Colà, sovra ogni attor la gran Candace, come più vuol rattrista e rasserena.
Morta sopra la terra, ella ripiglia e vuol partire. […] I ciò che Rachele risponde al padre che vuol suggerirle quel che dee dire al re. […] Dispettoso l’oltraggia, l’ ingiuria, vuol di nuovo abbandonarla. […] Il re vuol fargli qualche grazia, dicendo che domandi pure? […] Giugne chi se ne ingelosisce e lo disfida; ed egli accetta, ma vuol battersi senza levarsi da sedere.
Essi in fatti arrivano, ed Amlet parla ad alcuni di essi con famigliarità, e vuol poi sentir declamare una scena sulla morte di Priamo. […] Che vuol dire ciò, Amlet? […] E che vuol dire ciò, madre? […] Altro messo del re vuol sapere se Amlet pensa battersi subito con Laerte. […] Il re bee e vuole che egli beva ancora; Amlet vuol prima fare il secondo assalto, e dà al competitore un altro colpo.
Rodrigo vuol condurre Anagilda al campo. […] Ella vuol seguirlo. […] Con ciò il poeta vuol fare intravedere il disegno ch’egli ha di morire. […] Elfrida vuol ferirsi, Orgando la trattiene, ella tramortisce. […] Ricimero affettando un dolore da disperato vuol morire per le mani di lei.
Ma gramo in van me sbatto, ma con rabbia, e desgust, e fin che no te catto no posso aver più gust, che l’appetito adesso in far progresso me vuol per mort ; e sbolzonado da Cupido ogn’or, ho la fame in la gola, amor nel cor.
Il feroce Cominazzi nella Fama del ’42 (17 febbraio) lasciò scritto : Al Carcano il Cannelli co’ suoi drammatici subentrò ai molteplici trattenimenti del carnevale, ma perchè non vuol esser da meno de’ suoi predecessori, egli appresta un balletto ; s’io non temessi di fargli un complimento, gli direi : Ben venuto il balletto – non biasimo lo scopo, Ma se gli attori piacciono – vano è il soccorso all’ uopo.
Ancora alle fide triremi vuol teco Alcibiade venire !
I vostri alti colori superar de Diana el lume vuol, resplendendo qua in terra un niovo sol.
La robustezza del suo petto era tale, ch'egli potè a sessantacinque anni replicar più sere il Saul e l’Aristodemo ; quel Saul, nel quale egli fu sommo, e pel quale vuol la leggenda di palcoscenico ch'egli si mostrasse geloso del figlio Gustavo. […] Quando un giornalista vuol gridare contro la meschinità della mise en scène, deve anche dire al pubblico : « tu pubblico asino e spilorcio, che dài tanti paoli all’ opera ; e voi accademie orecchiute che per l’opera date migliaja di scudi, date anche alla commedia i mezzi di decorare la scena. » Ma egli, il giornalista, comincia dall’ abonarsi con due crazie per recita, tante quante ne dà al decrotteur per pulirgli gli stivali ; e poi grida : arte, arte ! […] Il Battaglia vuol fare una compagnia per il suo teatro Re ; ma in questa io non entro per nulla.
Dopo il canto egli vuol sapere da Mercurio, onde avvenne che la Pace abhandonò la Grecia? […] Strepsiade vuol sapere in che trovasi attualmente occupato il maestro. […] Egli batte il padre e colla solita sfrontatezza vuol dimostrare che ciò sia ben fatto. […] Carione suo servo se ne maraviglia, e vuol sapere ad ogni patto, perchè tenga dietro a quel cieco. […] Pluto risponde di sì, e vuol partire.
L’Armida Impazzita per amor di Rinaldo opera Eroica scritta in versi, non è produzione di questa Comica, come vuol supporre l’autore della drammaturgia.
Pazienza se i delirii della sua ignoranza si limitassero all’arte sola di recitare ; ma in oltre vuol esser autore, e correttor degli autori.
Si vuol però notare che gli accidenti di Celia tirano verso di lei l’interesse della favola più di quello che vien concesso a un episodio. […] Pregevole nell’atto III è la scena in cui Telaira sorella di Filebo vuol renderlo avveduto della inverisimiglianza del racconto fattogli da Nerino.
Piange con lui per due pagine intere, dopo delle quali si ricorda di dire che vuol morire in di lui vece. […] Terma vuol sapere in ogni conto i disegni della sorella; ma questa che gli ha comunicati a Dulcidio e ad Aluro, ed ha pure fidata al soldato la sua spada, si guarda gelosamente della sorella senza vedersene la ragione. […] Con minore sfoggio il medesimo pensiero produrrebbe migliore effetto, e sarebbe più proprio di chi vuol persuadere. […] Ruben si nasconde dietro del trono, Rachele vuol far lo stesso, e trovandovi Ruben gli rinfaccia i pravi suoi consigli. […] Chi vuol trattare dell’inflessibilità di Marzio espugnata da Vetturia, troverà sterile la materia per cinque atti.
Dal che nascono due inconvenienti: il primo che essendo il linguaggio della musica troppo vago e generico, e dovendo conseguentemente per individuare l’oggetto che vuol esprimere, far lunghe giravolte, e scorrere per moltiplicità di note; l’azione diverrebbe d’una lunghezza insoffribile se il poeta non si prendesse la cura di troncare le circostanze più minute. […] [24] Nel primo si vede il poeta, che vuol far pompa di spirito in mancanza del sentimento; nel secondo si scorge un uomo, cui la sua passione ha fatto divenir scellerato per sistema. Dall’applicazion convenevole di tai principi alle diverse passioni dedur si potrebbe una teoria generale cavata dalla natura delle cose, che risparmierebbe molte critiche poco fondate, e che riuscirebbe utilissima a chi vuol innoltrarsi nella difficile, e delicata carriera del teatro. […] allora io credo ascoltar un poeta, che vuol insegnarmi l’arte della scherma, non già un personaggio occupato in pensieri di qualche importanza. […] Si vuol da lui che sfugga gli argomenti troppo lunghi o troppo complicati, ma non già che ne intrecci una serie di scene disunite, e senz’alcun disegno.
La giovane Rufina carattere freddo ma di buona morale nella scena II del II vorrebbe che Cortines suo padre (sarto di mestiere che si adira se altri se ne sovvenga, e vuol passar per nobile) venisse richiamato alla ragione col mostrarglisi per qualche via gl’inconvenienti della sua vanità; ma come buona figliuola teme che tal disinganno accader possa con danno o dispiacere del padre. […] Al medesimo Capo pag. 41, lin. 2, dopo le parole, di chi vuol persuadere.
Tutto il mondo vuol estere spettatore, e ciascuno ne prende quella parte che può. […] Ognuno che va a teatro, o volge tralle mani qualche dramma, vuol piccarsi di spirito e di sapere, e favella di sentimenti, di espressioni, di passioni, e nel suol decidere ex cathedra; ma pochi son quelli, che intendono ciò che si dicono, perché pochi si son dati la pena di consultar le sorgenti.
. – Che cosa vuol dire : strike ? […] – Padrone, che vuol dire : I prattle out of fashion ?
Un carattere virtuoso ma intollerante, che si maraviglia di tutto e tutto condanna: che per non tradire il vero, a costo della politezza e senza necessità, si pregia di dire ad un cavaliere il quale ha la debolezza di voler esser poeta, che i suoi versi son cattivi: che in vece di compatire gli errori umani vuol perdere la rendita di quarantamila lire, per lasciare a’ posteri nel suo processo un testimonio di una sentenza ingiusta; un carattere, dico, siffatto, sebbene amabile e caro a i buoni per la virtù che ne fa il fondo, ha pure il suo ridicolo degno d’esser corretto, ed il genio di Moliere seppe seguirlo alla pesta e riprenderlo comicamente. […] Ma si vuol notare che il Bernagasso ed il Tartuffo vennero dopo di due altri componimenti Italiani, ne’ quali si dipinse il carattere di un falso divoto, cioè dalla commedia latina del Vercellese Mercurio Ronzio De falso hypocrita & tristi, e dall’Ipocrito di Pietro Aretino, in cui nulla desidereresti per raffigurarvi il Tartuffo, se l’autore non avesse voluto nella sua favola aggruppare gli eventi che nascono da una somiglianza, e quelli di cinque coppie d’innamorati, le quali cose gl’ impedirono il rilevar tutti i tratti più vivaci di tal fecondo detestabile carattere sempre necessario di essere esposto alla pubblica derisione. […] Ella è una donna attempata, che si belletta e vuol passare alle seconde nozze; ma basta ciò per caratterizzarla per coquette?
Nella scena con Creonte scernesi il medesimo artificio della tragedia Greca; ma si vuol notare in questa Latina che Medea in mezzo alle preghiere serba certo nobile contegno che tira l’attenzione. […] Giasone vuol troncare il discorso, ed ella freme, invoca Giove, ne implora i fulmini sopra qualunque di loro due. […] Egli prega, piagne, smania, vuol morire in vece del figlio, e la madre disumanata insultandolo risponde: Hac quà recusas, quà doles, ferrum exigam. […] Non si vuol decidere per sistema anticipatamente adottato, ma per esame ben ragionato. […] Non vuol esser tra’ morti, nè dimorar tra’ vivi, . . . . . . . .
Nell’atto III poichè il re ha volontariamente offerta a’ Messenj la figlia in cambio della fuggitiva Arena, inorridisce Policare che l’ode, freme, si adira, minaccia, vuol morir per lei; ma patetico è il congedo estremo che da lui prende Merope: Io vado e nulla meco Porterò di più nobile e più degno Della mia fé: tu le memorie mie Pietoso accogli, e vivi. […] Sofocle introdusse la gara di Crisotemi colla sorella nell’Antigone; Euripide tra Pilade ed Oreste col proposto cambiamento di nomi nell’Ifigenia in Tauride imitata indi dal Rucellai nell’Oreste; nell’Ariosto Ruggiero generosamente prende il nome e le armi dell’amico Leone per esporsi al furore di Marfisa; Olinto nella Gerusalemme del gran Torquato vuol comparir colpevole del furto confessato da Sofronia per morire in di lei vece; il Porta nel suo Moro adoperò ingegnosamente l’artifizio e l’eroismo narrato dall’Ariosto nell’avventura di Ruggiero e Leone; nella Filli di Sciro Tirsi e Filli gareggiano come Crisotemi e Antigone per farsi punire e salvar l’amante. […] Dichiara poi di non esser egli Corradino tosto che intende che il re vuol farlo suo genero. […] Si vuol notare che questo componimento piacque talmente al celebre astronomo Domenico Cassini nell’età sua giovanile, che s’invogliò a scrivere una tragedia prendendo a modello l’Isola d’Alcina.
prologo da pantalone Se l’homo animal da do man (Magnifici, e Zenerosi Signori) è solo in questo mondo che vuol tegnir el mondo sotto de lù, e tutti i altri viuenti pi che sotto i piè, non desse alle volte in tel bestial noo ghe xe dubbio nigun chi el pareraue el padron de sta casa, el Principe de sta Republica, el Peota da sta Naue, el Monarca de sto Impero e l’anema de sto corpo : daspuò che el mondo xe vna Naue che altre volte se affondete in t’vn deluvio salvandose solo un battello. […] Concludo dunque che l’huomo xe felice o misero, bon o cattivo segoudo che lu medesmo vuol.
Un carattere virtuoso ma intollerante, che si meraviglia di tutto e tutto condanna: che per non tradire il vero, a costo della politezza e senza necessità, si pregia di dire ad un cavaliere, il quale ha la debolezza di voler esser poeta, che i suoi versi sono cattivi: che in vece di compatire gli errori umani vuol perdere la rendita di quarantamila lire, per lasciare a’ posteri nel suo processo un testimonio di una sentenza ingiusta; un carattere, dico, siffatto, sebbene amabile e caro a’ buoni per la virtù che ne fa il fondo, ha pure il proprio ridicolo degno di esser corretto; ed il genio di Moliere seppe seguirlo alla pesta e riprenderlo comicamente. […] Si vuol notare però che il Bernagasso mentovato ed il Tartuffo vennero dopo di due altri componimenti italiani, ne’ quali si dipinse il carattere di un falso divoto, cioè dalla commedia latina di Mercurio Ronzio vercellese De falso hypocrita et tristi, e dall’Ipocrita di Pietro Aretino, in cui nulla si desidererebbe per raffigurarvi il Tartuffo, se l’autore non avesse voluto nella sua favola aggruppare gli eventi che nascono da una somiglianza, e quelli di cinque coppie d’innamorati, le quali cose gl’impedirono il rilevar tutti i tratti piû vivaci di tal secondo detestabile carattere che sempre con utilità e diletto sarà esposto alla pubblica derisione. […] Ella è una donna attempata che si belletta e vuol passare alle seconde nozze; ma basta ciò per caratterizzarla per coquette?
Dalla mia prima età io convenni col Castelvetro; ma compreso poi meglio lo stato della quistione, pensai, che si vuol piacere a’ Dotti, senza punto rigettare la sentenza del Castelvetro. […] E per riescire nel suo intento l’Apologista vuol dare ad intendere a’ suoi compatrioti una cosa contraddetta dalla Storia, cioè che in tutte le Nazioni i Poeti scenici, al pari di Lope, hanno secondato il gusto del popolaccio. […] E questo vuol dire, che nulla curarono di osservare le più importanti regole, e che vollero piacere al popolaccio, e alle Donne? […] Faccia pur così il Signor Lampillas: se vuol comparare con senno e giustizia, pareggi gli oggetti.
Nell’atto III poichè il re ha volontariamente offerta a’ Messenii la figlia in cambio della fuggitiva Arena, inorridisce Policare che l’ode, freme, si adira, minaccia, vuol morir per lei; ma patetico è il congedo estremo che da lui prende Merope: Io vado e nulla meco Porterò di più nobile e più degno Della mia fe: tu le memorie mie Pietoso accogli, e vivi. […] Sofocle introdusse la gara di Crisotemi colla sorella nell’Antigone, Euripide tra Pilade ed Oreste col proposto cambiamento di nomi nell’Ifigenia in Tauride imitata indi dal Rucellai nell’Oreste, nell’Ariosto Rugiero generosamente prende il nome e le armi dell’amico Leone per esporsi al furore di Bradamante, Olinto nella Gerusalemme del gran Torquato vuol comparir colpevole del furto confessato da Sofronia per morire in di lei vece, il Porta nel suo Moro adoperò ingegnosamente l’artifizio, e l’eroismo narrato dall’Ariosto nell’avventura di Rugiero e Leone, nella Filli di Sciro Tirsi e Filli gareggiano come Crisotemi e Antigone per farsi punire, e salvar l’amante. […] Dichiara poi di non esser egli Corradino tosto che intende che il re vuol farlo suo genero. […] Si vuol notare che questo componimento piacque talmente al celebre astronomo Domenico Cassini nell’età sua giovanile, che s’invogliò a scrivere una tragedia prendendo a modello l’Isola d’Alcina.
Nel 1770 usci in Madrid la commedia intitolata Hacer que hacemos, cui noi potremmo dare il titolo di Sex Faccendone, di uno che vuol mostrarsi sempre affaccendato, ma che nulla ha da fare. […] Egli avea in mente un embrione accozzato di molti tratti ridicoli di un uomo che vuol mostrarsi pieno di affari, e non fa mai nulla; ma gli mancò la necessaria sagacità nella scelta de’ più teatrali, nel dar loro la dovuta graduazione, nell’incatenarli ad una azione vivace propria della commedia, e nel prestarle interesse e calore. […] La giovane Rufina carattere freddo ma di buona morale nella scena seconda del II atto vorrebbe che Cortines suo padre (sarto di mestiere che si adira se altri se ne sovvenga, e vuol passar per nobile) venisse richiamato alla ragione col mostrarglisi per qualche via gl’inconvenienti della sua vanità; ma come buona figliuola teme che tal disinganno accader possa con danno o dispiacere del padre. […] Sembra in fine che in una favola che l’autore vuol che cominci di buon mattino e termini prima di mezzodì, non possano successivamente accadere tante cose, cioè diverse conversazioni riposatamente, consigli, trame, deliberazioni, una scena di ricamare poco propria in campagna, un giuoco di tresillo, indi un altro di ventuna, ballo, merenda, accuse contro Eugenio e Chiara, discolpe, arrivo di un nuovo personaggio ec..
Dopo il canto egli vuol sapere da Mercurio, onde avvenne che la Pace abbandonò la Grecia? […] Strepsiade vuol sapere in che trovisi attualmente occupato il maestro. […] Egli batte il padre, e colla solita sfrontatezza vuol dimostrare che sia ben fatto. […] Carione suo servo se ne maraviglia, e vuol sapere ad ogni patto, perchè tenga dietro a quel cieco. […] Pluto risponde di sì, e vuol partire.
Regnar da Re vuol Dario ; E da magnate regnar Megabise ; E regnar vuol da tavernajo Orcane ; E Gabria vuol (direte voi senz’altro) Regnar anch’ei. […] Ella vuol seguirlo. […] Con ciò il poeta vuol che s’intraveda il disegno che egli ha di morire. […] Elfrida vuol seguirlo, Orgando la trattiene ; ella tramortisce. […] Ricimero affetta dolore da disperato e vuol morire per le mani di lei.
Ma che si vuol fare?
Chi adunque arzigogolando sdegna di riconoscere da tali principii la tragedia e la commedia Greca, non vuol far altro che dare un’ aria di novità e di apparente importanza ai proprii scritti, e formar la storia della propria fantasia più che del l’arte.
— Che lingua – disse al Re il bizzarro attore – vuol Sua Maestà ch’io parli ?
Orfeo vuol tornare per ridomandarla, ma vien respinto da Tisifone. […] Egli vi si vuol notare ancora che molte cose dovettero cantarsene, spezialmente alcuni pezzi delle scene di Orfeo, e le canzoni de’ cori. […] Si vuol però avvertire che noi ne parliamo soltanto come una festa stupenda, e non già come componimento drammatico, nè come una specie di opera in musica.
Agamennone chiamato re de’ mortali (titolo per altro dato nella poesia greca e latina al solo Giove) lodando Achille dice che il di lui nome solo è definizione degna di lui: di Agamennone si dice che gli eroi della Grecia si gloriano d’essergli soggetti, nivelando su conducta por su prudencia: de’ Greci si dice, separamos los brazos de los cuellos de las esposas, volendosi dire che si sono distaccati dagli amplessi delle consorti, benchè separar le braccia da i colli possa parer piuttosto un’ esecuzione di giustizia: di un reo che involge gl’ innocenti nella sua ruina, dicesi con espressione propria, felice ed elegante, hizo participantes del castigo agl’ innocenti: si danno braccia ad una pecora, dalle quali il lupo strappa gli agnelli: per dirsi che Agamennone nè vuol cedere Criseida nè permettere che sia riscattata, si dice con tutta proprietà castigliana che ni cederla quiere ni redimirla, quasi che dovesse egli stesso riscattarla da altri. […] Saben II: “che il nome di Chorizos venne da i chorizos che mangiava certo buffone in un tramezzo, e quello di Polacos da un fatto che Huerta sa ma che non vuol dire”. […] Confessa in oltre che allora si unirono gl’ interessi delle due compagnie e si fece una cassa; ma non vuol per questo che componessero un corpo solo.
Questi vuol darla in moglie a Fileno, amato alla sua volta da Dorinda ; noi sorvoleremo questo episodio, che fu aggiunto per la Cantatrice che esordi quella sera. […] Camilla vuol rapirglielo, dicendo ch’egli è suo ; ed eccoti arriva Pantalone che obbliga Rosaura a cederlo ; ella sviene, e Fileno accorre in suo soccorso ; Celio che la vede nelle sue braccia, è preso da gelosia. […] Arlecchino appare, mentre questi si lascia andare al furore, e gli chiede suo figlio, e tanto l’importuna, che Celio, al colmo dell’ira, vuol batterlo ; Arlecchino lo respinge a colpi di testa. « Io ti ferirò – egli dice – colle armi che tu m’hai fatto.
Or si può senza biasimo da chi vuol ragionar di teatro negligentare la notizia di queste produzioni non ignobili, delle quali gli autori o tributo molto scarso pagarono al mal gusto che giva infettando l’eloquenza, o pur felicemente se ne guardarono? […] Il primo a vederla è il figliuolo che prevedendo di dovere al di lei arrivo fuggire dal rigore del padre giustamente sdegnato, piangendo le manifesta la sua colpa, e vuol partirsi disperato, quando ella impietosita dar non voglia a credere al marito che la giovane che è in casa, sia appunto la perduta sua figliuola.
Quando il povero parroco, nella bella commedia del Garelli I contingenti piemontesi, esce a far la sua parte, il pubblico lo prende su come viene, e se la figura è meschina e i modi sono piccoli, il pubblico se ne compiace di più perchè lo rassomiglia all’uno o all’altro dei tanti curatucoli di campagna, che son di sua conoscenza ; ma se il parroco recita in italiano, allora il pubblico, ci si perdoni la frase, si monta diversamente, e vuol figura veneranda, vuol modi gravi, vuole unzione, vuole insomma quell’ ideale, che invano si vorrebbe da taluni scompagnare dall’arte.
Ma ella si affanna in vano: Saturione non si ricorda che delle cene di Tossilo e vuol compiere l’ordinata trama. […] La vede e secondo l’ usanza di chi vuol comperare per poco, l’approva a mezza bocca. […] Questa favola si vuol collocare tralle più piacevoli di Plauto per lo sale grazioso che la condisce, e per la vivace dipintura del vano carattere di Pirgopolinice. […] E’ degno di osservarsi che nella scena seconda dell’atto secondo Pistoclero racconta al servo l’amore che Bacchide ha per Mnesiloco, e Crisalo annojato non ne vuol sentir parlare. […] Eutropio e San Girolamo lo dicono Tarantino, il Galateo lo vuol nato nella Rudia di Lecce.
Quando un comico vuol dire che il tale s’è recato in compagnia, ove tutto si trova, tranne la dignità, il rispetto dell’arte, tra’guitti, insomma, usa dire : è ito in Guittelemme.
In quanto al cibo Nel medesimo dì bianchi i brodetti Indi neri gli vuol: se l’acqua è fredda, Tempesta e grida, e poi vuol ber gelato, E che apprestin la neve a’ servi impone.
Ma che si vuol fare?
Queste cose io narrai nella mia Storia, che il Signor Abate Lampillas vuol non vedere, tutto che le vegga e le palpi; queste io dissi di presentare a’ poco instrutti dell’Italica Letteratura.
M’hanno detto che Vosignoria vuol parlarmi…. ha, ha, ha !
Ma che vuol dire quella parentesi aggiunta nel mezzo del titolo : « Farceurs français et italiens depuis soixante (ans) et plus, peints en 1670 ?
Tn sa dir al to concet, zuè la tua vpilation, tu vuo dir Mad. la qual parland cun mi vuol vnfrir l’infurnad parol, che te ne par, nonella qsi ?
Che vuol dire adunque che un siffatto accoppiamento non opera presso di noi il menomo di quei prodigiosi effetti che operava presso gli antichi Greci? […] Non può negarsi che il Signor Manfredini non legga con attenzione l’opere che vuol onorare della sua critica. […] Ciò vuol dire che ciascuno combina le note e gli accordi secondochè gli suggerisce il proprio talento, il quale non essendo eguale in tutti tre, nemmeno eguale può essere l’effetto che ne risulta. […] Quando si vuol sostenere un opinione bisogna ben provarla, e non contraddirsi, come fa talvolta il N. […] Che vuol dire questa incoerenza?
Si vuol notare nella prima scena la pittura terribile dell’Eumenidi fatta dalla sacerdotessa, l’inno magico infernale pieno del fuoco dell’autore cantato dal Coro dell’atto terzo per aver trovato Oreste, ed il giudizio del di lui delitto fatto nel quinto coll’intervento di Minerva che presiede agli Areopagiti, di Apollo avvocato del reo, e delle Furie accusatrici. […] E che vuol dir mai festa teatrale di ballo serio?
II Saben «che il nome di Chorizos venne da’ Chorizos che mangiava certo buffone in un tramezzo, e quello di Polacos da un fatto che Huerta sa ma che non vuol dire». […] Che se il cappello Chambergo di detta Guardia fu forse un poco più grande, ciò non vuol dire che fosse nuova invenzione e precedente soltanto a quello allacciato a tre punte venuto a coprire le teste spagnuole con Filippo V.
Ora è Pedrolino che si vuol togliere alla Vittoria, ora è il Gratiano che si vuol togliere ai Gelosi.
Giasone vuol troncare il discorso, ed ella freme, invoca Giove, ne implora i fulmini sopra qualunque di loro due. […] Egli prega, piagne, smania, vuol morire in vece del figlio, e la madre disumenata insultandolo risponde: Hac qua recusas, qua doles ferrum exigam. […] Non si vuol decidere per sistema anticipatamente adottato, ma per esame ben ragionato. […] Egli vuol morire e vivere di bel nuovo e tornare a morire e rinascer sempre, Iterum vivere, atque iterum mori Liceat, renasci semper. Non vuol esser tra’ morti, nè dimorar tra’ vivi, ……… quaeratur via, Quâ nec sepultis mixtus, et vivis tamen Exemptus erres.
La prima cosa che vuol essere ben considerata è la qualità dell’argomento, o sia la scelta del libretto, che importa assai più che comunemente non si crede.
In Grecia (rifletté cotal sapienza) non si vuol cercare se non l’origine del teatro greco.
In Grecia (giusta la luce di tal sapienza) non si vuol cercare se non l’origine del teatro Greco.
Il canonico Carlo Celano nato in Napoli nel 1617 e morto nel 1693, col nome di Don Ettore Calcolona tradusse con libertà e rettificò varie commedie spagnuole, come può osservarsi nelle sue date alla luce più Volte in Napoli ed in Roma, l’Ardito vergognoso, Chi tutto vuol tutto perde, la Forza del sangue, l’Infanta villana, la Zingaretta di Madrid, Proteggere l’Inimico, il Consigliere del suo male ecc.
In Grecia (giusta la luce di tal sapienza) non si vuol cercare se non l’origine del teatro Greco.
Il teatro che vuol considerarsi come uno de’ pubblici educatori, per rimediare a que’ mali sovente eccede, trascorre e degenera in malignità, e talvolta avviene che si corrompa coll’ esempio del resto della società.
Quando si corre al galoppo, e si vuol salutare una dama che s’incontra distesa nella sua calèche, non si fa, come vidi fare a lei, un semplice movimento col capo e col frustino, ma bisogna voltarsi con grazia verso di quella, portar la mano destra alla punta del cappello, velocemente alzarlo, velocemente rimetterlo, spronare di fianco, e là….
Nulla di quel che l’artista vuol significare al pubblico nel suo muto linguaggio si perde !
Rodrigo vuol condurre Anagilda al campo. […] Capisce egli che cosa vuol dire abrogare ? […] Senta intanto Aristodemo che spira : … E ben che vuol mia figlia ? […] Egisto Atride il vuol. […] Ed a qual Bruto vuol che si rassomigli ?
Si vuol notare in secondo luogo essere molto strana la comparazione di Opera, e Commedia, generi diversi, che non si debbono misurare colla stessa squadra. […] Questo vuol dire, che riguarda agli abusi presenti, e non al Canto come Canto: perchè Musico e Poeta in Grecia componevano un solo individuo, e per conseguenza non poteva essere l’uno schiavo dell’altro (se pure qualche operazione di aritmetica apologetica non convertisse l’uno in Due), e solo ne’ Teatri moderni Musico e Poeta sono due persone distinte. […] Voglio dire a quella parte, dove l’Apologista spiega la forza della sua Filosofia, e vuol mostrare poco soda la ragione da me addotta delle supposizioni ammesse in Teatro, come verisimili per una tacita convenzione tra’ rappresentatori, e l’Uditorio. […] E se lo spettatore vuol godere delle infinite perfezioni, che rendono questo gran quadro singolare1, fa uopo che in se stesso convenga in discolpare il Pittore di quell’accozzamento di persone non contemporanee di San Geronimo Cardinale, e di Tobia il giovane, e della Vergine.
Il teatro che vuol considerarsi come uno de’ pubblici educatori, per rimediare a que’ mali sovente eccede, trascorre, inveisce e degenera in malignità, e talvolta avviene che si corrompa col l’esempio del resto della società.
Se dunque avverrà che il maraviglioso, che si vuol introdurre, invece di appoggiarsi sulla popolare opinione, le sia anzi direttamente contrario, allora le poeti che e romanzesche invenzioni, prive d’ogni autorità e d’ogni esempio, non avranno altra regola che il capriccio di chi le inventa. […] In un’opera dell’Aureli, Socrate vuol cacciar via dalle scuole dove insegnava la filosofia una donna, che vi si era furtivamente introdotta. […] Finalmente Talia, che è la musa del teatro, l’accoglie, ma solo a condizione che la verità, se vuol comparir in pubblico, dovrà cangiar abito, sembianze, favella, e maniere.
Questo forse vuol dire che la Critica tranquilla non merita di essere ascoltata? […] Per chiamare l’attenzione degli ascoltatori gli si vuol parlare di cose, benchè finte, simili a quelle di cui essi conservano le idee; che se voi gli parlerete delle idee fantastiche sugli abitatori di Saturno o di Mercurio, delle quali niun seme rinvengono nella loro fantasia, si ristuccheranno presto, ascolteranno senza credere. […] Ma vuol meglio assicurarsi l’Apologista, che, a riserba dell’Elisa, le altre quattro Tragedie sono scritte alla moderna, cioè senza guardar le regole?
Quando poi si vuol dare al Popolo per favola ben condotta e artificiosa la più spropositata fanfaluca, allora, invece di ridere, volta le spalle al Teatro. […] Egli dunque prese a studiare, non già il gusto del volgo, come fece Lope, ma il Mondo, cioè i costumi, i caratteri, e le passioni degli uomini (che questo vuol dir Mondo, Signor Lampillas, e non già, come voi credeste, il gusto volgare); ed anche il Teatro, cioè la pratica osservazione degli artificj comici che più sogliono risvegliare gli Spettatori (che questo vuol dir Teatro); ed a questi due Libri Mondo e Teatro, due cose distantissime dallo studio di Lope, accompagnò il Goldoni gl’insegnamenti d’Aristotile e di Orazio, ch’egli trasse dalle Riflessioni di Rapin da lui citate, e soprattutto la lettura di Moliere.
Siffatte analisi delicate della tenerezza, o se vuol dirsi alla francese, del sentimento, anche senza tanti pregi che adornano le favole del Racine avrebbero bastato a farle riuscire in Francia è nella corte di Luigi XIV che respirava per tutto amoreggiamenti anche nelle spedizioni militari. […] L’amore (si è ben detto mille volte) perchè sia tragico vuol esser forte, impetuoso, disperato, dominante; e se è mediocre ed episodico, qual è quello d’Ippolito, di Antioco, di Siface e di Farace presso Racine, di Teseo e di Eraclio e di altri nel Corneille, della maggior parte de’ personaggi di Quinault, di Filottete in Voltaire, di Porzia e Marzia e Marco e Porzio e Sempronio e Giuba in Adisson; allora un amor simile è semplice galanteria famigliare da bandirsi dalla vera tragedia. […] Il personaggio che più chiama l’attenzione è Pisistrato combattuto dall’amore e dall’ambizione, che vuole il regno e non vuol perdere Policrita.
Il compositore si comporta quivi come despotico, vuol pure far da sé e piacere unicamente in qualità di musico. […] [2.8] La prima cosa è piena veramente di pericolo, se uno guardi al buon effetto della melodia che, stando anch’essa nel mezzo, tiene maggiormente della virtù; e nella musica si vuol fare quell’uso degli acuti che si fa dei lumi ardenti nella pittura.
Più profondo insieme e più maligno nelle sue mire egli lo prenderà come un diversivo offerto talvolta al popolo spensierato per nasconder agli occhi suoi l’aspetto di quelle catene che la politica va lavorando in silenzio, per infiorare gli orli del precipizio, dove lentamente lo guida il despotismo, e per mantenerlo più agevolmente in quella picciolezza e dissipazione di spirito, che tanto comoda riesce a chi vuol soggiogare. […] Quanto a me animato perfettamente da spirito repubblicano in punto di lettere ho sempre stimato, che la verità e la libertà debbano essere l’unica insegna di chi non vuol avvilire il rispettabile nome d’autore: ho creduto, che l’accondiscender ai pregiudizi divenga egualmente nuocevole agli avanzamenti del gusto di quella che lo sia ai’ progressi della morale il patteggiare coi vizi: ho pensato, che la verace stima verso una nazione non meno che verso le persone private non si manifesti con cerimoniosi e mentiti riguardi, figli per lo più dell’interesse, o della paura, ma col renderle senza invidia la giustizia che merita, e col dirle senza timore le verità di cui abbisognai ho giudicato, che siccome l’amico, che riprende, palesa più sincera affezione che non il cortigiano che adula, così più vantaggiosa opinione dimostra ad altrui chi capace il crede d’ascoltar ragione in causa propria che non faccia quell’altro, il quale tanto acciecato il suppone dall’amor proprio che non possa sostener a viso fermo l’aspetto della verità conosciuta: mi sono finalmente avvisato, che se il rispetto per un particolare mi sollecitava a usare di qualche parzialità, il rispetto vieppiù grande che deggio avere per il pubblico , mi vietava il farlo, facendomi vedere cotal parzialità biasimevole, e ingiusta.
[4] Si vuol rappresentare il tormento più squisito e più crudele che possa trovar ricetto nel cuor d’un amante, la certezza, cioè, d’essere stata l’involontaria cagione della morte della sua amata? […] Chi di voi lo vuol per padre?
Il Coro vuol concorrere al disegno, e fuggir seco. […] Potino neurospasto soleva colle sue figurine (benchè con rincrescimento de’ buoni che vuol dire de’ pochi) rappresentare alcune burlette o spezie di mimi in Atene, e in quel medesimo teatro dove declamavansi le immortali produzioni di Euripidea.
L’autore avea in mente un embrione accozzato di molti tratti ridicoli di un uomo che vuol mostrarsi affaccendato, ma gli mancò la necessaria sagacità nella scelta de’ più teatrali, nel dar loro la dovuta graduazione, nell’ incatenarli ad un’ azione vivace, e nel prestare alla sua commedia interesse e calore24. […] Eugenio, che egli non ignora sin dall’atto I: che in una favola che l’autore vuol far cominciare di buon mattino e terminar prima di mezzodì, non pare che possano successivamente accadere tante cose, cioè diverse conversazioni riposatamente, consigli, trame, deliberazioni, una scena di ricamare in campagna, un giuoco di tresillo, indi un altro di ventuna, ballo, merenda, accuse contro D.
La favola del Virues si aggira sul matrimonio che Jarba vuol contrarre con Didone.
Vi si trova fra gli altri dipinto un geloso che non vuol parerlo.
Vi si trova fra gli altri dipinto un geloso che non vuol parerlo.
Il Colomberti, per un esempio, suo direttore, di cui la Pelzet in una lettera al Niccolini del 27 luglio '43 da Bologna, dice ogni male possibile, perchè, essendo inabile a recitar la tragedia, la vuol bandita dal repertorio, e lascia lei, scritturata prima attrice tragica, inoperosa, lasciò scritto ch'ella « fu una delle migliori attrici della sua epoca, abilissima in ogni genere di rappresentazioni tragiche, drammatiche e comiche.
Vi giugne anche il Ruffiano, le vede e vuol menarle via a forza; ma sono difese dal servo di Pleusidippo e dal vecchio Demone che abita in quei contorni. […] Saturione si ricorda solo delle cene di Tossilo, e vuol compiere l’ordita trama. […] La vede, e secondo l’usanza di chi vuol comperare per poco, l’approva a mezza bocca. […] Questa favola si vuol collocare tralle più piacevoli di Plauto per lo sale grazioso che la condisce, e per la vivace dipintura del vano carattere di Pirgopolinice. […] Eutropio e san Girolamo lo dicono Tarantino, il Galateo lo vuol nato nella Rudia di Lecce.
Ella vorrebbe riconvenirlo sottovoce: ma Davo all’incontro vuol che risponda apertamente confessando la verità. […] Comprende da qual morbo la moglie sia oppressa, e piangendo vuol tornare indietro. […] Poffare, un grande impero, Sia chi vuol. […] Sia chi vuol. […] Sia chi vuol.
Ma queste tragedie e commedie hanno certamente la data più indietro del 1520, e per conseguenza la prima epoca in Italia gloriosa della drammatica vuol collocarsi al principio del secolo. […] E a tal proposito si vuol riflettere, che la commedia Italiana di tal tempo non pervenne all’insolenza della Grecia antica, a cagione de’ governi delle Italiche contrade assai differenti dall’Ateniese. […] Ed appunto nel cacciarla fuori (standovi dentro Flavio) sopraggiugne un creditore con gli sbirri, e la vuol torre in pegno. […] Il pudore poi richiesto ne’ moderni colti teatri vuol che si schivino gli amorazzi di Fulvia; come altresì le scene equivoche della natura di quella di Samia chiusa con Luscioa; poichè quivi il Dovizio imita anzi l’oscenità di qualche passo della Lisistrata di Aristofane, che la piacevolezza di Plauto. […] Il medico che stà in osservazione, vede entrare questo mercatante in casa senza raffigurarlo, si dispera, vuol ire a cogliere sul fatto la moglie, batte la porta, ma non essendo ravvisato dalla fante per essere nella guisa accennata travestito, è ingiuriato ed escluso.
Questa vuol nascere e sollevarsi nel recitativo, ma non altrove che nell’aria vuol pervenire alla sua maggiore altezza. […] [Sez.III.2.1.2] Or primieramente lo stile della musica teatrale vuol poche note. […] Quel passo vuol movimento, questo vuol gravità e posatezza81. […] Il colore degli abiti vuol essere diverso da quello della scena, ma sì che facciano insieme armonia. […] Che se l’opera in musica sia comica, questo esame vuol essere più rigoroso.
Ella vorrebbe riconvenirlo sottovoce: ma Davo all’incontro vuol che risponda apertamente confessando la verità. […] Comprende da qual morbo la moglie sia oppressa, e piangendo vuol tornare in dietro. […] Fidippo ha saputo che Filomena ha partorito, e nella quarta scena viene a dirgli, che se vuol rompere il contratto, il faccia pure, purchè si prenda il bambino. […] Poffare, un grande impero, Sia chi vuol. […] Fedria parte dal proscenio dopo il verso, Meus fac sis postremo animus, quando ego sum tuus, e con Parmenone entra nella propria casa per accingersi al picciolo viaggio che vuol fare in villa per passarvi il biduo penoso.
Chi adunque arzigogolando sdegna di riconoscere da tali principj la tragedia e la commedia Greca, non vuol far altro che dare un’ aria di novità e di apparente importanza a’ proprj scritti, e formar la storia della propria fantasia più che dell’arte. […] Che vuol dir mai festa teatrale di ballo serio? […] Ella durando il loro dialogo dovette mostrarsi sospesa e agitata da varj pensieri sulle conseguenze della difesa che di lei vuol prendere Achille. […] Il dramma di Racine è una serie di quadri grandi di amore: amor timido che geme, amore ardito e determinato, amor furioso che calunnia, amor geloso che spira sangue e vendetta, amor tenero che vuol perdonare, amor disperato che si vendica sopra se stesso: ecco la tragedia di Racine. […] E ciò non vuol dire che i moderni abbiano a disperare di poter mai produrre tragedie maravigliosamente belle (che anzi noi pretendiamo che l’arte mai non avrà a lagnarsi della poca fecondità della natura, celandosi in ogni genere infinite specie di componimenti perfetti benchè dissimili); ma sì bene vuol dire, che la tragedia Greoa, fondata sul sistema della fatalità appoggiata alla religione, fu da quedue maravigliosi tragici portata all’apice della perfezione.
Avea Maurizio un di lui bambino in potere d’Irene, e Foca vuol sapere dove si nasconda minacciando di far tormentar Maurizio con tutta l’atrocità. […] Nel V essa riprende tanto di forza quanto permette la determinazione di Seila che vuol rimanere offerta volontaria in olocausto. […] Odasi ancora Aristodemo spirante: Ebben, che vuol mia figlia? […] Capisce che vuol dire abrogare? […] Atride il vuol.
Ella pensa, o vuol dare ad intendere, di esser solo ad amar la Spagna, e che ogni altro che non vi nacque, la miri con indifferenza, o peggio ancora.
Questo che le scrivo è solo perchè Flaminio si è lasciato intendere qui in Bologna che per tutto estate non vuol partirsi di Roma, e questo sarebbe di troppo nostro danno.
É una ruvidezza pedantesca la risposta di Megara ad Anfitrione, Quod nimis miseri volunt Hoc facile credunt, la quale acquista semplicità e naturalezza in Metastasio: E poi quel che si vuol, presto si crede. […] Tito più non ignora che Sesto è un traditore, e che il Senato l’ha convinto e condannato alla morte; ma vuol parlargli, e quando Sesto si appressa, si sforza di mostrar nel volto la rigorosa maestà offesa. […] Chi di voi lo vuol per padre?
Qualora suppongasi non pertanto che la loro coltura diviene comune in un popolo, questa supposizione non può andare disgiunta dal sospetto della loro mediocrità, perocché abbandonate fra le mani del volgo o trattate da ingegni inferiori incapaci di sollevarsi fino a quell’altezza che richiede la loro natura, non può far di meno che non divengano triviali anch’esse, e che non contraggano la piccolezza e i pregiudizi di chi a dispetto pur di Minerva le vuol coltivare. […] [10] In siffatta povertà di espressione poetica e musicale cagionata non da vizio inerente al melodramma, ma dagli abusi accidentalmente introdottivi, il gusto, che vuol pur trovare un compenso ne’ suoi piaceri, va riponendo l’essenziale in ciò ch’è meramente accessorio. […] I ridicoli loro più evidenti e più caricati che è lo stesso che dire più acconci a piegarsi sotto la mano di chi vuol imitarli. […] Vorrei che fosse di mezzo carattere (lo che in sostanza vuol dire che non abbia alcuno) che facesse piangere e ridere allo stesso tempo, che il giocoso entrasse in una lega che mai non ha avuta col patetico, che ad un’aria appassionata tenesse dietro una di trambusto, e che aprisse campo di mostrar la sua abilità alla virtuosa Pelosini, che spicca nel tenero e virtuoso Gnaccharelli, che sostiene la parte di buffo per eccellenza.
Nelle commedie Italiane del XVII secolo si vuol fare la medesima distinzione del precedente in erudite e in buffonesche ed oscene destinate al divertimento del volgo. […] Or si può senza biasimo da chi vuol ragionar di teatro negligentare la notizia di queste produzioni non ignobili, delle quali gli autori o bene scarso tributo pagarono al mal gusto che giva infettando l’eloquenza, o pur felicemente se ne guardarono? […] Il primo a vederla è il figliuolo che prevedendo di dovere il di lei arrivo far che egli debba fuggire dal rigore del padre giustamente sdegnato, piangendo le manifesta la sua colpa, e vuol partirsi disperato quando ella non voglia impietosita dare a credere al marito che la giovane che è in casa sia appunto la perduta sua figliuola. […] Il Canonico Carlo Celano nato in Napoli nel 1617 e morto nel 1693, col nome di Ettore Calcolona tradusse con libertà e rettificò varie commedie Spagnuole, come può osservarsi nelle sue date alla luce più volte in Napoli ed in Roma, l’Ardito vergognoso, Chi tutto vuol tutto perde, la Forza del sangue, l’Infanta villana, la Zingaretta di Madrid, Proteggere l’inimico, il Consigliere del suo male ecc.
Imperocché ove le cose non hanno altro interesse se non quello che nasce da passaggiero e insignificante divertimento, la misura della lor perfezione altra appunto non è che il capriccio di chi vuol divertirsene. […] «Si vuol sapere s’un regno è ben governato e se i costumi di coloro che l’abitano sono buoni o cattivi? […] «Ἰλιὼ δʹ αὐτε προσεενπε φιλομμειδὴς Ἀφροδίτη» [14] Se vuol esprimere in questo verso «Ἠῖονες βοόωσιν ἐρευγομένης ἁλὸς ἔξω» il muggito del mare allorché percuote con impeto le rive, ei replica più volte la lettera “o” la più sonora di tutte e la più rappresentativa nel caso presente. Parimenti se vuol descrivere il galoppo de’ cavalli che traversano su e giù le cime del monte Ida, lo fa con evidenza tale che ti par quasi di sentirne il calpestio. […] dove col solo replicar molte volte quella vocale di suono oscuro e nasale, rappresenta ciò che vuol dire con più energia che da altri non farebbesi in una intiera scena.
Il 12 settembre il solito Paladini, che avrà già recitato il Bicchier d’acqua, trovandosi a Roma, scrive per sentire le pretese per far parte di una Compagnia semi-sedentaria (sic) che si vuol formare colà a cominciare dal 1842. […] E da Bologna, in data 18 maggio : …. la persona che ambirebbe avervi per cardine principale della Compagnia che vuol formare per Firenze, non escludendo una qualche scappata per poche recite nelle vicinanze e specialmente alla Villa del Sovrano a Poggio-Cajano, è pronta ad assicurarvi l’onorario sopra quella Banca che meglio vi piacerà di indicargli.
— [2.25ED] — Chi vuol troppo — rispose Aristotile — men conseguisce. [2.26ED] Ed io voglio questa volta dir qualche cosa contra i filosofi, perché tu conosca almeno da questo la mia ingenuità, parlando io contra una setta di uomini nel numero de’ quali o sono o almeno presumo che tu mi creda. [2.27ED] Ma tanti anni di esperienza e di vita mi hanno insegnato a non ostinarmi nelle opinioni. […] [4.116ED] Nelle azioni tragiche adunque vi vuol un’imitazione così perfetta che l’uditore non vi creda arte o finzione; e però bisogna star lontanissimi da ciò che olezza artificio, valendosi di un verso sciolto, lo qual somigli alla prosa, ed astenendosi dalle rime che troppo mettono in vista l’affettazione. […] [4.170ED] Imperocché, se la lingua italiana e vivente non è arrivata alla coltivazione della greca e della latina, come vuol giudicar della perfezione a cui può ella arrivare se non è giunta ad essere coltivata come le due precedenti e se la coltura la può far crescere di copia, di maturità e di bellezza? […] [5.104ED] Per altro, se l’impresario non è sì economo che pur non sia generoso; se il teatro è sufficientemente capace; se il mastro di cappella è de’ più accreditati e arrendevoli come il vostro chiarissimo Bononcino; se alcuni de’ fermati cantanti son rinomati; se l’orchestra si vuol copiosa e perfetta; se si vuol ordinare ad abil pittore una dicevole mutazione di scene; se il vestiario è, quanto almen basta, ben conservato e pomposo, ancorché non si voglia tra’ piè macchinista, imprendi pur con coraggio la tessitura del melodramma, purché, tralasciandosi l’uso delle macchine, pensi, la tua mercè, l’impresario a framezzare i tuo atti con qualche leggiadro balletto, e voi fortunati se qualche danzatore franzese vi dà per le mani, benché fosse de’ men pellegrini di questa ballerina nazione. […] La parabola si conclude con il Perseo in Samotracia (1709-1722) nella cui dedica M. afferma: «mal volentieri per me sopportarsi nella moderna tragedia gli amori tanto per la greca e per la latina abborriti, e ciò non solamente per l’esser noi sottoposti ad un soave giogo di legge, che nelle favole nostre maggior correzioni di costume ne impone, ma perciocché la grandezza di questo austero poema s’infievolisce e si effemina da passione la quale, dovunque allignar si lasci, rigogliosamente vuol sovrastare».
Non è impossibile; ma si vuol provare, altrimenti da un possibile rarissimo a cui ricorrete, si presumerà contro di voi, che asserite volontariamente cose non vere, per giugnere al vostro intento.
Pregevole nell’atto III è la scena in cui Telaira sorella di Filebo vuol renderlo avveduto della inverisimiglianza del racconto fattoli da Nerino.
Perdona alla scorbellata franchezza di chi ti vuol bene davvero.
E su di ciò si vuol riflettere che la commedia Italiana di tal tempo non pervenne all’insolenza della greca antica, a cagione de’ governi delle Italiche contrade assai differenti dall’Ateniese. […] Ed appunto nel cacciarla fuori (standovi Flavio dentro) sopraggiugne un creditore con gli sbirri, e la vuol torre in pegno. […] Il pudore poi richiesto ne’ moderni colti teatri vuol che si schivino gli amorazzi di Fulvia; come altresì le scene equivoche della natura di quella di Samia chiusa con Luscio119; poichè quivi il Dovizio imita anzi l’oscenità di qualche passo della Lisistrata di Aristofane, che la piacevolezza di Plauto. […] Il medico che stà in osservazione vede entrare questo mercatante in casa senza raffigurarlo, si dispera, vuol ire su a cogliere sul fatto la moglie, batte la porta, ma non essendo ravvisato dalla fante per essere nella guisa accennata travestito, è ingiuriato ed escluso. […] Egli poi tutto ardore vuol tirarle un anello in segno di volerla sposare, ed ella l’impedisce dicendo: Non gittate, non gittate che io l’accetto, e come mio ve lo ridono, acciocchè se a Dio piacerà mai che io possa, come vorrei, esser vostra, ne leghi eternamente ambedue; e tenete per certo, che ogni mio desiderio, ogni mio pensiero, ogni mia speranza è che voi o per serva, o per altra che mi vogliate, abbiate ad essere scudo dell’onor mio: questo vi basti: ricordatevi di me.
Viva e teatrale è parimente la scena seconda dell’atto V, in cui ella posta nel maggior rischio della sua vita sdegna di seguir Varo che vuol salvarla. […] Si dice, è vero, Au sacrificateur on cache la victime, ma intanto Ninia sa che la Madre è la rea, Nino l’accusa e vuol vendetta, ed invita il figlio alla sua tomba; or questi dee sapere qual sarà la vittima. […] É piacevole p. e. questa di Bajardo ferito che vuol tornare alla pugna e dice a’ soldati, Mort je puis vous guider, morto ancora posso condurvi; e quest’altra, in cui scoppiata la mina si dice di Avogaro e del Disertore morti entrambi nel sotterraneo, L’un & l’autre à la fois loin du palais en poudre, Ont vu leur corps épars emportés par la foudre. […] Osserva in seguito che Du-Bos varia dal primo racconto in qualche circostanza dicendo che i due figli di Avogadro furono giustiziati alcuni giorni dopo; ed anche di ciò vuol dubitare il Belloy per questa gran ragione che non sa d’ où il emprunte ce recit.
Cesare (dice il legato) vuol essere amico di Catone, proponetene il prezzo e le condizioni. […] Il sonno poi gli aggrava gli occhi, ed egli vuol prima soddisfare a questo bisogno del suo corpo, dicendo, Colpa o timore Sveglino altrui, Caton non gli conosce, A dormire o morire indifferente. […] Intende lo stato de’ genitori, si rallegra pensando che è in sua mano il sollevarli, ma vuol presentarsi loro alla prima come un forestiere raccomandato da Carlotta.
Benchè framischiato di qualche ornamento lirico, spicca per la tenerezza e pel patetico il lamento di Credulo che vuol morire per la durezza della sua ninfa. […] S. vuole aggiugnergliele ora, non so da che spirito mossa, oltre alla gran fatica ch’ella imprenderà a compire quattro canzonette colle circostanze richieste alle così fatte, le accrescerà bene il coro, ma le scemerà il decoro: e dico scemerà, e non leverà, per non dannare affatto l’uso di tutti quei poeti che alle loro il fanno ; e fra tali poeti si vuol ripore l’istesso Manfredi che il fece alla sua boschereccia.
Benchè frammischiato di qualche ornamento lirico, spicca per la tenerezza e pel patetico il lamento di Credulo che vuol morire per la durezza della sua ninfa. […] S. vuole aggiugnergliele ora, non so da che spirito mossa, oltre alla gran fatica ch’ella imprenderà a comporre quattro canzonette colle circostanze richieste alle così fatte, le accrescerà bene il coro, ma le scemerà il decoro; e dico scemerà, e non leverà, per non dannare affatto l’uso di tutti quei poeti che alle loro il fanno; e fra tali poeti si vuol riporre l’ istesso Manfredi che il fece alla sua boschereccia.
Siffatte analisi delicate della tenerezza, o se vuol dirsi alla francese, del sentimento, anche senza tanti pregi che adornano le di lui favole, avrebbero bastato a farle riuscire in Francia e nella corte di Luigi XIV che respirava per tutto amoreggiamenti anco in mezzo alle spedizioni militari. […] L’amore (è stato detto mille volte) perchè sia tragico vuol esser forte, impetuoso, disperato, dominante; e se è mediocre ed episodico, qual è quello d’ Ippolito, di Antioco, di Sifare e di Farace presso Racine, di Teseo, di Eraclio e di altri personaggi in Cornelio, della maggior parte de’ personaggi di Quinault, di Filottete in Voltaire, di Porzia e Marzia e Marco e Porzio e Sempronio e Giuba in Addisson, allora un amor simile è semplice galanterìa famigliare da bandirsi dalla vera tragedia.
Guai se invece di ausiliare vuol comparir prottetrice! […] Non deve infiorar il principio di un’aria per la stessa cagione che non s’infiora l’esordio di una orazione, cioè perché ivi è più che altrove necessaria la semplicità ad intender bene ciò che vuol dire il motivo, il quale mal si capirebbe travvisato dall’arte, e perché supponendosi gli uditori attenti abbastanza in principio, fa d’uopo riserbar i fiori per quel tempo ove la loro attenzione comincia ad illanguidire. […] V’è chi affretta a guisa di chi vuol galoppare, v’è chi mostra una milensaggine che vi par quasi debba convertirsi in ghiaccio prima di finire. […] Ora siccome la natura e la combinazione degli accennati elementi non è sempre la stessa nell’umano discorso, ma variano entrambe secondo l’indole e il grado delle passioni, essendo certo che l’andamento per esempio della malinconia è tardo e uniforme, quello dello sdegno rapido e precipitato, quello delle passioni composte disuguale e interrotto; così nel canto dovrebbesi in ciascuna cantilena variare il tempo, il movimento e il ritmo musicale secondo l’espressione delle parole, e la natura dell’affetto individuale che si vuol rappresentare; né passar si dovrebbe dai tuoni più piccoli e bassi ai più alti ed acuti, né discender poscia da questi agl’imi senza la debita graduazione e verità di rapporto. […] Quindi la sorpresa mista di sdegno colla quale uno straniero nuovo alle impressioni riguarda l’insulto che si vuol fare alla sua ragione dandogli ad intendere che i soli Italiani hanno colpito nel segno, e che ad essi unicamente appartiene il conservar il deposito della bellezza musicale; asserzione, che vien provata da loro esagerando i pregi di questo brillante spettacolo, ma che resta subito smentita dall’intimo sentimento di chi gli ascolta, poiché invece della sublime illusione che gli si prometteva, invece di trovar quel congegnamento mirabile di tutte le belle arti che dovrebbe pur essere il più nobil prodotto del genio, altro egli non vede nell’opera fuorché una moltitudine di personaggi vestiti all’eroica, i quali vengono, s’incontrano, tengono aperta la bocca per un quarto d’ora, e por partono senza che lo spettatore possa capire a qual fine ciò si faccia, riducendosi tutto, come l’universo nel sistema di Leibnitzio, a pure apparenze o prestigi.
Viva e teatrale è parimente la scena seconda dell’atto V, in cui ella posta nel maggior rischio della sua vita sdegna di seguir Varo che vuol salvarla. […] Nino l’accusa e vuol vendetta ed invita il figlio alla sua tomba; or questi dee saper qual sarà la vittima. […] È piacevole p. e. questa di Bajardo ferito che vuol tornare alla pugna, e dice a’ soldati: Mort je puis vous guider , morto ancora posso condurvi; e quest’altra, in cui scoppiata la mina, si dice di Avogadro e del Disertore morti entrambi nel sotterraneo. […] Osserva in seguito che Du-Bos varia dal primo racconto in qualche circostanza dicendo, che i due figli di Avogadro furono giustiziati alcuni giorni dopo ; ed anche di ciò vuol dubitare il Belloy per questa gran ragione che non sa d’où il emprunte ce recit . […] Bianca per provarglielo vuol giurarle fede di sposa in faccia al Crocifisso eh e è nella Cappella, aggiungendo che domani anderà a trovarlo.
Per dirsi che Agamennone nè vuol cedere Criseida, nè permettere che sia riscattata, si dice con proprietà castigliana ni cederla quiere ni redimirla .
Megara che incomincia a rispondere ad Anfitrione Quod nimis miseri volunt, Hoc facile credunt, inoltra una certa ruvidezza pedantesca che sparisce nelle parole di Metastasio, E poi quel che si vuol, presto si crede Dal Petrarca dallo Zeno, da’ Francesi ha saputo trarre qualche mele; e perché astenersene quando i moderni dipingono la bella natura al pari degli antichi? […] Pur vuol parlargli e all’appressarsi si sforza di far comparir nel suo volto la rigorosa maestà offesa. […] La sfera delle belle idee in materia di belle arti e essendo molto stretta fecondo che c’insegna Platone, di leggieri l’ingegno umano dà in un pensar fantastico e stravagante quando vuol di quella uscir fuori; é perciò reputasi cosa lodevole e necessaria le imitar i migliori tratti di que’ sagri Ingegni che nelle loro opere seguitando più dappresso la bella natura, han saputo contenersi nella sfera del bello.