Naturalmente i pregi della donna soverchiano ancora quelli dell’artista ; ma la promessa c’è davvero, e chiara ; e perseverando nello studio, nella tenacità di propositi, nell’amore all’arte, poichè ella è una delle più innamorate dell’arte sua, la signorina Severi arriverà certo ad attenuare una cotale ineguaglianza di recitazione, prodotta forse da mancanza assoluta di guida artistica.
Il 7 giugno '77 da Genova scrive distesamente al Duca di una aggressione a mano armata per opera di certo Filippo Castellano di Napoli, che n’ebbe mandato da cotal feudatario di Monferrato, il quale a sua volta avrebbe agito d’ordine del Duca di Mantova in persona, indignato contro Florindo che ricusò di servilo, allegando in iscusa il suo prossimo ritorno in patria, e passando invece al servizio del Duca di Modena. […] Sembra poi da una lettera di certo Capello dell’ 8 dicembre al Duca di Modena, che fra le casse di Florindo ne fosse una di Finocchio, data in errore, e che non gli era possibile recuperare, perchè andata in mano d’altri. […] Mercordì dunque di notte, accompagnato da 5 huomini armati, trè delle guardie, e due della Casa del mio hospite, fui d’improuiso condotto fuori di Mantoua, doue fui costretto lasciare il resto delle mie poche Robbe (mentre degl’Abiti è un pezzo che sono priuo) et un mio Nipote febricitante, quale della Patria fortiuamente uenne à ritrouarmi per darmi parte dell’ultimo esterminio di mia Casa ; e li detti huomeni mi conducono per certo nel Castello di Casale ; se bene nel partire mio da Mantoua mi fecero credere di incaminarmi alla Patria con intiera libertà.
E all’essere non pur sopportato, ma bene accolto dal pubblico, dovè certo contribuir non poco la diligenza ch’egli metteva nello studio delle singole parti, in cui nè aggiungeva, nè toglieva mai sillaba.
Sotto questo nome è citato dal Bartoli un certo Ferrasani, fiorito a Palermo il 1750 circa, secondo Zanni rinomatissimo, vestito di bianco alla foggia de' Pierò.
Determinare con esattezza cronologica il suo stato di servizio non è certo agevol cosa, tante sono le compagnie di vario genere, in cui militò, e per tanti anni si trovò a essere conduttor di compagnie egli stesso !
Il Sand che a pagina 52 della sua introduzione a Masques et bouffons (Paris, 1860), parlando della Compagnia del 1653, dice : « vi troviamo attori che eran già venuti in Francia più volte, come Fiorilli, Locatelli, Brigida Bianchi, » avrebbe certo fatto alcuna menzione di quell’Adami già tanto celebre. […] Comunque sia, benchè fra questa Beatrice e l’altra non corrano che dieci anni, è da supporre, oserei dire è certo, che si tratti di due distinte persone, non combaciando troppo fra loro codesta parte drammatica di pazza col carattere spigliato e birichino della Diamantina (V.
AL MEDESMO Oratio, grazia di quel certo ingegno che torre il Cielo a sè medesmo sole, per darlo in sorte a chi più pote, e vole dei miracoli suoi mostrar gran segno. […] Non ispregevole pastorale, non certo delle peggiori, è codesta Fiammella, in cui, oltre alla felicità dell’orditura, alla maestria della condotta, al fantastico di certe scene, sono versi abbastanza garbati come i seguenti che tolgo dalla scena undecima dell’atto quarto.
Forse avrebbe potuto tentar la recitazione in lingua ; nella dialettale milanese fu certo meritevole di ogni elogio ; e in alcune parti di signora, nonostante l’incalzar degli anni, mostrava ancora, sino a poco tempo fa, la traccia dell’antico valore.
Figlio del precedente, nato a Roma il 17 novembre del 1825, cominciò a recitar particine a soli quattr’anni, scritturandosi a otto in Roma con certo signor Lustrini, direttor delle poste, che aveva formato una compagnia di ragazzi, figli di comici, di cui era prima attrice la dodicenne Carlotta Mander.
Era il '53 primo amoroso della Compagnia Sadowski-Astolfi, e primo attor giovine, il '55, di quella di Ernesto Rossi, il quale di lui lasciò scritto nel primo volume delle sue memorie : Il vero sesso forte si componeva di un certo Raimondi, il quale disimpegnava le parti di primo attore giovine e primo amoroso : e ti posso assicurare che era un bravo giovinotto, pieno di zelo, ricco di talento, abbondante di sentimento.
Comunque sia, egli certo non fu ricevuto in Compagnia, e andò a recitar gli arlecchini in provincia.
Allo Zanetti certo allude Luigi Riccoboni, quando dice (op. cit.
Duse-Maggi Alceste, torinese, fu moglie di Giorgio Duse, e attrice di gran nome per le parti di prima donna dialettali e italiane, comiche e drammatiche, destando il più schietto entusiasmo nelle commedie La Figlia del reggimento, La bona Mare, La Puta onorata, La bona Muggier, Il Campielo, La casa nova, e in altre più del repertorio goldoniano, in cui non ebbe chi le stesse a fronte, di tra le quali, ogni tanto, faceva capolino anche il drammone, come la Suor Teresa, o L’Indovina ebrea, che ella recitava se non con ugual maestria, certo con successo uguale.
La recitazione del Sichel a sbalzi, a strappi, con intonazioni aspre, rotte da una infinità di interiezioni, di eh interrogativi di distrazione, è inqualificabile e inimitabile : non certo, come si può credere, impeccabile, ma di irresistibile comicità.
Non v'aggiungo, scrive Beltrame, e non dico il tutto, per esser creduto ; ma certo che molte furon le lodi, che per l’onesto recitare a' Comici diedero quelle saggie Persone : e benedicevano il mal tempo, che aveva loro dato occasione di goder si virtuoso trattenimento. »
Il Campardon reca una citazione di lui contro certo Fontaine che gli aveva rapita la moglie appena diciannovenne (gennajo 1776), mentre egli era a recitare a Versailles.
Comunque, il Camerani non passò certo a Parigi per grande artista, se due anni dopo, ritiratosi Alessandro Luigi Ciavarelli, che recitava alla Commedia Italiana le parti di Scapino, egli lo sostituì, riuscendo, dice il Campardon, aussi faible que dans les amoureux. […] Queste qualità in un Moroso costituiscono un primo Moroso, e son certo che il Sig.
Come egli risolvesse di calcar le scene non sappiamo : ma è certo che non vi apparve la prima volta sotto le spoglie di Stenterello. […] Fu in processo di tempo il Del Buono preso da tal manìa religiosa, che datosi tutto a Dio, fece solenne promessa di abbandonare il teatro, scuola, diceva lui a’compagni, di turpitudini, al quale non sarebbe certo tornato mai più, se un’opera di carità, sciolto dal voto per intercessione di un alto sacerdote, non ve lo avesse ricondotto. […] A ogni modo è certo che nè lo schizzo del Cannelli fatto dal vero dal De Goncourt, nè le intestature delle rappresentazioni alla Piazza Vecchia, stenterello il grande Amato Ricci (V.), nè lo stesso ritratto autentico di Luigi Del Buono, che l’Jarro pubblicherà quanto prima ci dànno un abbigliamento simile a questo.
Tornato in patria, e datosi a recitare tra’ filodrammatici, spiegò tale attitudine alle scene, che risolse di far dell’arte drammatica la sua professione ; e si scritturò nella Compagnia di un certo Giambattista Pucci, del quale sposò poi la figlia Teodora.
Gentile, che della Moro-Lin è illustratore amoroso, osserva che essa fu in certo modo la protagonista di una commedia del Gallina, anche dopo morta.
Pare non fosse attrice : egli certo non ne parlò mai.
Del '46, Enrico Montazio, non sospetto certo di tenerezza verso i comici, così scrisse di lui nella Rivista : Salvator Rosa ha sopra il Vergnano (recitava questi al Nuovo in Compagnia Pezzana) il vantaggio della voce, della persona, della età ; ambedue amano l’arte non da istrioni, ma da artisti ; ambedue pongono pari amore alle piccole parti, che a quella principale e di protagonista : e da ciò, a parer mio, si distingue sopratutto l’artista ragionevole e tenero, più che d’un trionfo a carico de'suoi compagni, della totale riuscita di un’azione drammatica.
Forse figlia dei precedenti e sorella di Antonio Torri detto Lelio, fu attrice al servizio del Duca di Modena per la parte musicale, come si rileva da una sua curiosissima lettera al Duca stesso da Bologna, in data 2 giugno 1683 in cui si lagnava che certo signor Francesco Desiderij suo famigliare facesse da padrone assoluto con lei e la madre (il padre era già morto) senza aver riguardo alcuno alla lor povertà, vantandone autorità da Sua Altezza.
Una parentesi : Che i Gonzaga fossero appassionatissimi pel teatro è fuor di dubbio ; ma è anche certo che la loro grande passione non andava discompagnata dall’ambizione di avere in tal materia la supremazia ; nè da questa lettera, giacente nell’Archivio di Modena, della quale non è riuscito ad alcuno finora trovar conferma nelle carte dell’Archivio Mantovano, nè dalle prigionie patite dal Parrino e da tanti, alla liberazion de'quali s’occuparon patrizj e potentati in vano, nè dalla cacciata da Mantova degli stessi Gelosi il '79, ci sarebbe certo da dirli stinchi di santo. […] Parte dello stesso anno pare fossero a Ferrara ; certo il maggio erano a Mantova, dove alloggiavan precisamente al Biscione, e d’onde furono scacciati il 5 di maggio con ordine reciso e immediato del Duca. […] Vi si recavan certo l’ '88, passando poi con raccomandazioni del Duca, per essersi diportati bene, a Milano.
Recatasi a Tunisi, vi dimorò parecchio tempo, maestra di filodrammatici ; indi, fatta compagnia la figlia Zaira (un’ artista mediocre per le parti di prima attrice, che pervenne a un certo grado di rinomanza per la rappresentazione della Frine di Castelvecchio, in cui mostrava all’ultima scena tutta la opulenza delle sue forme ; e che oggi trovasi a San Paulo di Brasile), essa andò a farne parte qual madre nobile, e tale passò l’anno dopo con Novelli, con cui stette sette anni ammiratissima.
Il Salimbeni dovè certo acquistarsi buona rinomanza in questa parte : e vediam del 1608 a Fontainebleau il Delfino dar per parola d’ordine agli esenti dalla guardia il nome de'migliori personaggi della Compagnia italiana ; oggi Frittellino, domani Pantalone, posdomani Cola, e tre giorni dopo Piombino, e dopo ancora Stefanello (V.
Terenzio neppure di tal gregge fece uso; ond’è che nè anche da ciò derivare il farfallone di certo Francese, il quale, come narra Madama Dacier, lodava i cori delle commedie di Terenzio . […] Di quest’ultima favola parlando Scaligero intorno a Varrone, dice: Pomponio poeta Atellanario intitolò certo esodiob Pitone Gorgonio, il quale, a mio credere, altro non era che il Manduco, perchè il nome di Pitone è posto per incutere terrore, e Gorgonio equivale a Manduco, dipingendosi i Gorgoni con gran denti. […] Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce Maccus appartenesse alla lingua osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la greca voce μακκαειν, delirare, e L’altra μακκοαω, far l’indiano, usata da Aristosane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del Macco degli Atellanarii. […] Non era dunque L’esercizio del rappresentare quello che disonorava gli attori in Roma, ma si bene la loro condizione di servi accoppiata alla vita dissoluta che menavano; là dove gli Atellani liberi e morigerati sino a certo tempo, godevano della stima della società e delle prerogative di cittadini. […] Egli è certo che quando Tiberio cacciò da tutta Italia gl’istrioni per la loro somma petulanza e immodestia, e quando Nerone medesimo, alcun tempo dopo averli richiamati, fu costretto per timore di qualche grave pericolo a bandirli da Roma, non cessarono le rappresentazioni teatrali.
Nullameno, dopo tanti allori mietuti, dopo di aver dato l’anima all’arte sua, egli, che trovandosi al cospetto del pubblico, sentiva il sangue fluirgli vivo nelle vene e una ricreazione immediata e nuova dello spirito ; dopo di avere impegnata assieme al Burchiella una lotta gagliarda e pur troppo infruttuosa contro l’avversione o apatia del pubblico, dovette piegarsi, e abbandonar la scena a cinquant’anni circa, per godersi il danaro che s’era guadagnato, in mezzo alle attestazioni di stima e di affetto che gli venivan certo da ogni parte, ma che non gl’impediron mai forse di menare una vita di rimpianto. […] Dalla prima di esse appunto traggo parte della scena di introduzione, che è uno de’ soliti assalti amorosi, e non certo una meraviglia del genere.
Recitò la prima volta a Chioggia, nel '49, in una brevissima parte, a beneficio di una compagnia d’infimo grado, ed esordì, comico, lo stesso anno a Mestre nella Compagnia di Giovanni Battista Zoppetti, in cui stette due mesi per passare in quella di certo Bosello.
brillante, o caratterista, o anche primo attore, appariva in una festa come un misero mortale in frac e cravatta bianca, senza però abbandonare la tipica truccatura del volto, che faceva del personaggio un essere ibrido, non più carne nè pesce, poco rispondente certo al tipo originario, che dalla sua faccia allampanata, da quella espressione di stento, trasse appunto il nome di Stenterello.
Fracanzani Camillo, bolognese, cominciò a recitar parti di prima donna nel Teatro de’ Nobili Felicini, con certo Maccaferri sellaio, poi comico anch’egli, e dice Fr.
Si sposò a un certo Malfatti, il quale, impazzito, fu ricoverato in un manicomio, e da lei mantenuto.
Bartoli, allora a Verona, un sonetto, andato perduto, e altro, abbastanza insulso, a certo Carlo Fidanza romano, rammentatore della Compagnia Battaglia, che il Bartoli riferisce.
E quantunque da alcuni si pretenda che dopo quel tempo Eupoli avesse altre favole composte, e che egli non morisse in mare ma in Egina; pure è sempre certo, che per un editto de’ Quattrocento sotto Alcibiadeb, o de’ Trenta Tiranni nell’olimpiade XCIII o XCIVc, non si potè più nominare in teatro verun personaggio vivente; e così cessò la commedia greca chiamata antica. […] Sozione Alessandrino ne reca un altro pur trascritto da Ateneo della favola Ασωτιδασκαλος, ossia Magister Lussuriae, che può in certo modo equivalere al Mechant del Gresset e all’Homme dangereux del Palissot?
Ill. ma volesse scriuere, certo veriano, e si faria una Compagnia di tutto Paragone ; li do questo motivo acciò S. […] Il D' Ambra di Napoli ha ristampato (1884) una commediola, intitolata : Flaminio pazzo per amore, con Pulcinella studente spropositato, Commedia nuovissima, secondo il buon gusto moderno, che è certo – aggiunge il Croce – una manipolazione dello Scenario, del quale dovea far parte la scena di spropositi ch'egli riferisce tra Flaminio matto e Polcinella.
Le attrici giunte specialmente a certo grado di rinomanza, solean talvolta esser chiamate col nome di battesimo (la dotta Vicenza, l’Isabella etc.
Manca la data, ma è certo del 1782.
Momento passeggiero e ben rapido fu quello glorioso del capocomicato di Andrea Bianchi, il quale non finì certo la vita negli agi e nelle ricchezze.
Il nonno, contrarissimo sul mutamento, profittò della partenza di una tartana per Napoli, e v'imbarcò il nipote assieme a un altro giovane pittore, certo Prati.
Se si fosse decisa ad assumere un ruolo più conveniente, ella sarebbe certo tornata a' bei giorni dei più clamorosi e sinceri trionfi.
Infatti un elenco della sua compagnia, senza data, ma certo prima assai dell’ '80, ci dà i seguenti attori : SIGNORE Anna Roffi Maria Zocchi Anna Cesari Amalia Gattolini-Brunacci, serva SIGNORI Gaetano Brunacci Giuseppe Mancini Angiolo Marchioni Luigi Lensi MASCHERE Gaetano Cipriani, Pantalone Baldassarre Bosi, Trastullo Nicola Bertoni, Arlecchino e subalterni.
Il male ormai è radicato da secoli, ed estirparlo non è impresa agevole ; ma se uno v'ha che possa riuscirvi, egli è certo Virgilio Talli, che per la fierezza dell’indole e la pervicacia nella lotta non ha chi gli stia a paro.
Passò poi generico primario, amoroso e brillante, a vicenda con Nicola Della Guardia, nella Compagnia di un certo Calìa napolitano, in cui recitava anche gli amorosi nelle farse col pulcinella (non mai il pulcinella, come altri affermò) ; poi, secondo amoroso, in quella di Lambertini e Majeroni, in cui stette anche l’anno dopo come secondo brillante sotto Leopoldo Vestri. […] E però il pubblico che ben ricorda l’arte magistrale e novatrice dell’Emanuel, chiama questo volentieri maestro dello Zacconi, tanto più che, come accade il più spesso per ogni attor subalterno, egli, vivendo al fianco del grande artista, ne ritrasse, certo inconsapevolmente, alcune maniere e inflessioni. Se per maestro s’intenda solo, come deve intendersi, colui che, colla dedizione incondizionata all’arte, coll’alto rispetto del pubblico e di sè, collo studio profondissimo di sintesi e di analisi, trasfonde nell’animo altrui la fiamma sacra, certo l’Emanuel fu maestro dello Zacconi. Che se poi per maestro si volesse intendere colui dal quale si succhia e il metodo dello studio, e il fondo dell’interpretazione, e le originalità della dizione, allora certo lo Zacconi rigetterebbe il giudizio, come de'più erronei.
Egli e certo Enrico Mangili eran l’anima del reggimento, il quale ne’ momenti di tregua faceva a loro circolo : la musica suonava negl’intermezzi edessi inventavan chiassate di ogni specie.
S. sogiunge, esser egli in un stato più che miserabile, hauendo, doue di certo haurebbe guadagnato nella Compagnia, ou'era stato ammesso prima di riceuere la lettera dal S.
Attrice magnifica di bellezza, fiorì la prima metà del secolo xvii col nome di Rosalba, e abbiamo su di lei il seguente aneddoto, che riferisco intero dal Paglicci (Il Teatro a Milano nel secolo xvii ) : Nella primavera del 1636, un certo Niccolò Ala, sergente maggiore della milizia di Cremona, e che era perciò incaricato di custodire l’ordine morale e difendere la città da ogni inconveniente, fu preso in siffatto modo dall’ amore di lei, che in un eccesso di gelosia le sparò contro una terzetta da ruota.
Il Pezzoli e il Colomberti la dicono napolitana ; il Regli nata a Vicenza : certo ella nacque figlia dell’arte (forse a Vicenza da parenti napolitani), e dopo di aver recitato in compagnie d’ultimo ordine, fu sposata ancor giovinetta a Giuseppe Vidari, attore della primaria Compagnia.
Noi, pei quali fu certo ch’egli era uom dabbene, lo credemmo volentieri egregio attore ; ma s’altri del suo valor nell’arte comica facesse giudizio diverso, non vorremo sdegnarcene, perchè teniamo la bontà in maggior conto del talento. […] È certo che alle tasche del Belli facevano capo e madre e fratelli e figli di fratelli, alla cui educazione egli attendeva severamente. […] A codesto ascendente ch’ egli aveva sullo spettatore, a codesta specie di fascino ch’ egli esercitava su di lui, molto certo contribuiva la perfezione dell’esteriorità, se così posso dire, nella quale son raccolti l’abbigliamento, il portamento, la truccatura (camuffagione) ; la truccatura più specialmente ; chè quando Belli-Blanes appariva sulla scena, ci si trovava ogni sera di fronte a un quadro nuovo e meraviglioso, come nella Gerla di Papà Martin, nel Romanzo di un giovine povero, nella Patria….
Noi non seguiremo certo i due innamorati a traverso le loro peregrinazioni artistiche e amorose, nè metterem qui tutte le canzoni che in dialetto veneto il povero innamorato le indirizzava ; alcune di esse troverà il lettore al nome di Cantù. Basti sapere che il matrimonio tra Colombina e Buffetto parve a questo argomento sufficiente per essere tramandato a’posteri in un Cicalamento (Fiorenza, Massi, 1646), che pare a me, e certo parrà anche al lettore, documento interessantissimo per la storia del nostro teatro di prosa.
E pare che il Marchese Decio fosse lo spauracchio de'Comici, se dobbiam credere a una nuova raccomandazione in nome del serenissimo senza nome del raccomandato nè dello scrivente, ma che concerne certo la faccenda Sacco, al Conte Francesco Dragoni Governator di Bersello à Modena, intestata A Lei Sola, e che comincia : Ella havrà riguardo a non lasciar cader il negotio, nè la confidenza sul Sig. […] Altra viva raccomandazione vi è del 5 marzo 1691 al signor Quaranta Caprara, perchè fosse di ajuto al Sacco nella riscossione di certo suo credito.
Per la lautezza dello stipendio determinò di prendere il volo insieme a un certo Melnati suo compagno d’art….istica miseria.
Non si sa s’ella si recò in Francia col marito ; certo morì a Paola in Calabria il 24 novembre del 1751 : il che potrebbe far supporre che sia stata anch’essa comica, appartenente probabilmente a famiglia di comici.
A lui certo allude Luigi Riccoboni (op. cit.
Fu l’Aliprandi attrice di molto merito, senza alcun dubbio, nonostante una recitazione alquanto accentuata, acquistata forse in quell’ambiente napoletano di attori e di repertorio, che ricordava nelle parti serie, con una certa gonfiezza della dizione non discompagnata certo da una palese abbondanza di intelligenza, le grandezzate del tradizionale Capitano Spagnuolo trapiantato a Napoli e vissuto per tanto tempo nelle nostre vecchie compagnie di prosa.
Tra le ultime parti che Angela Beseghi creò e che la fecer cara a ogni pubblico, fu quella della Suocera nelle Sorprese del divorzio, per la quale ella non è e non sarà certo, da chi ebbe il piacere di sentirla e di vederla, dimenticata.
Il suo nome sarebbe certo stato proferito con lode e ammirazione accanto a quelli della Tessero e della Pezzana, e di altre che, stelle fulgidissime, han brillato più tardi nell’orizzonte glorioso del nostro Teatro italiano.
Per una compagnia di giro in Italia, certo.
Ebbe il '25 compagnia in società con Filippo Zinelli, padre nobile, la di cui moglie Sofia Eloisa n’ era la prima attrice, e certo Pietro Simoni il primo attore.
La voce pubblica l’acclamava la più bella attrice della sua epoca, e per certo non s’ingannava. » Il 1826 recitò a Padova la Francesca da Rimini.
Veronese Cammilla) e concernenti certo il Veronese.
E codesta protezione, avvertita subito dagli altri comici, fu cagione di chiacchiere non inaspettate certo, ma pur sempre dolorosissime. […] Sentiamo ancora il Gozzi : Narrava d’aver appreso a non portare più brache, perchè le brache, massime in certo tempo, chiudono e conservano sotto a’ panni delle femmine un tanfo di schifi odori.
.), e quelle che traggo dagli Scritti inediti di Antonio Colomberti, attore assai pregiato e contemporaneo del De Marini, che desteranno, son certo, il più vivo interesse per le particolarità artistiche onde son ricche. […] Egli diceva come il celebre Zanerini : – L’artista vestito in carattere ha già fatto la metà della parte. – Era cosa poi assai sorprendente per gli stessi artisti che con lui recitavano, il vedere come si prevaleva delle più piccole cose, come una scatola da tabacco, una penna da scrivere, una sedia, un tavolino, per ricavarne un effetto certo in una scena o in altra della produzione.
Così accadde, cito il maggiore esempio, di Tommaso Salvini, il quale se a Gustavo Modena dovè la ispirazione e la concezione e il metodo tutto moderno di esposizione, a Luigi Domeniconi dovè certo il metodo dello studio analitico. […] Abbiamo due censure ; l’ecclesiastica è in mano di certo abate Somaj, che è il più somaro ed il più incomodo di tutti i revisori.
Egli è certo, che i Romani molto tardi ebbero teatri stabili, e che le favole drammatiche in tempo de’ Ludi si rappresentavano nel Foro dove con statue e pitture che dagli amici, ed anche dalla Grecia soleano gli Edili Curuli, cui apparteneva la cura degli spettacoli, farsi prestare, ornavano il luogo in modo di scena. […] Egli è certo, che quando Tiberio cacciò da tutta Italia gl’ istrioni per la loro somma petulanza e immodestia, e che quando Nerone medesimo, alcun tempo dopo averli richiamati, fu costretto per timor di qualche grave periculo a bandirli da Roma, non cessarono le rappresentazioni delle favole teatrali, segno evidentissimo che non vennero compresi nel bando sotto il nome d’ istrioni i tragedi e comedi, cioè coloro che recitavano e cantavano drammi regolati. […] Aurelio, siamo anche istruiti, che vi erano allora Compagnie o Collegj liberi di Mimi, e che in quelle si aggregavano coloro che volevano servire alla scena, o nel rappresentar mimiche azioni, o nel saltare in teatro, e che costoro latinamente chiamavansi adlecti scenæ, ed aveano certo sacerdozio, per cui si diceano Parassiti di Apollo, il che si raccoglie ancora da altre lapidi.
Ma quando si presenta ai lumi della ribalta, forte di quegli studj, sicuro di sè, vissuto ben lungo tempo nel suo personaggio, fattolo spirito del suo spirito e carne della sua carne, il pubblico si trova sempre dinnanzi a un’opera di novazione, discutibile certo, ma certo opera d’arte, e della grande arte. […] Ci vuole quel certo non so che di convenzionale, senza del quale l’attore copia « la gretta natura. » O proprio sarebbe tempo, che critici ed attori non invadessero il campo altrui, e noi attori specialmente lasciassimo a chi ne ha il cómpito di fare e creare i personaggi.
Terenzio neppure di tal gregge fece uso; ond’è che nè anche da ciò potè derivare il farfallone di certo Francese, il quale, come narra Madama Dacier, lodava i cori delle commedie di Terenzio (Nota XVII). […] Di quest’ultima favola parlando Scaligero intorno a Varrone, dice: Pomponio poeta Atellanario intitolò certo esodio 131 Pitone Gorgonio, il quale, a mio credere, altro non era che il Manduco, perchè il nome di Pitone è posto per incutere terrore, e Gorgonio equivale a Manduco, dipingendosi i Gorgoni con gran denti. […] Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce maccus appartenesse alla lingua Osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la Greca voce μακκαειν, delirare, e l’altra μακκοαω, far l’ indiano, usata da Aristofane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del macco degli Atellanarii. […] Non era dunque l’esercizio del rappresentare quello che disonorava gli attori in Roma, ma sì bene la loro condizione di servi accoppiata alla vita dissoluta che menavano; là dove gli Atellani liberi, e morigerati sino a certo tempo, godevano della stima della società e delle prerogative di cittadini.
Comunque sia, se le lacune nello stato di servizio artistico dello Scala sono troppe, è certo ch'egli così in Italia come fuori fu artista reputatissimo per lungo volgere d’anni, e gentiluomo de'più diletti a principi e a letterati. […] A. che di questo negozio non se ne tratti, perchè non è proporzionato alla sua Grandezza, che quattro commedianti si allontanino dal suo gusto, et che lasciando in parte il dovuto rispetto non stiano mai d’accordo in sieme, come al certo non starebbon questi, et tanto meno in Francia nel Teatro di sì gran Corte ; e V. S. tenga per certo ch' io non mi inganno, perchè mi ricordo degli esempj de casi seguiti al tempo della fel. mem. dell’A. […] A questo punto cessano le notizie della vita artistica di Flaminio Scala, di colui che, se non migliorò la commedia dell’arte, la sviluppò certo, dandole nuovi e più varj atteggiamenti.
Chi ne sia l’autore non è detto : certo fu scritto di mano del proprietario del codice, Francesco Orlandi.
Ma se la Bastona era del carattere di Vitalba, tale da volger tutto al riso e da mostrarsi in veste di Rosmonda a ballar la Furlana, che quella sera fu certo più accetta al pubblico della tragedia stessa, fuor di scena pare fosse un vero grano di pepe.
Dalla prefazione a una sua opera tragica intitolata Il carnefice di sè stesso, si apprende com’egli fosse a Napoli in Compagnia di certo Fabrizio, nella quale recitava le parti d’innamorato.
ma è stato nella quadragesima passata ricercato in Roma, et in altre parti, hora è in Genova, e mi fa a credere di certo che con poca fatica sarebbe con noi.
Ora egli sta preparando la Storia del teatro contemporaneo, di cui è già a stampa la prefazione, e un Libro di memorie ; e io e quanti aman l’arte con me auguriamo all’egregio uomo di condurre a fine le due opere che saran certo dei più preziosi contributi alla storia della nostra scena di prosa.
Non certo alcuno menzionato nel dizionarietto del Bartoli, poichè Domenico era già morto nella primavera del 1774, cioè quindici anni prima dell’incontro di questo col Casanova ad Ausburgo : non la Marianna morta a venti anni.
E infatti egli si mostrò sotto le spoglie de' varj grandi personaggi di Shakspeare, salutato, se non forse come un avvenimento, certo come una promessa ; e la fama del trionfo corse ovunque nel vecchio e nuovo mondo, ed egli s’ebbe onori inaspettati in Russia, in America, in Austria, in Polonia, ecc.
Io che ho replicato presentemente, per quanto prevedo me ne asterrò per l’avvenire, sicuro della mia retta intenzione, e de’ fatti scenici che riferisco, contro de’ quali, per la conoscenza che tengo del vostro modo di disputare, son certo che voi non opporreste, che congetture cavillose, e passi particolari rubacchiati quà e là, o stiracchiati, o troncati. […] Perdonatemi questa insinuazione; ma siate certo, che il Mondo è persuaso della verità del motto Virgiliano: Non omnis fert omnia tellus. […] Il Signor Lampillas va ruminando1 i materiali della Storia Letteraria di Spagna intorno alla venuta de’ Fenici alle Coste di Andalusia da tempo anteriore a quello di Salomone, e dice: “E’ certo, e incontrastabile il commercio, e lo stabilimento de’ Fenici nella Spagna anteriore assai all’epoca di Salomone; e perciò abbiamo questo non dispreggevole argomento a provare il valore degli Spagnuoli nelle Scienze”. […] Se questo non si potesse diffinire, se gli Scrittori lo stimassero assai più moderno, il Signor Agologista con troppa sicurezza, senza avere riscontrati gli originali, sulla fede de’ compilatori Cordovesi della Storia Letteraria, par che affermi esser certo, incontrastabile il commercio Fenicio in Ispagna anteriore all’epoca di Salomone. […] Saverio Lampillas, che è certo, è incontrastabile, che essi vi vennero 1500. anni prima di Cristo1?
In mezzo ai petrarcheggiamenti diluiti all’acqua di rose, poteva stare anche Lei, non ultima certo. […] Et io me ne aspetto anco di meglio, però che credo, che egli habbi guidate più comedie, che composte ; onde son certo, che egli sarà fatto più esperto nel modo del condurle, che nelle proprieta loro nello inuentionarle. mad eccoci a lui. […] Questa per certo è impresa grauissi-ma. […] Auuertimento per certo necessario. […] Per certo il recitante hà piu parte nella comedia, ch’io non pensaua, et forse che altri non crede.
La tragedia grande o domestica si prefigge di eccitare il pianto, ed esclude ogni riso: la commedia ride più e meno e in diversi modi, e non esclude certo pianto. […] Io veggo nelle sue espressioni certo studio non molto occulto di mostrarsi spiritoso, (Nota VII) ond’è che la sua maniera degenera alcuna volta in affettazione, e fa perdere di vista i personaggi palesando il poeta. […] Convenendo col Voltaire per la mancanza di piacevolezza e in certo modo anche di azione, parmi di non poter negarsi alla commedia del Méchant il merito d’un vivace colorito ne’ caratteri, della buona versificazione e di uno stile salso ed elegante. […] Dotato di spirito e d’ingegno mancava di naturalezza nello stile, e gli noceva singolarmente certo parlar gergone a lui proprio. […] Nel loro gestire apparisce certo non so che di originale e di facile che mi diletta, e diletterebbe ognuno se non venisse sfigurato dal loro dialogo insipido e dall’intreccio assurdo”.
M’impegna in certo modo a cimentarmi col celebre P. […] Le lagrime di questo popolaccio dinotano ch’egli abbia cuore, e dove egli piange, è certo che vi è il patetico. […] E pure il maestoso Virgilio che riscalda sì bene il Rapin, mischia in fatti in certo modo il piacevole al serio, inserendo nel suo gran Poema l’eccellente descrizione de’ Giuochi Ginnici al Sepolcro di Anchise, imitata da quelle dell’uno, e dell’altro Poema di Omero; e in essa oltre al piacevole si sveglia certa specie di ridicolo per l’avventura di Darete. […] Vedrà poscia con altr’occhio la difesa, che ne imprende con più calore, che avvedutezza, e con certo tono un poco troppo acuto, che può obbligare altri a rispondere in consonanza.
.° 375 ; depose di avere acquistata l’opera « Il piano di fortificazione, » da certo Sig.
Lo stesso Costetti, lodatore cordiale del Colomberti (I dimenticati vivi della Scena italiana) pur non accettando quel nomignolo, dice che certo, per non dare intero il torto al Bonazzi, si può convenire che nel temperamento artistico di Antonio Colomberti l’ elemento meditativo avesse sugli altri preponderanza.
In essa, una sera, uscendo di teatro a Milano, gli fu, per ordin certo del tradito, ch'era tornato in Italia, tirato un colpo di pistola che lo ferì in un fianco.
Il tipo di Miseria e Nobiltà non è certo il medesimo di Tetillo ; quello di mettiteve a fa l’ammore co me è ben diverso dall’altro di Duje marite imbrugliune, e così di seguito.
Se non della grandezza del valor comico, abbiam certo una prova della versatilità dell’ingegno artistico dello Zecca in una sua lettera da Parma del 29 aprile 1646 al Duca di Mantova, a cui manda un libretto della prima opera cantata a Piacenza, ed altro ne manderà presto del compositore Marelli. « E mi dispiace – dice – non poter essere a Piacenza a sentirle, convenendomi recitar per interim in Parma da primo Zanni nella Compagnia dell’E.
Il '94 esordì come caratterista in Compagnia Maggi, trovando ancora festose accoglienze di pubblico, non quelle certo acquistatesi col primo ruolo.
Col tempo li riparano le stragi, si seminano di nuovo i campi, li rialzano gli edifici, se il nuovo signore lascia intatti i costumi; e non alterando gran fatto il governo, sembra egli stesso conquistato in certo modo dal popolo aggiogato. […] «Egli é certo (dice un filosofo dell’ultimo settentrione) che in ogni paese i progressi delle scienze si sono aumentati a misura della felicità nazionale.
Dati i versi del La Fontaine, l’articolo incensatore del Mercure de France, e l’impiego alla Corte di Sassonia, dovè certo Angelo Costantini essere salito in grandissima fama, tale da essere dal Watteau ritratto in ogni maniera, e solo e in compagnia de’comici italiani, tra’quali il più delle volte occupa il primo posto. […] È certo però che dietro il racconto del Costantini furon fatte in Olanda, e sempre indarno, tutte le possibili ricerche per aver notizia di quel tal romanzo.
.), perchè interponesse i suoi buoni offici presso certo Messer Gio. […] Notizie queste esattissime di certo, perchè riferite al Locatelli da Eularia, come tutte le altre concernenti lei stessa.
La pastorale che in un certo modo si scosta meno dal Ciclope di Euripide, è l’Egle del Giraldi Cintio che egli intitolò Satira. […] Un oimè che esce dalla becca di Aminta assicura Silvia della vita di lui: uno sguardo volto a lei che gli bagna il volto di lagrime, fa certo Aminta dell’amore e della vita di Silvia. […] fatto certo Ciascun dell’altrui vita, e fatto certo Aminta de l’amor de la sua ninfa, E vistosi con lei congiunto e stretto; Chi è servo d’amor, per se lo stimi. […] Non così la Gratiana di un certo Accademico Infiammato uscita alla luce in Venezia nel 1590 ripiena di sciapite buffonerie e di personaggi scempi come un caprajo tedesco e due buffoni Magnifico veneziano e Graziano bolognese.
La pastorale che in certo modo si scosta meno dal Ciclope di Euripide, è l’ Egle del Giraldi Cintio ch’egli intitolò Satira. […] Un oimè ch’esce dalla bocca di Aminta assicura Silvia della di lui vita: un di lui sguardo verso lei che gli bagna il volto di lagrime, fa certo Aminta dell’amore e della vita di Silvia. […] fatto certo Ciascun de l’altrui vita, e fatto certo Aminta de l’amor de la sua ninfa, E vistosi con lei congiunto e stretto; Chi è servo d’amor, per se lo stimi; Ma non si può stimar, non che ridire. […] Non così la Gratiana di un certo Accademico Infiammato uscita alla luce in Venezia nel 1590 ripiena di sciapite buffonerie e di personaggi scempi come un caprajo Tedesco e due buffoni Magnifico Veneziano e Graziano Bolognese.
Io noto nelle sue espressioni certo studio non molto occulto di mostrarsi spiritoso.» […] Delle commedie del Boussy sono rimaste al teatro le Apparenze ingannevoli, il Chiacchierone, ed il Francese a Londra, le quali hanno un merito superiore alle altre, e si sono per lungo tempo ripetute con certo applauso. […] Egli non pareggiò i contemporanei, ma ebbe certo modo di ridicolizzare a lui proprio, che gli fe un nome. Dotato di spirito e d’ingegno mancava di naturalezza nello stile, e gli noceva singolarmente certo parlar gergone a se particolare. […] Nel loro gestire apparisce certo non so che di originale e di facile che mi diletta, e diletterebbe ognuno se non venisse sfigurato dal loro dialogo insipido, e dall’intreccio assurdo» .
Un certo Durval nel 1636 le metteva affatto in ridicolo.
La regina Cristina si valse della penna del Messenio per far comporre favole suedesi comiche e tragiche per rappresentarsi da’ cavalieri e dalle dame di corte; ma furono primi tentativi superati in certo modo da Olao Dahlin nato nel 1708, che altre indi ne scrisse meno imperfette.
Pare che il Bachino fosse un innamorato co’ fiocchi, certo non ispregevole, se Pier Maria Cecchini lo proponeva per la sua compagnia al Duca di Mantova, e lo riteneva se non eguale, almeno di poco inferiore al grande Adriano, il Valerini (V.
Nato a Bologna nel 1666, si unì a soli quindici anni, a un ciarlatano, certo Girolamo, che vendeva i suoi unguenti col mezzo di buffonerie….
E il Rossi andò in compagnia, e mali umori certo ce ne furono, e invidie, e armeggii nascosti, come si può vedere da questo bigliettino anonimo del 5 maggio 1852 : Egregio Signore, Si esorta il signor Direttore della Real Compagnia a non voler più oltre defraudar le parti dovute all’ Esimio attore Giuseppe Peracchi col sostituirle all’attore Ernesto Rossi ; onde evitare qualsiasi disordine che in Teatro ne potrebbe nascere. […] Fu il '66 in Francia e in Ispagna ; si stabilì il '67 a Napoli, ove gli affari andarono alla peggio ; e avrebbe certo dato fondo a ogni avere messo assieme con tanti sudori, se il buon genio della cassetta non gli avesse suggerito di comporre una specie di satira in tre atti con musica — Colpe e Speranze — che andò in iscena il 25 dicembre, e piacque a segno da non lasciare un sol giorno il cartellone per tutto quel carnovale. […] Non ho, come ho detto da principio, avuto la sorte di sentire Ernesto Rossi al culmine della sua gloria : l’ho sentito quando io era troppo giovine per poter giudicare dell’ opera sua, e quando egli era troppo vecchio, perchè potessi farmi un’idea chiara della grandezza passata : certo l’una volta e l’altra ebbi nell’animo impressione profonda.
Egli è vero che le grazie puramente musicali sfoggiate al di là d’un certo segno fanno svanire l’illusione ch’è l’anima dell’interesse teatrale, ma egli è vero altresì che la troppo fedele e perfetta imitazione dei tuoni naturali privi dell’abbellimento che ricevono dalla musica non avrebbe sulle passioni la stessa forza muovente che ha l’altra imitazione meno perfetta ma più abbellita di cui è capace la melodia. […] Ora profferiscono le parole con un certo andamento uniforme e concitato che non a declamazione o a discorso naturale rassembra, ma a quelle orazioni piuttosto che i fanciulli sogliono cinguettare presso al loro babbo. […] Imperocché egli è certo che altra via non hanno le arti rappresentative per commuoverci agli affetti se non quella di colpir la nostra immaginazione nel modo stesso che la colpirebbero le cose reali e per gli stessi mezzi; onde se con altri stromenti viene assalita, o le si parano avanti idee in tutto contrarie a quelle delle cose, non è possibile a verun patto eccitare la commozione. […] Vi saranno al certo delle eccezioni a questa regola, ma non le conosco. […] Qualunque ne sia stato il motivo, certo è che l’usanza degli asiatici antichi e moderni non è tanto abbominevole quanto la nostra, perché almeno la sapevano palliare con un pretesto in apparenza scusabile.
Il documento d’archivio non lo dice, ma, certo non quella del Di Fiore, che nel 1745, un anno prima, cioè, di passare al Nuovo recitava a San Carlino.
Mi si perdonerà l’esorbitanza degli aggettivi qualificativi, ma certo chi ebbe la sorte di vederla e di udirla, li troverà inferiori e insufficienti ad esprimere il vero. […] Forse, chi sa, anche la seconda volta, nel 1608, il Cecchini riuscì a tornare in Francia direttore di compagnia a forza d’intrighi, e certo entusiasmò il pubblico e la Corte con l’arte sua. […] » E più innanzi : « Chi vorrà Frittellino bisognerà pagare le anticaglie (allude alla moglie Orsola già vecchia per parti di fanciulla) e pigliare l’istessa discordia in Compagnia…. » Non sappiamo se per potenza d’amore, o per ragion d’amor proprio o di mestiere o d’interesse, il Cecchini subisse codesto diavolo in sottana : ma è certo che nell’una cosa o nell’altra si dee ricercar la causa della lor serbata unione. […] I) : Prima che si lasciasse comparire alcuno in su le pubbliche scene, bisognerebbe intendere quel ch’egli sa, perchè vuol recitare, e se è instruito dell’ordine che si tiene, che in questo modo molti che vengono a far comedie per non lavorare, tornerebbero a’ lavor senza far comedie, e certo che questo sarebbe cagione di molti beni. […] Il ciarlatanismo non doveva certo esser discompagnato dall’alto valore, se ci facciamo a pensare a quel suo disprezzo per tutti quei che lo circondavano, e che, naturalmente, indignati per la tirannia gli facevan guerra apertamente e copertamente. « Mi abbandonate ?
Colla mia solita sincerità replicai al prelodato valentuomo, che io sin dal 1779. essendo stato in Genova di lei commensale, e dovendole il dono di alcuni libriccini, nel tempo stesso che mi lusingava di essere in certo modo in possesso della di lei buona grazia, mi vedea in una specie di obbligo, nel prodursi qualche mia bazzecola, di avvertirne io stesso il valoroso competitore. […] Già saprete che i miei primi passi io spesi nel Foro Napoletano; ora io ne ritrassi non solo certo fuoco non isconvenevole nell’atto della disputa, ma dopo di essa certa nobile serena giovialità verso l’avversario, che fa quivi distinguere la persona costumata da chi non è tale.
Dell’Armani, bellissima, s’innamorò uno de’principi Gonzaga ; e Don Antonio Ceruto, giureconsulto e poeta, in un suo passo riportato dal D’Ancona, dice : heri il signor Federico da Gazuolo venne posta a Mantova per menar seco la comediante Vincenza a solazzo ; ma la cattivella dubitando de non vi lasciare in un punto l’acquisto di molti mesi, fatto con sudore, fingendo di hauer un certo sdegno con lui, si riparò bravamente, e lui a guisa della donna del corso, subito tornò in dietro, bravando et bestemmiando, non essendogli restato altro che la lingua per potersi vendicare. […] « Si trasformava come un novo Proteo a i diversi accidenti della favola, e se nella comedia facea vedere quanto ornamento abbia un dir famigliare, dimostrava poi differentemente nella tragedia la gravità dell’eroico stile, usando parole scelte, gravi concetti, sentenze morali, degne d’esser pronunziate da un Oracolo : e se occorreva sopra di qualche suo Amante o parente di vita spento, lamentevolmente ragionare, trovava parole e modi si dolorosi, che ognuno era sforzato a sentirne doglia vera, e ben spesso anche lagrimare, benchè sapesse certo le lagrime di lei esser finte….. […] Il Valerini le dedicò vari sonetti, e vari glie ne dedicarono Giacomo Mocenigo, l’Accademia degl’Intronati, Antonio Sottile, Niccolò Pellegrino, Fulvio Urbino, Giovanni Saravalle, Nicola Cartari, Giovan Battista Gozzi, Luzio Burchiella, comico geloso (V.), Francesco Mondella, e l’Accademia degli Ortolani ; ed ebbe stanze da Giovanni Acciajoli e da altri : rime tutte che seguono l’orazione del Valerini ; alle quali tengon dietro le rime dell’Armani stessa al Duca di Mantova, a Lucrezia D’Este, alla Città di Vicenza, al Duca di Ferrara, e un’ode tutta sensuale in memoria certo de’suoi amori.
Nel gennaio del ’70 vediamo il Ganassa prender parte alle nozze di Lucrezia d’Este in Ferrara, come è detto in questo brano di lettera riferito dal Solerti : con le confetture vi comparve Zanni Ganassa, e con un cinto in mano assai piacevolmente rintuzzò e fece cagliare un certo Ernandicco Spagnuolo…… Si recò la prima volta a Parigi nel 1571 colla sua compagnia, secondo un documento del 15 settembre pubblicato dal Baschet, ma pare non vi recitasse, per un divieto del Parlamento, non ostante le Lettere Patenti del Re di cui egli era munito.
Io sono l’anima di tuo padre destinata per certo tempo a vagar di notte, e condannata al fuoco durante il giorno, affinchè le fiamme purifichino le colpe che commisi nel mondo . . . . . […] Il Morto racconta, come suo fratello innamorato della moglie e del regno suo, lo fece avvelenare mentre dormiva nel giardino versandogli nell’orecchio certo velenoso licore sì contrario al sangue dell’uomo, che a guisa di mercurio s’insinua, penetra tutte le vene, gela il sangue, e ammazza prontamente. […] E prosegue dicendo cose che sembrano totalmente fuori di ragione, benchè vi si osservi certo metodo e molta acutezza. […] Orazio, dice Amlet; quanto disse lo spirito è troppo certo!
I due imbauttati, a detta del Martinelli, erano certo Ottavio Caura, e un guantaro, soldati entrambi di corte.
Non è che i Francesi non avessero anche avanti notizia di qualche spezie di rappresentazioni musicali, poiché senza risalire fino a’ provenzali, che furono i primi a introdurle in Italia, sappiamo ancora che erano conosciute fin dai tempi di Francesco I, il quale fece venir da Firenze parecchi uomini celebri in questo genere, annoverandosi tra loro corte il più distinto un certo Messer Alberto chiamato dall’Aretino in una lettera scrittagli nel 6 di luglio del 1538: «lume dell’arte, che l’ha fatto sì caro alla sua Maestà e al mondo». […] Pel sentiero da lui indicato si stradarono parecchi scrittori desiderosi d’arricchire la poesia germanica con un teatro lirico nazionale; ma o fosse che la lingua rozza e inflessibile non potesse alla dolcezza musicale abbastanza piegarsi, o nascesse ciò dalla penuria d’ingegni superiori, certo è che i tedeschi abbandonarono allora il pensiero di scriver drammi nel proprio idioma. […] Da una lettera di Don Angelo Grillo scritta a Giulio Caccini si rileva che «la nuova musica drammatica inventata dal Peri era dalle corti de’ principi italiani passata a quelle di Spagna e di Francia», lo che, essendo certo, proverebbe che l’opera in musica fosse stata trapiantata fra gli Spagnuoli quasi subito dopo la sua invenzione.
La capa parda ed il sombrero chambergo, cioè senza allacciarsi, ancor di cara memoria a’ Madrilenghi, un uditorio con tante spezie di nascondigli e di ritirate di certa oscurità visibile, per valermi dell’espressione di Milton, e l’abuso di mal intesa libertà, facilitava le insolenze di due partiti teatrali denominati Chorizos y Polacos, simili in certo modo a i Verdi e a’ Torchini dell’antico Teatro e del Circo di Costantinopoli. […] II Saben «che il nome di Chorizos venne da’ Chorizos che mangiava certo buffone in un tramezzo, e quello di Polacos da un fatto che Huerta sa ma che non vuol dire». […] Ed il Signorelli quando parla di sombrero chambergo altro non dinota che un cappello slacciato che involava una parte del volto e proteggeva in certo modo la baldanza popolare.
Sua sia Christiana, che non permetterà che offenda dio esercitandola, e non scorra pericolo di sposare la gia nominata Argentina che pure è in detta Compagnia, certo alhora di non lasciar mai più tal mestiere, e piombare al Inferno. […] Vivono invece quelle sul teatro, consultate da chiunque si dia a tal genere di studj, e specialmente La storia del Teatro italiano, opera più che altro di polemica, per quella benedetta quistione della derivazione della commedia dell’arte dall’antica Atellana, e dello Zanni arlecchino dall’antico Sannio, che aveva sotto certo rispetto le stesse caratteristiche del costume : quistione non ben risolta tuttavia.
Benchè in questa non prendesse parte la Bastona, nondimeno è certo che ella era già nella compagnia col marito Focher o Focari, che sosteneva in detta opera la parte di Stricherhoc, come abbiam visto.
Abbiam di lei la lettera seguente, tolta a quell’ Archivio di Stato, l’ eroe della quale è certo quel Domenico Antonio Parrino (V.), comico e istoriografo napoletano, che in quel tempo appunto era al servizio del Duca di Modena.
Ma il concetto della parte era sempre qual si doveva, e si mostrasse egli come Esopo, o Padre Prodigo, o Bernard, o Cavalier di Spirito, o Fabrizio, o Bolingbrocke, o Carlo V o Camillo Blana, o altro…. se non potè essere per l’ orecchio del pubblico attore eccellente, fu certo e sempre pel suo cervello eccellente artista.
ci dicon troppo poco ; ma certo morì quasi improvvisamente e fu sepolta a Padova (V. il sonetto di Matteo Bembo, pag. 44, e quello di Verdizzotti, pag. 16) dopo una ricaduta fatale della malattia, quando tutti eran certi omai della guarigione.
E per difficile che sia il liberarsi dell’abito d’infanzia e dell’educazione, il nostro zelo ci sprona, e per poco voi ci mettiate in istato di perseverare, noi diverremo, lo spero, se non attori eccellenti, men ridicoli certo ai vostri occhi, fors’anco sopportabili.
Lo sono i tuoni variati e distinti o per la loro gravità ed acutezza, o per la loro lentezza e velocità, essendo certo che un uniforme e per qualunque circostanza non mai alterato grado di voce non potrebbe divenir oggetto d’imitazione per la musica. […] Laonde il suo silenzio suppone o un troppo sfavorevole pregiudizio, o un certo livore poco degno d’un sì gentile cultor delle muse. […] Egli è un peccato che nell’ordire i piani non sia stato abbastanza felice, che non dipinga i caratteri colla costanza che si richiederebbe, che gli scioglimenti siano freddi e per lo più inverosimili, e che il desiderio di ridurre il melodramma ad un certo sistema adottato da lui, il quale consisteva nell’intrecciar insiem nell’azione la poesia, il ballo, la musica e la decorazione, l’abbia talvolta fatto cadere in istravaganze. […] E tali sono ancora le danze fuori di luogo frapposte almeno nella maggior parte, essendo certo che un giorno di lagrime e di lutto quale dovea essere per gli Argivi quello ove perduta aveano ad un solo tratto pressoché tutta la stirpe dei loro re, non era il più a proposito per ordinare quattro balli differenti. […] Del restante qui non parlasi che della maggior parte, essendo certo per altro che trovasi attualmente fra i poeti italiani più d’uno che compone con sensatezza e con gusto.
Si dee sapere, che fra gli altri ciarlatani, empirici ed istrioni, che a’ nostri giorni han fatto e fanno grandissima fortuna in Parigi, vi sono con carrozza ed equipaggio un certo Nicole, e un certo Nicolet, de’ quali il primo a forza di far correre avvisi stampati per guarire il mal francese, e ’l secondo a forza di rappresentar farse e buffonerie sopra i Baluardi e alle Fiere di San Germano, e di San Lorenzo, seppero così ben fare i fatti loro, che da molti anni sono padroni di varie terre, le quali hanno titolo di Signorie.
E se il Signor Lampillas si prendesse il travaglio di leggere questa parte di quel Dramma, presumendolo dotato di cuore sensibile, son certo che in questo ci accorderemmo; nè mi condannerebbe per aver io dubitato che qualche Oltramontano avvezzo alla gonfiezza sdegnerebbe forse quella naturale, viva, patetica dipintura. […] Se non costa, a che darlo per certo? […] Non vi è altro di certo se non che s’ignora, del pari della nascita, il tempo e il luogo, in cui il Perez compose le sue Tragedie, e che restarono sconosciute a tutto il Mondo; nè s’impressero, nè mai si rappresentarono, e giacquero sepolte per più di mezzo secolo.