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26. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO III. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 125-139

Mentrechè risorgeva dentro le Alpi la lingua latina col l’ammirarsene i preziosi codici scappati alla barbarie, nasceva da’ rottami greci, latini, orientali e settentrionali la lingua italiana, la quale per mezzo di Dante che è stato nella moderna Italia quello che furono Omero in Grecia ed Ennio nel Lazio, giva sublimandosi e perfezionandosi, e conscia delle proprie forze cercava ognora nuovo campo per esercitarle. […] Ma dobbiamo al prelodato Mussato, promotore dell’erudizione e dello studio della lingua latina, l’aver richiamata in Europa la drammatica giusta la forma degli antichi.

27. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO II. La Poesia Drammatica ad imitazione della forma ricevuta dagli antichi rinasce in Italia nel secolo XIV. » pp. 32-40

Mentrechè risorgeva dentro le alpi la lingua latina coll’ ammirarsene i preziosi codici scappati alla barbarie, nasceva da’ rottami greci, latini, orientali e settentrionali la lingua italiana, la quale per mezzo di Dante che è stato nella moderna Italia quello che furono Omero in Grecia ed Ennio nel Lazio, giva sublimandosi e perfezionandosi, e conscia delle proprie forze cercava ognora nuovo campo per esercitarle. […] Ma dobbiamo al prelodato Mussato, promotore dell’erudizione e dello studio della lingua latina, l’aver richiamata in Europa la drammatica giusta la forma degli antichi.

28. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 958-966

Il Pantalone della Podagra è così mal trattato da detto male che l’anno passato con noi in Venetia non si potea vestire ne allacciar la maschera, e per mettere nna statua in scena, che non mova altro che la lingua, non mi par bene. […] Trovarebbe ancora il nostro Pantalone buono sì per la lingua matterna, quanto per la pratica dei soggietti antichi e moderni. […] È ben vero che l’innamorato non sono ne Cintio, ne il morto Aurelio, ma troverebbe bene dei giovani studiosi, quali in Fiorenza dove è la scuola della lingua Toscana sono stati sommamente graditi, con speranza ch’habbino da riuscire mercè el studio al paro di qualunque altro metti il piede sopra la scena, e quel che importa senza prettensione, nè giunta alcuna. […] A. e che verrò a servirlo con la lingua per terra io, la moglie, la madre, figliuoli e servitore, che fanno in tutto quatordeci persone.

29. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 629-630

Dettò versi in dialetto milanese, e in lingua (Milano, Fr.

30. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Pistoia, questo dì 21 di ottobre 1589. » pp. 405-415

Le Cento | e quindici | conclusioni | in ottava rima | del Plusquamperfetto | Dottor Gratiano Partesana da | Francolin Comico Geloso, | & altre manifatture, & Compositioni | nella sua buona lingua (s. d. nè l.), comprendono : una ottava alli lettori sotto il presente ritratto ; una lettera dedicatoria all’illustrissimo, et eccellentiss. signor Don Virginio Orsino Duca di Bracciano, ecc., e 23 ottave di conclusioni : a queste si aggiungono 10 ottave per gli Utroni, e le Quattro Stagioni. […] Le conclusioni son tutte una insulsaggine ancor più insulsa di quelle usate nella lingua graziana : eccone un saggio : 3. […] E il Perrucci, che colla sua arte rappresentativa ha gettato veri sprazzi di luce in mezzo al bujo che avvolge le nostre scene ne’secoli xvi e xvii, dice : La parte del Dottore non ha da esser tanto grave, servendo per le seconde parti di Padre, ma per la vivacità dell’ingegno, per la soverchia loquela può darsele qualche licenza d’uscire dalla gravità ; ma non tanto che si abbassi al secondo Zanni, perchè allora sarebbe un vizio da non perdonarsele ; il suo linguaggio ha da esser perfetto Bolognese, ma in Napoli, Palermo ad altre città lontane da Bologna, non deve essere tanto strigato, perchè non se ne sentirebbe parola, onde bisogna moderarlo qualche poco, che s’accosti al Toscano, appunto come parla la nobiltà di quell’inclita Città, e non la Plebe, di cui appena si sente la favella : onde allora ch’ebbi la fortuna di esservi, al mio Compagno sembrava d’esser fra tanti Barbari, non intendendo punto quella lingua. […] Per rappresentare adunque (secondo il mio senso) questo così gratioso personaggio direi che quello il qual si dispone di portarlo in iscena, si formasse ben prima nell’ idea un tal huomo il quale voglia esser moderno al dispetto dell’antichitá, & che a tempo isguainasse fuori sentenze propositate quanto alla materia ; ma sgangherate quanto all’espressura, il condimento delle quali fosse vna lingua Bolognese in quella forma, ch’ella viene essercitata da chi si crede, che non si possa dir meglio, & poi di quando in quando lasciarsi (con qualche sobrietà) vscir di bocca di quelle parole secondo loro più scielte ; ma secondo il vero le più ridicole, che si ascoltino ; come sarebbe a dire. […] Adriano Banchieri, sotto il nome di Camillo Scaligeri della Fratta, nel suo Discorso sulla lingua bolognese, vorrebbe sostenere che il Dottor Graziano non è bolognese.

31. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 550-553

E tanto riuscì come attore nella riproduzione ammodernata del Senex latino, che fu poi il Pantalone, o del Pedante, che fu poi il Dottore [se ci facciamo a ricordar le lettere sue, nelle quali è sparso in larga copia l’elemento di quella lingua a travestimenti che fu poi nella Commedia dell’arte detta Graziana (V.  […]  — Sonetti, Stanze, Capitoli, Madrigali, Epitaffi, Disperate e Canzoni, ed il Commento di due sonetti del Petrarca in antica materna lingua (Venezia, Bertacagno, 1553).

32. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 446

E Goldoni mette in nota : Elogio ben dovuto alla memoria di Francesco Rubini, il quale quantunque di nascita mantovano, e non del tutto in possesso della lingua veneziana, ha saputo tanto piacere in virtù del suo talento, e della sua buona grazia.

33. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » p. 17

Possedeva una viscomica naturale, una facilità di memoria, una scioltezza di lingua, una castigatezza di gesti e di modi, che lo rendevano atto alla interpretazione ed esecuzione di ogni carattere comico e semiserio.

34. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO V. Tracce di rappresentazioni sceniche in Ulietea. » pp. 42-43

La scarsa cognizione della lingua toglieva all’equipaggio di Cook l’opportunità di distinguere per mezzo delle parole ciò che poteva essere un canto accompagnato dal ballo da ciò che avrebbe potuto chiamarsi spezie di dramma ancorchè informe.

35. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 298-299

Scarpa grossa e Cervello sottile, riproducendo nel volger di mezz’ ora vari tipi disparatissimi : e non minore attitudine ebbe alla pronunzia correttissima della lingua francese, di cui molto si valse, facendo smascellar dalle risa lo spettatore più contegnoso col Grelufont e col Graffigny ; due parti, nelle quali egli fu artista incomparabile.

36. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquarto »

L’accento patetico della lingua non essendo altro che il linguaggio naturale delle passioni nei vari loro caratteri, è quello che serve di fondamento alla imitazion musicale principalmente nel canto. […] L’accento della lingua sciolto, a così dire, e vagante non avrebbe altra forza che quella che si ritrae dal parlar ordinario. […] Quindi la natural divisione della poesia musicale in recitativo semplice, recitativo obbligato ed aria; divisione troppo necessaria nei nostri sistemi di armonia e di lingua, ma la quale per motivi contrari non era né poteva esser tale presso agli antichi Greci. cosicché tutta la teoria della espressione nel moderno melodramma si racchiude nella soluzione del seguente problema: Assegnare fino a qual punto l’accento naturale della lingua possa divenir musicale, e fino a qual punto la musica deva approssimarsi all’accento naturale. […] Dove col trinciar in mille modi e agglomerare la voce si sfigura talmente il carattere degli affetti naturali che più non si conosce a qual passione appartengano, onde ne risulta una nuova lingua, che non intendiamo? […] Cotesta spezie di canto non si capisce facilmente nelle nostre lingue moderne, ma s’intendeva benissimo nella lingua greca, la quale, siccome abbiamo veduto, era talmente accentuata che bastava misurar la prosa col ritmo poetico perché divenisse cantabile.

37. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo settimo »

[5] Nè si ristette fra i termini d’Italia, ma varcando le Alpi portò la gloria della musica e della lingua italiana per tutta l’Europa. […] Pel sentiero da lui indicato si stradarono parecchi scrittori desiderosi d’arricchire la poesia germanica con un teatro lirico nazionale; ma o fosse che la lingua rozza e inflessibile non potesse alla dolcezza musicale abbastanza piegarsi, o nascesse ciò dalla penuria d’ingegni superiori, certo è che i tedeschi abbandonarono allora il pensiero di scriver drammi nel proprio idioma. […] [10] A così strana usanza danno occasione gli accenti della lingua russa, i quali sono così spiccati e sensibili, che agevolmente possono adattarsi alla melodia senza l’aiuto del metro. Coloro che non comprendono come la lingua greca fosse cotanto musicale, troveranno in un barbaro idioma formato tra i giacci e le paludi del settentrione convenevol risposta ai loro dubbi poco fondati, e le nazioni meridionali, che fiancheggiate da filosofiche teorie stimano se sole essere state privilegiate dal cielo per ricevere e rimandarne le dolcissime scosse dell’armonia, dovranno confessare di non poter coi loro linguaggi neppur venire al paragone (almeno in qualche circostanza) con un idioma scitico.

38. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — 1759 – 16 Settembre. » pp. 258-259

Dopo avere fatto gli studi classici, e avere avuto lezioni da sua madre, dallo zio Riccoboni (Lelio), e dalla zia Elena Balletti (Flaminia), si diede all’arte il 1 febbraio del 1742, sostenendo di punto in bianco le parti di primo amoroso nelle commedie così francesi, come italiane, poichè parlava assai bene e l’una e l’altra lingua, delle quali possedeva tutte le finezze.

39. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 516-517

Quelli che conoscon la lingua italiana, applaudirono il modo di improvvisar della madre ; ma come tal pregio non poteva essere notato da tutto il pubblico francese, essa non ebbe quel successo che poteva sperare.

40. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quarto »

[5] Cade non per tanto da se medesima l’asserzione della massima parte degli scrittori francesi, i quali dicono che l’epoca delle prime poesie composte nella loro lingua volgare (comprendendo sotto questo nome anche la provenzale quantunque fosse differente dalla francese) debba fissarsi sul fine del secolo duodecimo. […] [8] Chiunque vorrà prendersi il pensiero d’esaminare la poesia provenzale troverà ch’essa non era affatto priva d’una certa mollezza, né di certi piccoli vezzi propri di quella lingua, ma troverà nel tempo stesso che il suo gran difetto era quello d’essere troppo uniforme, e di sembrar fatta dai poeti sopra un unico getto. […] Cresciuta la lingua italiana, crebbe parimenti l’usanza d’accoppiar qualche volta la musica alla poesia per quel segreto vincolo, che l’una all’altre tutte le belle Arti avvicina. […] Quel monaco intendeva la lingua araba? […] Moltissime altre Canzoni norvegesi, islandesi, e danesi si trovano nel Saggio citato scritte tutte nell’antica lingua scandinava, la quale, torno a dire, era l’idioma universale del settentrione, di cui facevano parte i due popoli in questione.

41. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Di Venetia, 23 di marzo 1675. » pp. 351-354

Scrisse commedie, orazioni e dialoghi in lingua rustica, che pubblicò prima a parte a parte, poi raccolti in un sol volume. […] Fu allora che, dopo la cena, il Ruzzante, secondo l’uso, a esilarar gli animi, recitò le sue tre orazioni in lingua rustica, magna cum astantium voluptate.

42. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Conclusione »

E perché portò già il caso che io dovessi distendere quest’ultimo in francese, in francese l’ho lasciato per essere quella lingua fatta oramai tanto comune, che non vi è in Europa uomo gentile che non la possegga quasi al pari della propria.

43. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO III. Teatro Olandese: Danese: Suedese: Polacco. » pp. 253-256

Quest’ingegnosa poetessa, che può dirsi l’Isabella Andreini de’ Danesi, contribuì anche all’intrapresa e all’esecuzione della prima opera musicale Danese rappresentata a spese di alcuni particolari nel 1757 in Copenaghen colla mira di dimostrare che la lingua patria ben si adatta alla musica.

44. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 451-452

Questo costume, stando alle apparenze, era sul teatro innanzi a quello di Beltrame, Niccolò Barbieri, che era milanese, e che volendo parlar la lingua del suo paese, ne portava anche il vestito.

45. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO II. Teatro Olandese: Danese: Suedese: Polacco. » pp. 32-37

Questa ingegnosa poetessa, che possiam chiamare l’Isabella Andreini de’ Danesi, contribuì anche all’intrapresa, e all’esecuzione della prima opera musicale danese rappresentata a spese di alcuni particolari nel 1757 in Copenaghen colla mira di dimostrare che la lingua patria ben si adatta alla musica.

46. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 36-38

 » A Messer Alvarotto è indirizzata la lettera del Ruzzante, colla quale si chiude il volume delle sue opere, e nella quale è descritta una visione in lingua rustica, piena di allegorie e di argute osservazioni.

47. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 760-762

Il Bartoli riferisce in sua lode il seguente sonetto caudato in lingua veneziana : Per la signora Diana bella ed eccellentissima Comica giunta in Reggio Zonta, che me xe sta la niova cara che in Rezo siè arivà, bella Diana xe corsa a sbatochiar la gran campana de Pindo la mia musa campanara.

48. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VIII ultimo. Primi passi del Dramma Musicale. » pp. 42-62

Or questa è l’opera musicale, a giudizio di tutta l’Europa; e questo lavoro nella nostra lingua non s’inventò prima degli ultimi tre anni del Cinquecento. […] Bisogna dire che questi sieno i pretti originali degli Eruditos à la violeta dell’ingegnoso nostro amico Joseph Cadhalso y Valle, e che appena leggono pettinandosi alcuni superficiali dizionarii o fogli periodici che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, e che con tali preziosi materiali essi pronunziano con magistral franchezza che il canto rende inverisimili le favole drammatiche . […] Piacque poì al signor don Tommaso Yriarte di porre in versi castigliani il mio raziocinio non solo, ma le mie parole trascritte nella sua lingua, facendone una parafrasi nel canto IV del suo poema della Musica pubblicato due anni dopo della prima edizione della Storia de’ Teatri, cioè nel 1779.

49. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 203-211

Dell’Armani, bellissima, s’innamorò uno de’principi Gonzaga ; e Don Antonio Ceruto, giureconsulto e poeta, in un suo passo riportato dal D’Ancona, dice : heri il signor Federico da Gazuolo venne posta a Mantova per menar seco la comediante Vincenza a solazzo ; ma la cattivella dubitando de non vi lasciare in un punto l’acquisto di molti mesi, fatto con sudore, fingendo di hauer un certo sdegno con lui, si riparò bravamente, e lui a guisa della donna del corso, subito tornò in dietro, bravando et bestemmiando, non essendogli restato altro che la lingua per potersi vendicare. […] Nel cucire, nel ricamare, anzi nel dipinger con l’ago avanzò non solo tutte l’altre compagne, ma quella favolosa Aracne, e Minerva che di si fatti lavori fu inventrice…….. nè avendo i tre lustri dell’età sua toccati appena, possedeva benissimo la lingua latina, e felicissimamente vi spiegava ogni concetto, leggeva tanto appuntatamente, e scriveva cosi corretto nel latino e nel materno idioma, che più non vi scriverebbe chi dell’ortografia diede i precetti e l’arte…. » E di questa guisa il fervido innamorato va enumerando tutte le grandi qualità della sua morta, additandola ai posteri come « Retore insigne, musica sublime, la quale da sè componeva i madrigali, e li musicava, e li cantava ; suonatrice soavissima di vari strumenti, scultrice in cera valentissima, faconda e profonda parlatrice, e comica eccellentissima. […] Giunto al felice loco ch’è al mio piacer parato, dove risplende il foco, ripiglio alquanto il fiato, e poi, la lingua sciolta, io parlo, ed ella ascolta.

50. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « NOTE DEL FU D. CARLO VESPASIANO. » pp. 270-273

Ed il Sig. di Voltaire giudice competente in tal materia e nella patria lingua e versificazione, afferma: C’est la diction seule qui abaisse M. de Campistron au dessous de M.

51. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO III — CAPO PRIMO. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 2-31

Essendo in età di anni trenta calato questo gran principe in Italia nel 773, sfornito de’ rudimenti gramaticali della latina lingua, conobbe in Pavia il diacono Pietro da Pisa ed esser volle suo discepolo. […] La lingua latina non solo degenerò negli scrittori imbarbariti, ma pugnando con cento idiomi oltramontani si cangiò in certi nuovi parlari gergoni, i quali presero un carattere nazionale e distinto in Italia, in Francia e nelle Spagne. […] Fiorì però in tali paesi a quel tempo il monaco Gonsalo Berceo forse il più antico Spagnuolo che poetò in lingua Castigliana. […] Lampillas per mostrare che gl’ Italiani erano a que’ tempi ignoranti e barbari nella lingua latina, adduce uno squarcio di una lettera di Adriano I pieno di solecismi stampato dal Mabillon. […] Nelle parole di questo prelato ed in ciò che dice di Adriano il Tiraboschi, si attende allo zelo, alla sacra dottrina, alla forza delle ragioni, e non già alla purità della lingua e alla vaghezza dello stile.

52. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 606-607

Vedi il secondo de’ dialoghi in lingua rustica, in cui sono interlocutori : Bilora e Pittaro villani, Dina moglie di Bilora, M. 

53. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 533-536

Ma a la sua lingua, a la sua Man non cede, Nodi intrecciando e Laberinti e Ruote, Precorridor de le Pupille, il Piede.

54. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 642-645

Nel 1761, creò la parte di madre nel Figlio d’Arlecchino perduto e ritrovato di Goldoni, strappando le lacrime dell’uditorio ; e il Grimm, nonostante i rimproveri che le move d’introdur troppi gallicismi nella lingua italiana, e italianismi nella francese, assicura che il suo volto e il suo gesto eran sovente sublimi d’espressione.

55. (1764) Saggio sopra l’opera in musica « Saggio sopra l’opera in musica — Della maniera del cantare e del recitare »

A’ più di loro non è mai caduto in pensiero quanto sarebbe prima di ogni altra cosa necessario che imparassero a ben pronunziare la propria lingua, a bene articolare, a farsi intendere e a non iscambiare, come è lor vezzo, un vocabolo con l’altro. […] [3.8] Instruiti che fossero i nostri virtuosi nella propria lingua, esercitati nell’azione, fondati nella musica, e sopra ogni cosa tenuti a freno da’ buoni maestri, che vieta il credere non rimettesse quella maniera di cantare che si sente nell’anima, non risorgessero i Sifaci, i Buzzoleni, i Cortona, la cui memoria non è già col suono della loro voce trapassata ed ispenta?

56. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO VII. Copia di Teatri per l’Impero: magnificenza e profusione eccessiva negli spettacoli sceneci. » pp. 38-55

Esso seguì nel lungo periodo interposto dalla corruzione della poesia drammatica sino alla perdita della lingua latina avvenuta principalmente per l’incursione delle barbare nazioni nell’Impero Romano. […] Trovasi in Bologna in potere della celebre letterata Clotilde Tambroni mia pregevole collega nell’Università di Bologna Professora di lingua e letteratura Greca, un modello di questo teatro mirabilmente combinato con tutte le misure, e colle parti di esso ben allocate e supplite dove il tempo le ha distrutte.

57. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo undecimo »

Vantaggi recati da lui alla poesia e lingua italiana. […] [7] Nel che è da osservarsi l’artifizio del poeta, il quale ritogliendo dalla orientale poesia tutto ciò che ha di magnifico, ha tralasciate quelle frasi, le quali comechè siano bellissime nell’originale ebraico perché idiomatiche e perché proprie di quella lingua, diverrebbero forse ampollose e gonfie se trasferite fossero nell’italiana. […] [36] Chi gusta la lingua francese troverà questi versi d’un’armonia e pienezza mirabile. […] A me, che sono oltramontano e conseguentemente non abbastanza inoltrato nella cognizion della lingua, fa di mestieri andar a rilento nel decidere siffatta questione. […] «Resta a fissarsi», dice un ameno ed elegante scrittore, «la lingua viva ed a farsi universale ad uso di tutti, come incomincia da qualche tempo.

58. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO II. Prima Epoca del Teatro Latino. » pp. 16-128

E che aì Romani non riescisse malagevole il gustare delle grazie di quella lingua, può dedursi da ciò che scrive Tito Livio del Console L. […] Osceno significò per avventura impudico, turpe, licenziose nella lingua Osca, o nella Sabina o nell’Etrusca o nella Messapia ed altre antiche lingue dell’Italia? […] Giovanni Errico Majoc vuol provare non essere essa differente dall’idioma Maltese, nel quale secondo lui la lingua punica si è conservata. […] Itaque postquam est orchio traditus thesauro, Obliti sunt Romae lingua latina loqui. […] Nel Saggio della lingua Punica pubblicato l’anno 1718 in Marpurg.

59. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo VIII. Commedia turca. » pp. 422-425

Solimano di lui figliuolo ancor più poderoso, gran conquistatore, legislatore avveduto, virtuoso ancora e illuminato forse più della maggior parte de’ principi della sua età, si formò sulla storia che amava di studiare, e soprattutto sui commentari di Cesare che fé tradurre in lingua turca.

60. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 670-674

Nuova lingua, nuovo genere di spettacoli, nuovi costumi !

61. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo nono »

Chi ha sentito eseguire i. celebri mottetti del Carissimi e del Cesti da qualche bravo cantore, vi ravvisa per entro la sorgente onde ricavò Lulli il suo recitativo, se non in quanto lo svantaggio che ebbero quelli lavorando su parole sconnesse e mezzo barbare d’una lingua morta, non lo ebbe già il musico fiorentino cui toccò in sorte un poeta francese inimitabile. […] Ivi ad imitazione di Demostene, di cui si dice che andasse ogni giorno al lido del mare affine di emendare la balbuzie della sua lingua col suono de’ ripercossi flutti, gli esercitavano essi facendoli cantare dirimpetto al sasso, il quale, replicando distintamente le modulazioni, gli ammoniva con evidenza de’ loro difetti, e gli disponeva a correggersi più facilmente. Fu celebre maestro in Milano Francesco Brivio, e Francesco Redi in Firenze, che non dee confondersi coll’altro Redi parimenti Francesco, che tanti vantaggi ha recato alla sua lingua, alla poesia, e alla fisica. […] Non so per tanto con qual ragione un riflessivo e interessante scrittore91 abbia chiamata vana e inutile quella gloria che ritraggono gl’Italiani dal vedere che la loro lingua, musica, e poesia sono superiori a quelle degli oltramontani. […] Nelle seconde, perché la perfezione di quelle facoltà è un indizio sicuro, che si coltivano pur ora, o si sono per l’addietro coltivate felicemente molte altre che dipendono dalle prime, o s’inanellano con esse in maniera che non possono reggersi da per sé; così una lingua ripolita, abbondante, armoniosa, e pieghevole suppone un lungo progresso di lumi, di coltura, e di cognizioni; una poesia ricca, e perfetta nei moltiplici rami che la compongono, suppone un uso quotidiano del teatro, una gran cognizione critica della storia, uno studio filosofico, analizzato e profondo del cuor dell’uomo; una musica come è l’italiana, suppone un avanzamento prodigioso nel gusto, e in tutte le arti del lusso.

62. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO II. Prima epoca del teatro Latino. » pp. 9-90

Esse continuarono a rappresentarsi in Roma nella patria lingua Osca ancora nel fiorir della Latina favella e sino all’età di Augusto, quando scrivea il grave geografo Strabone22. […] E che a’ Romani non riuscisse malagevole il gustare delle grazie di quella lingua, può dedursi da ciò che scrive Tito Livio del Console L. […] Osceno significò per avventura impudico, turpe, licenzioso nella lingua Osca, o nella Sabina, nell’Etrusca, nella Messapia ed altre antiche lingue dell’Italia? […] Giovanni Errico Majo58 vuol provare non essere essa differente dall’idioma Maltese, nel quale secondo lui la lingua Punica si è conservata. […] Itaque postquam est orchio traditus thesauro, Obliti sunt Romæ lingua latina loqui.

63. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « NOTE E OSSERVAZIONI DI D. CARLO VESPASIANO in questa edizione accresciute. » pp. 281-290

In fatti sono assai pochi coloro che sanno, spezialmente in teatro, discernere e distinguere in un dramma gli errori di lingua, i versi cattivi, i pensieri falsi, e ciò che non conviene, e quell’ incantesimo che fin anco nelle cose non buone possono e sogliono produrre gli abili e destri rappresentatori e le decorazioni. […] L’eloquente Ferrarese Bartolommeo Riccio, insigne Gramatico della lingua Latina, il quale morì d’anni 79 nel 1569, è di sentimento nel libro I de Imitatione, che Seneca ne’ suoi Cori, non solo per l’ abbondanza e per la gravità delle sentenze ch’essi contengono, ma per aver saputo formarli a cantare di ciò che, come dice Orazio, proposito conducat & hæreat aptè, abbia superato tutti i tragici Greci.

64. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 266-272

S’un Signore dice un motto satirico, vien tenuto per arguto ; ma il poverello è stimato mala lingua. […] Beltrame, milanese, volendo parlare la lingua del paese, ne portava anche il vestito.

65. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO V. Sulle due Sofonisbe Italiane, e su due Traduzioni dal Greco di Fernan Perez de Oliva. » pp. 26-42

Intanto per non rendersi si va lusingando di poter ajutarsi col Varchi e con Giraldi Cintio, che dissero essere il Trissino stato il primo a scrivere in nostra lingua una Tragedia degna di sì gran nome. Ma se avesse scorsi i passi di questi Letterati meno alla sfuggita, avrebbe osservato che essi dicono che il Vicentino fu il primo a scrivere una degna Tragedia in questa lingua, cioè in idioma Italiano. […] E se il Signor Lampillas volesse saperne anche la sorgente, rifletta e alla traduzione fatta dal Trissino del Libro di Dante De Vulgari Eloquentia scoperto dal Corbinelli, la quale amareggiò non poco col Varchi tutti i Fiorentini, e all’avere sempre il Trissino sostenuto che il Dialetto Fiorentino non dovea considerarsi come lingua generale Italiana.

66. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAP. V. Tracce di rappresentazioni sceniche in Ulieteia e in altre isole del l’Emisfero australe nel Mar Pacifico. » pp. 59-65

La scarsa cognizione della lingua toglieva al l’equipaggio di Cook l’opportunità di distinguere per mezzo delle parole ciò che poteva essere un canto accompagnato dal ballo, da ciò che avrebbe potuto chiamarsi specie di dramma ancorchè informe.

67. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO X. Ultima Epoca della Tragedia Greca. » pp. 208-215

Si corruppe finalmente la Greca lingua, e se più tardi in que’ paesi si scrisse alcuna favola drammatica, fu dettata nel Greco moderno.

68. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VII « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. LIBRO VII. Teatri Oltramontani del XVII secolo. — CAPO II. Tragedie latine d’oltramonti, Tragici Olandesi, e Teatro Alemanno. » pp. 135-142

Pensarono poi a formarsi un’opera nazionale, ma sia per debolezza di coloro che l’intrapresero, ovvero sia per l’indole dell’idioma, essi riuscirono così infelicemente, che atterriti dalle critiche tralasciarono di più comporre opere in lingua tedesca.

69. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 954-957

Lascio quest’ occhi, e questa lingua mia nel fin de’ suoi lamenti, e de’ suoi pianti, sol per esempio a i sventurati amanti.

70. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « LIBRO III — CAPO II. Ritorno delle rappresentazioni teatrali dopo nate le lingue moderne. » pp. 80-124

Essendo in età di anni trenta calato questo gran principe in Italia nel 773 sfornito de’ rudimenti gramaticali della lingua latina; conobbe in Pavia il diacono Pietro da Pisa, ed esser volle suo discepolo. […] La lingua Latina non solo si obbliò generalmente, ma degenerò ne’ pochi scrittori imbarbariti, e contrastando con cento idiomi oltramontani si convertì in certi nuovi parlari gergoni, i quali presero un carattere nazionale e distinto in Italia, in Francia, e nelle Spagne. […] Fiorì però in tali paesi a quel tempo il monaco Gonsalo Berceo forse il più antico Spagnuolo che poetò in lingua castigliana. […] Lampillas per mostrare che gl’Italiani erano a que’ tempi ignoranti e barbari nella lingua latina, adduce uno squarcio di una lettera di Adriano I pieno di solecismi stampato dal Mabillon. […] Nelle parole di tal prelato, ed in ciò che dice di Adriano il Tiraboschi, si attenda allo zelo, alla sacra dottrina, alla forza delle ragioni, e non già alla purità della lingua, e alla vaghezza dello stile.

71. (1715) Della tragedia antica e moderna

[4.169ED] Aggiungi ancora che nello stesso periodo il Loico si contradice, asserendo: «che la lingua greca e latina da’ greci e latini professori più che ogni altra presente lingua fu coltivata». […] [4.171ED] In due cose, al mio credere, consiste la legge di una lingua: la prima sono i vocaboli, la seconda si è l’uso loro. [4.172ED] Certo è che quanto ai vocaboli una lingua viva sempre dee crescere e la stessa Accademia della Crusca col suo moderno Vocabolario e maggiormente con un altro che più copioso sta preparando, dà a divedere che questa lingua non ha finito di crescere e di arricchire. […] Dunque gli scrittori tanto nella prosa quanto nel verso che vissero nel secolo del Trecento, diedero lo stato della perfezione alla lingua. […] Ma quelle son regole buone nel verso che dagli scrittori del Trecento la lingua ricevé e lasciò all’avvenire. […] Nessun scrittore de’ rinomati nello stato della perfezion della lingua nel verso compose verso senza rima.

72. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 881-887

Sappia Vostra Ecc.ª che quando i grandi, riconciliano i Comici insieme, per rimaner seruiti ; odesi tallora dà i peggiori, per le piazze, per i ridotti dire, il tal principe mi li fà star per forza, la cui auttorità mi lega, la lingua, e le mani : le quai cose fanno stare in continua discordia le compagnie. […] Faceva ancora egregiamente la parte di Ceccobimbi in lingua gretta fiorentina, intitolandosi Mercante di fichi secchi da Poggibonzi, con gran diletto degli uditori, e parmi ch’esso ne fosse l’inventore.

73. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 678-680

Carlino, preparò il suo debutto di caratterista nelle Funnachere, con pellegrinaggi continui ai quartieri di Porto e di Pendino ove imparò la lingua e il costume della nostra gente, diventandovi, pur dopo breve tempo, di tutte e due cose padrona in tale maniera da meravigliare quanti l’avevano udita, da prima, romaneggiare nell’antico repertorio semidrammatico.

74. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 142-145

O sia che servitore in Venezia tu ti accinga al servizio di due padroni, o sia che barbiere in Gheldria, tu abbia la lingua più affilata del rasoio, o sia che scudiere in Benevento tu t’involga nel concistoro delle streghe, sempre spontaneo, sempre spiritoso, sempre giocondo, tu semini la gioia, tu ecciti gli applausi, tu desti l’ammirazione.

75. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 454-467

Il gergo teatrale propriamente detto, la lingua di cui si servivano i comici abitualmente da’tempi i più remoti ; quella di cui abbiamo esempio nella citata Farsa Satyra morale del Venturino (V. Andreini Francesco), dove il bravo Spampana sfidando il giovine Asuero a ogni specie di giuochi, chiama le carte galante sfogliose : Ah, ah, scio quel che uuoi, no te intendea : eccole qui le galante sfogliose : chiama te : fante ; ue, chel te venea, e di cui ci ha lasciato più che un saggio Carlo Goldoni nella Locandiera, quella lingua, dico, è oggi del tutto scomparsa. […] Fra tanto sbuca fuor de’portici un Toscano e monta su con la putta, smattando come un asino Burattino col suo Graziano ; il circolo si unisce intorno a lui, le genti stanno affisse per vedere ed ascoltare, ed ecco in un tratto si dà principio, con lingua fiorentinesca, a qualche pappolata ridicolosa, e in questo mezzo la putta prepara il cerchio sul banco e si getta in quattro a pigliar l’anello fuora del cerchio, poi sopra due spade, tuole una moneta indietro stravaccata, porgendo un strano desiderio al popolo della sua lascivia grata : ma fornita la botta, si urta nelle ballote e il cerchio si disunisce, non potendo star più saldo allo scontro dei bussolotti che vanno in volta.

76. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo III. Progressi Teatrali in Francia tardi, ma grandi nel medesimo Secolo XVII. » pp. 291-315

La poca felicità notata da’ critici negli scioglimenti delle sue favole, qualche passo dato talvolta oltre il verisimile sol per far ridere, alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, ripresa da Fénélon, La-Bruyere, e Bayle, molte composizioni scritte per necessità con soverchia precipitazione, la mancanza di vivacità che pretendono di osservarvi gl’Inglesi, tutte quelle cose, ancor, ché fossergli con tutta giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’uomo; ma tanti e tanti suoi pregi, fino a quell’ora trovati coll’esperienza inimitabili, lo manifestano grande a segno, che al suo cospetto divengono impercettibili i contemporanei e i successori. […] L’abate Perrin pensò, che questo spettacolo farebbe meglio ricevuto nella lingua nazionale, e compose un’opera pastorale intitolata Pomona, la quale nel 1659 posta in musica da Cambert, fu ricevuta con applauso universale. […] I francesi sanno che l’abate Desfontaines, per riparare alla corruzione della loro lingua, ha composto le Dictionnaire néologique, à l’usage des beaux esprits du siècle, avec l’éloge historique de Pantalont-Phœbus etc. […] E il signor di Voltaire, giudice competente in questa materia e nella patria lingua e versificazione, afferma: «C’est la diction seule qui abaisse M. de Campistron au-dessous de M. 

77. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo primo »

[5] Questa seconda maniera è quella che rende la poesia tanto acconcia ad accoppiarsi colla musica: anzi siffatta proprietà, la quale fino ad un certo segno è comune ugualmente alla eloquenza che alla poesia, non è che il fondamento della melodia imitativa, ovvero sia del canto: dal che ne seguita eziandio, che la possanza della eloquenza se non in tutto almeno in gran parte dipende dalle qualità musicali della lingua, ovvero sia dalla magia de’ suoni combinati diversamente nel numero oratorio, o nella pronunzia. […] La seconda è che la poesia fatta per accoppiarsi colla musica, debbe rivestirsi delle qualità, che questa richiede, e rigettarne tutte le altre: circostanza che tanto più divien necessaria quanto la lingua è men musicale, poiché qual cosa imiterebbe la musica in un linguaggio privo d’accento, se la poesia non le somministrasse né sentimenti, né immagini? […] Cotali leggi in generale sono: Per il poeta: Primo: esaminare attentamente l’indole della musica: Secondo: conoscere le relazioni di questa colla lingua in cui scrive: Terzo: assoggettar alia musica la lingua e la poesia. Per il musico: Primo: conoscere il vero genio della lingua, e del verso. […] Il diverso genio della musica, della lingua, e della poesia in una nazione, le costumanze, e i fini politici possono indurre cangiamenti tali che gli spettacoli abbisognino d’altre leggi e d’altra poetica.

78. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo terzo — Capitolo decimoquinto »

Posto questo principio chiaramente si scorge che il canto è il dominante oggidì nel melodramma, che su questo perno si raggira tutta l’azione, che 1a poesia ubbidiente allo stabilito sistema non è altro che una causa occasionale, un accessorio che dà motivo alla musica ma che dipende affatto da essa, e che per conseguenza, rinunziando ai propri diritti per modellarsi su quelli della padrona, ha dovuto metter in non cale la condotta, lo sceneggiar, l’orditura, trasandar lo stile e la lingua, perder mille situazioni vive e appassionate e accorciar i recitativi divenuti ormai fastidiosi e languidi, in una parola strozzar i componimenti per badar solo al pattuito cerimoniale di mezza dozzina d’arie cantabili, d’un duetto, d’un trio, o d’un finale tratto, come suol dirsi, pe’ capegli. […] Benché vi si scorga correzione di lingua e qualche aria ben lavorata, ciò nonostante non si ritrova in essi spezzatura né concisione nel recitativo, né rapidità nelle scene, né calore nell’azione, né contrasto negli incidenti, nulla insomma di ciò che rende interessanti e vive cotali produzioni. […] [19] Un colto spagnuolo, che con esempio non facile a rinvenirsi ha avuto il coraggio d’intraprendere in lingua non sua uno de’ più difficili lavori della ragione poetica qual è la tragedia, ha parimenti voluto sperimentare le sue forze pubblicando un dramma musicale. […] [20] Purgatezza di lingua, venustà di stile, colorito poetico, varietà e delicatezza d’immagini espresse con ottimo gusto, sono le doti che caratterizzano l’Alessandro e Timoteo del Conte Gastone della Torre di Rezzonico rappresentato anni fa nel regio ducale teatro di Parma Pochi, o per dir meglio, nessuno fra i drammi musicali moderni è scritto con uguale vaghezza. […] Veggasi quanto su tal proposito s’è detto nel tomo primo di quest’opera, dove si parlò delle qualità che deggiono avere lo stile e la lingua per rendersi musicali, e dalle ragioni ivi allegate si conoscerà essere manifestamente false e insussistenti le teorie d’alcuni moderni italiani che vorrebbero trasferire alla poesia accompagnata dai suoni le leggi medesime di stile che voglionsi per le poesie non inservienti alla musica.

79. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 432-435

— Che lingua – disse al Re il bizzarro attore – vuol Sua Maestà ch’io parli ?

80. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO V. Primi passi del dramma musicale. » pp. 295-309

Or questa è l’opera musicale; a giudizio di tutta l’ Europa; e questo lavoro nella nostra lingua non s’inventò prima degli ultimi tre anni del cinquecento148. […] Bisogna dire che questi sieno i pretti originali degli eruditos à la violeta dell’ ingegnoso mio amico il signor Cadalso y Valle, e che appena leggano pettinandosi alcuni superficiali dizionarj o fogli periodici che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, e che con tali preziosi materiali essi pronunziano con magistral sicurezza, che il canto rende inverisimile le favole drammatiche.

81. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 478-485

E siccome di arte s’intendeva assai, e siccome, essendo stato attore valente tanto da sostituire talvolta il Modena in alcuna delle sue parti e uno de’ più acuti e profondi critici, quando mena la sferza ha sempre ragione da vendere, dirò anch’io col Morandi : Dio gli benedica le mani e la lingua. […] A maggiori danni dell’arte sopraggiunse, ai tempi dell’Italia una, la recitazione delle commedie in dialetto, ammirabili per semplicità di linguaggio parlato, utilissime per istudi comparativi di lingua, ma opportunissime per far salire il palco scenico anche ai vetturini.

82. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO II. Spettacoli teatrali in Alemagna. » pp. 13-20

A riserba di Prisciano, Erasmo e Melantone, gli altri parlano un latino barbaro, ed in margine si citano i passi ricavati dalle opere di coloro che vi si motteggiano per lo stile e per la lingua.

83. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 284-287

Taci dunque mia Musa ; e in un silenzio rispettoso ed umil tua lingua arresta ; che dall’incarco grave io ti licenzio e ad esso supplirà mente più desta.

84. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 62-67

E metto qui ancora il seguente, non citato dal Bartoli, che tolgo dalle Rime di Pace Pasini, edite a Vicenza nel 1642, per gli eredi di Francesco Grossi : Sopra Celia Comica Scioglier la lingua, & annodare i cori, melar le labra, e amareggiar gli affetti, piagare i seni e non aprire i petti, strugger la speme et animar gli amori ; Scoprir la neve e suscitar gli ardori, nutrire angoscie e partorir diletti, influir tema e implacidir gli aspetti, sono in Celia d’amor forze e stupori.

85. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro III — Capo IV. Teatro Italiano nel Secolo XVIII » pp. 316-354

Un anonimo arriva fino a rimproverare al Voltaire qualche errore di lingua e di rima; lo chiama copiatore e traduttor della Merope del Maffei; e asserisce che ne peggiorarla maggior parte, e se ne allontana con isvantaggio, come fece nell’atto V che non piacque a’ Francesi. […] Oltracciò molti buoni letterati hanno trasportate con maestria nella nostra lingua le migliori tragedie francesi, e tra essi si sono contraddistinti l’abate Frugoni, il cavalier Richeri, il nobile Agostino Paradisi, l’abate Domenico Fabbri, il marchese Albergati, il conte Gozzi, il cavalier Guazzesi, il Cesarotti e ’l Ceruti211. […] La lingua é pura, lo istile é ricco, lontano dal lirico, proprio del dramma, ma talvolta manca d’eleganza e di calore. […] L’accoppiare quelle due virtù, tra se opposte, brevità e chiarezza, quanto sia difficile nelle composizioni (e massimamente ne’ drammi musicali che non possono adottare per loro uso nel canto serio più di sei in sette mila parole radicali tra le quarantaquattro mila noverate da Anton-Maria Salvini nella lingua italiana) ce l’insegna Orazio allorché dice nell’Arte poetica: ……… brevis esse laboro, Obscurus fio. […] La sua rima é discretissima ed esente di legge, i versi, in quanto lo permette la lingua, sono pieni di ritmo, e però facili d’adattarsi alla musica.

86. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo primo — Capitolo quinto »

Pietro Bembo, che prendendo a imitar il cantore di Laura altro non ritrasse da lui che la spoglia; Angelo di Costanzo celebre per robustezza de’ concetti, e per unità di pensiero benché sovente privo di colorito, e qualche volta prosaico; Giovanni della Casa ricco nella frase, lavorato nello stile, abbindolato ne’ periodi, autore più di parole che di cose; Sanazzaro più vicino ai Latini nel suo poema che scrittor felice nella propria lingua; Rinieri, Varchi, Guidiccione, Molza e mille altri versificatori stitici e insipidi benché puri e regolari non poteano somministrar gran materia alla musica. […] Dall’uso ancora che allor si faceva della musica madrigalesca, e dal non aver per anco la lingua italiana preso l’andamento rapido e breve ch’esige il recitativo, avviene che l’Euridice debba piuttosto chiamarsi una filza di madrigali drammatici che una tragedia, come è piaciuto al suo autore d’intitolarla, e nella stessa guisa dalla troppo religiosa e mal intesa imitazion degli antichi è venuto che dovendosi dividere il dramma in cinque atti, né somministrando materia per essi il troppo semplice argomento, l’autore non ha potuto schivar il languore di molte scene e dell’ultimo atto, che riesce del tutto inutile. […] La poesia e la lingua vi conservano i loro diritti; a differenza dell’odierna, ove le parole vengono così miseramente sformate. […] Le riflessioni sulla propria lingua fecer loro avvertire, che nel parlar comune alcune voci s’intuonano in guisa che vi si può far armonia, o ciò che è lo stesso, distinguerle per intervalli armonici, alcune non s’intuonano punto, per le quali leggiermente si scorre finché si giugne ad altre capaci d’intonazione o d’armonico movimento.

87. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO III. Spettacoli scenici in Inghilterra. » pp. 88-136

Sotto quel cielo non ancora abbastanza rischiarato la stessa lingua non era allora nè polita nè fissata, quando sulle scene comparve Guglielmo Shakspear. […] Udii dire che assistendo talvolta alla rappresentazione di una favola alcune persone malvage furono così vivamente ferite per l’illusione teatrale, che alla presenza di tutti manifestarono la propria reità, perchè la colpa, benchè priva di lingua, sempre si manifesta quando meno si attende. […] Si faccia parimente grazia a codesto preteso matematico del non aver conosc iuta la storia letteraria Italiana, com’è dimostra proponendo per cosa tutta nuova all’Italia lo studio de’ Greci: a quell’Italia, dove anche nella tenebrosa barbarie de’ tempi bassi fiorirono intere provincie, come la Magna Grecia, la Japigia e parte della Sicilia, le quali altro linguaggio non avevano che il greco, e mandarono a spiegar la pompa del loro sapere a Costantinopoli i Metodii, i Crisolai, i Barlaami: a quell’Italia, che dopo la distruzione del Greco Impero tutta si diede alle greche lettere, e fu la prima a communicarle al rimanente dell’Europa, cioè alla Spagna per mezzo del Poliziano ammaestrando Arias Barbosa ed Antonio di Nebrixa, ed all’Inghilterra per opera di Sulpizio, di Pomponio Leto e del Guarini, maestri de’ due Cuglielmi Lilio e Gray: a quell’Italia, dove, per valermi delle parole di un elegante Spagnuolo) la lingua greca diventò sì comune dopo la presa di Constantinopoli, che, come dice Costantino Lascari nel proemio ad una sua gramatica, l’ignorare le cose greche recava vergogna agl’Italiani, e la lingua greca più fioriva nell’Italia che nella stessa Grecia a: a quella Italia in fine che oggi ancor vanta così gran copia di opere, nelle quali ad evidenza si manifesta quanto si coltivi il greco idioma in Roma, in Napoli, in Firenze, in Parma, in Pisa, in Padova, in Verona, in Venezia, in Mantova, in Modena, in Bologna, in Milano, che vince di gran lunga l’istesso gregge numeroso de’ viaggiatori transalpini stravolti, leggeri, vani, imperiti e maligni, tuttocchè tanti sieno i Sherlock e gli Archenheltz b.

88. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Italiano del secolo XVI. e del Libro IV. — CAPO VII. Pastorali. » pp. 4-41

In lingua illirica fu anche trasportato da Domenico Slaturichia celebre in Dalmazia per questa, e per la traduzione dell’Elettra, e di Piramo e Tisbe, ed altri drammi in lingua schiava. […] La lingua castigliana riuscirà sempre più della francese nel trasportare le poesie italiane, perchè oltre all’essere assai ricca, ed al possedere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della francese, e credo che ne avrebbe ancora più, se più conosciuto e secondato si fosse dalla propria nazione nel disegno di arricchire, ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo, e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.

89. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO IV. Pastorali del Cinquecento. » pp. 267-294

In lingua illirica fu anche trasportato da Domenico Slaturichia celebre in Dalmazia per questa, e per la traduzione dell’ Elettra, e di Piramo e Tisbe, ed altre in lingua schiava. […] La lingua Castigliana riuscirà sempre più della Francese nel trasportare le poesie Italiane; perchè, oltre all’ essere assai ricca, ed all’avere non poche espressioni che alle nostre si confanno, essa ha qualche parola poetica più della Francese; e credo che n’avrebbe ancora in maggior copia, se più fosse stato pregiato e conosciuto e secondato dalla propria nazione nel disegno di arricchire ed elevare la patria poesia Fernando Herrera buon poeta Andaluzzo e sovente armonioso e felice imitatore del Petrarca.

90. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO II. Spettacoli teatrali in Alemagna. » pp. 77-87

A riserba di Prisciano, Erasmo e Melantone, gli altri parlano un latino barbaro, ed in margine si citano i passi ricavati dalle opere di coloro che vi si motteggiano per lo stile e per la lingua.

91. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « NOTE DI D. CARLO VESPASIANO. » pp. 301-306

Dovunque oggi splenda ancora qualche favilla dello spirante patriotismo, sarà sempre cara la memoria di un letterato, il quale ha sostenuto diciotto anni in Parigi ed il resto della vita in Italia l’onor della lingua e della letteratura Italiana.

92. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 260-263

Elena Balletti-Riccoboni possedeva un’istruzione davvero superiore : conosceva perfettamente la lingua latina, la greca, la francese, la spagnuola, ed era socia di varie accademie letterarie d’Italia, compresa l’Arcadia, nella quale prese il nome di Mirtinda Parasside.

93. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 922-927

Le dedicatorie che precedon l’opere sue a stampa ci dànno indicazioni precise di data : L’Amor giusto, Egloga pastorale in napolitana e toscana lingua, fu stampato il 1605 da Pandolfo Malatesta a Milano, e dedicato al Conte Antonio Litta con lettera in data del 3 agosto.

94. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO VII. Teatro di Eschilo. » pp. 75-103

Longino ottimo giudice ne cita un vago frammento dell’atto I, che nella nostra lingua io così traduco: Sette Guerrier spietatamente audaci Stan presso a un’ara di gramaglie cinta In atto minacciosi e con orrendi Giuramenti spaventano gli Dei, Alta giurando insolita vendetta A Gradivo, a Bellona, alla Paura, Mentre le mani tingonsi nel sangue Fumante ancor d’un moribondo toro. […] L’energia e la forza del Coro dell’atto primo difficilmente può passare senza indebolirsi in altra lingua.

95. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IV « STORIA DE’ TEATRI. CONTINUAZIONE del Teatro Latino e del Libro II — CAPO V » pp. 4-31

Essa per quel che ricavammo da Strabone, si recitò lungo tempo da attori privilegiati che godevano della Romana cittadinanza, e nella lingua nativa del paese degli Osci donde venne; ma dopo alcun tempo verisimilmente se ne continuo lo spettacolo anche nel commune linguaggio latino, giacchè troviamo diversi scrittori Atellanarii latini. […] Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce Maccus appartenesse alla lingua osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la greca voce μακκαειν, delirare, e L’altra μακκοαω, far l’indiano, usata da Aristosane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del Macco degli Atellanarii.

96. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO V. Continuazione del teatro Latino. » pp. 222-242

Essa per quel che ricavammo da Strabone, si recitò lungo tempo da attori privilegiati che godevano della Romana cittadinanza, e nella lingua nativa del paese degli Osci donde venne; ma dopo alcun tempo verisimilmente se ne continuò lo spettacolo anche nel comune linguaggio latino, giacchè troviamo diversi scrittori Atellanarii latini. […] Stimava il lodato valoroso antiquario che la voce maccus appartenesse alla lingua Osca, la qual cosa non sembra improbabile; ma è pur certo che la Greca voce μακκαειν, delirare, e l’altra μακκοαω, far l’ indiano, usata da Aristofane ne’ Cavalieri, corrispondono alla goffaggine e alla stolidità del macco degli Atellanarii.

97. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — article » pp. 54-87

Piuttostochè dal Bartoli, trascrivo letteralmente parte delle notizie dell’ Andreini dall’opera magistrale di Alessandro D’Ancona, che quelle del Bartoli restrinse e tradusse in lingua umana. […] Il più delle volte, a dir vero, la differenza non è che nel nome, o nella lingua ; tutto sta a chi le spara più grosse. […] Ho letto infine tutte le sue Brauure, e trouo, che in qualche luogo io m’ho apposto, ma con vn altra testura, come tu potrai vedere nell’opera sua ch’a mala pena gionta in Francia, gli hanno dato di becco, e tradottala in lingua francese, cioè francese e italiana ; ma non più che sei ragionamenti. […] Capitano Questa iperbolica parte par che suoni meglio nella Spagnuola, che nell’Italiana lingua, come quella a cui vediamo esser più proprij, & più domestici gl’ impossibili. Hora vien questo personaggio si nell’uno, come nell’altro Idioma esercitato con tante le sconcertate maniere, che il purgarlo da i superflui sarebbe al certo un ridurlo poco meno che senza lingua.

98. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO II. In quali cose si rassomigli ogni teatro. » pp. 10-16

Questo famoso Bardo Celtico di Scozia figliuolo di Fingal, che scrisse in lingua Ersa o Gallica, merita un posto distinto tra’ poeti; benchè al pressochè immenso, e nelle sue gran fabbriche mirabilmente variato Omero non sembri paragonabile un poeta limitato e non rare volte ridotto a ripetere le stesse immagini e dipinture come Ossian.

99. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAPO II. Tragedie Italiane del XVI secolo. » pp. 28-131

Accordiamo di buon grado quel che egli aggiugne, cioè che il Dante, l’Ariosto e il Tasso stesso non hanno fatti allievi alcuni tra’ Francesi (senza andarne rintracciando il motivo che egli stesso con altri suoi compatriotti troverebbe poco glorioso per la testa e per la lingua francese): e che Lope de Vega, il Castro e il Calderòn siensi più facilmente prestati alla loro imitazione. […] Giraldi Cintio sa onorata menzione dell’Antigone italiana noverando l’autore tra’ benemeriti della toscana lingua Bembo, Trissino, Molza, Tolomeia. […] Ed in prima guai di chi trovasse stucchevole la lettura di componimenti scritti in aureo stile, cui mancando ogni altro pregio rende accetti e dilettevoli a chi ha sapore di lingua e di eloquenza italiana, la proprietà, la coltura, la purgatezza e l’eleganza. […] Non meritano lo studio delle altre nazioni i drammatici Italiani del XVI secolo, se non per altro, per la cultura, proprietà, purgatezza della loro lingua che a que’ tempi rifioriva? E pure il signor Andres stesso non fu astretto dalla forza della verità a contradirsi: Si distingue l’Italia sopra le altre nazioni per la superiorità di parlare con tanta coltura la propria lingua, come se di questa facesse tutto lo studio.

100. (1732) Paragone della poesia tragica d’Italia con quella di Francia

Venendo alla lingua tragica francese Calepio riconosce in effetti una particolare cura per il dato contenutistico: i discorsi degli eroi corneilliani e raciniani sono ricchi di ottime massime, ma peccano spesso nell’eccesso inverosimile e noioso di ornamento. […] Sei maniere di verseggiare furono ne’ secoli addietro in nostra lingua messe in opera per la tragedia. […] Madama Dacier, nella prefazione del suo Omero, confessa candidamente la lingua francese essere insufficiente a conservare l’eroica dignità. […] S’aggiunga che essendo quella lingua assai men ricca che la nostra, non solamente essa è più scarsa di rime, ma le rime sono più scarse di voci, sicché accade bene spesso d’incontrare nelle medesime desinenze le medesime parole. […] Bodmer, a cura di Rinaldo Boldini, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1964, pp. 5-17), il Calepio rispondeva alle richieste del sodale affrontando proprio l’argomento del «buon gusto» nella trattatistica italiana tra Cinque e Settecento.

101. (1878) Della declamazione [posth.]

La lingua latina si spegne del tutto, e con essa si perde ogni comunicazione fra il tempo ch’era preceduto e quello che sieguì. […] Ed è pur questa spezie di lingua muta e visibile sì naturale e significante che non solo fu la prima lingua, di cui le genti si valsero innanzi che la vocale si fosse abbastanza sviluppata, e che pur sempre con questa l’adoprano e la congiungono; ma talvolta anche sola con la vocale gareggia, e tenta di esprimere quello che pare alla vocale solamente concesso. […] È questa la prima lingua del bambino, che comincia a conoscere. […] Niuno ha meglio di Dante tratteggiato questa lingua muta. […] Ciascuna di queste passioni ha i suoi modi, la sua lingua, i suoi gesti, e sì risentiti e sì propri, che si può l’una dall’altra agevolmente distinguere.

102. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome VI « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 137-226

Gli Spagnuoli di pronto e acuto ingegno, di vivace e fertile fantasia, arguti, facondi, e ricchi di lingua, essendosi nel XVI secolo moltissimo distinti nelle lettere, specialmente verso la fine di esso coltivarono con qualche ardore la scenica poesia. […] Fu considerato come il Plauto del Portogallo, e talmente applaudironsi le sue favole, che invogliarono Erasmo Roterdamo a studiar la lingua portoghese per comprendere le grazie comiche di Gil Vicente. […] Ma ciò concedendo ancora il maestro Perez de Oliva con lingua di latte snodava voci indistinte e incerte orme segnava , quando si leggeva in Italia la tragedia del Carretto; e non era uscito dall’età pupillare, quando vi si rappresentava Sofonisba e Rosmunda. […] Dovunque oggi splenda ancora qualche favilla dello spirante patriotismo, sarà sempre cara la memoria di un letterato, il quale ha sostenuto diciotto anni in Parigi ed il resto della vita in Italia l’onor della lingua e della letteratura italiana. […] E questo è uno de’ tre enormissimi errori di lingua spagnuola e di critica e di storia rilevati nella Storia de’ teatri con tanto fasto e con ingiurie tabernarie del tremendissimo pedante la Huerta.

103. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO II. In quali cose si rassomigli ogni Teatro. » pp. 12-22

Questo famoso Bardo Celtico di Scozia figliuolo di Fingal, che scrisse in lingua Ersa o Gallica, merita un posto distinto tra’ poeti, benchè al pressochè immenso e nelle sue grandi fabbriche mirabilmente variato Omero, non sembri paragonabile un poeta limitato e non, rare volte ridotto a ripetere le stesse immagini e dipinture come Ossian.

104. (1785) Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente « Tomo secondo — Capitolo decimo »

Perrino, che fu il primo poeta che componesse opere nella propria lingua, Cambert, primo direttor francese della orchestra drammatica, e Sourdiac, primo macchinista, divertirono per molti anni la corte con spettacoli sconci in quel tempo medesimo che il gran Cornelio creava il teatro tragico, che Racine incominciava a gareggiar con Euripide, e che sorgeva Moliere oscurando colle sue commedie la gloria degli Aristofani e de’ Terenzi. […] Ne addurrò dunque alcuni squarci nella propria lingua, non osando trasferirli nella italiana per non toccar con mani profane la Venere ignuda de’ Medici.

105. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO IX. Teatro Spagnuolo del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Tramezzi. » pp. 68-88

Quanto più siamo persuasi della sagacità dell’ingegno spagnuolo nel trovar nelle cose il ridicolo, come altresì dell’eccellenza della ricchissima lingua di tal nazione che si presta con grazia e lindura alle festive dipinture de’ costumi, tanto maggior maraviglia ci reca il veder in quelle contrade sì negletta la buona commedia in questo secolo, in cui anco nel settentrione vanno sorgendo buoni imitatori di Terenzio, Machiavelli, Wycherley e Moliere. […] L’avvocato Nicolàs Fernandez de Moratin già lodato fra’ tragici si provò anche nel genere comico, e nel 1762 impresse la sua Petimetra, nella quale, ad onta di una buona versificazione, della lingua pura, e della di lui natural vivacità e grazia, riuscì debole nel dipingere la sua Doña Geronima e sforzato ne’ motteggi, e cadde in certi difetti ch’ egli in altri avea ripresi.

106. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VIII. Vuoto della Storia Teatrale. » pp. 172-179

Si può chiamar vuoto della storia teatrale il lungo periodo interposto dalla corruzione della poesia drammatica fino alla perdita della lingua latina, avvenuta per l’incursione delle nazioni barbare nell’imperio romano.

107. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 543-547

Lo troviam poi nel 1699 a Vienna ; nel 1702 in Augsburgo, dove il 16 maggio ottenne il permesso di poter dare dovunque alcune rappresentazioni in lingua italiana, e nel 1703 ancora a Vienna, assistito dalla liberalità del Principe Elettorale, che si occupava con ogni larghezza delle spese di costumi ecc. ecc.

108. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [E-F]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 915-921

Nol so, ma pur con tacita dolcezza ripenso ognor che accompagnar vi piacque con pietosi sospir di Nina amante i soavi delirj, 9e sorrideste all’ ingenua Lucinda,10 a cui natura parlava al cor con più efficace lingua che non facea con le dottrine ingrate e coi prestigi suoi la maga accorta.

109. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 724-729

Col nobil gesto e colla lingua i cuori di lusingar ognor hai per costume ; se pianti adombri, ire, sospiri, amori, il ver nel finto espresso ognun presume.

110. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro I. — Capo VII. Teatro Latino. » pp. 109-171

Meritava le cure de’ nostri più dotti scrittori una nazione che tante ne ha precedute e dominate in Italia prima de’ romani e de’ galli; che sembra aver fiorito prima dell’istessa grecia; e che colla sua lingua, riti, arti, e costumi ha avuta tanta parte nell’origine e nella coltura dell’antica Roma. […] Volunnio, secondo Varrone, scrisse alcune tragedie in lingua etrusca. Che poi sieno state composte avanti che l’Etruria fosse soggettata a’ romani, siccome pre pretenderebbe dare a credere il Dempstero nel libro III cap. 35 dell’Etruria Regale, é cosa incerta che non apparisce dal passo di Varrone; e l’avveduto e sagace abbate Tiraboschi oppone saviamente, che ancor sotto il dominio romano potevano gli Etruschi poetare nella loro lingua materna. […] Ciò avvenne al teatro latino circa la seconda guerra punica, allorché la lingua si trovava nel colmo dello splendore piena, come ella é, di gravità e maestà, servì felicemente que che impresero con coraggio a coltivar la poesia tragica. […] E a qual altro oggetto avrebbe egli recate in lingua latina tante ricchezze greche?

111. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome IV « LIBRO V. Teatri Oltramontani nel secolo XVI. — CAPO IV. Spettacoli scenici nella penisola di Spagna. » pp. 37-96

Gli Spagnuoli di pronto e acuto ingegno, di vivace e fertile fantasia, arguti, facondi e ricchi di lingua, essendosi nel XVI secolo moltissimo distinti nelle lettere, coltivarono anche con qualche ardore, specialmente verso la fine di esso, la scenica poesia. […] Fu considerato come il Plauto del Portogallo, e talmente applaudironsi le sue favole, che invogliarono Erasmo Roterdamo a studiar la lingua Portoghese per comprendere le grazie comiche di Gil Vicente. […] Pietro Simon Abril tradusse la Medea di Euripide, e nel 1577 pubblicò la sua versione delle commedie di Terenzio, le quali ben potranno giovare a’ Tedeschi per apprendere la lingua Spagnuola, al qual fine Scioppio ne raccomandava la lettura nell’opuscolo De Studiorum Ratione: ma si potrebbe mostrare a chi ne dubitasse, quante volte abbia l’Abril manifestato poca intelligenza dell’originale; nè ebbe torto l’erudito bibliotecario Giovanni Yriarte quando il derise in un epigramma inserito nelle di lui opere postume. […] Ma ciò concedendo ancora il maestro Perez con lingua di latte snodava voci indistinte e incerte orme segnava, quando si leggeva in Italia la tragedia del Carretto; e non era uscito dall’età pupillare, quando vi si rappresentavano la Sofonisba e la Rosmunda. […] E questo è uno de’ tre enormissimi errori di lingua spagnuola e di critica e di storia rilevati nella Storia de’ Teatri con tanto fasto e con ingiurie tabernarie dal tremendissimo Huerta.

112. (1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO XI. Se il Ch. Poeta Cesareo Metastasio imitò, o poteva imitare le Opere di Pietro Calderèn de la Barca. » pp. 140-148

La lingua, e lo stile necessario a’ componimenti musicali richiede precisione e succintezza, ed esclude lo sfoggio di un’ armonia diffusa lussureggiante.

113. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO III. Melodrammi. » pp. 254-292

La lingua è pura, lo stile ricco e proprio degli argomenti e della drammatica. […] La sua rima è discretissima ed esente di legge, i versi, in quanto lo permette la lingua, sono pieni di ritmo, e però facili d’adattarsi alla musica. […] Bettinelli, pretendendo che Metastasio sia prosaico, inelegante, privo di lingua poetica ec.

114. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Dato al castello di Versailles l’ 8 aprile. » pp. 364-378

Morto il famoso Tommasino del Teatro italiano a Parigi (Tommaso Antonio Visentini), che recitava appunto gli arlecchini, e tentatosi invano di surrogarlo degnamente (il Costantini, come abbiam detto, più acrobata che attore, finì coll’annoiare), fu chiamato Carlo Bertinazzi, il quale, non troppo signore della lingua francese, scelse per suo esordire l’Arlecchino muto per forza, scenario italiano del Riccoboni, in cui egli non aveva da dire che poche parole. […] Mi bisognerebbe avere una maggior conoscenza della lingua italiana e più larghe cognizioni per poter dare all’ingegno suo tutta la giustizia che gli è dovuta.

115. (1798) Addizioni alla Storia critica de’ teatri antichi et moderni « PARTE I — TOMO II. LIBRO II » pp. 34-49

Da quanto dicesi de’ lodati tragici latini così di quest’epoca, come della precedente, sembra che la lingua latina, appunto come accennò Orazio, si prestasse felicemente al genio tragico, Et spirat tragicum satis, & feliciter audet.

116. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome I « LIBRO PRIMO — CAPO III. Teatri Orientali. » pp. 23-39

S’intitola Sacontala, tradotto da Iones in inglese dalla lingua Sanskrit.

117. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 186-194

… Le profondità degli studj sono il più spesso, rispetto agli artisti di teatro, nella immaginazione dello spettatore ; e gli attori, in genere, che ne senton solleticata la propria vanità, a coltivarla, e ad afforzar quella immaginazione, discuton volentieri di malattie e di ospedali che non han mai visto, di notti vegliate su libri, di cui non sanno nè meno il frontespizio, di pensieri riposti dell’autore in una parola della lingua originale, di cui non conoscono l’alfabeto.

118. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — 2 giugno 1902. Guido Biagi. » pp. 327-333

Rinunziò un bel giorno agli applausi sonori, alle commozioni, ai trionfi della vita d’artista, contento di poter darsi agli studi, di poter avere un po' di quiete per stillarsi il cervello traducendo Catullo e lottando a corpo a corpo con le difficoltà dell’ originale e dei metri, con la rigidità della nostra terribilissima lingua.

119. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome III « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO SECONDO — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda Guerra Punica. » pp. 129-244

Ciò avvenne al teatro Latino, intorno alla seconda guerra Punica, allorchè la lingua trovavasi nel colmo dello splendore. […] Questa favola è scritta con particolare eleganza e purezza di lingua, e se ne vanta lo stesso autore nel prologo. […] E continui ancora, a lingua fracida A strapazzare il mio padrone assente? […] Trascriverei di buon grado l’intera prima scena originale; ma per compiacere qualche volta a chi si conforma più volentieri all’uso francese di addurre delle lingue morte i frammenti tradotti in volgar lingua, ne recherò una mia versione qualunque essa siesi, sempre inculcando di leggersi i versi stessi di Terenzio: Fed. […] Ma chi leggerà attentamente le sei da lui con tanta eleganza e delicatezza composte in Roma, crederà con somma difficoltà che avesse potuto scriver commedie a centinaja senza supporre che vivuto fosse sino all’ultima vecchiaja fra’ Greci, è che avesse trascurato di tornare in Roma, dove le sue fatiche erano così bene premiate ed onorate, ed a qual altro oggetto avrebbe egli recate nella latina lingua tante greche ricchezze?

120. (1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome V « STORIA DE’ TEATRI. LIBRO IV. — CAP. IV. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo XVI quando fiorirono gli scrittori producendo le Commedie dette Erudite. » pp. 136-255

Coll’argomento poi narrato da un altro attore viene l’uditorio istruito che la favola si aggira sulle avventure di due gemelli nati in Modone, l’uno maschio chiamato Lidio, l’altra femmina per nome Santilla, di forma e di presenza similissimi, i quali dalla presa fatta da’ Turchi della loro patria rimangono divisi sin dalla fanciullezza, e per varii casi, senza che l’uno sappia dell’altro, giungono in Italia, apprendono la lingua del paese, e Santilla vi dimora in abito virile col nome del fratello. […] In questa guisa arricchirono gl’Italiani la propria lingua delle antiche invenzioni, e rendettero le belle espressioni antiche interessanti per li moderni, sapendo dar loro (con pace anche quì del signor Giovanni Andres) un’ aria fresca, delicata, moderna, e tutta lontana dalla lentezza, e dal languore. […] Ariosto, Bentivoglio, Aretino, Dovizio, Machiavelli si valsero per tutti i personaggi delle proprie favole del solo linguaggio toscano; in quelle degl’Intronati comincia a vedersi alcun personaggio buffonesco subalterno che parla in qualche dialetto particolare, come Ligdonio del Piccolomini, o in una lingua straniera, come Giglio Spagnuolo di bassa condizione sedicente Hidalgo motteggiato di spilorceria nella commedia degl’Ingannati de’ medesimi Accademici lanciati su gli Spagnuoli di quel tempo. […] Antonio Francesco Grazzini detto il Lasca, uno de’ cinque fondatori dell’Accademia della Crusca e assai benemerito della nostra lingua, compose più commedie in prosa elegante e graziosa tralle quali spiccano la Gelosia (che non rassomiglia punto all’atroce vendicativo furor geloso de’Fajeli) pubblicata in Firenze nel 1551, e la Spiritata nel 1560, le quali insieme colla Sibilla si ristamparono in Venezia nel 1585. […] Francesco d’Ambra gentiluomo fiorentino morto in Roma nel 1558ascrisse più commedie pregiate dagl’ intelligenti, e per la lingua citate nel Vocabolario della Crusca.

121. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO PRIMO. Risorge in Italia nel secolo XVI la tragedia Greca, ed il teatro materiale degli antichi. » pp. 86-174

Traducendo ed imitando le Fenisse sembra aver voluto dopo quindici secoli mostrare l’autore, in qual maniera avrebbe dovuto Seneca o qual altro sia stato l’autore della Tebaide, recare nella lingua del Lazio, senza i difetti di stile che le s’ imputano, le Fenisse di Euripide. […] Accordiamogli di buon grado quel ch’egli aggiugne, cioè che il Dante, l’Ariosto e il Tasso stesso, non hanno fatti allievi alcuni tra’ Francesi (senza andarne rintracciando il motivo, ch’egli stesso per avventura con tanti altri suoi dotti compatriotti troverà poco glorioso per la testa e per la lingua Francese); e che Lope de Vega, il Castro e ’l Calderon si sieno più facilmente prestati alla loro imitazione. […] Giraldi Cintio fa onorata menzione dell’Antigone Italiana, noverando l’autore tra’ benemeriti della toscana lingua Bembo, Trissino, Molza, Tolomei90: E quel che ’nsino oltre le rigid’ alpi Da Tebe in toscano abito tradusse La pietosa soror di Polinice; I’ dico l’Alamanni. […] Notisi con qual tragica gravità ella esprima la delicatezza e sensibilità che avviva tutti i di lei concetti: Madre, io pur vel dirò, benchè vergogna Affreni la mia lingua, e risospinga Le mie parole in dietro: a lui sovente Prendo la destra, e m’avvicino al flanco; Ei trema, e tinge di pallore il volto, Che sembra (onde mi turba e mi sgomenta) Pallidezza di morte, e non di amore; O in altra parte il volge, o il china a terra Turbato e fosco; e se talor mi parla, Parla in voci tremanti, e co’ sospiri Le parole interrompe. […] Ed in prima guai di chi trovasse stucchevole la lettura di componimenti scritti in aureo stile, cui mancando ancora ogni altro pregio rende accetti e dilettevoli a chi ha sapore di lingua e di eloquenza Italiana, la proprietà, la cultura, la purgatezza e l’eleganza.

122. (1788) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome III « LIBRO IV — CAPO II. Progressi della poesia comica nel medesimo secolo. » pp. 175-262

In questa guisa arricchirono gl’ Italiani la propria lingua delle antiche invenzioni, e rendettero le belle espressioni antiche interessanti per li moderni, sapendo dar loro (con pace anche quì del Sig. […] In quelle degl’ Intronati comincia a vedersi alcun personaggio buffonesco subalterno che parla in qualche dialetto particolare, come il Ligdonio del Piccolomini, o in una lingua straniera, come il Giglio Spagnuolo di bassa condizione sedicente Hidalgo (gentiluomo) motteggiato di spilorceria nella commedia degl’ Ingannati de’ medesimi accademici Sanesi. […] Anton Francesco Grazzini detto il Lasca, uno de’ cinque fondatori dell’Accademia della Crusca e assai benemerito della nostra lingua, compose più commedie in prosa elegante e graziosa, tralle quali spiccano la Gelosia (che non è certamente quella de’ Fajeli) pubblicata in Firenze nel 1551, e la Spiritata nel 1560, le quali insieme colla Sibilla si ristamparono in Venezia nel 1582. […] Francesco d’Ambra gentiluomo Fiorentino morto in Roma nel 1558127 scrisse più commedie pregiate dagl’ intelligenti, e citate per la lingua nel Vocabolario della Crusca. […] Che sia poi piuttosto da riferirsi tal favola al Tasso Napoletano che al Liberati di Caprarola, cel persuade in certo modo il carattere ben dipinto e ’l dialetto di Giallaise; imperciocchè più facilmente poteva scrivere una parte in lingua napoletana il Tasso nato ed allevato nel regno sino al decimo anno della sua età, e che poi vi tornò già grande e vi si trattenne diversi mesi, che il Liberati il quale nè nacque nè dimorò nel regno di Napoli.

123. (1777) Storia critica de’ teatri antichi et moderni. Libri III. « Libro II. — Capo IV. Risorge in Italia nel Secolo XVI la tragedia Greca e la Commedia Nuova, e s’inventa il Dramma Musicale. » pp. 210-241

Ma la lingua castigliana é ricchissima, e ha non pochi giri ed espressioni simili a quelle dell’italiana, e non manca di qualche sorta di linguaggio poetico; e n’avrebbe ancor più, se fosse stato dalla propria nazione più conosciuto, e fecondato nel disegno d’arricchire e nobilitar la poesia castigliana, l’andaluzzo Herrera, buon poeta e felice imitator del Petrarca. […] Essi non leggono, se non pettinandosi, alcuni superficiali dizionari e fogli periodici, o gazzette letterarie, che si copiano tumultuariamente d’una in altra lingua, dove decidesi con magistral sicurezza che ’l «canto rende inverisimili le favole drammatiche». […] A me pare che ciò addivenuto sia, perché «chi poco considera (secondo che dice il proverbio), presto parla e presto scrive», e perché i francesi facendo sempre da suffisants (voce caratteristica che manca alla nostra lingua) hanno, come glielo va rimproverando con somma ragione il presidente di Montesquieu nelle Lettere Persiane, «la fureur d’écrire avant que de penser, et de juger avant que de connaitre», per servirmi delle parole di M. d’Alembert.

124. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VIII. Teatri Settentrionali nel XVIII secolo — CAPO I. Teatro Inglese. » pp. 189-231

L’Entusiasmo per la libertà, l’orgoglio e la malinconia Brittannica, l’ energia delle passioni e della lingua, ed il gusto pel suicidio influiscono notabilmente nella tragedia inglese, e tanta forza e vivacità le prestano che al di lei confronto sembra che la francese languisca alla guisa di un dilicato color di rosa accanto ad una porpora vivace. […] Regolare nell’economia, felice nel delineare i caratteri, puro nella lingua, nobile ne’ sentimenti, viene questo autore noverato in Inghilterra tra’ migliori tragici, singolarmente per la di lui Suocera ambiziosa, e pel Tamerlano amato con predilezione dal proprio autore. […] Appartiene alla Gran Brettagna, a questo secolo e alla tragedia reale una traduzione di un dramma in lingua Ersa pubblicata verso il 176263.

125. (1789) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome V « LIBRO VII. Teatro Francese ne’ secoli XVII e XVIII — CAPO II. Tragedie di Pietro Cornelio, di Racine e di altri del XVII secolo. » pp. 8-35

Dotato d’ingegno straordinario e soccorso dalla lettura degli antichi mostrò sulla scena la ragione accompagnata da tutta la pompa e da tutti gli ornamenti de’ quali è capace la lingua francese. […] Tommaso con più debolezza di stile e con minore ingegno del fratello merita ancor la stima de’ nazionali per essere stato più del fratello gastigato nell’uso delle arguzie viziose, per la scelta degli argomenti, per la vasta letteratura ond’era ornato, e per la purezza con cui parlava la propria lingua.

126. (1790) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome VI « LIBRO X ed ultimo. Teatro Italiano del secolo XVIII — CAPO II. Commedie: Pastorali: Teatri materiali. » pp. 224-253

Ma vi si dipingono con mirabile esattezza i costumi e le maniere correnti, il ridicolo vi si rileva con grazia e maestria, e la locuzione ne’ personaggi napoletani ha somma piacevolezza e verità, là dove ne’ toscani si vede qualche stento per le frequenti trasposizioni aliene dall’indole della lingua e dal genere comico, e per alcune maniere di dire toscane ma non toscanamente collocate. […] Pietro Chiari già morto da più anni avesse, come gli conveniva, secondato le sagge vedute del Goldoni migliorandolo soltanto nella lingua, nella versificazione e nella vivacità dell’azione; il teatro istrionico non sarebbe ritornato agli antichi abusi e le maschere inverisimili si sarebbero convertite in comici caratteri umani graziosi e piacevoli.

127. (1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [A] — Di Milano, il dì 28 agosto 1620. » pp. 140-157

Ecco ciò che scriveva Giovan Battista : Era tutta questa Compagnia in arme, ma molto più s’ offendevano con la lingua arrotata che con il ferro, ond’ io quasi stetti per tornare a dietro. […] Così bene il pallore, gli atti per convertir vana sorella in Teatro fingesti, che gl’Insubri traesti a dir, di verità lingua cosparta : non è Lidia costei ; mirala : è Marta.

128. (1787) Storia critica de’ teatri antichi e moderni (2e éd.). Tome II « LIBRO II — CAPO III. Teatro Latino intorno alla seconda guerræ Punica. » pp. 91-171

Ciò avvenne al teatro Latino intorno alla seconda guerra Punica, trovandosi la lingua nel colmo dello splendore. […] Marziale motteggia sull’uso ch’ei faceva delle parole antiche; ma Varrone il più dotto de’ Romani, e giudice più competente di Marziale in fatto di lingua Latina, ne esalta l’ubertà della locuzione, nè si atterrisce dei di lui arcaismi. […] Questa favola è scritta con particolare eleganza e purezza di lingua, e se ne vanta lo stesso autore nel prologo. […] E continui ancora, o lingua fracida, A strapazzare il mio padrone assente? […] E a qual altro oggetto avrebbe egli recate nella latina lingua tante greche ricchezze?

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