opere Eroiche, Serenate, Oratorj sacri, tutte cose musicali.
ma, et quelle cose che si espettano a me come primo moroso non intendo che alcuno mi metta il piede avanti, non ho che agiungere e riverentiss.º me l’inchino a sieme con la mia putta.
Il leggitore si dispone agli eventi di Lovemore, a quelli di sir Constant, a quelli di madama Belmour; ma pur ne risulta uno scioglimento non infelice, benché non sia della natura di quelli che mettono con un sol colpo tutte le cose nella necessaria chiarezza. […] «Il nostro gusto e i nostri costumi (osserva l’autore delle Lettere sulla Letteratura moderna pubblicate dal 1759 fino al 1763) si rassomigliano più al gusto e ai costumi degl’inglesi che de’ francesi: nelle nostre tragedie amiamo di vedere e pensare più che non si pensa e non si vede nella timida tragedia francese: il grande, il terribile, il malinconico fanno sopra di noi maggiore impressione che non il tenero e l’appassionato; e in generale noi diamo la preferenza alle cose difficili e complicate sopra quelle che si veggono con un solo colpo d’occhio». […] Ho udito ancor annoiarsi i nazionali per un patriotismo soverchio affettato e per le frequenti declamazioni contra di Roma, cose che a tempo e parcamente usate converrebbero ai Numantini, ma con tanta frequenza e trasporto, manifestano troppo l’autore.
Quindi è che il celebre Ottone vescovo di Frisinga zio dell’imperadore Federigo I Barbarossa nel ritratto che dopo la mettà del XII secolo fece dell’Italiab, fralle altre cose attesta che le città Italiane de’ suoi tempi erano senza dubbio più ricche di quelle di oltramonti . […] Debellato poi Desiderio, Carlo Magno nell’anno 801, e i di lui successori sino a Corrado il Salico, fecero varie aggiunte alle leggi Longobarde, e so ne venne a formare un Codice, che, secondochè ben dice un nostro dotto scrittore, non ostante il ritrovamento delle Pandette, ebbe il suo corso nell’Italia trasteverina per sino al 1183, delle quali cose vedasi il Conrigio, Lindebrogio, Montesquieu. […] Lampillas, che non basta un poco di talento contenzioso misto ad un cieco patriotismo, nè il millantarsi di esser filosofo e critico di gusto, nè il declamare in ogni incontro, per entrare a parlar di cose che non si sono studiate bene nè punto nè poco.
Altezza nella quale li dirà tutte le pessime cose che fa suo figlio ; io li risposi che quello mi diceva a me non riguardava che la sua coscienza, che a questa doveva rimediar lui con il darli per tornare in Italia, ma è peggio di un ostinato Turco, che più è vecchio innamorato ! […] mo Signore et mio Padrone Colendissimo Negli interessi della coscenza solo Idio può essere G[i]udice retto, et agli ochi di esso cui tutte le cose sono scoperte e presenti è dato di distinguere l’ombre dal lume, la mia che dalle imposture fatele si conosce incontaminata si apella dal giuditio de homini al tribunale del Altisimo, ne stia secho V. […] Ce qui fit dire un jour à un grand Prince qui le voyoit jouer à Rome, Scaramucchia non parla, e dice gran cose : Scaramouche ne parle point, & il dit les plus belles choses du monde.
E prosegue dicendo cose che sembrano totalmente fuori di ragione, benchè vi si osservi certo metodo e molta acutezza. […] A chi dici tu queste cose?
Per quanto inventato il fondo dell’opera, benchè di una realità non improbabile, le lettere poggiano pressochè tutte su fatti accaduti, e hanno giudizi e notizie su uomini e cose di non poco interesse. […] S’io faccio una commedia nuova, che convenga al signor Coralli, si crederà in istato di sostenerla meglio di lui, dirà che le cose nuove non appartengono ai debutanti, che gli attuali e provetti devono essere preferiti ; il fera une cabale du diable et ses camerades seront d’accord avec lui pour l’exemple.
Se fra le cose possibili la voce sparsasi fosse vera, io mi reputerei fortunato di poterle offerire il posto di Iª attrice assoluta dandole carta bianca per fissare l’onorario e stabilire le convenienze per tre anni. […] Io pure se Dio mi darà forza e salute ho ferma intenzione di ritirarmi dalle scene dopo altri cinque anni, ma prima di far ciò desidero ardentemente (per quanto il mio scarso ingegno lo permetterà) cooperare con que’ pochi ottimi artisti drammatici che abbiamo in Italia (dai quali cerco imparare e le massime e l’arte) onde formare un buon gusto generale in tutta Italia che va purtroppo scadendo colpa la noncuranza in che si tengono le cose vere e naturali, le finitezze, le sfumature dell’arte come noi le chiamiamo, per applaudire soltanto alle esagerazioni, contrarie il più delle volte al buon senso.
In tal modo potendo eseguire il più difficile, sarà anche più atta a meglio esprimere il meno, e potrà farIo con quella facilità che aggiugne tanto di grazia alle cose ch’essa accompagna.
Il signor Denina par che abbia scritte le ultime sue cose in fretta, fermandosi sul primo pensiere senza esaminarlo, come può comprovarsi con varie osservazioni sull’indicato Discorso, e sul Proseguimento delle Rivoluzioni d’Italia.
Lo spettatore ad ogni finta particolarità corre di volo col pensiero sulle cose reali, e non trovandovi l’originale dell’immagine enunciata, rimane alla prima sospeso, incerto, non persuaso; e se avviene che a misura che l’azione avanza, vada crescendo la distanza del finto dal vero, passa alla indifferenza, indi alla noja e talora al disprezzo.
Poche cose vi alterò il Saurin ne’ primi quattro atti, contento soltanto di toglierne le irregolarità.
Lo spettatore ad ogni finta particolarità corre di volo col pensiero sulle cose reali, e non trovandovi l’originale dell’immagine enunciata, rimane alla prima sospeso, incerto, non persuaso; e se a misura che l’azione avanza, vada crescendo la distanza del finto dal vero, passa all’indifferenza, indi alla noja, e sovente al disprezzo.
Il Belli-Blanes dimorava a Firenze in Piazza degli Agli, N. 898 : e un mese dopo circa la sua morte fu fatto l’inventario degli oggetti trovati in casa e del corredo di teatro, che constava fra l’altre cose di 14 manti in saia, velluto, lana, ricamati in oro e argento, e di 22 tuniche rosse, amarante, bianche, turchine, arancione, pel valore complessivo di L. 3964.
E, naturalmente, essendo la tragedia e le antichità quelle cose ch'ei predilige, son quelle ancora che gli dànno il maggior dei dolori.
Più che altrove lo stile è affettato e lirico nel Sejano, le sentenze più ricercate che non sono in Seneca, il linguaggio più spesso fangoso, e nell’ atto V si accumulano troppe cose dopo la morte di Sejano, le quali doveansi appena accennar di volo. […] La regolarità, e lo stile accomodato alle cose, e gli affetti naturali e bene espressi, sono i meriti generali delle favole del Bettinelli. […] Ma d’Asti surse a consolarmi un genio Alte cose dicendo in alto stile. […] Ecco le cose che formano la sospensione dell’uditorio nell’indovinare lo scioglimento. […] Non credo che altri siesi avvisato di tenergli dietro, ad eccezion del signor Foscolo che occupa oggi un posto non comune fra gli uomini di lettere, scrittore tralle altre cose delle Lettere di Ortiz.
Non più si collocarono alla rinfusa gli strumenti, né si credette che il numero e la scelta di essi nulla avesse che fare colla espressione, ma si pensò bensì che l’una e l’altra di queste cose contribuissero assai a produrne il total affetto. […] Questa increscevol pompa di armonica perizia, questa gotica usanza d’indovinelli e di logogrifi musicali: questa musica gradita agli occhi e crudel per gli orecchi, piena d’armonia e di romore, e vuota di gusto e di melodia, fatta secondo le regole, seppur le regole hanno l’atrocità di permettere di far cose spiacevoli, fredde, imbrogliate, senz’espressione, senza canto, senza leggiadria, qual altro pregio veramente aver può che quel di abbagliar gli eruditi, e di uccider per la fatica il compositore, e êr la noia i dormigliosi ascoltanti?» […] Pergolesi ha delle cose molto triviali, i principi di Jummella non furono conformi alla eccellenza cui giunse dappoi, Tartini pagò tributo al suo secolo infettando le sue prime sonate con quello stile di labirinto, in Corelli non tutte le opere uguagliano la quinta, né la melodia dell’immortal Farinelli fu la stessa nella età sua virile, che fosse stata nella sua giovinezza.
Non poche cose di questo gran tragico verrebbero acremente censurate da un M. de la Lindelle; ma un tranquillo e ingenuo osservatore si spazia con più piacere nelle bellezze, difficili da percepirsi da chi non ha l’occhio fino, che ne’ difetti, messe riserbata alla critica comunale. […] Per le quali cose si vide ben presto il lor teatro spopolato. […] «Osservo (egli dice tralle altre cose nella sessione VI) ne’ francesi piuttosto un poeta, il quale recita le sue poesie, che un attore, il quale esagera le sue passioni, mentre non solamente essi alzano in armonioso tuono le voci ne’ grandi affari, ma ne’ bei passi e nell’enfasi de’ gran sentimenti; di modo che par che non solo essi vogliono rilevare la verità dell’affetto naturalmente imitato, ma anche l’artificio e l’ingegno del tragico».
I segni si usano per le cose, come i troni, le corone, gli scettri, gli allori, le catene. […] Adunque la tragedia greca e la francese in un medesimo genere di poesia presentano due spezie sì differenti, che giudicar dell’una col rapportarla all’altra è veder le cose abbagliate, e quali d’alto mare veggonsi le terre che pajono un groppo di azzurre nuvolette7.
Fralle altre cose rare vi si trova paragonato con somma finezza di giudizio Aristofane a Catilina e a Narciso, e antiposto Lucano a Virgilio, il quale anche graziosamente viene accusato dal Sig.
In fatti sono assai pochi coloro che sanno, spezialmente in teatro, discernere e distinguere in un dramma gli errori di lingua, i versi cattivi, i pensieri falsi, e ciò che non conviene, e quell’ incantesimo che fin anco nelle cose non buone possono e sogliono produrre gli abili e destri rappresentatori e le decorazioni.
Certo è però che il primo io non sono a dubitarne; e il dotto Scipione Maffei194 più cose (dice) alquanto difficultano il crederlo (del secolo XII) e tanto più, se ciò si fosse arguito dal solo carattere del codice, che è congettura molto fallace. […] L’ altro dell’anno 845 dell’Egira è di un Anonimo, e s’ intitola Comœdia Blateronis, in cui da diversi interlocutori si tratta di tre cose differenti: nella prima parte parlasi della vendita di un cavallo, nella seconda delle furberie di alcuni vagabondi, nella terza di certi innamorati.
Or le cose quì narrate annunziano un componimento tragico degno di figurare insieme col Torrismondo e colla Semiramide, come vedesi nel tomo II del Teatro Italiano? […] La riconoscenza nel Solimano avviene per l’arrivo improvviso di Aidina e Alicola indipendentemente da’ primi fatti; là dove nell’Aristodemo la venuta di Licisco ha tutta la dipendenza dalle cose riferite sin dall’atto primo.
Di codesti capitoli verrò trascrivendo quelle cose che più mi pajon degne di nota. […] Il secondo havertimento sarà, ch’ essendo sopragiunto in scena da un altro personaggio si taccia subito, non impedendo il luoco a quello che cominciar dee a parlare e troncar qual si voglia bel discorso per non lasciar mutto colui, che di novo è giunto, havertendo però chi dee uscire di star sin tanto che conoschi esser giunto al fine del suo raggionamento quello ch’ è in scena, e poi uscito, dir si puocho, che quello che dianzi parlava non resti come una statua, se però non deve dir cosa aspettante al soggetto, il quale ha molto bene da essere impresso nell’ascoltante, raccordandosi insieme ch’il dir breve e compendioso è quello solo che piace, et ch’ osservar si dee, non repplicando le cose dette più volte per non venir a noja, e secondo la necessità apporta la replica rassumer il discorso, si che solo si tocchi quello che già save il popolo.
L’ Aquinate nol muta ; or tanto basti ; Che ben suo detto val più, ch’altri mille ; S’inciela ei divo ; i detrattori in terra S’appagan sol d’ambiziosi fasti : Ma, perchè troppo osasti Altri non dica, al mio spietato Achille Torno ; stanco non mai di farmi guerra ; E ’n brevi note chiuderò gran cose.
Quest’ultimo, che fu ed è materia di studio de’più pazienti ricercatori delle cose nostre di teatro, potrebbe identificarsi per quel Marcello Di Secchi che il 1615 era colla moglie Nespola nella nuova Compagnia de’ Confidenti ?
A ben sostenere la parte di Pantalone nella commedia a soggetto, il Perucci dà questo insegnamento : Chi rappresenta questa parte ha da avere perfetta la lingua veneziana, con i suoi dialetti, proverbi e vocaboli, facendo la parte d’un vecchio cadente, ma che voglia affettare la vioventù ; può premeditarsi qualche cosa per dirla nell’occasioni ; cioè, persuasioni al figlio, consigli a' Regnanti o Principi, maledizioni, saluti alla donna che ama, ed altre cosuccie a suo arbitrio, avvertendo che cavi la risata a suo tempo con la sodezza e gravità, rappresentando una persona matura, che tanto si fa ridicola, in quanto dovendo esser persona d’autorità e d’esempio e di avvertimento agli altri, colto dall’amore, fa cose da fanciullo, potendo dirsi : puer centum annorum, e la sua avarizia propria de'vecchi, viene superata da un vizio maggiore, ch'è l’Amore, a persona attempata tanto sconvenevole ; onde ben disse colui : A chi in Amor s’invecchia, oltre ogni pena si convengono i Ceppi e la catena.
Or le cose qui narrate annunziano un componimento tragico degno di figurare insieme col Torrismondo e colla Semiramide che accompagnano le Gemelle Capuane nel tomo II del Teatro Italiano? […] La riconoscenza nel Solimano avviene per l’arrivo improvviso di Aidina e Alicola indipendentemente da’ primi fatti; là dove nell’Aristodemo la venuta dì Licisco ha tutta la dipendenza dalle cose riferite sin dall’atto primo.
I segni si usano per le cose, come i troni, le corone, gli scettri, gli allori, le catene. […] Adunque la tragedia greca e la francese in un medesimo genere presentano due specie differenti; e giudicar dell’una col rapportarla all’altra, è veder le cose foscamente, e quali d’alto mare veggonsi le terre che pajono un groppo di azzurre nuvolette.
Debellato poi Desiderio, Carlo Magno nell’anno 801, e i di lui successori sino a Corrado il Salico, fecero varie aggiunte alle leggi Longobarde, e se ne venne a formare un codice, che secondochè ben dice un nostro dotto scrittore, non ostante il ritrovamento delle Pandette, ebbe il suo corso nell’Italia trasteverina per sino al 1183, delle quali cose vedasi il Conrigio, il Lindebrogio, il Montesquieu. […] Lampillas, che non basta un poco di talento contenzioso misto ad un cieco patriotismo, nè il millantarsi di esser filosofo e critico di gusto, nè il declamare in ogni incontro, per entrare a parlar di cose che non si sono antecedentemente studiate bene.
Tutto quello che Menandro espresse con giudizio, nitidezza e piacevolezza, Cecilio si studiò inutilmente di voltare in latino con ugual leggiadria, per la qual cosa si appigliò al partito di saltarne alcune cose, riempiendo il voto con qualche cicalata meramente mimica.
Da quel punto ch'egli entrava sulla scena fino a che non ne fosse uscito, era tutto immedesimato nel personaggio che prendeva a rappresentare : nè v' era imprevista circostanza che mai potesse farlo uscire dalla qualità ch' ei vestiva : non lo vedevi dardeggiare gli sguardi nei palchi o nella platea, mentre l’altro attore ch'era in scena con lui favellava ; non ammiccare al suggeritore ; non mendicar le parole ; non distrarsi insomma in quelle cose, da cui anche gl’ infimi tra' nostri comici sarebbe ormai tempo cessassero, perchè non addimandano sublimità d’ingegno, ma solo diligenza nei proprj doveri, amore dell’ arte che professano, rispetto verso quel tremendissimo giudice innanzi a cui stanno.
Ecco in quali vaneggiamenti conduce nel genere drammatico la frenesia di dir cose non volgari. […] Volle allora il popolo, che sottentrasse il maestro a rappresentar l’istessa cosa, ed egli obbedì; e giunto a quelle parole, si compose in atto grave colla mano alla fronte in guisa d’uomo che medita cose grandi, e caratterizzò meglio la persona d’Agamennone96. […] Ma gli errori di tal sofista francese sui pantomimi e altre cose teatrali e non teatrali, sono molti e grandi. […] Forse l’un e l’altra opinione avrà qualche fondamento sul vero; e quel che da prima sarà stato decente, poté col tempo, come avvenir suole nelle umane cose, degenerare e cadere in oscenità.
Contento di aver quì accennato succintamente l’eccellenza e l’utilità della poesia rappresentativa, stimo inutile per chi ha da leggere l’opera il prevenirlo delle moltissime cose che la rendono del tutto nuova.
Gli Zeffiri in gloria, i sogni piacevoli e i funesti che danzano intorno ad Ati addormentato, le divinità de’ fiumi e delle fontane che ballano e cantano, i voli, le trasformazioni di Ati in pino, erano cose buone, quando non si conosceva il melodramma Metastasiano; esse potevano occupare tutti gli occhi, ma non tutti i cuori.
Gli zeffiri in gloria, i sogni piacevoli ed i funesti danzanti intorno ad Ati addormentato, le divinità de’ fiumi e delle fontane che ballano e cantano, i voli, la trasformazione di Ati in pino, erano cose buone quando non si conosceva il melodramma Metastasiano; esse potevano occupare tutti gli occhi, ma non tutti i cuori.
E ora, com’ è principale intento dell’ opera pubblicare le cose che contribuiscono a dar più compiuta la storia della nostra scena, metto qui dalla Storia di Perugia le pagine che trattano delle condizioni dell’arte (vol.
Ernesto Rossi, come altri grandi artisti, fu solleticato dalla vanità di scrittore, e oltre alla traduzione del Giulio Cesare e agli studi shakspeariani (Firenze, Le Monnier, 1885), e a varie commedie, tra cui, non delle peggio, Adele, pubblicò un’operone di ricordi in tre volumi : Quarant’anni di Vita Artistica (Firenze, Niccolai, 1887), che la critica in genere condannò, e il pubblico dimenticò per le troppe inutili cose discorse concernenti più l’autore che l’arte.
Chiedete un po'a Ermete Zacconi qual metodo segua nello studio di una parte, e vi risponderà a un di presso così : « letto un lavoro che mi piaccia, esso resta nella mia mente, e mi segue costante come la larva del sole nella pupilla ; e, pur continuando l’opera mia consueta, provando altri lavori già vecchi, ragionando di cose estranee, passeggiando, mangiando, l’imagine della nuova commedia letta, e ch'io desidero di rappresentare, non esce mai dalla mia mente, e a poco a poco si disegna più chiara e decisa.
Queste cose fanno riuscire il melodramma italiano diversissimo dalla tragedia francese per la ricchezza e l’ economia dell’azione76. […] Dissi allora, e lo ripeto, che niuna di tali cose mette una differenza essenziale trall’opera eroica e la tragedia; ma ci abbiamo riserbato di trattarne di proposito nel nostro.
Che se il tuo nome derivi dall’esser di belle cose adorno, io non veggo come più per tale possi esser nomato, essendosi da te ogni ornamento partito ; dunque non più Mondo, ma oscuro, e tenebroso abisso devi chiamarti. » E di questo passo va innanzi, paragonando, ora che la divina Vincenza se n’è ita, i bei Palagi ad abbandonate spelonche, gli uomini a fiere selvaggie, il giorno alla notte, la primavera all’inverno, e via discorrendo.
Nel settembre di quell’anno liberate le Marche, Ernesto Rossi raccolse la propria Compagnia per riprendere i propri viaggi, e senza maggiori avvenimenti le cose procedettero così sino al 1860, quando essendosi ammalato improvvisamente Gaetano Vestri, che sosteneva il ruolo di promiscuo nella Compagnia di Bellotti-Bon, a mezzo anno il Bellotti si rivolse ad Ernesto Rossi pregandolo di cedergli l’attore Cesare Rossi.
Nella prima scena il Duca di Austria fa menzione con Corradino di cose a lui ben note, per darle ad intendere all’uditorio, cioè della sconfitta ricevuta, della loro prigionia, dell’esser tenuti per privati, e di essersi di tutto passato avviso alla madre di Corradino. […] Ma qui dee dire Te del sangue de’ suoi tinto le schiere Cacciar in fuga, altrimente si distinguono come due cose diverse le schiere di Carlo da’ soldati di Carlo. […] Non sono così persuaso bene di alcune cose del II. […] Egli però rapito dalla sua sposa si è ritirato alle sue stanze, quasi potesse rimanere ozioso al punto, in cui stanno le cose. […] Due cose: I ribrezzare o ribrezzarsi non si trova in veruno autore toscano di nobili e dilicate prose o di versi, come si trova ribrezzo e aver ribrezzo; se si dica volgarmente oggidi, sel saprà qualche patrocinatore delle poesie del Calsabigi, e vedrà se possa ammettersi in componimento grave.
Volle allora il popolo che sottentrasse il maestro a rappresentar la stessa cosa, ed egli obedì, e giunto a quelle parole si compose in atto grave colla mano alla fronte in guisa di uomo che medita cose grandi, e caratterizzò più acconciamente la persona di Agamenonea.
Le poesie nomiche indirizzate ad Apollo, gl’inni ditirambici fatti per Bacco, le persone che sì sovente Omero introduce a favellare in sua vece, e la curiosità sempre attiva ed investigatrice dell’umana mente; tutte queste cose, dico, cospirarono col greco talento favoleggiator fecondo, espressivo, energico, ed al festevole motteggiar proclive, e da esse la grand’arte pullulò, con cui l’uomo prese a dipigner se stesso facendo i suoi simili alternativamente confabulare.
Non potendo tali cose scriversi e tramandarsi alla posterità che col mezzo della tradizione, e questa, trovandosi interrotta, e quindi ignorata, non poté più per mancanza di esempi e di modelli comunicarsi ed apprendersi. […] In questo senso parlano e si esprimono tutte le cose non pure animate che inanimate, in quanto i diversi accidenti che al loro stato esteriore successivamente si spiegano, ne annunziano ad un tempo lo stato interno, o l’interno principîo che li produce. […] Essi emergono per l’ordinario allorché altra gesticolazione più importante e necessaria non ci preoccupa, e perciò quando si parla di cose poco importanti e indifferenti. […] Sotto questo rapporto l’oratore più tranquillo e contento, l’istruttore più riflessivo e più semplice, il narratore di cose che men lo riguardano, non può fare a meno di essere soggetto a questa legge fisiologica. […] La tragedia insomma si eleva ad un ordine di cose, che certamente non è comune, e fa dell’uomo che rappresenta, un eroe, cioè un essere medio fra i mortali e gli Dei.
Rilevasi dalle cose esposte che non ebbe torto il giudizioso conte di Calepio in censurar nel Catone le figure troppo poetiche che ne guastano qualche volta la gravità e verità dello stile, la peripezia malamente sospesa con intempestive scene di persone subalterne, i freddi intrighi d’amore, e più altri difetti dell’arte rappresentativa. […] È accolto cortesemente, ma parlandosi di un figlio che hanno perduto mostrano essi tanto dolore, che il giovane intenerito temendo di cagionarli una commozione troppo viva col palesarsi in quel momento, si ritira per riposare, consegnando prima alla madre la cassetta con dire che contiene cose preziose.
Giacinto Andrea Ciccognini fiorentino mostrò tanta inclinazione alle cose teatrali, che, oltre allo studio che pose in inventare o tradurre varii drammi, non eravi compagnia comica ch’egli non conoscesse, nè attore abile di cui non cercasse l’amicizia.
«Il nostro gusto e i nostri costumo (osservavasi nelle Lettere sulla moderna Letteratura pubblicate dal 1759 sino al 1763) rassomigliano più agl’Inglesi che a’ Francesi; nelle nostre tragedie amiamo di vedere e pensare più che non si pensa, e non si vede nella timida tragedia francese; il grande, il terribile, il malinconico fanno sopra di noi più impressione del tenero e dell’appassionato, e in generale noi preferiampo le cose difficili e complicate a quelle che si veggono con una occhiata.»
“Il nostro gusto e i nostri costumi (osservavasi nelle Lettere sulla moderna letteratura pubblicate dal 1759 sino al 1763) rassomigliano più agl’ Inglesi che a’ Francesi: nelle nostre tragedie amiamo di vedere e pensare più che non si pensa e non si vede nella timida tragedia francese: il grande, il terribile, il malinconico fanno sopra di noi più impressione del tenero e dell’appassionato, e in generale noi preferiamo le cose difficili e complicate a quelle che si veggono con una occhiata”.
Rilevasi dall’esposte cose che non ebbe torto il giudizioso Conte di Calepio in censurar nel Catone le figure troppo poetiche che ne guastano talvolta la gravità, e verità dello stile, la peripezia malamente sospesa con intempestive scene di persone subalterne, i freddi intrighi d’amore, e più altri difetti che offendono l’arte rappresentativa. […] È accolto cortesemente; ma parlandosi di un figlio che hanno perduto, mostrano essi tanto dolore, che il giovane intenerito temendo di cagionarli una commozione troppo viva col palesarsi in quel momento, si ritira per riposare, consegnando prima alla madre la cassetta con dire di guardarla contenendo cose preziose.
Ecco a quali vaneggiamenti conduce nel genere drammatico la frenesia di dir cose non volgari. […] Ma quì i leggitori di ogni paese non macchiati di manifesta malignità nè pervertiti da’ fini particolari, diranno forse così: Perchè mai il Signorelli che da questi oltramontani viene acclamato or come uno de’ più instruiti nella letteratura Spagnuola, ed or come assai giusto censore quì dove egli ravvisa bellezze non prima avvertite in un tragico Spagnuolo universalmente disprezzato, venga poi reputato decaduto da tanti bei titoli di saggia censura e d’imparz ialità, quando in altre cose discorda dagli apologisti?
« Non è pur anche cessato il corso del sangue, ch’ io mandai per tributo al Danubio l’anno che quasi distrussi la setta maometana con quel brando, ch’io cinsi poi a Carlo quinto, quando che Trionfante entrò in Tunisi. » Queste sono tutte cose da non credersi, ma si ben à da comportar, che le credino quelli, che sono auuezzi andar il transito per la mente a questi ridicolosi fantasmi, i quali non sono totalmente improprij a chi esercita la natura nell’ impossibilità dell’ imprese. Io ho udito in Pariggi stando a mensa con alcuni (non so s’ io dica strauaganti, o bestiali humori) auuezzi però alle più rabbiose guerre di Europa : Io con tanti cavalli, in tanti giorni, mi darebbe l’animo di prender il Castel di Milano, & poi passarne per Italia, debellare, distruggere, fare, dire ; & perchè uno de’suoi camerata manco furioso li disse ciò non poter essere, costui saltò di tauola, & con un senso rabbioso disse : hor hora ve lo vo a far vedere ; & così veloce partì, che se non mi fosse stato detto, ch’ egli era andato a dormire io gli voleuo raccomandar certe cose, ch’io ho in Ferrara : orsù, vno di quest’ huomini si può rappresentare, su le scene, & lasciar per gli hospitali quelli, che con un salto vanno all’ Impirio a cena con Giove.
Poche cose vi alterò il Saurin ne’ primi quattro atti, contento soltanto di toglierne le irregolarità.
— Le Bellezze di Verona, nuovo ragionamento d’Adriano Valerini Veronese ; nel quale con brevità si tratta di tutte le cose hotabili della città.
E se per queste cose nel pubblicarsi le pastorali per onorare i maestri vi si pose fece la musica, ciò benissimo conviene al nominato lavoro, senza che le abbiano interamente coperte di note, il che non si rileva da monumento veruno; e così le pastorali assai impropriamente si chiameranno, come si chiamarono nel bel trattato dell’Opera in musica del cavaliere Antonio Planelli, opere teatrali.
E se per queste cose nel pubblicarsi le pastorali, per onorare i maestri vi si pose fece la musica, ciò benissimo conviene al nominato lavoro, senza che le abbiano interamente notate, il che non si rileva da monumento veruno; e così le pastorali assai impropriamente si chiameranno, come si chiamarono nel bel trattato dell’Opera in musica del Cav.
Un’ adunanza grande di cavalieri, come nella Contessa: un abboccamento di due gran signori col seguito rispettivo, come nel Solitario: una scena detta del padiglione nell’Errico, che metteva sotto gli occhi una corte reale in attenzione di un gran fatto: i personaggi aggruppati con verità e bizzarria pittoresca, che tacendo e parlando facevano ugualmente comprendere i loro propositi particolari senza confusione: fin anco l’indistinto mormorio che nulla ha di volgare, prodotto da una polita moltitudine raccolta insieme: tutte queste cose quando più si vedranno sulle scene comiche?
Noi abbiamo accennato queste poche cose senza curarci dal rimanente deriso dal nominato giornalista, il quale ne additò anche molte espressioni false, gigantesche e puerili.
Abbiamo accennate queste poche cose senza curarci del rimanente deriso dal citato giornalista, il quale ne additò anche molte espressioni false, gigantesche e puerili.