Il Signor Lampillas pretende che io abbia letto male un passo dell’Opuscolo di Luis Velazquez sulle Origini della Poesia Castigliana, ch’egli così traduce1: “Sindachè i Romani introdussero in Ispagna la buona Poesia, furono in essa conosciuti i Giuochi Scenici; e le rovine di tanti antichi Teatri, che sino a’ nostri giorni si conservano in diverse Città, sono altrettanti testimonj di quanto si fosse impossessato del Popolo questo genere di divertimento”.
Aurelio Giorgi-Bertòla non si prefisse di ripetere così da lungi i passi scenici degli Alemanni, allorchè nel Discorso premesso alla tradizione degl’Idilii di Gesner promise un Saggio storico critico sul la poesia alemanna, il quale dovea abbracciare il tempo scorso da Opiz sino a’ nostri giorni .
Fece anche uscir fuori la musica che prima cantava dietro della manta, e forse la rese più grata colla chitarra che l’ha accompagnata fino a’ nostri giorni. […] Sono state sepolte fino a’ giorni nostri, e la Filli tuttavia si occulta; ma le altre due si son pubblicate nel Parnaso Español, dove se ne dà un giudizio nobilmente imparziale.
La tragedia de’ Sette a Tebe reca diletto ed invita a leggere anche a’ giorni nostri, essendo ripiena di bei tratti, di movimenti militari, di sospensioni meravigliose, fatta in somma per presentare uno spettacolo degno di ogni attenzione. […] Si può notare eziandio che o la rappresentazione di questa tragedia dee durare alcuni giorni, o, come riflette il Metastasio a, Eschilo non ha creduto obbligata la sua imitazione alle circostanze dell’unità del tempo.
Il Bellotto recitò molti anni sempre ben visto ed applaudito ; ma poi, alienatosi dalla professione, passò ad abitare in Trevigi, dove, fatto già vecchio, terminò felicemente i suoi giorni intorno all’anno 1766. »
Il giugno dell’ '80 partì da Modena, e giunse dopo ventidue giorni a Napoli, d’onde scrisse al Duca mandandogli una descrizione in versi del suo viaggio, non rinvenuta nel carteggio.
Fu in Francia una seconda volta, dai primi giorni di febbraio al 26 d’ottobre del 1608, e questa volta direttore e conduttore della Compagnia ; a proposito della quale il Duca Vincenzo in data 10 novembre 1607 annunziava al suo ambasciatore alla Corte Messer Trajano Guiscardi, Fritellino e sua moglie come i migliori personaggi non solo della sua compagnia ma di tutta Italia. […] Ad altro, avvezzo alle adulazioni di una mala pratica, scrive (XLIII) : S’io dicessi d’ amar assai più la vostra della mia salute, e ch’ io vorrei poter aggiunger a i giorni della vostra vita que’ della mia, userei di quelle parole, che sogliono usar i corteggiani desiderosi di farne baratto in tante pensioni : Ma perchè da voi altro non voglio, se non corrispondenza a non voler nulla da me, vi dico, che non più di me, nè quanto me v’ amo : ma sì ben tanto, che niuno dopo me amo più di voi. […] Oltre di ciò, bisogna che la natura con un privilegio particolare assista il comico ; se no la fatica sarà gettata come a miei giorni è avvenuto e molti che professi nelle scienze ma dalla necessità astretti per liberarsi dal Pedantesmo, vollero farsi comici ; che alla prima scena accortosi poco valere il sapere, senza il dono della natura, si ritirarono fuori de’ Teatri, confessando l’arte esser troppo difficile.
Io straniero, oltraggiato da Garcia de la Huerta e da Ramòn La-Cruz (se gli Huerta e i La-Cruz colle native villanie di Lavapies e de las Maravillas potessero oltraggiare altri che se stessi) perseguitato dagl’ingrati apologisti come antispagnuolo a dispetto della verità e dell’evidenza, io, dico, straniero mi accingo a rilevare i pregi di tal tragedia che avrei potuto impunemente dissimulare come negletta e ignorata da tanti nazionali sino a’ giorni miei. […] Fece anche venir fuori quei che prima cantavano dietro della manta, e forse egli stesso gli rendè più accetti coll’acccompagnamento della chitarra, che si è veduta uscire sulle scene ispane sino a’ giorni nostri. […] Egli componeva quasi estemporaneamente tutte le sue opere, e specialmente le commedie, essendo solito a scriverne una in due soli giorni. […] Sono state sepolte sino a’ nostri giorni, e la Filli si occulta ancora; ma le altre due si pubblicarono nel VI tomo del Parnasso Spagnuolo, in cui se ne dà un giudizio imparziale. […] E non sento io nè piango La morte che mi cerca ed i miei giorni Di un colpo indegno in sul fiorir recide, Sento la morte dolorosa e trista Per te, pel regno che vicina io scorgo In quell’amor che pur la mia cagiona.
Il fecondo Hardy ne scrisse più di seicento, schiccherandone per lo più con vergognosa fertilità una in soli otto giorni senza serbarvi nè regole nè decenza.
Il fecondo Hardy ne scrisse più di seicento, schiccherandone egli per lo più con vergognosa fertilità una in ogni otto giorni senza serbarvi nè regole nè decenza.
Zaira uscita alla luce nel 1732 fu scritta interamente in ventidue giorni, ed in un solo se ne concepì e dispose il piano. […] Voltaire che in simili opere spendeva talora pochi giorni, si occupò a perfezionarlo intorno a sei anni. […] Rimane a parlare di un altro tragico Parigino de’ nostri giorni, cioè di M. […] Osserva in seguito che Du-Bos varia dal primo racconto in qualche circostanza dicendo che i due figli di Avogadro furono giustiziati alcuni giorni dopo; ed anche di ciò vuol dubitare il Belloy per questa gran ragione che non sa d’ où il emprunte ce recit. […] L’esempio dell’antichità più venerata, de’ Francesi ne’ loro giorni più belli, del rimanente dell’Europa che se ne vale, risparmia alla gioventù quest’altra inutile catena dell’ingegno che sarebbe una nuova sorgente di sterilità.
Figlie della pubblica prosperità, voi siete sempre ne i più bei giorni degli stati.
Quanto alle commedie si leggeranno sempre con piacere quelle d’Ottavio d’Isa, degli accademici di Siena, del Malavolti, dell’Altani, la Schiava, l’Ortensio, e i Due Vecchi di don Filippo Gaetano duca di Sermoneta, e l’Idropica del Guarini, gli Scambi del Bulgarini, il Geloso non Geloso di Brignole Sale, la Fiera commedia urbana del giovine Buonarroti, la quale può dirsi uno spettacolo di cinque commedie concatenate in venticinque atti, che si recitarono in Firenze in cinque giorni nel 1618, e la Tancia, semplice; ma graziosa commedia rusticale del medesimo, e la Rosa di Giulio Cesare Cortese, favola boschereccia, in cui si veggono le passioni delineate con somma verità, e delicatezza.
A’ giorni di Sannirione e di Filillio vuolsi che scrivesse Diocle Ateniese o Fliasio.
Ill. con l’ordine del Passa porto, anderò inanzi doi giorni, dall’ Ill.
Il Rasi ha indefessamente studiato e indefessamente studia ; s’è sprofondato negli archivi e nelle biblioteche ed ha restaurata così la storia della nostra grande famiglia comica che dalla fine del secolo decimoquinto sino ai nostri giorni ha, si può dire, dominato il teatro europeo.
[http://obvil.github.io/historiographie-theatre/images/rasi_comici-italiani-01-02_1897_img052.jpg] Pochi giorni dopo la rappresentazione di Arlequin Empereur, Angelo Costantini riprese la via di Verona, ove morì alla fine dello stesso anno 1729, lasciando a Parigi assai più creditori che ammiratori.
Creò lo Zanarini al Valle di Roma la parte di Aristodemo nella tragedia di tal nome di Vincenzo Monti il 16 gennajo 1787 ; e pochi giorni appresso Volfango Goethe ne' Ricordi dell’ Italia scriveva : « L'attore principale in cui si concentra tutta la tragedia, si rivelò nella parola e nell’azione artista egregio.
Fece anche venir fuori quei che prima cantavano dietro della manta, e forse egli stesso gli rendè più accetti coll’ accompagnamento della chitarra, che si è veduta uscire sulle scene Spagnuole sino a’ nostri giorni. […] Egli compose quasi estemporaneamente tutto le sue opere, e spezialmente le commedie, essendo solito a scriverne una in due soli giorni. […] Sono state sepolte sino a’ nostri giorni, e la Filli si occulta ancora; ma le altre due si pubblicarono nel VI tomo del Parnasso Spagnuolo, in cui se ne dà nobilmente un giudizio imparziale. […] Benchè a costui io non possa più mostrare il suo torto in que’ tre o quattro punti da lui toccati contro di me con tutta l’inurbanità a lui naturale, giacchè oppresso dalle meritate invettive de’ suoi paesani sin dal 1786 ha finiti angosciosamente i suoi giorni: non lascerò di dire, per avvertimento di chi forse gli rassomiglia, che se i nazionali mi avessero prevenuto in tessere una storia del teatro Spagnuolo, io avrei durata minor fatica ad ordinarne le notizie, e me ne sarei con piacer sommo approfittato. […] E non sento io nè piango La morte che mi cerca ed i miei giorni Di un colpo indegno in sul fiorir recide; Sento la morte dolorosa e trista Per te, pel regno che vicina io scorgo In quell’amor che pur la mia cagiona.
Mentre ritirato in Taranto Pacuvio vi menava tranquillamente gli ultimi suoi giorni (Nota IV), capitovvi Lucio Azzio altro famoso tragico che passava in Asia. […] Nell’andare in Asia non mancò di visitare il vecchio tragico che cortesemente l’albergò per molti giorni. […] Passi che una commedia di giusta mole siasi recitata in Roma in due giorni, cioè la sera dell’uno i due primi atti e il rimanente all’albeggiar dell’altro, cosa, per quanto si sa, mai più non avvenuta, e di cui non potrà rendersi veruna adeguata ragione, siccome è stato anche da altri avvertito104. […] Io certo A’ miei giorni il miglior non ho veduto. […] Addio, mia bella Taide (dice Fedria) sino a che passino questi due giorni.
Un pubblico Professore di Liturgia in questo Collegio di San Isidoro, personaggio ragguardevole per sapere, probità, e gentilezza, pochi giorni fa m’informò che un Congiunto di V.S., dimorante in questa Real Villa, giva indagando, per di lei incarico, se mai uscisse alcuna mia risposta al Volume del Saggio, in cui Ella egregiamente sostiene le glorie del Teatro Spagnuolo, per potervi tosto rispondere.
Hardy ne scrisse più di seicento, e per lo più con vergognosa fertilità ne scarabocchiava una in otto giorni.
Conteneva la vita di Cristo dalla predicazione del Precursore sino alla Risurrezzione, e consisteva in una filza di scene indipendenti l’una dall’altra, senza divisione di atti, e si recitava in più giorni.
Conteneva la vita di Cristo dalla predicazione del Precursore sino alla Resurrezione, e consisteva in una filza di scene indipendenti l’una dall’altra senza divisione di atti, e si recitava in più giorni.
La Touche sentì la giustezza della critica, ed in otto giorni soppresse quel personaggio ozioso, e quell’amor freddo. […] Bailli de Rollet poeta stimabile di drammi musicali de’ nostri giorni.
Molti giorni dopo fui avvisato che all’isola della Maddalena era stato trovato il cadaverino di una bambina vestita di nero con guarnizione di ge ; le cifre della biacheria che portava erano un A e un G ; e il Sindaco, supponendola mia figlia, l’aveva fatta seppellire in chiesa, ponendovi una lapide ; fu per me una triste consolazione !
. — A distanza di diciannove anni, mi è grato oggi ristampare ciò che scrivevo, e aggiungere che le promesse di quei giorni non furon fallaci.
Mentre ritirato in Taranto Pacuvio menava traquillamente gli ultimi suoi giorni, capitovvi Lucio Azzio altro famoso tragico che passava in Asia. […] Nell’andare in Asia non mancò di visitare il vecchio tragico che cortesemente l’albergo per molti giorni. […] Passi che una commedia di giusta mole siesi recitata in Roma in due giorni, cioè la sera dell’uno i primi due atti, e il rimanente all’albeggiar dell’altro, cosa, per quanto si sa, mai più non avvenuta, e di cui non potrà rendersi veruna adeguata ragione, siccome è stato anche da altri avvertitoa Ma questa cosa potrebbe fare che un poeta assennato chiamasse doppia una favola di argomento semplice? […] Io certo A miei giorni il miglior non ho veduto. […] Addio, mia bella Taide (dice Fedria) sino a che passino questi due giorni.
Zaira uscita alla luce nel 1732 fu scritta interamente in ventidue giorni, ed in un solo se ne concepì e dispose il piano. […] Voltaire che in simili opere spendeva talora pochi giorni, si occupò a perfezionare il Fanatismo intorno a sei anni. […] L’esempio dell’antichità più venerata, e de’ Francesi ne’ loro giorni più belli, e del rimanente dell’Europa che se ne vale, risparmia alla gioventù quest’altra inutile catena dell’ingegno che produrrebbe una nuova sorgente di sterilità. […] Sentì La Touche la giustezza della critica, ed in otto giorni soppresse quel personaggio ozioso e quell’amor freddo. […] Osserva in seguito che Du-Bos varia dal primo racconto in qualche circostanza dicendo, che i due figli di Avogadro furono giustiziati alcuni giorni dopo ; ed anche di ciò vuol dubitare il Belloy per questa gran ragione che non sa d’où il emprunte ce recit .
Si dee sapere, che fra gli altri ciarlatani, empirici ed istrioni, che a’ nostri giorni han fatto e fanno grandissima fortuna in Parigi, vi sono con carrozza ed equipaggio un certo Nicole, e un certo Nicolet, de’ quali il primo a forza di far correre avvisi stampati per guarire il mal francese, e ’l secondo a forza di rappresentar farse e buffonerie sopra i Baluardi e alle Fiere di San Germano, e di San Lorenzo, seppero così ben fare i fatti loro, che da molti anni sono padroni di varie terre, le quali hanno titolo di Signorie.
Niccolò Barbieri terminò cristianamente i suoi giorni — dice il Bartoli — poco dopo il 1640.
Ecc.ª cagionarono, che dieci giorni sono, la Leonora ed’io promettessimo al Carpiani, et Cau.
Non aveva da giorni avuto lo spesato dal suo capocomico. » Salvini Tommaso.
La parte di Edipo che si accieca, fu sostenuta egregiamente dal famoso Luigi Groto detto il Cieco d’Adria tale divenuto otto giorni dopo nato, il quale a quest’oggetto recossi in Vicenza nel carnovale del 1585, e morì poscia in Venezia nella fine dell’anno stesso. […] Quasi a’ giorni nostri il celebre Marchese Maffei vi fece alcuni troncamenti del meno importante, e la fe rappresentare in Verona e piacque sommamente. […] Alcune tragedie Cristiane perdute si vuole che scrivesse ancora il Benedettino Mantovano Teofilo Folengo morto nel 1544, bizzarro ed ingegnoso autore delle poesie maccaroniche sotto il nome di Merlin Cocajo e del raro poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col nome di Limerno Pitocco, del quale nel 1773 fece in Parigi una elegantissima edizione, pochi giorni prima di partirne, il dotto nostro amico Don Carlo Vespasiano sotto il nome Arcadico di Clariso Melisseo, corredandolo di curiose ed erudite note. […] E pure anche questo ha voluto avanzare a’ giorni nostri l’Avvocato Mattei ornamento del paese ammaestrato da Pitagora. […] E che si è scoperto di più a’ giorni nostri?
In alcune circostanze le immagini ritratte al vivo par che si scostino dalle caricature de’ nostri giorni; ma chi non sa che di tutta la poesia, la comica è la più soggetta ad alterazioni per le maniere e i costumi? […] Ecco ciò che con filosofica franchezza disse quel Francese degl’ Italiani: Un popolo che per gran tempo ha posto il proprio onore nella fedeltà delle donne (io son pronto a mostrare ad un bisogno a quest’ enciclopedista, che tutta l’Europa, e singolarmente i Francesi, hanno in certo tempo posto il proprio onore nella fedeltà delle donne), e nella vendetta crudele de’ tradimenti amorosi (e pure dovrebbe sapere l’autore del Belisario che non sono stati Italiani quelli che hanno portato più d’una fiata sulla scena a’ giorni nostri i Fajeli che per gelosia strappano il cuore agli amanti delle Gabrieli di Vergy) per necessità dovè inventa e nelle commedie intrighi pericolosi per gli amanti, e capaci di esercitare la furberia de’ servi. […] Nol posso dire, egli mi risponde, prima de’ nove giorni, e vestitosi si va di buon passo a dormir con Flaminio suo amico; io resto con più sonno che paura, ridendo e compassionandolo. […] Degni però di qualche scusa sono gl’ Italiani d’allora come troppo vicini al funesto sacco di Roma, che sì gran parte ne ridusse in miseria; e la commedia nominata degl’ Ingannati si recitò due giorni dopo del Sacrificio che fu come una introduzione agli spettacoli del carnovale del 1531. […] Ciò serva di norma ancora ad altri sedicenti filosofi de’ giorni nostri disprezzatori dell’ erudizione di cui scarseggiano tanto, e di cui tanto abbisognano per ragionar dritto.
Per la qual cosa, mio Signor Lampillas, non piacemi (benchè ciò nè me, nè l’Italia tocchi poco, nè punto), che tanta pompa facciate dell’abbondanza di Lope, e della felicità di schiccherare in uno o due giorni una Commedia. […] Gli stessi Francesi, quando aveano un mal Teatro, ebbero un fecondo Hardy, il quale compose più di seicento Drammi, spendendo in ciascuno di essi tre o quattro giorni.
Oh quanti vostri pregiudizj, Signor Abate mio, avreste detestati, se nello scorso Dicembre del 1781. aveste potuto godere nel Teatro de la Cruz la rappresentazione del Cid di Corneille (non di Castro), tradotto senza stravaganze, lodata dagl’Intelligenti, e ascoltata per moltissimi giorni con prodigioso concorso, silenzio, e diletto da quella Plebe, che Lope e voi credete incapace di compiacersi de’ buoni Drammi. […] Oggi la gravità della sua Polizia vi produce l’effetto stesso; si abbandonano gli spettacoli scenici nelle mani di particolari Impressarj, che cercano di tirare il volgo e la folla per uscire dalle spese, e si tollerano dal Governo in que’ giorni di allegria universale, purchè non ledano il buon costume; ma punto non si bada al miglioramento di essi in quanto all’arte ed al gusto, come addiviene in tante altre Provincie Italiane.
L’Arianna si rappresentò nel 1672 nel tempo stesso che si recitava il Bajazette del Racine tragedia di gran lunga superiore alla favola del giovine Cornelio; ma pure l’Arianna riscosse grandi applausi e si è ripetuta sino a’ giorni nostri, tuttochè soggiaccia al difetto generale di aggirarsi sugl’intrighi amorosi proprii di una commedia. L’autore spese in comporla quaranta giorni; ma il tempo si consuma nel lavoro e nel maneggio della lima sullo stile, ed è quello che manca all’Arianna.
Egli non pensa Ciò che conviensi, pien del suo disegno Che tristi giorni e lunghi guai gli appresta.
Gli Dei son raunati in consiglio, & è nato tra essi vn gran disparere, però hanno bisogno della presenza vostra ; Io galantamente rispondo, che per fargli seruitio sono in ordine, lui di posta mi piglia in braccio, & in vn batter d’occhio mi porta in Cielo, e non ve ne voleua di manco, perchè vn poco più ch’io fussi tardato, quei Barbassori si sarebbon date tante le maledette pugna nel naso, che sarebbe piouuto mostarda per otto giorni, e la spetiaria di maestro Apollo sarebbe stata sfornita d’vnguento di biacca, e difensiuo.
Se volessi raccontare le sventure nelle quali incorsi, ed i pericoli che passai in quei tre giorni e mezzo che mettessimo da Bologna a Firenze, forsi parrebbe favola, e pure è vero, poichè in Savena ci avessimo ad annegare, a Scarica l’Asino il vento mi gettò da cavallo, o giù del Mulo.
Al principio del diario di Venezia (24 settembre) egli dice infatti : Abbiamo finalmente da otto giorni qui una Compagnia che recita al teatro S.
Si recitò in Firenze nel medesimo anno in cinque giorni con generale applauso la Fiera commedia urbana del festivo Buonarroti il giovine, la quale è uno spettacolo di cinque commedie concatenate diviso in venticinque atti a.
Può servire di esemplo la bella scena sesta dell’atto primo di Sangaride, ed Ati, di cui diamo la traduzione, pregando i leggitori a compiacersi di consultare l’originale: Ati Sangaride gentil, de’ giorni tuoi Il più bel giorno è questo.
Delo presenta a’ nostri giorni ancora nel pendio di una collina a cui si appoggia, e intorno a trecento passi lontano dal mare, che riguarda la punta del gran Rematiari, qualche reliquia di un bel teatro di marmo, il cui diametro preso con tutta la profondità degli scaglioni è di 250 piedi e la periferia di 500154.
Sangaride gentil, de’ giorni tuoi Il più bel giorno è questo.
Oh tu non sai come pallidi i giorni e come triste passan le neghittose ore all’amico che tu carezzi !
La parte di Edipo che si accieca, si sostenne egregiamente dal famoso Luigi Groto detto il Cieco d’Adria tale divenuto otto giorni dopo nato, il quale a quest’oggetto recossi in Vicenza nel carnovale del 1585, e morì poscia in Venezia nella fine dell’anno stesso. […] Quasi a giorni nostri il celebre marchese Maffei vi fece alcuni troncamenti del meno importante, e la fe rappresentare in Verona, e piacque sommamente. […] Alcune tragedie Cristiane perdute si vuole che scrivesse ancora il benedettino mantovano Teofilo Folengo morto nel 1544, bizzarro ed ingegnoso autore delle Poesie maccaroniche sotto il nome di Merlin Cocajo, e del raro poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col nome di Limerco Pitocco, del quale nel 1773 fece in Parigi una elegante edizione, pochi giorni prima di partirne, l’erudito nostro amico Carlo Vespasiano sotto il nome Arcadico di Clariso Melisseo, corredandolo di curiose erudite note. […] E che si è scoperto di più a’ giorni nostri?
Dal 1745 fino agli ultimi giorni si é sempre rappresentata con sommo applauso Sigismonda e Tancredi, bellissima tragedia di Thompson, il cui argomento, tratto da una novella inserita nel pregiatissimo romanzo di Gil Blàs del sig. le Sage, é stato anche bene maneggiato in Francia da M. […] A quelli giorni il teatro italiano, il francese, e lo spagnuolo ancora fremerebbe a una scena simile alla III dell’atto III tra madama Orgone e M.
Dopo due giorni di navigazione fummo inseguiti da un pirata assai bene armato. […] Da quel tempo spiegarono una propensione particolare al grande, al terribile, al tetro, al malinconico, più che al tenero, ed una vivacità e una robustezza, e un amor deciso pel complicato, più che per la semplicità; e questo carattere di tragedia si è andato sempre più disviluppando sino a’ nostri giorni.
Dovè dunque concepirsi di tal modo, che le macchine per appagare la vista, l’armonia per dilettar l’udito, il ballo per destare quella grata ammirazione che ci tiene piacevolmente sospesi, e gli armonici, graziosi, agili e leggiadri movimenti di un bel corpo, cospirassero concordemente colla poesia anima del tutto, non già qualunque o simile a quella che si adopera in alcune feste, ma bensì drammatica e attiva , ad oggetto di formare un tutto e un’azione bene ordinata e cantata dal principio sino al fine , e (per dirlo colle parole del più erudito filosofo e dell’uomo di gusto più squisito che abbia a’ nostri giorni ragionato dell’opera in musica, dico del conte Algarotti) di rimettere sul teatro moderno Melpomene accompagnata da tutta quella pompa che a’ tempi di Sofocle e di Euripide solea farle corteggio .
Io ho seguitato fino a pochi mesi addietro a spendere e spandere per decorare le produzioni con una esattezza di costumi e con uno sfarzo ignoto fino ai nostri giorni ; e qual è la città che me ne ha tenuto conto ?
Papà se ne ammalò e per più giorni non escì di casa, egli credeva di essere rovinato, aveva perduto ogni fiducia in sè stesso e già pensava ad un secondo addio, quando una mattina Ernesto Rossi andò a trovarlo a casa, lo incoraggiò, lo rianimò e lo persuase di ritornare al Teatro.
Passavano intanto i Comici tranquillamente i suoi giorni in Lisbona, accumulando ricchezze, e facendo una vita comoda e doviziosa.
A’ giorni di Sannirione e di Filillio si vuole che scrivesse Diocle Ateniese o Fliasio. […] Il coro si frappone, e vuole che tanto il Dritto che ha insegnato a’ tempi antichi, quanto il Torto che insegna a’ giorni nostri, dicano pacatamente le loro ragioni, sicchè Fidippide e gli ascoltatori possano giudicare con fondamento. […] Se alcuno di voi, o spettatori, volésse per l’avvenire menar giorni felici e tranquilli, venga a vivere con noi uccelli. […] Se io (dice) entro in casa di qualche avarone, incontanente mi sotterra in una fossa, e se un povero il richiede di qualunque minimo soccorso, nega di avermi veduto mai a’ giorni suoi. […] Egli non pensa Ciò che conviensi, pien del suo disegno Che tristi giorni e lunghi guai gli appresta.
Passi che Rodolfo tornato dal Crapac in Buda, in trenta giorni non ha colta nella reggia l’opportunità di abboccarsi colla regina Adelarda, per dirle che Ladislao suo marito vive. […] E che novità v’è in ciò, se un gran numero di commedie spagnuole non eccedono questo spazio, e talvolta si riducono a soli dieci o dodici giorni ? […] Ed eccoci a’più lieti giorni della virilità dell’opera eroica, ai giorni rischiarati del corso del più bell’astro della poesia drammatica musicale. […] Le Grazie sole potrebbero convenevolmente encomiarlo, le Grazie amiche di Anacreonte che mercè del Metasiasio ridenti a’nostri giorni passeggiarono le musiche scene, e che tacquero com’egli tacque. […] Viene Ricimero a gettarsi a’ suoi piedi, e le avvisa che il padre è ferito, ma lievemente da uno strale, che tutto a lui perdona, tutto obblia, e la vuole con se negli estremi suoi giorni.
Delo presenta a’ nostri giorni ancora nel pendio di una collina a cui si appoggia, e intorno a trecento passi lontano dal mare, che riguarda la punta del gran Rematiari, qualche reliquia di un bel teatro di marmo, il cui diametro preso con tutta la profondità degli scaglioni, è di 250 piedi, e la periferia di 500b.
Ignorate che l’Italia in più felici giorni ammaestrò gli oltramontani nelle scienze e nelle belle arti?
Il di lui Prologo decantato (in cui declama in 106 pagine contro l’ imbecille Racine , l’ ignorante Voltaire e tutti i Francesi e gl’Italiani che non dican o che il teatro della sua nazione sia il primo del mondo, ed egli il Principe de’ letterati de’ suoi giorni) serve di scudo a una Collezione di commedie spagnuole di figuron, di capa y espada ed heroicas.
In alcune circostanze le immagini ritratte dal vivo par che si scostino dalle caricature de’ nostri giorni; ma chi non sa che di tutta la poesia, la comica è la più soggetta ad alterazioni per le maniere e pe’ costumi? […] Ecco ciò che con filosofica baldanza disse quel Francese erudito degl’Italiani: Un popolo che per gran tempo ha posto il proprio onore nella fedeltà delle donne (io son pronto a mostrare ad un bisogno a codesto Enciclopedista che tutta l’Europa, e singolarmente i Francesi, hanno in certo tempo posto il proprio onore nella fedeltà delle donne) e nella vendetta crudele de’ tradimenti amorosi (e pure dovea sapere l’autore del Belisario che non sono stati gl’Italiani che hanno più di una fiata portato sulla scena a’ giorni nostri i Fajeli che per gelosia strappano il cuore agli amanti delle Gabrieli di Vergy) per necessità dovè inventare nelle commedie intrighi pericolosi per gli amanti e capaci di esercitare la furberia de’ servi. […] Nol posso dire, egli mi risponde, prima de’ nove giorni, e vestitosi si va di buon passo a dormir con Flaminio suo amico; io resto con più sonno che paura, ridendo e compassionandolo. […] Degni però di scusa sono gl’Italiani di allora, come troppo vicini al funesto sacco di Roma, che sì gran parte ne ridusse in miseria; e la commedia nomata degl’Ingannati si recitò due giorni dopo del Sacrificio che fu come un’ introduzione agli spettacoli del carnovale del 1541.
Ne’ giorni che durava la festa (cioè dal Natale insino all’Epifania) tutti assistevano all’uffizio divino in abito di maschera o di commedia. […] In Ispagna, dove le antiche usanze durano più lungo tempo che per tutto altrove, si conservò fino a’ nostri giorni il costume di eseguire siffatte rappresentazioni benché trasferite dalla chiesa in teatro col titolo di Autos sacramentales, ed abbellite coi più vaghi colori della poesia, e di superbe decorazioni.
» Se gli meni buona la nutrice alla foggia antica, i nunzi, l’indovino, qualche descrizione troppo circostanziata bocca di Torrismondo, la lunghezza di alcuni ragionamenti del consigliere, e una maniera di sceneggiare che oggidì, farebbe fuor di moda, cose che non ne guastano l’essenziali bellezze, anche a’ nostri giorni farà piacere e maraviglia a leggitori imparziali. […] E che si é scoperto di più a’ giorni nostri?
Tu solo non basti, gli dice Cesare, ed io potrei I giorni miei sacrificare invano. […] Non disgusta la nostra musica, ma le donne specialmente (dicesi nel libro francese intitolato Londres) non possono assistere senza riso a uno spettacolo, in cui un Ati o un Eutropio de’ nostri giorni rappresenta seriamente Artaserse, Adriano, Enea; e quanto più questi cantanti malconci si sforzano di esprimere i loro affetti, tanto più crescono le risa femminili.
La fretta con cui gli lavorava, poiché spesso appena otto giorni spendeva in comporli, come asserisce il Marchese Maffei nella prefazione al teatro italiano, lo condusse a cadere talvolta in alcune inesattezze anche di stile poco elegante.
Fino alla state del 1662 diede Moliere al teatro il Principe geloso, in cui riuscì male come attore e come poeta, la Scuola de’ mariti tratta principalmente dal Boccaccio, la cui riuscita consolò l’autore, e cancellò la svantaggiosa impressione della favola precedente, e gl’ Importuni commedia in cui non si vede altra connessione se non quella che si trova in una galleria di belli ritratti, ma pure si accolse con indulgenza per essere stata composta, studiata e rappresentata in quindici giorni.
Ecco quanto un degno poeta Spagnuolo di questi giorni me ne ha scritto da Madrid in data de’ 6 di ottobre del 1789: oqq;Il nominato Don Ramòn (il quale, secondo che egli stesso ridicolamente millanta, ha di V.S. trionfato nel Prologo del suo Teatro) ultimamente ha composta una Loa che si rappresenta nel teatro del Principe, di cui a’ miei dì non penso di veder cosa peggiore”.
Il Coro si frappone; e vuole che tanto il Dritto che ha insegnato a’ tempi antichi, quanto il Torto che insegna a’ giorni nostri, dicano pacatamente le loro ragioni, sicchè Fidippide e gli ascoltatori possano giudicare con fondamento. […] Se alcuno di voi, o spettatori, volesse per l’avvenire menar giorni felici e tranquilli, venga a vivere con noi uccelli. […] Se io (dice) entro in casa di qualche avarone; incontanente mi sotterra in una fossa; e se un povero il richiede di qualunque minimo soccorso, nega di avermi veduto mai a’ giorni suoi. […] Osserva giustamente l’erudito Benedetto Fioretti che in questa favola l’azione abbraccia lo spazio di due giorni; ma la preferisce a tutte le altre così esaltandolaa: Le Nebbie sono pertutto un giardino fioritissimo di tutte le vaghezze comiche e mimiche più desiderabili o vuoi di motti e di concetti e di episodii, o di persone e di relazioni allegoriche a d’invenzioni stranissime.
Oh tu del mio destin compagna amata, Rimanti in pace . . . tue virtù coroni La sorte amica, e i giorni tuoi men foschi Risplendano che i miei . . . . […] Geldippe si discolpa con dire che ha dovuto schivar di vederlo, perchè vi era baciamano in corte e gala grande, quasichè in altri giorni una reggia rimanga solitaria. […] Passi che Rodolfo tornato dal Crapac in Buda, in trenta giorni non ha colta nella reggia l’opportunità di abboccarsi colla regina Adelarda, per dirle che Ladislao suo marito vive. […] Il Ladislao occupa due mesi, o poco più di rappresentazione, per osservar la legge II della Fisedia: e molte commedie del Solis del Roxas, del Moreto, non eccedono pel tempo quale i tre e quale i dieci giorni. […] Ricimero lasciandosi cadere a’ suoi piedi, le dà avviso che il padre ferito, ma lievemente, da uno strale tutto a lei perdona, tutto obblia, e la vuol con se negli estremi suoi giorni.
Egli piacque a’ suoi giorni ad alquanti letterati, ma senza vantaggio del pubblico teatro. […] L’auris Batava può a’ nostri giorni applicarsi alla maggior parte de’ francesi amanti della loro musica vocale, la quale per lo più altro non é che una certa salmodia, o detestanda cacofonia, piena di false modulazioni, di frastuoni, urli e gridi arrabbiati, di trilli caprini, e di suoni gargarizzanti, che Dio ne scampi i cani.
Neanche dieci giorni dopo può aggiungere: «Il sig. […] Risalendo il Rodano Martello attraversa Lione, contemplata dall’alto di Notre-Dame de Fourvière, e prosegue lungo la Saona verso Trévoux e Chalon-sur-Saône, da cui riparte in diligenza verso Parigi: qui, dopo aver visitato l’acquedotto di Marly e Versailles incontra Aristotele al teatro de la rue des Fossés-Saint-Germain, che gli dà appuntamento al giardino delle Tuileries, dove si svolge, tre giorni dopo, la quarta sessione. […] Sessione prima [1.1] Sempre fu pieno il mondo e sempre lo sarà d’impostori, e questa è una certa razza di spiriti o torbidi o disperati, che quantunque sieno detestabili per la lor professione, non sono però affatto disprezzevoli per qualche ardir di talento che gli fa spiccare fra gli uomini e senza il quale mai non può regger l’impostura. [1.2ED] Quindi è che avvenutomi a’ giorni miei con un di costoro, mostrai di pendere interamente da’ suoi bizzarri ragionamenti, imperocché, se bene questi mi movevano a tali risa che io stentava molto a sopprimerle, nondimeno dalle materie poi delle quali meco trattò, lo conobbi per un ingegno da non deridersi e tale insomma da raccontarne i discorsi, siccome intraprendo con quelle curiose circostanze che dalla mia qualsiasi memoria mi saranno suggerite e dalla mia poca eloquenza permesse. […] [1.18ED] Fu questi Nicomaco, medico di professione, come saprai; ma sappi inoltre che ei fu ancora chimico sì sventurato che prima della sua morte non poté perfezionar quel rimedio che, sebbene non rende immortale, fa però vivere sì lungamente che uno sciocco arriverebbe a sperare di più non morire. [1.19ED] Io, seguendo in ciò l’arte sua, ne perfezionai un’ampolla della quale un solo sorso bevuto, dopo il sonno di pochi giorni, fa vivere un secolo, e già è per me voto il vetro preservatore e, per quanto io abbia poi faticato coll’arte a riempierlo, la fortuna o il cielo che mi vuol mortale, non mi han secondato, in guisa che io godo di questa luce per l’ultimo secolo. [1.20ED] Tu ridi ancora, né me ne offendo; così ancor io riderei se tu mi dicessi cose lontane dal creder mio. [1.21ED] Ma non hai tu contezza di tanti che han lungamente dormito e si son poscia svegliati a spaventare i posteri loro? […] [4.3ED] In sì ameno luogo mi diedi a scrivere quanto mi era rimasto nella memoria de’ discorsi avuti col nostro Aristotile, e mi sembrava appunto di conversarlo nel riandarne i saporiti ragionamenti; di lì a pochi giorni imbarcatomi per Scialone passai d’avanti a Trevoux. [4.4ED] Le scosse della carrozza della diligenza ne fecero per quattro giorni e mezzo, ne’ quali sempre si mangia e mai non si dorme, desiderare Parigi. [4.5ED] Ed ecco Parigi sorprendermi finalmente con immense e larghe contrade, tutte bollenti di popolo e di carrozze che volano ritto e a traverso, dando la fuga a’ pedoni.
Sino alla state del 1662 diede Moliere al teatro il Principe geloso, in cui riuscì male come attore e come poeta; la Scuola de’ mariti tratta principalmente da Giovanni Boccaccio, la cui riuscita consolò l’autore, e cancellò la svantaggiosa impressione della favola precedente; e gl’Importuni commedia in cui non trovasi altra connessione se non quella che si vede in una galleria di bei ritratti; ma pure si accolse con indulgenza per essere stata composta, studiata e rappresentata in quindici giorni.
Si recitò in Firenze nel medesimo anno in cinque giorni con generale applauso la Fiera commedia urbana del festivo Buonarroti il giovane, la quale è uno spettacolo di cinque commedie concatenate diviso in venticinque atti75. […] Oltre alle prelodate Checca della Laguna e Margherita Costa l’Eritreo ne nomina un’ altra come una delle più eccellenti de’ suoi giorni, cioè Leonora Baroni figlia della nominata bella Adriana di Mantova90.
Fillide, anima cara, e consorte mia carissima, mentre che tu vivevi, erano per me i giorni chiari e sereni ; mille e mille amabili pensieri m’ ingombravano la mente, la fortuna dolce e propizia a’ miei voti, e il cielo arrideva a’ miei contenti : ma ora che tu sei rinchiusa dentro a freddo sasso, avendo teco rinchiuse le virtù tutte, e le bell’opere, s’è talmente cangiato il mio destino, ch’altro non mi rimane, che la memoria d’averle vedute e amate. […] Io ho udito in Pariggi stando a mensa con alcuni (non so s’ io dica strauaganti, o bestiali humori) auuezzi però alle più rabbiose guerre di Europa : Io con tanti cavalli, in tanti giorni, mi darebbe l’animo di prender il Castel di Milano, & poi passarne per Italia, debellare, distruggere, fare, dire ; & perchè uno de’suoi camerata manco furioso li disse ciò non poter essere, costui saltò di tauola, & con un senso rabbioso disse : hor hora ve lo vo a far vedere ; & così veloce partì, che se non mi fosse stato detto, ch’ egli era andato a dormire io gli voleuo raccomandar certe cose, ch’io ho in Ferrara : orsù, vno di quest’ huomini si può rappresentare, su le scene, & lasciar per gli hospitali quelli, che con un salto vanno all’ Impirio a cena con Giove.
Dopo due giorni di navigazione fummo inseguiti da un pirata assai bene armato.
L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando lo scrisse in tempo di due giorni (com’egli accenna in una lettera a Carlo canale) intra continui tumulti a requisizione del reverendissimo cardinale Mantuano Francesco Gonzaga , in occasione che questi da Bologna ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ove era Vescovo nel 1472, come col Bettinelli asserisce il lodato padre Affò, o almeno prima del 1483, nel quale anno morì il Cardinale, come osserva Girolamo Tiraboschi.
L’autore non oltrepassava l’anno diciottesimo di sua età, quando la scrisse in tempo di due giorni (com’ egli accenna in una lettera a Carlo Canale) intra continui tumulti a requisizione del Reverendissimo Cardinale Mantuano Francesco Gonzaga, in occasione che questi da Bologna, ove risedea Legato, portossi a Mantova sua patria, ov’era vescovo, nel 1472, come col Bettinelli stabilisce il lodato P.
Queste bellissime parole trovo inserite nel bellissimo articolo che il Fiacchi dettava nel Piccolo Faust di Bologna, il 24 maggio 1894, dopo la morte della celebre artista, avvenuta a Roma otto giorni prima, a ottantacinque anni.
— Notizie Istoriche de' Comici Italiani che fiorirono intorno all’anno MDL fino a' giorni presenti….
Scrivendo di essa a Firenze a Giovanni de’ Bardi de’ signori di Vernia, afferma lo stesso autore d’ averla cara quanto la tragedia , e che con tre lettere in otto giorni gliela dimandò il duca di Mantova per farla rappresentare.
Scrivendo di essa a Firenze a Giovanni de’ Bardi de’ Signori di Vernia afferma l’istesso autore d’averla cara quanto la tragedia, e che con tre lettere in otto giorni gliela domandò il duca di Mantova per farla rappresentare.
L’autore spese in comporla quaranta giorni; ma il tempo si consuma nel maneggio della lima sullo stile, ed è quello che manca all’Arianna.
Giulio Cesare Beccelli di lui compatriotto ed ammiratore dal 1740 al 1748 pubblicò in Verona e in Roveredo sette commedie: i Falsi Letterati, l’Ingiusta Donazione, ossia l’ Avvocato, l’Agnese di Faenza in versi, la Pazzia delle pompe, i Poeti Comici, e l’ Ariostista e il Tassista, nelle quali col gusto che richiede la buona commedia si dipingono e si motteggiano graziosamente le ridicolezze e i difetti correnti a’ giorni suoi nella letteratura pedantesca.
NOn ha poco contribuito ad inspirar tra noi e diffondere per le italiche contrade un nuovo ardore per la poesia tragica il generoso invito del sovrano di Parma che vi ricondusse in pro delle belle arti nuovamente i lieti giorni de’principi Farnesi. […] Ma dalle mani almeno di questo scrittore che si compiace encomiar l’Ifigenia del Lassala e la Numanzia dell’Ayala ed anche l’Agamennone di Garcia de la Huerta, non dovrebbe, oltre della Merope del Maffei, sperar di esser coronato qualche altro Italiano de’nostri giorni ? […] Tu cancellasti In pochi giorni da mia mente inferma L’idee del fanatismo e del furore. […] Ignazio Gajone di Casal di Monferrato scrisse diverse tragedie delle quali ciascuna costogli in Madrid otto giorni di lavoro. […] Ma non è permesso al poeta teatrale di abbreviar qualche circostanza del fatto senza essere obbligato a contarne i giorni, per produrre l’effetto drammatico ?
Ma queste osservazioni non l’escluderanno dal meritato luogo tralle buone tragedie Italiane, e dal piacere in teatro e nella lettura anche a’ nostri giorni.
La tragedia de’ Sette a Tebe reca diletto ed invita a leggere anche a’ giorni nostri, essendo ripiena di bei tratti, di movimenti militari, di sospensioni maravigliose, fatta in somma per presentare uno spettacolo degno di ogni attenzione. […] Si può notare eziandio che o la rappresentazione di questa tragedia dee durare alcuni giorni, o, come riflette Metastasio53, Eschilo non ha creduto obbligata la sua imitazione alle circostanze del tempo. […] Era questa una febbre che di ordinario durava sette giorni, e riscaldava di modo l’immaginazione degl’ infermi che faceva diventarli rappresentatori.
Con tutto ciò molta ingiustizia gli fecero i contemporanei e fangli alcuni semidotti de’ giorni nostri. […] Non ha poco contribuito ad inspirar fra noi e diffondere per tanti paesi un nuovo ardore per la poesia tragica il generoso invito del Sovrano di Parma pel cui benefico genio Borbonico abbiam veduto in pro delle belli arti spuntar nuovamente i lieti giorni de’ Principi Farnesi. […] Tu cancellasti In pochi giorni da mia mente inferma L’idee del fanatismo, e del furore.
Gli è vero che visse a que’ tempi Giambattista Doni, scrittore grandissimo, il quale solo varrebbe per tutti, ma la più bella tra le opere sue, e la più acconcia a spargere il buon gusto, cioè il Trattato della musica scenica, rimase fra le tenebre inedita fino a’ nostri giorni.
Laonde essendosi anche col progresso degli anni sempre più accresciuta tra i francesi de’ nostri giorni questa lusinghiera e vanitosa opinione del proprio merito, non é da stupirsi, se mettano quasi in non cale l’antica letteratura; quindi il dotto e giudizioso abate Arnaud ha ben ragione di dire: «On peut au temps où nous sommes, regarder, du moins à beaucoup d’égards la littérature ancienne comme étrangère».
Ma queste osservazioni non l’escluderanno dal meritato luogo tralle buone tragedie italiane, e dal piacere in teatro e nella lettura anche a’ giorni nostri.
Chi dunque a’ giorni nostri arzigogolando sdegna di riconoscere da tali principi la tragedia e la commedia greca, non altro si prefigge se non che solo di dar un’aria di novità e d’importanza a’ suoi scritti, e di far la storia della propria fantasia più che quella delle arti. […] I sette Capi all’assedio di Tebe é una tragedia che si fa leggere con attenzione e piacere anche a’ giorni nostri, piena di bei tratti, di movimenti militari, di sospensioni meravigliose, e fatta per presentare uno spettacolo sorprendente.
Mancangli a tal uopo seicento nummi, e prega Sagaristione a volerglieli prestare per tre o quattro giorni. […] Arriva il di lui padre in uno dei giorni ch’egli sta in compagnia di donne e di amici gozzovigliando.
Per esempio in questo duetto tra Megacle ed Aristea45 : MEGACLE: Ne’ giorni tuoi felici Ricordati di me. […] Ecco ciò che scrive uno di essi, che più si è distinto a’ nostri giorni ne’ balli teatrali: «Finché i balli dell’opera in musica non saranno uniti strettamente al dramma, e non concorreranno alla sua esposizione, al suo nodo e al suo scioglimento, essi saranno freddi e spiacevoli. […] [Sez.VII.3.0.10] Non si possono, la buona mercé di Dio, rimproverare alle ballerine de’ nostri giorni i disordini delle antiche. […] Ma il fatto sta, che Sulpizio uomo era nelle antiche dottrine e cose assai ben versato: e ponendo però egli mente, che le Rappresentazioni Drammatiche erano dagli Antichi cantate, tentò egli a suoi giorni di restituire con esse Tragedie anche questo costume». […] Ma perché mi pare a dismisura mutato sotto questo abito il sembiante vero delle Tragedie, tali non oserei quasi chiamarle, non si convenendo loro, anzi abborrendosi da loro (se pure han da essere perfette) la Musica, quale a’ nostri giorni s’usa» (al solito Muratori era piuttosto convinto del mancato accordo tra i generi).
Mancangli a tal uopo seicento nummi, e prega Sagaristione a volerglieli prestare per tre o quattro giorni. […] Arriva il padre in une de’ giorni che egli in compagnia di donne ed amici stà gozzovigliando.
Circa i guadagni e le perdite che ha fatto la musica dai tempi del Pergolesi e del Vinci insino a’ nostri giorni, io ho detto il mio sentimento nell’ultimo paragrafo del secondo tomo. […] Se ciò fosse vero non si dovrebbe sdegnare l’illustre autore, che il pubblico non abbandonasse così presto l’opinione di venti secoli per l’ingegnose conghietture di pochi giorni.
Studiando il mondo, e ritraendo la natura, egli ha appreso a ben dipingere, ed a variare gajamente i soggetti, ond’è ch’è stato denominato il Dancourt de’ giorni suoi.
Cesare Ed io dovrei… Catone Ed io dovrei…Di rimanere oppresso Non dubitar, che allora Tu solo non basti, gli dice Cesare, ed io potrei I giorni miei sacrificare invano.
Era questa una febbre che di ordinario durava sette giorni, e riscaldava di modo l’immaginazione degl’infermi che diventavano rappresentatori.
S’esser cruda per me deuesse, ed empia L’innessorabil Parca Col leuarmi dai viui Ben ella in ciò saria veloce, e presta Come fù alhor, che tè da noi diuise ; Ma perch’ella conosce, Ch’essendomi crudel fora pietosa, Perdona al viuer mio, Quando l’alma dolente altro non brama, Che trar gli infausti giorni Per l’occaso di morte al fin de gli anni.
Il Cadalso autore di varie poesie, del piacevole libretto los Eruditos à la violeta, e di un’ altra tragedia inedita la Numancia, graduato colonnello terminò gloriosamente i suoi giorni l’anno 1782 nella trincea del campo di San Roque sotto Gibilterra3.
E le circostanze particolari che danno sì gran mossa e vivacità alla eloquenza di Virgilio, come sarebbe a dire, le strane vicende per le quali è pervenuto quel ferro da i campi di Troia fino ai lidi di Cartago, il diverso fine cui serbavalo Enea, lo sfortunato e miserabil uso che ne fa Didone, l’eccesso di passione che la guida a troncare sì lagrimevolmente i suoi giorni, l’avvenenza, le grazie e le altre ragguardevoli doti che degna rendevano la bella regina d’assai più lieto destino, i benefizi renduti da essa al principe troiano, e l’ingratitudine imperdonabile di costui verso una principessa cotanto amabile, mille altri aggiunti insomma che feriscono, a così dire, il cuore a colpi raddoppiati, e dall’aggregato de’ quali risulta poi nello spirito quella sensazione complessa che ci intenerisce e ci attacca agli oggetti imitati; tutto ciò, io dico, è intieramente perduto per gli strumenti.
Il Cadahalso autore di varie poesie, e del piacevole libretto los Eruditos à la violeta, e di un altra tragedia inedita la Numancia, graduato colonnello terminò gloriosamente i suoi giorni l’anno 1782 nella trincea del campo di San-Roque sotto Gibilterra.
[18] Indi a non molto s’introdussero le “maggiolate”, spezie di canto usato in Italia come in molti altri paesi d’Europa, e privativo dei primi giorni di maggio, tempo in cui per celebrar il ritorno della primavera erano soliti gli amanti a piantare in faccia alle finestre delle loro innamorate un piccolo arboscello verde di nuova fronda, e abbellito con festoni a più colori, intorno al quale ballando e ripiegandosi in sollazzevol foggia diverse truppe di giovani cantavano certe poesie che presero il nome dalla circostanza.
Oltradicchè diventa oggimai tanto più necessario il parlarne quanto che la possente influenza della imitazione francese ha reso il ballo a giorni nostri quasi parte essenziale del melodramma italiano.
[1.3.2] La Rosmonda del Rucellai, che poco appresso venne alla luce, rappresenta una fanciulla reale che per dar sepoltura al corpo del padre ha l’impudenza di trattenersi tre giorni e più nel campo della battaglia; e però riman presa e sforzata a bere nel cranio paterno. […] Io non saprei almeno ben difenderne alcune, in cui s’attribuiscono a persone ideali quegli avvenimenti straordinari per cui si son resi celebri fino a’ nostri giorni gli uomini più sepolti nelle tenebre dell’antichità. […] Alcuni Italiani a nostri giorni l’hanno seguito, ma più altri hanno amato meglio di conservare il rito antico, tra quali hanno eletto il coro diviso il Caracci, il Gravina, il Marchesi ed il Conti, che più degli altri hallo introdotto con giudizio; al Lazzarini ed al Salìo è piaciuto il fermo. […] Altra fu d’endecasillabi e d’ettasillabi senza rima misti insieme qualmente a’ nostri giorni è stato scritto l’Ulisse del Lazzarini. […] Per lo che rimane evidente che li Francesi, non avendo avuto fino a’ nostri giorni alcun poema eroico che possa contrapporsi a più mediocri di que’ moltissimi che noi abbiamo, tanto cedono in grandezza agli Italiani quanto si lodano d’avanzarli.