Io ho veduto soltanto il Romolo, opera scenica di Pietro Cotta detto Celio accademico Costante, che è dedicato all’abate Vincenzo Grimani.
Da un quadro storico sulle Sette, tratto dalla Inquisizione istituita negli Stati Estensi, risulta che Romualdo Mascherpa fu aggregato alla massoneria nel 1818, per opera dell’ ex-officiale Carlo Zucchi e del capitano Sirelli.
Comunque sia, il Meneghino personaggio comico, ed esclusivamente milanese, apparve la prima volta su le scene in compagnia di Donna Quinzia, Beltramina e Taresca, per opera di Carlo Maria Maggi, al cader del secolo xviii.
Non poche tra queste per opera de’ bravi macchinisti, che allora fiorivano, e principalmente di Giacomo Torelli, del Cavalier Pippo Aiacciuoli, del Colonna, del Metelli, del Periccioli, del Mingaccino, e del Sabbattini riuscirono vaghissime ed ingegnosissime. […] Frattanto in uno scoglio, che inalzavasi non molto lontano, si rappresentò la favola d’Arione gittato in mare e salvato dal delfino, opera di Giovanni Capponi, bolognese. […] Esce in seguito un sensale, per la cui opera il mercante vorrebbe disfarsi della sua coscienza come di merce scomoda per sé e affatto inutile, ma il sensale si scansa adducendo per motivo che: «Questa roba non ha spaccio: Oggi più non se ne tratta, All’usanza non è fatta, A chi l’ha serve d’impaccio.» […] Anche il celebre gesuita Atanasio Kirchero mandò l’anno 1650 in luce la sua Musurgia, opera ove s’imprende a trattare tutta, quanta è, l’armonica facoltà, ma che incontrò la disapprovazione degli scienziati pei molti abbagli presi dall’autore, e per l’infedeltà nel tradurre i musici greci.
Il Filosofo maritato presso il medesimo critico passa per un capo d’opera: ma per meritare il nome di filosofo il quale ha vergogna che si sappia ch’egli sia maritato, non si doveano meglio far contrastare i suoi lumi colla forza del pregiudizio, e dal non saperlo vincere trarne un ridicolo più vivace? […] La Bacchettona, ovvero la Custoditrice della Cassetta tratta da una favola inglese è parimente scritta in versi di dieci sillabe, e vi si vede ben dipinta una falsa virtuosa contrapposta ad una sua cugina amante de’ piaceri ma ingenua e di buon cuore ed anche ad un uomo candido, il quale giudica bene della prima e male della seconda, ed al fine a stento si disinganna per opera di una fanciulla che si occulta sotto spoglie virili. […] Nella commedia italiana cui si trova aggregata l’opera buffa che si cantava nella fiera, sogliono anche rappresentarsi opere italiane de’ nostri più celebri maestri, e pastorali, opere-comiche, commedie-balletti, e parodie in francese, recitate senza canto fuorchè nelle arie, e ne’ cori, finali, e duetti. […] La traduzione di un’ opera infelice fuori del paese nativo altro non pruova se non l’analogia di meschinità trall’autore e ’l traduttore.
Cominciando dagli ebrei, l’opera letteraria più antica sono i due cantici del gran legislatore Mosé.
Ciò che accennai son già molti anni al l’editor Veneto di questa mia opera che imprese a reimprimere, ripeto ora in parte a voi che ne intraprendete l’ultima mia edizione.
Nel l’opera citata lib. 13, cap. 17.
I della sua opera su di ogni Letteratura pone Anassandride tra’ poeti tragici Agatocle, Aristarco, Tegeate, e Carcino, la qual cosa non parmi che altri dica.
Soltanto soggiunge : Ella mi concederebbe la libertà di tre recite per settimana escludendo in esse la recitazione di Drammi o Tragedie locchè verrebbe unicamente assegnato al di lei diritto e nel caso di malattie approffitterei della opera sua per tutte cinque recite ; otterebbe da ciò, sicurezza di salute, bramosia nel pubblico ed effetto sicurissimo…… …. baciandole rispettosamente le mani, mi dico suo obb. […] Mia cara Amalia, soccorri all’amica, acconsenti a tutto ed io ti adorerò come una santa, ed infatti tu saresti una santa per me e quest’ opera ti frutterà mille benedizioni ed ogni felicità. – È inutile che io spinga il tuo cuore con maggiori parole, sono persuasa che tu farai ogni sforzo per rendere la felicità ad una amica la di cui vita, dirò così, dipende da un tuo assenso…. […] Dal primo suo apparire sulla scena, sino alla fine, fu il vero, il reale personaggio con tanto amore, con tanta forza descritto dal Pellico ; anzi si può dire, che lo stesso autore avrebbe provato una nuova compiacenza per la sua creazione ove l’avesse veduta rivivere per opera della egregia attrice.
Egli stesso vi si avvicina (e ciò dinota di aver egli mutato luogo senza lasciare di esser presente agli spettatori), e vede alzata una gran torre di bronzo opera istantanea di Vulcano, in cui è rinchiusa Danae con la sua Nutrice. […] Gioisce Acrisio per l’opera stupenda in un momento costruita dal suo nume Vulcano, e si accinge a sacrificargli un’ ecatombe, e fa apprestare un lauto banchetto e dell’oro, per rimunerare i ciclopi che ne sono stati i fabbri. […] Si rappresentò nel 1585 con sontuosissimo apparato nel famoso Teatro Olimpico di Vicenza opera del prelodato Palladio, che per la morte di questo insigne architetto seguita nel 1586 si terminò dallo Scamozzi. […] Risparmiar tante ciarle sarebbe stato pregio dell’ opera. […] Il nome di Giammaria Cecchi fa che rammentiamo ancora l’Esaltazione della Croce di lui opera rappresentativa recitata nelle nozze de’ GranDuchi di Toscana e stampata presso il Martelli nel 1592.
L’opera sua sulle pitture nostre componeva, di città in città, su luogo, allorquando vi si recava a recitar colla compagnia.
Il Cantù promise un’altra opera che avrebbe avuto per titolo : Ritorno di Francia in Italia, di Buffetto Comico in canzonette ridicolose ; e che non vide mai la luce.
Da alcune notiziole inedite, ricche d’interesse, richiamate alla memoria dell’ottimo amico artista Luigi Aliprandi per l’opera mia, trascrivo quelle che concernono il Fabbrichesi, e preludono alla formazione della nuova impresa Prepiani, Tessari e Visetti, colla quale stette l’Aliprandi dal ’38 al ’51.
mo di Cell, « ch'è un Principe così grande – dice il Sacco nella prefazione – così giusto, e così pio, e ci grazia non solo dell’alta sua protettione, ma ci comparte una mercede così copiosa, che può far la fortuna, anche a chi pretende distintione assai superiore a quella di Comico », è forse la più importante opera del Sacco, sì per la varietà imaginosa delle scene, sì per la comicità ond’è piena, e anche per lo stile men reboante del solito.
Ne'Contratti rotti, negl’Influssi di Saturno, nella Vedova Indiana, ed in altre commedie dell’arte, dove egli abbia un assoluto maneggio vedesi pure il Zannoni porre in opera tutto il suo ingegno, ed infaticabilmente adoprarsi con lode nell’esecuzione dello studiato suo personaggio…. ecc.
Il Filosofo maritato presso il medesimo critico passa per un capo d’opera; ma per meritare il nome di filosofo che ha vergogna di far sapere che sia maritato, non si doveano far contrastare un poco meglio i lumi suoi colla forza del pregiudizio, e dal non saperlo vincere trarne un ridicolo più vivace? […] Si vede in essa dipinta una falsa virtuosa contrapposta ad una sua cugina amante de’ piaceri, ma ingenua e di buon cuore, come anche ad un uomo candido, il quale giudica bene della prima, e male della seconda per prevenzione fondata sulle apparenze, che però al fine si disinganna a stento per opera di una fanciulla che si occulta sotto spoglie virili. […] Del resto senza pregiudizio di qualche merito del Marivaux, nulla prova, una traduzione di un’ opera infelice fuori del paese nativo, se non che l’analogia di meschinità tra l’autore, ed il traduttore. Possiamo chiamare il capo d’opera di questo autore la commedia les Fausses Confidences, che ha un piano romanzesco, ma un colorito pieno d’arte. […] Per conchiudere ciò che alla commedia italiana si appartiene, uopo è accennare che ad essa verso la fine del passato secolo si trovò aggregata l’opera buffa che si cantava nella Fiera; e che sogliono rappresentarvisi opere italiane de’ nostri più celebri maestri, e pastorali, e commedie, balletti, e parodie francesi, recitate senza canto fuorchè nelle arie, e ne’ cori e finali e duetti.
Egli é vero che possiam gloriarci di un Metastasio, nel quale abbiamo, non che un Racine e un Corneille, ma un Euripide: i di lui trionfi però non sono stati seguiti da altri, e l’opera, che tanto si appressa alla greca tragedia, par che declini. […] Di cambiar con pravo consiglio il sistema dell’opera italiana per quello della francese, mentre che i francesi alquanto spregiudicati si studiano d’imitar la nostra; di maniera che noi siamo in procinto di cader nelle miracolose stravaganze del teatro lirico francese, ed essi in caso di cagionare in questo una crisi favorevole, e convertir l’opera loro in tragedia confinata all’imitazione della natura, com’é la nostra.
Avvenne in somma al Pastor fido quel che nel secolo seguente seguì in Francia pel Cid di Pietro Cornelio; l’opera sopravvisse ad ogni censura. […] Ma chi riconoscerebbe un’ opera musicale in un componimento senza cori, in cui oltre ad una canzonetta, si cantarono cinque madrigaletti per trattenimento negl’ intervalli degli atti? […] Gli si perdonino i suoi difetti, per non guastar sì bell’ opera ponendovi mano.
Cornelio perseguitato e premiato per le critiche e per le largizioni diede opera con ogni sforzo ad elevarsi sempre più su i drammatici di quel tempo. […] Palissot ebbe ragione di così dire: “Per mezzo degli stessi capi d’opera di Cornelio abbiamo noi imparato a conoscere l’ esagerata mediocrità degli ultimi suoi drammi; e pure i più deboli di essi potrebbero passar per eccellenti oggi che ci troviamo sì bisognosi”. […] il tomo III della di lui opera sopra ogni letteratura.
E mentre nel suo pensiero era tutto preparato, riesciva a far credere allo spettatore esser tutto opera del caso : tanto in lui l’arte imitava la natura.
Noi recitiamo al Teatro Valle dove ci conviene alternare nella stessa sera le nostre recite con l’opera in musica ; uso barbaro che sente moltissimo della tarda civilizzazione, che apertamente si scorge negli atuali costumi Romani.
E l’opera del Cecchini ha la data del ’28.
Emilio Zago, che ha in sè tutta la spigliatezza arguta, tutta la bonarietà del suo popolo veneziano, è forse il più atto a sentire e a riprodurre l’opera di Carlo Goldoni fatta dallo stesso vero ; e al teatro di Goldoni infatti egli volge oggi ogni pensiero, ogni studio, ogni aspirazione.
Come direttore intelligente, valendosi del l’opera del l’architetto Agatarco, fece innalzare in Atene un teatro magnifico e assai più acconcio a rappresentare con decenza e sicurezza; là dove Pratina, e altri tragici del suo tempo montavano su tàvolati non solo sforniti di quanto può contribuire al l’illusione, ma così mal costrutti e mal fermi che sovente cedevano al peso e cadevano con pericolo degli attori e degli spettatori meno lontani. […] L’atto quarto, in cui comparisce l’Ombra di Dario, è un capo d’opera con tanto senno contrastandovi coll’ambizione di Serse il governo di Dario ch’era divenuto pacifio, la prudenza del vecchio colla vanità del giovane regnante, e con tale delicatezza mettendovisi in bocca di sì gran nemico le lodi della Grecia.
Si veda l’opera del p.
Cominciando dagli Ebrei l’ opera letteraria più antica sono i due Cantici del loro legislatore Mosè.
Fu per opera del Bellotti che cominciarono a scendere in Italia que’ tipi matti e sconclusionati, aventi a guida certi Esiliati in Siberia, tra’quali il pubblico avrebbe voluto vederne l’autore.
[NdA] Siccome la verità è preferibile all’amicizia, e le ragioni pubbliche debbono anteporsi alle private, così la sincera affezione che porto al Signor Abbate Andres, e la giusta stima che ho de’ suoi talenti, non mi dispensano dai rispondere a quanto si è compiaciuto di scrivere intorno a me alla pagina 48 del secondo Tomo della citata opera. […] «La fretta, che l’autore si è preso d’aggiugnere alla sua opera già cominciata a stamparsi una gentile impugnazione di questa mia proposizione non gli ha lasciato tempo di leggere attentamente le ragioni di probabilità da me addotte, e di ben esaminare questa materia.» […] Quanto ho detto nel terzo e quarto capitolo di questo Tomo circa l’origine della musica sacra e profana in Italia, l’esame fatto delle ragioni del Signor Abbate, e le repliche alle sue censure metteranno il pubblico in istato di giudicare s’io mi sia inoltrato, o no, nella materia, quanto esigeva, e forse più di quello che esigeva l’indole della mia opera. […] Il Signor Abbate è pregato a indicarmi i passi della mia opera, e a citarmi le pagine, dov’io mostro chiaramente non aver osservata cotal differenza. […] Nel 2do Tomo d’una sua opera recenre alla pagina 307 mi rimprovera per aver io spacciato che Federico Secondo Imperatore apprendesse dal Conte di Provenza l’amore verso la poesia, e la protezione de’ poeti.
Il teatro lirico é stato coltivato da La-Mothe, Danchet, Menesson, La Roque, Pellegrin; e poi da Fuselier, Cahusac, Roy, e Bernard, de’ quali due ultimi molto pregiasi dagli odierni francesi l’opera di Calliroe, e di Castore e Polluce. […] Un altro dramma musicale di Gian-Giacomo Rousseau merita che sia commemorato qui, ed é la di lui graziosa pastorale, intitolata Le Devin de Village, opera assai pregiata per la sua delicatezza e semplicità tanto nelle parole, quanto nella musica composta dall’autore stesso245. Per l’opera comica hanno lavorato Le-Sage, morto nel 1747, Pannard morto nel 1760, Fuselier, Collé, Piron, Orneval, Carolet, etc. fino al 1745, quando tale spettacolo fu proibito ne’ teatri delle fiere. Concesso poi questo al teatro italiano di Parigi, vi si é sopra tutti segnalato Carlo Simone Favart, particolarmente colla sua Chercheuse d’esprit che viene riputata la più ingegnosa e perfetta opera comica che si abbia la Francia.
» E dopo avere esaminata e magnificata l’opera, trascrivendone un brano, riportato poi a sua volta dal Bartoli stesso nelle sue Notizie de’ Comici italiani, conclude : « noi non possiamo se non consigliar questo giovane autore a proseguire la carriera dello scrivere, in cui può avanzarsi cotanto per avventura, quanto non ha fra Comici italiani e difficilmente può avere chi lo superi nel sostenere le Parti più ardue ed interessanti, e nel produrre quell’ illusione impegnante ch’è la sola prova della perfezione. » Ecco l’elenco su citato : SIGNORE SIGNORI Anna Andolf ati Pietro Andolfati Gaetana Andolfati Luigi Delbono Antonia Andolfati Giovanni Delbono Maddalena Nencini Gaetano Michelangeli Rosa Foggi, da Serva Giovanni Ceccherini Lorenzo Pani Giulio Baroni Filippo Nencini, caratterista MASCHERE Bartolommeo Andolfati, Pantalone Giorgio Frilli, Dottore Gaspare Mattaliani, Arlecchino, e subalterni A questo elenco, ne farò succedere uno del 1820, il quale mostra chiaramente il progredire che fece l’arte nel non lungo periodo di circa trent’ anni : DONNE UOMINI Andolfati Natalina Andolfatti Pietro Garofoli Giuseppa Andolfatti Giovanni Pollina Margherita Garofoli Luigi Cappelletti Laura Cavicchi Giovanni Cavicchi Carlotta Carraro, Giovanni Bonsembiante Bianca Bonuzzi, Francesco Maldotti Adelaide Bonsembiante Giovanni Maldotti Marietta Maldotti Ermenegildo Lensi Anna Cappelletti Gaetano Astolfi Marianna Astolfi Giuseppe Coccetti Antonio Maldotti Eugenio Andolfatti Luigi Nastri Leopoldo Astolfi Tommaso, suggeritore Tommaselli Luigi, macchinista La Compagnia recitava a Bologna all’Arena del Sole, di giorno, e al Teatro del Corso, di sera ; e aveva cibo conveniente ai due palati.
Pietro Cornelio perseguitato e premiato per le critiche e per le largizioni, diede opera con ogni sforzo ad elevarsi sempre più su i drammatici di quel tempo. […] Palissot ebbe ragione di così dire: « Per mezzo de’ medesimi capi d’opera del Cornelio abbiamo noi imparato a conoscere l’esagerata mediocrità degli ultimi suoi drammi; e pure i più deboli di questi potrebbero passar per eccellenti oggi che ci troviamo sì bisognosi ». […] Vedasi il tomo III della di lui opera sopra ogni letteratura.
Russi 419. pel più son commedie Francesi, e opera e musica Italiana 420. […] XV Sulpizio e Pomponio Leto insegnano a recitare i Drammi e per opera de’ Cardinali Riarj fanno rappresentare azioni teatrali in Roma 197.
La trascriveremo per non rimandare il leggitore ad un’ altra nostra opera: Urna diletta e cara, ahi!
Gli stessi capi d’opera dell’antichità si lessero pressoché in tutti i tempi e in tutti i luoghi; or perché non riprodussero sempre gli’ stessi effetti?
L’opera così nobilitata per incantare i sensi, da Venezia di mano in mano si sparse di per tutto, e si rese celebre per la magnificenza delle decorazioni, per la delicatezza delle voci, per l’armonia de’ concerti, e per le belle composizioni del Monteverde, del Soriano’, del Giovannelli, ed altri chiari maestri di musica di quel tempo.
Scrisse commedie e tragedie ed anche una specie di opera intitolata la Caduta dell’Uomo, nella quale pose in azione il Paradiso perduto.
Scrisse commedie e tragedie ed anche una specie di opera intitolata la Caduta dell’uomo nella quale pose in azione il Paradiso perduto.
Confesso che egli dovea meglio contenersi nel recinto prescritto alla commedia nel toccare le passioni tenere: che vi si scorge qualche difetto di verisimiglianza nel piano: che i colpi teatrali di tutto l’atto IV prodotti dalla vendetta meditata da madama Murer, sembrano più proprj di un’ opera musicale eroica che di una commedia.
Non posso, gentilissima Madonna, fare ch’io in quello che servirò quella Magnifica Madonna per la cui generosità sarò riscattato non dica che il padre mio doi figliuoli ebbe senza più, ed egli è il vero che la madre noi d’un medesimo parto avendo partorito passò di questa vita ; per il che dall’avo materno nostro, fummo fino alli sette anni allevati, di poi, per odio di nostri parenti a noi portato, e per fuggire le insidie loro a noi nella vita tese, fummo disgiunti : quello che di mio fratello avvenisse non potei mai risapere ; io in abito di donna fino alli diciotto anni stei rinchiuso in un monasterio di monache, ove, in cambio delle lettere, allo ago, alla rocca ed al fuso diedi opera, e prima imparai a tirar in filo il lino e la lana, di poi a comporre e tessere le tele, e di poi con l’ago di seta di varj colori trapungerle e ricamarle d’oro e d’argento, ed in quelle dipingere e colorire figure di uomini, di animali, di arbori, di paesi, di fontane, di boschi…. ed in breve, quello che faria con un pennello un dotto dipintore, io con l’ago, con la seta tinta di varj colori farò.
E. non uol saper niente, si che non si pol far un opera che sia bona, ma non solo le opere anche le comedie ; l’altra sera appunto si fece ti tre finti turchi e recito il secondo Zanni nouo che andò così bene che tutti si partirno inanzi fornita ; dicendo che se si fariano di quelle ci daranno delle Pomate. dove che ardisco suplicarla il dar ordine à qualcheduno che regoli la compag.ª pchè ò bisogno di studiare è tirarmi inanzi non di star à spasso p. i capricci d’altri ; la Sig.ª Flaminia à dato una delle sue parte che ne faceva due à mia sorella addesso pare che la Sig.ª Ippolita con la colega fatta tra di loro abbiano disgusto è la uoriano far fare alla guercina basta doppo dificultà si sono contentati ma però di nouo lo suplico il scriverli che la facciano recitare è la lettera onorarssi d’inuiarla à me però diretta alla Comp.ª non dirò più per non incomodarla, solo che se segue così non occorre uenir a Ferara p. che so che se non fosse in riguardo alla protetione di V.
Evaristo Gherardi, il famoso Arlecchino, successor di Mezzettino, a cui dobbiamo esser grati della preziosa raccolta di tutte le scene rappresentate sul teatro italiano, biasima fieramente l’opera, siccome quella che tende a calunniare un incomparabile artista, mettendo sotto gli occhi del pubblico fatti non mai accaduti.
Toltosi dal teatro, a continuar l’opera sua scelse Lorenzo Cannelli, del quale fu maestro appassionato, ma che poi dovette abbandonare per la troppa scurrilità di cui si piaceva rivestire ogni sua frase ; giacchè il Del Buono, che il Morrocchesi dice Angelo umanato, volle ritrarre il popolo fiorentino in genere, nella vivezza del linguaggio, purgato da ogni parola men che conveniente.
A questo tempo il Martinelli, che, avido com’ era, non lasciava nulla d’intentato pel mantenimento sollecito d’ogni promessa che gli veniva fatta, pubblicò un libro per ottenere dal Re e dalla Regina la promessa collana con medaglia d’oro, del quale il Baschet, alla cui opera magistrale più volte citata vo queste notizie attingendo, ha fatto un largo cenno, ma il quale per la sua curiosità e rarità, riporto qui per intero.
Un po' di tara dobbiamo fare alle lodi del Niccolini, il quale, con la debolezza di quasi tutti gli autori di teatro, ha lodi per gli artisti che han fatto piacere l’opera sua.
Nulladimeno però l’opera reca vantaggio al teatro italiano e onore all’autrice. […] Tra tante buone produzioni drammatiche lei presente secolo, l’opera ha fatto maggior romore ne’ paesi oltramontani. […] Egli é ben vero che i tedeschi studiando la musica italiana, che conobbero per la nostra opera drammatica, come attesta il re di Prussia, son pervenuti ad aver Hafs, Gluck, ed altri eccellenti musici che hanno studiato in Italia, e si son fatti emuli degl’italiani. […] Ardisco dire, che muta di tali cose mette una differenza essenziale tra l’opera eroica e la tragedia; ma non é quello il luogo di trattarne di proposito.
na Flaminio era morto in detta opera e non lo poteua inuitare et io era ciamato dalla S. […] no finita l’opera dissi caro Dottore inuitate uoi lui disse uolentieri et io me spogliai il Dottore uiendentro e non l’inuita il popolo si soleua non sentendo a inuitare, io dissi perche non l’haueua inuitato lui me rispose che non hà uoluto inuitare quella fredura ne la quale sua moglie non ui à troppo che fare, io sogionsi che lo doueua dire che non me n’ incuraua tanto più per essere di Giobia et che lo faceua per seruire la Compagnia, et si come lui e stato causa che mai ho fato quest’anno la mia scola per non agiustarse a lasar fare la prima parte com’era di douero a l’inpolita non me marauigliaua che lui auesse disgusto anco di questa Comedia de mia moglie, lui alborosato per la Comedia che bramaua el popolo ò per la mia andata da donna olimpia me disse, ch’ io era un uis de cazzo un Comediante da nulla che non me cognosceua per nulla et che non li rompesse il cullo, io sogionsi che haueua ragione di strapazarme alla presenza non solo del popolo ma di comedianti perche à più mani che me à questa parola me uene alla uolta per darme, il S.
Questo gli lo scrivo confidentemente ; lui dice che non l’ha fatta per dubio di non si amalare per una sua indispositione, intanto havendo io posto fin un opera nova per render più diligenti questi compagni a impararla, suplico V.
Qui si dice che l’opera in musicha di Firenze non si fa per insino alla rinfrescata, però questa non è nova sicura, io ne avrei grand.
C Carissimo Sig. padre Se io avessi avuta cattiva intenzione sarebbe un pezzo che l’avrei messa in opera, ma mai di mia vita ho pensato a darli un minimo disgusto. […] Lasciando da parte il teatro di prosa, ov’ egli è stato messo sotto tutti gli aspetti, citerem qui l’opera lirica Le avventure di Scaramuccia del maestro Ricci, il grazioso poema Scaramuzza in vernacolo familiar veneziano e in ottava rima di Giambatista Bada (Venezia, 1791), dettato sulle orme della Vie de Scaramouche, par le sieur Angelo Constantini (Paris, m.dc.xcv), Les Caravanes de Scaramouche di Emanuel Gonzales, con un bello studio preliminare di Paolo Lacroix (Paris, Dentu, 1831), ecc., ecc. […] Ma dove si vide come egli avesse regnato sovrano nella Comedia italiana di Parigi si è nella vasta opera di bulino dei sec.
Ho detto « esattezza storica problematica ; » e corroboro questo mio avviso colla osservazione non superficiale sulle creazioni infinite e, oserei dire, gaiamente indiavolate, del grande artista : si direbbe quasi che i tipi della Commedia italiana fossero la base di tutta l’opera sua. […] III, dell’Università di Bologna, portanti la prima il N.° 21, la seconda il N.° 55, e che qui riproduco : I CONTRASTO – di bravvra – fra il capitano – delvvio e zan badil – con due Canzoni alla Bergamasca – opera molto dilettevole, e da ridere. […] La maschera riprodotta qui dietro è la stessa, incisa dal Joulain, che il Riccoboni pubblica nella sua opera (Histoire du Théâtre Italien. […] Il soggetto trattato nella lunetta è il seguente : Il Beato Sostegno uno de’ sette fondatori al secolo chiamato Gherardino I Sostegni dal Beato Filippo lasciato suo general vicario nella Francia vien raccomandato in sieme con la religione di già sparsavisi per opera del I Beato Manetto a Filippo Re in Parigi l’anno M CC LXIX.
Certa cosa si è almeno che, rimessa la musica nel primiero suo stato, con grandissima attenzione e non meno di diletto verrebbe da noi ascoltata l’opera dal principio sino alla fine; ed ella imporrebbe agli spettatori uno imperioso silenzio.
Lo Stampatore Valenziano Giovanni Timoneda impresse nel 1567. le Commedie, e i Colloquj del Rueda: ma Timoneda era amico del Rueda, e impresse in Siviglia qualche opera nel 1511.; dunque allora fioriva Lope de Rueda.
Mancano dunque i Cinesi di arte e di gusto nel dramma che pur seppero inventare sì di buon’ ora; e con tanto agio non mai appresero a scerre dalla serie degli eventi un’ azione verisimile e grande, atta a produrre l’illusione che sola può trasportare gli ascoltatori in un mondo apparente per insegnar loro a ben condursi nel veroa L’ultima opera del riputato Guglielmo Robertson sulla Conoscenza che gli antichi ebbero del l’India, ci presenta nel l’Appendice la notizia di un altro dramma orientale scritto intoruo a cento anni prima del l’era Cristiana.
Le reliquie indicate per suo parere sono opera de’ bassi tempi, come si rileva dal lavoro troppo minuto di alquante basi di colonne colà rimaste.
Confesso che egli dovea meglio contenersi nel recinto prescritto alla commedia nel toccare le passioni tenere; che nel piano si scorge qualche difetto di verisimiglianza; che i colpi teatrali di tutto l’atto IV prodotti dalla vendetta meditata da madama Murer, sembrano più proprii di un’ opera musicale eroica, che di una commedia.
… Sinchè, gittatomi al finir della scena tra le braccia del padre, uno scroscio di applausi coronò l’opera del maestro sapiente e dello scolaro divoto.
Lo Stampiglia, lo Zeno, e più di tutti il Metastasio hanno smentita la comune opinione facendo vedere che l’opera è capevole di tutta la regolarità, e che i soggetti storici senza sminuirle vaghezza le assicurano una perpetuità che senza essi non avrebbe, cosicché non sono più i deliri dell’antica mitologia, ma la verità, ma la sensatezza quelle che costituiscono la natura del dramma. […] La prima scena del Temistocle e dell’Artaserse sono in questo genere due capi d’opera di sagacità teatrale. […] L’opera, non iscompagnandosi mai dalla musica, dal canto, dalla danza e da gran decorazione, ha per oggetto il piacere non meno che alla ragione all’orecchio e all’immaginazione. […] «Va, corri a Napoli, ascolta i capi d’opera di Leo, di Jumella, Durante, e Pergolesi. […] In quanto alla spezie di canto compreso in due o più strofi liriche, le quali chiudono un sentimento preciso su cui si forma poscia il motivo musicale, e che dee con ragione chiamarsi il capo d’opera del teatro drammatico, si può assicurare ch’egli appena lo conoscesse; circostanza che renderà a poco a poco pressoché inutili i suoi componimenti non potendosi accomodare senza guastarli al genio della odierna musica.
Il buon teologo (i falsi teologhi non pregiudicano ai veri e virtuosi che nel consigliare hanno soltanto la mira al giusto) l’esorta a risparmiarsi l’incomodo del viaggiare essendo vecchio, ed a consegnarne a lui le spese; e quanto al ritener le altrui ricchezze depositate, conchiude che si potrà commutare in qualche opera pia, non essendovi obbligo sì grande, Che non si possa scior con l’elemosine. […] Ma essi vengono liberati per opera della balia di Teodelinda e di Elfenice, e del medico Erosistrato, nella cui casa si rifuggono. […] Eccoti dunque una commedia in prosa con accompagnamenti tali che le danno diritto a chiamarsi opera in musica, secondo la pretensione del Menestrier seguito dal Planelli. […] Il Baruffaldi, e Monsignor Bottari dubitano che sia componimento dell’autore della Gerusalemme; il marchese Manso lo niega assolutamente; e l’abate Pierantonio Serassi nell’accurata Vita di Torquato impressa in Roma l’anno 1785, giudica che sia opera di Giovanni Antonio Liberati che fece il prologo e gl’intermedii a questa commedia, per la sola ragione che quest’Accademico di Caprarola si dilettava di scrivere nel genere drammatico. Tuttavia non abbiamo sinora sufficienti indizii da non istimarla opera del Tasso giovine.
L’altra recita si fece in Roma alla presenza di Leone X, per quel che accenna il Giovio nella di lui Vita, e le magnifiche scene furono opera di Baltassarre Peruzzi Sanese117; ed allora fu che v’intervenne anche la nominata marchesa di Mantova, costando da una delle lettere inedite del Castiglione conservate in Mantova, che ella fu in Roma nel 1514, cioè su i principj del pontificato di Leone X118. […] Ma essi vengono liberati per opera della balia di Teodolinda, e di Elfenice, e del medico Erosistrato, nella cui casa si rifuggono. […] Eccoti dunque una commedia in prosa con accompagnamenti tali che le danno diritto a chiamarsi opera in musica, secondo la pretensione del Menestrier e di chi l’ha seguito. […] Pierantonio Serassi nella bellissima Vita di Torquato impressa in Roma l’anno 1785, giudica che sia opera di Giovanni Antonio Liberati che fece il prologo e gl’ intermedj a questa commedia, per la sola ragione che quest’ Accademico di Caprarola si dilettava di scrivere nel genere drammatico. Tuttavia non abbiamo sinora sufficienti indizj da non istimarla opera di Torquato.
Nullameno l’opera che diede al Beltrame maggior grido, alla quale dobbiam tante notizie particolareggiate di comici del suo tempo, fu la Supplica, della quale vedasi il frontespizio, pag. 267, a illustrazione della maschera del Beltrame.
L’opera, scritta in sanscrito, presenta una caratteristica eccezionale: l’essere divisa in sette atti. […] E certo l’opera potrebbe riuscir profittevole, ed al filosofo che troverebbe de’ materiali da discutere e combinare, ed all’artista che vi troverebbe l’espressioni convenienti al bisogno per imitarle. […] Quindi l’uno e l’altro con le forme reali e più o meno simili, che possono mettere in opera, ci obbligano ad immaginare e supporre quelli che realmente vi mancano. […] Esso debbe animare e rilevare l’opera dell’arte, soffocarla, ma non distruggerla per eccesso. […] Il perché ove tali sconci caratterizzassero personaggi storici, il poeta e l’attore debbono porre ogni opera ad imitare la prudenza di quel pittore, il quale ritrattò di profilo colui ch’era privo d’un occhio.
Andres nella sua insigne opera sopra ogni letteratura nulla d’ importante aggiugne a quanto io scrissi allora del teatro Spagnuolo. […] Il Malara nella sua opera intitolata Philosophia vulgar 53, più ingenuo del suo lodatore e de’ moderni apologisti, non ci ha conservata memoria che di una sola sua tragedia intitolata Absalon; ed il Sig. […] V’ha de’ zerbinotti (diceva il celebre Diodoro Delfico nella XVI lettera sugli Epigrammi) poco doviziosi, che provvedonsi, o prendono a nolo un abito, cioè un’ opera, cui danno il loro nome, e credonsi gran signori in Parnasso. […] S’inganna dunque Don Antonio Eximeno quando nella sua per altro pregevole opera dell’origine e delle regole della musica, parlando di Lope, non gliene attribuisce più di mille e cinquecento.
In questo discorso immortala ancora il mio nome inserendolo più per comprova alla bella inclinazione ch’ha per me che per dare alcun risalto a questa sua opera piena d’una profonda erudizione e di una somma dottrina e vestuta d’un leggiadrissimo stile28. […] [4.105ED] Son anzi impegnati nel giudicare che i versi sciolti da rima ma regolati da un numero certo di sillabe sieno versi, perché si son posti in opera da vari de’ nostri poeti, particolarmente ne’ drammi, come anche perché credono che la rima repugni all’imitazione del parlar naturale, potendo ben accadere che noi parliamo in verso senz’avvedercene, come il Casa nel principio della sua famosa Orazione a Carlo V; ma, non potendo giammai avvenire che parliamo in rima, e, se la tragedia è un’imitazione del ragionare de’ prìncipi e più l’imitazione è perfetta accostandosi al vero, imiteremo dunque con maggior perfezione il vero parlare quando ci asterremo dall’artificio palese di questa rima. […] [5.227ED] Ella è una comparsa di maggior grado della pittura e di minor delle voci, che è destinata al corteggio di un personaggio maggior di lei ch’è la musica. [5.228ED] La composizion musicale è la sostanza de’ melodrammi, tutte le altre parti ne son gli accidenti; e fra questi conta pur anche la poesia; o s’ella è sostanza è come il colore, il quale non è che una sostanza di lume (per parlare con sentenza non mia) accomodata alla superficie, a cui serve dimodoché, variamente riflessa, variamente appar colorita. [5.229ED] Il lume nella sua vera forma non ha colore; ma quando si avvilisce all’ubbidienza de’ corpi solidi, secondo la loro maggiore o minore ispidezza superficiale, veste apparenza di una natura diversa e deformato ancor piace; ma piace, perché il colore là non si crede sostanza, dove non opera a talento del suo naturale, ma dell’altrui. [5.230ED] Ed ecco il modo che non ti spiaccia più che tanto la poesia melodrammatica, considerandola di principale, avvilita già in accessorio; allora questo qualunque accessorio può riuscirti sin grato. [5.231ED] Ma la poesia è uno di quei signori caduti in bassezza e costretti dalla necessità del guadagno a servire. [5.232ED] Non si è scordato ancora l’orgoglio del comandare e mal si adatta alla presente fortuna. [5.233ED] Ma quando si serve, si è servidore; e in questa linea opera onoratamente la poesia, niente comandando e solo ubbidendo alla musica che in teatro n’è la padrona. [5.234ED] E questa musica poi è una delle arti più meravigliose e perfette dell’universo, che non perisce alla posterità né con gli autori né con le voci né con gli strumenti. [5.235ED] I suoi caratteri la rendono perpetua agli occhi ed alle menti degli uomini, e non meno de’ più insigni poeti e filosofi meritan fama questi venerabili, non men che amabili artefici. […] [commento_2.82ED] Del… vagliono: citazione ironica da Gravina, Della tragedia, p. 570: «Di qual luogo quei che voglion difendere la mutazion delle scene in una medesima opera, fuor d’ogni ragione si avvagliono»; semidotti: altra ironica allusione a Gravina (Della tragedia, pp. 588-589). […] Salomon, cui forse allude M.; meno probabile un’allusione all’omonima opera di Thomas Corneille/M.
V’è chi sospettò che fosse opera di Cassio Severo Parmigiano, del quale parla Orazio nell’epistola ad Albio Tibullo115. […] Ma le sottigliezze, l’espressioni ampollose, i lampi d’ ingegno ricercati con istudio, l’ oricalco posto in opera in vece dell’oro di quella felice età, enunciano anzi l’indole del secolo in cui si corruppe e si perdè ogni eloquenza e si prese per entusiasmo vigoroso la foga di un energumeno. […] Gherardo Vossio la crede opera di Floro, e Giuseppe Scaligero sospetta esser parto di Sceva Memore.
Paolo Fabbri e Giovanni Pelesini, per l’opera loro prestata durante cinque mesi.
Con la imponenza de'mezzi fisici, la commedia del salotto oggi gli si attaglierebbe meno che la vasta opera tragica : oggi, mentre non si comprenderebbe un Saul o un Sansone diverso da lui, mal si comprenderebbe nella gigantesca persona figurato il tipo, a esempio, di Armando.
L’atto IV, in cui comparisce l’Ombra di Dario, è veramente un capo d’opera, con tanto senno vi contrasta coll’ambizione di Serse il governo di Dario divenuto pacifico, la prudenza del vecchio colla vanità del giovane regnante; e con tale delicatezza mettonsi in bocca di sì gran nemico le lodi della Grecia. […] Ma oh quanto si scarseggia di gran pennelli, che sappiano mettere in opera i bei colori della natura agli antichi sì famigliari! […] Tutta la stupidità o il capriccio di certi pregiudicati incurabili moderni appena basta per ingannar se stessi sul merito di questo capo d’opera, e per supporre la tragedia ancora avvolta nelle fasce infantili nel tempo che si producevano simili componimenti che nulla hanno di mediocre (Nota X). […] Egli è un altro capo d’opera dell’antichità Filottete le cui saette fatali conducono in Lenno Ulisse e Neottolemo, perchè richiedevansi indispensabilmente alla caduta di Troja. […] Possono in pruova di ciò addursi mille memorie antiche istoriche e poetiche, gran parte delle quali sono poste in opera nell’aureo libro de’ Principj di una Scienza Nuova del dottissimo Vico il Varrone Napolitano.
L’opera sua per attastare il falso.
Perché un inveterato costume vuole che in ogni opera devano comparir sul teatro due donne e talvolta anche tré, della metà delle quali non sapendo che farsi il poeta perché inutili affatto all’intreccio, né qual occupazione dar loro, bisogna pure che pensi a trovar un paio d’amanti coi quali si vezzeggino a vicenda insipidamente. […] E a dirne il vero, quantunque io non gusti nella caricatura dei buffi quel diletto intimo che pruovo nelle lacrime dolci e gentili che mi costrigne a versare una bella musica tragica, e benché per una non so quale disposizione del mio temperamento mi vegga sospinto ad amare nella letteratura tutto ciò che parla fortemente alla immaginazione e alla sensibilità senza curarmi gran fatto di ciò ch’eccita il riso; nulladimeno siccome la prima legge del critico filosofo esser debbe di non istabilire massime generali su casi particolari, e molto meno ritraendole da se medesimo, così, riflettendo ai pressoché incorreggibili abusi dell’opera seria e alla maggiore verità di natura e varietà di espressione che somministra l’opera buffa, concederò volontieri che non deve facciarsi di stravaganza o di cattivo gusto chiunque sopra di quella a questa dasse la preferenza. […] Racine e Boeleau, incapaci entrambi di uguagliare la facilità musicale dell’ingegnoso Quinaut, s’appigliarono all’ovvio partito di metter in ridicolo l’opera in musica.
Ma Elio Donato e Servio credettero che il Tieste fosse atato scritto da Virgilio e dato alla moglie di Vario, la quale coltivava le lettere, e che di poi da costui si fosse come propria pubblicata, V’è chi sospettò che fosse opera di Cassio Severo Parmigiano, del quale parla Orazio nell’Epistola ad Albio Tibulloa. […] Ma le sottigliezze, l’espressioni ampollose, i lampi d’ingegno ricercati con istudio, l’oricalco posto in opera in vece dell’oro di quella felice età, enunciano anzi l’indole del secolo in cui si corruppe e si perdè ogni eloquenza, e si prese per entusiasmo vigoroso la foga di un energumeno. […] Gherardo Vossio la crede opera di Floro, e Giuseppe Scaligero sospetta che sia parto di Sceva Memore.
L’atto IV, in cui comparisce l’ombra di Dario, é veramente un capo d’opera, con tal senno e grazia vi contrasta il governo di Dario divenuto pacifico coll’ambizione di Serse, la prudenza del vecchio colla vanità del giovane, e con tal delicatezza mettonsi in bocca di sì gran nemico le lodi della Grecia. […] Ma oh quanto oggidì si scarseggia di gran pennelli, i quali sappiano mettere in opera i bei colori della natura, agli antichi sì famigliari! […] Tutta la stupidezza di certi pregiudicati moderni, sforniti de’ soccorsi necessari per leggere gli antichi, appena basta per ingannar se stessi sul merito di questo capo d’opera, e per supporre la tragedia ancora avvolta nelle fasce infantili nel tempo che producea simili componimenti che nulla hanno di mediocre. […] Egli é un altro capo d’opera dell’antichità Filottete, le cui saette fatali conducono in Lenno Ulisse e Neottolemo, perché si richiedevano indispensabilmente per sa caduta di Troia.
V la terza scena dell’atto V, in cui Albumasar intende che Ormesinda è il guerriero che gli ha salvata la vita, ed ammira i prodigii di virtù che opera in petto de’ Cristiani la religione. […] Questa forza fatale mise in opera l’immortale Racine nella Fedra, e questa avrebbe assai più giovato nella Mirra. […] Cooper Walker che la vide nel 1792, la riferisce nella Sezione III della sua opera. […] Se l’opera morì nascendo, a che riprodurne la centura ? Accenniamo soltanto di volo che mancano allo stile que’ tratti vivaci che chiamansi colori dell’ opera.
Noi più cose ne accennammo nella nostra opera appartenente alle Siciliea; e quì ci arresteremo anche un poco su di esse forse non inutilmente non solo per la gioventù, ma ancora per chi non leggendo osa ragionare, e per chi solo sa ripetere come oriuolo i giudizii portati dagli esteri su i nostri scrittori, favellandone iniquamente per tradizione.
E ora, com’ è principale intento dell’ opera pubblicare le cose che contribuiscono a dar più compiuta la storia della nostra scena, metto qui dalla Storia di Perugia le pagine che trattano delle condizioni dell’arte (vol.
Ma l’Oreste non si diede alla luce se non dopo due secoli per opera del marchese Maffei, che la fece imprimere nel 1723 sull’esemplare posseduto prima dal Magliabecchi e poi dal cavaliere Anton Francesco Marmia. […] Non per tanto sembra che i contemporanei avessero vendicata l’opera e l’autore, essendosene con somma pompa ed applauso ripetuta la rappresentazione nel 1565 in Vicenza in un teatro di legno costruito espressamente nel palagio della Ragione dal celebre Palladio. […] Si rappresentò nel 1585 con sontuosissimo apparato nel famoso Teatro Olimpico di Vicenza opera del prelodato Palladio; la quale per la morte di questo insigne architetto seguita nel 1586 si terminò dallo Scamozzi. […] Il nome di Giammaria Cecchi fa che rammentiamo ancora l’Esaltazione della Croce di lui opera rappresentativa recitata nelle nozze de’ Gran Duchi di Toscana, e stampata presso il Martelli nel 1592.
Racine singolarmente che avea scoperto il miglior cammino e prodotto l’Atalia, il capo d’opera della tragedia francese, senza avvilirla colla galanteria, avea cominciata un’ Ifigenia in Tauride, nel cui piano non entravano amori. […] Il Maometto tralle tragedie è quello, che fu tralle commedie il Tartuffo, cioè un capo d’opera ammirato per sentimento dagl’ imparziali, e screditato e proibito per cabala degl’ impostori, per gelosia di mestiere e per naturale malignità de’ follicularj. […] Egli riuscì a farne un’ opera eccellente da tenere forse il primato tralle sue tragedie, colla copia delle idee nuove ed ardite, colla pompa dello stile, colle immagini nobili e tratte sempre dal soggetto, colle situazioni maravigliose che portano il terrore tragico al più alto punto, coll’ interesse sostenuto che aumenta di scena in iscena, coll’ unione in un gran quadro ottimamente combinata di caratteri robusti animati colla forza del pennello di Polidoro e colla copia spiritosa del Tintoretto.
I medesimi capi d’opera dell’antichità si lessero quasi dapertutto, ma non riprodussero dapertutto il loro gusto.
Diciamlo quì di rimbecco e per incidenza a risposta e mortificazione di tanti ignoranti e boriosi critici che a lor bel piacere sono andati e vanno tutto giorno disprezzando e malmenando in generale con somma ingratitudine e malignità la nostra nazione e le nostre cose: Ogni uomo dotto sa, che per opera degl’ Italiani a poco a poco diradaronsi in Francia le densissime tenebre dell’ignoranza, dileguossi la stupenda barbarie Gaulese, e surse non che il primo crepusculo di luce letteraria, ma il buon gusto nelle belle arti e scienze tutte.
» E ciò forse fu opera di qualche amante spregiato, che non poteva perdonarle l’affetto verso il suo compagno di scena, Adriano Valerini, veronese, dottore e comico rinomato nelle parti d’amoroso, e che per la Vincenza aveva abbandonata l’altra bella e valente attrice, Lidia da Bagnacavallo.
Io vorrei che i giovani potessero, per forza di miracolo, tornare a dietro di quarant’anni, e seguir sera per sera, anno per anno, l’opera varia, forte, grandiosa di Cesare Rossi !
Antonio Eximeno quando nella sua peraltro pregevole opera dell’Origine e delle Regole della Musica, parlando di Lope non gliene attribuisce più di mille e cinquecento.
Si è pure nella nostra citata opera della Coltura delle Sicilie fatta parola del teatro di Venosa sacro ad Imeneo secondo l’Antonini, di quello de’ Marsi in Alba Fucense, e di quelli di Baja, di Alife e di Sessa.
Questo genere di commedia togata trabeata parve nuovo a’ tempi di Augusto; e su inventato da Cajo Melisso da Spoleto, il quale nato ingenuo ma esposto per la discordia de’ suoi genitori, fu poscia donato per gramatico a Mecenate, per la cui opera insinuatosi presso Augusto fu preposto a rassettare le biblioteche nel Portico di Ottaviaa.
Voi studierete eziandio il florido Teatro Francese: esso è ricco de’ capi d’opera di Corneille, Racine e Voltaire, di Moliere e di Regnard (benchè oggi sien seguiti ben da lontano e senza probabilità d’esser raggiunti); esso è vicino alla perfezione nella declamazione specialmente comica in forza delle doti inarrivabili della celebre Contat e del valoroso Molè.
Compiè l’opera l’Aranda con isbandire da entrambi i teatri las cortinas, sostituendovi bellissime vedute di scene; con far succedere alla comparsa ridevole della chitarra sulla scena una buona orchestra; con decretare che all’alzarsi del sipario tutti dovessero togliersi il cappello; che per la platea e per la scalinata più non vagassero i venditori di aranci, di nocciuole, acqua; che più non si fumasse, non si fischiasse, non si schiamazzasse gridando fuera fuera contro gli attori mal graditi.
Questo genere di commedia togata trabeata parve nuovo a’ tempi di Augusto; e fu inventato da Cajo Melisso da Spoleto, il quale nato ingenuo, ma esposto per la discordia de’ suoi genitori, fu poscia donato per gramatico a Mecenate, per la cui opera insinuatosi presso Augusto fu preposto a rassettare le Biblioteche nel Portico di Ottavia129.
Ciò che mi spingeva a studiare l’opera di questo conte bergamasco, nato nel feudo di Calepio nel 1693, e autore di alcuni saggi critici che avevano ottenuto maggior fortuna al di là delle Alpi che non in patria, era un concorso di moventi di diversa natura. […] Ma gli Francesi, se ben m’avviso, sono lontani da tale avvertenza e se hanno delle tragedie libere dalla macchia pare che ciò sia piuttosto effetto casuale dell’argomento che opera dell’arte. […] Sei maniere di verseggiare furono ne’ secoli addietro in nostra lingua messe in opera per la tragedia. […] La risposta di Calepio, del 10 settembre 1731, è positiva: «Circa la permissione richiestami di stampare il mio Critico paragone, non so che rispondervi se non che questo è opera donata a voi e però la rimetto alla vostra disposizione. […] L’opera viene quindi stampata, sebbene anonima, come già era accaduto, per scrupolo del Calepio, con la lettera sui costumi italiani, e l’identità dell’autore sarà definitivamente palesato soltanto nel 1738, con la pubblicazione della recensione del Paragone da parte del Maffei nelle Osservazioni letterarie.
Nè anche dopo di me si è intrapresa tale storia nè in Ispagna, nè altrove; e l’istesso chiarissimo esgesuita Andres nella sua bella opera sopra ogni letteratura nulla d’importante aggiugne a quanto allora io scrissi del teatro spagnuolo. […] Il Malara nella sua opera intitolata Philosophia vulgar b più ingenuo del suo lodatore e de’ moderni apologisti, non ci ha conservata memoria che di una sola sua tragedia intitolata Absalon; ed il signor Sedano parimente afferma che il Malara si conosce soltanto per autore de la tragedia de Absalon. […] S’inganna dunque Don Antonio Eximeno quando nella sua pregevole opera dell’Origine e delle Regole della Musica, parlando di Lope, gliene attribuisce soltanto mille cinquecento.
La farsa però non è mica opera spregevole o facile.
… Come scriveva il Piazza nel suo Teatro che è più facile trovare il moto perpetuo, che la concordia nelle comiche compagnie, così i successi entusiastici ottenuti dall’Antonazzoni misero l’inferno nella Compagnia, per opera specialmente di Battista e Valeria Austoni (V.), invidiosi degli applausi di lei ; tanto che D.
L’incisione del rame fu opera di don Isidro Carnicero; e l’autore per lodarlo volle fare una puerile allusione al di lui cognome Carnicero, scherzando sulla parola carnifex con darle erroneamente un doppio significato. […] Vi premise una erudita dissertazione, in cui additò le bellezze di quell’originale capo d’opera che il sig. […] Ciocchè nella tragedia del La-Motte opera la regina, viene nell’Agnese del Colomès eseguito dal siniscalco del regno; ma i motivi che agitano la regina sono assai più attivi, perchè concernono direttamente la persona di Agnese, per cui viene rifiutata la propria figlia; là dove l’odio di Alvaro è contro Ferdinando, e non contro la di lui sorella.
Racine singolarmente che avea scoperto il miglior camino, e prodotto l’Atalia, il capo d’opera della tragedia francese, senza avvilirla colla galanteria, avea cominciata una Ifigenia in Tauride, nel cui piano non entravano amori. […] Il Maometto tralle tragedie è quello che fu tralle commedie il Tartuffo, cioè un capo d’opera ammirato per sentimento dagl’imparziali e screditato e proibito per cabala degl’impostori, per gelosia di mestiere e per naturale malignità de’ follicularii. […] Egli riuscì a farne un’ opera eccellente da tenere forse il primato tralle sue tragedie, colla copia delle idee nuove ed ardite, colla pompa dello stile, colle immagini nobili e tratte sempre dal soggetto, colle situazioni meravigliose che portano il terrore tragico al più alto punto, coll’interesse sostenuto che aumenta di scena in iscena, coll’unione in un quadro grande ottimamente combinata di caratteri robusti animati colla forza del pennello di Polidoro e colla copia spiritosa del Tintoretto.
L’apparizione che mi si presentò, potrebbe essere opera di spirito infernale cui non è difficile il trasformarsi; chi sa, se essendo sì poderoso su di una perturbata fantasia, avesse voluto valersi della mia debolezza e malinconia, per ingannarmi, e machinar la mia ruina . . .!
Quanto alla lettera indirizzata al signor Di Meslé per aver da lui una traduzione francese dell’estratto dell’ Amor paterno, puoi vederla nella citata opera del Masi : è la xxxiv della raccolta.
Naturalmente in una costante ricerca del meglio, in una paziente opera di bulino, ella doveva apparir dopo lungo silenzio agli orecchi e agli occhi de’suoi connazionali, avvezzi da un po’ a ben altre estetiche, artista meno sincera.
– L'impresa d’opera.
Dal Vargas nella cronaca di quell’Ordine militare, dal Barbosa, dal Caramuele, dall’Heliot, dal Wion si sa ancora che i Cavalieri ad esso ascritti non solo si destinavano al riscatto degli schiavi colle ricchezze, ma non ricusavano ad un bisogno di rimanere essi stessi schiavi, quando non potessero altrimenti eseguir l’opera del redimerne. […] IV la terza del V, in cui Albumasar intende che chi gli ha salvata la vita è Ormesinda, ed ammira i prodigii che opera in petto de’ Cristiani la Religione. […] no, perchè ha voluto prima recarne a Geldippe la novella; quest’ambasciadore opera in tutto con saviezza uguale. […] Due di essi per avventura i più infervorati a sostenerla, hanno pur voluto coltivar l’opera istorica, il conte Alessandro Pepoli di cui mi si avvisa la morte inopinata seguita in Firenze nel dicembre del 1796, e il consigliere imperiale Ranieri de’ Calsabigi morto nel luglio del 1795. […] Il pubblico disapprovò questo dramma per ragioni diverse da quelle dell’autore che se ne dichiara malcontento, ed afferma nell’edizione fattane a proprie spese, che la sua opera fu pregiudicata nella condotta e nell’interesse, e trascurata nell’apparecchio, abbellimento e decorazione convenevole alla scena.
La formola del giuramento dettata da Lisistrata e ripetuta a spezzoni da Calonica, è tale: Giuro di non badare alle carezze di uomo veruno, sia amico o marito; se mi verrà caldo, me ne starò in casa senza farmi toccare; mi metterò la veste del più vago colore che mi abbia; mi raffazzonerò, mi farò trovare gaja ed ornata per destar le fiamme del consorte, ma insensibile a’ suoi ardori, tutto metterò in opera per non condiscendere. […] Ma si vuol riflettere che non è già una commedia di Menandro o di Moliere o di Ariosto, ma una farsa allegorica, dove quasi tutto si opera per macchina. […] Di tale opera m.
I medesimi capi d’opera dell’antichità si lessero quasichè da per tutto, or perchè non riproducono da per tutto il loro gusto?
Il sonetto, la canzon petrarchesca, la pindarica, l’anacreontica, l’elegia, la satira, l’ode, l’epigramma, l’idilio, l’egloga, la sestina, gli sciolti, le terze rime, l’ottava rima, la pastorale, la commedia, la tragedia, e soprattutto il poema epico, capo d’opera dell’umano ingegno, vengono trattati da noi come generi puramente poetici che mai non debbono accoppiarsi alla musica. […] Non si niega che da siffatto contrasto non possa per opera d’un valente compositore cagionarsi talvolta una combinazione dei suoni che diletti l’udito per la sua vaghezza ed artifizio e tale è appunto il merito intrinseco della moderna musica, dove l’arte d’intrecciare le modulazioni, la bellezza delle transizioni e dei passaggi, l’artifiziose circolazioni intorno al medesimo tuono, la maestria nello sviluppare e condurre i motivi, in una parola le bellezze estetiche dell’armonia sono pervenute ad un grado d’eccellenza sconosciuto affatto agli antichi; ma egli è indubitabile che siffatto artifizio non è atto ad eccitar le passioni, e che l’intrinseca ripugnanza che regna nel sistema della nostra armonia (ripugnanza nata dal comprendere insieme più spezie contrarie di movimento) le toglierà sempre mai il diritto di gareggiar colla greca nella quale siccome non trovavansi le squisitezze armoniche della moderna, così non si trovavan nemmeno le sue contraddizioni; il tutto era anzi al suo scopo maravigliosamente diretto.
Ciocchè nella tragedia del La Motte opera la regina, viene in questa del Colomès eseguito dal siniscalco del regno; ma i motivi che agitano la regina sono assai più attivi, perchè concernono direttamente la persona di Agnese per cui viene rifiutata la propria figlia; là dove l’odio di Alvaro è contro Ferdinando, e non contro la di lui sorella. […] L’incisione del rame fu opera di Don Isidro Carnicero, e l’autore volle fare una puerile allusione al di lui cognome Carnicero scherzando sulla parola carnifex con darle un doppio erroneo significato.
Quali molle e ingegni non mette in opera il bisogno che ha l’uomo di riposare e divertirsi!
Debbo però prevenire la gioventù che la farsa non è mica opera spregevole o facile.
Ma siccome l’utilità d’un ritrovato non dee misurarsi dall’abuso che se ne può fare da chi non sa acconciamente metterlo in opera, così vuolsi rendere la dovuta giustizia a quel gran maestro per aver saputo guidare con un tal mezzo la voce del cantore senza imprigionarla, e aggiugnere a quella parte così disprezzata del melodramma un interesse neppur sospettato dagli altri compositori. […] I capi d’opera del Jumella e del Sassone giacciono polverosi e negletti, perché il popolo avido di novità gli pospone, dopo averli più volte sentiti, alle bambocciate e alle caricature de’ compositori moderni.
Sotto Augusto, il quale pur anche incominciò un Aiace, Ovidio fece una Medea, Quinto Varo, o Vario compose una eccellentissima tragedia intitolata il Tieste, che alcuni sospettarono, fosse veramente opera di Cassio Parmigiano86, e Aristio Fusco scrisse commedie togate. […] Giusto Lipsio riferisce questa tragedia al secolo d’Augusto; ma le sottigliezze, i lampi d’ingegno ricercati con istudio, l’oricalco messo in opera invece dell’oro di quell’età, annunziano anzi l’indole del secolo in cui si corruppe l’eloquenza, e si prese per entusiasmo vigoroso la foga d’un energumeno.
[NdA] Veggasi l’opera del celebre Warburthon, Inglese, che ha per titolo Saggio sopra i Geroglifici, §§ 8. e 9. […] [NdA] Ballo comico intitolato il Don Quisciotte che servì d’intermezzo anni sono ad un opera buffa.
Le favole Atellane (disse il Gesuita Francese Pietro Cantel nelle sue Illustrazioni all’epitome di quest’ultimo scrittore stimata opera di un Giulio Paride dal Vossio e di un Gianuario Nepoziano da altri) oscene per origine furono corrette e temperate dalla Romana severità, cangiando l’Italica di Valerio in Romana, quasi che fossero sinonimi, o quasi che i nostri Osci fossero fuori dell’Italia. […] L’introduce in sua casa, perchè pensa che avrà bisogno della di lui opera.
Le favole Atellane (disse il gesuita Francese Pierre Cantel nelle sue illustrazioni all’epitome di quest’ultimo scrittore latino creduta opera di certo Giulio Paride dal Vossio e di un Gianuario Nepoziano da altri) Oscene per origine furono corrette e temperate dalla Romana severità, cangiando l’Italica di Valerio in Romana, quasi che fossero sinonimi, o quasi che i nostri Osci fossero fuori dell’Italia. […] L’introduce in sua casa perchè pensa che avrà bisogno della di lui opera.
La formola del giuramento dettata da Lisistrata e ripetuta a spezzoni da Calonica, è tale: Giuro di non badare alle carezze di uomo veruno, sia amico o marito: se mi verrà caldo, me ne starò a casa senza farmi toccare: mi metterò la vesta del più vago colore che mi abbia, mi raffazzonerò, mi farò trovare gaja ed ornata per destar le fiamme del consorte, ma insensibile a’ suoi ardori, tutto metterò in opera per non condiscendere. […] riflettere che non è già una commedia di Menandro o di Moliere o di Ariosto, ma una farsa allegorica, dove quasi tutto si opera per macchina.
[50] Posti siffatti principi mi si dica di grazia qual imitazione, qual convenienza col favellar comune apparisce nel canto moderno, dove a rappresentar affetti e sentimenti contrari si pongono in opera li stessi capricci, che dalla piebaglia armonica vengono chiamati ornamenti?
Ambivio Turpione, il quale tolse sopra di se il carico di fare il prologo per raccomandarla al popolo, L’istrione accreditato, colle parole dell’incomparabile autore, nel bellissimo prologo mette in vista gli antichi suoi meriti; e siccome per opera sua alcune favole di Cecilio alla prima rigettate si riprodussero, e col meglio conoscersi riceverono migliore accoglimento, così si lusinga che abbia in questa di Terenzio a rinnovarsi il passato esempio, fidando nella benignità e nel silenzio degli ascoltatori.
L’istrione accreditato, colle parole dell’incomparabile autore, nel bellissimo prologo mette in vista gli antichi suoi meriti; e siccome per opera sua alcune favole di Cecilio alla prima rigettate si riprodussero e con meglio conoscersi riceverono migliore accoglimento; così si lusinga che abbia in questa di Terenzio a rinnovarsi il passato esempio, fidando nella benignità e nel silenzio degli ascoltatori.
Lampillas dunque raccoglieva qualche notizia per lo più falsa da alcun Huerta di Madrid sulla letteratura teatrale spagnuola e su l’opera del nominato Roxas; e quindi convien dire o che fu imposturato egli stesso, o che volle imposturare.