CAPO II.
di lui, che non ha capito un’acca, è una graziosa trovata ; quando la prima donna, ormai sulla quarantina, dice al Maester Pastizza di aver ventun anno, quel io ne ho dodici di lui è una graziosa trovata ; quando, detto al servitore di togliersi di testa il cappello, el sur Pedrin si sente rispondere : « ma anche lei ha il cappello in capo, » quella sua replica : « ma io sono il padrone, ignorante vigliacco » è una graziosa trovata ;….
Tu che’l piè su Teatri, il capo in cielo ANDREINI ogn’or tieni, veridico ti svelo che nascesti più a Pulpiti che a scene. […] A un dato punto si apre un antro, ove è immensità di luce, poi in essa luce un Crocifisso, davanti al quale Maddalena s’inginocchia e prega ; poi presoselo fra le braccia « e a capo chino rimirandolo, al suon d’un flebil Miserere passeggiato il teatro per un poco, parte ; e qui al suon di trombe s’apre la Gloria, dove si vedono molti Angeli, Maddalena altamente nello stil musical recitativo lodando. […] Si è detto e si è scritto, come più a dietro accennai, che codesta Maddalena è una specie di pasticcio senza capo nè coda : non oserei affermarlo.
Ma non potè compiere il suo contratto ; chè, sviluppatasi alacremente la tisi, dovè recarsi per consiglio de’ medici prima a Pisa, poi a Firenze, ove in capo a pochi mesi (il luglio del 1868) morì compianta da quanti la conobbero. […] II) : Voi che fate professione di parlare in pubblico, raccordatevi d’aver pronto l’occhio, la mano, il piede, anzi tutta la persona, non meno che habbiate la lingua, poichè il concetto, senza il gesto, è appunto un corpo senza lo spirito, havertendo che non si vuol gesticolare in quel modo che molti sogliono fare, e ch’io molte volte ho veduti, che se girano gli occhi pajono spiritati, se muovono il piede sembrano ballerini, se le braccia barbagiani che volano, e se voltano il capo, scolari di Zan della Vigna ; però il capo, le braccia, i piedi, gl’occhi si deono muovere a tempo, con modo, con ordine e con misura, havertendo ancora che non è poco vitio adoprar sempre un sol braccio, o una sola mano, ma che si dee hor l’ una, hor l’altra et hora tutte due muovere, come più comporta il discorso che si recita.
CAPO I. […] Il Moro propone al governadore di comprarne la libertà colla dedizione di Tariffa, o di vedergli mozzare il capo. […] V’è analogia tra Megara capo e difensore amato di Numanzia, per la quale vuol morire, con Tarquinio re tiranno, oppressore, abborrito dal suo popolo? […] I Olvia può disporre di se stessa senza intelligenza del fratello capo della repubblica? […] Egli disse di Agamennone che volse il capo indietro, pianse dirottamente, e si coperse gli occhi colla veste.
CAPO II.
CAPO I.
CAPO I.
), nella Compagnia drammatica di suo figlio Giovanni. « Nel 1788 — scrive Benedetto Croce ne’ suoi Teatri di Napoli (Ivi, Pierro, 1891) — venne una nuova compagnia di comici lombardi, capo Giuseppe Grassi veneto, che già era stato a Napoli.
CAPO VI. […] Quando si tradussero ottimi drammi forestieri più insulsamente e sconciamente di quello che Ramòn La-Cruz, ed altri simili poetastri fecero del Temistocle, dell’Artaserse, del Demetrio, dell’Ezio, dell’Olimpiade deteriorate e tradite da capo a fondo, e segnatamente imbrattate coll’introdurvi un buffone che interviene ai trattenimenti de’ re, e degli eroi Greci e Romani? […] L’avea l’autore molti anni indietro composta e destinata a recitarsi in musica in una casa particolare; ma non essendo venuto a capo tal disegno, corse per alcun tempo manoscritta con più applauso che non isperava chi la scrisse.
Per cosa del mondo non gli può entrare in capo ch’egli ha da essere subordinato, e che il maggior effetto della musica ne viene dallo esser ministra e ausiliaria della poesia. […] Le parole non si vogliono replicare, se non con quell’ordine che detta la passione e dopo finito il senso intero dell’aria, e il più delle volte non si dovrebbe neppure dir da capo la prima parte; che è uno de’ trovati moderni, e contrario al naturale andamento del discorso e della passione, i quali non si ripiegano altrimenti in se stessi e dal più non tornano al meno.
CAPO XV. […] Caro però oltre ogni credere fu agli Ateniesi certo Egemone Tasio soprannominato Lenticola scrittore e attore di parodie citato da Camaleone Ponticoa Rappresentava un giorno nel teatro di Atene quest’industrioso attore una sua parodia, quando dalla Sicilia vennero le amare novelle di una disfatta luttuosa, e quantunque la maggior parte degli spettatori piangesse coprendosi il capo per avervi perduto qualche parente, tutti però si trattennero nel teatro; sia per occultare agli altri Greci la loro perdita, sia per certa spezie di riguardo avuto per questo favorito parodo.
CAPO VIII. […] Rappresentava un giorno nel teatro di Atene quest’industrioso attore una sua parodia, quando dalla Sicilia vennero le amare novelle di una disfatta luttuosa, e quantunque la maggior parte degli spettatori piangesse coprendosi il capo per avervi perduto qualche parente, tutti però si trattennero nel teatro, sia per occultare agli altri Greci la loro perdita, sia per certa spezie di riguardo avuto per questo favorito parodo.
CAPO II. […] Ciò che dispiace ancora a coloro che amano l’urbanità al pari delle lettere, è che egli non meno del francese Belloy attribuisce i più infami tradimenti usciti dal di lui capo, alle famiglie più cospicue Italiane, come la Gonzaga, l’Appiana, l’Orsina, di che ebbe ragione di riprenderlo anche il chiar.
CAPO XII. […] L’Ateniese Lisistrata moglie di uno de’ primi magistrati si fa capo delle donne Greche, e ordisce una congiura per ridurre gli Ateniesi a pacificarsi con gli Spartani. […] Strepsiade domanda in qual modo possa venirne a capo. […] Ah se ti moccica Talora il naso, o mio buon babbo, in grazia Spazzati nel mio capo. […] Spazzati nel mio capo.
Capo VIII Vuoto della Storia Teatrale.
Capo I.
CAPO XI.
CAPO III.
CAPO VI.
CAPO VI.
Anch’io mi picco alla tua picca, se hai la pecca di aver pacche, non t’appicco, ma non pecco, se ti spicco e spacco il capo cupo, e dò alla parca un parco porco.
Capo V. […] L’atto IV, in cui comparisce l’ombra di Dario, é veramente un capo d’opera, con tal senno e grazia vi contrasta il governo di Dario divenuto pacifico coll’ambizione di Serse, la prudenza del vecchio colla vanità del giovane, e con tal delicatezza mettonsi in bocca di sì gran nemico le lodi della Grecia. […] Tutta la stupidezza di certi pregiudicati moderni, sforniti de’ soccorsi necessari per leggere gli antichi, appena basta per ingannar se stessi sul merito di questo capo d’opera, e per supporre la tragedia ancora avvolta nelle fasce infantili nel tempo che producea simili componimenti che nulla hanno di mediocre. «Torresti tu (dicea col solito discernimento Longino nel capo XXVII. del suo Trattato del sublime) di esser piuttosto Bacchilide che Pindaro, e nella tragedia Ione Chio, che Sofocle? […] Egli é un altro capo d’opera dell’antichità Filottete, le cui saette fatali conducono in Lenno Ulisse e Neottolemo, perché si richiedevano indispensabilmente per sa caduta di Troia.
CAPO I. […] Racine singolarmente che avea scoperto il miglior camino, e prodotto l’Atalia, il capo d’opera della tragedia francese, senza avvilirla colla galanteria, avea cominciata una Ifigenia in Tauride, nel cui piano non entravano amori. […] Le scelleraggini, le infamie, gli assassinamenti, le frodi nacquero dal capo di codesto pseudotragico come Minerva da quello di Giove. […] È pur questo un bel modo di comporre tragedie nazionali sulla storia, valersi di un nome illustre per denigrarlo, e per vestirne un figlio infame del capo del Belloy! […] E qual parte ebbe questo Scipione della storia moderna nelle furbesche trame uscite dal capo del Belloy?
Nel capo successivo si esamina la qualità della peripezia formata da meraviglia, riconoscimento e «passione». […] Nel terzo capo vengono presi in considerazione lo statuto e la disposizione degli episodi. […] Capo I. […] Chi scorreralle s’avedrà che non pur quelle che da me furono nel primo capo nominate l’hanno alle loro peripezie d’ordinario congiunta, ma le favole doppie ancora. […] Capo I.
Capo V.
CAPO VIII.
Chi dunque poteva scrivere al Duca in persona lettere di così aperta famigliarità, parlando degl’ interessi di Compagnia, accusando compagni, reclamando rimproveri, dando commissioni intime e delicate, e svelando fatti, di cui potrebbe arrossire una donna maritata, se non una donna, artisticamente al meno, a capo della Compagnia ?
CAPO I. […] Parti, allontanati, nè mai più ardire di entrar nella reggia; non so come in questo punto non fo recidere quel capo che nutrì pensieri cotanto audaci. […] Esce ad affiggere il cartello di una nuova commedia un servo della compagnia detta di Eredia commediante famoso di quel tempo che n’era il capo. […] In fatti egli vien dipinto ignorante non solo ne’ principii politici che mettono capo nella ragion naturale e delle genti, ma ancor nella geografia e nella storia. […] Formio capo della masnada consegna Marcella a Felina, come Isabella è data in custodia nell’Ariosto alla vecchia Gabrina.
A Guglielmo Pitt: William Pitt, 1st Earl of Chatham (Londra, 1708 – Hayes, 1778) esponente politico britannico del partito dei Whig, capo del governo inglese due volte dal 1756 al 1761 e dal 1766 al 1768, protagonista della guerra dei Sette anni e fautore dell’espansione coloniale dell’Inghilterra. […] [commento_2.6] Scarlatti: Alessandro Scarlatti (Palermo, 1660 – Napoli, 1725), padre di Domenico, compositore attivo a Napoli e a Roma, utilizzava nelle arie la forma col da capo detta anche alla Scarlatti e pridiligeva l’accompagnamento orchestrale rispetto a quello cembalistico.
Al medesimo Capo IV, pag. 39, lin. 19, dopo le parole, s’impresse la prima volta in Salamanca nel 1500, si aggiunga in parentesi ciò, che segue. […] Ai medesimo Capo IV, pag. 61, lin. 15, dopo le parole, e rispondono a proposito.
CAPO IV. […] III, capo II, art.
Al medesimo Capo I ed art. […] si aggiunga da capo. […] Al medesimo Capo II, art. […] Al medesimo Capo II, art. […] Al medesimo Capo II, art.
CAPO II.
CAPO II.
CAPO II.
Tale opera comprende anche un catalogo di tragedie e commedie pubblicate per le stampe dal 1500 al 1600 ; e per comporla egli dovè far capo sempre al famoso raccoglitore e amico dei comici Gueullette, come si rileva dalle sue lettere, nelle quali ora domanda, per dar l’ultima mano al suo lavoro, Le livre sans nom, ora l’Arliquiniana, ora la Bibliothèque des théatres.
Per cosa del mondo non si leverebbe dal capo ai maestri l’usanza di premettere a qualunque aria la sua piccola sinfonia o concertino. […] [32] Ma ciò che non è conforme alla natura né alla ragione si è la ridicola usanza di quel da capo solito a mettersi nel fine delle arie. Senza l’abitudine che fa loro chiuder gli occhi su tante improprietà, gl’Italiani avrebber dovuto riflettere che niuna cosa fa tanto chiaramente vedere la poca filosofia colla quale vengono regolati di qua dai monti gli spettacoli quanta questa: che il carattere della passione non è mai quello di riandar se medesima metodicamente, né d’interrompere la sua impetuosità naturale per fermarsi a ripigliar con ordine la stessa serie di movimenti; che il distaccare dal tutto insieme d’un’azione uno squarcio per recitarlo di nuovo è dissonanza non minore di quella che sarebbe in un ambasciatore il ripeter due volte in presenza del sovrano l’esordio d’un’allocuzione; che il carattere della musica non può legitimare cotesto abuso, giacché si può variare benissimo e rinvigorir l’espressione senza ricantar di nuovo il motivo; e che uno spartito dove si vegga appiccato al margine un da capo è ugualmente difforme agli occhi della sana ragione che sarebbe agli occhi d’un naturalista un braccio con due mani, oppure un animale che avesse un paio di nasi sulla faccia. […] Nelle carte musicali non apparisce vestigio del da capo se non verso la fine del secolo scorso. […] [33] Bisognerebbe render grazie al Piccini per essere stato (a quello che sento da alcuni) il primo a sbandirne i noiosi da capo sostituendovi le arie lavorate a rondò, del che ne diede egli per la prima volta un plausibile esempio nel «Dov’è?
d’Arnaud, stimatissimo scrittore francese, che può chiamarsi un capo d’opera nel suo genere per l’eccellenti riflessioni e per le viste utilissime che racchiude concernenti la filosofia della musica e delle arti rappresentative. […] Potremmo eziandio comparare allora i nostri tuoni con quelli degli antichi, e venirne a capo, avvegnacchè io non possa convenire con M. […] E sebbene siffatta ripugnanza altro fondamento non avesse nella maggior parte fuorché un pregiudizio favorevole alla presente maniera di poetare, ella tuttavia era appoggiata sulla ragione e sull’indole stessa della lingua italiana, la quale avendo da lungo rempo acquistate regole di costruzione e sintassi alla sua maniera, non poteva sì agevolmente piegarsi alle leggi dell’antica prosodia senza essere da capo a fondo rovesciata.
CAPO I I. […] Io porterommi al tempio (ella dice nell’atto III), mi scoprirò al tiranno, gli trarrò dal capo la corona, farò provargli tutta l’ira mia. […] E chi non vede S’io mi fo noto al genitor, che torna La falsa accusa tua sopra il tuo capo? […] Delle tragedie del Pansuti trovasi una testimonianza onorevole dell’ immortale Alessio Simmaco Mazzocchi nel capo I del dottissimo suo comentario dell’Anfiteatro Campano. […] di San-Reale senza che si accenni di essere una pretta letterale traduzione da capo a fondo.
CAPO VII. […] Quando nel teatro Olimpico di Vicenza si rappresentò l’Edipo del Giustiniani, il coro (dice in una lettera Filippo Pigafetta) era formato di quindici persone sette per parte ed il capo loro nel mezzo, il qual coro in piacevol parlare ed armonia adempì l’uffizio suo .
Che gli splendidi suoi difetti stessi, i quali appartengono agli abusi musici anzichè a lui, il rendono rispettabile anco agli orgogliosi che volgono altrove il capo per non mirarne l’odiata luce che gli umilia ? […] E perchè questo dramma non può metter capo nella eccellente Semiramide del Manfredi, in cui le occulte nozze di Nino e Dirce che si scoprono fratelli, rassomigliano meglio alle avventure di Timante e Dircea ? […] Chi può ignorare il capo d’opera del teatro di P. […] L’Armida abbandonata del De Rogatis rappresentata nel 1770 in Napoli riuscì nel teatro di San-Carlo per le decorazioni e per la musica dell’esimio Jommelli che si ammira come un capo d’opera. […] Ma come venirne a capo, se vogliasi mentovare almeno una gran parte de’ figli di Partenope ?
E poi dimorando egli da parecchi anni in Madrid, é meraviglia come sfornito di molti comodi letterari, abbia potuto venire a capo di formare una così bella, dotta e sensatissima opera.
Si trovano uomini che hanno massime in capo tanto abbarbicate, che non vi è ragione che le possa svellere.
Quando il giovane artista non è costretto a strappare la sua foglia d’alloro, ma se la trova caduta sul capo, senza spiegarsi il come ed il perchè, non toccherà mai la mèta cui era destinato : l’ingegno sortito da natura nella facilità del possesso si andrà affievolendo fino al torpore.
CAPO IV. […] Parti, allontanati, nè mai più ardire d’entrar nella reggia; non so come in questo punto non so recidere quel capo che nutrì pensieri cotanto audaci. […] Esce ad affiggere il cartello di una nuova commedia un servo della compagnia detta di Eredia commediante famoso di quel tempo che n’era il capo. […] L’uditorio si scompiglia, chi grida da’ palchi, chi dalla cassuela, chi dalla grada, il Grazioso marito della Baltassarra ed Eredia capo della compagnia vengono fuori confusi e disperati per le loro perdite, e termina l’atto. […] In fatti egli vien dipinto ignorante non solo ne’ principj politici che mettono capo nella ragion naturale e delle genti, ma ancor nella geografia e nella storia.
Su questo capo alcuni poeti soverchia libertà s’attribuirono, unendo insieme versi così tra loro ripugnanti, che la gonna d’Arlotto men disparate toppe accoppiava. […] [Sez.III.3.3.4] Molto più si guardi il compositore d’aggiugnere di suo capo la menoma paroluzza. […] Si può gestire col capo, cogli occhi, col piede e con qualunque altro delle nostre membra. […] Sarebbe desiderabile che questi virtuosi avessero una volta fitto in capo, che ciò che essi cantano debb’essere inteso senza il menomo stento e senza mestieri di libricciuolo. […] Noi, che ci crediamo i depositari del gusto, e capaci di mangiar la torta in capo a tutta la Grecia e a tutta Roma.
CAPO I. […] Non vedrà alcuno mai Questo mio capo alle corone avvezzo Ad inchinarsi ad altri che alla morte.
CAPO IV.
CAPO IV.
Chi l’ha vista nel Bicchier d’acqua e nella Madamigella di Belle Isle, non dimenticherà al certo quel superbo sorriso, quell’altero portamento di capo, quell’eleganza aristocratica che traspariva da ogni suo moto, da ogni più lieve girar d’occhi.
Di altre stagioni fatte dalla Compagnia dei Comici Confidenti al servizio di Don Giovanni De Medici abbiam date precise in molte lettere concernenti il capo di essa Flaminio Scala (V.) detto Flavio in Commedia.
Il '60 è scritturato primo attore e direttore della Compagnia Reale de'Fiorentini in Napoli ; il '61 è capo di una Compagnia elettissima, di cui son parti principali la Cazzola e la Piamonti, Alessandro Salvini suo fratello, Privato, Woller, Coltellini, Biagi ; si unisce il '62 ad Antonio Stacchini, e il '65 ritorna ai Fiorentini di Napoli, e questa volta insieme alla Cazzola ; e prende parte a Firenze alle feste dantesche, recitando al Pagliano alcuni canti del poema divino, al Niccolini per la prima volta la parte di Lanciotto nella Francesca di Pellico.
CAPO III. […] È improbabile che il giovane Cartaginese senza credito avesse bisogno di raccomandarsi a più d’uno prima di venire a capo del suo intento? […] Laonde l’Imperadore Adriano, contro la disposizione della legge decemvirale, trattandosi della legittimazione di un fanciullo nato da una donna d’incorrotto costume, e di non dubbia onestà undici mesi dopo la morte del marito, decretò che il parto si tenesse per legittimo, ascoltati prima melti filosofi; della qual cosa vedasi il III libro al capo 6 delle Notti Attiche. […] Metastasio non ha lasciato di notar ciò nel capo V del suo Estratto della Poetica. […] I suoi capegli poi erano stesi E lunghi e sparsi e senza arte veruna Gettati indietro e intorno al capo involti.
CAPO PRIMO. […] Vi si narra come al sospettoso Acrisio sembra aver veduto nella finestra della torre il capo di Danae con quello di un uomo. […] Ciò detto a Polifonte che rivolto Mirava fiso la regina nostra, Con improvviso colpo il capo fiede. […] Ciò fu ancora avvertito dal Conte di Calepio nel Paragone della tragica poesia nel capo IV, art. […] Vedi ciò che ne dice il Conte Calepio nell’articolo V del capo I.
Capo VI. […] Gli ateniesi provando sommo diletto nelle di lui commedie, non contenti di applaudirlo in teatro, a piena mano gittavano fiori sul di di lui capo, e menavanlo per la città tra festive acclamazioni; anzi con pubblico decreto gli diedero la corona del sacro olivo, ch’era il maggior onore che far si potesse a un cittadino.
CAPO I. […] Non vedrà alcuno mai Questo mio capo alle corone avvezzo Ad inchinarsi ad altri che alla morte.
CAPO VII. […] Il Filosofo maritato presso il medesimo critico passa per un capo d’opera: ma per meritare il nome di filosofo il quale ha vergogna che si sappia ch’egli sia maritato, non si doveano meglio far contrastare i suoi lumi colla forza del pregiudizio, e dal non saperlo vincere trarne un ridicolo più vivace?
CAPO VII. […] L’Ateniese Lisistrata moglie di uno de’ primi magistrati si fa capo delle donne Greche, e ordisce una congiura per ridurre gli Ateniesi a pacificarsi cogli Spartani. […] Prassagora stessa che se ne fa capo e sembra la meno sciocca, aringa stranamente valendosi de’ più ridicoli argomenti nel dimostrare che per migliorar la città debba concedersene alle donne il dominio. […] Strepsiade domanda in qual modo possa venirne a capo. […] Finalmente conoscendo questi che per lo capo del vecchio altro non si aggira che il non rendere le usure, il persuade a raccorsi in se stesso e a meditare per rinvenire qualche espediente.
Battista Andreini, capo dei Fedeli, scriveva di Torino il dì 14 agosto 1609 al Duca di Mantova (V.
CAPO III.
CAPO X ed ultimo.
CAPO V.
Ma il padre, saputa la cosa, per poco non maledì il figliuolo, che vinto dall’autorità paterna, piegò il capo, con promessa di riprender gli studj.
CAPO II. […] Ciò detto a Polifonte che rivolto Mirava fisso la regina nostra, Con improvviso colpo il capo fiede. […] Ciò fu ancora avvertito dal conte di Calepio nel Paragone della tragica Poesia nel capo IV; art. […] Vedi ciò che ne dice il conte di Calepio nell’articolo V del capo I.
CAPO II. […] XVII, capo ultimo. […] Vedasi ciò che ne dice il più volte citato Dousa nel III libro capo. 4 del Centurionato. […] Vedi il capo V dell’Estratto della Poetica.
CAPO III. […] è improbabile che il giovane Cartaginese senza credito avesse bisogno di raccomandarsi a più di uno prima di venire a capo del suo intento? […] Laonde l’Imperadore Adriano, contro la disposizione della legge decemvirale, trattandosi della legittimazione di un fanciullo nato da una donna d’ incorrotto costume e di non dubbia onestà undici mesi dopo la morte del marito, decretò che il parto si tenesse per legittimo, ascoltati prima molti filosofi; della qual cosa vedasi il III libro al capo sesto delle Notti Attiche. […] I suoi capegli poi erano stesi E lunghi e sparsi e senza arte veruna Gettati indietro e intorno al capo avvolti.
CAPO III. […] Nella sola orazione di Antonio nel Giulio Cesare, in quella orazione che Martino Sherlock stima il capo d’opera dell’eloquenza da preferirsi alle orazioni tutte di Omero, di Virgilio, di Demostene, di Cicerone , in quell’orazione che in ogni parola abbraccia mille bellezze ignote ai profani: si osservano espressioni ricercate frivole e contrarie alla semplicità della bella natura.
Capo II.
Capo IX.
CAPO VIII ultimo.
Si recò a quindici anni a Verona, per impararvi il mestiere di sartore ; ma innamoratosi del teatro, entrò in una piccola compagnia, in cui dalle ultime parti potè salir ben presto a quelle di prima importanza, quali di padre e di tiranno ; e con tal successo, che in capo a pochi anni lo vediam già nello stesso ruolo in Compagnia del vecchio Zanerini, di cui potè seguire, senza servilità, la vecchia scuola, e di Maddalena Battaglia (1795-96), destando a Venezia, al San Gio.
CAPO VI. […] L’atto IV, in cui comparisce l’Ombra di Dario, è veramente un capo d’opera, con tanto senno vi contrasta coll’ambizione di Serse il governo di Dario divenuto pacifico, la prudenza del vecchio colla vanità del giovane regnante; e con tale delicatezza mettonsi in bocca di sì gran nemico le lodi della Grecia. […] Tutta la stupidità o il capriccio di certi pregiudicati incurabili moderni appena basta per ingannar se stessi sul merito di questo capo d’opera, e per supporre la tragedia ancora avvolta nelle fasce infantili nel tempo che si producevano simili componimenti che nulla hanno di mediocre (Nota X). […] Egli è un altro capo d’opera dell’antichità Filottete le cui saette fatali conducono in Lenno Ulisse e Neottolemo, perchè richiedevansi indispensabilmente alla caduta di Troja. […] Si segnalarono in tal carriera in Atene Platina, due Carcini, un altro Euripide, che secondo Suida compose dodici favole e vinse due volte, un di lui nipote dello stesso nome, ed Alceo tragico diverso dal comico, del quale favelleremo nel capo seguente.
CAPO IV. […] Allora tutti gli attrezzi di un capo di compagnia si chiudevano in un sacco, come quelli de’ pupi, e si riducevano a quattro pellicce bianche guernite di cartone dorato, quattro barbe e capigliature posticce e quattro bastoni da contadini. […] Potrebbero gli atti sacramentali metter capo nelle mascherate e rappresentazioni e farse introdotte nelle Chiese Spagnuole, come altrove, dalle quali vennero indi escluse da’ concilj e dagli sforzi de’ pontefici.
Capo III.
CAPO XVII ultimo.
La maschera del Dottore come quella del Capitano, mutava il paese e il nome senza mutarne l’essenza : e mentre quella del Capitano anche poteva mutar foggia di vestire ad libitum degli attori, la maschera del Dottore, sotto qualsiasi nome fosse rappresentata, manteneva invariato il suo costume professorale, togato, nero da capo a piedi, con modificazione lievissima dall’antico al moderno.
) se davvero figurasse in quella Compagnia più tosto questo che quel comico, e se davvero ne fosse capo lo Scala, non essendovi di ciò prove di sorta.
E’ vero, che gli Spagnuoli si hanno fatto lecito d’introdurre queste medesime cose nella Commedia, che eccessivamente adopera apparizioni, stregherie, demonj, trasformazioni, machine, in modo che tante non se ne trovano, non che in Bojardo, e Ariosto, in tutti gli Amadis, i Meschini, i Tristani, i Fioravanti, e simili ciance cavalleresche, che stravolsero il capo a Don Chisciotte. […] “Il Dramma Musicale (asserisce) è un lavoro bizzarro di Poesia e di Musica, dove il Poeta e il Musico scambievolmente l’uno schiavo dell’altro si logorano il capo per fare una cattiva Opera”.
Capo IV. […] Quanto allo stile, l’Ariosto abbonda di sali é motteggi graziosi senza buffoneria da piazza: é naturale senza lasciar di esser elegante: é poetico quanto basta per allontanarsi dalla prosa naturale, senza degenerare in lirico o in altro genere di poesia elevata e sonora, Vedasene un saggio nel seguente squarcio del prologo della Cassaria, dove dipinge i vecchi che vogliono parer giovani: ………………………… Per nascondere L’età, dal mento e dal capo si svellono Li peli bianchi: alcuni se li tingono, Chi li fa neri e chi biondi, ma vari e divisati in due o tre di ritornano.
CAPO IV. […] Allora tutti gli attrezzi di un capo di compagnia si chiudevano in un sacco, come quelli de’ pupi, e si riducevano a quattro pellicce bianche guarnite di cartone dorato, quattro barbe e capigliature posticce, e quattro bastoni da contadini. […] Potrebbero gli Atti Sacramentali metter capo nelle mascherate e rappresentazioni e farse introdotte nelle chiese spagnuole, come altrove, dalle quali vennero indi escluse da’ Concilii e dagli sforzi de’ pontefici.
Onorevole menzione deile tragedie di Saverio Pansuti fe l’immortale Alessio Simmaco Mazzocchi nel capo I del dottissimo commentario dell’ Anfiteatro Campano. […] « Io porterommi al tempio (ella dice nell’ atto III) mi scoprirò al tiranno ; gli trarrò dal capo la corona ; farò provargli tutta l’ira mia ». […] Capo II Certame Drammatico in Parma : Continuazione delle Tragedie. […] Capo III Co. […] Certo è però che dopo l’ultima favola coronata nel concorso del 1778, recitata poi nel 1781, quel Principe si dichiarò successore del defunto conte San-Vitale e capo della diputazione egli stesso, e non si tralasciò di riceversi i componimenti che si trasmisero al concorso.
CAPO IV.
CAPO I Teatro Alemanno.
CAPO II.
Come entrano questi dentro a una città, subito col tamburo si fa sapere che i Signori Comici tali sono arrivati, andando la Signora vestita da uomo con la spada in mano a fare la rassegna, e s’invita il popolo a una comedia, o tragedia, o pastorale in palazzo, o all’osteria del Pellegrino, ove la plebe desiosa di cose nuove, e curiosa per sua natura subito s’affretta occupare la stanza, e si passa per mezzo di gazzette dentro alla sala preparata ; e qui si trova un palco posticcio : una Scena dipinta col carbone senza un giudizio al mondo ; s’ode un concerto antecedente d’Asini, e Galauroni (garavloni) ; si sente un prologo da Cerretano, un tono goffo, come quello di fra Stoppino ; atti rincrescevoli come il mal’anno ; intermedij da mille forche ; un Magnifico (pag. 180) che non vale un bezzo ; un zanni, che pare un’oca ; un Gratiano, che caca le parole, una ruffiana insulsa e scioccherella ; un innamorato che stroppia le braccia a tutti quando favella ; uno spagnolo, che non sa proferire se non mi vida, e mi corazon ; un Pedante che scarta nelle parole toscane a ogni tratto ; un Burattino (pagg. 181, 183), che non sa far altro gesto, che quello del berettino, che si mette in capo ; una Signora sopra tutto orca nel dire, morta nel favellare, addormentata nel gestire, ch’ha perpetua inimicizia con le grazie, e tiene con la bellezza diferenza capitale.
Capo VII Teatro Latino. […] in Rudia nel Capo d’Otranto68e morì in età d’anni settanta, essendo consoli Cepione e Filippo. […] Quelli partiti produssero sanguinose fazioni nella dominatrice del mondo; e Nerone che se ne compiaceva, assisteva nel teatro di nascosto per goderne, e come vedeva attaccata la mischia, soleva anch’egli gittar pietre contro a quelli del partito contrario, e una volta ruppe il capo a un pretore; e in qual’altra guerra avrebbe fatte le sue prove quest’imperador istrione?
Capo IV Teatro Italiano nel Secolo XVIII Que’ pochi eruditi che con sommo cordoglio e indignazione verso la fine del passato secolo vedevano la depravazione dell’eloquenza poetica e oratoria nel seno della madre delle arti, ebbero finalmente la buona ventura di far tanti proseliti e allievi del vero gusto, che nel 1690 poterono instituire in Roma un’accademia sotto il semplice nome d’Arcadia, e seminarne di mano in mano per l’altre città d’Italia varie colonie. […] Tentò nobilmente in Venezia la riforma del teatro istrionico, e quasi ne venne a capo, il non poche volte buon dipintor della natura Carlo Goldoni.
Come se avessero in qualche scrittura fatta per mano di notaio rinunziato solennemente al buon senso, così gli vedrete sovvertire e capo volgere ogni parte del melodramma. […] Dove all’aria stessa cioè alla stessa passione che conserva la tinta e il colore medesimo si dà tutte le volte che si torna da capo un tuono affatto diverso cambiando il tempo, il movimento e il ritmo, quantunque il cambiamento non abbia punto che fare col basso e coi violini? […] [55] Che se a questa classe voglionsi aggiugnerc gli ippocriti di sentimento, quelli cioè che affettano di provar diletto nella musica per ciò solo che stimano esser proprio d’uomo, di gusto il provarlo: se noveriamo anche i molti che, invasati dallo spirito di partito, commendano non ciò che credono esser buono, ma quello soltanto che ha ottenuta la lor protezione; se vorremo separare i non pochi che essendo idolatri di un solo gusto e di un solo stile circoscrivono l’idea del genio nella esecuzione di quello, e rassomigliano a quel capo dei selvaggi, il quale stimando esser le sue campagne il confine del mondo, e se stesso l’unico sovrano dell’universo, esce ogni mattina dalla sua capanna per additar al sole la carriera che dee percorrere in quel giorno; si vedrà che alla fine dei conti quel gran pubblico signorile e rispettabile si risolve in un numero assai limitato di uditori che capaci siano di giudicare direttamente.
Giovambatista Altoviti, che il Verzone pubblica per la prima volta (Firenze, Sansoni, 1882) e di cui riproduco il principio, ci dice chiaro essere stato il Cantinella il capo della Compagnia, se ben per arte inferiore allo Zanni….
Io non so più dove m’abbia il capo. […] [NdA] Bellissima è su questo proposito la distinzione fatta da Aristotile nel capo decimo della Poetica: «Non è lo stesso il nascere l’una da un’altra, o l’una dopo l’altra cosa», precetto egualmente applicabile alla succession delle scene che all’ordine degli avvenimenti.
Ora ascolti il terrore umiliante di un’ambiziosa regina, la quale in faccia allo stesso santuario ch’essa meditava di profanare, sente aggravarsi sul suo capo la mano vendicatrice dell’onnipotente, a’ cui cenni la morte e la natura non che i turbini e le tempeste s’affrettano ad ubbidire; ora ti si appresenta uno spettacolo degno dei numi, cioè il dolore sublime d’un eroe che si vede accusato dal proprio padre in presenza del re, in vista di tutta la corte, e sugli occhi dell’oggetto che adora, di un delitto, del quale il solo reo è lo stesso accusatore. […] In quanto alla spezie di canto compreso in due o più strofi liriche, le quali chiudono un sentimento preciso su cui si forma poscia il motivo musicale, e che dee con ragione chiamarsi il capo d’opera del teatro drammatico, si può assicurare ch’egli appena lo conoscesse; circostanza che renderà a poco a poco pressoché inutili i suoi componimenti non potendosi accomodare senza guastarli al genio della odierna musica. […] Tutto ciò non so quanto sembrerebbe conforme ai costumi nazionali in Pecchino; quanto a me credo, che chiunque abbia fior di senno riporrà queste esimili licenze accanto al quadro di quel pittore, il quale dipignendo Gesù Cristo che predicava al popolo, lo fece accompagnar da paggi vestiti alla spagnuola, o insiem con quei versi del portoghese Camoens, dove Venere e Bacco vengono in soccorso di un re del Capo di Comorino travagliato dalle armi di Vasco di Gama.
CAPO II. […] Il citato Gellio nel libro XVII, capo ultimo. […] V. il capo V dell’Estratto della Poetica.
CAPO VII [IV].
CAPO II.
CAPO II.
E, non si potendo tali relazioni logiche facilmente ed abbastanza conoscere dal comune de’ leggitori, si posero in uso i punti e le virgole; e così, procedendo dal meno al più, si passò dalla virgola al punto-virgola, a’ due-punti, al punto e al paragrafo ricominciando da capo, ecc. […] Così per iscuotere gli uditori estendiamo orizzontalmente la mano con le dita, battiamo la destra sulla sinistra, leviamo l’indice piegando le altre dita, o inalzando il capo, affissando il guardo ed inarcando le ciglia ecc. […] Così per rispetto, alcuni si ricoprivano il capo e stavano ritti, e noi teniamo scoperto il capo, e più o meno ci pieghiamo. E l’abbracciaro ove il maggior si abbraccia, Col capo nudo, e col ginocchio chino. [3.17] E gli Ottaiti, non che il capo, si denudano tutto il corpo ecc.
Disingannatevi leggendo la sua Commedia Il Teatro Comico, ove si ride degli antichi pregiudizj Istrionici, e mette in bocca del Capo di Compagnia tutte le regole conosciute tanto per comporre, quanto per rappresentare.
Capo III.
CAPO V.
Veggo che il capo della divisione è Gravina e nel poetico ha fra gli altri l’abate Rolli di cui ho lette cose buone. […] [2.68ED] Il vostro Rivani, il Manzini ed ultimamente i due famosi Bibieni hanno perfezionata quest’arte, cangiando da un capo all’altro l’aspetto de’ loro teatri in un battere di palpebra, con bellissime scene introdotte a forza di ordigni mobili sotto e sovra del palco novellamente inventati; del che diasi ancora la dovuta lode a un fanese cognominato Da Rossi, che ha congegnato un teatro in Ancona da capo a fondo versatile in un istante, con una macchina assai agevole e movibile da poco numero d’uomini, e tu vedresti ad un solo fischio e bande e soffitta cangiarsi così che il guardo non può raggiungere la volubile rapidità della scena, e si scorge il tutto mutato prima che lo spettatore s’accorga dell’intenzion di mutare. […] [4.32ED] Io già prefisso mi era che avrebbero riso di mia presunzione in voler vender loro per nuovo verso un accozzamento materiale di due versi eptasillabi; e però, quasi prevedendo le loro obbiezioni, m’ingegnai con qualche similitudine di ficcare loro in capo come anche una tale combinazione dava non so quale apparenza di maggior gravità e d’onorevolezza al mio verso; e perché so quanto vaglia appresso di noi il seguir più tosto l’esempi altrui che il farsi esemplare, se non per altro almen per sottrarmi all’invidia, nel prefazio della tragedia intitolata l’Alceste confessai di averne derivata la moda da certo Ciullo del Camo, che fu uno de’ nostri antichi poeti, appunto celebre per esser fra’ primi di età se non di valore. […] [5.184ED] Mettiti ancora in capo che nelle arie, quanto più le proposizioni son generali, tanto più piacciono al popolo, perché trovandole o verisimili o vere, se ne fa un capitale per valersene onestamente con la sua donna, cantandoli nelle occasioni che di giorno in giorno avvengono agli amanti di gelosie, di sdegni, di promesse reciproche, di lontananza e simili: e ciò è pure per riuscirti assai comodo, mentre più agevolmente il poeta sul generale riportasi, e potrà passeggiando talvolta riempirne la sua poetica guardaroba per poi mobigliarne i recitativi de’ melodrammi. [5.185ED] Ma nelle arie di azioni guàrdati pure da’ generali e commettiti a’ soli particolari, perché, se l’azione non si vuol fredda, si ricerca che le parole l’animino di tal guisa che siano uno spirito adattatissimo a quella e non ad altra azione. […] — [5.215ED] — Volesse il cielo — io seguiva — che si chiudessero; imperciocché non arrossirei tanto vedendo come la bella Italia, mia patria, così folleggi che si abbandoni al piacere dell’ascoltar l’opere in musica; né mi vergognerei tanto di me medesimo che bramo dal capo al piè dell’anno ascoltarne. [5.216ED] Tanto egli è vero che il gusto di noi Italiani e di ciascun’altra nazione che giura nell’opinion della nostra sia depravato e corrotto.
Dico che furono i primi, poiché sebbene trovinsi fra i Greci surriferiti alcuni gesti esprimenti un qualche fatto, ciò nonostante l’idea d’una intiera commedia o tragedia rappresentata da capo a fine senza il soccorso delle parole e col solo aiuto dell’azione non fu conosciuto per la prima volta fuorché in Roma sotto il comando di Augusto. […] La prima fu una moresca di Jason, il quale comparse nella scena da un capo ballando, armato all’antica, bello, con la spada ed una targa bellissima; dall’altro furon visti in un tratto due tori tanto simili al vero che alcuni pensorono che fosser veri, che gittavan fuoco dalla bocca ecc.
[22] Negli anni seguenti si rappresentò in Firenze parimenti un altro dramma del medesimo Rinuccini intitolato l’Arianna modulato da Claudio Monteverde maestro in seguito della Repubblica di Venezia; anzi il soliloquio ove Arianna si lamenta dell’abbandono di Giasone, passò lungo tempo fra i musici per capo d’opera dell’arte in quel genere, e si rammentava da loro non altrimenti che si rammenti in oggi la Serva Padrona posta in musica dal Pergolesi, o il monologo della Didone del Metastasio modulato dal Vinci.
Capo VI Teatro inglese, alemano, e spagnuolo del medesimo nostro secolo.
Capo della Compagnia era allora Giuseppe Bianchi, il Capitano Spezzaferro, e n’erano artisti : Fiorilli – Scaramuccia, Locatelli – Trivellino, Brigida Bianchi – Aurelia, Marco Romagnesi – Orazio.
CAPO II. […] Una commedia siffatta piena di evenimenti straordinarj e di pericoli grandi eccede i limiti della vera poesia comica, e per questo capo è assai difettosa.
L’eletto si metteva indosso le insegne proprie del personaggio cui rappresentava, e si vedeva il venerabile corifeo benedire pubblicamente il popolo ora colla mitra in capo e la croce davanti, ora colla tiara.
Capo V Teatro Francese nel medesimo Secolo XVIII.
CAPO IV.
Nullameno considerando, che il duetto lavorato a dovere è il capo d’opera della musica imitativa, e che produce sul teatro un effetto grandissimo: riflettendo, che l’agitazion d’animo veemente, che ne’ personaggi si suppone, basta a rendere se non certa almeno possibile la simultanea confusione di parole, e d’accenti in qualche momento d’interesse, la quale possibilità basta a giustificar il poeta nella sua imitazione: ripensando, che lo sbandir dal dramma siffatti pezzi sia lo stesso, che chiuder una sorgente feconda di diletto alle anime gentili; il critico illuminato sarà costretto a commendarne l’uso non che a permetterlo, avvisandosi, che nelle belle arti l’astratta ragione debbe sottoporsi al gusto come questo si sottopone all’entusiasmo, e al vero genio.
CAPO IV.
CAPO III.
CAPO IX.
Il sonetto, la canzon petrarchesca, la pindarica, l’anacreontica, l’elegia, la satira, l’ode, l’epigramma, l’idilio, l’egloga, la sestina, gli sciolti, le terze rime, l’ottava rima, la pastorale, la commedia, la tragedia, e soprattutto il poema epico, capo d’opera dell’umano ingegno, vengono trattati da noi come generi puramente poetici che mai non debbono accoppiarsi alla musica.
Una commedia siffatta piena di evenimenti straordinarii e di pericoli grandi eccede i limiti della poesia comica naturale, e per questo capo è assai difettosa.