A chi non potesse consultar L’originale, o increscessero le versioni latine letterali, o non avesse alla mano L’italiana del dottissimo Anton Maria Salvini, presentiamo L’annessa analisi di questa favola, di cui Omero fornì l’ argomento nel IX libro dell’Odissea. […] Per l’idea lasciatane da Ateneo era una favola festevole di lieto fine, nella quale intervenivano personaggi grandi ed eroici, ma vi si dipingevano i fatti che ad essi accadevano come uomini, e non come eroi. […] Il Meleagro è una favola di Scira di cui recammo un frammento nel tomo I delle Vicende della Coltura delle Sicilie. […] Il cinico Demetrio disprezzava i Pantomimi parendogli inutile e irragionevol cosa imitare col solo gestire quello che ottimamente esprimeva la poesia e la musica, senza che la favola ne divenisse più perfetta. […] Si è di lui recato nell’Introduzione alle Vicende della Coltura delle Sicilie un frammento della sua favola intitolata Πορφυρα.
A chi non potesse consultar l’originale, o increscessero le versioni Latine letterali, o non avesse alla mano l’Italiana del dottissimo Anton-Maria Salvini, presentiamo l’annessa analisi di questa favola, di cui Omero fornì l’ argomento nel IX libro dell’Odissea. […] Per l’idea lasciatane da Ateneo era una favola festevole di lieto fine, nella quale intervenivano personaggi grandi ed eroici, ma vi si dipingevano i fatti che ad essi accadevano come uomini, e non come eroi. […] Il Meleagro è una favola di Scira di cui recammo un frammento nel citato tomo I delle Vicende della Coltura delle Sicilie. […] Il cinico Demetrio disprezzava i pantomimi parendogli inutile e irragionevol cosa imitare col solo gestire quello che ottimamente esprimeva la poesia e la musica, senza che la favola ne divenisse più perfetta. […] un frammento della sua favola intitolata πορφυρα.
Ed appunto nella prima parte del la favola del Virues accade a Marcella l’avventura d’Isabella che condotta da tre seguaci del suo amante resta in potere di uno di essi preso di cieco amore per lei, che allontanato con un pretesto il più forte degli altri due, ferisce l’altro. […] La favola del Virues si aggira sul matrimonio che Jarba vuol contrarre con Didone. […] Il Montiano affermava che in questa favola si rispettano le regole, ma per regole intende solo le unità di tempo e di luogo. […] Compete questa osservazione ad una favola, di cui tre atti almeno sono inutili, e dove Didone, senza apparire la necessità che l’astringe a promettersi a Jarba, è posta nel caso di darsi la morte per non isposarlo?
Ed è tale l’esattezza che si esige nell’ imitazione de’ caratteri, ovvero il timore di avvilirsi rappresentando una parte inferiore, che ciascuno sostiene nella favola il medesimo carattere che lo distingue nello stato. […] Quindi è che, siasene qualunque la cagione, essi in tal modo avvivano la finzione co’ veri colori del costume che ne risulta la tanto desiderata incantatrice illusione che tiene sospesi ed attaccati alla favola gli ascoltatori. […] Ogni favola è divisa in più atti senza numero determinato, e il primo di essi, che equivale a un prologo, chiamasi Sie-Tse, e tutti gli altri Tche. […] Comparisce fanciulla, amoreggia e si marita una donna, la quale ha da partorire un bambino, che dopo quattro lustri si enuncia come il protagonista della favola.
Nel reame di Firando appartenente al Giappone si é veduto più d’una fiata in sulla scena il re colla real famiglia e co’ suoi ministri politici e militari, rappresentar qualche favola drammatica8. […] Ogni favola é divisa in più atti senza numero determinato, e ’l primo di essi ch’equivale a un prologo, chiamasi Sie-Tse, e tutti gli altri Tche. […] Comparisce fanciulla, amoreggia, e si marita una donna, la quale ha da produrre un bambino che dopo quattro lustri si annunzia come il protagonista della favola.
In questa favola vedesi trasgredita l’unità del tempo in varie guise. […] Non dice mai una parola, ed è pure il fondamento della favola; or che perciò? […] L’oggetto di questa favola è d’inspirar la pace come nella precedente, ma l’argomento n’è indecentissimo. […] È questo l’equivalente di un vero prologo che i Latini premisero alla favola. […] Parlano intanto con gli spettatori della qualità della favola.
Se Euripide tutti precedette nell’inventar simil favola, perchè non dire che appartiene alla Grecia? […] Conti, si sfigura questa favola in certo modo col raddoppiarsene l’azione colla morte data dal padre al figliuolo e col suicidio della figliuola. […] Nel terzo le querele di Ada, le angustie di Jefte, la grandezza de’ sentimenti di Seila, sostengono la favola nel medesimo vigore. […] Non siam contenti di alcune circostanze del piano di tal favola. […] Sembra il trionfo dell’iniquità questa favola in cui invano si cercherà un oggetto morale.
Di quel che gli occorse a Mantova recitando la favola de' tre gobbi, vedi Pasquati Giulio.
Terenzio si prevalse di entrambe nell’accozzar la sua favola, e ritenne il titolo della prima. […] Provisi poi chiunque ad eseguirlo in qualche favola, e vedrà di quali freddi oziosi personaggi riempirà la scena. […] E quindi con tutta ragione la chiamò doppia, perchè in fatti doppia la favola ne divenne. […] Egli ve n’ha un’ altra più giusta che consiste in ben dividerne gli atti senza mutilar la favola. […] La favola è condotta con buona economia e con ispecial grazia e vaghezza.
Terenzio si prevalse di entrambe nell’accozzar la sua favola, e ritenne il titolo della prima. […] Provisi poi chiunque ad eseguirlo in qualche favola, e vedrà di quali freddi oziosi personaggi riempirà la scena. […] E quindi con tutta ragione la chiamò doppia, perchè in fatti doppia la favola ne divenne. […] La favola è condotta con buona economia e con ispecial grazia e vaghezza. […] Quattro versi che danno principio a questa favola, sono la disperazione degli scrittori teatrali intelligenti.
Si vede trasgredita in questa favola l’unità del tempo in varie guise. […] La pace, ove consiste tutta la favola, non dice mai una parola. Non dice mai una parola, ed è pure il fondamento della favola; or che perciò? […] E’ questo l’equivalente di un vero prologo che i Latini premisero alla favola. […] Eccone un esempio (prosegue Gellio) cui giova premettere l’argomento della favola.
Mairet compose altre due tragedie non molto inferiori alla Sofonisba, le quali si rappresentarono nel 1630, cioè la Cleopatra favola ben condotta, ed il Grande ed ultimo Solimano regolare, ed interessante, in cui l’autore afferma di essersi prefisso di vestire alla francese il Solimano del conte Prospero Bonarelli 1. […] La commedia del milanese Niccolò Secchi fornì al Moliere, come abbiamo notato, quella del Dispetto amoroso; ma la commedia italiana termina assai meglio della francese, il cui quinto atto mal congegnato raffredda tutta la favola. […] Si osservi che una favola italiana anonima fredda e scandalosa intitolata Scaramuccia eremita, si recitava in Parigi, mentre vi si proibiva il Tartufo. […] Vi si scopre al solito spirito e finezza soverchia nella condotta della favola. […] Ciò si deduce non senza fondamento dall’edizione della Primera Parte de Comedias de don Pedro Calderon de la Barca raccolte da don Joseph suo fratello, e impresse in Madrid per Maria Quiñones nel medesimo anno 1636, non trovandosi tralle dodici che vi si leggono la favola dal Tetrarca nominato; la qual cosa sarebbe stata una omissione somma, avendo tal componimento prodotto su quelle scene un grande effetto.
Intervengono in questa favola numi, ninfe, eroi e personaggi allegorici, come la Forza e la Violenza. […] L’episodio degli errori della misera Io trasformata in giovenca accresce il terrore di questa favola, e benchè vi sia introdotta senza manifesta necessità o immediato vantaggio del l’azione principale, pure dà luogo a sviluppare sempre più il carattere del benefico infelice protagonista. […] La favola intitolata le Coefore, cioè Donne che portano le libazioni (dalla parola χοἠ, libatio) rappresenta la vendetta della morte di Agamennone presa da’ suoi figliuoli, argomento poì trattato anche da’ due gran tragici che vennero appresso. […] Eschilo in questa favola trasgredì le regole del verisimile, coll’esporre una parte dell’azione nel tempio di Apollo in Delfo, e un’altra in Atene. […] Discordi pure da questo avviso chiunque si senta rapire dall’autorità de’ Nisieli e degli Scaligeri, purchè non mi si ascriva a delitto il dipartirmene per seguire l’affetto che m’inspira la lettura di questa favola.
Ed è tale l’esattezza che si esige nel l’imitazione de’ caratteri, ovvero il timore di avvilirsi rappresentando una parte inferiore, che ciascuno sostiene nella favola il medesimo carattere, che lo distingue nello stato. […] Quindi è che, siasene qualunque la cagione, essi in tal modo avvivano la finzione co’ veri colori del costume, che ne risulta la tanto desiderata incantatrice illusione che tiene sospesi ed attaccati alla favola gli ascoltatori. […] Ogni favola è divisa in più atti senza numero determinato, e il primo di essi, che equivale a un prologo, chiamasi Sie-Tse, e tutti gli altri Tche. […] Comparisce fanciulla, amoreggia e si marita una donna, la quale ha da partorire un bambino, che dopo quattro lustri si enuncia come il protagonista della favola.
E per conseguirla attese a formarsi uno stile grave e sublime e maestoso e spoglio della durezza e gonfiezza del predecessore, e a tirare l’attenzione dell’uditorio più col movimento e colla vivacità e coll’economia naturale della favola che con la magnificenza delle decorazioni. […] Questo trivio ricordato e descritto con esattezza presta al l’azione un calore e un movimento inaspettato rammentando al re la morte da lui data a un vecchio in un luogo simile, e a misura che vansi i fatti rischiarando la favola diviene interessante. […] Tutto in tal favola è grande e sino al fine sostenuto da un interesse ben condotto; tutto tende con energia al suo scopo. […] Può osservarsi in questa favola che i Cori del primo e del terzo atto sembrano più parlanti del secondo, il che trovandosi ancora in altre può valer di pruova che non sempre terminavano gli atti con un canto corale e sommamente lontano dalla declamazione del rimanente. […] Corneille, de la Mothe, Voltaire e Folard, e niuno ha finora potuto nemmeno dalla lunga tener dietro a questa incomparabile favola del più famoso Tragico della Grecia.
Al loro intendere il poeta francese avea guastato l’argomento greco senza approfittarsi del più bello dell’Alceste di Euripide, ed aggiugnendovi episodii che converrebbero ad ogni favola, e che non hanno un legame necessario col fatto della moglie di Admeto. […] Queste patetiche espressioni tengono svegliato lo spettatore in questa favola, e ne formano la vera bellezza; là dove il lavoro mitologico ne forma una specie di distrazione. […] Iside è la favola della figlia d’Inaco perseguitata da Giunone fatta tormentare dall’Erinni d’ogni maniera. […] Si osserva in tal favola il solito uniforme ammasso di personaggi allegorici, e la trasformazione di Siringa in canna, di Jerace in uccello di rapina, di Argo in pavone. […] La favola già per ciò intepidita nell’atto III con gli esseri allegorici, in tutto l’atto IV diviene vie più fredda e nojosa per le apparizioni delle donne care ad Ubaldo, ed al Danese; ed i medesimi Francesi non disconvengono.
Il Teatro Spagnuolo quasi ogni anno mostra una favola col titolo Los Amantes de Toruel, che appartiene al Montalban. […] Colpa de’ MS. viziati, a parere del Lampillas, è il disordine nella distribuzione delle scene: quasi che questa potesse introdurre nella favola la moltiplicità delle azioni dove non sia. […] Al principio dell’Atto III. si è già sparso tanto sangue, è morta Isabella, oggetto principale della Tragedia, e si può dire che la favola stia nel maggior vigore. […] Così che non cessa l’Autore finchè non ha fatti morire tutti i nove personaggi più principali, lasciando appena in vita alcuni servi introdotti nella favola. […] Come si scagionerà questa favola di certe apostrofi non brevi fatte da Isabella al fiume Ebro nella 2. scena dell’Atto I., e da Adulze alle piante nella 3. dell’Atto II.?
Contiamo tra gli errori l’essersi omessa la seguente nota (1) nella pagina 275, lin. 15, dopo le parole, e colla sua dote: (1) Questa favola del Federici è copiata dalla novella del sig.
Non era ne’ primi lustri estinto il gusto e lo spirito di verità nell’ espressione e di semplicità nella favola acquistato coll’ imitazione de’ Greci. […] Con tutto ciò varj colpi di teatro formano gli episodj di questa favola, che agli amatori delle situazioni appassionate e di una energica semplicità saranno meno accetti. […] Policare è un nuovo Achille, ma sempre innamorato e non mai ozioso sino alla morte; e quel che più importa, il di lui amore per Merope lungi dall’indebolire l’interesse della favola, accresce la compassione nello scioglimento. […] Non dee omettersi però, che per l’economia della favola la vittoria par che sia del Dottori. […] L’interesse nella favola del Bonarelli è principalmente per Mustafà e non per Solimano; in quella del Dottori, quantunque in parte sia per Merope, in tutto il dramma è sempre per Aristodemo.
Lasciando di favellare delle sue prime tragicommedie la Criseide, e la Silvia, e la Silvanira, ossia la Morta viva, egli sulle tracce del Trissino produsse la sua Sofonisba, e benchè nell’imitarlo variasse la condotta della propria favola, osservò non pertanto le tre unitàa, ed il popolo nella rappresentazione seguitane nel 1609, ad onta dei difetti che vi notò e della debolezza dello stile, ne sentì il merito e l’applaudì. […] Mairet compose ancora altre due tragedie non molto inferiori alla Sofonisba, le quali si rappresentarono nel 1630, la Cleopatra favola ben condotta, ed il Grande ultimo Solimano regolare ed interessante, in cui l’autore afferma di essersi prefisso di vestire alla francese il Solimano del conte Prospero Bonarelli.
Il suo Amor per amore è sul medesimo gusto alieno dal vero comico, ma più languido ed a parer mio meno pregevole per aver l’ autore in tal favola voluto valersi delle fate e delle trasformazioni. […] Questa favola è nel gusto delle commedie di Terenzio. […] Egli scrisse anche l’Agnese, i Nipoti ed altre commedie d’ intrigo, ed il Tamburro notturno che viene da una favola Inglese. In generale Des Touches è uno de’ buoni comici della Francia, e qualche sua favola riesce dilettevole, e molte interessanti; ma la piacevolezza non è il pregio caratteristico di questo commediografo. […] Ciò mosse alcuni Francesi a comporre per essi qualche favola nella propria favella in cui cercarono di unire la ragione e la novità alle grazie dell’arlecchino; e quindi nacque un genere di commedia che partecipava della francese e dell’ italiana istrionica.
Non ebbe nè esempio nè seguaci, ch’io sappia, il capriccio di quell’ Italiano del secolo scorso mentovato nella Drammaturgia, che con un solo personaggio condusse una favola intera di tre atti. […] In Italia calca gloriosamente le orme del gran Ginevrino il conte Alessandro Pepoli nella sua Pandora favola lirica divisa in cinque scene, in cui intervengono Pandora, Prometeo, Epimeteo. […] Si è provato il sig. avvocato Pagano anche a produrre una scena somigliante nel suo Agamennone, ch’egli intitola Monodramma, benchè sieno tre i personaggi che v’ intervengono, per la qual cosa con più proprietà si nominerebbe scena o favola lirica &c. […] Chi compone pel teatro musicale, abbisogna di maggiore attività e rapidezza nella favola, per servire al suo oggetto più con colpi di scena e situazioni che col dialogo obbligato dalla moderna musica a soggettarsi a una precisione rigorosa. Cornelio e Metastasio hanno soddisfatto compiutamente al loro intento; ma se quest’ ultimo avesse seguite l’orme del primo nella condotta della favola, avrebbe fatta un’ opera fredda di una buona tragedia75.
Al Carisio si attribuisce la favola detta Mactata, della quale Grozio reca questo frammento, τό γηρας εστιν αυτὸ νοσημα, la stessa vecchiaja è un morbo . Del poeta Difilo che meritò il soprannome di κωμικωτατος, comicissimo, come ad Euripide si diede quello di tragicissimo, oltre a varii frammenti rapportati da Ertelio e da Grozio, è mentovata da Ateneoa la favola intitolata Saffo, alla quale dà per innamorati Archiloco e Ipponatte. […] Eccone un esempio (prosegue Gellio) cui giova premettere L’argomento della favola. […] Menandro non mai si applicava a verseggiar la favola prima di averne formato tutto il piano e ordinate le parti.
Manca adunque questa favola di quella saggia graduazione che progressivamente crescendo conduca le passioni al punto da farne scoppiare l’evento tragico. […] L’effetto primario di questa favola è l’ammirazione che risulta dall’eroismo di Gusmano, il quale preferisce la propria fede alla vita di suo figlio. […] Benchè l’autore avesse divisa la favola in tre atti, pure si trovò in angustia e gli convenne ripetere qualche situazione o pensiero. […] Lascio poi che tal favola non ha verun carattere, non eccitando nè compassione, nè terrore, nè ammirazione. […] Osservo che la favola di Diamante in questo passo è più rapida.
Un altro ne adduce lo stesso Ateneo della favola Mandragorizomena, ossia lo Stupido per l’uso della soporifera pianta Mandragora. […] Sozione Alessandrino ne reca un altro pur trascritto da Ateneo della favola Ασωτιδασκαλος, ossia Magister Lussuriae, che può in certo modo equivalere al Mechant del Gresset e all’Homme dangereux del Palissot?
Se Euripide tutti precedette i tragici che conosciamo nel maneggiar tal favola, perchè sdegnare di attribuirla alla Grecia ? […] Queste osservazioni però basteranno per impedire che si registri sì nobil favola accanto alle migliori ? […] Nel terzo le querele di Ada, le angustie di Jefte, la grandezza de’sentimenti di Seila, sostengono la favola nel medesimo vigore. […] I caratteri di questa favola sostengono bene il proprio decoro e l’uguaglianza. […] Per saggio dello stile e del patetico che serpeggia in questa favola, se ne vegga lo squarcio seguente.
Al loro intendere il poeta Francese avea guastato l’argomento greco senza approfittarsi del più bello dell’Alceste di Euripide, ed aggiugnendovi episodj che converrebbero ad ogni favola e che non hanno un legame necessario col fatto della moglie d’Admeto. […] Queste patetiche situazioni tengono svegliato lo spettatore in questa favola, e ne formano la vera bellezza; là dove il lavoro mitologico ne forma una specie di distrazione. […] Iside è la favola della figlia d’Inaco perseguitata da Giunone, e fatta tormentare dall’Erinni d’ogni maniera. […] Se l’apparenza sarà eseguita con qualche grazia, tratterrà l’uditorio senza noja ma senza persuadere nè commuovere: se l’esecuzione sarà debole, si corre rischio di coprir la favola di ridicolo.
Manca adunque questa favola di quella savia graduazione che progressivamente crescendo conduca le passioni al punto da farne scoppiare l’evento tragico. […] L’effetto di questa favola è l’ ammirazione che risulta dall’eroismo di Gusmano il quale preferisce la propria fede alla vita di suo figlio. […] Benchè l’autore avesse divisa la favola in tre atti, pur si trovò in angustia e gli convenne ripetere qualche situazione o pensiero. […] Il leggitore sin dal principio scorgerà in questa favola una serie di minuti fatti spogliati della necessaria dipendenza che risveglia e sostiene l’ attenzione guidandola ad un oggetto grande. […] Lascio poi che tal favola non ha verun carattere, non eccitando nè compassione, nè terrore, nè ammirazione.
Il suo componimento Amor per amore è sul medesimo gusto alieno dal vero comico, ma più languido ancora ed a parer mio meno pregevole per aver l’autore in tal favola voluto valersi delle fate e delle trasformazioni. […] «Questa favola è nel gusto delle commedie di Terenzio, i sentimenti sono veri, i caratteri ben sostenuti, il dialogo è naturale». […] Egli scrisse ancora l’Agnese, i Nipoti ed altre commedie d’intrigo, ed il Tamburro notturno che viene da una favola inglese. […] Giudiziosamente viene egli nella favola enunciato prima di comparire. […] La Bacchettona ovvero la Conservatrice della Cassetta tratta da una favola inglese è parimente scritta in versi di dieci sillabe.
Poesia rappresentativa, favola di giusta grandezze, sviluppo di grandi o mediocri azioni e passioni umane per correzione e diletto, piano ragionato di competente durata, e quanto altro caratterizza l’azione scenica, e la distingue dal ballo, non si trova se non che nelle nazioni già molto innoltrate nella coltura.
Tuttavolta troviamo varie tragedie degne di leggersi con utile e diletto, Non era ne’ primi lustri estinto il gusto e lo spirito di verità nell’espressione e di semplicità nella favola acquistato coll’imitazione de’ Greci. […] Con tutto ciò varii colpi di teatro formano gli episodii di questa favola, che agli amatori delle situazioni appassionate e di una energica semplicità saranno meno accetti. […] Policaro, è un nuovo Achille, ma sempre innamorato e non mai ozioso sino alla morte; e quel che più importa, il di lui amore per Merope lungi dall’indebolire l’interesse della favola, accresce la compassione nello scioglimento. […] Non dee omettersi però, che per l’economia della favola la vittoria par che rimanga al Dottori. […] L’interesse nella favola del Bonarelli è principalmente per Mustafà, e non per Solimano; in quella del Dottori, quantunque in parte sia per Merope, in tutto il dramma è sempre per Aristodemo.
Trigueros osserva in questa favola le regole delle unità, si attiene scrupolosamente alla pratica moderna di non mai lasciar vota la scena, e si vale di una locuzione propria della mediocrità de’ personaggi imitati. […] Contuttociò la favola procede con lentezza e languore, e si disviluppa sforzatamente usandosi ne’ primi atti di varie reticenze senza vedersene il motivo, per ridurre tutto allo scioglimento: i caratteri abbisognano di più naturalezza ed energia, specialmente quelli di Rafa e di Pitanzos: scarseggia di sali e di lepidezze urbane, e di partiti veramente piacevoli: ed è ben lontano da quella forza comica che chiama l’attenzione, rapisce e persuade con diletto. […] Lo stile sobrio per la verità de’ sentimenti e dell’espressioni, ricco e copioso d’immagini e di maniere poetiche ammesse nel drammatico pastorale, appassionato ne’ punti principali della favola; la versificazione armoniosa di endecasillabi e settenarj alternati e rimati ad arbitrio; i caratteri di Basilio, Chiteria, Petronilla, Don-Chisciotte &c. ben sostenuti; la passione espressa con vivacità e naturalezza; lo scioglimento felicemente condotto sulle tracce dell’autor della Novella, l’azione che in ciascun atto dà sempre un passo verso la fine: tutto ciò raccomanda a’ contemporanei imparziali questo componimento, e l’avvicina alle buone pastorali italiane.
Intervengono in questa favola numi, ninfe, eroi e personaggi allegorici, come la Forza e la Violenza. […] Eschilo in questa favola trasgredì le regole del verisimile, facendo passare una parte dell’ azione nel tempio di Apollo in Delfo e un’ altra in Atene. […] Tutto in tal favola è grande e sino al fine sostenuto da un interesse ben condotto, tutto tende con energia al suo scopo. […] L’altra favola Endimione citata da Giulio Polluce non si sa a qual de’ due appartenga. […] Si corruppe finalmente la Greca lingua, e se in appresso si compose alcuna favola drammatica, fu dettata nel Greco moderno.
Ma dopo qualche lavoro intrapreso ad ottener un tal fine, mi ritrovai per mancanza degli opportuni letterari sussidi, come il Dedalo della favola allorché adagiava le piume sugli omeri del figlio «Bis conatus eram… Bis patriae cecidere manus.»
La regolarità, la convenevolezza del costume, la verità delle passioni dipinte, l’eleganza, il candore e la vaghezza mirabile dell’aureo stile, salveranno sempre dall’obblio questa favola; la languidezza e l’episodio poco tragico dell’atto III ne sono i nei che possono rilevarvisi, e che forse tali non parvero all’autore pieno della lettura degli antichi. […] Per dar conveniente idea del suo gusto e giudizio, additeremo in ciascuna favola la maniera da lui tenuta nel tradurre i Greci. […] Seguì l’originale nell’economia della favola; ma si permise nel dialogo di dar talvolta nuovo ordine alle stesse idee, di sopprimerle in un luogo se in un altro si erano accennate, di rendere con più precisione in latino ciò che in greco si disse con copia.
Una favola seria difettosa per la mescolanza comica è stata pur coltivata in questo secolo come ne’ precedenti. […] Egli compose ancora una favola tragica sommamente applaudita, la Sposa in lutto. […] Il ridicolo di un marito amante della propria moglie senza aver coraggio di manifestarsi, è più rilevato nella favola di Murphy che in quella di La Chaussée. […] Una fredda regolarità per quanto comportano tre intrighi amorosi, un fiacco interesse, alquanti difetti, poche grazie, non poca noja caratterizzano questa favola. […] Il Cieco di Bethnal-Green (titolo che portava un’ altra favola antica del poeta Iohnday del tempo di Giacomo I) è un argomento interessante pel contrapposto de’ caratteri ben espressi.
La Motte provvidamente corregge pur anco la favola greca dell’inverisimile ignoranza di Edipo intorno alle circostanze della morte di Laio. […] Nè anche si riconosce come vantaggioso alla favola il miglioramento de’ caratteri di Eteocle e Polinice contro l’idea lasciatacene dagli antichi. […] Artaserse nella stessa favola è un carattere incerto, e più di uno lo reputerà stolto o maligno nel giudicar suo Fratello. […] Qualche favola tragica meno negletta han no pubblicato mad. du Bocage, la Place, la Noue, Poinsinet de Sivry, Pompignan e Piron. […] La sua favola è posta in mezzo a due baluardi istorici, cioè a una prefazione e ad alcune note nel fine.
Se la modestia in questa favola è offesa, l’arte non vi è risparamiata. Lo scioglimento è seguito, si è ricuperato il biglietton, se n’è destinato il guadagno, e mentre lo spettatore attende di essere congedato, comparisce nell’ultima scena un nuovo personaggio, un signor Antonio amante di Carolina, e incominciano esami, discussioni, proteste di amore e disinteresse, e tutto così a bell’agio come si farebbe nel bel mezzo della favola. […] Giovanni Federigo barone di Cronegh nato in Anspach poteva forse divenire un tragico eccellente, sì patetico e dilicato si dimostra nelle sue tragedie e nelle Solitudini, ovvero un gran comico per la facilità che ebbe nel dipingere i caratteri, e per la grazia che riluce in qualche sua favola; ma cessò di vivere acerbamente nel 1756 in età di ventisei anni. […] Il buon tuono, la piacevolezza, il sale comico campeggia nella sua favola.
Lo scioglimento è seguito, si è ricuperato il biglietto, se n’è destinato il guadagno, e mentre lo spettatore attende di essere congedato, comparisce nell’ultima scena un nuovo personaggio, un signor Antonio, un amante di Carolina, e incominciano esami, discussioni, proteste di amore e disinteresse, e tutto così a bell’ agio come si farebbe nel mezzo della favola. […] Giovanni Federigo barone di Cronegh nato in Anspach poteva forse divenire un tragico eccellente, sì patetico e dilicato si dimostra nelle sue tragedie e nelle Solitudini, ovvero un gran comico per la facilità che ebbe nel dipingere i caratteri e per la grazia che riluce in qualche sua favola; ma cessò di vivere acerbamente nel 1756 in età di 26 anni. […] Il buon tuono, la piacevolezza, il sale comico campeggia nella sua favola. […] La novità del carattere del personaggio principale ha dato a questa favola credito e corso.
Quelli variavano la maschera giusta il bisogno di ogni favola; e questi si hanno inchiodate sul viso sempre le medesime maschere.
Quelli variavano la maschera giusta il bisogno di ogni favola; e questi si hanno inchiodare sul viso sempre le medesime maschere.
Sofocle ha somministrata la materia di questa; ma la traccia della favola va piggiorando a misura che si scosta dal l’originale. […] Lo scioglimento poi con arte somma maneggiato nella tragedia greca, quì si precipita, non avendo saputo il tragico latino mettere a profitto quelle patetiche situazioni che nello svilupparsi la favola stessa naturalmente appresterebbe. […] Nel greco è più manifesta la duplicità della favola, e nel latino i due oggetti, l’ammazzamento di Lico e il delirio di Ercole colle conseguenze, sembrano più connessi a cagione del prologo di Giunone che forma l’atto I. […] Seneca dà lieto fine a questa favola facendo comparire Ercole deificato a consolare e rallegrare Alcmena sua madre. […] Nell’atto IV un’ altra Nutrice accompagna Poppea, intende i di lei timori cagionati da un sogno funesto, e sembra che vadano a cominciare una nuova favola.
Giovanni Andres la chiama favola assai irregolare e piena di assurdità ? […] Una favola seria difettosa per la mescolanza comica è stata coltivata nel secolo XVIII come ne’ precedenti in Inghilterra. […] Si ha di Congreve parimente una favola tragica sommamente applaudita, la Sposa in lutto. […] Il ridicolo di un marito amante della propria moglie senza aver coraggio di manifestarsi, è più rilevato nella favola di Murphy che in quella di La-Chaussèe. […] Una fredda regolarità per quanto comportano tre intrighi amorosi, un fiacco interesse, alquanti difetti, poche grazie, non poca noja, caratterizzano questa favola.
Il primo dramma non è altra cosa che il secondo libro della Eneide messo in azione con qualche leggieri mutazioni solamente, perché ogni cosa, come è dovere, si riferisca ad Enea, che è il protagonista della favola.
Il suo Amor non previsto, o Cupido filosofo, altra favola in versi pur di un atto fu parimente bene accolta.
In una favola intitolata Proteo, un poeta anonimo tessè un ampio elogio di lei, nel 1725, al colmo della sua rinomanza ; elogio che fu poi pubblicato nel Mercurio di Francia, e che troviam riportato nel Campardon.
Invitato dopo tante peripezie alla prova della favola, trovò invertite le due parti.
Nè anche si riconosce come vantaggioso alla favola il miglioramento de’ caratteri di Eteocle e Polinice contro l’idea lasciatane dagli antichi. […] Artaserse nella stessa favola è un carattere incerto, e più d’uno lo reputerà stolto o maligno nel giudicar suo fratello. […] Per l’oggetto morale che si cerca in ogni favola, sarebbe in questa la correzione delle passioni eccessive per mezzo dell’infelicità che le accompagna. […] La sua favola è posta in mezzo a due baluardi istorici, cioè a una prefazione e ad alcune note stampate nel fine. […] L’autore si approfittò della giudiziosa avvertenza, e rendette alla favola il fine tragico, e così comparve sulle scene e per le stampe.
La pietà ch’ella muove giova alla favola solamente come una conseguenza funesta dell’azione di Rodrigo. […] Ma la favola del poeta greco è molto meno ordinata per lo proprio fine, che l’italiana. […] Questa consiste nel far comparire in principio della favola persona dallei separata e senza nome a dire il tema, ad imitazione di Terenzio. […] Laonde non resta sì nascosta sotto la sembianza del vero l’economia della favola. […] Una parte della morale imitazione non dà veruna loda al poeta, essendo di sua natura unita a’ fatti e però necessaria a qualunque favola.
Il suo Amor non previsto o Cupido filosofo altra favola in versi, ed in un atto, fu parimente favorevolmente ricevuta dal pubblico.
Ma i Francesi, facendo un aforismo delle parole del Voltaire54, non dicono che i numi della favola, gli eroi invulnerabili, i mostri, le trasformazioni, e tutti gli abbellimenti convenevoli a’ Greci, a’ Romani e agl’ Italiani del XV e XVI secolo, sono proscritti in Francia fin anco nell’epopea? […] Per dare un saggio della declamazione teatrale e della melopea de’ Greci, fe recitare quella sua favola senza farne cantar le parole.
Esse veramente sono all’estremo fredde e basse, prive di ogni moto teatrale, senza verisimiglianza nella favola, senz’arte nell’ intreccio, senza decenza nel costume. […] Loda poi Cervantes la gravità dello stile di Antonio Mira de Mescua Andaluzzo di Guadix, che compose varj volumi di commedie sotto Filippo III, fralle quali los Carboneros de Francia favola bene accolta in teatro. […] Egli compose una seconda favola de las Mocedades del Cid, la quale impropriamente portò questo titolo, sì perchè vi s’introduce il Cid già vecchio nè vi si tratta delle di lui gesta giovanili, sì perchè le azioni di tal favola si aggirano sulle fraterne contese de’ figliuoli del re Fernando, nelle quali assai accessoriamente anzi oziosamente entra il Cid. […] Il carattere del re Don Pietro nobile e di grande innamorato, in questa seconda favola apparisce fiero, atroce, violento, anche indecente e basso. […] Dee però avvertirsi che questa favola di Don Duardo pubblicata sotto il nome di Gil Vicente il vecchio si pretende che appartenesse a Don Luis Infante di Portogallo nato nel 1506 e morto nel 1555.
I versi dilombati e la languidezza della favola le rendono meno accette. […] Lo Schiavo è favola totalmente tragica e scritta in versi ; ma vi si scorgono varii intoppi nella traccia, ne’caratteri e nel piano. […] L’autore ingentilisce la favola rendendola di lieto fine con mostrar Dafne restituita alla vita, ed Apollo placato e sol contento di cingersi la fronde dell’amata pianta. […] Il Sovrano è sommamente desideroso di veder qualche favola coronata, e questa vostra era appunto al caso. […] Come, signori, non avete avuta nelle mani gueste favola manoscritta ?
Di questa poi fece una traduzione italiana Modello Polentone, e pubblicolla in Trento nel 1472 col titolo di Catinia da Catinio protagonista della favola, la quale, secondo che pensa Apostolo Zeno145, é la più antica commedia in prosa volgare, che si abbia alle stampe. […] Al 25 di gennaio del succennato anno, secondo l’antico diario ferrarese, questo splendido duca fece rappresentare in un gran teatro di legno, fatto innalzare nel cortile del suo palagio, la commedia dei Menecmi di Plauto, alla traduzion della quale egli istesso avea posto mano148; e a’ 21 di gennaio dell’anno seguente vi si rappresentò la favola pastorale di Cefalo, divisa in cinque atti, e scritta in ottava rima dall’illustre letterato e guerriero Niccolò da Correggio, dell’antichissima e nobilissima vala de signori di Correggio; ed indi a’ 26 dello stesso mese l’Anfitrione di Plauto, tradotto in terza rima da Pandolfo Collenuccio da Pesaro, il quale a richiesta parimente di Ercole I scrisse la sua commedia, o a dir meglio tragedia, intitolata Joseph, che fu poscia stampata nel 1564. […] Errico d’Aragona, marchese di Villena, ch’era una serenata, o favola allegorica, nella quale intervengono la giustizia, la pace, la verità, e la misericordia; e l’altro del poeta Giovanni de la Encina, che il conte de Uregnas fece rappresentare in casa sua, ospiziando il re Ferdinando che passava a Castiglia per isposar la regina Isabella.
Di quest’ultima favola parlando Scaligero intorno a Varrone, dice: Pomponio poeta Atellanario intitolò certo esodiob Pitone Gorgonio, il quale, a mio credere, altro non era che il Manduco, perchè il nome di Pitone è posto per incutere terrore, e Gorgonio equivale a Manduco, dipingendosi i Gorgoni con gran denti. […] Nella stessa favola poi sparse altri tratti di satira che andavano a colpire il Dittatore. […] Ora se gli attori pantomimi giunsero a rappresentare con tal verità e delicatezza che non soccorsi dall’elocuzione tutta sapevano esprimere una favola scenica, come si può senza nota di leggerezza asserire, che l’arte pantomimica à la honte de la raison humaine fit les delices des Grecs et des Romains , secondochè declamò m.
Di quest’ultima favola parlando Scaligero intorno a Varrone, dice: Pomponio poeta Atellanario intitolò certo esodio 131 Pitone Gorgonio, il quale, a mio credere, altro non era che il Manduco, perchè il nome di Pitone è posto per incutere terrore, e Gorgonio equivale a Manduco, dipingendosi i Gorgoni con gran denti. […] Nella stessa favola poi sparse altri tratti di satira che andavano a colpire il Dittatore. […] Ora se gli attori pantomimi giunsero a rappresentare con tal verità e delicatezza che non soccorsi dalla locuzione tutta sapevano esprimere una favola scenica, come si può senza nota di leggerezza asserire, che l’arte pantomimica à la honte de la raison humaine fît les delices des Grecs & des Romains, secondo che declama M.
Da questi quattro personaggi, così descritti : Fiammella, ninfa, innamorata di Montano, Ardelia, ninfa, compagna di Fiammella, innamorata di Titiro, Titiro, pastore, innamorato di Fiammella, Montano, pastore, compagno di Titiro, innamorato d’Ardelia, si capisce subito l’intreccio della favola.
Nel 1739 si pubblicò in Venezia e si reimpresse in Napoli nel 1740 una favola curiosa, che mescola a molti tratti di farsa la piacevolezza comica contro i ciechi partigiani del linguaggio cruscante. […] Fu la Faustina mandata al concorso del 1778; venne il dì prefisso alla decisione accademica, e non si premiò favola veruna; l’autore stampò la sua Faustina nel 1779. […] Il Sovrano è sommamente desideroso di veder qualche favola premiata; questa appunto era al caso. […] Come, Signori, non avete voi veduta questa favola manoscritta?
Non vi ha dubbio che la bellezza dell’ elocuzione sì nel verso, come nella prosa, imbalsimi sempre tutti i componimenti ingegnosi; ma nel genere comico richiedesi pur anche gran vivacità e piacevolezza, grazia e naturalezza, verità ed arte con un’ azione, una favola, e un vero ritratto de’ costumi del tempo: Un vers heureux & d’un tour agréable Ne suffit pas; il faut une action, De l’interet, du comique, une fable, De moeurs du temps un portrait véritable, Pour consommer cette oeuvre du démon, dice benissimo il Signor di Voltaire. […] Vi si osserva di più, che Seneca, per dar lieto fine alla sua favola, ne scioglie ragionevolmente il nodo per macchina, facendo comparire Ercole deificato a consolare e rallegrare Alcmena sua madre.
Tutto ciò non dà a questa favola la giusta denominazione di Tragedia? […] Quando la maggior parte de’ Critici intelligenti ingiunge che si evitino gli argomenti finti (ad onta di varie ottime Tragedie di fatti ideati, come il Torrismondo, l’Alzira &c.), e che si cavino dalla Storia, dalla Mitologia antica, e da’ Poemi Epici moderni ancora, di maniera che quasi più difficoltoso pare che sia il rinvenire un fatto Eroico proprio della Tragedia, che il tesserne la favola e il ben verseggiarla: il Signor Lampillas ardisce in faccia all’odierna Europa riprovar questo appunto che s’inculca, e attribuire a difetto d’invenzione nel Trissino l’aver tratta da Livio l’avventura di Sofonisba! […] Perdonate però se interrompo un’ estasi così bella con rappresentarvi che le azioni dell’Ecuba Greca non sono già molte, come Voi dite, senza forse ricordarvi della favola di Euripide, ma due, cioè la morte di Polissena, e la vendetta presa da Ecuba di Polimestore; che la morte di Polidoro è seguita prima dell’azione della Tragedia.
Poesia rappresentativa, favola di giusta grandezza, sviluppo di grandi o mediocri azioni e passioni umane per correzione e diletto, piano ragionato di competente durata, e quanto altro caratterizza l’azione scenica, e la distingue dal semplice ballo, non si trova se non che nelle nazioni già molto inoltrate nella coltura.
come narra la favola, Abelardo magro come descrive Rousseau, Romeo magro come lo dipinge Shakspeare, Iacopo Ortis non lasciò tempo al tempo di farlo ingrassare come narra Foscolo, e se il Petrarca era grasso gli è perchè era canonico e non corrisposto…. ci scommetterei, malgrado i suoi « Fiori fronde erbe antri onde ombre auri soavi » fra le quali ti mando a prender fresco e ti saluto e ti salutiamo, vi salutiamo e sono l’amico MENICO.
Sofocle ha somministrata la materia di questa; ma la traccia della favola va peggiorando a misura che si scosta dall’ originale. […] Sofocle con saggia economia svolge gradatamente i fatti passati, per apportar con garbo quel felice scioglimento che diede alla sua favola; là dove Seneca accenna varie circostanze senzachè l’azione avanzi, ovvero se ne accresca l’interesse. […] Lo scioglimento poi con somma arte maneggiato nella tragedia greca, qui si precipita, non avendo saputo il tragico latino mettere a profitto quelle patetiche situazioni che nello svilupparsi la stessa favola naturalmente appresterebbe. […] Ciò abbiamo voluto con ingenuità rilevare, sebbene il piano di questa favola non sembrami disposto con quel giudizio che si richiede per tener lo spettatore attento e sospeso; e bisognerebbe che le scene vi fossero con più artificio concatenate. […] Nel greco è più manifesta la duplicità della favola, e nel latino i due oggetti, cioè l’ ammazzamento di Lico e il delirio di Ercole colle conseguenze, sembrano più connessi a cagione del prologo di Giunone che forma l’atto primo.
Esse veramente sono all’estremo fredde e basse, prive di ogni moto teatrale, senza verisimiglianza nella favola, senza arte nell’intreccio, senza decenza nel costume. […] Frattanto il vizio radicale della favola rende l’autore incerto fralla decenza e e la verisimiglianza, cose che non sa conciliare, si avvolge in difficoltà e cade in contraddizioni. […] Il carattere del re don Pietro nobile e grandemente innamorato, in questa seconda favola apparisce fiero, violento, atroce, basso ancora ed indecente. […] In somma ha questa favola tali e tanti difetti, che mi parve di un altro autore, ancor quando ignorava che la prima fosse una semplice copia o traduzione, malgrado dell’uniformità che si scorge nello stile e nella versificazione di entrambe. […] Dee però avvertirsi, che questa favola di Don Duardo pubblicata sotto il nome di Gil Vicente il vecchio, si pretende che appartenesse a Don Luis Infante di Portogallo nato nel 1506 e morto nel 1555.
Si notava, come dicono i commedianti, a soggetto, il piano della favola e la distribuzione e sostanza dell’azione di ogni scena, e se ne lasciava il dialogo ad arbitrio de’ rappresentatori.
Per dar conveniente idea del suo gusto e giudizio additeremo in ciascuna favola la maniera da lui tenuta nel tradurre i Greci. […] Folard; e col Nores troviamo riprensibile l’ episodio della discordia de’ figliuoli di Edipo, per cui si rende la favola doppia e si commette un anacronismo totalmente inutile. […] Riconosce parimente il Conte Calepio nel Nino di questa favola un carattere sommamente idoneo al fine della tragedia. […] Manfredi ha congiunte mirabilmente le premesse, i mezzi e le conseguenze della sua favola ingegnosa. […] Ma quanto al metodo greco che vi si tiene, ed al coro continuo che spesso nuoce a’ secreti importanti della favola, è un difetto comune alla maggior parte delle tragedie di quel tempo.
Juande Espina, nel Negro mas prodigioso, e nell’Aurora en Copacavana di Calderòn, da cui è nata un’ altra favola mostruosa (ancora più di quella del Colombo scritta da non so chi in Italia motteggiata dall’Apologista), che si recitò due anni sono. […] Quando poi si vuol dare al Popolo per favola ben condotta e artificiosa la più spropositata fanfaluca, allora, invece di ridere, volta le spalle al Teatro. […] E questi spropositi furono da esso esaminati nel Don Chisciotte, e con ispezialità riprese l’introdurre nella medesima favola un personaggio prima giovane, e poi vecchio, e il condurre gli Attori quando in Africa, quando in Europa2. […] E nella Lindona de Galicia Linda in fasce alla prima non interviene poi nel rimanente della favola in età di quindici anni?
34 Risulta da queste cose, che ciò che ora chiamiamo commedia, non rassomiglia alla greca antica, allegorica, e satirica, la quale per invenzione, per novità, per grandezza di disegno, per fale, e per baldanza si allontana da ogni favola comica moderna. […] La spoglia allegorica di questa favola vela un tesoro di filosofiche verità, e mette in azione sotto l’aspetto piacevole e popolare di una favoletta anile le sode dottrine sulle grandi richezze, vigorosamente e dottamente esposte dal nostro immortal filofoso Antonio Genovesi. […] Menandro mai non si applicava a verseggiar la favola avanti di averne formato tutto il piano e ordinate le parti fino alla conchiusione; e tal caso facea di questa necessitaria pratica che, se non ne avesse scritto un sol verso, quando ne avea ordita la traccia, diceva di averla terminata52. […] Oltre alla tragedia e alla commedia, e a qualche favola pastorale, quale sembra il Ciclope di Euripide, ebbe il teatro greco ilarodie, mimi, e pantomimi.
Nondimeno questo desiderato vero effetto della tragedia, che in tal favola in verun conto si produce, vien compensato dal nobile perdono di Augusto quanto meno atteso tanto più accetto. […] Ciò si deduce dalla prima collezione che si fece de las Comedias de Don Pedro Calderòn da Don Joseph suo fratello, impresse in Madrid per Maria Quiñones nel medesimo anno 1636, non trovandosi fralle dodici che l’autore sino a quell’anno avea composte la favola del Tetrarca; la qual cosa sarebbe stata omissione rilevante, avendo tal componimento prodotto tutto l’effetto sulle scene. […] L’Arianna si rappresentò nel 1672 nel tempo stesso che si recitava il Bajazette del Racine tragedia di gran lunga superiore alla favola del giovine Cornelio; ma pure l’Arianna riscosse grandi applausi e si è ripetuta sino a’ giorni nostri, tuttochè soggiaccia al difetto generale di aggirarsi sugl’intrighi amorosi proprii di una commedia. […] Lampillas, Andres e tutti gli apologisti spagnuoli loro confratelli doveano contare ancor questa favola del Quinault tra quelle che i Francesi trassero da’ loro compatriotti.
Se ne vegga lo squarcio seguente per saggio dello stile e del patetico che serpeggia in questa favola: Orm. […] L’autore si vale della loro lagrimevole strage di strato e fondamento per la sua favola ricca di quadri tragici e di patetiche situazioni alzata su di grandi passioni che urtansi con doveri grandi. […] Si vorrebbe oltre a ciò la favola meglio organizzata, più tendente al fine, meno carica di freddi riposi episodici che la rallentano. […] Comparisce un certo Germondo, personaggio affatto estrinseco alla favola, ma che sebbene si enuncii come eroe, Normanno, e Cristiano, ha servito in guerra il re moro, nel cui regno dimora ritirato in campagna. […] Arrigo principe inetto che non sa distinguere nè la verità in bocca della regina, nè la menzogna negli altri, varia sentenza ad ogni spinta, e muore senza tirare a se l’interesse della favola.
Ma no: udii dire che assistendo talvolta alla rappresentazione di una favola alcune persone molto colpevoli, sono state così vivamente ferite per l’illusione del teatro, che alla presenza di tutti hanno manifestati i loro delitti; perchè la colpa, benchè priva di lingua, sempre si manifesta quando men si attende. […] Che titolo porta questa favola? […] Ognuno vede la popolarità di questa favola originata dalla varietà degli accidenti, ed alcune interessanti situazioni tragiche che vi sono come la scena dell’ombra con Amlet nell’atto I, e l’altra di Amlet colla madre nell’atto II.
Modesto Polentone ne fè una traduzione Italiana, intitolandola Catinia da Catinio protagonista della favola, e pubblicolla in Trento nel 1472. […] I sentimenti del cantore ingiuriosi al sesso femminile muovono a sdegno le Menadi furibonde che ne risolvono ed eseguiscono la morte, e con una canzonetta ditirambica termina la favola. […] A’ ventuno poi del medesimo mese del seguente anno vi si rappresentò la favola di Cefalo divisa in cinque atti e scritta in ottava rima dall’illustre guerriero e letterato Niccolò da Correggio (che non so perchè vien detto da Saverio Bettinelli Reggiano, essendo nato in Ferrara l’anno 1450, ove erasi recata Beatrice da Este sua madre); ed indi a’ ventisei dello stesso mese l’Anfitrione tradotto in terzarima da Pandolfo Collenuccio da Pesaro, il quale a richiesta parimente di Ercole I compose la sua commedia, o a dir meglio, azione sacra intitolata Joseph impressa poi in Venezia nel 1543 corretta da Gennaro Gisanelli.
Modesto Polentone ne fece una traduzione Italiana, intitolandola Catinia da Catinio protagonista della favola, e pubblicolla in Trento nel 147258. […] I sentimenti di Orfeo ingiuriosi al sesso femminile muovono a sdegno le Menadi furibonde che ne risolvono ed eseguiscono la morte, e con una canzonetta ditirambica termina la favola (Nota IX). […] A’ ventuno poi del medesimo mese del seguente anno vi si rappresentò la favola di Cefalo divisa in cinque atti e scritta in ottava rima dall’ illustre guerriero e letterato Niccolò da Correggio (che non so perchè vien detto dal Bettinelli Reggiano); ed indi a’ ventisei dello stesso mese l’Anfitrione tradotto in terza rima da Pandolfo Collenuccio da Pesaro, il quale a richiesta parimente di Ercole I compose la sua commedia, o a dir meglio azione sacra, intitolata Joseph impressa poi in Venezia nel 1543, e nel 1555, e nel 1564 corretta da Gennaro Gisanelli.
Nell’Ildegarde sopra alcuni fatti de’ bassi tempi intorno a Carlo-Magno tesse l’autore una favola che chiama comica su Ildegarde di lui moglie calunniata.
Piissimi Vittoria, « celebre comica ferrarese, fioriva del 1579, nel qual anno fu ad essa dedicata da Bernardino Lombardi la Fillide, favola pastorale dell’ acceso accademico Rinovato. » Così il Quadrio.
Vi manca un calore nelle passioni, un’attività progressiva nella favola, un’interciso in tutto, onde si mantenga svegliato il leggitore o l’uditorio. […] Il piano é semplice, e l’economia della favola é sul gusto de’ greci; ma é scritta in prosa, giusta il progetto anni sono proposto da M. […] Il calor della disputa con un altro ha trasportato, anni sono, un letterato italiano ad affermare in Londra che Metastasio ha tolto il Demoofonte dalla Inès de Castro dell’ingegnosissimo La Mothe che fece una ridicolissima versione dell’Iliade di Omero220; ma l’ingegnosissimo La-Mothe ha posto in francese l’argomento della tragedia spagnuola di Bermudez; e ’l di lui plagio é manifesto, perché non esce dalla nazione portoghese, dagli affetti e dalla semplicità della favola spagnuola. Ma il Demofoonte si scosta moltissimo dall’originale, perché la favola avviluppata alla maniera dell’Edipo, i costumi di Tracia che vi si dipingono, i colpi di teatro necessari al genere drammatico musicale, e tanti nuovi pensamenti, danno al componimento di Metastasio un’aria totalmente originale. […] Molti che ci han preceduto in parlar dell’opera, volendo additare in che essa differisca dalla tragedia, posero tal differenza nell’unità di luogo, nell’esito tristo o lieto della favola, nel carattere del protagonista, nel numero degli atti, e nel verso.
Per veder come riusciva in pratica il nuovo ritrovato fu dagli altri spinto Ottavio Rinuccini a comporre una qualche poesia drammatica, lo che egli fece colla Dafne, favola boscherecchia che si rappresentò in casa del Corsi l’anno 1594, e fu messa sotto le note dal Caccini e dal Peri sotto la direzione di esso Rinuccini, il quale comecché non avesse studiata la musica, era nondimeno dotato d’orecchio finissimo,e d’acuto discernimento, che gli aveano conciliato la stima e il rispetto de’ musici. […] La voga in cui erano allora le pastorali per la celebrità, che aveano acquistata il Pastor fido, e l’Aminta indusse il Binuccini a sceglier per suggetto della sua invenzione una favola boscherecchia, onde ne trasse talvolta lo stile lezioso e soverchiamente fiorito col quale i poeti di quel tempo erano soliti di far parlare i pastori. […] La qual licenza scusabile nel Rinuccini per esser il primo, e perché forse il suo argomento noi comportava altrimenti, pervenne in seguito fino all’eccesso negli altri, come dall’esito lieto che diè alla sua favola non per altro motivo se non perché «ciò gli parvi convenire in tempo di tanta allegrezza» 58 trassero innavvedutamente i suoi successori una legge che lieto esser dovesse il fine di tutti i drammi. […] Campagne verdeggianti, amenissimi giardini, vaste vedute in lontananza di mari gonfi di flutti, procelle, tuoni e folgori che precipitavano dal cielo di nereggianti nubi artifiziosamente ingombrato, i soggiorni dilettosi de’ campi Elisi, gli orrori del Tartaro accresciuti dagli spaventevoli lamenti degl’infelici tormentati, boschi ed alberi nati all’improvviso, i tronchi de’ quali aprendosi i saltellanti Satiri partorivano, e Fauni, e Napee, e Sileni in nuove e disusate foggie vestiti, fiumi che con limpidissime acque scorrendo, lasciavano vedere le Ninfe che per entro guizzavano, insomma quanto v’ha di più bello nel mondo fisico, quante vaghezze somministra la favola tutto fu per ornarle leggiadramente inventato60.
Udii dire che assistendo talvolta alla rappresentazione di una favola alcune persone malvage furono così vivamente ferite per l’illusione teatrale, che alla presenza di tutti manifestarono la propria reità, perchè la colpa, benchè priva di lingua, sempre si manifesta quando meno si attende. […] Che titolo porta questa favola? […] Ognuno vede la popolarità di questa favola originata dalla moltiplicità e varietà degli avvenimenti, e da alcune interessanti situazioni tragiche che vi sono, come è la scena dell’ombra con Amlet nell’atto primo, e l’altra colla madre e coll’ombra nell’atto secondo. […] Esigeva la sua favola de’ Romani e de’ re, ed egli altro non vide che gli uomini.
Giova riferire l’altro passo citato da Ateneo nella favola Mandragorizomena, ossia lo Stupido per l’uso della soporifera pianta mandragora, che si addusse nella nostra opera delle Sicilie. […] Ci si permetta aggiungere da noi recato in italiano l’altro frammento rapportato da Sozione Alessandrino, che pure trovasi in Ateneo della favola Ασωτιδασκαλος, ossia Magister luxuriae, che può equivalere in certo modo all’Homme dangereux del Palissot, o al Mechant del Gresset: Non lasci tu di rompermi la testa Col nominar sì spesso Odeo, Liceo, Congressi di Termopile, e cotali Filosofiche ciance, ove di bello Nulla si scerne e d’increscevol molto?
Japhet de Armenia, é un carattere maneggiato con piacevolezza, sebbene la favola offende l’unità cominciando in Ortaz, e terminando in Consuegra, e correndovi almeno dieci o dodici giorni. […] Che interesse nella favola progressivamente aumentato a misura che si avanza verso il fine!
« Si trasformava come un novo Proteo a i diversi accidenti della favola, e se nella comedia facea vedere quanto ornamento abbia un dir famigliare, dimostrava poi differentemente nella tragedia la gravità dell’eroico stile, usando parole scelte, gravi concetti, sentenze morali, degne d’esser pronunziate da un Oracolo : e se occorreva sopra di qualche suo Amante o parente di vita spento, lamentevolmente ragionare, trovava parole e modi si dolorosi, che ognuno era sforzato a sentirne doglia vera, e ben spesso anche lagrimare, benchè sapesse certo le lagrime di lei esser finte….. « Si vestiva, finita la favola, in abito lugubre e nero, rappresentando la istessa tragedia, e cantava alcune stanze che succintamente del Poema tutto contenevano il soggetto, ed era come di quello un argomento ; e cosi, data la licenza al popolo, e finito il canto, si sentiva un alto grido, un manifesto applauso che andava sin alle stelle, e le genti stupite ed immobili non sapeano da qual luogo partirsi.
Ma i francesi, facendo un aforismo delle parole del Voltaire c, non dicono che i numi della favola, gl’eroi invulnerabili, i mostri, le trasformazioni, e tutti gli abbellimenti convenevoli a’ Greci, a’ Romani ed agl’Italiani del XV e XVI secolo, sono proscritti in Francia sin anco nell’epopea? […] Per dare un saggio della declamazione teatrale, e della melopea de’ Greci, fe recitare quella sua favola senza che se ne cantassero le parole. […] Nel teatro du Marais fece molto strepito senza valerne la pena la favola intitolata i Ciarlatani letterarii per le pretese allusioni.
Nondimeno questo vero effetto della tragedia che in tal favola in niun conto si produce, vien compensato dal nobil perdono di Augusto quanto meno atteso tanto più accetto. […] La sua Arianna si rappresentò nel 1672 nel tempo stesso che si recitava il Bajazzette di Racine tragedia di gran lunga superiore alla favola del giovane Cornelio; ma questa fu sommamente applaudita, e si è ripetuta sino a’ nostri tempi, tuttochè soggiaccia al difetto generale di aggirarsi sugl’ intrighi amorosi proprj di una commedia. […] Gli apologisti Spagnuoli doveano contare anche questa favola di Quinault tra quelle che i Francesi trassero da’ loro compatriotti.
Nell’Ildegarde sopra alcuni fatti de’ bassi tempi intorno a Carlo-Magno tesse l’autore una favola che chiama comica su Ildegarde di lui moglie calunniata.
Ben quaranta fiate al popol denso sua recitata favola non spiacque : parte n’ebbe suo merto, io parte, e parte v’ebbe una sua già favorita attrice, che colle finte lagrime le vere sapea svegliar di chi l’udìa ne’ lumi : ma nè per questo il saziò sua lode.
Veramente esse sono sommamente basse, fredde, puerili, senza moto teatrale, senz’arte nell’intreccio, senza verisimiglianza nella favola, e senza decenza ne’ costumi. […] Frattanto il vizio radicale della favola rende il poeta incerto tra la decenza e la verisimiglianza, le quali non sapendo conciliare, s’inviluppa nelle difficoltà, e cade in contraddizioni.
Folard; e col Nores troviamo riprensibile l’episodio della discordia de’ figliuoli di Edipo, per cui si rende la favola doppia e si commette un anacronismo totalmente inutile. […] Riconosce parimente il conte di Calepio nel Nino di questa favola un carattere sommamente idoneo al fin della tragedia. […] Manfredi ha congiunte mirabilmente le premesse, i mezzi e le conseguenze della sua favola ingegnosa. […] Tornando anche un momento su qualche particolarità istorica della Semiramide notisi ancora che il Manfredi è stato il primo in Europa a recare sulle scene questa regina famosa degli Assiri, e senza averne trovato modello veruno fragli antichi ne ha inventata e disposta con tanta regolarità ed artificio la favola e con tale eccellenza, vigore ed eloquenza scolpiti i caratteri e animate le passioni, che ha invitati i posteri a contar la Semiramide tra gli argomenti teatrali. […] Ma quanto al metodo greco che vi si tiene, ed al coro continuo che spesso nuoce a’ secreti importanti della favola, è un difetto comune alla maggior parte delle tragedie di quel tempo.
Si notava, com’essi dicono, a soggetto il piano della favola e la distribuzione e sostanza dell’azione di ciascuna scena, e se ne lasciava il dialogo ad arbitrio de’ rappresentatori. […] E ’l famoso favolator M. de la Fontaine nella favola del topo e dell’elefante: Se croire un personnage, est fort commun en France; On y fait l’homme d’importance, Et l’on n’est souvent qu’un bourgeois C’est proprement le mal français. […] Giambatista Manso, marchese della villa, nella vita di Torquato Tasso suo amico dice, che questo grande ingegno «in Ferrara nel verno dell’anno 1573 compose e fé rappresentare la sua Aminta, ch’egli cognominò favola boscareccia, con general lode e maraviglia di ciascheduno che allora l’udì, e che l’ha poscia letto, così per l’eccellenza del componimento, giudicato per ogni sua parte perfettissimo in se medesimo, come per l’invenzione del poeta eziandio ec.» […] A quella favola pastorale il poeta medesimo fece poi gl’intermedi che furono dati alle stampe da Marco Antonio Foppa appié del secondo volume dell’opere postume del Tasso.
Con tutto ciò questa favola si rappresentò la prima volta avanti al re Errico II con indicibile applauso, e si replicò sempre con grandissimo concorso.
Con tutto ciò questa favola si rappresentò la prima volta avanti al re Errico II con indicibile applauso, e si replicò sempre con grandissimo concorso.
Frattanto in uno scoglio, che inalzavasi non molto lontano, si rappresentò la favola d’Arione gittato in mare e salvato dal delfino, opera di Giovanni Capponi, bolognese. […] Così l’Aurora ingannata servì di favoletta per gl’intermedi musicali nel Filarmindo, favola pastorale, il Glauco schernito per gl’intermezzi del Corsaro Arimante, favola pescatoria, la Dafne conversa in Lauro nella tragicommedia intitolata l’Amorosa clemenza, la tomba di Nino per gli intermezzi dell’Ercole in Eta, dramma eroico, il Disinganno per la virtù in cimento, dramma morale, e il Capriccio con gli occhiali per i Diporti in Villa, dramma giocoso scritto nel dialetto bolognese.
Quando, traducendo le cose poeti che da un idioma in un altro non si è sicuro d’aver il polso d’un Cesarotti, o d’un Pope, si va a rischio di rinovellar la favola de’ Pigmei, allorché s’affannavano per alzar da terra la clava d’Ercole che dormiva. […] Alcuni scrittori pretendono che quest’autore fosse il primo a volgere di tristo in lieto il fine della favola, ma il vero si è che l’usanza di finir lietamente i drammi è tanto antica in Italia quanto il dramma stesso.
E come spera egli bei discorsi appassionati, se la favola bene ordinata, ben costumata, non desta l’interesse per un personaggio collocato in situazioni deplorabili, e non suggerisce i discorsi appassionati? Manchi l’artificio della favola e del costume, e voi vedrete isterilire la fertilità, e la sensibilità del miglior Tragico.
La favola, come valore intrinseco letterario e drammatico, è una vera e propria paccìa. […] Della favola sono interlocutori : Astrea Cupido che fanno il prologo.
Quanto alle commedie si leggeranno sempre con piacere quelle d’Ottavio d’Isa, degli accademici di Siena, del Malavolti, dell’Altani, la Schiava, l’Ortensio, e i Due Vecchi di don Filippo Gaetano duca di Sermoneta, e l’Idropica del Guarini, gli Scambi del Bulgarini, il Geloso non Geloso di Brignole Sale, la Fiera commedia urbana del giovine Buonarroti, la quale può dirsi uno spettacolo di cinque commedie concatenate in venticinque atti, che si recitarono in Firenze in cinque giorni nel 1618, e la Tancia, semplice; ma graziosa commedia rusticale del medesimo, e la Rosa di Giulio Cesare Cortese, favola boschereccia, in cui si veggono le passioni delineate con somma verità, e delicatezza.
Risulta dalle cose indicate che ciò che ora chiamiamo commedia punto, non rassomiglia alla Greca Antioa, Allegorica, Satirica, la quale per invenzione, per novità, per grandezza di disegno, per sale e per baldanza si allontana da ogni favola comica moderna.
Era il primo di essi una serenata o favola allegorica, nella quale favellava la giustizia, la pace, la verità e la misericordia, la quale secondo il cronista Gonzalo Garcia di Santa Maria citato anche dal Nasarre, si rappresentò alla presenza del sovrano in Saragoza.
Era il primo di essi una serenata o favola allegorica, nella quale favellava la giustizia, la pace, la verità e la misericordia, che secondo il cronista Gonzalo Garcia di Santa Maria citato anche dal Nasarre, si rappresentò avanti del sovrano in Saragozza.
Perciò gli antichi, i quali sapevano più oltre di noi nella cognizione dell’uomo, stimarono esser la favola tanto necessaria alla poesia quanto l’anima al corpo, all’opposito d’alcuni moderni che, volendo tutte le belle arti al preteso vero d’una certa loro astratta filosofia ridurre, mostrano di non intendersi molto né dell’una né dell’altra65. […] [NdA] Voltaire considerato generalmente e giustamente come l’oracolo di Delfo nelle materie di gusto, inveisce contro a questa fredda filosofia: «È insorta (dic’egli) fra noi una setta di persone dure, che si chiamano solide, di spiriti malinconici dicentisi giudiziosi perché sono privi d’imaginazione, d’uomini letterati, e nemici delle Lettere, che vorrebbero mandar in esiglio la bell’antichità, e la favola.»
Egli solea in essa trattenere il re e la real famiglia con magnifiche feste singolarmente teatrali ricche di macchine e decorazioni, nelle quali accoppiavasi alla recita nuda di tutta la favola il canto di certe canzonette frapposte che diremmo arie. […] Per antico costume compariva in siffatta scena con cortinas un sonatore di chitarra per accompagnar le donne che cantavano, raddoppiandosene la sconvenevolezza, perchè tra’ personaggi caratterizzati secondo la favola e vestiti p. e. da Turchi, da Mori, da Selvaggi Americani, si vedeva dondolar quel sonatore alla francese.
L’apertura dello spettacolo, invece di essere una decorazione teatrale, e un quadro compassionevole, come in Sofocle, quivi é una cicalata, una declamazione di Edipo sui mali della peste ripetuti dal coro dell’atto I Sofocle con economia mirabile sviluppa per gradi i fatti passati per apportar acconciamente quel sì felice scioglimento, della sua favola; e Seneca accenna varie circostanze senza che l’azione avanzi, o se ne accresca l’interesse. […] Tiresia, che nella favola greca viene alla presenza del re chiamato ben due volte per ricordo, di Creonte, nella latina, si presenta, nonostante che la di lui venuta non sia stata preparata o attesa; sebbene al volgo romano superstizioso sarà riuscito grato e popolare lo spettacolo dell’auspicio. […] Nel greco é più manifesta la duplicità della favola, e nel latino i due oggetti, cioé l’ammazzamento di Lico e ’l delirio di Ercole colle conseguenze, sembrano più uniti per lo prologo di Giunone che forma l’atto I. In ricompensa trionfa la tragedia Greca per la vivacità dell’azione, e per lo vero colorito delle passioni, dove che la favola latina sembra al paragone dilombata e senz’anima, e gli affetti sembrano maneggiati più per far pompa d’erudizione in una scuola di declamazione, che per ritrarre al vivo il cuore dell’uomo, e mostrarlo agli uomini da un teatro. […] Non vi ha dubbio, che la bellezza dell’elocuzione sì nel verso, come nella prosa, imbalsimi sempre tutti i componimenti ingegnosi; ma nel genere comico richiedesi pur anche gran vivacità e piacevolezza, grazia e naturalezza, verità ed arte con un’azione, una favola, e un vero ritratto de i costumi del tempo: Un vers heureux et d’un tour agréable Ne suffit pas; il faut une action, De l’intérêt, du comique, une fable, Des mœurs du temps un portrait véritable, Pour consommer cette œuvre du démon, dice benissimo il signor di Voltaire.
Egli soleva in essa trattenere il re e la famiglia con magnifiche feste singolarmente teatrali ricche di macchine e decorazioni, nelle quali accoppiavasi alla recita nuda di tutta la favola il canto di certe canzonette frapposte che diremmo arie.
de la Motte, il Sig. di Voltaire, e ’l Gesuita Folard, e niuno ha finora potuto nemmeno dalla lunga tener dietro a questa incomparabile favola del più famoso Tragico della Grecia.
Egli fu solo dell’uso: e una favola, che più o meno avesse di cinque atti, può essere egualmente bella che una che seguisse quell’antica divisione. […] È questa una delle principali cagioni della poca attenzione che si dà per ordinario alla favola tragica. […] Per l’opposto, un ballo che abbia unione colla favola, alimenta ed accresce l’affetto acceso da questa e ci rende curiosi del proseguimento. […] Qual diletto non avrà il popolo, in vedere la favola continuata non più con parole, ma a forza della sola danza? […] Se l’inventore de’ balli abbia ideata una danza confacente alla favola drammatica?
Aristotile, questo è un episodio che ha che fare con la materia non meno di quel delle navi che tu tanto lodi per la connessione sì necessaria che ha con la favola dell’Iliade. […] [3.10ED] Lo fanno ancora talora sortire, perché venga a dire i suoi versi che dan progresso alla favola; lo fanno rientrare quando gli ha terminati e quando conviene far parlare altra persona di cose che il primo non dee ascoltare, ed in ciò son bene inferiori ai Franzesi e ad alcun di voi Italiani. […] [commento_1.62ED] secchi poeti: altra allusione a Gravina e alla sua condanna della ‘favola pastorale’, cfr. […] [commento_1.137ED] grand’uopo: ‘necessità estrema’; si scopre: altra parte della favola secondo Aristotele (Poet. […] Gareffi, Manziana, Vecchiarelli, 2000, p. 15, che sostiene che la mutazione di scena renderebbe «imperfetta la favola, facendosi bisognosa d’aiuto esterno».
Dal sito il più orrido ti fanno tutto a un tratto trapassare al più ameno; né mai dal diletto ne va disgiunta la maraviglia, la quale, nel porre un giardino, essi cercano egualmente che da noi fare si soglia nel tesser la favola di un poema.
Non s’inventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa del Colombo, del cui viaggio ei si prevalse, la quale si accennò dal Gomara, si credè colla naturale sua bontà dal l’Acostae dal Uezio, ed oggi si risuscita dal Lampillas, tuttochè lo stesso Oviedo l’avesse narrata come pura favola, e lo storico filosofo Robertson avesse dimostrato nella nota 17 del tomo I di essere stata conosciuta come un maligno ritrovato dell’ingratitudine suggerito dalla viltà della gelosia nazionale ?
Non s’inventò la storiella del Sanchez naufragato morto in casa del Colombo, del cui viaggio ei si prevalse, la quale si accennò dal Gomara, si credè colla naturale sua bontà dall’Inca Garcilasso, si trascrisse dall’ Acosta e dall’Uezio, ed oggi si risuscita dal Lampillas, tuttochè lo stesso Oviedo l’avesse narrata come pura favola, e lo storico filosofo Robertson avesse dimostrato nella nota 17 del tomo I di essere stata conosciuta come un maligno ritrovato dell’ingratitudine suggerito dalla viltà della gelosia nazionale?
I tre eran dunque il Panzanini, il De Bianchi e il nostro Pasquati : e la favola in discorso era forse l’antichissima delli tre gobbi, ridotta da' Gelosi a scenario, e passata poi tra le opere del Tabarrino.
Osservisi ancora di qual impareggiabile poetica venustà rivesta egli gli argomenti più astratti della filosofia; come fra le sue mani le cose più spinose fioriscano, avverandosi colla magia della sua musa la favola di Armida che cangiava in giardini i deserti. […] E pazienza se quest’amore fosse sempre la passione primaria, sulla quale poggiasse tutto il nodo della favola, e da cui ne dipendesse lo scioglimento, se fosse una passione abbastanza forte, seria, e terribile per rendersi teatrale. […] La passione per esempio di Fedra nella tragedia di Racine è interessantissima, perché forma il tutto della favola, ed è la cagion primaria della disgrazia di tutti; quella d’Ippolito e di Aricia è fredda, e quasi senza effetto perché subalterna. […] Quindi i tanti personaggi posticci che solo servono a spandere il languore, e che manifestamente si veggono introdotti dal poeta per sovvenir ai bisogni della favola e alla sterilità dell’invenzione. […] Ma quello non è l’unico abbaglio di quello storico romanziere; è bensì da maravigliarsi che Rollino abbia adottata una simil favola senz’altro esame, non dovendo egli ignorare che la religione de’ maghi contava fra suoi dogmi quello di escludere i simolacri degli dei non ammettendo altra imagine visibile della divinità fuorché il sole e il fuoco.
Egli é qui da notarli però, che l’opera francese eroica differisce assai dall’italiana oggidì; mercé che ella nacque dalla nostra, qual’era in Venezia e nella Toscana al secolo XVII, quando i nostri drammatici tiravano gli argomenti dalla favola, ed altro oggetto non aveano che di parlare ai sensi con tante macchine e decorazioni. […] Ma non dicono ancora i Francesi, facendo un aforismo delle parole di M. de Voltaire204, che i numi della favola, gli eroi invulnerabili, i mostri, le trasformazioni, e tutti gli abbellimenti convenevoli a’ Greci, Romani, e Italiani del XV, e XVI secolo, son proscritti tra’ francesi ancor dall’epopea.
Se volessi raccontare le sventure nelle quali incorsi, ed i pericoli che passai in quei tre giorni e mezzo che mettessimo da Bologna a Firenze, forsi parrebbe favola, e pure è vero, poichè in Savena ci avessimo ad annegare, a Scarica l’Asino il vento mi gettò da cavallo, o giù del Mulo.
Di grazia quale ingegnoso artificio lodevole può campeggiare in una favola che di ogni modo si agevola il sentiero aggruppando in due ore di rappresentazione la storia di mezzo secolo, e presentando in quattro spanne di teatro tutto il globo terraqueo, ed anche il mondo mitologico, e l’inferno e il paradiso?
Esigeva la sua favola de’ Romani e de’ re, ed egli non vide che gli uomini.
Osserviamo in questa favola che dopo la scena d’Ifigenia e Toante, il Coro canta solo nella scena quarta del l’atto quinto, Celebriamo le lodi di Febo e di Diana . […] Quello che mai non piacerà in questa favola, è il personaggio di Egeo introdottovi senza veruna ragione per preparare un asilo a Medea della cui salvezza lo spettatore è ben poco sollecito dopo l’orrenda esecuzione della spietata sua vendetta. […] La favola cominciata e condotta in simil guisa subito sveglierà ne’ leggitori l’idea di un dramma Cinese o Inglese o Spagnuolo, che comprenda più azioni seguite in molti anni.
È il poeta, è l’autore che col suo fuoco ispira l’anima nella sua favola; è quest’anima questo fuoco che dee passare agli attori e rendergli grandi ed originali; è Moliere che forma i Baron; è Voltaire che produce le Clairon.
Per antico costume compariva in siffatta scena con cortinas un sonatore di chitarra per accompagnare le donne che cantavano, raddoppiandosene la sconvenevolezza, perchè tra’ personaggi caratterizzati giusta la favola, e vestiti p. e. da’ Turchi, Mori, o da selvaggi Americani, si vedeva dondolar quel sonatore abbigliato alla francese.