Poteva la Corticelli, a detta del Bartoli, aver luogo fra le più belle e meritevoli comiche che calcassero allora con bravura i teatri.
« Fu un celebre pulcinella, che fece volare il suo spirito sui teatri di Napoli, e che passò all’altra vita circa il 1730. » Così il Bartoli.
Quanto al fine si è già veduto nel volume I che gli antichi avendo bisogno per la vastità de’ loro teatri di accrescere la voce, e di avvicinare il personaggio al numerosissimo uditorio, vi provvidero colle maschere. Non così i moderni che hanno piccioli teatri, e non ricorsero alle maschere se non per muovere il riso con una figura caricata.
Quanto al fine si è già veduto nel volume I che gli antichi avendo bisogno per la vastità de’ loro teatri di accrescere la voce e di avvicinare il personaggio al numerosissimo uditorio, vi provvidero colle maschere. Non così i moderni che hanno piccioli teatri, e non ricorsero alle maschere se non per muovere il riso con una figura caricata.
Brava comica napolitana, che recitò nel carattere di prima donna con assiduo impegno, divenendo un oggetto di piacere sui teatri del Regno e d’altre Provincie.
Ricci Anna, bolognese « figliuola — dice il Bartoli, di Paolo Ricci, accademico recitante, — che ne' privati teatri di Bologna fece per alcuni anni un’ottima comparsa. » Entrò con lui in arte, sostenendovi le parti d’ingenua ; e di lei dice ancora il Bartoli che « nelle cose dove la tenerezza affettuosamente compeggi, a meraviglia riuscì. » Si recò dopo di aver vagato in compagnie di giro, in Napoli, ov'era nel 1782 ; passò poi al ruolo di Donna seria, ammiratissima.
Dopo di avere trionfalmente percorso tutti i teatri della Sicilia, si recò a Napoli al S.
) pubblica una patente del Duca Ferdinando in data 3 aprile 1680, colla quale si nominava virtuosa di camera, Apollonia fu Lauro Bertani, nostra suddita, cantante già in diversi teatri ; e altra in data 24 ottobre 1683, così concepita : avendo concesso il nostro genitore al fu Lauro Bertani comico e dopo lui ai suoi figli la facoltà di noleggiar sacchi in questa nostra città in ragione di un soldo per sacco al giorno, confermo ai figli Apolonia e Antonio, vita loro durante, tale privilegio.
Di lui, attore in Compagnia Vestri e Venier, scrisse il Giornaletto ragionato dei teatri del 1821 : Partito da Firenze sua patria, immaginò in Lombardia un nuovo ridicolo personaggio, cui diede il nome di Stentarello, che quantunque in lui non male accolto dal pubblico, tuttavia non fu da altri poi ricopiato.
Schiavoni Antonio, nato a Roma il 1846 e suicidatosi a Rosario di Santa Fè il novembre del 1889, fu attore di grande impulso, se non di grande finezza, illustratore non ispregevole delle opere più conosciute di Shakspeare ne' teatri di secondo ordine.
Francesco Bartoli ha per l’Androux parole di encomio, da quando era col Lapy ; il giornale dei teatri di Venezia del ’96 ha di lui : « col Ruggero nelle Lagrime d’una vedova e col Saggio nella Lauretta di Gonzales, si assicurò sempre più la fama di buon comico.
Fu con Antonio Marchesini ; poi, a Malta, con Maria Grandi ; poi a Napoli (nel 1774 era al San Carlino, con Teresa Martorini, probabilmente la moglie, e firmava, insieme a' suoi compagni, con a capo Don Tomaso Tomeo, una supplica al Re per ottenere che fosse attenuata la gran concorrenza che avevan ne' teatri Nuovo e Fiorentini) (V.
Nata il 1777, e sposa a un Ristori comico, legato forse in parentela col precedente, fu artista drammatica di grande valore per le parti di prima donna così nella tragedia, come nel dramma e nella commedia, e il piccolo Giornale de' teatri (Venezia, 1820) ha per lei parole di moltissima lode.
Fu detto ch’egli era giureconsulto innanzi di darsi alle scene ; ma il Perrucci nella sua arte rappresentativa dice in proposito : « in Napoli ci sogliamo servire della Parte di Pulcinella, personaggio non già inventato da un giurisconsulto, che si diede a farlo su i pubblici teatri, chiamato Andrea Ciuccio, come sognò l’Abbate Pacicchelli ; ma da un comediante detto Silvio Fiorillo, che si facea chiamare il Capitan Mattamoros : è vero che poi vi aggiunse con lo studio e la grazia naturale, perfezione Andrea Calcese, detto Ciuccio per soprannome, sartore e non tribunalista, come è noto a tutti coloro che ancora se ne ricordano, essendo morto nel passato contagio del ’56. » Il Bartoli poi alla sua volta, cita contro quella del Perrucci l’asserzione di Bernardo de’ Dominici, che nel Tomo III delle sue Vite de’ Pittori napolitani (pag. 87) afferma essere stato il Calcese giureconsulto.
Il Giornale dei teatri di Venezia (vol.
Il Giornale de’ teatri (Teatro applaudito, ecc., vol.
Nonostante il divieto del padre, uomo di austerità singolare, e schiettamente e profondamente religioso (tre altri figli datisi agli studi ecclesiastici, coprironto alte cariche nel clero), frequentando nascostamente i teatri, fu preso d’amore per l’attrice Adelaide Pasquali, figlia di un ex-capitano contabile di Napoleone, poi capocomico, e di Annetta Verolti ; e fuggito dalla casa paterna per entrar nella Compagnia del futuro suocero, si diede con tanto amore all’arte che potè riuscrire brillante prima, poi caratterista non de’peggiori, al fianco de’grandi artisti del tempo, Ventura, Monti, Pertica, Taddei, Vestri, Marchionni, Pelandi, Internari e Vergnano.
Era secondo nell’ elenco, e dice il Giornale de’ teatri che si distinse colla parte di Rodolfo (primo innamorato) nel Ladislao, fisedia (?)
Entrambi lasciaron la Compagnia Andolfati subito dopo la stagion di quaresima, stabilito avendo piuttosto – scrive il Giornale de’ teatri pel 1820 – di vivere in seno della loro patria, che avventurarsi a nuove disastrose vicende, cui andò soggetta la compagnia stessa nella scorsa quaresima, e che ora partì per Trieste.
Lungo tempo in Grecia e in Italia si diedero gli spettacoli scenici in teatri aperti e senza tetto in piazze spaziosissime, dove la voce naturale degli attori dissipata per l’aria aperta male avrebbe soddisfatto al gran concorso senza un mezzo artificiale di communicarla e distenderla. […] Nè poi questa maschera di tutto il capo rimase inutile allorchè si costruirono i teatri chiusi, come quelli di Corinto e di Atene fatti a spese di Erode Attico, e gli altri de’ Romani; poichè in quel tempo ancora l’uditorio rimaneva allo scoperto, e que’ teatri erano così vasti e magnifici che potevano agiatamente contenere quale venti, quale trenta e quale quarantamila persone; per non parlare di quello di M.
Lungo tempo in Grecia e in Italia si diedero gli spettacoli scenici in teatri aperti e senza tetto in piazze spaziosissime, ne’ quali la voce naturale degli attori dissipata per l’aria aperta male avrebbe soddisfatto al gran concorso senza un mezzo artificiale di comunicarla e distenderla. […] Nè poi questa maschera di tutto il capo rimase inutile allorchè si costruirono i teatri chiusi, come quelli di Corinto e di Atene fatti a spese di Erode Attico, e gli altri de’ Romani; perchè in quel tempo ancora l’uditorio rimaneva allo scoperto, e que’ teatri erano così vasti e magnifici che potevano agiatamente contenere qual venti, qual trenta e quale quarantamila persone, per non parlare di quello di M.
Il medesimo architetto sotto la direzione del marchese Maffei eresse il teatro di Verona, che senza dubbio ha diversi vantaggi sopra molti teatri moderni. […] Uno de’ famosi teatri italiani è il Reale di Torino edificato nel 1740 dal conte Benedetto Alfieri. […] L’ antico teatro di Marcello che in parte sussiste ancora, dicono gl’ intelligenti, nulla ha influito nella costruzzione de’ moderni teatri Romani. […] Ma il Real teatro di San Carlo costruito col disegno del brigadiere Giovanni Metrano nel 1737, edifizio magnifico in soli sei mesi fatto eseguire per l’attività di Angelo Carasale, dopo tanti teatri eretti in Europa nel nostro secolo conserva ancora sopra tutti il primato. […] I difetti notati ne’ più gran teatri moderni mostrano la difficoltà della soluzione del problema, far un teatro che compiutamente soddisfaccia a i due sostanziali oggetti, comoda veduta e conservazione della voce nell’interiore del teatro.
Ma toltosi dalle principali compagnie, la sua rinomanza si arrestò come d’un tratto, ed egli dovette contentarsi di percorrere con compagnie modeste, per quanto decorose, i teatri di minor conto.
Tra le grandi greche invenzioni si é quella de’ teatri, perché ponendosi in iscena il vizio, si preferita più orroroso. […] La passione pe’ teatri ella é più ardente oggi- giorno, che non l’é stata giammai. […] Altri ben si son dati la briga di riandare i muffi avanzi dell’antichità, e ci han data la storia del teatro greco e latino; ed altri han circoscritte le loro fatiche ne’ soli teatri della propria nazion di ciascuno. Ma il nostro autore dotato di uno spirito più intraprendente e generale, e di assai più vaste mire, ha raccolti insieme sotto un medesimo punto di vista non che il teatro italiano, ma i teatri tutti di tutti i secoli e di tutte le nazioni del mondo.
Essa fu di bella presenza e di graziosa avvenenza fornita, quindi è che i pregi suoi naturali uniti ai meriti della propria virtù la resero piacevolissimo spettacolo sui teatri…. !!
Attrice coscienziosa, ricca di sentimento e d’intelligenza, ottime doti non mai discompagnate da una gentile modestia, percorse i principali teatri d’ Italia e dell’ estero, al fianco de' più famosi artisti, quali la Fumagalli, la Cazzola, la Sadowski, i fratelli Salvini, Taddei, i due Rossi, ecc.
[commento_1.3] teatri da prezzo: teatri impresariali, dove per entrare si pagava un biglietto. […] Pygmalion: il balletto Pygmalion fu intonato da Jean-Philippe Rameau e rappresentato per la prima volta il 27 agosto 1748 all’Académie royale de musique di Parigi, su testo di Antoine Houdar de La Motte Delle scene [commento_5.1] Canziani: Giuseppe Canziani fu un noto ballerino e coreografo attivo in diversi teatri in Italia e all’estero nella seconda metà del Settecento; è oggetto di critiche presso i contemporanei perché realizzava grandi balli storici scissi dall’azione del dramma all’interno del quale erano rappresentati. […] Del teatro [commento_6.2] Nota alla nota d’autore n. 18: Vitruvio, De architectura, V, 5: «In base a questi motivi e a calcoli matematici, si devono costruire dei vasi di bronzo proporzionati alle misure del teatro…Qualcuno potrebbe obiettare che ogni anno vengono costruiti a Roma molti teatri che non seguono alcuna di queste regole, ma sbaglia non considerando che tutti i teatri pubblici in legno hanno molte impalcature in legno che devono necessariamente vibrare…Quando invece i teatri sono costruiti con materiali solidi come muratura, pietra o marmo, che non possono vibrare, allora è necessario ricorrere ai vasi di bronzo.» […] Dal Pozzo: Girolamo Dal Pozzo (Verona, 1718-1800), architetto e pittore, progettò il teatro dell’Accademia Filarmonica di Verona; i disegni di cui parla Algarotti sono probabilmente conservati nella Biblioteca civica di Verona assieme a un trattato inedito Della forma delli teatri antichi, romano e greco.
Ebbe i suoi principj ne’ teatri di Firenze, esercitandosi assai bene nel carattere d’innamorato.
Così duraron qualche anno ancora, studiando accanitamente, sfogandosi in crear parti di grande rilievo, e guitteggiando pei teatri delle Marche e dell’ Umbria, fino a che gli omai valenti artisti, saliti a grado a grado in rinomanza, condussero e diressero essi stessi una compagnia ricca di ottimi elementi, della quale era lei prima donna applauditissima e nelle commedie scritte e in quelle improvvise, e nelle parti comiche e in quelle tragiche ; e lui primo amoroso e incomparabile Arlecchino.
, 286) aggiunge in nota : « La cosa è chiara perchè, precisamente a quest’epoca, Venezia ammirava nei teatri di S.
Esercitatosi co’filodrammatici della città natale, passò a recitar sui pubblici teatri, sostenendovi la parte d’innamorato, in cui riuscì, nelle commedie premeditate e all’improvviso, sufficientemente.
Sopraintendenza de teatri ridusse di metà la dote di ottomila ducati annui.
II, pag. 239) alla novella gioventù « perchè collo studio e colle osservazioni trascurate dalla maggior parte dei loro predecessori, facciano rivivere e perpetuino sulla scena italiana il senno di Pianca Paganini, la dignità di Petronio Zanerini, le grazie comiche d’Asprucci, e la versatilità sorprendente di Demarini, la verità di Pertica, la pura dizione di Vestri, e rigettando la chimera delle tradizioni, recitino colla propria anima, e abbiano per norma i precetti dell’arte, e per modello la natura. » Lo troviamo gli anni comici 1795-96-97, brillante nella Compagnia del truffaldino Luigi Perelli, al fianco del famoso Zanerini, e dell’Angela Bruni : poi, l’anno 1797-98, in quella di Carlo Battaglia e compagni con Salvatore Fabbrichesi, e nel 1800-1801 in quella di Angelo Venier e compagni, in cui recita per la prima volta le parti di caratterista : è anche la prima volta che il giornale dei teatri di Venezia si occupa di lui
Tolgo dal Campardon la seguente quartina, pubblicata in suo onore nel Calendario storico dei teatri del 1751 : Le fameux docteur Benozzi nous instruit en nous faisant rire ; c’est la bonne façon d’instruire mais elle n’appartient qu’à lui.
No, che non vide mai Roma nè Atene tanto valore ne’ teatri suoi ; tu risi e pianti ; tu diletti e pene, se in te li fingi, li commovi in noi.
Ormai i suoi due teatri eran l’ Alfieri di Firenze l’inverno, e l’ Arena di Montecatini l’estate, ove si recava già da tempo, anche per la sua salute assai malferma, e ove si gloriava dell’assiduità di Giuseppe Verdi alle sue rappresentazioni.
Recitò con molto spirito sotto la maschera di Tabarrino, prima con accademici nel Teatro Malvezzi, poi con comici in altri teatri della sua patria ed in quello del marchese Rangoni di Modena.
Commedie: Opera in musica: Attori accademici ed istrioni e rappresentazioni regie: teatri materiali. […] Cominciò da prima a coltivarsi il dramma musicale nelle case private de’ gentiluomini, indi passò su’ teatri. […] Nè tra’ giullari e ministrieri che cantavano per le case de’ signori, nè tra’ buffoni che in qualunque modo, secondo Albertin Mussato, cantarono su’ teatri dell’Italia, si vide mescolata cotal genia. […] Ed oggi singolarmente che i teatri trovansi tanto lontani dall’antica solidità e magnificenza, non è picciol vanto per l’ Italia e per lo stato di Parma il potere additare un teatro tanto magnifico e poco lontano dalla maniera antica, specialmente agli stranieri avvezzi a’ loro teatri assai meschini. […] Gli altri teatri Veneti per lo più inalzati sopra rovine di antichi edifizj, appartengono parimente al secolo XVII (a riserba di quello di San Benedetto); ma niuno di essi sembra degno di sì cospicua città, la quale può gloriarsi di aver prima di ogni altra avuti teatri costruiti a norma del compasso immortale de’ Palladj e de’ Sansovini.
I precedenti fatti principali, variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi, e de’ gradi di coltura, compongono la storia de’ teatri di tutta la terra. […] Girano per questo istancabilmente i commedianti cinesi di casa in casa, inalzano in un attimo i loro teatri portatili, e recitano ne’ cortili, o nelle piazze.
Nel 1780 cominciò a uscir di Firenze, sotto la protezione di Pietro Leopoldo, con privilegio di occupar egli solo con la sua comica compagnia i teatri varj della Toscana ; e lo vediamo l’autunno di quell’anno a Livorno, ove per l’apertura del Teatro di San Sebastiano fu composto un prologo (Livorno, Falorni), che finisce con queste parole di Minerva volta alla Compagnia schierata in sulla scena : ….. scendete O miei figli scendete ; eccovi aperto Vasto campo al valor ; dell’arti mie Fate qui prova ; Io non vi guido al varco D' incognita region ; del patrio Mare Rivedete le sponde ; in ogni volto Distinguete la gioia ; in voi si scorga Un’umiltà non vile ; assai decente Abbia lo scherzo il suo confin ; il gesto Non si avanzi di troppo, il fasto improprio Nel vestir non deformi Il carattere altrui ; fate che sia Esatta ognor l’esecuzion, ma prima, Lungi dall’adularvi Fate che ognor risulti Ad eterna memoria, Dall’altrui perdonar la vostra Gloria ; Solo pregio del terreno Non è il darne il frutto, o il fiore Pregio è pure del calore Dell’umore È pur mercè.
Stette poscia con Teresa Mariani un anno, e un triennio con Di Lorenzo-Andò ; dopo il quale formò società con Irma Gramatica e Oreste Calabresi ; società che dura da quattro anni, e in cui s’andò egli acquistando la fama di direttore forte e intelligente : accresciuta oggi (1904) coll’allestimento della tragedia La figlia di Jorio di Gabriele D'Annunzio, che va scorrendo trionfalmente i teatri d’Italia.
Allora il Colonnesi pensò di accogliere in compagnia Geminiano Lustrini, egregio padre nobile e tiranno, Antonio Pavoni, ottimo caratterista, ed altri valenti artisti, coi quali potè percorrere i principali teatri d’ Italia.
E di quei giorni, in cui artisti ed autori, veri autori e veri artisti, pareano spuntare dal suolo, in cui la febbre dell’arte, la curiosità d’ogni artistico evento affollava i teatri, rendeva secondi i confrontie le gare di quei giorni, una luce avvolgeva ancora la Giagnoni : cosi la sua mirabile artistica natura s’era venuta via via formando alle perfezioni di un’arte, che non già sostituiva al convenzionalismo antico un altro convenzionalismo più melenso e più povero, mache assorgeva dalle raffinatezze e dalle delicatezze più squisite del gusto e della modernità alle energie, agli impeti, alle lagrime della passione, alle grazie della comicità più festiva, ai fascini di un’idealità che si rispecchia nel vero.
Egli, il Fabbrichesi, aveva lo stipendio annuo di 50,000 franchi ; il diritto di aumentare il prezzo dei palchi e del biglietto d’ingresso, e quello di andar colla compagnia ne’varj teatri comunali del regno, senza pagar affitto di sorta. […] Sopraintendenza dei teatri e spettacoli, e presso il Ministro dell’interno, affinchè nessun’altro vi prevenga ; ed io godrò d’ogni vostro bene, come artista e come impresario. – Onorevole risposta, per chi la diede, e per chi la ricevè !
Mentr'era col Raftopulo a Venezia il 1821, il Giornale de' teatri scrisse di lui che non avea voce adattata al rango che sosteneva ; che mancava di gesto tragico, e si dimostrava sempre truce ne' suoi atti, quand’anche l’uopo nol richiedesse….
Oltre de’ teatri di Siracusa e di Agira, abbiamo con qualche particolarità rammentato altrove* quelli di Palermo, di Agrigento, di Catania, di Messina, di Segesta, di Taormina. Similmente degni sono di ricordarsi i teatri di Taranto, di Crotone, di Reggio e di altre città della Magna Grecia. E soprattutti memorabili sono gli antichi teatri di Capua, di Nola, di Pozzuoli, di Minturno, di Pesto, di Pompei, di Erculano e di Napoli. […] Al Capo X, pag. 301, lin. 22, dopo le parole, qui rammemorare i teatri di quell’isola, si cancelli dalla lin. 22 alla 4 della pag. 302, e si sostituisea quanto segue.
Non ostante il numero e la magnificenza de’ teatri e gli onori e le ricchezze prostituite agl’istrioni, vuolsi raffigurare ne’ tempi di mezzo il voto della storia teatrale, quando la drammatica più non contò scrittore veruno Greco o Latino che meritasse di passare a’ posteri. […] Da quanto abbiamo in questo capo ragionato, si deduce che il principio del vuoto della storia teatrale si trova a’ tenpi de’ Tiberii, de’ Caligoli e degli altri imperiosi despoti, i quali fecero ammutolire i poeti, spaventandoli con diffidenze e crudeltà, e furono cagione che i teatri risonassero unicamente di buffonerie e laidezze, per le quali ci bisogna più impudenza che ingegno. Sorse poscia il Cristianesimo, e col divenire la religione dell’Imperio, intimò la guerra a qualsivoglia superstizione della gentilità, e conseguentemente ai teatri consecrati alle divinità pagane. […] Così ci avvezzammo a detestare indistintamente i teatri, e per fuggirne gli abusi ci privammo ancor de’ vantaggi: a somiglianza di quegl’impazienti matti coltivatori, i quali in vece di potare e recidere i rami lussureggianti, che fanno ombra inutile e perniciosa, danno al tronco e alle radici degli alberi, e privansi per sempre de’ loro frutti.
Mi contenterò intanto di narrare più pienamente di quel che altra volta non feci, gli sforzi fatti sino a questi tempi ne’ paesi conosciuti per dipignere su’ teatri ora grandi sconcerti ora picciole ridevoli avventure. E giacchè con non isperata benignità accolse il pubblico il saggio che ne diedi l’anno 1777 nella Storia critica de’ teatri in un sol volume in ottavo, ho voluto, invece di riprodurla quale allora la pubblicai (come diverse volte ne venni gentilmente invitato dalla Società tipografica di Nizza, e da qualche librajo Veneziano e Napoletano), rifonderla ed ampliarla non di parole ma di nuove cose comprese in cinque volumi oltre di un’ appendice. […] Non ho poi voluto defraudare il pubblico delle Note apposte alla prima storia de’ teatri dall’eruditissimo Professore di Eloquenza Italiana e di Storia nella R. […] (*) V. la di lui prefazione alla ristampa di tutte le sue opere, dove nel tempo stesso si abbassa a riprendere sette o otto voci da me usate nella Storia de’ teatri del 1777.
Ci fu persino (e fra questi il Duca di Ventignano, soprintendente de’ reali teatri) chi lo giudicò un nuovo De Marini.
Fortunatamente s’arrivò alla fine del ’49 ; e i teatri, a Torino, davan da vivere a tutti.
L’ho incontrata parecchie volte in corridoi di teatri, o d’ avanti a un « botteghino, » o avviantesi, passo passo, lungo i muri, alla piazzetta Tagliavia dove, a casa di Aniello Balzano, Pulcinella alla Fenice, avea un lettuccio per carità.
Altre opere possono parimente rammentarsi di non meno varia fortuna; ma ad accezione di alcune che ne accenneremo nel parlar del Vaudeville e de’ teatri materiali francesi, abbandoneremo tutto il resto all’obblio che le ricopre. […] Simili componimenti rappresentansi parimente in altri teatri. […] Ne’ teatri Feydeau e Favart concorrevano in folla gli spettatori alle opere comiche che vi si rappresentano sovente con decorazioni dispendiose. Oltre de’ teatri nominati della Capitale altri ne ha la Francia ne’ dipartimenti. […] Lione ha un teatro grande sopra tutti i teatri francesi dove compariscono componimenti recitati e musicali.
Tuttavolta per non interrompere la serie de’ teatri dell’Europa, parleremo innanzi altro del peruviano. […] In effetto non vi si trascurano le arti di necessità, di comodo, e di lusso, fabbricandovisi particolarmente per eccellenza quadri e stoffe di penne, antichi lavori messicani, non mai più da veruno imitati: vi si eseguiscono con destrezza tutti gli esercizi ginnici spagnuoli, come corse di tori, e giuochi di canne: vi si fanno combattimenti navali sul gran fiume che bagna la città: vi si formano alcuni castelli di legno coperti di tela dipinta, e se ne imprende l’assedio, e si difendono: e finalmente vi si coltiva la pittura, la danza, e la musica, e vi si trovano teatri.
Il ’97 egli non si chiama più arlecchino ma Truffaldino, e il Giornale dei teatri di Venezia dice di lui : Se al merito singolare di questo insigne attore accoppiate si fossero alcune felici combinazioni teatrali, egli solo sarebbe bastato per far riempiere ogni sera dai più intelligenti dell’arte, non che dal popolo, il vasto teatro in cui recitava.
E molto più saria mestieri che dagli odierni pittori seguite fossero le tracce di un San Gallo e di un Peruzzi, perché ne’ nostri teatri il tempio di Giove o di Marte non avesse sembianza della chiesa del Gesù, una piazza di Cartagine non si vedesse architettata alla gotica, perché in somma nelle scene si trovasse col pittoresco unito insieme il decoro e il costume. […] Né altrimenti esser poteva; perché essendo sì innalzati in quella medesima età per dare ricetto all’opera tanti nuovi teatri, è necessariamente avvenuto che abbia posto lo studio nel dipinger le scene un assai maggior numero d’ingegni che fatto non avea per lo addietro. […] Nelle forme di essi e ne’ sobri ornamenti che ricevono da’ colossi e dalle sfingi onde sono accompagnati, spicca singolarmente la maniera terribile e, se vogliamo cosi chiamarla, michelagnolesca, la qual potrebbe anche talvolta con buonissimo effetto mostrarsi sugli teatri.
Cominciò da prima a coltivarsi il dramma musicale nelle case private de’ gentiluomini, indi passò su’ teatri. […] Gli eunuchi si sono perpetuati, e ad onta della ragione e del buon senno non solo nella China, nella Turchia e nella Persia, dall’abjezione della schiavitù più umiliante passano a’ posti ragguardevoli non solo nella decadenza dell’Impero molti di essi divennero consoli e generali, come i Narseti, i Rufini, gli Eutropii: ma noi, noi stessi gli ascoltiamo gorgheggiare nelle chiese, e rappresentar da Alessandro e da Cesare ne’ nostri teatri. […] Nè tra’ giullari e ministrieri che cantavano per le case de’ signori, nè tra’ buffoni che in qualunque modo, secondo Albertin Mussato, cantarono su’ teatri d’Italia, si vide mescolata cotal genia. […] Possiamo dunque con molta probabilità affermare che almeno sino a i primi dieci anni del secolo XVII i teatri italiani non risonarono delle note di siffatti cigni infelici che mercano a si gran prezzo l’inutile acutezza della voce.
Dall’altra parte l’azione della musica è così viva ed intensa che mal potrebbe regger l’uomo alle squisitezze d’una melodia come è quella usata ne’ nostri teatri, se dovesse prolungarsi senza interruzion né respiro per i tre atti d’un dramma. […] Siccome la ricerca può sembrare curiosa e non del tutto aliena dallo scopo di quest’opera, così mi lusingo che non isgradiranno i lettori il trovar qui radunato sotto un punto dì vista quanto di più verosimile intorno a questo quesito può dirsi, il quale per altro resterà sempre oscuro a motivo delle poche notizie sicure che abbiamo intorno all’economia degli antichi teatri, e la natura intrinseca della loro musica. […] Dicono altresì che anche nei teatri scoperti l’argomento della voce relativamente all’immenso numero delle persone s’infievolisce di molto ogniqualvolta si voglia riflettere che essendo divisi i teatri in varie partizioni, in una delle quali si recitava la commedia, in altra la tragedia, in altra la pantomima, e in altra si tenevano combattimenti di fiere, o corse di cavalli, non era necessario che tutto il popolo godesse d’un solo spettacolo ma badando chi all’uno chi all’altro, restava appunto per ciascuno quel numero di persone sufficiente a poter sentire la voce degli attori. […] Gli è vero che si trovavano dei teatri coperti, ma in questi non si recitavano tragedie o commedie almeno nelle pubbliche feste e nelle grandi solennità; erano soltanto destinate ai divertimenti della musica lirica, e qualche volta vi concorrevano anche gli autori a provare i loro componimenti prima d’esporli al pubblico giudizio nei teatri grandi, come fecero tante volte Eschilo ed Euripide, Filemone e Menandro. […] Ma benché il genere appartenesse a quello della musica lirica, il canto nondimeno era uniforme, semplice e sedato somigliante alla nostra musica ecclesiastica, e lontano dai gorgheggi, trilli e volate che s’usano nell’arie dei teatri moderni, i quali non potrebbero ottenersi da un complesso di persone che cantano insieme.
Benedetto Croce (I teatri di Napoli.
La rinomanza sua era giunta a tale, che non gli occorreva più spedir l’ elenco della Compagnia a'vari teatri : il suo nome era più che sufficiente.
Tra Melodrammi che si fecero poi maggiormente ammirare ne’ teatri veneziani, fu quello intitolato la Divisione del Mondo, nel quale le decorazioni magnifiche e pompose chiamarono l’attenzione universale. […] Dall’altra parte gl’istrioni recitanti, per mezzo delle soprannomate maschere aveano tirato ne’ pubblici teatri tutta la plebe e le donne d’Italia.
I teatri d’Italia risonarono di versi. latini cantati sin dal secolo precedente. […] Se però verso l’anno 1300 erano comuni in Italia tali divertimenti ne’ teatri di qualunque specie si fossero, non dee dirsi che essi cominciassero nel 1304 allorchè nella Toscana fecesi la festa, in cui s’imitava l’inferno co’ demoni e dannati che gridavanoc.
I precedenti fatti principali variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi e de’ gradi di coltura, compongono la storia de’ teatri di tutta la terra. […] Girano perciò continuamente i commedianti Cinesi di casa in casa, innalzano in un attimo i loro teatri portatili, e recitano ne’ cortili o nelle piazze.
I teatri d’Italia risonarono di versi latini cantati sin dal secolo precedente. […] Se però verso l’anno 1300 erano comuni in Italia tali divertimenti ne’ teatri, di qualunque spezie si fussero, non dee dirsi che essi cominciassero nel 1304 allorchè nella Toscana fecesi la festa, in cui s’imitava l’inferno con i demonj e i dannati che gridavano28.
Il Mazzoni li ha illustrati con un elaborato studio, edito il 1891 dal Randi di Padova, col titolo : Appunti per la Storia de’ teatri padovani nella seconda metà del secolo XVIII. […] La Nina passa per amore, di Marsollier Des Vivetières, musicata nell’ ’89 dal Paisiello, poi tradotta pei teatri di prosa dall’attore Pietro Andolfati.
Dopo un anno, il padre formò compagnia per teatri di minor conto, e fu con quella a Smirne, ad Atene, nelle Isole Ionie, e nell’ Egitto, ove s’era finalmente domiciliato.
Il Saggio sopra l’opera in musica è dunque frutto di questo periodo di fervore intellettuale e nasce da una conoscenza diretta della messinscena operistica legata alla collaborazione con i teatri delle corti europee dove Algarotti aveva soggiornato. […] Ortes condivide anche alcune esperienze europee di Algarotti come la frequentazione dei teatri di Vienna e Berlino e la conoscenza del repertorio veneziano. […] L’intento dell’opuscolo è operativo, coniuga la conoscenza dello stato dell’arte con la pratica scrittoria e si avvale di un approccio pragmatico, che nasce dalla conoscenza della situazione reale dei teatri per musica e dalla necessità di soddisfare i gusti del pubblico più che da astratti disegni riformistici. […] Anche l’aggiunta, alla fine del trattato, di un paragrafo dedicato alla costruzione dei teatri e a problemi logistici, mostra la volontà di riformare nella sua interezza il mondo dello spettacolo operistico, a partire dal rapporto tra testo, musica, canto, ballo cui è dedicato un ampio spazio, fino alla soluzione dei problemi logistici e organizzativi. […] Un intero paragrafo, Del teatro, assente nelle redazioni precedenti, è aggiunto alla fine, prima della conclusione; tratta dell’architettura e della costruzione dei teatri d’opera.
Conosciuti col suo mezzo la Robotti, Tessero, Bucciotti, doventò in poco tempo creatura del palcoscenico ; e tanto lo prese amor dell’arte, che una bella notte, di nascosto della madre e del fratello maggiore, fuggì di casa per andare ad aggregarsi a una compagnia, che recitava a Dronero in una sala dell’ospedale ; e colla quale frequentò per oltre un anno teatri talvolta di quello assai peggiori. […] L'operosità, oserei dir mostruosa, di Rossi Mario arrivò a questo : egli ebbe in un’epoca a Genova quattro teatri : Le Peschiere, il Politeama, l’Apollo, e il Teatro di Sestri Ponente. […] Trasportata la salma a Firenze, ebbe quivi funerali sovrani, e si fecer ne'principali teatri d’Italia solenni commemorazioni.
In nessun’altra occasione, nemmeno negli infimi teatri, mi son mai trovato alle scene plateali ed ignobili cui si è costretti di assistere mettendo piedi in quella bolgia infernale.
Poi Majeroni, scritturato da Adelaide Ristori, fece il giro dei principali teatri d’ Europa.
Fratello di Elisabetta Catroli, nato verso il 1728, recitò ne' teatri di Venezia le parti di Innamorato, e fu cognominato Vitalbino, per la gran somiglianza ch'egli aveva nella recitazione con Antonio Vitalba.
E, se i precetti di lui si eseguiranno, i teatri diverrebbono onestissime scuole. […] Da che essa cominciò a comparire su’ teatri d’Europa, e a far sentire quel suo inudito, distintissimo, inimitabil gorgheggio, tutto divenne gorgheggio sopra i teatri. […] Ma questa medesima non potrebbe assegnare un’ ampiezza arbitraria ed enorme a’ suoi teatri. […] Questo è il mezzo più efficace di pervenire alla totale depurazione de’ nostri teatri. […] Croce, I teatri di Napoli [1891], ristampa di Milano, Adelphi, 1992, p. 273).
Lo spirito di rappresentazione che anima i Francesi, i gran modelli nazionali che riempiono le loro scene, il gusto di cui credonsi tutti con privilegio esclusivo in possesso, tutto ciò non basta ad obbligarli a volgere un solo sguardo alla meschinità de’ loro pubblici teatri. […] Soufflot, che è il più grande di tutti i teatri francesi.
Mirabilissima in particolare riuscì la di lei azione sempre che rappresentò ne’ nostri teatri la parte di Merope nella tragedia del Maffei.
Il Biancolelli scrisse grandissimo numero di produzioni in verso e in prosa, con e senza musica, ora solo, ora in società con Legrand, Riccoboni padre e figlio, e Romagnesi, così per l’Opéra comique, come pei teatri di provincia e pel Teatro italiano.
E alle lettere del Modena faccio seguire un brano di Giuseppe Costetti che tolgo da’ suoi lepidissimi Bozzetti di teatro (Bologna, Zanichelli, mdccclxxxi) : Del cinquanta, quando la rotta di Novara e i Francesi in Roma empivano di lagrime gli occhi d’Italia, la Compagnia Domeniconi correva i teatri della penisola.
Probabilmente egli assunse il nome di Florindo, lasciato dal suo concittadino, Domenico Antonio Parrino, innamorato anch’egli de’più egregi al servizio del Duca di Modena, che fu sui teatri oltre un trentennio, e lasciò alcune opere pregiate, fra cui, prima, l’Istoria dei Vicerè del Regno di Napoli.
I Precedenti fatti principali variamente modificati dalla diversità de’ costumi, de’ tempi e de’ gradi di coltura compongono la storia de’ teatri di tutta la terra. […] Girano perciò continuamente i commedianti Cinesi di casa in casa, innalzano in un attimo i loro teatri portatili, e recitano ne’ cortili o nelle piazze.
Fu Delia de le donne onore e lume, gloria del sposo suo, pompa del mondo, e dei teatri luminosa Aurora.
Maria Ignazia Ibañez già prima donna ne’ teatri di Madrid, morta alcuni mesi dopo, rappresentò non senza energia tanto la parte di Ormesinda, quanto quella della Contessa nel Sancio Garcia. […] Sussistono i teatri di Cadice e di Lisbona; e sento anche che in quest’ultima città nel 1793 siesi costruito un nuovo teatro aperto alle rappresentazioni dopo lo sgravamento di S.
Un paese sì vasto popolato e diviso in varii potentati, e dedito nel secolo XVIII a coltivar con tanto ardore la poesia teatrale, dee fuor di dubbio aver teatri materiali per numero, e per magnificenza convenienti al lustro di ciascuna città di primo ordine. […] I teatri dell’opera e della commedia nazionale di Praga superano in grandezza quelli di Vienna, e tutti poi cedono al teatro di Dresda. Meritano di mentovarsi anco i teatri di Monaco e di Amburgo.
Un paese sì vasto, sì popolato, sì diviso in varj principati, sì dedito in questo secolo a coltivare la poesia teatrale, dee fuor di dubbio aver teatri materiali per numero e per magnificenza conveniente al lustro di ciascuna città. […] I teatri dell’opera e della commedia nazionale di Praga superano in grandezza quelli di Vienna, e tutti poi cedono al teatro di Dresda. Meritano di mentovarsi anco i teatri di Monaco e di Amburgo.
Anzi se vorremo por mente come pochissimo travaglio ei sogliono darsi per la scelta del libretto, o sia dell’argomento, quasi niuno per la convenienza della musica colle parole, e niuno poi affatto per la verità nella maniera del cantare e del recitare, per il legame dei balli con l’azione, per il decoro nelle scene, e come si pecca persino nella costruzione de’ teatri, egli sarà assai facile a comprendere qualmente una scenica rappresentazione, che dovrebbe di sua natura esser tra tutte la più dilettevole, riesca cotanto insipida e noiosa.
Lontano fatalmente dalla famiglia, a cui non può mai pienamente sostituirsi nessuna amicizia, anche se rara e quasi favolosa come fu quella che tra molte ti sapesti meritare, tu muori, o amico, con l’amarezza nel cuore e il pianto negli occhi ; tu che eri avvezzo a sentirti sonare dintorno il vasto riso dei popolosi teatri, suscitato dalla tua comicità arguta e gentille.
« Alto e ben fatto, – dice il Dizionario dei teatri, – egli aveva la voce un po' sorda, e sembrava patir gran pena, allorchè aveva da dire un brano un po' lungo.
Non crediamo adunque che i pochi monumenti teatrali ritrovativi abbiano preceduto la drammatica del Vechio Mondo; ma per non interrompere la serie de’ teatri Europei, parleremo quì degli spettacoli scenici del l’America. […] Vi si eseguiscono poi con destrezza tutti gli esercizii ginnici spagnuoli, come corse di tori e giuochi di canne; si fanno combattimenti navali sul gran fiume che bagna la città; si formano castelli di legno coperti di tela dipinta, e se ne imprende l’assedio e la difesa; vi si esercita la pittura, la danza, la musica; e vi si trovano teatri.
Non crediamo adunque che i pochi monumenti teatrali ritrovativi abbiano preceduto la drammatica del Vecchio Mondo; ma per non interrompere poi la serie de’ teatri Europei, parleremo quì degli spettacoli scenici dell’America. […] Vi si eseguiscono poi con destrezza tutti gli esercizj ginnici Spagnuoli, come corse di tori e giuochi di canne: si fanno combattimenti navali sul gran fiume che bagna la citta: si formano castelli di legno coperti di tela dipinta, e se ne imprende l’assedio e la difesa: vi si esercita la pittura, la danza, la musica: e vi si trovano teatri.
Pria però che di lui si parli diamo uno sguardo allo stato de’ teatri francesi del tempo di Giovanni Mairet e di Rotrou e di Scudery, accennando una parte di ciò che ne disse ne’ suoi Dialoghi m.
Perciò quando l’Etruria sfoggiava con tante arti e con voluttuosi spettacoli, e quando la Grecia produceva copiosamente filosofi, poeti e oratori insigni, e risplendeva pe’ suoi teatri, Roma innalzava il campidoglio, edificava templi, strade, aquidotti, prendeva dall’aratro i dittatori, agguerriva la gioventù, batteva i Fidenati e i Vei, scacciava i Galli, trionfava de’ Sanniti, preparava i materiali per fabbricar le catene all’Etruria, alla Grecia, e a una gran parte del nostro emisfero.
I suoi pregi d’avvenenza, non meno che la sua abilità, la vanno sostenendo sui teatri con una mediocre fortuna. » Così Francesco Bartoli.
Egli è evidente però che nello stesso modo dei Greci consideriamo ancor noi la poesia e la musica; mentre ce ne serviamo com’essi nei templi, nei teatri, nelle case… e la stessa stima ch’ebbero i Greci dei drammi l’abbiamo anche noi.» […] Erano essi così persuasi che fossero una specie di rito religioso che per loro l’assistere a’ teatri era lo stesso che confessarsi tacitamente idolatra. […] Si vede esposta l’imagine di Gesù crocifisso sulle scene, o ne’ palchetti de’ nostri teatri? […] «Ma, replica egli con fortissima argomentazione, noi ce ne serviamo, com’essi nei templi, nei teatri, e nelle case ecc.» […] In luogo di ciò pianta fin da principio una proposizione in tutto differente, cioè che l’«abbondanza de’ teatri e la frequenta degli spettacoli provano l’avanzamento delle virtù politiche in un paese».
Dopoché tanti spettacoli scenici furono dalla campagna introdotti in Atene e in altre chiare città della grecia, si videro magnificamente rappresentati in vari superbissimi teatri, Oltre al primo già mentovato, eretto in Atene colla direzione di Eschilo dall’architetto Agatarco, del quale favella Vitruvio, vi fu ancora il famoso Teatro di Bacco, tutto di marmo, fatto dal celebre architetto Filone, del quale in fino ad oggi si veggono gli avanzi56. […] Il pensiero dell’erudito autore é brillante, a dir vero, ma non altro che brillante; e l’espressioni mentovate sono pure esagerazioni d’uno zelo virtuoso che aspira al miglioramento de’ teatri moderni, i quali in fatti esser dovrebbero le vere scuole pubbliche della gioventù. […] Chi desiderasse distinte notizie degli antichi teatri vegga Vitruvio, il Gallucci de Tragoed. et Comoed. […] IV, il cavalier Fontana nel suo Anfiteatro Flavio, e la dissertazione di Boindin sui teatri degli antichi nel tomo I delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi.
Vuole altresì con fondamento che il nominarsi versi recitati su’ teatri non sempre additi un’ azione drammatica. […] Cavalier Tiraboschi, cioè che siffatti misteri, ed i versi cantati su’ teatri dagl’ istrioni e giocolieri a que’ tempi, non meritino rigorosamente nome di vere azioni teatrali. […] Egli dovrebbe sapere, quanto tardi si fece el postrer duelo en España, di cui ogni dì risuonano gli stessi teatri di quella penisola; dovrebbe sapere ancora che sino al XVI secolo per estirpare le bizzarie della Cavalleria convenne al celebre Miguèl Cervantes prendere il partito di coprirla di ridicolo; ma ciò a parte. […] V. le Riflessioni istoriche e critiche del Riccoboni sopra i differenti teatri di Europa.
Non godè del medesimo favore l’autore della tragedia l’Amore e ’l Dovere ed ebbe la mortificazione di vederla rifiutata da’ direttori di ambi i teatri ed accolta con disprezzo poichè fu impressa. […] Di gusto e capacità somigliante sono gli altri due teatri. […] Tutti i teatri di Londra hanno accessorj commodi e nobili; benchè per questa parte trovansi in Europa più teatri che gli uguagliano ed alcuni che gli superano. Ma niun teatro del mondo ha pareggiati ch’io sappia non che superati i teatri di Londra in una decorazione altrove non più veduta, che dovrebbe accendere di bella invidia ogni nazione.
Declinando dal settentrione e dando uno sguardo a Costantinopoli ad oggetto di lasciar tutto l’ultimo tomo a’ teatri dell’Italia e delle Spagne, termineremo questo libro con un saggio de’ progressi della coltura della Turchia e della commedia che vi si rappresenta.
— I teatri di Napoli. […] — I teatri di Bologna. […] Teatro (il) moderno applaudito, ossia Raccolta di Commedie, tragedie, drammi e farse con aggiunta di notizie storiche, critiche, e del giornale dei teatri di Venezia.
Mi contenterò intanto di narrare più pienamente di quel che altra volta non feci, gli sforzi fatti sino a questi tempi ne’ paesi conosciuti per dipignere sui teatri ora grandi sconcerti ora picciole ridevoli avventure. E giacchè con non isperata benignità accolse il pubblico il saggio che ne diedi l’anno 1777 nella Storia critica de’ teatri in un sol volume in ottavo, ho voluto, in vece di riprodurla quale la prima volta la pubblicai (siccome diverse volte ne venni gentilmente invitato dalla società tipografica di Nizza e da alcuni libraj Veneziani e Napoletani) disonderla ed ampliarla in più volumia.
Gotsched chiama tali drammi precursori dell’opera italiana, perchè non seppe quante feste, serenate, cantate, pastorali e commedie su’ teatri d’Italia comparvero sin dal XV secolo e nel XVI, prima che l’Alemagna conoscesse i drammi cantanti dell’Ayrer.
Nella Spagna ecco quello che si osserva ciascun anno ne’ teatri di Madrid.
Forse ci è sempre stato, e forse si aggira anche adesso nei botteghini dei teatri a controllare gli incassi, o freme sulle rupi di carta rimesse in onore dai moderni drammi.
Si tratta di un amico, il quale interrogato dal Bartoli, gli dà notizie di teatri e attori del tempo.
Quest’attore si applicò quasi esclusivamente alle tragedie del grande Alfieri, e fu dei primi che le fece assaporare sui pubblici teatri, ed in queste sviluppava tutte le sue qualità fisiche e morali.