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120. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Continuazione del Teatro Greco. » pp. 149-268

Trovavasi il teatro Ateniese nel colmo della gloria nell’olimpiade LXXXI, quando cominciò a fiorir Cratino poeta di stile austero, mordace e assai forte ne’ motteggi, dal quale si dee riconoscere il lustro di quel genere di commedia caustica e insolente chiamata Satirica e Antica. […] No, dice Socrate, sono Nuvole celesti, dee sublimi, che agli uomini pacifici e studiosi come noi siamo danno forza per meditare e disputare, fecondano la mente, e somministrano gloria, sapere, eloquenza. […] Le Nuvole esortano il popolo a pregiarle e tenerle per dee, mostrandogli i beneficj che da loro può ricevere, dispensando a tempo la piova e la serenità, e i danni all’ incontro che gli arrecheranno non essendo da esso onorate. […] Vuol sapere, se dee fargli cangiar costume, e renderlo malizioso, scaltro, disleale, malvagio, affinchè abbia miglior fortuna e più ricchezza del padre.

121. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Il celebre quanto infelice gran poeta Portoghese Luigi Camoens autore del poema epico Las Luisiadas composto nell’Indie, perfezionato in Europa quando vi fece ritorno nel 1569, e pubblicato sette anni prima della di lui morte dopo aver menato una vita da mendico sotto gli occhi del Sovrano cui avea servito colla penna e colla spada, Camoens, dico, dee contarsi tra’ benemeriti del patrio teatro pel suo Anfitrione tratto da Plauto di cui ritiene molte grazie, e per un’ altra picciola farsa che leggesi nelle di lui opere. […] Gli argomenti sono di quel genere che dee bandirsi da ogni teatro culto.

122. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO VI. Tragici Spagnuoli, secondo il Signor Lampillas, negletti, o censurati a torto dal Signorelli. » pp. 43-68

E se vi è qualche neo, si dee, secondo lui, attribuire a MS. viziati, ne’ quali si trovarono versi tronchi, o mancanti.

123. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

L’amore, perché sia tragico, dee esser forte, disperato, funesto, dominante: se é subalterno, mediocre, episodico, allora é ciò che i Francesi chiamano galanterie famigliare192.

124. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO VI. Teatro Spagnuolo Comico e Tramezzi. » pp. 149-194

Inoltre perchè hanno dato a credere che essi ignorassero la guisa di fissar l’altrui attenzione su di un solo carattere principale che trionfi fra molti; e sino al tempo che io vi fui, esposero per esempio alla vista una sala di conversazione composta di varii originali con ugual quantità di lume, i quali dopo di avere successivamente cicalato quanto basti per la durata del tramezzo, conchiudono, perchè si vuole, non perchè si dee, con una tonadilla.

125. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO VII. Della vera commedia Francese e dell’Italiana in Francia. » pp. 144-176

Tralle scene bene scritte dee contarsi la 4 dell’ atto IV, in cui Aristo (personaggio virtuoso copiato dal Cleante del Tartuffo) volendo distaccar Valerio dall’amicizia di Cleone entra a dipingere i malvagi culti che affettano di dare il tuono negli spettacoli, quei che prendono l’aria beffarda e quei che vogliono parer gravi e laconici.

126. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

L’arte di preparare il favore del popolo a chi dee patire pare che sia massima de’ Francesi quando discorrono di tragici precetti, ma trovo nell’esecuzione assai negletta tal regola. […] Nel primo ordine non si dee rifiutare a’ Francesi la lode che meritano sì per la copia e dignità de’ sentimenti, che per l’arte d’appropriarli agl’interessi e d’animarli colle azioni. […] Non si dee però da tal meraviglia indurre che gli uditori ammirino Tazio, perché concepiscano idee non pure di gran virtù, ma di qualità superiori alla virtù stessa. […] Per un amor tale dee supporsi qualche lusinghiero tratto, almeno ne’ suoi principi. […] Per altro, rispettivamente alla pietà che Inès dee muovere, la disposizione della tragedia potrebbe esser migliore.

127. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

Cotal diversità fra la musica profana e la sacra dee, secondo il mio avviso, ritrarsi dal costume usato in chiesa di cantar a più voci, ciascuna delle quali cantando a modo suo, era più facile che degenerasse in confusione e in abuso, laddove le canzonette profane figlie dell’istinto e del sentimento, e cantate per lo più da una sola voce potevano più a lungo conservare la loro semplicità primitiva. […] [17] Il lavorar una canzone a ballo in occasione di tale e sì profonda tristezza qual è quella che dee opprimere un amante per la morte dell’oggetto che ama, è ugualmente contrario alla imitazion naturale di quello che sarebbe in un pittore il dipigner agghiacciati i fiumi posti sotto la linea equinoziale, o un bosco di cannella nel Settentrione.

128. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimosesto »

Che l’idioma de’ gesti deva essere scarso nella natura apparisce da ciò che accompagnandosi ogni concetto mentale dell’uomo espresso al di fuori con due segni il gesto cioè, e la voce; ciascuno d’essi segni dee perder molto della sua influenzi a misura che prevale e si perfeziona quell’altro; dimodochè ove l’arte della parola è molto in uso, ed ovunque sia stata ad un cetto grado di raffinamento condotta, ivi l’espressione del gesto è più rara e meno efficace, come all’opposto dove il costume o le circostanze o la necessità diminuiscono il vicendevol commercio della voce, il linguaggio de’ gesti diviene più comune e più energico, siccome accade ne’ fanciulli, ne’ muti presso alle nazioni selvaggie, e in quegli stati altresì della politica società dove l’educazione o il rispetto, la convenienza o il timore impongono freno all’ardente e talvolta troppo pericoloso desiderio di spiegar con parole i propri sentimenti. […] La musica strumentale dee non per tanto seguitar a parlare nel silenzio degl’interatti mantenendo nel cuore degli spettatori le disposizioni che vi lasciò l’ultima scena, preparandoli a gustare i sentimenti che verranno dopo, e mettendo in tal modo una connessione, un vincolo fra tutte le parti dello spettacolo.

129. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

dee recare stupore, che per questa parte rimanga il comico Latino superato dall’Italiano. […] Sono essi più pericolosi, non dico de’ Fajeli d’ultima data, ma del Principe geloso, di Sganarello e di Giorgio Dandino, che da circa un secolo e mezzo si rappresentano in Francia, dove giusta il pensare del Marmontel, non vi dee essere nè gelosia nè vendetta?

130. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Osservazioni »

Il lettore non ha bisogno d’essere avvertito che parlandosi di que’ secoli quanto si dice della poesia intendersi dee anche della musica, imperocché l’una era inseparabile dall’altra. […] «Conciosiachè, ecco la causale che dee rinforzare la sua conseguenza, se adesso più che in passato abbonda di teatri e di spettacoli, abbonda ancora d’Università, d’Accademie, di Scuole, di Stamperie, di Spedali», come se gli Spedali, le Stamperie, le Scuole, l’Università e l’Accademie fossero altrettante virtù politiche generate in Italia dall’abbondanza de’ teatri, e dalla frequenza degli spettacoli, ch’era ciò che doveva provarsi.

131. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Ne facciamo noi menzione perchè dee in essa ravvisarsi il primo esempio moderno di una tragedia cittadina, che i nostri scrittori nè seguirono nè pregiarono, e che più tardi Inglesi, Francesi e Tedeschi hanno tanto nel secolo XVIII coltivata, e che ha trovato un apologista infervorato nell’esgesuita sig.

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