[9] Lo squallido aspetto della natura ne’ paesi più vicini al polo per lo più coperti di neve, che ora si solleva in montagne altissime, ora s’apre in abissi profondi; i frequenti impetuosi volcani, che fra perpetui ghiacci veggonsi con mirabil contrasto apparire; foreste immense d’alberi folti e grandissimi credute dagli abitanti antiche egualmente che il mondo; venti fierissimi venuti da mari sempre agghiacciati, i quali, sbuccando dalle lunghe gole delle montagne, e pei gran boschi scorrendo, sembrano cogli orrendi loro muggiti di voler ischiantare i cardini della terra; lunghe e profonde caverne e laghi vastissimi, che tagliano inegualmente la superficie dei campi; i brillanti fenomeni dell’aurora boreale per la maggior obliquità de’ raggi solari frequentissimi in quei climi; notti lunghissime, e quasi perpetue; tutte insomma le circostanze per un non so che di straordinario e di terribile che nell’animo imprimono, e per la maggior ottusità d’ingegno che suppongono negli abitanti a motivo di non potervisi applicare la coltura convenevole, richiamandoli il clima a ripararsi contro ai primi bisogni, doveano necessariamente disporre alla credulità le rozze menti de’ popoli settentrionali. […] Gli Scandinavi stimavano tanto necessario istillar negli animi teneri siffatte opinioni, che fra gl’impieghi che cercavano i Septi, ovvero sia i principiali tra loro per la buona educazione de’ figliuoli, uno dei primi era quello di facitore di novelle. […] [17] Benché l’unione della musica e della poesia, considerata in se stessa o com’era nei primi tempi della Grecia, nulla abbia di stravagante, né di contrario, tuttavia considerandola come è nata fra noi dopo la caduta del romano impero, vi si scorge per entro un vizio radicale, di cui gli sforzi de’ più gran musici e poeti non l’hanno potuto intieramente sanare.
Menestrier, afferma che questa tragedia fu cantata come un’ opera musicale di oggidì, fondandosi sulle parole del medesimo Sulpizio: Tragoediam quam nos agere et cantare primi hoc aevo docuimus. […] Nel V potè tornare la mutazione de’ primi tre atti, accennandovisi eziandio il monte, questo monte gira intorno , ovvero cangiarsi il teatro in una foresta su questo monte destinata dalle Baccanti alla celebrazione de’ loro riti. […] Andres, che essa parimente prevenne le altre nazioni Europee in produrre i primi indubitati pezzi teatrali in lingua volgare (giacchè è piaciuto a questo letterato, altro non potendo, ricorrere a questo asilo) nè solo coll’Orfeo, ma con altri drammi eziandio, verità che vedrebbero con tutta l’Europa gli apologisti di ogni nazione, purchè gettassero via i vetri colorati di Plutarco.
Menestrier, afferma che questa tragedia fu cantata come un’ opera musicale d’oggidì, fondandosi sulle parole del medesimo Sulpizio: tragædiam quam nos agere & cantare primi hoc ævo docuimus. […] Nel V potè tornare la mutazione de’ primi tre atti, accennandovisi eziandio il monte, questo monte gira intorno, ovvero cangiarsi il teatro in una foresta su questo monte destinata dalle Baccanti alla celebrazione de’ loro riti. […] Aggiugneremo con pace del Signor Andres, che essa parimente prevenne le altre nazioni Europee in produrre i primi indubitati pezzi teatrali in lingua volgare (giacchè è piaciuto a quest’autore altro non potendo ricorrere a quest’asilo) nè solo coll’ Orfeo, ma con altri drammi eziandio, per cui vedere basterebbe agli apologisti oltramontani rileggere i nostri libri senza gli occhiali colorati di Plutarco.
La poetessa Saffo veniva riguardata da que’ di Mitilene come una delle loro più celebri legislatrici non altrimenti che que’ della Beozia ammiravano Pindaro come uno de’ primi loro sapienti. […] [16] Ma nulla fa capir meglio lo spirito delle antiche rappresentazioni quanto lo zelo de’ primi padri della chiesa nel riprenderle e condannarle. […] Arteaga dalla separazione della filosofia, della legislazione, della poesia, e della musica, le quali facoltà ne’ primi tempi della Grecia possedeva tutto unite un solo autore. […] A questo inconveniente andava molto meno soggetta la musica greca principalmente ne’ primi secoli, quando il carattere di poeta e di musico si trovava riunito nella stessa persona, e quando i musici ubbidivano religiosamente alle leggi prescritte loro dai poeti. […] Se questi sono falsi, anche falsi devono essere quelli del canto, e se non si può dubitare della certezza de’ secondi, non può nemmen rivocarsi in dubbio la certezza de’ primi.
Tre altre ne compose il portoghese Giorgio Ferreira de Vasconcelos impresse ne’ primi lustri del secolo seguente. […] Egli scrisse in più di un genere in maniera che si novera tra’ primi poeti portoghesi. […] Quanto al teatro Castigliano dobbiamo al noto Miguèl Cervantes la descrizione circonstanziata della fanciullezza e de’ primi suoi avanzamenti. […] Verso i primi anni del secolo il dottore Villalobos tradusse in prosa l’ Anfitrione imperfettamente, avendone tralasciato il prologo e varii squarci quà e là. […] La Ianguidezza de’ primi atti (dal Ferreira evitata in parte colla passione posta ne’ discorsi d’Inès) si fa sentire assai più nella Nise per la Iunghezza di essi che raffredda le situazioni.
Dopo Regnard e Des Touches e qualche altro de’ primi anni del secolo, havvi più un solo comico?
Fra questi si annoveravano i già nominati Tessari, padre nobile, con la signora Carolina sua moglie, prima donna ; Prepiani e Visetti, primi attori.
I primi studi egli fece a Lugo ov’erasi trasferita la famiglia, ma poi fu mandato a Bologna a perfezionarsi nell’arte d’ingemmare.
Quindi primi calcar vide le scene D’Edipo e Ifigenia Grecia gli Autori ; Vide Gallia Moliero, Anglia Sacspiro, Iberia Calderon : Geni che augusto Fèr lo scenico suol.
Dopo i felici seguaci di Moliere del XVII secolo Regnard, Brueys, Dancourt, troviamo tra’ buoni comici ne’ primi lustri del XVIII Du Fresny nato nel 1648 e morto nel 1724, il quale dopo di aver lavorato per l’antico teatro Italiano di Parigi insieme con Regnard, diede al Francese diciotto buone commedie. […] Videro il ridicolo de’ semidotti che affettavano di darsi la riputazione di fisici e di chimici ignorando gli elementi primi di tali scienze, alcuni autori, e tentarono di rilevarlo comicamente. […] Non vogliono obbliarsi varii altri poeti comici degli ultimi anni del secolo XVIII, e de’ primi del XIX, i quali godettero, o godono tuttavia qualche nome. […] Rappresentarono ne’ primi anni componimenti stravaganti e buffoneschi per servire all’Arlecchino, ed il teatro rimase ben presto spopolato. […] Nella mia dimora in Parigi l’anno 1800 e ne’ primi due mesi del 1801 fioriva nella declamazione l’ attuale attore tragico Talma, e dalla buona scuola di Du Gazon usciva La-Fond, che cominciò a farsi pregiare rappresentando nella Semiramide la parte d’Arsace, e nella Zaira quella d’Orosmane.
Niuno ignora i meriti di Noverre tanto per le lettere che scrisse intorno all’arte sua, quanto per l’invenzione di varii balli, e pel modo di ballare, potendosi contare tra’ primi ristoratori dell’arte pantomimica, con aver rinnovata la muta rappresentazione con gesti e con passi graziosi e naturali misurati dalla musica in azioni compiute eroiche e comiche. […] I primi ad elevarsi furono quello di Nicolet intitolato i Gran Ballerini da corda, quello di Audinot detto l’Ambigu Comique, e quello dell’Ecluse nominato Varietà piacevoli. […] I primi palchi seguono il piano circolare della sala composta di tre scaglioni in anfiteatro con balaustrata.
Chiuse parimente gli occhi per non vedervi riferita la Filologia Commedia del dolcissimo Petrarca, ch’egli però non volle conservarci; ma, ad onta della delicatezza di questo grande ingegno, che fu uno de’ primi promotori dell’erudizione Greca e Latina, verisimilmente essa dovea essere Commedia ragionevole, se non perfetta.
r Podestà, tutte cose che me lo faceuano aspettar jersera a Cena, onde non essendo seguita, dinuouo mi conuien tornare ai primi affani ; ma perchè sò che non ui è forzza maggiore di quella dell’A.
«Tragoediam quam nos agere et cantare primi hoc aevo docuimus». […] I primi che in questo secolo, e probabilmente verso il 1480, cominciarono a fare rappresentare in Roma le commedie di Terenzio e di Plauto, ed anche altre composizioni drammatiche di poeti moderni, e a istruire la gioventù a ben recitarle e declamarle, furono due illustri grammatici e filologi di que’ tempi, Giulio Pomponio Leto dell’Amendolia di Calabria, institutor dell’Accademia Romana, e Giovanni Sulpizio da Veroli dello Stato Pontificio, per opera de’ quali i due cardinali Pietro e Rafaello Riari fecero vedere a Roma moderna per la prima volta spettacoli teatrali fatti con gran magnificenza.
Quanto al teatro castigliano dobbiamo al noto Don Miguél Cervantes la descrizione circostanziata della fanciullezza e de’ primi avanzamenti di esso. […] Ma lasciate da banda le visioni del Nasarre, riconosciamo i primi avanzamenti del teatro spagnuolo nelle fatiche del mentovato Cervantes.
Lo veggiamo agiato non solo e fornito di quanto bisogna alla sua sussistenza, ma disdegnoso de’ primi cibi non compri, dell’erbe su cui giaceasi ne’ tugurj, delle lanose pelli onde copriva la sua nudità, passare alle delizie più ricercate della gola, alle soffici oziose piume, alla delicatezza delle sete, de’ veli, de’ bissi, alla pompa degli aironi, degli ori, delle perle, dei diamanti di Golconda, in somma al fasto Persiano e Mogollo, e alla mollezza Sibaritica e Tarentina. […] Con questo divino lavoro i primi savii Lino, Museo, Orfeo trassero gli uomini dagli spechi solinghi alle città, gli additarono un Ente supremo autore del tutto, gli appresero a venerarlo, ad amarlo e temerlo, ed ammantarono l’antica teologia con poetiche spoglie.
I primi era giuocoforza sapessero qualcosa, per non lasciarsi sfuggir di bocca in buona fede qualche solecismo. […] Vn’altra spetie Gratianatoria si è ritrouata, ed è che pensando questa di correggere l’vso del parlar rouerscio, si è posta à dir latini, & sentenze, con tirate, & ponga di memoria in guisa, che non lasciando mai parlare chi seco tratta, confonde, & snerva il filo della Fauola, & la mente di chi ascolta, che non riman campo per intendere, & molto meno per capire l’orditura de’ negotij ; e chi è poi colui, che voglia far credere agli Scolari di questa Scuola, che faccino, & dichino male, se ogni giorno cento beuanti gli fanno fede, che sono i primi huomini del Mondo ?
Possiamo pur dire che ancora la nazione romana, la quale senza contrasto ricevette la drammatica dagli altri italiani e da’ greci, ne trovò nulladimcno da se sola i primi semi benché rozzissimi.
Possiamo dire che gli stessi Romani, i quali senza contrasto riceverono la Drammatica dagli altri Italiani e da’ Greci, ne trovarono nulladimeno da se stessi i primi semi benchè rozzissimi.
Possiamo dire che gli stessi Romani, i quali senza contrasto riceverono la Drammatica dagli altri Italiani e da’ Greci, ne trovarono nulladimeno da se stessi i primi semi benchè rozzissimi.
Quindi si scorge perchè tutte le prime composizioni sceniche (come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la cultura) si trovino scritte in versi, che è il secondo fatto generale da notarsi ne’ teatri.
A questo punto, pare a me, comincia la celebrità vera del Bellotti, che seppe di punto in bianco alla grandezza dell’attore unire la grandezza del capocomico e più specialmente del direttore ; chè, come tale, fu da’ fratelli d’arte proclamato primo fra’ primi.
.), primi amorosi entrambi il’ 21 della Compagnia Modena-Bellotti.
Non è già che sotto gl’ imperadori de’ tre primi secoli cessato fosse il gusto degli spettacoli scenici in Roma ed altrove. […] Tiraboschi156, havvene non pochi altri che in parte ancora esistono, e frequentavansi sotto gl’ imperadori de’ primi secoli. […] Non furono mai più sontuosi e frequenti i giuochi scenici quanto ne’ primi secoli dell’impero.
Quindi si scorge perchè tutte le prime composizioni sceniche (come non molto lontane da’ primi passi delle nazioni verso la coltura) si trovino scritte in versi, che è il secondo fatto generale da notarsi ne’ teatri.
Egli però attese a rendere più degne di compassione Sabina e Camilla, per la qual cosa, secondo il Conte di Calepio, i primi tre atti riescono appassionatissimi, e gli ultimi due freddi ed inutili. Si vorrebbe ancora ravvisare in que’ primi Romani che prese a dipignere rassomiglianza minore co’ più moderni cortigiani Francesi. […] Le scene per lo più lunghe, oziose e quasi sempre fredde di quattro donne che v’intervengono, spargano per tutto, e specialmente ne’ primi tre atti, un languore mortale.
Egli stesso in tal caso parrà in certo modo conquistato dal popolo vinto; la qual cosa avvenne in fatti agli ultimi Tartari conquistatori della China, i quali ritenendo la polizia, la legislazione e i costumi del paese, diventarono i primi Cinesi. […] Due fatti istorici manifestano in quale stima essi erano ne’ primi tempi appresso i Sassoni e i Danesi. […] Con tutto ciò debbono entrare nella storia drammatica come primi saggi che ricondussero a poco a poco in Europa la poesia scenica.
Uno de’ primi e più intendenti Storici dell’America (dice Robertsonb) restò sommamente colpito in vedere questa connessione fra la magia e la medicina in mezzo a i popoli dell’Ispaniola. […] Ecco come ne favella Diomede coll’autorità di un frammento di Suetonio: Ne’ primi tempi tutto ciò che introducevasi nella scena s’incorporava alla commedia.
Ed a chi debbonsi in primi tentativi per la riforma del teatro alemanno? […] Weiss satireggiò i primi dipingendoli nel carattere del sig.
Uno de’ primi e più intendenti storici dell’America (dice Robertson129) restà sommamente colpito in vedere questa connessione fra la magia e la medicina in mezzo ai popoli della Ispaniola. […] Ecco come ne favella Diomede coll’ autorità di un frammento di Svetonio: Ne’ primi tempi quanto introducevasi nella scena s’incorporava alla commedia.
Se ne rappresentarono i tre primi atti sin dal 1664, e se n’era sospesa la rappresentazione. […] Non era uscito nel 1664 il Misantropo, ma le Preziose ridicole, la Scuola delle donne, la Critica di questa e l’Improvvisata di Versailles, ed assai più i tre primi atti del Tartuffo preceduti alla Mère coquette, aveano già enunciato ben degnamente Moliere e la buona commedia.
E a chi debbonsi i primi tentativi per la riforma del teatro Alemanno? […] Weiss satireggiò i primi dipingendoli nel carattere del signor Gergone, e ritrasse al vivo i secondi in quello del signor Rima-ricca.
Non é già, che sotto gl’imperadori de’ tre primi secoli fosse cessato il gusto degli spettacoli scenici in Roma e altrove.
Essi solcano ne’ primi tempi recitarli nelle chiesa, o ne’ cimiteri, dove passava il popolo, come a una pia ricreazione, dopo aver ascoltata la predica in chiesa.
I frammenti che ci rimangono de’ primi comici non basterebbero a darne compiuta idea, se il tempo non avesse rispettate undici delle commedie di Aristofane, le quali a sufficienza ce ne istruiscono.
Dalla tragedia cittadina, la quale, ove si preservi da colori comici e si contenti di cedere i primi onori al sublime continuato della tragedia grande, potrebbe tollerarsi anche in un teatro di buon gusto, si discende ad un dramma senza contrasto riprensibile, cioè ad una commedia lagrimante, nella quale s’imbratta con pennellate ridicole un quadro tragico.
La commedia non fu più data a Verona, nè Gozzi potè saper mai con precisione il perchè, sibbene a Venezia al teatro di San Luca la sera dell’11 dicembre 1781, dove, dopo i primi tre atti, fu accolta, secondo le previsioni dell’autore, a rumori di fischi e di urla.
Si troveranno in tal periodo in Italia 1 favole scritte in latina favella, 2 tragedie e commedie italiane di greca invenzione, 3 drammi modellati su gli antichi ma di nuovo argomento, 4 nuovi generi drammatici ignoti a’ greci, 5 i primi avanzamenti d’un melodramma diverso dall’antico. […] In somma il vescovo Martirano quasi ne’ primi lustri del secolo colle otto sue tragedie e colle due commedie eseguì egli solo con ottima riuscita quanto a fare imprese in tutto il secolo l’Italia tutta, cioè fe rinascere con decenza e maestria la maggior parte del teatro Greco. […] Io non so come non vedesse egli quel che tanti altri, anche suoi compatriotti, osservarono, cioè che l’epoca de’ duelli, delle giostre, de’ beni della lancia è appunto un ritratto, appena da piccioli lineamenti alterato, de’ primi tempi eroici degli Ercoli, de’ Tesei e degli Achilli puntigliosi. […] I personaggi estremamente addolorati o debbonsi tener lontani dal racconto, o fargli operare secondo il proprio dolore; or questa passione non è capace di soffrire un racconto minuto se non dopo i primi impeti, e per così dire nell’intermittenza. […] Non furono i primi nostri scrittori, specialmente del cinquecento, quelli che mostrarono all’Europa l’erudizione del greco teatro?
Nato a Venezia nel 1712 da una famiglia di ricchi mercanti, Algarotti fu educato nell’ambiente bolognese dei primi decenni del secolo XVIII in cui la divulgazione scientifica era argomento centrale nell’ambiente letterario4, dominato da personalità come il matematico Francesco Maria Zanotti e il poeta e astronomo Eustachio Manfredi. […] L’ultima redazione è inserita nell’edizione complessiva, in nove tomi, delle Opere di Algarotti curata dall’editore Coltellini36 e pubblicata a Livorno; Algarotti seguì personalmente la pubblicazione dei primi tre tomi, prima di morire, e poté apportare ulteriori integrazioni al Saggio che risulta corredato di alcune note d’autore assenti nella precedente edizione del 1763. […] L’edizione qui riprodotta è l’ultima curata da Algarotti per il tomo II dell’edizione completa delle sue opere approntata dal libraio livornese Marco Coltellini, alla quale Algarotti collaborò solo per i primi tre tomi prima di morire.
[7] I Romani meno sensibili che non lo erano i Greci ai piaceri dello spirito oltre l’applicazione che sul loro esempio fecero della danza propriamente detta ad alcune istituzioni religiose e politiche, furono ancora i primi a introdur sul teatro la danza pantomimica. […] [19] Nello stato di decadenza in cui ricevettero i moderni l’arti musicali e rappresentative, e nella poca filosofia di coloro che furono i primi a restituirle, non è maraviglia che s’introducessero non pochi abusi avvalorati in seguito dall’usanza, e dal gusto del popolo. […] Finita poi la commedia, nacque sul palco all’improviso un amorino di quelli primi, e nel medesimo abito, il quale dichiarò con alcune poche stante la significazione delle intromesse.» […] Quinaut e Lulli, quegli come poeta e questi come compositore, furono i primi a dar qualche idea d’una danza teatrale più ragionevole. […] Avvezzandoci ad una dissimulazione cui la malizia degli uomini rende necessaria, ci hanno parimenti insegnato a frenare i gesti perché non ci tradiscano a dare ad essi un significato contrario a quello che vorrebbe la natura, a reprimere i primi movimenti delle passioni, i quali appunto per essere i più genuini e i meno artefatti sarebbero i più acconci ad essere imitati dal mimo.
I tre primi atti di questo componimento si rappresentarono sin dal 1664, e se n’era sospesa la rappresentazione, Compiuta, corretta, riveduta e approvata, sulla permissione verbale ottenutane dal sovrano. […] Non era uscito nel 1664 il Misantropo; ma le Preziose ridicole, la Scuola delle donne, la Critica di questa, e l’Improvisata di Versailles, ed assai più i tre primi atti del Tartuffo preceduti alla Mère coquette, aveano già ben degnamente enunciato Moliere e la buona commedia.
I primi, lungi dall’esser fatti per imitarsi, il nostro gran Monarca, ha stimato proibirne la rappresentazione per le buffonate che si mischiavano con sì augusto Mistero, e per le proposizioni assurde, e che sentono qualche temerità, che all’Autore cadevano innocentemente dalla penna1.
Niuno ignora i meriti di Noverre e per le lettere che scrisse intorno all’arte sua, e pel modo di ballare, e per l’invenzione de’ balli, potendosi contare tra’ primi ristoratori dell’arte pantomimica, per aver rinnovata la muta rappresentazione con gesti e con graziosi passi naturali misurati dalla musica in azioni compiute eroiche e comiche.
Egli stesso in tal caso parrà in certo modo conquistato dal popolo vinto; la qual cosa avvenne in fatti agli ultimi Tartari conquistatori della China, i quali ritenendo la polizia, la legislazione e i costumi del paese, diventarono i primi Cinesi. […] Non può ragionevolmente rigettarsi l’opinione di chi afferma che tali poeti degl’infimi tempi e de’ mezzani non avessero preso l’esempio da essi conosciuto per sola tradizione da primi antichissimi Cantori e Rapsodi della Grecia, e posteriormente dagli Scaldi della Scandinavia e da’ Bardi poeti Celti della Gallia, della Scozia, dell’Irlanda e del paese di Galles nella Gran Brettagna. […] Con tutto ciò debbono entrare nella storia drammatica come primi saggi che ricondussero a poco a poco in Europa la poesia scenica.
Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. […] NEI rimanente della Repubblica e sotto i primi Imperadori applicaronsi alla poesia rappresentativa, non che i liberti e gli stranieri eruditi, i più cospicui personaggi di Roma. […] Tali Tragici debbono convincerci che la maestà dell’idioma Latino, l’eroismo proprio de’ petti Romani, lo spirito di sublimità che gli elevava fin da’ primi tempi dell’arte, gli facesse assai più riescire nella tragedia che nella commedia. […] DI tante produzioni drammatiche scritte a un di presso sotto i primi Imperadori da personaggi ragguardevoli, non sono a noi pervenute se non le dieci tragedie attribuite a Seneca, le quali (che ne dica Martin del Rio e qualche altro) appartengono fuor di dubbio almeno a quattro scrittori, se la differenza del gusto e dello stile può servirci di scorta a conoscerne l’autore.
Benedetto Marcello: Benedetto Marcello (Venezia, 1686 – Brescia, 1739), compositore e teorico della musica, intonò le cantate Timoteo e Cassandra e scrisse l’Estro poetico-armonico: parafrasi sopra li primi (e secondi) venticinque salmi, su testi di Gerolamo Ascanio Giustiniani, Venezia, Lovisa, 1724-6, in 8 tomi. […] Per la chiesa ha pubblicato a Venezia circa trenta anni fa i primi cinquanta salmi messi in musica.
Che se ne’ principi primi dell’arte loro pur sono cosi disadatti e goffi, qual maraviglia se non giungono dipoi a quelle finezze ultime che l’arrivarvi è tanto difficile, e senza le quali non ci può essere nell’azione né dignità né verità?
Per tal guisa il pubblico era sempre alle prese con un forte e geniale artista, dicesse quattro parole, o recitasse i primi attori.
Ecco la materia informe che nasce in ogni terreno senza che si prenda da altri popoli, nella quale per lungo tempo rimangono le antiche vestigia ruris essa rassomiglia a i primi inni ditirambici e a’ cori rustici de’ greci, e ai diverbi fescennini de’ villani etruschi. […] Fu, secondo Svetonio ed Eusebio, uno de’ primi poeti latini. […] Oltre a’ soprannomati poeti, nel rimanente del tempo della repubblica e sotto, i primi imperadori molti uomini cospicui coltivarono la poesia rappresentativa. […] Di tante produzioni drammatiche, scritte presso a poco sotto i primi imperadori, non sono passate a noi se non le dieci tragedie attribuite a Seneca, le quali fuor di dubbio appartengono almeno a quattro scrittori. […] L’atellana era una commedia bassa, ma piacevole e lontana da qualunque oscenità, la quale preso l’origine e ’l nome da Atella situata in un luogo, oggi detto Sant’Arpino (in latino Sanctus Elpidius), villaggio a due miglia distante da Aversa in terra di lavoro, donde furono chiamati, i primi attori atellani.
Quanto a me, senza imbarazzarmi in una teoria, in ogni arcano della quale credo impossibil cosa il penetrare, sono d’avviso che guardar si possa la musica sotto un altro punto di vista ancor più vantaggioso de’ primi. […] [11] Coloro che non abbracciano siffatta opinione ricorrono all’autorità de’ Latini, ma non s’avveggono che questi non aveano e non doveano aver nemmeno della poesia la medesima idea che i Greci, i poeti de’ quali furono i primi teologi, i primi legislatori, ned altro fecero che comunicare alla loro nazione la sapienza ch’essi ritraevano dagli Egiziani unita alla maniera di metterla in opera.
Ne’ primi lustri del corrente secolo si é coltivata in Francia la poesia drammatica con ardore e felicità quasi non inferiore al precedente; ma da quarant’anni in circa si vede sensibilmente negli scrittori mancar per gradi la lena, e vacillar il gusto, e finalmente si trovano a’ nostri giorni confusi i giusti principi con alcune novelle massime dettate dalla debolezza e dal capriccio, e mescolati insieme e corrotti e adulterati stranamente i generi drammatici230. […] Non piacquero gli ultimi due atti della Zulima, e infatti essi deludono le speranze concepute ne’ primi ec. ec. […] I componimenti da loro rappresentati ne’ primi anni nell’idioma italiano furono quasi tutti dell’arte, ripieni di apparenze, incantesimi, e buffonerie.
Ma egli attese a render più degne di compassione Sabina e Camilla; per la qual cosa, secondo il Calepio, i primi tre atti riescono passionatissimi, e gli ultimi freddi ed inutili. Si vorrebbe ancora ravvisare in que’ primi Romani che dipinge rassomiglianza minore co’ moderni cortigiani Francesi.
Vedesi veramente negli Orazii più artifizio nella condotta, e più forza e delicatezza e vivacità ne’ caratteri e nelle passioni; ma ben si scorge ancora nell’Orazia più giudizio nel tener sempre l’occhio allo scopo principale della tragedia di commuovere sino al fine pel timore e per la compassione; e si comprende che se il Corneille l’avesse anche in ciò imitato, avrebbe fatto corrispondere agli ultimi atti della sua tragedia che riescono freddi ed inutili, a i primi pieni di calore, d’interesse e di passionea. […] Io non so come non vedesse egli quel che tanti altri anche suoi compatriotti osservarono, cioè che l’epoca de i duelli, delle giostre, de’ beni della lancia, è appunto un ritratto appena da piccioli lineamenti alterato, de’ primi tempi eroici degli Ercoli, de’ Tesei, e degli Achilli puntigliosi. […] I personaggi estremamente addolorati o debbonsi tener lontani dal racconto, o fargli operare secondo il proprio dolore; or questa passione non è capace di soffire un racconto minuto se non copo i primi impeti, e per così dire ne l’intermittenza. […] S’ingannò dunque, dirò un’ altra volta l’abate Andres, allorchè con troppa precipitazione ed arditezza sentenziò così: La parte drammatica (degl’Italiani) cede senza contrasto al greco teatro; e benchè gl’Italiani siano stati i primi a coltivare con arte e con vero studio la poesia teatrale, non hanno però prodotto, prima di questo secolo, tolte le pastorali del Tasso e del Guarino, un poema drammatico che meritasse lo studio delle altre nazioni. […] Non furono i primi nostri scrittori, specialmente nel Cinquecento, quelli che mostrarono al l’Europa l’erudizione del greco teatro?
., ed occupavano i primi onori del coturno. […] Il marchese di Liveri ebbe la sorte di rappresentare le sue commedie alla presenza di Carlo III Borbone siu da’ primi anni del regnato di lui ; e le pubblicò per le stampe dal 1741 al 1756 in circa. […] La commedia intitolata I primi passi al mal costume, fu bene’accolta in Torino, ed in Milano nel 1807 quando si rappresentò la prima volta. […] Vi sono sei ordini di comodi magnifici palchetti al numero di 28 nel quarto e quinto ordine, e di 26 ne’ tre primi, e nel bel mezzo del secondo ordine si eleva il gran palco del Re. […] Dalle nostre contrade uscirono i primi musici legislatori, e i più celebri maestri che insegnarono a congiungere con verità sulle scene la Poesia e la Musica.
Tanto è vero che nelle arti, dopo i primi lunghi rigiri, tornar conviene a ciò che vi ha di più semplice.
Contuttociò la favola procede con lentezza e languore, e si disviluppa sforzatamente usandosi ne’ primi atti di varie reticenze senza vedersene il motivo, per ridurre tutto allo scioglimento: i caratteri abbisognano di più naturalezza ed energia, specialmente quelli di Rafa e di Pitanzos: scarseggia di sali e di lepidezze urbane, e di partiti veramente piacevoli: ed è ben lontano da quella forza comica che chiama l’attenzione, rapisce e persuade con diletto.
I primi passi nell’arte furon fatti con un ciarlatano, come accadde al Bissoni (V.) e ad altri.
… » E la dolorosa sentenza ebbe origine da una velatura ch’egli recava nella voce dai primi anni ; velatura che andò poi coll’esercizio attenuandosi, fino a permettergli da un buon trentennio di sputar, non sangue, ma polmoni, rinnovantisi ogni sera, sotto le spoglie de’ molti e svariati personaggi del gran repertorio.
Tra’ primi suoi restauratori va particolarmente annoverato Apostolo Zeno, i primi melodrammi del quale videro la publica luce fin dagli ultimi anni del secolo prossimamente caduto. […] Ma perché a facilitarsene il cammino giova moltissimo il guadagnarli prima i sensi, esse a questi diriggono i loro primi attacchi. […] O chi ha sì fino orecchio, ch’egli si accorga dell’uguaglianza di due lunghi sermoni, come fa di quella de’ due primi versi della Gerusalemme Liberata? […] Io non vo’ negare che più dignitoso riuscirebbe il melodramma, se tutto in essi fosse recitativo, come furono tutti i melodrammi fino a’ primi anni del diciassettesimo secolo. […] I primi tentativi del melodramma, «Rivista musicale italiana», IX, 1902, pp. 797-829.
Dallo scrittore de’ primi anni delle romane Efemeridi e della Gazzetta Universale Fiorentina riscuote molti elogi l’appassionata Bibli, tragedia del conte Paolo Emilio Campi da Modena, formata sull’eccellente esemplare della Fedra di Racine; ma qui in Madrid non é ancor giunta. […] Uscirono dal di lei seno i primi musici legislatori, e i compositori più famosi. […] Carlo Pecchia, giureconsulto napolitano, si é nella Repubblica Letteraria segnalato per varie produzioni poetiche latine ed italiane, tra le quali occupa il primo luogo un ditirambo intitolato Il Carnovale, ch’é stato riputato il solo da potersi degnamente collocare quasi allato a quello del Redi; e più ancora per aver dati ultimamente alla luce i due primi tomi d’una Storia politica e civile del regno di Napoli sotto il titolo semplicissimo di Storia dell’Origine e dello stato antico e moderno della Gran Corte della Vicaria, nell’un de’ quali tomi in due dissertazioni ha sviluppata l’origine del governo feudale, e la diversità de’ feudi del regno da quelli introdotti in Lombardia, in Francia, in Germania ed in Inghilterra; e con ciò ha esaminato più precisamente il sistema del governo stabilito dal re Ruggieri, primo fondatore della monarchia siciliana, e perfezionato dall’imperador Federigo II, e nell’altro tomo ha dato un sunto delle leggi longobarde, esaminandone le maniere, i costumi, la magistratura, e la forma del giudicare; donde poi é passato alle leggi normanne e sveve contenute nel volume delle constituzioni del regno, esaminandole non già isolate, ma come componenti un sol corpo di legislazione.
Ultima epoca della Drammatica nel finir della Repubblica, e sotto i primi Imperadori. […] Nel rimanente della Repubblica e sotto i primi Imperadori applicaronsi alla poesia rappresentativa, non che i liberti e gli stranieri eruditi, i più cospicui personaggi di Roma. […] Di tante produzioni drammatiche scritte a un di presso sotto i primi Imperadori da personaggi ragguardevoli, non sono a noi pervenute se non le dieci tragedie attribuite a Seneca, le quali (che che ne dica Martin Del Rio e qualche altro) appartengono fuor di dubbio almeno a quattro scrittori, se la differenza del gusto e dello stile può servirci di scorta a conoscerne l’autore.
E nel Baschet, a pag. 165, si legge come la Compagnia, che doveva recarsi a Parigi il 1607, avesse stabilito di partire il 30 novembre, ma fosse trattenuta a Torino per un ritardo nell’arrivo degli abiti di Cintio, e non giungesse alla gran Capitale che nei primi di febbraio del 1608.
Nel carnovale '90-'91 interpreta per la prima volta la parte di Jago al Niccolini di Firenze con Andrea Maggi, Otello : poi torna in Russia, acclamatissimo come a' primi tempi, poi si aggrega a questa o a quella Compagnia per dar di quando in quando alcuna rappresentazione in pro della Cassa di previdenza per gli artisti drammatici, di cui egli è Presidente ; poi, finalmente, nell’anno di grazia in cui scrivo (1903), egli crede di dare un addio alle scene a fianco di suo figlio Gustavo, recitando l’Otello, la Morte Civile, e l’Oreste (Pilade), e mostrando ancora, (tranne forse ne'rari momenti, in cui ricordavano i suoi ammiratori di altri tempi il cannoneggiar d’una frase), tutta la freschezza e la musicalità della recitazione, tutto l’impeto della passione, tutta la profondità dell’interpretazione.
È poi da notarsi che ne’ primi tre atti Appio non dà indizio veruno di meditata violenza contro Virginia. […] L’azione e la violenza di Appio che occasiona la morte di Virginia, comincia nell’atto IV, ed i tre primi altro non sono che una lenta protasi. Pari lentezza si scorge ne’ primi tre atti dell’Ataulfo, e si protrae a una parte del IV. […] Queste diffidenze artificiosamente seminate da Sigerico ad impulso di una donna ambiziosa ritardano la pace ed insieme l’azione ne’ primi quattro atti.
Ciò che diffinisce i primi progressi della tragedia italiana sin dal principio di questo secolo, è appunto la saggia imitazione fatta dal Martelli dell’Ifigenia in Tauri e dell’Alceste di Euripide. […] Il regno di Napoli produsse ne’ primi anni del secolo due altri pregevoli scrittori di tragedie, il consigliere conte Saverio Pansuti, ed il duca Annibale Marchese. […] Non fu solo il Martelli ne’ primi lustri del secolo che seppe unire alle bellezze del greco coturno la saggia maniera d’ interessare i moderni alla lettura seguendo le orme de’ tragici francesi. […] Ne’ due primi atti l’azione ben disposta prepara l’uditorio alla tragica compassione. […] Euripide e Sofocle senza il vantaggio dell’invenzione ripetevano gli argomenti di Eschilo, di Carcino, di Platina &c., ed occupavano i primi onori del coturno.
I frammenti che ci restano de’ primi comici, non basterebbero a darcene una giusta idea, se il tempo non avesse rispettate undici delle commedie di Aristofane, le quali a sufficienza ce ne instruiscono. […] Lisicle, da venditor di montoni essendo diventato questore, o sia tesoriere della Repubblica, e contendendo di magnificenza co’ primi d’Atene che gli facevano una spezie di corte, perché la di lui mensa era dilicata, e la di lui borsa sempre aperta a coloro che l’adulavano, fu ancora esposto alla pubblica irrisione e beffe in questa commedia de’ Cavalieri.
Dopo i felici seguaci di Moliere del passato secolo Regnard, Brueys e Dancourt, troviamo tra’ buoni comici ne’ primi lustri del nostro Du Fresny nato nel 1648 e morto nel 1724, il quale dopo aver lavorato per l’antico teatro Italiano di Parigi insieme con Regnard, diede al Francese diciotto buone commedie. […] Rappresentarono ne’ primi anni componimenti italiani stravaganti e buffoneschi per servire all’arlecchino, ed il teatro ben presto rimase spopolato.
Per esempio in codesti versi: «Comincia il regno Da te medesmo: i desideri tuoi Siano i primi vassalli: onde i soggetti Abbiano in chi comanda L’esempio d’ubbidir. […] Havvi un’altra situazione d’animo più veemente e concitata, dove i primi impeti delle passioni si spiegano, quando l’anima, ondeggiando in un tumulto d’affetti contrari, sentesi tormentata dalle proprie dubbiezze senza però sapere a qual partito piegare. […] Le quali lontano dal disconvenirsi ad una persona appassionata le sono anzi naturalissime per quel segreto vincolo, che lega insieme tutte le facoltà interne dell’uomo, onde avvien che la riflessione desti in noi le passioni, e queste destino la riflessione scambievolmente, come ognun può osservare in se stesso, e come vedesi praticato dai primi autori.
La dolcezza dei primi non può far a meno che non nuoca (come avviene sovente) alla fierezza delle seconde, e non vi si avrebbono ad accoppiare insieme se non quando le parole presentano una situazione dove il marziale ardore vien temperato da qualche circostanza affettuosa ed allegra. […] Indi collo stesso tritume di note si ripiglian di nuovo i due primi versi “Nel lasciarti, o Prence ingrato mi si spezza in seno il cor”, impiegando qualche minuto in gorgheggiar su quel povero core. […] A che il ripigliar più volte i due primi versetti sospendendo, anzi troncando senza ragion sufficiente il senso delle parole? […] Ma cotai tuoni divenuti anch’essi per la stessa cagione insipidi e freddi dopo qualche tempo, necessario è che cadano nella stessa dimenticanza che i primi per dar luogo ad altre modulazioni più vive, l’effetto delle quali è di guastare e corromper l’orecchio avvezzandolo al caricato invece del semplice.
È poi da notarsi che ne’ primi tre atti Appio non dà indizio veruno di meditata violenza contro Virginia. […] L’azione e la violenza di Appio che occasiona la morte di Virginia, comincia nell’atto IV, ed i tre primi atti altro non sono che una lenta protasi. Pari lentezza si scorge ne’ primi tre atti dell’Ataulfo, e si protrae a una parte anche del IV. […] Queste diffidenze artificiosamente seminate da Sigerico, ad impulso di una donna ambiziosa, ritardano la pace ed insieme l’azione ne’ primi quattro atti.
[2] Affinchè proceda con precisione il discorso d’uopo è scomporre la quistione ne’ suoi primi elementi, e risalire fino alla sorgente, esponendo onde tragga origine la maggior o minore attitudine delle lingue pel canto. […] Prendete per esempio i due primi versi dell’Ariosto così poeti ci: «Le Donne, i Cavalier, l’armi, gli amori Le cortesie, l’audaci imprese, io canto.»
A me basterebbe che le mie vigilie o almeno i principii additati in questi primi fogli intorno al l’utilità e al l’eccellenza della drammatica ottenessero il frutto d’insinuare la necessità che hanno le società colte di preparare agli stranieri un Buon Teatro, che, in vece di essere un seminario di schifezze e di basse buffonerie, presenti una dilettevole polita scuola di educazione.
Non meritano di esser poste in obblio o disprezzate le commedie ingegnose piacevoli regolari che specialmente ne’ primi lustri del secolo uscirono da varie Accademie del XVI che continuarono nel seguente a fiorire come le Napoletane, le Toscane e le Lombarde.
E di questi soavissimi versi metto a riscontro questi altri, che tolgo dall’ epistola a Gustavo Modena sulle comiche compagnie italiane, inserita nel citato libretto del Bonazzi, e che, pur non essendo cattivi, son ben lontani, pare a me, dall’aurea semplicità dei primi.
E il Marchese Giuliano, di fatti, si recò a Parigi prima della Compagnia ; e di là mandò al Righetti una nota dei personaggi, che avrebber preso il palco, primi dei quali l’Imperatore e l’Imperatrice, S.
A evitare conflitti o semplici malumori fra' due artisti, fu convenuta la seguente divisione di repertorio, da loro e dal direttore Domenico Righetti accettata e sottoscritta : Parti di spettanza del signor Rossi Parti di spettanza del signor Peracchi Caterina Howard Avviso alle mogli Cittadino di Gand Arturo Cola di Rienzo Bruno filatore Calunnia Bastardo di Carlo V Conte Hermann Battaglia di donne Clotilde di Valery Don Cesare di Bazan Duello al tempo di Richelieu Duchessa e Paggio È pazza Dramma in famiglia Francesca da Rimini (Lanciotto) Elemosina d’un napoleon d’oro Fornaretto Guanto e Ventaglio Foscari Innamorati Luisa Strozzi Mac Allan Maria Stuarda Maria Giovanna Marchese Ciabattino Presto o tardi Proscritto Ricco e povero Riccardo D'Harlington Ruy Blas Segreto Fortuna in prigione Signora di S.t Tropez Tutrice Stifelius Sorella del Cieco Tre passioni Mentre il Peracchi, come s’è visto al suo nome, scongiurava il Righetti perchè lo sciogliesse dal contratto, per non trovarsi con Ernesto Rossi che gli aveva mancato di fede, il Rossi in data 17 settembre 1851, scongiurava il Righetti allo stesso intento : ….. io ora vengo quasi ginocchioni a pregarti, a supplicarti per quanto hai di più sacro e caro su questa Terra, tanto pel mio interesse e per la mia quiete, quanto pel tuo riposo, a volere presentare questa lettera alla nobile Direzione, fare conoscere l’immensi danni che potrebbero avvenire tenendo due primi attori, non più amici fra loro, ma bensì accaniti nemici, il poco studio delle parti, le continue dispute, l’odio implacabile nel piacere più l’uno che l’altro, e forse, forse tante e tante altre dimostrazioni, che arrecherebbero anche l’intiero disgusto del Pubblico….
Decadendo l’arte di Sofocle in Italia, e perdendosene le tracce nelle Spagne per l’intemperanza della scuola Lopense, mentre Cornelio e Racine l’innalzavano in Francia assai dappresso al punto della perfezione, una folla di loro imitatori nel seguirli sempre senza raggiungergli ne ripetevano i difetti più che le bellezze negli ultimi lustri del secolo XVII, e ne’ primi del XVIII. […] La prima direzione letteraria avuta da’ gesuiti Tournemine, Le Jay e Porèe, l’amistà dell’altro dottissimo gesuita Pietro Brumoy, gl’inspirarono l’amore della bella letteratura greca e romana; le opere del Crebillon e gli applausi che ne riscoteva, gli diedero i primi impulsi ad entrar nella tragica carrieraa.Non ancora avea letto l’Edipo di P. […] I primi quattro atti trattennero l’uditorio con piacere per varii passi pieni di forza e di estro, singolarmente per una felice descrizione dell’Eumenidi. […] I Francesi osservarono dalla prima rappresentazione che sin da’ primi atti essa manca d’interesse e di azione.
La caduta dell’impero romano viene individuata come periodo buio per lo sviluppo di quest’arte, che mostra dei primi cenni di rinascita solo nei secoli XI e XII, con la diffusione delle prime recite all’improvviso. […] Nella prima fase avviene l’assegnazione delle parti, che dunque non vengono fissate aprioristicamente in funzione di primi attori e prime attrici. […] Noi ne abbiamo una pruova continua nella storia naturale de’ fanciulli, che quella esprime più o meno del selvaggio o de’ primi uomini. […] I primi teatri furono dunque i templi, e i sacerdoti i primi declamatori, ed anzi i maestri della prima declamazione. […] Gli occhi, le ciglia ed il volto sono i primi e più pronti a risentirsi di qualunque interno movimento; ma le braccia, le gambe, la persona non possono corrispondere con la stessa faciltà.
Da lui perciò concorrevano i primi uomini della città tra quali si distinguevano Girolamo Mei, Vicenzo Galilei padre del Colombo della filosofia, e Giulio Caccini gentiluomo romano per passar le ore non, come è il costume de’ nostri tempi, in oziose ciccalate, in giuoco rovinoso o in occupazioni più vergognose frutto della trascurata educazione e della pubblica scostumatezza, ma in dilettevoli e virtuose adunanze, ove la coltura dell’ingegno, il non frivolo spirito e l’attica urbanità vedeansi rifiorire insiem col sincero amor delle lettere e delle utili cognizioni. […] Cotanta ignoranza si rende pressoché incredibile in uno de’ primi storici della italiana poesia.
Decaddero ancora per lo stile, anche in faccia al Coltellini ed al Cigna, la Disfatta di Dario, e l’Incendio di Troja del duca Morvillo, e l’Armida abbandonata dell’avvocato don Saverio de Rogatis che nel 1770 si rappresentò in Napoli da Anna de Amicis e da Giuseppe Aprile: ma tutti e tre questi drammi riuscirono oltre modo in teatro, per le decorazioni e per la musica de’ primi due di Pasquale Cafaro, e dell’ultimo del maraviglioso Jommelli, la quale si tiene meritamente per un capo d’opera. […] Dal di lei seno uscirono i primi musici legislatori e i più famosi maestri, e quei che insegnarono a ricongiungere con proprietà e verità sulla scena la poesia e la musica.
Maria Roberta Duval, giovane miserissima di circa ventitrè anni, visse i primi due anni in pace col vecchio amoroso : ma, sia che l’indole di lei la portasse col pensiero ad altri affetti, sia che Scaramuccia la tormentasse oltre il bisogno con la gelosia, accettate le proteste d’amore di un giovanotto, se ne fuggì in Inghilterra ; di dove poi, ben presto abbandonata, fe’ ritorno a Parigi e nella casa di Fiorilli, che preso di lei pazzamente le perdonò. […] xvii e xviii, in cui il glorioso artista occupa sempre un de’ posti primi, quando non è il primo, come nelle graziose figure dell’ Herisset, e nelle incomparabili scene del Gillot, di cui ho messo qui i preziosi frontespizi.
Il vin raspante d’acidetto gusto Co’ primi labbri ei delibar disdegna, Poi mattamente barbare bevande, Acetose, fumose, agre, putenti, Birra, cervogia, e ponce, e rac tracanna.
A me basterebbe che le mie vigilie o almeno i principi additati in questi primi fogli intorno all’ utilità e all’eccellenza della drammatica ottenessero il frutto d’ insinuare la necessità che hanno le società culte di preparare agli stranieri un buon teatro, che, in vece di essere un seminario di schifezze e di basse buffonerie, presenti una dilettevole polita scuola di educazione.
Da una memoria, scritta a posta per me, del figliuolo avvocato Alessandro, riferisco le notizie dei primi anni di sua vita : Il povero papà è nato a Fano alli 19 novembre 1829 da Nicola Rossi e Caterina Lombardi, loro decimo figlio.
I primi cori contenevano le sole lodi di Bacco, e gli episodj parlavano di tutt’altro. […] Noi ci contentiamo di osservare che quantunque l’azione sembri languire alquanto ne’ primi atti, pur questi preparano ottimamente l’ orribile evento dell’atto quinto, dove si veggono le passioni condotte al più alto punto. […] Il garrire degli eroi tanto da’ critici ripreso, era proprio de’ primi tempi della nazione Greca. […] Perchè dunque attribuire agli antichi i difetti che non hanno, oltre a quelli che hanno per essere stati i primi nell’arte? […] Conviene però avvertire che classe non par che debba quì dinotare soltanto la moltitudine, ma l’ordine o la qualità degli attori, i quali, secondo la fama o il merito nel rappresentare, dividevansi in primi, secondi e terzi.
Che quelli che seguirono questi primi Comici balbuzienti, introdussero la Commedia stravagante colle irregolarità accennate da Lope, il conferma ancora un passo della Commedia di Moreto El Marguès del Cigarral, dove così fa parlare un Grazioso: “Despues que se introduxeron “Las Comedias en España “Pueden servir los lacayos “A’ los Estrados y Salas, “Y aùn hablar con las Señoras “De gerarquias mas altas “Que la Señora Marina, “Pues son Princesas ò Infantas.”
Noi ci contentiamo di osservare che quantunque l’azione sembri languire alquanto ne’ primi atti, pure da essi vien preparato ottimamente l’orribile evento dell’atto quinto, in cui si veggono le passioni condotte al più alto segno.
[1.3ED] Navigava io lungo la frequentata e vaga riviera di Genova verso Savona, nella più allegra e nobile compagnia che mai potesse per viandante desiderarsi, godendo io la gloria di servire nell’importantissima sua pontificia spedizione per le due corti di Francia e di Spagna monsignor Pompeo Aldrovandi, cavaliere di cui la mia patria si pregia come di uno de’ suoi più insigni cittadini per chiarezza antica e non mai interrotta di sangue illustre e patrizio; uomo non men letterato che protettore de’ letterati; prelato insomma a cui, siccome la corte di Roma ha confidate le più gelose delle sue cariche, così comparte i primi luoghi ne’ primi gradi del merito e dell’onore. […] [1.40ED] Ci sono certi invidiosi della felicità del loro secolo che attribuiscono tutto a’ passati e massimamente a quelli ne’ quali fiorivano i Greci; non vogliono che si possa più conseguire altra gloria che quella del somigliarli come ombra corporea. [1.41ED] Io mantengo che costoro sono pazzamente invidiosi della moderna gloria e sono evidentemente ingiusti al nostro confronto, non invidiando noi agli antichi l’onore di primi inventori. [1.42ED] Vogliamo ancora liberalmente attribuire a’ tuoi Greci qualche parzialità della provvidenza divina che abbia meglio organizati e disposti que’ primi ingegni destinati per essa ad inventare, con simmetria che potesse accreditarsi fra gli uomini, quelle cose che dovean servir d’esemplare e procacciar de’ seguaci; laonde si sono propagate tutte le arti nella posterità. [1.43ED] Vogliono di più i vostri Greci? […] [1.82ED] Non troviamo in tutto perfetto il tuo Omero; e se ciò ti parrà nostra colpa, rispondi al Tassoni e mi quieto; ma stenterai. [1.83ED] Io non voglio dilungarmi ora sui tragici, ma so che sei persuaso come non la cederei al Tassoni. [1.84ED] Vi sono virtù insuperabili e queste imitiamo non perché noi non le avessimo sapute inventare, ma perché i vostri, nati prim di noi, sono stati in necessità d’inventarle. [1.85ED] Certo i primi hanno imitata la natura e noi, imitandola, sembra che quelli imitiamo; perché come vorresti dipingere un uom senza testa, se senza testa uom non fu mai generato? […] [3.102ED] Noi altri filosofi (io parlo almeno de’ non stoici) dobbiamo mantenerci venerabili a’ sapienti non solo, ma agl’ignoranti; a’ primi per dottrina e per merito, a’ secondi per politica e per ambizione; ma quella venerazione degl’ignoranti che ci pubblicava quasi uomini che avessero che far con gli dii, ci metteva in una stravagantissima soggezione ed era di rispondere a tutto quello di che interrogavano, e molte volte interrogavan di cose alle quali barba di filosofo non potea per verun conto rispondere. [3.103ED] Allora, che doveva farsi per un mio pari ch’era filosofo e cortigiano? […] [6.89ED] Egli è ricco e nelle donne poi è affatto leggiadro; né mi disgusta il vederle dipinte ne’ volti, perché così facevano ancora i primi comici che a’ tempi antichi assai più de’ tuoi si tingevano, e conosco che la notte, i lumi, la lontananza, le gioie e la soverchia finta ricchezza de’ vestimenti fanno languire i sembianti, ancorché dotati d’un bel colore della natura. [6.90ED] Ma quell’Agamemnone vestito da ballerino con un cappello in testa piramidato di piume è una di quelle figure che noi Italiani esporremmo per muovere a riso coll’impropria stranezza dell’abito; io perdono a’ Franzesi l’amar cotanto il lor diletto cappello che lo pongano ancora su quelle teste sulle quali dovrebbe risplendere o l’elmo o il diadema. [6.91ED] Ma, Dio buono!
Lo Stampiglia merita bensì qualche distinzione non già per questo, ma per essere stato uno de’ primi a purgar il melodramma della mescolanza ridicola di serio e di buffonesco, degli avvenimenti intrigatissimi e del sazievole apparato di macchine.
Questi non trova calore che in Virgilio e in Omero, l’altro, concessi ad Omero i primi onori, osserva che l’elevatezza impareggiabile di Pindaro, la robustezza de’ versi di Simonide, Stesicore, ed Alceo, e la grazia e piacevolezza di quelli di Anacreonte, mai non si rimarranno sepolti nell’obblio.
Una negligenza non affettata si conviene ai primi. […] Le composizioni stesse dei primi maestri del nostro secolo sono oggi mai divenute anticaglie, non piacendo altro che lo stile dei moderni cantori, il quale nel giro di pochissimi anni dovrà cedere anch’esso ad un nuovo gusto che dee succedere sicuramente. […] Ma l’austera verità, alla quale fa d’uopo che un autore sacrifichi fino ai primi movimenti d’un cuor sensibile, mi trattiene dal farlo.
Oltre a ciò tutto il racconto e della non curanza da prima avuta del nuovo poeta, a cagione dell’ abito, da colui che stava cenando, e dell’attenzione che in lui cagionarono i primi versi, e della giustizia subito renduta al merito, e dell’ammettersi il giovane poeta a cenare confidentemente, e dell’ammirazione colla quale dopo la cena fu ascoltata la commedia, tutto ciò, dico, sembra meglio adattarsi a un veterano conoscitore di poesia comica di pari condizione col novello scrittore, che ad un Edile di classe più elevata. […] Passi che una commedia di giusta mole siasi recitata in Roma in due giorni, cioè la sera dell’uno i due primi atti e il rimanente all’albeggiar dell’altro, cosa, per quanto si sa, mai più non avvenuta, e di cui non potrà rendersi veruna adeguata ragione, siccome è stato anche da altri avvertito104. […] Lascio poi da parte che la divisione da quel letterato proposta senza verun bisogno, mi sembri sproporzionata, perchè egli vorrebbe che i due primi atti ne formassero un solo, ed il II delle solite edizioni si dividesse in due ben piccioli.
Arrivato a Parigi, dov’era stato richiesto dalla Maestà della Regina di Francia per essere aggregato a quella Compagnia di Comici italiani, fu regalato ne’ primi due giorni di tre vestiti di non ordinaria bellezza.
Vedendosi egli a tali angustie ridotto, e costretto a riserbare pei due primi personaggi le modulazioni più vere e più appassionate, che altro può metter in bocca agli attori subalterni se non sentimenti freddi e comuni da accompagnarsi parimenti con musica insignificante e noiosa? […] [14] Carlo Innocenzo Frugoni, poeta fra i primi del suo tempo in Italia per la robustezza dello stile, per la forza dell’epitettare e per la fertilità e chiarezza delle imagini, compose alcuni drammi musicali da rappresentarsi con regia magnificenza nel teatro della corte di Parma, i quali pruovano quanto siano limitati i confini dell’umano ingegno, e come una spezie di talento suppone per lo più l’esclusione d’un altra.
Lascio il Flaminio (Scala), che, divenuto capo de’ Gelosi nel 1574, poteva fors’anco avere appartenuto a que’ primi Gelosi, di cui fu parte la famosa Lidia da Bagnacavallo. […] Ho trovato anche una canzoncina in dialetto veneziano de’ primi del ’600 (sono 8 pagine in 8° piccolo, compreso il frontespizio.
Il regno di Napoli produsse ne’ primi anni del secolo XVIII due altri pregevoli scrittori di tragedie, il consigliere conte Saverio Pansuti, ed il duca Annibale Marchese. […] Non fu solo il Martelli ne’ primi lustri del secolo che seppe unire alle bellezze del greco coturno la saggia maniera d’interessare i moderni, col seguire l’orme de’ tragici francesi. […] Ne’due primi atti l’azione ben disposta prepara l’uditorio alla tragica compassione. […] L’autore nel dar perere su di questa favola ravvisa per attivi solo il terzo ed il quinto atto, ed osserva certa inazione ne’ due primi, e nel quarto. […] Nell’ ingegnoso Martelli hanno gl’ Italiani non solo uno de’ primi ristoratori della loro tragedia, ma uno de’ più eccellenti Satirici del XVIII secolo.
Il faut ch’ils jouent dans des pièces encienes, et ils courent toujours le risque de la comparaison, e ordinariamente si verifica il proverbio italiano : Beati i primi.
Ora dunque esporremo ciò che egli non ben contento de’ primi saggi e conscio delle nuove forze acquistate col crescer degli anni, avendo sentito, come ingenuamente egli stesso si esprime, la necessità di meglio scrivere, va pubblicando in caratteri bodoniani. […] Questa sola esposizione succinta manifesta che Carlo fa uccidere Corradino per assicurarsi il regno, e che gli amori della figlia con lui non sono essenziali alla morte a cui egli è condannato: che lungi di aumentarsi il tragico naturale del fatto istorico per tali amori, ne viene offuscato, e la favola diventa un’ azione comunale di un principe che si occulta per amore, e che scoperto è ucciso dal padre dell’amata: che i primi tre atti nulla o ben poco contengono che convenga allo svevo Corradino erede del reame di Napoli, e che sotto altri nomi niuno indizio darebbe di quella storia patria. […] La delicatezza del gusto dell’autore gli fa ravvisare per attivi solo il terzo e il quinto atto, e certa inazione ne’ due primi e nel quarto, benchè ne’ primi due si prepari, e nel quarto ben si sostenga l’interesse relativo de’ personaggi. […] La parlata di Bruto nell’atto I e la vista del corpo trafitto di Lucrezia infiamma l’indignazione del Popolo, che decreta l’espulsione de’ tiranni, e nomina i primi consoli. […] Il sentimento poi è tutto spiegato ne’ tre primi versi, e quell’infelice vegliante in sen ci stà, come suol dirsi, a pigione; benchè comprendo che l’autore avrebbe voluto aggiugnero che quel contrasto sarà per affliggerla continuamente1.
Oltre a ciò tutto il racconto e della non curanza di prima avuta del nuovo poeta, a cagione dell’abito, da colui che stava cenando, e dell’attenzione che in lui cagionarono i primi versi, e della giustizia subito renduta al merito, e dell’ammettersi il giovane poeta a cenare confidentemente, e dell’ammirazione colla quale dopo la cena fu ascoltata la commedia, tutto ciò, dico, sembra meglio adattarsi a un veterano conoscitore di poesia comica di pari condizione col novello scrittore, che ad un Edile di classe assai più elevata. […] Passi che una commedia di giusta mole siesi recitata in Roma in due giorni, cioè la sera dell’uno i primi due atti, e il rimanente all’albeggiar dell’altro, cosa, per quanto si sa, mai più non avvenuta, e di cui non potrà rendersi veruna adeguata ragione, siccome è stato anche da altri avvertitoa Ma questa cosa potrebbe fare che un poeta assennato chiamasse doppia una favola di argomento semplice? […] Lascio poi da parte che la divisione da quel letterato proposta senza verun bisogno, mi sembri sproporzionata nelle parti, perchè egli vorrebbe che i due primi atti ne formassero un solo, ed il II delle solite edizioni si dividesse in due ben piccioli.
Decadendo l’arte de’ Sofocli in Italia, e perdendosene le tracce nelle Spagne per l’intemperanza della scuola Lopense, mentre Cornelio e Racine l’ inalzavano in Francia sì presso al punto della perfezione, una folla di loro imitatori seguendogli sempre senza raggiugnergli ne ripetevano i difetti più che le bellezze negli ultimi lustri del secolo XVII e ne’ primi del XVIII. […] La prima direzione letteraria avuta da’ gesuiti Tournemine, Le Jay e Porée, l’amistà dell’ altro dottissimo gesuita Brumoy gl’ inspirarono l’amore della bella letteratura greca e romana; le opere del Crebillon, e gli applausi che ne riscoteva, gli diedero i primi impulsi ad entrare nella tragica carriera32.
Però son degni di loda li primi poeti che attribuirono principalmente al coro l’uffizio del compatire. […] Nel Coreso di monsieur de La Fosse chi mai non crederebbe a vedere i primi due atti che la materia principale sia l’infedeltà di Agenore che viene per conchiuder le nozze con Calliroe? […] Lo studio di render mirabili i sentimenti ha fatto sì che dietro la scorta de’ primi, certi moderni non si sono talvolta rattenuti da qualche simile affettazione. […] Il raccogliere insieme le buone prerogative degli uni e degli altri sarebbe la via d’arrivare a’ primi gradi della perfezione. […] Calepio cita fra i primi autori tragici francesi, oltre a Jodelle, anche lo stesso Pierre de Ronsard, il quale fu piuttosto caposcuola che drammaturgo.
Se poi ripiglia i suoi uiui colori, Tosto ripiglia il core i primi ardori.
I frammenti che ci rimangono de’ primi comici, non basterebbero a darne una compiuta idea, se il tempo non avesse rispettate undici delle commedie di Aristofane, le quali a sufficienza ce ne istruiscono. […] L’Ateniese Lisistrata moglie di uno de’ primi magistrati si fa capo delle donne Greche, e ordisce una congiura per ridurre gli Ateniesi a pacificarsi cogli Spartani. […] La bellezza de’ tre primi atti non pare agli occhi miei continuata ne’ due ultimi; ma il comico contava certamente sulla varietà delle imitazioni e parodie, le quali presso la posterità già sazia delle trasformazioni degli zanni scemano di pregio in ragion del tempo che va tramezzandosi fra essa ed il comico. […] Mostra egli a’ volatili come essi sieno stati i primi regnatori delle regioni abitate, e che sieno più degli dei meritevoli di venerazione.
Et per che tra i piu belli spettacoli, si mostra bellissimo il ueder comittiua di huomeni armati ; lodo che si facci comparire, in compagnia de i Re, o de i Capitani, sempre alcuni soldati, et gladiatori, guarniti all’ antica ne i modi che nelle castramentationi de i primi tempi si dissegnano, quando pero l’occasione lo patisca. […] Prima che quella cada, lodo il far suonar alquanto, ad imitatione dei primi comici, o trombe, o piffari, ouero qualche altro istromento strepitoso, che habbia forza di destare gli animi, quasi adormentati per la lunga dimora che ordinariamente fan la maggior parte de gli spettatori, prima che si uenghi al desiderato principio : et questo Gioua anco per risuegliare i cori de i recitanti.
L’Ateniese Lisistrata moglie di uno de’ primi magistrati si fa capo delle donne Greche, e ordisce una congiura per ridurre gli Ateniesi a pacificarsi con gli Spartani. […] La bellezza de’ tre primi atti non pare agli occhi miei continuata ne’ due ultimi; ma il Comico contava certamente sulla varietà delle imitazioni e parodie, le quali, presso la posterità già sazia delle trasformazioni degli zanni scemano di pregio in ragione del tempo che va tramezzandosi fra essa ed il Comico Greco. […] Mostra egli a’ volatili come essi sieno stati i primi regnatori delle regioni abitate, e che sieno più degli Dei meritevoli di venerazione.
Forse ciò avvenne ancora, perchè i primi traduttori spagnuoli delle antiche favole non ne diedero una idea capace d’invitare all’imitazione. […] Non meritava la cieca idolatria de’ primi, avendo lasciate a’ posteri moltissime cose da migliorare; non le amare invettive degli altri a cagione di molti pregi che possedeva. […] Questo re che non si è veduto ne’ primi quattro atti, comparisce nel quinto, ed il Coro apre le stanze ove dimorava Didone, e si vede questa regina trafitta dalla spada di Jarba ed ha la corona a’ piedi ed una lettera in mano.
Che il Milton abbia conosciuto l’Adamo dell’Andreini pare fuor di dubbio ; ma dal leggere un’ opera e magari seguirne poi le traccie, più qua allargandone il disegno, più là attenuandone le tinte, al riceverne la prima ispirazione ci corre : forse l’ha avuta da una rappresentazione della Scena tragica d’Adamo e d’Eva estratta dalli primi tre capi della Sacra Genesi, et ridotta a significato morale da Troilo Lancetta Benacense ?
Fu in Francia una seconda volta, dai primi giorni di febbraio al 26 d’ottobre del 1608, e questa volta direttore e conduttore della Compagnia ; a proposito della quale il Duca Vincenzo in data 10 novembre 1607 annunziava al suo ambasciatore alla Corte Messer Trajano Guiscardi, Fritellino e sua moglie come i migliori personaggi non solo della sua compagnia ma di tutta Italia.
Invece di trasportare l’arte di que’ primi Maestri a’ moderni costumi e genj delle Nazioni, esse si videro trasportate a’ tempi de’ Greci, e de’ Romani: e in vece di vedersi sul Teatro i ritratti de’ moderni Italiani, si videro quelli delle nazioni antiche”.
Accomodò i suoi primi componimenti al gusto dominante per le commedie d’intrigo, ed avendo acquistato credito, si rivolse a cercare il ridicolo ne’ costumi del suo tempo.
Non posso con tutto ciò lasciar di dire che la favola procede con lentezza e languore, e si disviluppa sforzatamente usandosi ne’ primi atti varie reticenze senza vedersene il motivo perridurre tutto allo scioglimento.
I primi cori contenevano le sole lodi di Bacco, e gli episodi parlavano di tutt’altro: il popolo se n’avvide, e mormorò della novità18; ma continuò ad ascoltarli, e la novità parve felice e dilettevole. […] L’azione sembra languire alquanto ne’ primi atti, ma essi preparano ottimamente l’evento orribile, e si veggono nel V le passioni menate al più alto punto.
Secondo Lilio Gregorio Giraldia intorno a’ primi anni del secolo il Trissino avea per le mani la sua tragedia, benchè prima del 1514 non erasi tuttavia recitata. […] Tra primi nostri letterati che ci arricchirono di buone commedie, contisi il nobilissimo poeta Ercole Bentivoglio per nascita Bolognese e per domicilio Ferrarese, essendo stato di anni sette e qualche mese nel 1513 condotto del padre alla corte del duca Ercole d’Este suo suocero.
Secondo Lilio Gregorio Giraldi106 intorno a’ primi anni del secolo il Trissino avea per le mani la sua tragedia, benchè prima del 1514 non erasi tuttavia recitata. […] Tra’ primi nostri letterati che ci arricchirono di ottime commedie, contisi il nobilissimo poeta Ercole Bentivoglio per nascita Bolognese, ma Ferrarese per domicilio, essendo stato d’anni sette e qualche mese nel 1513 condotto dal padre alla corte del duca Ercole d’Este suo suocero.
“Conoscendo” (dice il Gravina1) “i primi autori della Vita Civile, che la soavità del Canto rapiva dolcemente i cuori umani . . . . racchiusero gl’insegnamenti in verso, cioè in discorso armonioso, e l’armonia del verso accoppiarono con l’armonia ed ordinazione della voce, che Musica appellarono”.
L’attrice che rappresentò la parte di Polly, che si chiamava Miss Fenton, divenne la delizia di Londra; se ne scrisse la vita, se ne lodarono i bei motti, se ne fecero i ritratti, ed in fine sposò pubblicamente il duca di Bulton uno de’ primi signori Inglesi.
Forse ciò avvenne ancora perchè i primi traduttori Spagnuoli delle antiche favole non ne diedero una idea capace d’invitare all’imitazione. […] Non meritava la cieca idolatria de’ primi, avendo lasciate a’ posteri molte cose da migliorare, nè le amare invettive degli altri, per molti pregi che possedeva.
Se ne scrisse la vita, se ne lodarono i bei motti, se ne fecero più ritratti, ed in fine sposò pubblicamente il duca di Bulton uno de’ primi signori Inglesi.
129 Il secondo è il famoso Marcello, che nella prefazione alla sua Parafrasi musicale sopra i primi venticinque salmi, parlando di tutte quelle cose che nella musica greca concorrevano ad eccitar le passioni, si spiega in tal guisa: «Ma quanto poi siano queste in oggi tolte a noi da nuovo costume, o trascuratone l’uso di esse, egli è ben facile da comprendersi dal non udirsi che appena o di rado da canti nostri, benché da vari consonante copiosi, e di vari movimenti e leggiadri produrre nell’animo nostro qualche menoma parte di quelli antichi tanto ammirabili effetti, i quali a chiunque odali raccontare sembrar convengono piuttosto favole che veri»130.