Forse egli, buono, sarebbe rimasto col cognato sino alla morte ; ma l’umor bestiale di lui, fattosi ancor più intrattabile pel ridicolo sopravvenir di una senile passione amorosa, lo spinsero a partirsene per congiungersi coi figli : lo vediam poi più tardi con la Battaglia insieme a Giacomo Modena.
E se la regolarità, il buon gusto, la verisimiglianza, l’interesse, e l’unità di disegno, che trionfano in quell’ultima, accompagnassero la robustezza e l’attività della prima oggi che ne son bandite le antiche buffonerie, la lite della preferenza sarebbe decisa a favor dell’inglese. […] Schlegel che sarebbe stato il Corneille della Germania, se la morte non l’avesse arrestato nel più bello della carriera, il barone di Cronegk che ne sarebbe stato il Racine, ma che cessò di vivere nell’anno suo ventesimosesto253, il robusto signor Weiss autore di Giulia e Romeo 254, e i signori de Brave, Krüger255, Gaertner, Bodmer, Wieland, e ’l valoroso maggiore Kleist morto in guerra nel 1758 in servizio di S. […] Lo scioglimento é fatto, si é ricuperato il biglietto se n’é destinato il guadagno, lo spettatore crede di esser congedato, quando nell’ultima scena comparisce un nuovo personaggio, un signor Antonio, un amante della Carolina, e incominciano esami, discussioni, prosteste d’amore, di disinteresse, o tutto così a bell’agio come si sarebbe nel bel mezzo della commedia256.
Dura sarebbe tale conseguenza, ma vergognosa quella che si tirerebbe contro della vostra onestà.
Il Nasarre non sarebbe stato forse indotto dal folle orgoglio nazionale a pronunziar seriamente tali scempiaggini, se avesse riflettuto, che per le continue guerre e inquietudini ch’ebbe la Spagna per lo spazio di quasi otto secoli cogli Arabi conquistatori, l’ ignoranza divenne così grande in quella Penisola, e tanto si distese, che nel 1473, come apparisce dal Concilio che nel detto anno, per ripararvi si tenne dal cardinal Roderigo da Lenzuoli Vicecancelliere di S.
Secondo Adolfo Bartoli sarebbe stata quella la Compagnia degli Uniti, che si erano formati, – egli dice – sotto la direzione di Adriano Valerini nel 1580 circa.
« L'avvenire del teatro veneziano – egli disse una sera dell’ottobre '98 al Rossini di Venezia in una intervista con Renato Simoni – sarebbe splendido, ove, tolti di mezzo gli ostacoli, non creati da me, che dividono la nostra Compagnia da quella di Gallina, ci trovassimo uniti tra i migliori : Gallina, Benini, Privato, la Zanon, io, e i più buoni elementi delle due Compagnie.
Or non sarebbe ottima materia, benchè funestissima, per l’epopea, come io dissi? […] Andres); ma sarebbe stato incolpato d’ignoranza facendo quel pio Trojano padrone della Betica, ovvero la fondatrice di Cartagine regina di Numanzia o di Sagunto. […] Ciò sarebbe contro la verità e la savia pratica de’ nostri tempi. […] Con minore sfoggio il medesimo pensiero produrrebbe migliore effetto, e sarebbe più proprio di chi vuol persuadere. […] Con più senno egli ad esempio del Francese si sarebbe dipartito dal Greco nello scioglimento, in vece di adottarne la macchina a’ nostri tempi non credibile.
La fecondità dunque d’un’ idea vuole avere un termine, oltre al quale essa non sarebbe più grata. […] Egli sarebbe per poco stato messo a brani da un popolo d’entusiasti. […] Ma quando io pur si potesse, in tal compendio sarebbe forse bene accolto nel fine dell’opera, perché richiamerebbe alla memoria la già terminata azione; ma posto all’apertura del dramma io non so quale applauso sarebbe in dritto d’esigere. […] Il che sarebbe biasimevole anche più, perché nel teatro non va perduto un dito solo di spazio o di veduta. […] La cosa parla sì vivamente da sé, che a volersi arrestare a darne pruove egli sarebbe un cespitar nel piano.
Il suo adorno consisteva in una manta vecchia tirata con due corde, la quale dividea dal palco la guardaroba (che sarebbe il postscenium degli antichi); e dietro di essa stavano i musici che da principio cantavano senza chitarra qualche antica storietta in versi, che in castigliano chiamasi romance. […] Il Nasarre non sarebbe stato forse indotto dal folle orgoglio nazionale a pronunziar seriamente tali scempiaggini, se avesse saputo che per le continue guerre e inquietudini che la Spagna ebbe per lo spazio di quasi otto secoli cogli arabi conquistatori, l’ignoranza divenne così ereditaria in quella penisola, e vi si accrebbe tanto, che anche nel 1473, come apparisce dal concilio che nel detto anno, per dar riparo a questo inconveniente, tennevisi dal cardinal Roderigo de Lenzuoli Vicecancelliere di S.
Non capi codesto pedante che senza le precedenti insolenze, senza que’ pugni scambievoli , non si sarebbe ricorso a reprimerli dopo due anni con quell’espediente? […] E tutto questo sarebbe da intraprendersi all’ombra di quella parte critica non conosciuta e detestata dall’Huerta come satira maligna, ma da me con predilezione amata e studiata, e che vorrei che sempre nelle mie opere risplendesse , a costo di esser perpetuo segno di tutti los papelillos del signor Vicente, di tutti i possibili opuscoli del signor Don Pedro, di tutte le biblioteche de los Guarinos, e di mille scartabelli teatrali di Ramòn La Cruz muniti di prologhi, dedicatorie, e soscrizioni.
Tal cosa sarebbe certamente un assurdo, se si dovesse prender al naturale, ma così non è nel dramma musicale, il quale, siccome avviene a tutti gli altri lavori delle arti imitative, non ha tanto per oggetto il vero quanto la rappresentazione del vero, né si vuole da esso, che esprima la natura nuda e semplice qual è, ma che l’abbellisca, e la foggi al suo modo. […] Si richiede dal tragico, che esprima le passioni, e i caratteri, ma che gli esprima cogli stromenti propri dell’arte sua, cioè col verso, e collo stile poetico; altrimenti s’avesse a dipignere veramente le cose quali furono, sarebbe costretto a far parlar Maometto, e Zaira in linguaggio arabo piuttosto che in francese, in prosa familiare, e non in versi alessandrini. […] Ciò sarebbe lo stesso, che render affatto inverosimili tali componimenti, i quali hanno bisogno di tutta la magia della musica per esser probabili. […] Parlasi qui dell’opera seria non della buffa, nella quale vuolsi, come nella commedia, giocondo fine. né veggo perché il Catone in Utica sarebbe men pregievole se il protagonista s’uccidesse in presenza degli spettatori di quello che sia facendo altrimenti. […] Supponghiamo che Carlo VI avesse avuto genio contrario, que’ poeti per secondarlo avrebbero fatto andare tutti i loro componimenti a tristo fine, e dall’esempio loro si sarebbe cavata una regola inviolabile pei suoi successori.
Simile sarebbe di Montezuma, sì per la grandezza, come per la stranezza e novità dell’azione; dove fariano un bel contrasto i costumi messicani e gli spagnuoli vedutisi per la prima volta insieme, e verrebbesi a dispiegare quanto in ogni maniera di cose avea di magnifico e peregrino l’America in contrapposto dell’Europa 42.
E come sarebbe dall’Attica passata la scenica in Italia, quando vari monumenti storici ci assicurano, che ancor dopo molte età, per la solita primitiva gelosia nazionale, neppur tutti i piccioli continenti italiani si conoscevano tra loro?
Come poi sarebbe dal l’Attica passata la scenica in Italia, quando varj monumenti istorici ci assicurano, che ancora dopo molte età, per la solita primitiva gelosìa nazionale, neppure tutti i piccioli continenti Italiani si conoscevano tra loro?
Come poi sarebbe dall’Attica passata la scenica in Italia, quando varj monumenti istorici ci assicurano, che ancora dopo molte età, per la solita primitiva gelosia nazionale, neppure tutti i piccioli continenti Italiani si conoscevano tra loro?
Non sarebbe anche qui il caso, a vedere il Ferravilla fuor della scena, con quell’aria d’uomo triste o almen d’uomo annojato, di consigliargli di andare un po’a sentire il Ferravilla ?
[17] Il lavorar una canzone a ballo in occasione di tale e sì profonda tristezza qual è quella che dee opprimere un amante per la morte dell’oggetto che ama, è ugualmente contrario alla imitazion naturale di quello che sarebbe in un pittore il dipigner agghiacciati i fiumi posti sotto la linea equinoziale, o un bosco di cannella nel Settentrione. […] Se l’illustre storico della letteratura Italiana, che tant’onore ha recato alla sua nazione, ignorò il gran numero e il valore dei mentovati stranieri, i quali si portarono in Italia ad illustrar sì distintamente e sì gloriosamente la musica, noi non sapremmo se non istupire di tal negligenza meno scusabile trattandosi d’un’arte onde gl’Italiani vanno a ragione così superbi di quello che sarebbe stata in tanti altri punti poco interessanti, ne’ quali però ha egli avuta la compiacenza di fermarsi a lungo. […] Non trovandosi la menoma forza in veruna delle pruove particolari addotte dall’autore sarebbe inutile il cercarla nella riunione di esse; giacché la validità integrale d’un ragionamento non altronde risulta che dalla validità parziale delle ragioni che Io compongono. […] Il Signor Abbate non entra in veruna di tali ricerche; eppure cotale scoperta sarebbe stata la spada d’Alessandro, che avrebbe troncato il nodo della controversia, non la sottile osservazione d’un piccolo sbaglio su qualche lustro di più o di meno. […] Allora, ricavando da tal esame che la musica araba aveva maggior conformità colla persiana e coll’orientale che non coll’europea, non si sarebbe affrettato a farla divenir madre della provenzale, non si sarebbe appagato di fiacchi e insignificanti rapporti, avrebbe potuto con più ragione rimproverare gli altri, e non avrebbe imitato quell’Alcasto descritto dal Tasso, il quale, offrendosi espontaneamente a Goffredo per andar a visitare la selva incantata, e motteggiando la codardia di coloro che l’aveano preceduto, al primo imbarazzo che trovò nella oscurità, e nei prestigi del bosco tornò indietro scornato senz’aver fatto cosa alcuna.
Ingrossando le corde del violino troppo fino allora sottili e fievoli, e stangandone alquanto l’archetto, raddolcì l’asprezza di quello stromento che sarebbe stridente di sua natura, e studiando sulla maniera di guidar l’arco di sotto e di sopra, di rallentarlo, d’affrettarlo, e di premerlo, giunse a trar fuori suoni dolcissimi, e maravigliosi. […] Infatti come sarebbe possibile, anzi a che gioverebbe la perfezione delle altre parti costitutive della musica, se quella, cui tutte debbono riferirsi, e dalla quale ogniuna principalmente dipende, restasse abbandonata alla ignoranza e al pessimo gusto? […] La prima cotanto rinomata ne’ fasti della moderna musica ebbe una folla di maestri, e di scuole, che lungo sarebbe il voler partitamente noverare. […] [21] Di lungo tedio e di niun giovamento al lettore sarebbe il venir meco per ogni dove cercando tutti i famosi professori di canto, che dell’uno e dell’altro sesso ebbe allora l’Italia, oppure quali fossero i diversi stili de’ Buzzoleni, de’ Cortona, de’ Matteucci, de’ Sifaci, de’ Carestini, de’ Senesini, delle Boschi, delle Cuzzoni, delle Visconti, e di tanti altri, l’abilità de’ quali è ita sotterra con esso loro, sebben non rimanga spenta in quanto alla fama.
Ma che male ciò sarebbe, sempreche l’Opera fosse buona in tutte le sue parti, ed equivalesse alla buona Commedia, e alla buona Tragedia? Questo vorrebbe significare, che alla buona Comica, e Tragica si sarebbe accoppiato il vantaggio della buona Musica onnipotente sulle passioni. […] 269.) che non sarebbe illusione, se si presentassero i veri oggetti: al che si è di sopra replicato, che il Signorelli non mai ha ciò sognato di pretendere, o asserire. […] Or che sarebbe, se i passi dati verso la perfezione dal Romano Cesareo Poeta s’innoltrassero un poco più, e la Musica gli seguisse sulle orme de’ Greci per la verità, e su quelle de’ Moderni per la delicatezza?
Per una delle prove evidenti che la rappresentazione di tal Novella sarebbe assurda ed impraticabile, si noti che i personaggi sogliono cominciar il dialogo in istrada, proseguirlo entrando in casa, e senza conchiuderlo uscirne. […] In prima questa azione appoggia in falso, perchè non solo Celestina fa mercimonio di malie, ma si finge effettivamente fattucchiera; e l’innocente Melibea per forza del suo incanto è corrotta; ed in ciò si vede la mancanza d’arte dell’autore; perchè se avesse saputo rifondere tutto il trionfo all’insidiosa eloquenza della vecchia, la novella sarebbe riuscita più verisimile, più artificiosa e più morale. […] Il suo ornato consisteva in una manta vecchia tirata con due corde, la quale divideva dal palco la guardaroba (che sarebbe il postscenium degli antichi) e dietro di questa manta stavano i musici, cioè gli attori che da principio cantavano senza chitarra qualche antica novella in versi che in castigliano chiamasi romance. […] Nè anche nel XIV secolo quando rappresentavasi in Italia l’Ezzelino del Mussato si sarebbe sofferta una Serafina o una Soldatesca del Naarro. […] Probabilmente sarebbe questo scrittore rimasto confuso tralla turba de’ drammatici oscuri senza la felice imitazione del Cid fatta da Pietro Corneille.
E di vero tale mancanza sarebbe sensibilissima, se non che la qualità dello stile congiunta ad altri riempimenti le prolunga oltre modo, come per saggio si può vedere nella Progne del Domenichi. […] Se in qualche tragedia del Marchese Gorini corrispondessero l’altre cose all’osservanza dell’ordine scenico sarebbe assai degno di loda. […] Il raccogliere insieme le buone prerogative degli uni e degli altri sarebbe la via d’arrivare a’ primi gradi della perfezione. […] Se ciò solo fosse vero le persone di più chiaro intendimento non sarebbon capaci in simili incontri d’alcuna meraviglia, e però il carattere di Tazio non sarebbe per esse riuscito secondo il fine del poeta. […] Siccome tal fatto sarebbe verisimile in un altro amante; così non confassi ad un marito che ha già posseduto per anni l’oggetto amato.
Per l’oggetto morale che si cerca in ogni favola, sarebbe in questa la correzione delle passioni eccessive per mezzo dell’infelicità che le accompagna. […] Non basterebbe adunque rispondere alla proposta censura, che non sarebbe questa la prima volta che si facciano giuste opposizioni a’ componimenti giustamente applauditi? […] Ma egli dice che suo padre si chiama Policlete, e la reina torna a vedere ben lontane le sue speranze; e ciò sarebbe giusto. […] Alzira è l’ anima e la sorgente dell’azione eroica di Gusmano; Alzira ama vivamente e mette in contrasto ed attività l’amore di Zamoro e di Gusmano; Alzira senza volerlo muove Zamoro a danni del suo rivale; Alzira dà il più vivace colore ed il carattere di sublimità all’eroismo Cristiano di Gusmano, perchè s’ei non l’amasse sì altamente, il concederla al rivale sarebbe un’ azione non molto straordinaria; Alzira dunque porta giustamente il titolo di questa favola. […] L’esempio dell’antichità più venerata, de’ Francesi ne’ loro giorni più belli, del rimanente dell’Europa che se ne vale, risparmia alla gioventù quest’altra inutile catena dell’ingegno che sarebbe una nuova sorgente di sterilità.
Oggi in Italia una Tragedia Reale scritta in prosa, sarebbe un delirio. […] In Francia sarebbe certamente fischiata una Tragedia Grande in prosa, fosse anche dettata dall’elegantissimo Racine, o da un Voltaire; nè è di questo luogo addurne le ragioni.
Senza qualche tratto troppo comico e malizioso ne’ caratteri di Anito, Melito e Drixa, e de’ pedanti Grafio, Como e Bertillo giornalista, sarebbe questo dramma il modello di tale specie di tragedia.
Comunque sia, la Rodiana figura prima tra le commedie del Ruzzante (Vicenza, Giorgio Greco, 1584), e senza di essa non sarebbe la fama di lui attenuata, tanti sono i pregi onde abbondano le altre cinque, e le orazioni e i dialoghi rusticani.
Nè di questa vanità ci sarebbe troppo da stupirsi, poichè con tutte le notizie raccolte sul conto del Costantini, non è difficile immaginare un siffatto tipo di ambizioso, che sapeva accoppiare un forte talento a una palese ciarlataneria.
Fu in processo di tempo il Del Buono preso da tal manìa religiosa, che datosi tutto a Dio, fece solenne promessa di abbandonare il teatro, scuola, diceva lui a’compagni, di turpitudini, al quale non sarebbe certo tornato mai più, se un’opera di carità, sciolto dal voto per intercessione di un alto sacerdote, non ve lo avesse ricondotto.
La quale infatti si recò a Milano, di dove il 3 di maggio Zanotti scrive al Graziani che non sa ancora se e quando dopo Pasqua si recherà a Brescia o a Verona, poichè non sono mai frequentate dalle Compagnie de' comici per qualche poco di tempo doppo Pasqua quelle Città, che dano il luogo scoperto per rappresentar comedie, come Brescia e Verona, perchè sarebbe un volontariamente perdersi col esporsi alle stravaganze de tempi, che per lo più riescono in simile stagione piovosi.
Per una delle pruove evidenti che la rappresentazione di tal Novella sarebbe assurda ed impraticabile, si noti che i personaggi sogliono cominciar il dialogo in istrada, proseguirlo entrando in casa, ed uscirne senza conchiuderlo. […] In prima quest’azione appoggia in falso, perchè non solo Celestina fa mercimonio di malie, ma si finge effettivamente fattucchiera, e l’innocente Melibea per forza del suo incanto è corrotta, ed in ciò si vede la mancanza d’arte dell’autore; perchè se avesse saputo rifondere tutto il trionfo all’insidiosa eloquenza della vecchia, la novella sarebbe riuscita più verisimile, più artificiosa e più morale. […] Il suo ornato consisteva in una manta vecchia tirata con due corde, la quale divideva dal palco la guardaroba (che sarebbe il postscenium degli antichi), e dietro di questa manta stavano i musici, cioè gli attori che da principio cantavano senza chitarra qualche antica novelletta in versi che in castigliano chiamasi romance. […] Nè anche nel XIV secolo quando rappresentavasi in Italia l’Ezzelino del Mussato, si sarebbe sofferta una Serafina o una Soldatesca del Naarro. […] Probabilmente sarebbe questo scrittore rimasto confuso tralla turba de’ drammatici oscuri senza la felice imitazione del Cid fatta da Pietro Cornelio.
Sulle tracce poi del l’Ifigenia in Tauri del medesimo tragico Greco compose il Rucellai un’ altra tragedia intitolata Oreste, dalla quale (se allora si fosse pubblicata) sarebbe rimasta oscurata la Rosmunda. […] Per non riconoscere il carattere tragico e lo spirito or di Sofocle or di Euripide ne’ riferiti tratti naturali, patetici e veri a segno che con ogni picciolo cambiamento si guasterebbero; per non commuoversi nel leggerli (or che sarebbe rappresentandosi!) […] Risparmiar tante ciarle sarebbe stato pregio dell’opera. […] Per l’altra parte ha per avventura oggi il gesuita Andres fatta di alcuni di essi qualche esperienza, onde senza taccia di leggerezza potesse affermare che ne sarebbe intollerabile la rappresentazione ? […] Non seppe questi fatti il signor Andres, ovvero (che sarebbe peggio) gli volle dissimulare?
., et che mi fusse concesso mi sarebbe oltre modo caro, non soggiungo altro perchè scrivo a chi molto intende.
E che laido catechismo non sarebbe la sfacciata sozza scena di Mirina con Cinesia suo marito nell’atto quarto? […] Ma se la scena si figuri, come agevolmente poteva eseguirsi nel vasto teatro Ateniese, che comprendesse due membri, de’ quali l’uno rappresentasse parte di una strada, e l’altro il tempio di Cerere adjacente, il luogo in tal caso sarebbe uno. […] Non sarebbe meglio portar qui Sofocle anteriore ad Euripide? […] Non v’è giustizia, dice il Torto; che se vi fosse Giove che ha legato il padre, sarebbe stato punito. […] E se ciò avvenisse, replica il Torto, che mai sarebbe?
E che laido catechismo non sarebbe la sfacciata e sozza scena di Mirrina con Cinesia suo marito nell’atto quarto? […] Non sarebbe meglio portar què Sofocle anteriore ad Euripide? […] Non v’è giustizia, dice il Torto; che se vi fosse, Giove che ha legato il padre, sarebbe stato punito. […] E se ciò avvenisse, replica il Torto, che mal sarebbe? […] E se ciò, in una repubblica popolare allora gelosissima, si sarebbe mai simil cosa tollerata?
Ma ciò sarebbe il minor male, se col misero sacrificio della poesia almeno si servisse alla musica. […] Agamennone nella scena 5 domanda a Taltibio se abbia eseguiti i suoi ordini, quando pur vede Briseida ed Achille in quel luogo; ed il servo disubbidiente dice che gli ha enunciati, ma non è passato oltre per compassione, e canta un’ aria di un tronco che cede alla forza ma mostra colla resistenza il proprio dolore, sentenza che quando non fosse falsa, impertinente ed inutile per la musica, sarebbe sempre insipidamente lirica e metafisica.
A’ più di loro non è mai caduto in pensiero quanto sarebbe prima di ogni altra cosa necessario che imparassero a ben pronunziare la propria lingua, a bene articolare, a farsi intendere e a non iscambiare, come è lor vezzo, un vocabolo con l’altro.
Ne sarebbe mai stato autore qualche Greco?
Ottima economia poi sarebbe per un Dramma quella di 1200. versi distribuiti a quattro persone in cinque scene!
Senza qualche tratto troppo comico e malizioso ne’ caratteri di Anito, Melito e Drixa, e de’ pedanti Grafio, Como e Bertillo giornalista, sarebbe questo dramma il modello di tale specie di tragedia.
Se fosse a questi pregi accoppiato un maggior colorito locale, il tuo lavoro sarebbe commendevole da tutti i lati….
A. il Riccoboni, che aveva già cominciato a far tanto parlar di sè pe' suoi tentativi di Riforma del Teatro Italiano, sostituendo alla Comedia dell’ arte, buone opere scritte, tolte dall’ antico repertorio, quali Sofonisba del Trissino, Semiramide di Muzio Manfredi, Edipo di Sofocle, Torrismondo del Tasso, e altre, e altre, che troppo sarebbe voler qui enumerare, le quali allestì al pubblico con molto decoro, e recitò con molto valore. — A proposito della recitazione tragica, è opportuno riferire quel che dice Pier Jacopo Martello nel volume I delle sue opere (Bologna, Lelio dalla Volpe, MDCCXXXV) : ..… ti vo'dar gusto con sentenziare, che l’ Italiano va a piacere con più ragione degli altri, se più commozione dagli Franzesi, e più gravità dagli Spagnuoli prenderà in prestito nelle Scene.
Or non sarebbe questo il finale di un atto? […] «L’amico di Socrate non sarebbe stato mai cosi mal accorto di presentare ai vincitori di Maratone e di Salamina un Ippolito amoroso ed avido d’intrighi.» «Il poeta Francese ha dovuto lusingare la debole delicatezza della sua nazione; ed Euripide nelle stesse circostanze non si sarebbe altrimente comportato, ed avrebbe avuta la stessa indulgenza per un popolo che dovea essere il suo giudice.» […] Tutto ciò nel l’originale è parlante, e (secondochè oggidì si maneggia in teatro la musica, e si maneggerà finchè il sistema non ne divenga più vero) sarebbe anche ora contrario al l’economia musicale il chiudere simili particolarità in un duetto o terzetto serio, perchè essi, a giudizio del celebre Gluck, abbisognano di passioni forti per dar motivo al l’espressione della musica.
Mi sarebbe lecito di avventurare una riflessione intorno ad una condotta così singolare? […] Le quali ragioni danno chiaramente a divedere non potersi introdurre il ritmo, o numero antico nella lingua italiana senza alterarla considerabilmente; oltre la difficoltà che sarebbe di assegnar a ciascuna sillaba il suo quantitativo valore, lo che non potrebbe farsi, mancando gli esempi negli autori classici che o per una autorità puramente arbitraria, e perciò insussistente, o per una convenzione generale di tutta la nazione più difficile a conseguirsi che la mutazione istessa. […] Volendo adunque correggere il piano del dramma musicale sarebbe inutile il ricorrere a simili espedienti.
Per l’oggetto morale che si cerca in ogni favola, sarebbe in questa la correzione delle passioni eccessive per mezzo dell’infelicità che le accompagna. […] Non basterebbe adunque rispondere alla proposta censura che non sarebbe questa la prima volta che si facciano giuste opposizioni a’ componimenti giustamente applauditi? […] Ma egli dice che suo padre si chiama Policlete, e la reina torna a veder ben lontane le sue speranze; e ciò sarebbe giusto. […] Alzira è l’anima e la sorgente dell’azione eroica di Gusmano; Alzira ama vivamente e mette in contrasto ed attività l’amore di Zamoro e di Gusmano; Alzira senza volerlo muove Zamora a danni del suo rivale; Alzira dà il più vivace colore ed il carattere di sublimità all’eroismo Cristiano di Gusmano, perchè s’egli non l’amasse sì altamente, il concederla al rivale sarebbe un’ azione non molto straordinaria; Alzira dunque porta giustamente il titolo di questa favola, e mostra che il disegno dell’autore fu bene di rilevare al possibile l’eroismo Cristiano e renderlo trionfante agli occhi dello spettatore. […] Loredano profferisce, che quando anche potesse discolparsi de’ suoi progetti, non sarebbe meno reo di aver contravvenuto alla legge.
Che troppo avrebbe del ridicolo che altri facesse un teatro così grande, che non vi si potesse comodamente udire; come sarebbe ridicolo che così grandi si facessero le opere di una fortezza da non le potere dipoi difendere.
La commedia è fischiata, e non se ne vendono le copie impresse, il poeta perde il prezzo convenuto, e si dispera, il perfido pedante si ritira impudentemente; e senza il caritatevole soccorso di un ricco uomo dabbene impietosito, la famiglia del tapino poeta sarebbe perita nell’indigenza.
Il render minuto conto de’ migliori componimenti drammatici sarebbe stata in vero cosa eccellente ed utilissima, ma da non potersi restringere in un piccolo volume.
Ancora : Il sentir nominar Istrioni, non sapendo l’etimologia d’Istrio, nè la derivazione, vi è chi penserà che si dica per Istrioni, Stregoni, cioè incantatori e uomini del Demonio ; e perciò vi sono paesi in molti luoghi d’Italia, che tengono per fermo, che i Comici facciano piovere, e tempestare : e un’orazione in genere deliberativo non sarebbe bastevole a dissuaderli dal mal fondato abuso…… E conclude : Io fo sapere a questi non nati ingegni, aborti della conoscenza, che, allorquando piove, le persone non escono volentieri di casa, e pochi vanno alla Commedia ; e come le persone non vanno alla Commedia, i Comici falliscono ; a tal, che le pioggie sono contrarie a’Comici, e non favorevoli.
e, come perchè mi sarebbe più caro di renderle grazie della grazia ottenuta, che d’affaticarla in altro scrivere, e la prego ad ordinare, che me ne sia dato ragguaglio : che ben la lettera giungerà a tempo, dovendo noi star al servizio dell’una e dell’altra Maestà questo verno, e forse ancor più. […] Et pero quand’ io sono per elegerli, hauendo copia d’ huomini atti et che ubidienti esser uoglino, m’ ingegno di hauerli, prima di bona prouincia, et questo piu che altro importa, et poi cerco che siano di aspetto rappresentante quello stato, che hanno da imitare piu perfettamente che sia possibile come sarebbe, che uno inamorato sia bello un soldato membruto, un parasito grasso, un seruo suelto, et cosi tutti. pongo poi anco gran cura alle uoci di quelli, per ch’ io la trouo una de le grandi et principali importanze, che ui siano. ne darrei [potendo far di meno] la parte di un uecchio, ad uno che hauesse la uoce fanciullesca, ne una parte da donna [e da donzella maxime] ad uno che hauesse la uoce grossa. […] Anzi nò, per che se il poeta u’ introducesse [come sarebbe per essempio] una maga bisognarà uestirla secondo la sua intentione. o se u’ introdurà un bifolco, con l’ habito rozzo, Et Villanesco, bisognarà figurarlo. ma se ui sarranno, come sarebbe, pastorelle ; il modo del uestir delle nimphe, le potrà ben dar la norma : senza manto, uariandolo dal piu sontuoso al meno, et senza darle altro in mano, che un bastone pastorale.
[2.36ED] Il mio maestro volle ridur la repubblica all’idea, temperandola con certe leggi ch’egli prescrive. [2.37ED] Ma queste dall’idea sua si partirono e nell’idea sua ritornarono, non essendo accolte dalle nazioni che, se le avessero accettate, non vi sarebbe più diversità di leggi né di governi né di nazioni e tutti i popoli diverrebbero una famiglia e il mondo politico perderebbe il suo maggior ornamento che nasce da tanta varietà di governi adattati a’ geni ed a’ climi degli abitanti di questa Terra. […] — [4.106ED] — Io — replicava l’Impostore — ti ho detto altre volte che l’imitazione perché diletti dee contentarsi di una perfezione la quale non esca fuori della sua sfera, e però in alcune cose dee convenire col vero e in alcune disconvenire. [4.107ED] Egli è per questo che le comparazioni son belle, imperocché fra due cose dissomiglianti si viene a conoscere qualche convenienza che per l’avanti non appariva; ma la similitudine del leone con Ettore non sarebbe lodata, se in tutte le cose il leone con Ettore convenisse, perché allora Ettore ed il leone sarebbero una cosa medesima e sarebbe un comparare lo stesso a se stesso, lo che non dilettevole, ma viziosa renderebbe la comparazione. [4.108ED] Tale si è l’imitazione: in alcune cose dee convenire, in alcune disconvenire, altrimenti non sarebbe più imitazione del vero, ma il vero medesimo; né si avrebbe il gran merito del produr gli effetti ne’ cuori umani col finto, che si producon col vero. [4.109ED] Che se pensassero mai i tragici di sedur tanto le immaginazioni de’ loro uditori da far lor credere di trovarsi in coloro a veder la vera trasformazione di Edipo o in Aulide al sacrificio d’Ifigenia, di gran lunga s’ingannano. […] [5.157ED] Quello delle otto sillabe, che è il più sonoro, trionfi di tutti gli altri, come sarebbe: Innamora amor le belle. […] [5.174ED] Il furore meglio, anzi quasi unicamente, in quello di dieci sillabe si fa sentire nella sua maggiore terribilità, massime se lo farai sdrucciolare sino alla cadenza che sempre ti esorto ad appianare o a troncare, come sarebbe: Sibillanti dell’orride Eumenidi Veggio in campo rizzarsi le vipere, Minacciando di mordermi il sen. […] Orsi, Martello sarebbe tornato sull’argomento mostrando un maggior rigore e una più netta condanna dei modelli francesi (cfr.
Perchè talvolta chi ti siede accanto chinar ti mira tra le palme il viso, poi sollevarlo con un tal sorriso che men duro sarebbe un mar di pianto ?
Una parentesi : Che i Gonzaga fossero appassionatissimi pel teatro è fuor di dubbio ; ma è anche certo che la loro grande passione non andava discompagnata dall’ambizione di avere in tal materia la supremazia ; nè da questa lettera, giacente nell’Archivio di Modena, della quale non è riuscito ad alcuno finora trovar conferma nelle carte dell’Archivio Mantovano, nè dalle prigionie patite dal Parrino e da tanti, alla liberazion de'quali s’occuparon patrizj e potentati in vano, nè dalla cacciata da Mantova degli stessi Gelosi il '79, ci sarebbe certo da dirli stinchi di santo.
Dopo di ciò sarebbe partito il re con Germondo, ma per non lasciar vota la scena, attende che esca Erbele, e poi parte. Ella è venuta fuori per attendere Zelinda, che pur sarebbe andata nel di lei appartamento. […] Confessa in prima che senza amori sarebbe stato più tragico; e perchè dunque ha voluto farlo men tragico? […] Ciò ben convenne al Voltaire che volle rappresentare la Morte di Cesare, e sarebbe disconvenuto all’Alfieri che si prefisse di dipignere l’eroismo di Bruto che fa rinascere la repubblica. […] No; altrimenti si sarebbe trovato vivo Adallano, e perduta la spesa di un apparato funereo.
Si vede che questi sono due argomenti del poeta connessi con molta arte i quali formano una commedia ravviluppata e doppia, che sarebbe semplice senza il secondo. […] La sesta volta sarebbe questa che si è rappresentata in Parma da’ giovani studenti di quel l’Università l’anno 1784. […] Potrebbe però rispondersi in prima, che siesi rappresentata due volte in poco spazio di tempo (non già in un giorno, cosa che sarebbe stata avvenimento ben raro in Roma e tale che richiesto avrebbe un racconto speciale) senza poi tenersi più ragione di altre ripetizioni, la qual cosa sarà avvenuta altresì ad altre commedie di Cecilio, di Plauto ecc. […] Ma sarebbe strano che in due parole la ripetesse nel momento di partire? […] Ma questa woce poteva anche col tempò esser divenuta nome proprio di donna, come pur sono fra noi Gemma, Margarita, Preziosa ecc.; ed allora il latino Plotium sarebbe nel teatro antico un nome proprio femminile diminuitivo ugualmente che Glycerium, Phronesium, Phanium.
Sulle tracce poi dell’Ifigenia in Tauri del medesimo tragico Greco compose l’altra sua tragedia intitolata Oreste, dalla quale (se allora si fosse pubblicata) sarebbe rimasta oscurata la Rosmunda. […] Si crede che ne componesse sino a venti, tralle quali una del caso di Meleagro, la quale (dice il Manfredi nelle sue lettere) mi diceste che sarebbe l’idea della tragedia Toscana 93. […] Per non riconoscere il carattere tragico e lo spirito or di Sofocle or di Euripide ne’ riferiti tratti naturali, patetici e veri a segno che con ogni picciolo cambiamento si guasterebbero; per non commuoversi nel leggerli (or che sarebbe rappresentandosi!) […] Risparmiar tante ciarle sarebbe stato pregio dell’ opera. […] Per l’altra parte ha per avventura oggi il Signor Andres fatta di alcuni di essi qualche esperienza per affermare senza sospetto di leggerezza che ne sarebbe intollerabile la rappresentazione?
Io non mi sono punto proposto in quest’opera di copiar ciecamente gli altrui giudizj (che sarebbe un’ infruttuosa improba fatica), ma bensì di comunicare co’ miei leggitori l’effetto che in me fanno le antiche e le moderne produzioni drammatiche. […] Or non sarebbe questo il finale di un atto? […] “L’amico di Socrate non sarebbe stato mai così mal accorto di presentare ai vincitori di Maratone e di Salamina un Ippolito amoroso ed avido d’intrighi. Il poeta Francese ha dovuto lusingare la debole delicatezza della sua nazione; ed Euripide nelle stesse circostanze non si sarebbe altrimente comportato, ed avrebbe avuta la stessa indulgenza per un popolo che dovea essere il suo giudice.” […] Se fossero stati semplici individui accresciuti uno per volta, ne seguirebbe che Eschilo non avesse introdotti nelle sue tragedie che due soli attori, oltre il coro, la qual cosa come si è detto sarebbe smentita dalle di lui favole; perocchè nel solo Prometeo alla prima scena intervergono la Forza, la Violenza, Vulcano e Prometeo, cioè quattro personaggi.
Quale de’ due Lopi sarebbe oggi più rispettabile, più glorioso? […] Aggiunse a ciò il Signorelli, che questo sarebbe bastato a Racine per essere applaudito nella Corte di Luigi XIV.
Ciò sarebbe bastato alle tragedie di Racine per aver ogni felice successo, spezialmente nella corte di Luigi XIV che respirava per tutto amoreggiamenti anco in mezzo alle spedizioni militari. […] Se si volesse far il processo a’ francesi, non sarebbe difficile il trovarli spessissimo, anche oggidì, in contrabbando di que’ falsi e frivoli concetti, di quelle arguzie viziose, e di quell’orpello, ch’essi ci vanno continuamente rinfacciando.
Di fatti come non sarebbe la Spagna soggiaciuta a questa specie di anarchia de’ tribunali e ad altri disordini, se in essa agiva con maggior forza la medesima cagione che li produceva altrove? […] Argomento sarebbe questo degno solo di certi ragionatori di ultima moda, i quali spregiano l’erudizione di cui scarseggiano, empiono i lor volumi di sofismi, e si fanno schernire come semieruditi e semifilosofi, cioè a dire nè eruditi nè filosofi.
Per convincersene vie più, si può riflettere che nel paragone di Eschilo ed Euripide fatto nelle Rane si discusse il loro merito intorno alla poesia e alla musica, ma niun motto fecesi del ballo; la qual cosa non si sarebbe omessa, se il ballo fosse stato il principale oggetto de’ greci drammi.
Dico che vi somigliate di maniera a questa Celia, che facil cosa sarebbe che se voi foste adornato da donna, si come sete vestito da huomo, che fosti preso per quella.
Da quel punto ch'egli entrava sulla scena fino a che non ne fosse uscito, era tutto immedesimato nel personaggio che prendeva a rappresentare : nè v' era imprevista circostanza che mai potesse farlo uscire dalla qualità ch' ei vestiva : non lo vedevi dardeggiare gli sguardi nei palchi o nella platea, mentre l’altro attore ch'era in scena con lui favellava ; non ammiccare al suggeritore ; non mendicar le parole ; non distrarsi insomma in quelle cose, da cui anche gl’ infimi tra' nostri comici sarebbe ormai tempo cessassero, perchè non addimandano sublimità d’ingegno, ma solo diligenza nei proprj doveri, amore dell’ arte che professano, rispetto verso quel tremendissimo giudice innanzi a cui stanno.
Il mentovato Modenese Orazio Vecchi nel voler far cantare l’Anfiparnaso si sarebbe ridotto a valersi del Brighella, del Dottore, del Pantalone, se a suo tempo si fossero usate in teatro le voci artificiali de’ castrati? […] Un filosofo Italiano per amor dell’umanità impiegò le sue meditazioni per salvar dalla morte gli uomini rei; or non sarebbe ancor meglio impiegata la voce dei dotti a muovere la potenza e la pietà de’ Principi Spagnuoli ed Italiani per salvar tante vittime innocenti dalla spietata ingordigia che consiglia e perpetua sì barbara ed umiliante mutilazione? […] Ma una filza inutile di nomi di scrittori d’opere in musica di tal secolo sarebbe una narrazione ugualmente nojosa per chi la legge e per chi la scrive.
Andreini sarebbe dunque semplicemente un nome di guerra, come quello famoso di Molière, assunto, per la stessa ragione, dal giovane tappezziere Poquelin (V. […] Hora vien questo personaggio si nell’uno, come nell’altro Idioma esercitato con tante le sconcertate maniere, che il purgarlo da i superflui sarebbe al certo un ridurlo poco meno che senza lingua. […] Piace, & è di molto diletto questa nobilissima parte quando vien però leggiadramente trattata da personaggio habile di vita, gratioso di gesto, intonante di voce, vestito bizzaro, e tutto composto di strauaganze, il quale poi si eserciti in parole, benche di lor natura impossibili, tuttauia credibili da chi abbandona la mente nel vasto delle glorie come sarebbe il dire : « Quando che il Turco seppe il mio arriuo al Campo sotto Buda, non osò mai di uscir dalle tende entro le quali non si teneua meno sicuro sin tanto, ch’egli non seppe ch’io haueua lasciato la mia spada in Vienna per farli un fodro della pelle di Suliman Sultan.
Or non sarebbe questo il finale d’un atto? […] L’amico di Socrate non sarebbe stato mai così mal accorto di presentare a i vincitori di Maratone e di Salamina un’Ippolito amoroso, ed avido d’intrighi. […] Di più tal terzetto rallenta l’impeto della passione espressa con veemenza dopo le parole καταρχομαι νόμων βακχειων da Erasmo tradotte Cantionem Moenadum ingredior, e dal signor Mattei ottimamente amplificate, benché forse con minor precisione di quel che sarebbe d’uopo. […] Tutto ciò é parlante nell’originale, e (secondo che oggidì si maneggia la musica e si maneggerà finché il sistema non ne divenga più vero) sarebbe anche ora contrario all’economia musicale il chiudere simili particolarità in un duetto o terzetto serio, cose, che a giudizio del celebre signor Gluck, hanno bisogno di passioni forti per dar motivo alla musica di trionfare.
Il solo Porta che avesse letto, bastato sarebbe a guarirlo del suo preoccupato avviso; ma il Porta soffrirà con Ariosto e Machiavelli e Bentivoglio ed altri illustri Italiani che scrissero commedie, la disgrazia di non essere stato letto dal Marmontel.
Egli avea bisogno di un buffone, ed il prese dal Senato di Roma, ove fe ne sarebbe, come altrove, trovato più d’uno.
Lo Scribe ad udirlo ne restò incantato ; e la famosa simpatica Malibran, grande attrice ancor essa, senza aver mai parlato con lui, scese dal suo palchetto in palco scenico a dargli un bacio ; ed ei dopo averlo cordialmente assa porato, le disse che non si sarebbe lavato il viso per cent’ anni.
Da niuno avversata era forse lasciata a mezzo ; ma se taluno avesse osato esser pietra d’inciampo al suo cammino, egli, solennemente e paternamente mite coi devoti, sarebbe stato per quello capace di odio vatiniano.
A voler dare in luce i giudizi dell’Italia e di fuori su Ermete Zacconi ci sarebbe da fare un grosso volume.
Si vede che questi sono due argomenti dal poeta connessi con molta arte, i quali formano una commedia ravviluppata e doppia, che sarebbe semplice senza il secondo. […] La sesta volta sarebbe questa che si è rappresentata in Parma da’ giovani studenti di quell’università l’anno 1784, e vi fece un nuovo prologo il prelodato P. […] Ma sarebbe strano che in due parole la ripetesse nel momento di partire? […] Ma questa voce poteva anche col tempo essere divenuta nome proprio di donna, come pur son fra noi Gemma, Margherita, Preziosa &c.; ed allora il latino Plotium sarebbe nel teatro antico un nome proprio femminile diminutivo ugualmente che Glycerium, Phronesium, Phanium.
Il concento che indi ne risultava era bensì atto a rappresentar le cose romorose, come sarebbe il fracasso d’una battaglia o d’una tempesta, o qualche altro oggetto composto di parti diverse, di che si vedono tuttora esempi bellissimi ne’ contrappuntisti, ma nulla affatto giovava a esprimere i movimenti della passione. […] Per non dir nulla delle tante difficili inezie onde la musica era allor caricata, da paragonarsi agli anagrammi, logogrifi, acrostici, paranomasie, equivoci, e simili sciocchezze ch’erano in voga presso a’ poeti nel secolo scorso: come sarebbe a dire di far cantare una o più parti delle composizioni musicali attorno alle imprese o armi di qualche personaggio, ovvero su per le dita delle mani, o sopra uno specchio: o facendo tacer le note, e cantar le pause, o cantando qualche volta senza linee sulle parole, e indicando il valor delle note con alcune ziffere stravaganti, o inventate a capriccio, o tolte dalle figure simboliche degli egizi, con più altre fantasie chiamate da essi “enimmi del canto” con vocabolo assai bene appropriato, delle quali ho veduto non pochi esempi.
Di fatti come non sarebbe la Spagna soggiaciuta a questa specie di anarchia de’ tribunali, e ad altri disordini, se in essa agiva con maggior forza la medesima cagione che gli produceva altrove? […] Argomento sarebbe questo degno solo di certi ragionatori di ultima moda, i quali spregiano l’erudizione di cui scarseggiano, empiono le loro carte stampate di sofismi, e si fanno schernire come semieruditi e semifilosofi, cioè a dire nè eruditi nè filosofi.
Ne sarebbe mai stato autore qualche Greco?
Firenze, Bemporad, 1900) – a cui l’enfasi dello stile guerrazzeggiante non scema vigore e non toglie efficacia. » Dell’ Insegnamento popolare egli riferisce il sunto che ne fece il Lami al Presidente del Buon Governo e ch'egli dice fedele ; e quella parte del dialogo riguardante il Canosa, a proposito della quale egli sarebbe incline a credere che lo spiedo immaginato dal Modena generasse la Ghigliottina descritta dal Giusti (Ivi, 112, 113).
La sera dopo egli era al teatro in Mantova ; e lo Spinelli riferisce questo brano di lettera di Luigi Galafassi a suo padre Consigliere ducale : L'Imperatore disse che a Modena la Commedia era ottima, e quell’arlecchino molto vivace e bravo, e che una sua facezia gli sarebbe sempre stata impressa, ma che non voleua dirla.
Sui primi anni del regno di Filippo Secondo s’introdusse l’usanza di cantar duetti e terzetti nelle commedie, e il melodrammma sarebbe stato conosciuto più presto se da una parte il carattere di Filippo Terzo dedito alla divozione e alieno da i teatrali divertimenti, e dall’altra la preferenza data da Filippo Quarto alle commedie nazionali nelle quali furono insigni al suo tempo Calderon, Montalban, Solis, Mureto e tanti altri sotto le insegne del loro antecessore Lope de Vega, non avessero altrove chiamata l’attenzione del pubblico .
Ma pur questa sarebbe una cura inutile, perchè tal Libro, ad onta della seconda Edizione, giacque ancora, e giacerà preda delle tignuole nella polvere, dalla quale con infelice sforzo pretese cavarlo il Bibliotecario Nasarre.
Io non mi sono proposto in quest’opera di copiar ciecamente gli altrui giudizj (che sarebbe una infruttuosa improba fatica) ma bensì di communicare co’ miei leggitori l’effetto che in me fanno le antiche e le moderne produzioni drammatiche.
Ma sapere abbigliar di moderno le antiche favole, sarebbe in una favola un pregio di più che renderebbe quegli antichi bei tratti naturali sempre più interessanti colla freschezza del colorito, e per conseguenza allontanerebbe sempre più la favola dalla languidezza. […] E sarebbe a desiderare che nella nostra chiamata illuminata età, in vece di scriversi scempiate traduzioni delle favole Plautine, se ne facessero sulle orme del Machiavelli fresche imitazioni libere che tirassero l’attenzione appunto coll’adattarvisi acconciamente l’espressioni latine ai costumi moderni. […] Adunque coloro che pretendono, sol perchè l’asserirono la prima volta, trasformare le pastorali del XVI secolo in opere in musica, per sapere che vi furono poste in musica le canzonette de’ cori, dovrebbero contare ancora tralle opere musicali questa commedia in prosa del Machiavelli per la medesima ragione; la qual cosa sarebbe una rara scoperta del secolo XVIII. […] Ma nelle contrade ispane si sarebbe incominciata a sceneggiare dall’innamoramento di Elfenice e dall’omicidio commesso da Aristide, proseguendosi per li sette anni che egli dimorò in Lione, mostrandosi la morte apparente di Elfenice, gli amori di Teodelinda e Milziade, con l’accaduto della scala, e scendendosi allo scioglimento colla condanna di Milziade impedita da Elfenice.
Non sarebbe inverosimile che gl’Italiani l’avesser trovata, sì perché non sembra probabile che avesser musica da tanto tempo senza conoscer quelle cose, che sono indispensabili a ben regolarla, come perché le invenzioni di Guido a quelle altre agevolmente conducono. […] Il secondo, in cui s’inventarono parecchie sorta di canto, che durano fino al presente, come sarebbe a dire l’antifone, gli introiti, le sequenze, i responsori, le prefazioni e tai cose, che s’alterarono coll’andar del tempo considerabilmente.
Fagan curati si fossero della di lui riputazione, non ne avrebbero stampato quattro volumi, ma bensì uno soltanto, che sarebbe stato prezioso ad ogni uomo di gusto; e questo dovea contenere le tre belle commedie intitolate la Pupille, l’Etourderie, e le Rendez-vous, alle quali avrebbonsi potuto aggiugner due altre, cioé l’Inquiet, e les Originaux. […] Dopo questi soprallodati autori comici M. de la Chaussée, nato in Parigi nel 1691, e morto nel 1754, ha maneggiato un genere di commedia tenera nel pregiudizio alla moda, qual genere, se si fosse contenuto ne’ giusti limiti, sarebbe a’ giorni nostri senza giustizia proscritto dal giudizioso abate Sabatier de Castres nel suo Dizionario di Letteratura tom.
E se la regolarità, il buon gusto, la verisimiglianza, l’ interesse e l’unità di disegno, pregi che si ammirano spesso nella francese, si vedessero congiunti alla robustezza e all’attività dell’ inglese oggi che questa ha deposte le antiche buffonerie che ne deturpavano il coturno, sarebbe forse a suo favore decisa la lite della preferenza. […] Questa scena si vide con ammirazione in Londra ed in più di una città dell’ Italia; ma in Parigi assicurava Voltaire a Milord Bolingbrooke che non si sarebbe sofferta.
Sopra tutte le tragedie inedite che io conosco, sarebbe a desiderarsi che venissero alla luce le due che compose sono già molti anni il rinomato scrittore veneziano l’abate Placido Bordoni. […] Quanto a ciò dobbiamo fare osservare che l’autore in prima confessa che la sua tragedia senza amori sarebbe stata più tragica ; e perchè dunque ha voluto fare una tragedia men tragica ? […] Ora una scena diffusa calcata su quella dell’ inglese, come sarebbe piaciuta al Calsabigi a dispetto del buon senno, snervata avrebbe in quel punto l’azione. […] Unico mezzo di far da’ volgari soffrire in teatro simili atrocità de’ fatti antichi, sarebbe per ipotesi la forza irresistibile del fato, onde gli uomini cadono in eccessi per non potere con umane forze evitarle. […] Se nel suo piano entrata fosse l’irresistibile violenza del fato, il possente motivo della mitologia antica, forse sarebbe prevalso sopra gli espedienti pensati da Mirra, ed il suo stato ne sarebbe divenuto sempre più compassionevole.
Circa il sospetto ch’io, come straniero, voglia screditar la nazione, esso sarebbe tanto più insussistente quanto che la maggior parte di quest’opera depone in contrario.
Questo sarebbe, vi sento rispondere, pintar como querer, dipingersela a suo modo.
Non sarebbe (dice m.
Non sarebbe (dice M.
E. metteva ogn’uno in libertà : ma chi che fosse, che hauesse alla sua protezione ricorso, sarebbe benignamente della sua gratia fauorito ; là dove rincorati e rinvigoriti, si propose quella Compagnia che da detto Sig.
Ognuno da se stato sarebbe un terribil malanno, ma frammisti Immedesmati l’un nell’ altro essi hanno Or procreato me. […] Per propria natura essa sarebbe una commedia musicale, cui al più si permette che si avvicini alla farsa, ma non già a’ vaneggiamenti di pazzie d’infermi, come sono i tanti malcuciti e sconnessi centoni che corrono per l’Italia e più oltre ancora. […] Difficile sarebbe (dice il dotto Carmmignani(a) determinare nel melodramma di Metastasio le ragioni per le quali lo stile ha quell’incanto che tutte le anime delicate vi trovano ; altro non può dirsi se non ch’ei piace. […] Prima di passar oltre si osservi che nella scena quarta facendo Adallano premura perchè Elvira fuggisse seco, ella ricusò di assentire, e solo profferì che Elvira sarebbe di Adallano, se il padre si facesse tiranno. […] No, altrimente si sarebbe trovato vivo Adallano, e perduta la spesa del funereo apparato.
E se la regolarità, il buon gusto, la verisimiglianza, l’interesse e l’unità di disegno, pregi che si ammirano spesso nella francese, si congiungessero sul Tamigi alla robustezza e all’attività del britanico coturno, oggi che ha questo deposte le antiche buffonerie che lo deturpavano, sarebbe forse a suo favore decisa la lite di preferenza. […] Assicurava però Voltaire a milord Bobingbrooke che in Parigi non si sarebbe sofferta.
Se fossero stati semplici individui accresciuti uno per volta, ne seguirebbe che Eschilo non avesse introdotti nelle sue favole che due soli attori, oltre del Coro, la qual cosa, come si è detto, sarebbe smentita da quelle che ce ne rimangono; perocchè nel solo Prometeo alla prima scena intervengono la Forza, la Violenza, Vulcano e Prometeo, cioè quattro personaggi.
Domenico Locatelli, secondo il parere dei Parfait, convalidato da un brevetto del Re in data 21 gennaio 1647 che gli accorda di poter confiscare i beni di certo Lorenzi, italiano, sarebbe andato in Francia il 1645.
Ciò si deduce non senza fondamento dall’edizione della Primera Parte de Comedias de don Pedro Calderon de la Barca raccolte da don Joseph suo fratello, e impresse in Madrid per Maria Quiñones nel medesimo anno 1636, non trovandosi tralle dodici che vi si leggono la favola dal Tetrarca nominato; la qual cosa sarebbe stata una omissione somma, avendo tal componimento prodotto su quelle scene un grande effetto.
Se l’istesso nostro Monarca non avesse secondata questa prima felice operazione colle altre, p. e. permettendo a’ suoi Vassalli un libero Commercio alle Provincie Americane, alleggerendo varj gravosi dazj posti su i generi portati in quelle Contrade, e stendendo la corrispondenza, e il traffico parimente di una Colonia coll’altra, e della Nuova-Spagna colle Filippine, si sarebbe ad occhi veggenti scorto il miglioramento del Commercio Spagnuolo1?
Nè tale indignazione gli venne da speciale amore ch’egli portasse a quell’imbrogliato romanzo : chè anzi non ebbe per esso mai una benevola parola, nonostante il suo successo ottimo e schietto, chiamandolo piccola bagattella, composizione avventurosa, che, lui vivo, non avrebbe mai visto la luce pubblica, nè mai sarebbe entrata nel suo teatro italiano. « Vi saranno forse stati diamanti – dice Goldoni stesso – ma erano incastonati nel rame.
E sarebbe a desiderare che nella nostra illuminata età, in vece di farsi scempiate traduzioni delle favole Plautine, se ne facessero sulle orme del Machiavelli fresche imitazioni libere che si rendessero interessanti appunto per adattarvisi l’espressioni latine ai costumi moderni. […] Adunque coloro che pretendono, sol perchè l’asserirono la prima volta, trasformare le pastorali del XVI secolo in opere in musica per sapere che vi furono poste in musica le canzonette de’ cori, dovrebbero contare ancora tralle opere musicali questa commedia in prosa del Machiavelli per la medesima ragione; la qual cosa sarebbe una rara scoperta del secolo XVIII. […] Ma colà si sarebbe incominciata a sceneggiare dall’innamoramento di Elfenice e dall’omicido commesso da Aristide, proseguendosi per li sette anni che questi dimorò in Lione, mostrando la morte apparente di Elfenice, gli amori di Teodolinda con Milziade e l’accaduto della scala, e scendendo allo scioglimento colla condanna di costui impedita da Elfenice.
Pietro Chiari già morto da più anni avesse, come gli conveniva, secondato le sagge vedute del Goldoni migliorandolo soltanto nella lingua, nella versificazione e nella vivacità dell’azione; il teatro istrionico non sarebbe ritornato agli antichi abusi e le maschere inverisimili si sarebbero convertite in comici caratteri umani graziosi e piacevoli.
Bisognava non fare sgarbi alla baldina, perchè se no l’innamorato Andreini si sarebbe rifatto con la moglie.
La nominata Venatoria è appena incominciata, e mostra che altro non sarebbe divenuta che una copia delle pastorali Italiane; perchè il prologo fatto da Cupido imita in parte quello dell’Aminta, e nelle due sole scene che lo seguono si narra l’avventura del bacio dato da Mirtillo del Guarini ad Amarilli col pretesto di esser guarito della puntura dell’ ape. […] Quest’ intrigo riesce piacevole, e sarebbe a desiderarsi che il poeta avesse renduta più verisimile la pratica della cifra. […] Se la moda e l’esempio non avesse rapito Moreto, forse in lui si sarebbe veduto il Moliere delle Spagne.
Merope nobile e magnanima che incontrava da prima la morte senza il comune spavento, sarebbe morta ammirata più che compianta: Merope trafitta per mano del padre stesso ingannato, trafitta senza colpa come rea, assapora tutta l’amarezza della non meritata morte, come dinota l’atto di coprirsi il volto per non vedere il suo uccisore mentre spira, e chiama a se l’interesse della favola.
Egli al più avrebbe potuto dire, può farci sperare, che sarebbe stata regolata.
Nè crediate, Signor Lampillas, che l’avere egli detto, che non istudiava altri Libri fuorchè il Teatro e il Mondo, significasse, che ad imitazione di Lope egli conculcasse le regole ragionevoli; che questo sarebbe uno de’ vostri farfalloni madornali.
Merope nobile e magnanima che incontrava da prima la morte senza il comune spavento, sarebbe morta ammirata più che compianta; Merope trafitta per mano del padre stesso ingannato, trafitta senza colpa come rea, assapora tutta l’amarezza della non meritata morte, come dinota l’atto di covrirsi il volto per non vedere il suo uccisore mentre spira, e chiama a se l’interesse della favola.
Ciò si deduce dalla prima collezione che si fece de las Comedias de Don Pedro Calderòn da Don Joseph suo fratello, impresse in Madrid per Maria Quiñones nel medesimo anno 1636, non trovandosi fralle dodici che l’autore sino a quell’anno avea composte la favola del Tetrarca; la qual cosa sarebbe stata omissione rilevante, avendo tal componimento prodotto tutto l’effetto sulle scene.
La commedia è fischiata, e non se ne vendono le copie impresse, il poeta perde il prezzo convenuto, e si dispera, il perfido pedante si ritira impudentemente, e senza il caritatevole soccorso di un ricco uomo dabbene impietosito, la famiglia del tapino poeta sarebbe perita nell’indigenza.
Avea egli bisogno di un buffone, ed il prese dal Senato di Roma, dove se ne sarebbe come altrove trovato più d’uno.
Essa per sua natura sarebbe una commedia musicale, cui al più si permette di avvicinarsi alla farsa, ma non già a’ vaneggiamenti di pazzi e d’infermi, come sono i tanti malcuciti e sconnessi centoni che corrono per l’Italia.
Ma agli antichi, e specialmente a Plauto forse ciò sarebbe sembrato una spezie di povertà. […] Ozioso adunque sarebbe il trattenersi lungamente a favellare di si nota favola, la cui varietà e lapidezza invita a replicarne la letturaa.
Questo intrigo riesce piacevole, e sarebbe a desiderarsi che il poeta avesse renduta più verisimile la pratica della cifra. […] Se la moda e l’esempio non avesse rapito Moreto, forse in lui sarebbe surto il Moliere delle Spagne.
La commedia sarebbe e mai più difficile della tragedia214?
E dove non sarebbe egli giunto con quell’anima sublime e sensibile che pur manifesta, se in vece di limitarsi a rassomigliar nelle sue azioni sacre l’elevatezza del profetico linguaggio scritturale, si fosse dedicato a tesserne altre di argomenti più atti ad eccitar la compassione e il terrore tragico, e a migliorar la sublimità di Cornelio spogliandola dalle gonfiezze, ed il patetico del Racine preservandolo dalla mollezza elegiaca? […] Ma tacendo il chiedi, ed avendola Egisto condotta al punto di più non inorridire all’ idea di cercare una mano un ferro che trucidi il marito, sarebbe fuor di tempo l’uso di quel primo colore.
[15] Ma lungo sarebbe il rilevare tutte le bellezze di Omero in questo genere, come quelle altresì dei poeti drammatici fra i quali basterà per ultimo l’addurre una pruova tratta dal gran comico Aristofane, che volendo nella sua commedia intitolata il Pluto rappresentar al vivo la golosità d’un parasito, lo introduce girando la scena d’intorno e fiutando senza dir parola l’odore delle carni abbrustolite per il sagrifizio.
Or in un governo di tal natura i capi della repubblica erano ognor potenti e degni di rispetto, e un privato censore non impunemente si sarebbe arrogato il diritto di riprenderli.