Rendonsi l’alme a Lei spontanee prede, E al bel Giogo Servil s’offrono immote. […] Che bel veder le delicate dita, Quando per fulminar pronte l’armaro !
Segui, segui animoso il bel sentiero, già porgi ai sommi emulatore, e in breve primo di tutti salutarti spero. […] Se sai conoscere il bel momento di saper porgere un complimento6…, impareggiabile !!
Io credo che niuno abbia capito e rivelato ai posteri l’arte somma di Giovanni Toselli, meglio di quanto facesse il compianto Luigi Pietracqua, del quale mi piace riferir qui tradotte le belle parole : I posteri riconoscenti, artisti e ammiratori, gli dedicaron monumenti marmorei così a Cuneo sua terra natale, come al Teatro Rossini di Torino, dove si ammira un suo busto assai rassomigliante ; ma il più bel monumento se lo eresse da sè, creando un teatro popolare, che prima non esisteva ; inventando, per dir così, un nuovo genere d’arte così viva e possente, che per bestemmiar che facciano certi ipercritici della moderna tubercolosi artistica (leggi : teorica nova) non morrà più mai nè nella memoria nè nel cuore del nostro popolo che pensa colla sua testa e giudica col suo buon senso, infinitamente superiore a tutte le fisime più o meno isteriche di certi scrittorelli, più o men camuffati da Aristarchi Scannabue.
Trop jeune à la fois et trop belle, en nous charmant sitôt que vous êtes cruelle ! […] Oltre al bel ritratto di De L'Orme, metto la riproduzione di un disegno a matita rossa, segnato nel catalogo Bouchot col numero 530, e così descritto : « Portrait en pied d’une actrice de la Comédie italienne, M.
Grazioso nei gesti e nelle parole, destò fanatismo in varie principali città, fuorchè in Venezia, dove non seppe distruggere le belle prevenzioni radicate per Antonio Sacco, il celebre Truffaldino.
Nato a Capo d’ Istria negli ultimi del secolo scorso, fu ammaestrato nelle belle arti dal padre pittore ; ma a diciotto anni si fece comico, riuscendo in poco tempo un egregio amoroso nella Compagnia di Carlotta Marchionni.
Un bel giorno non volle saper più nè di burrasche, nè di bastimenti, nè di eliche, nè di trinchetti, e a quattordici anni il piccolo ribelle entrò in una delle infime compagnie.
E l’ombra intanto io vidi i stigj laghi Varcar più lieta, e girne al bel soggiorno Quasi sull’opre sue tutta s’appaghi.
Lo vediamo il '43 con Carolina Internari, e dopo con Luigi Taddei, per darsi finalmente al capocomicato con la moglie Adelaide, figlia dell’attore e scrittore Luigi Forti, che aveva già levato bel grido di sè come prima donna.
Vedi al suo orror impallidire a prova il ben (bel ?)
Ammalatosi gravemente il marito, ella dovette abbandonar di punto in bianco la Compagnia, e restar fuor dell’arte un anno, per tornarvi poi coll’antico amore e coll’antico favore, vuoi scritturata da Luigi Monti, vuoi da Francesco Pasta, col quale ultimo andò a sostituir di bel nuovo la Tessero, gravemente ammalata, poi la Giagnoni, morta d’improvviso.
Al gratioso suo girar dei lumi, languiscon l’alme e van le grazie ancelle, apprendendo da lei leggi e costumi ; A le mutanze sue leggiadre e belle sian palchi i cieli e spettatori i Numi e per lampade e faci ardan le stelle.
Pietro di Emilia il 10 aprile del 1867, si diede allo studio della pittura nell’Accademia di belle arti bolognese, dalla quale uscì con diploma di pittore, per entrar dopo soli quattro mesi (quaresima del ’90), e senza mai aver calcato un palcoscenico, secondo amoroso nella Compagnia Maggi.
Nè cred’io già che d’altri sensi impresso Sia il tuo bel cor ; essi (non l’abbi a sdegno) Fan testimon di tua bell’alma espresso ; Così quest’opra tua recando al segno, Gli atti, gli accenti che t’è usar concesso Fan testimon del tuo felice ingegno.
Ma verrà un giorno ch'io tornando a queste scene avrò nuove genti intorno di bel spirito ripiene, che le cose altrui ben chiare sapran meglio recitare….
Dopo il bravissimo artista e poeta Francesco Augusto Bon, fu uno dei migliori che rappresentassero le tre belle commedie del Ludro da quello composte ».
Ho una bella passeggiata in prospettiva, poi pittura all’esposizione, masica a volontà e belle donne dappertutto…. Musica, pittura e donne…. tre belle cose di cui tutti parlano senza mai intendervi nulla.
Se v’ha cosa mirabile nelle belle arti questa è il vedere in qual guisa la spiacevolezza medesima delle dissonanze contribuisca all’armonia. […] Gli scrittori di quel tempo ci fanno sapere, che i madrigali suoi erano ammirati dai maestri e cantati da tutte le belle: circostanza che dovea assicurar loro una rapida e universale celebrità. […] Un sudor via più freddo assai che giaccio Spargea il bel volto, e le dorate chiome. Indi s’udio il tuo nome Fra le labbra suonar fredde e tremanti: E volti gli occhi al Cielo Scolorito il bel viso, e i bei sembianti Restò tanta bellezza immobil gelo.» […] E sù quell’ora, Che scaldarmi a bei raggi mi credei, Morte spense il bel lume, e freddo e solo Restai fra pianto e duolo, Com’angue suole in fredda piaggia il verno.
E in un altro, a proposito del recitare in italiano a persone, che per lo più non intendevano, e del bisogno di far delle azioni assai, di trovar dell’invenzioni, mutazioni di scene, e cose simili per contentar l’uditorio, è detto : « Il bravissimo Zanotti non più con la sua Eularia poteva dialogando mostrar la finezza del bel dire, l’argutezza delle risposte, le sentenze, e gli equivochi frizzanti per guadagnar i cuori…. » Ottavio era dunque il capocomico, e dallo stesso Locatelli sappiamo che la Compagnia era composta di nove persone, « cioè due Innamorati, due Donne, la Rufiana, un Coviello, un Pantalone et un Dottor Graziano ». […] Lasciò tre figliuoli, tutti e tre soggetti di bell’ingenio, duoi dottori, uno di legge, l’altro di medicina, et un prete, ma ornati tutti di belle lettere sì in prosa che in versi ! […] Nè sa come tu dolce il cor saetti coi due begli occhi, dove in propria sede regnan le grazie, e i cari genj eletti a cento belle e gloriose prede.
Prese alla morte del padre le redini della compagnia, egli seppe colla sua sagacia di conduttore e la sua valentìa di maestro e attore, serbarle il bel nome che s’era a ragione acquistato.
« Dalla luce abbagliante della ribalta - conclude Jarro con belle parole - dal fragore degli applausi passar, quasi senza intervallo, alla oscurità, al silenzio della tomba !
Alle sue belle qualità di artista, il Bartoli mette come contrapposto quelle dell’uomo tutt’altro che lodabili.
Morto il Ristori a Firenze il 3 settembre 1861, fu tumulato nel Cimitero del Monte alle Croci, ove la figliuola desolata fe' erigere, alla morte della madre, una cappella, co' medaglioni degli estinti, opera dello scultore Cambi, e con le seguenti epigrafi : AD ANTONIO RISTORI nato il 5 marzo del 1796 | mancato ai vivi il 3 settembre del 1861 || o mio dilettissimo padre | a te che mi fosti esempio | delle più belle virtù | che per generosità di cuore | e spirito di santa carità verso i miseri | fosti sempre benedetto dalla sventura | che fra gli stenti al lavoro | consacrasti tutta la tua vita | la tua figlia adelaide | che amavi tanto e che sì presto ti ha perduto | questo monumento | debole segno d’incancellabile affetto | tuttora in pianto poneva.
E perchè non v’asconda invidia o zelo, Ella, che fece il bel sembiante in prima, poscia il nome formò che i vostri onori porti e rimbombi e sol bellezza esprima. […] Febo le muse, Amor le grazie ancelle seco accompagni, e da l’oblio profondo sorga il Sonno a mirar cose si belle. […] Splendano or qui le vostre faci intanto, pompa a le belle esequie ; e non più liete voci esprima di festa il vostro canto. […] Onde, poich’ebbe di virtude impresse belle vestigia, a l’alma apri ’l sentiero, e spedita volò dove il pensiero fermo col ben oprar la scorse e resse. […] Habbia poi alcuno d’ essi un fiaschetto, o una scodella di qualche bel legno a cintola, altri un Zaino legato sopra una spalla, che gli penda sotto l’opposito fianco.
La famiglia Astolfi ha dato oltre alla Carolina di cui discorriamo più sotto, una Maria, la figlia, che trovavasi nel ’20 col padre in Compagnia Andolfatti, scritturata per le parti ingenue, la quale, a detta del Giornaletto ragionato teatrale di Venezia, dava già belle speranze di sè ; e varj altri artisti di poco o niun conto, di cui, sfogliando gli antichi elenchi e gli antichi diarj non ci fu dato trovar cenni di sorta.
Fra le molte sue opere vanno annoverate come le migliori, l’Amore, e Lord Byron a Venezia, le quali, ricche di tutto il convenzionalismo teatrale, e di reminiscenze delle più belle opere altrui, brillarono come fuochi d’artificio, di luce effimera e smagliante.
Si badò soprattutto a conservar l’unità nella melodia regola fondamentale di musica, come lo è di tutte quante le belle arti, la quale consiste nel rivolgere verso un oggetto tutta l’attenzione e tutto l’interesse dell’uditore, nel rinforzar il motivo dominante, ovvero sia il canto della parte principale con quello di ciascuna in particolare, e nel far sì che l’armonia, il movimento, la misura, la modulazione, la melodia e gli accompagnamenti s’acconsentano scambievolmente, e non parlino, a così dire, che un solo linguaggio. […] [14] Quindi aveva per costume di esser modesto e rattenuto in sulle prime per sollevarsi poscia bel bello fino a quel grado di espressione che caratterizza i suoi componimenti, e che altri assomiglierebbe alla musa del Petrarca, di cui esso musico si dichiarava ammiratore grandissimo. […] L’arte del maestro e del sonatore altro non è infine che un linguaggio imperfetto, col quale non s’arriva a esprimere se non troppo rimotamente ciò che si vuole, laddove il canto è la più compita e più interessante imitazione che le belle arti possano proporsi per fine. […] Nelle prime, perché né la musica né la poesia possono arrivar a tanta eccellenza in un popolo, che dotato non sia di squisita sensibilità, e di brillante immaginazione; qualità, che trasferite alle belle arti non solo bastano ad immortalar un uomo, ma ad assicurar eziandio ad una intiera nazione l’omaggio di tutti i secoli. […] Imperocché è incontrastabile, che giammai un popolo baderebbe a perfezionar con tanto studio le facoltà di puro diletto, se l’agio, la pace, la morbidezza, e le superflue ricchezze, onde nasce il lusso, non vi dominassero da lungo tempo. né può tampoco chiamarsi inutile quella gloria, che al sostentamento serve di tanta gente, e contribuisce in particolar maniera a tirar in Italia l’oro degli stranieri, essendo certo, che da niun ramo delle belle arti cava, se ben si considera, tanto lucro questa provincia, quanto da quei che servono al melodramma. principalmente dacché le arti del disegno dopo aver padroneggiato senza rivali per’ben due secoli nel bel paese, «Che Appenin parte, e l’mar circonda, e l’Alpe» voltarono infine le spalle, e sene andarono assise sul carro di Minerva ad illeggiadrire colla sua venustà le rive della Senna e dello Scaldi.
E sarebbe una bagatella, una frulla haver solamente a spaccheggiar tra gli huomini : Anco gli Dei, quando vengono trà di loro in qualche disputa, se non andasse questo pezzo di Dottore à mettergli d’accordo, senz’ altro si romperebbono la testa : E questa mattina appunto (ò bel caso diavolo, alzate l’intelletto per cortesia) ero nel mio studio a spolverare i libri, quando sento con gran furia bussar’ alla porta ; apro, e veggo Mercurio co gli stivali in piedi, tutto sudato, che per hauer troppo corso, non poteua quasi rihauere il fiato ; lo fò passare, lo fò sedere, e gli domando quel che voglia dal fatto mio ; egli affannato mi dice. […] Non Saturno, non Gioue, non Apollo, non Marte, non Venere, non Pallade, non Mercurio, è stato da sè solo il fondator di Bologna ; ma tutti insieme d’accordo come pifferi fuste i muratori di fabrica così stupenda ; e molto ben ve ne ricordate, se non hauete perduto il cervello ; Saturno fece i fondamenti con la Giustitia delle leggi, Gioue tirò sù le belle prospettiue con la benignità de’costumi ; Apollo vi fece miniature all’arabesca con il pregio della Poesia, Marte vi pose i baluardi con la fortezza de gl’huomini, Venere l’adornò di pitture con la beltà delle donne, Pallade dotò la Città tutta co’tesori delle scienze, e Mercurio la vesti d’vn bellissimo drappo di grata, e natural facondia. Il che fatto viuo vocis oraculo, gli poneste quel bel nome Bononia in latino, per dimostrar, che Bona omnia in ea sunt, e Bologna in volgare, perchè la fama sua Boat longe, cioè rimbomba, e si fà sentire da lontano. […] Rimasero tutti con vn palmo di naso, spantati, strasecolati del mio sapere ; e fatto metter in ordine la carrozza del Sole, fattomi compagnia insieme Alla porta d’ Oriente, me ne rimandarono nel mio studio ; e si vede, che dal gran caldo son diuentato vn pò pò nero : Ma ’l nero il bel non toglie.
La prima é la signora Elisabetta Caminer Turra veneziana, la quale accoppia il gusto più squisito alle più belle e rare cognizioni. […] Mais si les charmes de ce grand art te laissent tranquille, si tu n’as ni délire ni ravissement, si tu ne trouves que beau ce qui transporte, oses tu demander ce qu’est le génie? […] Dee però esser trattata da dotti, giudiziali e discreti uomini, affinché serva ad aguzzare e affinar l’ingegno, a porre nel suo maggior lustro la verità, e a perfezionare le belle arti. […] Le cose belle sono malagevoli tutte, dice un dettato greco: παντα κἁλετὰ τὰ καλἁ. Gl’Iddii vendono a’ mortali col prezzo di sudori immensi tutte le belle e buone cose, diceva Epicarmo, comico Filosofo.
Le mie vicende che poscia mi balzarono in Francia donde dopo la dimora di un anno discesi in Italia di bel nuovo, hanno prodotto nuove osservazioni da me fatte su nuovi materiali raccolti. […] Certamente parrà questa frivola oziosa occupazione a chi si crede nato a grandi imprese nelle scienze e nelle belle arti.
Ma verrà un giorno ch'io tornando a queste scene avrò nuove genti intorno di bel spirito ripiene, che le cose altrui ben chiare sapran meglio recitare. […] Veggan pur con stupor l’onde Tirrene, che di calcar seguite il bel costume uno i dotti Licei, l’altro le Scene.
Quando Sabbatini nel ’43, a lui tracciò le prime linee della Bianca Capello, il Modena qualcosa gli disse del modo di svilupparla, sopratutto perchè vedesse di creare tre belle parti per la Sadowski, per l’Arrivabene e per la Botteghini.
Quindi cominciò veramente a farsi popolare il nome di Angelo Marchetti, che fra le tante sue interpretazioni, ammiratissimo per castigatezza e slancio, diventò sorprendente in quella di Armando nella Signora dalle Camelie, colla quale, a fianco di Virginia Marini, il grande astro saliente, allora, formava il più bel duetto artistico che mai si potesse credere.
… Sembrò a tutti e per un pezzo ch'ella dovesse avere il cuore invulnerabile ; ma un bel giorno con universal sorpresa, si ammogliò al bello e forte attore Andrea Maggi, dal quale poi si distaccò artisticamente avendo così diverse le attitudini e le aspirazioni !
Qui venga il folle, e nel sentir la forte Faconda Donna sostener l’impresa Con cor virile, e con maniere accorte : Vedrà la Donna della Fè custode, Costante all’uopo, e di valore accesa, Che il bel Sesso gentil merita lode.
L'amor della scena fu più forte di ogni contrario proponimento ; e un bel giorno, poco avanti il carnovale del 1846, di nascosto del babbo, ma col tacito consenso del nonno e della mamma, partì da Livorno per andare a raggiungere a Foiano una compagnietta delle infime, alle cui recite si soleva dare come biglietto d’ingresso frutta, salsiccie, e vino ; e in cui la paga degli attori variava dalle due alle quattro crazie al giorno. […] Fu il '71 e '72 nell’America del Sud, il '73 e '74 in Austria, Ungheria e Germania, il '75 di bel nuovo a Parigi, poi nel Belgio e nell’Olanda, il '78-'79-'81 in Russia, in Romania, in Austria e in Egitto, quindi ancora nell’America del Sud, dove ottenne un clamoroso successo col Nerone di Pietro Cossa ; l’ '83 nell’America del Nord sino a San Francisco di California, e poi qui, e poi là, un po'dappertutto all’estero e in patria, ove dava di quando in quando recite straordinarie. […] I più grandi pittori e scultori francesi di oggidì hanno schizzi e firme e indirizzi in un album donatogli quand’eran scolari dell’Accademia di Belle Arti…. […] Edmondo De Amicis gli dedicò un magnifico studio per la recitazione del Canto de' Serpenti di Dante, e Sully Prudhomme gli dedicò il seguente sonetto : A ERNESTO ROSSI Quand le monde réel m’est un trop lourd fardeau, Je voudrais bien m’en faire un autre à mon usage ; Et, comme toi, muant mon âme et mon visage, Devenir un autre homme au lever du rideau ; Agiter, tout un soir, plus fort, plus grand, plus beau, Le fantôme évoqué d’un héros et d’un âge, Dussé-je, aveuglement fidèle au personnage, Le rideau descendu, le suivre en son tombeau.
Da Bettola richiamato a casa si rimise agli studi, i quali abbandonò di bel nuovo, appena uscito di tutela.
Poco fortunato nelle parti di primo amoroso, passò a quelle di brillante, e fu cosi fortunato il passaggio, che riuscì a contendere il primato a Bel lotti Amilcare, Bellotti Bon, Giardini ed altri che non ricordo.
Era Lucilla, conosciuta anche sotto il nome di Rosalba, restata lungi dal marito, che seguiva la sua compagnia ; e sotto pretesto di penitenza erasi ritirata in una casa presso le Maddalene, ove però di nascosto riceveva visite, doni e cibi dal bel sergente, che la stimolava a lasciar per lui il buon comico marito.
Rinunziò un bel giorno agli applausi sonori, alle commozioni, ai trionfi della vita d’artista, contento di poter darsi agli studi, di poter avere un po' di quiete per stillarsi il cervello traducendo Catullo e lottando a corpo a corpo con le difficoltà dell’ originale e dei metri, con la rigidità della nostra terribilissima lingua. […] Fra noi su questo argomento, non s’ è fatto il bel nulla. […] Questo Dizionario dei Comici italiani, concepito con tanta genialità e condotto innanzi con tanta dottrina e così ordinata serietà d’indagini e d’intendimenti, ch'egli volle dedicato a Teresa Sormanni, la fedele compagna della sua vita, la collaboratrice intelligente e amorosa de' suoi studi, tolta in moglie il 15 luglio 1881, è un bel titolo e degno alla riconoscenza di quanti pregiano le nostre glorie teatrali, è sopra tutto un’ opera utile e buona che colma una vergognosa e dolorosa lacuna della nostra storia dell’ arte, fin qui così trascurata.
E un giorno che l’Isabella col padre, la madre e i figliuoli era a colazione da Buffetto, egli la pregò di volergli lasciare per tutta la giornata il minor di essi Domenico Giuseppe, cognominato Menghino, d’anni 7 e mezzo, ma di tanta svegliatezza che il più delle volte si faceva a racconsolar con belle parole Buffetto dei suoi dolori. […] Nullameno si tentò di consolarlo con belle parole.
Nè solamente a Firenze gli accadde di dover cedere alle insistenze del pubblico, e replicar sul momento or questo, ora quel brano, chè anche la narrazione di Pilade dovè replicare immediatamente « siccome un pezzo applauditissimo di scelta musica — com’egli ci avverte — nelle scene illustri di Ferrara, di Siena, di Pavia, di Torino, di Bologna. » Fu il 1811 nominato Professore di declamazione e d’arte teatrale nella Accademia di belle arti a Firenze, e vi stampò nel 1832 un corso di lezioni, corredando la duodecima, dei gesti, di quaranta tipi che rappresentano l’attore ne'momenti più importanti della sua arte, e di cui do qui dietro un piccol saggio. […] Morì d’idrope pettorale a Firenze ; e sulla pietra che sigillava il suo sepolcro nel chiostro di Santa Croce, a destra e in prossimità della cappella Pazzi, toltane alcun tempo pei lavori di restauro, e ricollocata poi, ma sebben sempre a destra di chi entra, non più allo stesso luogo, fu incisa la seguente iscrizione che dettò Giovanni Battista Niccolini, il quale non l’ebbe in vita troppo nel suo libro : qui riposa antonio morrocchesi di san casciano nell’i. e r. fiorentina accademia di belle arti professore di declamazione fra i tragici attori del suo tempo per consentimento d’italia a nessuno secondo e luogo gli tenga di maggior elogio l’essere nell’arte sua piaciuto a vittorio alfieri maddalena morrocchesi al consorte desideratissimo non senza lacrime q. m. p.
Il Fiorilli s’ accinse a risponderli, e fecelo con tanta grazia, e con si bel modo, che spiegando a poco a poco i suoi sentimenti con quella ridicola balbuziente pronunzia, ora tenendo la voce sommessa, ed ora strepitosa innalzandola, e contorcendo la bocca, e dimenando le braccia, ed il tutto eseguendo co’ più naturali movimenti di un uomo, che tale difetto avesse in propria natura, e aggiungendo il Fiorilli in quell’ istante tutto ciò che l’arte seppe insegnarli, svegliò nell’uditorio per sì fatto modo il picchiar delle mani, che confondendosi co’ ripetuti evviva tenne per lunga pezza i due Comici in sulla scena ammutoliti.
Iniziato agli studi ecclesiastici, buttò via un bel giorno l’abito talare per indossar la divisa di ufficiale della guardia nazionale, che dovè smettere al ritorno delle truppe austriache.
Ah non v'approdi, e in pria, Fatta signora di sè stessa, un detto, Un sospiro, un addio sciolga, e rimbombi Di nostre voci al suono alterno, e giunga Alle Valli del Serchio, e lo ripeta Del bel Tirreno ancor la riva e l’onda.
Disseminatevi una competente dose del più bel gorgheggio del mondo. […] Il pubblico, son certo, che a tutte queste sì belle doti farà plauso. […] Disseminatevi una competente dose del più bel gorgheggio del mondo. […] Ella è una delle belle arti, e si divide in alta e bassa. […] Che bel contrasto di sentimenti che la maschera oscurava!
Quando si parla o si scrive sopra le belle arti, si sono giammai consultati gli antichi senza ritrarne gran frutto? […] Questa si rappresenta alla mia mente come il principio universale di tutte le belle arti, la cui natura, e le cui proprietà non potrebbero alterarsi per quanto fossero differenti fra loro i mezzi, e lo strumento, e le vie prese da ciascuna delle arti per riuscirvi. […] [NdA] Avrà per titolo Saggi filosofici sull’origine e i fonti della espressione nelle belle Arti e nelle belle Lettere. […] Nel primo discorso, risalendo all’origine de’ nostri sentimenti si tratterà delle intrinseche relazioni poste dalla natura fra i nostri sensi sì esterni che interni con tutto ciò che forma l’oggetto delle belle arti, e delle belle lettere, dove si farà vedere ridursi esse tutte quante in ultima analisi alla fìsica sensibilità ed alla fìsica organizzazione prime sorgenti del piacere ch’esse ci apportano. […] [NdA] Si veggano le Memorie dell’Accademia delle belle Lettere, Tomo XI.
Dove siete andati, felici tempi, in cui ogni Principe, ogni Signore del bel paese, Ch’Appennin parte, e ’l mar circonda e l’ Alpe, si facea gloria di esser Mecenate delle lettere, e di conoscere, amare, onorar, premiare, incoraggiar e proteggere con grandezza d’animo e buon senno le arti tutte e gli artefici? […] E pure (come bene ha osservato nell’Entusiasmo delle belle arti l’Ab. […] Diciamlo quì di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici che a lor bel piacere sono andati e vanno tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le nostre cose: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’ Italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie Gaulese, e surse non che il primo crepusculo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti e scienze tutte.
Ma benchè uomo Nicola non ci credesse, i tempi cominciavano a mutarsi, e gli Orazi un bel giorno capirono che vi era di meglio a fare che storpiare Cicerone e giuocare alla palla. […] In una farsa : Le disgrasie di un bel giovane, egli era applauditissimo. […] Il Coltellini per incoraggiarlo dopo poche recite mise sul cartellone : Le disgrasie di un bel giovane, e mio padre si tenne sicuro di scuotere finalmente l’indifferenza del pubblico. […] Venga qua : si lasci fare : le metto questa parrucca grigia : poi questo giubbone ; poi prenda : metta questo cravattone : prenda questa canna nella destra : questo cappellone nella sinistra : si guardi di nuovo allo specchio : e veda che bel caratterista promiscuo che è lei !
Aveva l’Asti un bel far rotare in alto la spada, andando alla quinta e tornando a dietro poi, rosso come un gallinaccio per l’indignazione con cui proferiva le parole : « sì, con questa spada, lo giuro !
E questo bel tipo di artista vera, forse più unico che raro nel suo genere, che tutti dicevan creato a posta pel teatro, si fermò ben poco sulle tavole del palcoscenico.
Cercate che tra voi la pace sia ; fate l’istesso voi, sposo diletto ; e, d’altra cosa vi voglio avvisare : fate bel bello per poter durare.
D’esser nero quel volto ah non si duole, ma gli oltraggi gli son cari e giocondi, mentre l’arde vicino un sì bel Sole.
Ma se Flavia, come non è a dubitare, fu veramente la Luciani, non pare davvero, a chi scorra le lettere del Martinelli, il più bel tipo di rassegnazione femminile.
Bell’ impresa ell’è questa, e bel valore egli è oltraggiar chi sol si strugge in pianti ?
Di lei scrisse Paolo Pola nella Galleria de' più rinomati attori italiani (Venezia, Picotti, 1825) : Le belle sue forme assistite dalle grazie le più seducenti cara la rendono agli occhi del pubblico al primo suo apparir sulla scena.
Lasciato il maggior figlio Alessandro a studiar belle arti all’Accademia di Firenze, si scritturò nella Compagnia di Bon e Berlaffa, conducendo seco il figlio minore Tommaso ; poi, sempre con lui, in quella di Gustavo Modena ('43-'44), a fianco del quale egli sosteneva Achimelech nel Saul, Lusignano nella Zaira, Andrea nella Pamela nubile, ecc., oltre a tutte le parti di primo attore assoluto in quelle opere di varia indole, in cui Modena non avesse parte.
Comme une fleur nouvelle coupée par la faux du moissonneur, telle sera la belle Iphigénie sous le couteau de Calchas. […] Comme une fleur nouvelle, coupée par la faux du moissonneur, telle sera la belle Iphigénie sous le couteau de Calchas.
Sanno in oltre che la poesia rappresentativa suppone talento grande e studio multiplice, troppa sapienza abbisognando a quel poeta che agogna al bel vanto di pubblico educatore. […] Io adunque di bel nuovo mi occuperò della mia storia teatrale, e voi coll’accuratezza promessa stampatela colle aggiunte che vi trasmetto, e con gl’indicati miglioramenti or nell’espressioni or nelle cose, e nulla temete, perchè ad un bisogno non mancherà chi levi la mano per istrappar dal viso degl’impostori le speciose larve onde imbacuccati e camuffati si lusingano di rimanere ignoti.
Delo presenta a’ nostri giorni ancora nel pendio di una collina a cui si appoggia, e intorno a trecento passi lontano dal mare, che riguarda la punta del gran Rematiari, qualche reliquia di un bel teatro di marmo, il cui diametro preso con tutta la profondità degli scaglioni, è di 250 piedi, e la periferia di 500b. […] Riescì al lodato Conte Gaetani nel 1756 di scoprire nella parte opposta in faccia al levante quest’altre lettere belle ed intere ΒΑΣΙΛΙΣΣΑΣ ΦΙΛΙΣΤΙΔΟΣ, Reginae Philistidis , che non improbabilmente potrebbe credersi una regina che dominò in Siracusa al cui tempo forse potè edificarsi il teatroa. […] Al di sotto del pulpito e nel bel mezzo del teatro era l’orchestra destinata al canto e ai movimenti compassati del Coro, la quale cosi chiamavasi dal saltare, dal verbo ορχεομαι, salto. […] Trovansene ne’ libri dell’Architettura di Vitruvio; nel Gallucei della Tragedia, e Commedia; nel Calliachio de’ Giuochi Scenici; nel Mazzocchi dell’Anfiteatro e Teatro Campano; nel Bulengero del Teatro; nel Dizionario del Pitisco; nel tomo VI del Quadrio; nel Cavalier Fontana dell’Anfiteatro Flavio; nella dissertazione del Boindin inserita nel tomo I delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi.
Essa inventò l’alma Poesia, la più sublime, la più prodigiosa, la più incantatrice delle belle arti che dal gran Padre Omero e da Esiodo si trasmise ai Pindari, agli Alcei, ai Stesicori, ai Callimachi, agli Anacreonti, e che passò nel Lazio ai Maroni, agli Orazii, agli Ovidii, ai Catulli, e quindi nella moderna Italia ai Danti, ai Petrarchi, agli Ariosti, ai Torquati ed ai Monti. […] Liberi al pari de’ Greci, di essi al pari agognar potrete a far che abbarbichino nel vostro ferace suolo e mettano salde e profonde radici le belle arti che alla foggia delle Grazie tengonsi per mano e si sostengono a vicenda. […] In esso la più colta gioventù Cisalpina d’ entrambi i sessi concorre con alacrità di cuore ed aspira al bel vanto di pareggiar gli antichi Eschini e Satiri, gli Esopi e i Roscii, e di emulare i moderni Baron, Le Kain, e le Couvreur e le Clairon. […] Ignorate che l’Italia in più felici giorni ammaestrò gli oltramontani nelle scienze e nelle belle arti?
Quanto ella ha di vago e di vario, boschetti, collinette, acque vive, praterie con dei tempietti, degli obelischi ed anche di belle rovine che spuntano qua e là, si trova quivi riunito dal gusto dei Kent, dei Chambers e dei Brown, che hanno di tanto sorpassato il Le Nôtre, tenuto già il maestro dell’architettura, dirò cosi, de’ giardini. […] Oltre agli antichi edifizi che tuttavia sussistono in Italia, le più belle fabbriche moderne, che si potriano senza inverisimiglianza trasportar sulle scene? […] [Nota d’autore n. 13] «Un de nos grands artistes, qui ne sera pas soupçonné d’ignorer la belle nature par ceux qui ont vu ses ouvrages, a renoncé aux spectacles que nous appelons sérieux, et qu’il n’appelle pas du même nom; la manière ridicule, dont les dieux et les héros y sont vêtus, dont ils y agissent, dont ils y parlent, dérange toutes les idées qu’il s’en est faites ; il n’y retrouve point ces dieux et ces héros, auxquels son ciseau sait donner tant de noblesse et tant d’âme, et il est réduit à chercher son délassement dans les spectacles de farce, dont les tableaux burlesques sans prétention, ne laissent dans sa tête aucune trace nuisible», M.
Un gran vaso di birra passava di convitato in convitato, e nel bel mezzo di questa miseria, si mostrava la gioja su tutti i volti ; il che faceva chiedere a me stesso, che cosa fosse davvero la felicità….
Oltre la lettera dedicatoria, il Montini diresse ad essi il seguente SONETTO Del Felsineo Leon regger il freno, Librar con giusta lance e premj e pene, Donar a' Patrj Figli ore serene, Renderli in pace fortunati appieno : Nudrir quasi in bel Ciel sul picciol Reno Lucide stelle di saver ripiene, Fra' magnanimi Eroi fruir quel bene, Premio della virtù, che non vien meno : Poggiar di gloria all’ultimo confine, Opre son vostre, il cui alato suono, Vola alle regïoni alte, e divine.
Qui le follie della Cittade e il fasto Potè meglio ritrarre Arte gradita : Tanto pregio ne accrebbe il bel contrasto Di questa Pastoral tranquilla vita ! […] Potria la cara idea di un bel ritorno Questo ricompensar crudele istante.
Il signor di Saint-Evremond così scriveva al gran Corneille: «Vous êtes si admirable dans vos belles productions, que l’on ne vous souffre point ailleurs médiocre». […] E il dotto Giacomo Vernet anche così scrivea fanno 1729 da Roma agli autori del bel giornale intitolato, la Bibliotheque italique tom. […] L’Italie peut se vanter aujourd’hui comme au seiziéme siécle, d’avoir de fort belles plumes, soit en latin, soit en toscan. […] I difetti dei grandi esemplari sono sempre fatali alle belle arti, perché accompagnati da molte bellezze e da virtù incomparabili; quindi é che le critiche fatte da uomini di molto sapere e di squisito discernimento giovano assai nella repubblica letteraria, perché formano il gusto, raffinano il giudicio, e producono altri buoni effetti. […] VIII, del suo bel trattato, les Beaux Arts réduits à un Principe, impresso la prima volta nel 1746.
Non saria allora per niente coperta la voce del cantore, verrebbe ad esser rinforzato l’affetto dell’aria e l’accompagnamento saria simile al numero nelle belle prose, il quale, a detto di quel savio, convien che sia come il batter de’ fabbri, musica insieme e lavoro. […] [2.12] Egli sembra che i nostri compositori adoperino come quegli scrittori che per nulla badando al legamento del discorso e all’ordine, mirassero solamente a porre insieme e ad infilzare di belle voci. […] E dessa pur fu che estese la nostra riputazione di là dall’Alpi nel bel paese di Francia, rivale in ogni bell’arte coll’Italia. […] E se a ben condurre la melodia non ci vuole per avventura tanta profondità di dottrina, quanta a ben condurre il contrappunto, ci vuole però un gusto finissimo e una somma discrezione di giudizio; lo più bel ramo, dice quello antico savio, che dalla radice razionale consurga.
Ei paragonando insieme le diverse bellezze degli autori, delle nazioni e de’ secoli, si forma in mente una immagine del bello ideale, la quate poi applicata alle diverse produzioni degli ingegni gli serve, come il filo ad Arianna, per inoltrarsi nel sempre oscuro e difficile labirinto del gusto: contempla l’oggetto delle belle arti modificato in mille maniere secondo i climi, le costumanze e i governi, come la materia fisica si combina sotto mille forme diverse: conosce che tutti i gran geni hanno diritto alla stima pubblica, e che un sol genere di bello non dee, e non può donar la esclusiva agli altri. […] Su questi materiali, e su altri che mi procacciai altronde colla diligenza, scortato ovunque dal giudizio di persone intelligenti nei vari e moltiplici rami di che mi convien ragionare, giunsi a distendere la presente storia di quel brillante spettacolo sì caro all’Italia, il quale pel complesso di tutti i piaceri dello spirito, della immaginazione, del cuore, della vista e dell’udito combinati insieme ad agitar l’animo dell’uomo e sorprenderlo, è senza dubbio il maggiore sforzo delle belle arti congiunte, e il diletto più perfezionato, che da esse attender possa la politica società. […] Il celebre Conte Algarotti ne schizzò un breve Saggio, nel quale col solito suo spirito e leggiadria di stile olezzante de’ più bei fiori della propria e della peregrina favella si trovano scritte riflessioni assai belle, che lo fanno vedere quell’uomo di gusto ch’egli era in così fatte materie. […] Le sue osservazioni circa le belle arti in genere, e circa la musica, e direzione del teatro in particolare sono assai giudiziose, e proficue, e dappertutto respirano l’onestà, la decenza, e il buon gusto.
Ignazio Casanova le fu maestro egregio, e « volle – riferisco dal Bartoli – che si presentasse all’uditorio con una sortita, che pareva della commedia, ma che però alludeva a raccomandare sè stessa all’animo de’benignissimi Veneziani. » Il Pantalone Bissoni poi, che faceva scena con lei, aggiunse un’arguta raccomandazione, chiamando la Gavardina una tenera pianticella, che coltivata nel bel terreno dell’ adriache scene, ed innaffiata dall’ acqua di sì benefico cielo, non potea che crescere in poco tempo, e produrre dolci frutti.
Le belle manine della giovinetta lavorarono alla fabbricazione delle cartucce nell’arsenale militare, e trapunsero ricami di crochets pel convento delle Josephines.
Ne feci due repliche con bel teatro, e piacqui immensamente, come pure il Raimondi nella parte del Suggeritore.
Destinato dai parenti alla musica, un bel giorno gettò in un fosso i documenti coi quali avrebbe dovuto presentarsi al Conservatorio di San Pietro a Majella, e confessò a' parenti il suo singolare trasporto per l’arte drammatica.
Tali pietosi divertimenti ne’ cimiteri, i quali fango sovvenire del bel contrasto del famoso quadro del Puffino della tomba in Arcadia, svegliarono molto naturalmente le idee teatrali. […] Riccoboni sur differens Théatres d’Europe, e ’l cavalier Planelli nel bel trattato dell’opera in musica sez.
L’opera così nobilitata per incantare i sensi, da Venezia di mano in mano si sparse di per tutto, e si rese celebre per la magnificenza delle decorazioni, per la delicatezza delle voci, per l’armonia de’ concerti, e per le belle composizioni del Monteverde, del Soriano’, del Giovannelli, ed altri chiari maestri di musica di quel tempo. […] Se di ciò e di altro fossero informati certi critici francesi, non disprezzerebbero al certo nelle materie filosofiche l’Italia, sempre madre feconda delle scienze e delle belle arti, e non si darebbero a credere che il loro paese sia il solo depositario de i gran lumi della ragione e della bella luce della verità.
Ma essa anche può ammettersi in grazia della varietà, e per servire al diletto e all’istruzione della parte più numerosa della società, e a produrre il bel piacere delle lagrime; specialmente quando non si distragga lo spettatore con tratti troppo famigliari ed atti ad alienarlo dall’impressione del dolore e della pietà. […] La quinta e l’ottava scena dell’atto III sono belle e teatrali.
Ecco come Carlo Goldoni ci descrive il primo colloquio avuto col D’Arbes a Pisa ; colloquio che ci dà un’idea ben chiara di questo bel tipo di comico. […] Il Goldoni si schermì ancora, ma dovè poi cedere alle più che gentili insistenze del D’Arbes (gli aveva messo, come acconto, nella scatola da tabacco alcuni ducati d’oro) ; e chiestogli per lettera se la commedia doveva essere col Pantalone in maschera o a viso scoperto, ebbe questa risposta, che delinea ancor più la comicità e, diciam pure, furberia di quel bel tipo che ci pare di vedere e di sentir discorrere, e che chiameremmo a base di birignao.
Sotto tale aspetto questa pubblicazione non ha nulla da invidiare alle più belle stampe estere. […] Editori i Fratelli Bocca, stampatore Salvadore Landi, Luigi Rasi, direttore della Scuola di recitazione in Firenze, ha cominciato a pubblicare l’anno scorso un dizionario biografico dei comici italiani e prosegue arditamente in mezzo alle mille difficoltà dell’argomento e sfidando la difficoltà più grossa, io voglio dire l’indifferenza del pubblico, così avaro di aiuto in Italia per imprese letterarie serie, vaste e belle come questa che lodo senza restrizioni, senza reticenze, senza riserve.
A dodici anni entrò nell’Accademia di Belle Arti, sotto gl’insegnamenti del rinomato attore Morrocchesi, e a quindici a pena si recò a Palermo prima attrice giovine della Compagnia Zannoni e Pinotti, ove sposò il suo condiscepolo e concittadino Ferdinando Pelzet, giovane di eletti studi e di forte intelligenza, salito poi a bella rinomanza più tosto come istruttore drammatico, che come attore. […] DI LUIGI FORTI, COMICO Di fresche rose e gigli è il tuo bel viso ornato, t’ha la madre d’amore il crine inanellato ; son d’alabastro i denti, candido il sen qual neve ; son di rubin le labbra, il piede in danza lieve.
L'autore insistè su l’opinione che la parte del protagonista non conveniva al comico Zanarini, mostrando ogni timore sulla buona riuscita dell’opera, anche per la mancanza d’intreccio, e la lunghezza soverchia ; ma, per questo, i comici a cui premeva di fare un bel teatro, rispondevano col dargli del modesto e dell’umile affettato. […] Disse : ed il volto suo tergendo alquanto, tregua con lei formò la dolce guerra, mentr'io piansi di gioja al suo bel pianto.
La mia bella fiorentina moriva di voglia di far vedere il suo bel visino sotto varie figure.
Quantin) : Nel bel mezzo, in un paesaggio, Gille, di faccia, a diritta ; Colombina, a tre quarti, vòlta a sinistra, mascherata, in costume di Arlecchina, bella ; e accanto a lei il dottore col suo costume nero.
Una certa serietà nel sembiante, una certa durezza nella persona, un’inclinazione involontaria del fianco e della spalla verso il Personaggio con cui recitava, lo facevano scomparire, malgrado le belle cose ch’egli diceva : all’incontro nelle Tragedie riusciva mirabilmente, e sopratutto nelle parti gravi, come nel Catone del Metastasio, nel Bruto dell’abate Conti, nella parte di Giustiniano nel mio Belisario, ed in altre simili.
Che bel vedere in Casa uniti que' due celebri Personaggi I L'Impresario al tavolino in veste da camera, in berretta bianca, cogli occhiali sul naso, a rovinar Commedie, pareva un moribondo che scrivesse il suo testamento ; e brighella, coll’ago in mano, il suo sartore che gli facesse l’abito da morto.
Chi al l’astronomia contrastare il bel vanto delle maravigliose scoperte di Ticone, di Keplero, del Galilei, del Cassini? […] E che diverrebbe singolarmente delle belle arti? […] Sono forse poche le parole comuni a queste due belle lingue sorelle?
Può servire di esemplo la bella scena sesta dell’atto primo di Sangaride, ed Ati, di cui diamo la traduzione, pregando i leggitori a compiacersi di consultare l’originale: Ati Sangaride gentil, de’ giorni tuoi Il più bel giorno è questo. […] Il più bel giorno è questo. […] Ati Lieti vivete; i voti miei son questi; Così bel nodo io strinsi; i vostri amori Io secondai, … Ah de’ tuoi dì felici Questo il più glorioso Sarà del viver mio l’estremo giorno.
Delo presenta a’ nostri giorni ancora nel pendio di una collina a cui si appoggia, e intorno a trecento passi lontano dal mare, che riguarda la punta del gran Rematiari, qualche reliquia di un bel teatro di marmo, il cui diametro preso con tutta la profondità degli scaglioni è di 250 piedi e la periferia di 500154. […] Al di sotto del pulpito e nel bel mezzo del teatro era l’orchestra destinata al canto e ai movimenti compassati del coro, la quale così chiamavasi dal saltare, dal verbo ορχεομαι, salto. […] Trovansene ne’ libri dell’ Architettura di Vitruvio: nel Gallucci della Tragedia e Commedia: nel Calliachio de’ Giuochi Scenici: nel Mazzocchi dell’Anfiteatro e Teatro Campano: nel Bulengero del Teatro: nel Dizionario del Pitisco: nel tomo VI dell’opera del Quadrio: nel Cavalier Fontana dell’Anfiteatro Flavio: nella dissertazione del Boindin inserita nel tomo I delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi.
Composto più sorprendente di così belle sociali pitture noi non troviamo che nelle Allegorie, nelle quali con vive immagini osserviamo i diversi mostri, che mascherati di soave apparenza, si fanno i tiranni dei nostri affetti, e tutto sfigurano il nostro spirito.
Visse in un bel momento artistico – non seppe approfittarne.
Il '76 formò società con Adelaide Tessero che sciolse l’ '81, al suo ritorno dall’America, per farsi di bel nuovo capocomico solo, scritturando l’ '82 la coppia Lavaggi, l’ '83 Cesarina Ruta, l’ '84 Emilia Aliprandi-Pieri.
e l’abito faceva sparire i difetti dell’uomo ; o meglio, i difetti dell’artista, per un epigramma del caso, come è stato già detto, in questa parte si camblavano in belle qualità.
Ivi educata più specialmente alle belle arti, mostrò particolari attitudini alla musica, al recitare, e all’arte del bulino, che essa prediligeva.
Secondo il Grimm, dispregiatore per sistema delle commedie italiane, il chiasso fattosi attorno a Corallina era una esagerazione, dacchè egli non seppe vedere in lei che de' bellissimi occhi, delle belle carni, e un magnifico petto accoppiati a un talento d’attrice mediocrissimo.
Ivi é il bel passo ammirato e citato da Longino, e così tradotto dal Giustiniano nella elegante, esatta, e vivace versione dell’Edipo: …………………… O nozze, o nozze! […] La prima scena del V é molto viva, per lo bel contrasto della virtù di Neottolemo colla politica di Ulisse. […] abate le Batteux letta nell’ Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi 30. […] Veggasi ciò che dice l’abate Vatry nelle sue dotte Ricerche sull’origine della Tragedia, inserite nel tomo XV delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi. […] L’ordonnance en est belle, les passions y sont parfaitement mises en jeu, les caractères en sont bien soutenus.
Comunque sia, tornando all’Andreini, senza tener troppo dal Maroncelli che alza iperbolicamente al cielo la forte creazione dell’ Adamo, senza tener troppo dal D’Ancona che lo stile dell’ Adamo chiama noioso documento di secentismo, a me pare che cose veramente belle e buone in questo vasto dramma non manchino. […] Di questa ci serviremo come breve esame alla fine di questo studio ; poichè se in alcune parti essa può parere il più bel pasticcio comico-drammatico-tragico-melodrammatico-mimo-danzante che sia mai stato visto sulla scena a chi piuttosto la guardi un po’ superficialmente, in altre, senza dubbio, dopo un’ accurata analisi si manifesta opera fortissima, ricca di originali bellezze. […] Oggi che l’ arte è giunta a tanta eccellenza, che ci fa vedere ciò che appena l’occhio può credere, e si fa con tanta sollecitudine e destrezza, che sembra farsi per arte magica ; io queste belle stravaganze non escluderei da’ teatri, essendo fatte usuali e tanto comuni che fanno stupire lo stesso stupore : anzi l’arte supplitrice della Natura, tante ne va di giorno in giorno inventando, che per tante stravaganze può dirsi l’Arte della Natura più bella. […] O vedi che bel fusto ! […] Codesto bel tipo di assetato eterno è gittato là tutto di un pezzo, saldo come blocco di granito, e son certo che farebbe anch’ oggi la fama d’ un artista e la felicità de’ pubblici.
Per dar giusta ed istorica idea dello stato della drammatica del XV secolo in Ispagna, ho voluto rileggere con somma pazienza quanto ne scrissero di passaggio o di proposito i critici e gli storici della nazione: ho voluto pormi di bel nuovo sotto gli occhi il prologo di Miguèl Cervantes, la dissertazione del bibliotecario Nasarre, i discorsi del Montiano, e del mio amico Moratin, il tomo VI del Parnaso Español del Sedano: non ho voluto trascurar di rivedere nè gl’ infedeli sofistici saggi apologetici del Lampillas, nè le maligne rodomontate e cannonate senza palla di Garcia de la Huerta, nè i rapidi quadri d’ ogni letteratura del Signor Andres. […] Lo spirito d’apologia nemico della verità e del merito straniero imbratta molte belle opere in più d’un luogo.
Oh che bel matrimonio ! […] Il povero Goldoni che nonostante la sua infinita serenità d’animo, dovè patire tutte le noje prodotte dalle eterne guerricciuole di palcoscenico, determinò un bel giorno, a soddisfar la Bresciani, e più ancora a darle una buona lezione, di formare una commedia nella quale l’attrice non avesse a temer confronti : e scrisse la Donna sola, che piacque molto alla Bresciani e che fu da lei, se ben capita la satira, mirabilmente recitata nel carnevale del 1757.
Doman de sera go preparà un bel pezo grosso che i resterà tuti contenti. […] Se vero, la xe vecia, ma mi doman de sera faxo un bel teatro perchè tanti desidera de sentirla ; e po mi me tegno al provverbio che dise : gallina vecia fa bon brodo : E i provverbi de rado sbaglia.
Nelle Cene di Ateneo leggesi un bel passo di Alesside in cui si esprime il lusso de’ Sibariti, de’ Siciliani e de’ Tarentini nelle tavole. […] Che, come, se rapisce un buon boccone Correndo in giro cerca la gallina Dove sicura il becchi, e intanto celere La segue un’ altra, ed essa più si affretta, Non altramente chi si avvenne il primo Nella delizia del prezioso pesce Ghiotto saltella col bel tondo stretto, E fugge intorno e ’l van seguendo gli altri. […] Riuscì al prelodato conte Cesare Gaetani nel 1756 di scoprire nella parte opposta in faccia al levante quest’altre lettere belle ed intere, ΒΑΣΙΛΙΣΣΑΣ ΦΙΛΙΣΤΙΔΟΣ (Reginae Philistidis) che non improbabilmente potrebbe credersi una regina che dominò in Siracusa, e forse a suo tempo si eresse il teatro1.
Chi all’astronomia contrastare il bel vanto delle maravigliose scoperte di Ticone, di Keplero, del Galilei, del Cassini? […] E che diverrebbe singolarmente delle belle arti? […] Sono forse poche le parole comuni a queste due belle lingue sorelle?
Anche vi sono frasi e parole di una volgarità un po’cruda, come in tutte le altre del tempo, nella scena specialmente tra il servo Mastica e la balia di Angelica, una, del resto, delle più belle per vivezza di dialogo.
È lo stesso Duca di Modena che si rivolge al Cardinal Legato di Bologna, pregandolo di chiamare a sè il Lolli e di persuaderlo con belle promesse ad accettare l’invito di far parte della Compagnia del Duca, al che pare si fosse mostrato renitente.
Giovanni Sulpizio che sotto il pontificato d’Innocenzo VIII teneva scuola di Belle Lettere in Roma, vi fece rappresentare un’altra tragedia, e fu la prima veduta in quella città dopo molti secoli, secondo ciò che scrive l’istesso sulpizio nella dedicatoria delle sue note sopra Vitruvio fatta al cardinal Rafaello Riario nipote di Sisto IV140. […] Dove siete andati, felici tempi, in cui ogni principe, ogni del bel paese, Ch’Appennin parte, e ’l mar circonda, e l’Alpe, si faceva gloria di esser mecenate delle lettere, e di conoscere, amare, onorar, premiare, incoraggiar e proteggere con grandezza d’animo e buon senno le arti tutte e gli artefici? […] Affò corredata eziandio di belle osservazioni appartenenti alla storia della poesia drammatica, l’Orfeo che fu fatto magnificamente rappresentare in Mantova dal suddetto principe porporato, non solo vien purgato da tutte quelle macchie che lo tenevano deturpato nelle anteriori edizioni contraffatte e scomposte, ma é stato diligentemente assai più regolato nel dialogo ed in cinque atti diviso, quale uscì dalla penna del suo autore.
Recitava con somma abilità una commedia intitolata : La Pazzia ; talchè Andrea Baruzzi volle onorare i suoi meriti col seguente sonetto tolto alle rime di lui, stampate in Verona per il Rossi l’anno 1675 : Beato esser credea col suo bel volto, e poi mi diede un infernal dolore, poichè con finti vezzi a me rivolto, da dovero il crudel m’impiagò il core.
E in vario tempo, con varia fortuna, fecer parte della famiglia attori pregievoli come il Gandini, il Mingoni, il Vedova : a poco a poco dai villaggi della Svizzera si passò alle grandi città d’Italia, dal Sior Serafin Bonigolo si passò al più bel repertorio goldoniano, e quel mezzo drappello di zingari, perseverante e animoso, si conquistò il diritto di essere annoverato fra le Compagnie drammatiche propriamente dette.
Voce robusta e modulata, disinvoltura comica, pronuncia non ricercata sono le doti, che assicurano a questa giovinetta di belle maniere, un posto onorevole in un rango cui poche possono aspirare nell’età sua.
Marini [http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img042.jpg] Al finire della sua vita artistica, il Corriere della sera di Milano del 14-15 febbraio dedica al caro artista un lungo articolo dal quale trascrivo i seguenti brani che mi par compendino in poche parole le belle e rare doti di lui.
Se glorifica in parte i versi miei, nel giubilo del sen farò che sia gloria del suo bel cor la gloria mia.
Ma il successo della Compagnia fu effimero, sia per le commedie tutte in italiano, che i francesi non arrivavano a comprendere, sia per la ripresa di quelle francesi d’una volgarità rivoltante, scavate dal repertorio dell’antica Comedia italiana ; e dopo un solo anno, vedendo i comici deserta ogni sera la sala, incaricaron Visentini di presentarsi al pubblico, e riottenere con un bel discorso l’antica benevolenza.
Quella tragedia é degna dell’ingegno del gran Torquato, e non già un «parto debole e imperfetto d’un ingegno stravolto» come senza punto leggerla volle bestemmiare un non so qual Carlencas, meschino compilatore d’un saggio stomachevole sulla storia delle belle lettere, scienze ed arti. […] Ecco quello che ha d’eccellente: una fina dipintura delle passioni, un piano giudizioso, un movimento nell’azione progressivamente accelerato, un’armonia di verificazione, una nobile gravità di stile che empie, interessa, rapisce, commuove e produce il bel piacere delle lagrime. […] La traduzione dell’Aminta in bel versi castigliani del Jauregui, e quella del Pastor Fido del Figueroa, meritano tutta la stima degl’intelligenti. […] Pare dunque che ’l Trissino, il quale non so perché, e donde venga dal signor di Voltaire, ed indi da altri di lui compatrioti, appellato Arcivescovo, abbia servito di modello a’ primi francesi che si esercitarono nel genere tragico, diciamolo qui di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici francesi che a lor bel piacere sono andati e vanno, tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le cose nostre: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie gaulese, e forse non che il primo crepuscolo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti, e scienze tutte. […] V delle sue amene selve novera fra i molti pregi della città di Napoli sua patria il bel magnifico teatro, in cui rappresentavansi le commedie di Menandro, descrivendo nel libro II Carm.
La IX del III contiene un bel giuoco di teatro: Cleone da una parte anima Valerio a comparire uno stordito, un dissenato, e dall’altra sotto voce rileva con Geronte tutte le di lui sciocchezze e impertinenze; Valerio s’industria per riuscire a screditar se stesso; Geronte s’impazienta, freme, si pente, risolve di rompere ogni trattato. Una delle più belle é la IV dell’atto IV, nella quale Aristo, ch’é un personaggio virtuoso imitato dal Cleante del Tartuffo, cercando tutte le ragioni per distaccar Valerio dall’amicizia di Cleone, fa varie dipinture sommamente vivaci e naturali de’ malvagi che affettano di dare il tuono negli spettacoli, di quei che prendono l’aria beffarda, di quei che vogliono parer gravi e laconici. […] La V e l’VIII scena dell’atto III son belle e teatrali. […] Un bel principe le risponde con un atteggiamento geometricamente misurato. […] Egli é purtroppo vero ciò che disse un altro poeta francese: «L’ennui du beau engendre le laid».
Scrisse dunque: il Corvo, il Re Cervo, l’Oselin bel verde, i Pitocchi, i Tre Aranci, il Principe Jennaro, il Mostro Torchino, la Dama Serpente. […] Havvi nel tomo V altre due commedie di questo illustre autore, il Bel Circolo ossia l’Amico di sua moglie, ed il Progettista, nelle quali ben presto ci auguriamo di potere ammirare, come nelle precedenti, la vivacità, il salso motteggiare, e l’arte di ben rilevare il ridicolo de’ caratteri. […] Havvi sei ordini di comodi magnifici palchetti al numero di 28 nel 4 e 5 ordine, e di 26 ne’ tre primi, e nel bel mezzo del secondo ordine si eleva il gran palco veramente reale e degno del Sovrano per cui si fece, e dell’Augusta Coppia che oggi forma la felicità de’ nostri paesi, e l’ornamento più caro de’ nostri scenici spettacoli. […] Nelle serate specialmente di grande illuminazione que’ cristalli, que’ festoni, quell’oro, que’ torchi senza numero, i lumi copiosi de’ palchetti riverberati e in mille guise moltiplicati dalle scintillanti gemme di tanta nobiltà, cangiano la notte nel più bel giorno, e l’uditorio in una dimora incantata di Circe o di Calipso superiore allo spettacolo del palco scenario.
Con che, ponendo gli attori quasi nel bel mezzo dell’udienza, non è pericolo non sieno a maraviglia uditi da ognuno. […] Ed ecco che si contravviene dirittamente all’intendimento della rappresentazione e se ne toglie via l’effetto, distaccando gli attori dal rimanente della decorazione e trasportandogli di tra le scene nel bel mezzo della platea.
VII) sono belle fole, e pretti sogni di Giove. […] Platone per mostrare più particolarmente la stima, ch’egli faceva di questo poeta, gli diede il miglior luogo nel suo Convito, ch’è uno de’ suoi più belli dialoghi, e mette sotto il di lui nome il bel discorso, ch’egli fa dell’amore, dando con ciò ad intendere che Aristofane era il solo che potesse con vaghezza e diletto parlare di questa passione.
Ad onta della grazia de’ caratteri, della felice arditezza dell’idea, dell’ eleganza e purezza dello stile, questo bel componimento non piacque la prima volta che si rappresentò, e Moliere scaltramente si avvisò di accompagnarlo colla farsa piacevole del Medico a forza, e con tal mezzo il Misantropo si riprodusse e piacque. […] Ma gridarono gl’ ipocriti, e la commedia assai bene accolta dal pubblico fu di bel nuovo proibita. […] Bel regno!
In breve ora un rispetto una violenza Astringerti a disciorre il più bel nodo Fatto per man d’amor, dal tempo stretto? […] Ciò che in Italia nuocono alle belle arti le mignatte periodiche e gli scarabocchiatori di ciechi Colpi d’occhio, nuoce all’avanzamento del teatro spagnuolo la turba degli apologisti ed il Poetilla che tiranneggia i commedianti nazionali. […] Ma coloro che in tutta la mia dimora in Madrid dal settembre del 1765 alla fine del 1783 fornirono di tramezzi le patrie scene, non seppero mai dar sì bel passo, 1 perchè non si avvisarono d’imparar l’ arte di scegliere i tratti nella società più generali, allontanandosi dalle personalità, per formarne pitture istruttive, 2 perchè non hanno dato pruova di saper formare un quadro che rappresenti un’ azione compiuta; 3 perchè hanno mostrato d’ignorar la guisa di fissar l’altrui attenzione su di un solo carattere principale che trionfi fra molti, ed hanno esposto p.e. una sala di conversazione composta di varj originali con ugual quantità di lume, e dopo avergli fatto successivamente cicalare quanto basti per la durata del tramezzo, conchiudono perchè vogliono, non perchè debbono, con una tonadilla.
Qui comincia il Ballo Balla le putte de Val pelosa In t’ vn bel prà sot’ vna nosa, Balla le putte co i morus Balla la Sposa con ol Spus.
Chi l’ha vista nel Bicchier d’acqua e nella Madamigella di Belle Isle, non dimenticherà al certo quel superbo sorriso, quell’altero portamento di capo, quell’eleganza aristocratica che traspariva da ogni suo moto, da ogni più lieve girar d’occhi. […] E sin ne’crocchi ove il maligno stile in argute viltà scoppia sovente, il tuo bel nome pronunciar si sente con reverenza e simpatia gentile.
Contro il tragico artificio (dice ancora) le belle doti di Costanza distraggono alquanto dall’attenzione che debbesi a quelle d’Inès. […] Ma la sana critica non lascia di desiderare nel bel componimento francese qualche altra perfezione. […] Se queste riflessioni imparziali parranno ben fondate, veggano certi eleganti ma ciechi panegiristi de’ drammatici Francesi qual vantaggio essi rechino alle belle arti e alla gioventù coprendo di fiori i loro difetti. […] In sì bel contrasto de’ costumi Americani ed Europei l’autore si prefisse il più bel fine a cui siesi elevata la tragedia, cioè mostrare quanto la forza della virtù della religione Cristiana che consiste nel perdonare ed amare l’inimico, sovrasti a tutte le virtù del gentilesimo. […] È pur questo un bel modo di comporre tragedie nazionali, valersi di un nome illustre per denigrarlo e per vestirne un figlio infame del capo di Belloy!