Lasciò inedite molte conferenze sulla letteratura drammatica delle varie nazioni, che rivelano la chiarezza del suo ingegno.
È un libriccino di dieci pagine in 12°, compreso il frontespizio, e contiene ventitrè scipitaggini, di cui ecco un esempio : A far parere molte persone senza testa Piglia sale armoniaco, sale gemma, e sale di canfora tanto dell’uno, quanto dell’ altro, & acqua vita di sette cotte ; fa fondere tutto insieme, & ongi con quello la candela di sevo, o di cera ; col chiaro di detta candela pareranno senza testa.
Fra le molte sue opere vanno annoverate come le migliori, l’Amore, e Lord Byron a Venezia, le quali, ricche di tutto il convenzionalismo teatrale, e di reminiscenze delle più belle opere altrui, brillarono come fuochi d’artificio, di luce effimera e smagliante.
L’Otello, rappresentazione d’argomento patrio, ne sia tra le altre di prova, il di cui buon esito devesi ripetere fuor di dubbio e dalle molte correzioni fatte al non perfetto originale, e dalla sfarzosa decorazione e dalla più accurata esecuzione.
Leontina Papà nella sua vita non breve di teatro ebbe momenti d’arte felicissimi, e molte lodi sincere, a volte entusiastiche.
Fra molte cose belle e gentili che improvvisò Felice Cavallotti sul feretro di lei, queste bellissime riferisco, le qualisintetizzano, come niuno potrebbe meglio, i grandi pregi dell’artista incantevole, squisita : Pierina Giagnoni era davvero una predestinata dell’arte.
Ella rivaleggiò con le maggiori artiste del suo tempo : a niuna seconda in nessun genere di parte, le superò tutte nella commedia, in cui, dice il Regli, era una potenza ; e aggiunge che : « Pamela nubile, Zelinda e Lindoro non ebbero più mai un’interpetre così fedele e così perfetta. » Ritiratasi dall’arte, andò a recitar co' filodrammatici a Vicenza, dove, a soli cinquantun’ anni trovò la più tragica fine. « Afflitta da molte sventure di famiglia, angosciata di cuore e alterata di mente, uscì di casa una mattina senza dire ove andasse, nè mai più fu veduta….
Scrisse molte commedie pel teatro italiano, fra cui alcune diventate di moda, come Coraline magicienne in 5 atti, Le Prince de Salerne in 5 atti, Les folies de Coraline in 5 atti, Les Deux sœurs rivales in 5 atti, etc., etc….
Oreste, Orosmane, Cintio, Aristodemo e molte altre furono da lui declamate con immenso successo. […] Egli teneva nella sua tavoletta di teatro scatolette con varj colori per dipingersi in modo che quando si presentava sulla scena molte volte il pubblico non lo riconosceva che al suono della voce.
Al terzo atto Cintio e Trivelino che appaiono i favoriti rivali delle due donne, son pronti a partire per la Fiandra ; Eularia riceve i complimenti di Cintio, ed esce seguita da lui ; e Diamantina risponde assai affabilmente alle molte carezze fattele da Trivelino.
– era una valente donna toscana, ma d’età non fresca, non capace nella commedia alla sprovveduta, e che aveva molte pretese di preminenze, e d’etichette, ma sopratutto quella d’un grosso onorario.
Francesco Bartoli che fu con lui cinque anni, e da lui si distaccò abbandonando le scene, lasciò, oltre alle molte parole di gratitudine, di lode e di augurio, il seguente ritratto, che ci dà chiara l’idea dell’artista e dell’uomo : È il Perelli un comico pronto nelle risposte, lepido ne'sali, arguto assieme e frizzante.
Rosmunda, Antigone, Sofonisba, Merope, Ottavia di Alfieri, alcuni drammi del Metastasio e del Federici, e molte commedie del Goldoni, del Nota, del Giraud ebbero in lei un’interprete valorosa : e Vittorio Alfieri, uditala a Firenze nell’Ottavia, volle conoscerla davvicino ; e le scrisse una lettera di lode, congratulandosi con lei del modo stupendo con che declamava i suoi versi, e della sovrana intelligenza ch'ella spiegava nell’interpretare con mirabile verità i diversi caratteri.
Nel luogo selvoso, ove era Populonia una delle dodeci principali città dell’Etruria, appajono molte vestigia di sì famosa città, e specialmente una porzione di un grande ansiteatro, che si congettura essere stato tutto di marmi: tralla Torre di san Vincenzo ed il promontorio dove era la nomata Populonia, veggonsi le reliquie di un altro anfiteatro, presso al quale giaceva un gran pezzo di marmo con lettere Etrusche: di un altro osservansi i rottami èfralle antichità della città di Volterraa Tralle antiche fabbriche Etrusche tuttavia esistenti vogliono ricordarsi quelle che ammiransi nelle rovine dell’antica Posidonia o Pesto nel Regno di Napoli. […] Mostrasi in Volterra una statua marmorea di Marte e molte urne di alabastro con grande artificio istoriate, nelle quali veggonsi incisi caratteri Etruschi, come ancora una statua di donna vestita con un fanciullino fasciato nelle braccia.
Voi senza saperlo dal vostro palcoscenico avete guarito molte malattie di fegato, molte dispepsie, moltissime ipocondrie.
Pietro Barsi ne fu uno de’migliori ornamenti ; e se bene a lui si potessero spesso rimproverare alcuni difetti di pronuncia e di cadenza che gli venivano dal paese natale, e fors’anche dalle Compagnie in cui militò più anni, non si potevano in lui non riconoscere molte e pregevoli qualità di artista, fra le quali, prima di tutte forse, lo studio del vero.
Rovesci di fortuna obbligaron la giovinetta a calcar le scene, e la maestra si recò il 1867 a posta da Torino a Milano per assistere all’esordir della sua allieva, che andava a sostituire a metà d’anno la Guendalina Dominici Scalpellini in quella celebrata Compagnia di Bellotti-Bon, nella quale ella salì poi al più alto grado dell’arte, ove seppe mantenersi anche dopo, alternando il ruolo di prima attrice assoluta colle sue creazioni di bimba, quali la Carolina nel Codicillo dello Zio Venanzio di Ferrari, la Ivonne nella Serafina di Sardou, la Celeste nell’Idillio Campestre di Marenco, la Silvia nella Famiglia pur di Marenco, la Ida nella Vita Nuova di Gherardi Del Testa, l’Emma nei Mariti di Torelli, ed altre molte, in cui non ebbe chi la superasse, nè chi la uguagliasse.
Francesco Riccoboni, che il Grimm assicura essere stato attore freddo e pretenzioso, compose un trattato : L'Art du théatre (Paris, MDCCL), pubblicato poi in italiano a Venezia da Bartolommeo Occhi nel MDCCLXII, e molte commedie sia da solo, sia in collaborazione con Dominique e Romagnesi.
Abbiamo molte testimonianze della sua arte e della sua bontà.
Merita il Fiorio molte lodi per i suoi meriti Teatrali, ed egualmente per la bontà de’suoi costumi, che lo palesano un Uomo onesto, un Marito amoroso, ed un Padre prudente. » Pubblicò il Fiorio a Venezia del ’91 le sue commedie in quattro volumi in-8° col titolo Trattenimenti teatrali ; i quali contengono : La nobil vendetta, Imelda e Bonifacio, Meleagro, Il sogno avverato, L’oppresso d’animo, felicitato (dal tedesco), Il Vincislao di Lituania, Ines de las Cisternas, I pazzi corretti, Un momento c’è per tutti, Alberto e Mastino secondo, Signori di Verona, Agnese di Bernaver, La vedova medico e filosofo, Sei piatti e nulla più (dal tedesco), Carlo Goldoni fra’comici, Il matrimonio di Carlo Goldoni, Introduzione comica.
L’anno del mille cinquecento novantaquattro, che fu il quatordicesimo dell’età mia, dopo lo avere passato per tutte le angustie e patito tutte le necessità, che la carestia universale (gravissimo flagello di Dio) così vivamente gli anni inanti fece sentire, intendendo che mio Padre si ritrovava in Firenze, essendo di ritorno di Sicilia e di Napoli ; esortato dal magnifico Adriano Riccardi (la bontà del quale di molte miserie in quella età mi sollevò) di andare a ritrovarlo ; chiesto licenza alla madre, dopo molte lagrime ottenutala, involto in un pelliccetto, ed un paro di sottocalze per le saccoccie, delle quali spingevo fuori le braccia, mandate a punto dallo stesso M. […] Ottenutolo, ed inteso da me quello che dimandavo, con la scorta d’una serva mi mandò sopra in un camerino dove trovai il Padre, col quale non occorsero molte parole, per dirgli ch’io fossi ; poi che in vedendomi, benchè non mi raffigurasse per figlio, sentendosi commuovere, gli vennero le lagrime a gli occhi ; ed accertatosi dell’esser mio, abbracciatomi e di li a poco fattomi vedere a’suoi compagni : date le sue sottocalze allo Speziale, e mutato il pelliccietto in un vestito di panno il Sig.
Ed in vero ho veduto in questa città molte madonne, tanto inordinatamente acconcie ed ornate, che se a loro stesse fossero così note come a chi le mira, si andariano tutte a riporre. […] ma di Federico Beretta, che fa da Capitanio spagnolo, essendo personaggio onestamente buono per la parte del capitano, avendone io di bisogno per molte comedie, e parte necessaria, e poi nelle opere si porta per di verità, e a buona memoria e ricorda nelle opere e scrive bene.
La signora Pelzet era venuta a Napoli con molte lettere di raccomandazione dirette a persone stimabili ed influenti. […] — La si fece esordire dopo tutti gli altri artisti nuovi, come una generica, per lasciare che il pubblico accettasse qual vera prima attrice la Pieri-Alberti ; la si tenne inoperosa per molte sere ; le si fecero rappresentare varie parti nuove per lei e vecchie per il pubblico, non la si circondava dei migliori attori ; si trascuravano alcuni accessorj della scena ; le si faceva calare il sipario prima del tempo ; gli amici dell’ Impresa non l’applaudivano per non perdere l’ingresso di favore….
Era un costume inveterato fra i Comici italiani, che le Cameriere dessero ogni anno in più volte certe opere che si chiamavano di trasformazioni, come lo Spirito folletto, la Cameriera Maga, ed altre dello stesso genere, nelle quali l’attrice mostrandosi sotto forme differenti cambiava molte volte costume, rappresentava molti personaggi, e parlava diverse lingue.
Bello della persona, bravissimo ballerino e musico eccellente (eseguiva molte arie su ’l flauto, la tromba, il salterio o decacordo, il piano, la chitarra, l’oboe e l’organo) ebbe liete accoglienze dal pubblico a Parigi e alla Corte, ove apparve la prima volta il 30 dicembre dello stesso anno.
Ha per sè molte cose : la giovinezza intanto…. e una gran passione per camminare.
Gli Spagnuoli lo maneggiarono molte volte con felicità, ma sempre trascurando ogni saggia regola adottata dalla culta Europa, e talvolta violentando la verità nel condurre lo scioglimento. […] Un impostore dà ad intendere ad un credulo ignorante innamorato che per mezzo di arcane scienze trasformerà talmente un servo che rassembrerà un vecchio creduto morto e nel punto che si aspetta la promessa metamorfosi, per mero caso arriva quel vecchio stesso, e tolto in cambio cagiona maraviglia, sconcerto e movimento di molte passioni con diletto dello spettatore. […] Cinque commedie portano il nome di Ottavio d’Isa capuano, la Fortunia impressa verso il 1612 e poi molte altre volte, l’Alvida del 1616, la Flaminia del 1621, la Ginevra dell’anno seguente, e poi del 1630 in Viterbo, che è l’edizione citata dal Fontanini, ed il Malmaritato del 1633 secondo il Fontanini e l’Allacci, benchè il Toppi ne registri una edizione del 1616 col titolo di Malmaritata che le conviene meglio.
Ma molte scene inimitabili invitano i più schivi a leggere ed ascoltare il Maometto. […] Soffre poi l’ombra di Nino molte e rilevanti opposizioni. […] La Grange-Chancel nato nel 1678 e morto nel 1758 molte tragedie scrisse in istile trascurato e debole con viluppo romanzesco, ma non si sostenne che l’ Amasi che è l’argomento della Merope. […] La Place ha tradotto molte favole inglesi, ed ha composto Jeanne d’Angleterre, e Adéle de Ponthieu. […] Noi abbiamo accennato queste poche cose senza curarci dal rimanente deriso dal nominato giornalista, il quale ne additò anche molte espressioni false, gigantesche e puerili.
[4.2] Chiunque, in ciò che si spetta alla danza, se ne sta alle valentìe di cotesta nostra e non va col pensiero più là, ha da tenere senz’altro per fole di romanzi molte cose che pur sono fondate in sul vero: quei racconti, per esempio, che si leggono appresso gli scrittori, degli tragicissimi effetti che operò in Atene il ballo delle Eumenidi, di ciò che operava l’arte di Pilade e di Batillo, l’uno de’ quali moveva col ballo a misericordia e a terrore, l’altro a giocondità e a riso, e che a’ tempi di Augusto divisero in parti una Roma.
Pubblicò in gioventù molte poesie, nelle quali, più che la elevatezza della forma son da ammirare una freschezza e spontaneità che non si attenuarono in lui col sopravvenir degli anni, come può far fede la lirica seguente dettata in sul cader dell’ ’89, e pubblicata or non ha molto con altri versi in un volumetto fuor di commercio.
Quando dopo molte, forse troppe prove, mi convinsi che la povertà dell’ingegno e la coltura insufficiente non mi consentivano di uscir dalla mediocrità, deposi la penna, pensando che con opere mediocri non val la pena d’ingrossare il ciarpame artistico-letterario d’Italia.
Lo spirito d’apologia nemico della verità e del merito straniero imbratta molte belle opere in più d’un luogo. […] Chiaramente da essa si ravvisa che dentro delle alpi, dove appresero gli altri popoli a vendicarsi in libertà, e propriamente in Piacenza, in Padova, in Roma, colle rappresentazioni de’ Misteri rinacque l’informe spettacolo scenico sacro: che quivi ancora, e non altrove, nel XIV secolo se ne tentò il risorgimento seguendo la forma degli antichi coll’ Ezzelino e coll’ Achilleide tragedie del Mussato, e colle comedie della Filologia del Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV che fu il secolo dell’ erudizione, in latino continuarono a scriversi tragedie dal Corraro, dal Laudivio, dal Sulpizio, dal Verardo, e commedie dal Bruni, dall’Alberti, dal Pisani e dal Polentone; ed in volgare assicurarono alle Italiche contrade il vanto di non essere state da veruno prevenute nel dettar drammi volgari, la Catinia, l’Orfeo, il Gaudio d’amore, l’Amicizia, molte traduzioni di Plauto, il Giuseppe, la Panfila, il Timone: finalmente che gl’ Italiani nel XIV e XV secolo nel rinnovarsi il piacere della tragedia non si valsero degli argomenti tragici della Grecia, eccetto che nella sola Progne, ma dalle moderne storie trassero i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure del Signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita del re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione di Cesena.
Da ciò anche nasceva l’irregolarità ed ineguaglianza di movimento nelle parti e nel tutto; poiché molte volte mentre la parte del basso a mala pena si muoveva per la pigrizia delle sue note, quella del soprano volava colle sue, il tenore e il contralto sen givano passeggiando con lento passo, e mentre alcun di questi volava, sen giva l’altro passeggiando senza farne quasi alcun movimento; la quale contrarietà e disordine quanto nuoca alla espression musicale non occorre altramente ragionare. Aggiungasi ancora il frequente uso delle pause introdotte da loro, per cui molte volte avveniva che mentre l’una di esse parti cantava la metà o il fine d’un versetto scritturale o d’un ritmo poetico, l’altra le prendeva la mano, o restava indietro cantando il principio del medesimo verso, e talvolta anche il fine d’un altro. […] [13] Da tali e tanti stimoli incitato Giulio Caccini uno de’ mentovati nella letteraria adunanza, prese, siccome era di vivo e pronto ingegno fornito, a perfezionare la maniera inventata dal Galilei, e molte belle cose introdusse del suo nella musica, che contribuirono non poco a migliorarla. […] I cori che nelle tragedie italiane erano i soli destinati al canto, non giovavano molto ai progressi dell’arte, e perché comprendevano per lo più lunghe riflessioni morali incapaci di bella modulazione, e perché cantandosi a molte voci, erano più idonei a far risaltare la pienezza e varietà degli accordi che la soavità della melodia. […] Potrei citare molte degli altri autori, ma basti per ultima pruova una assai leggiadra tratta dalla Flora d’Andrea Salvadori, stampata nel 1628 cioè anni vent’uno prima del Giasone.
Bon, cominciò a essere da lui protetto ; tanto che fu accolto nella Compagnia con due lire austriache al giorno, nella quale esordì a Parma col semplice annunzio : « Signor Conte, la carrozza è pronta : » annunzio che egli, ad attenuare la triste figura che avrebbe fatta d’innanzi a’compagni, allargò nel modo seguente : « Signor Conte, sapendo che Ella doveva andare in città per disbrigare molte faccende importanti, mi sono dato tutta la premura per fare approntare la carrozza ; e quando Ella comanda, è prontissima ed a sua disposizione.
Abbiamo in molte lettere dell’Archivio di Modena precise notizie di questo comico, il quale fu rinomatissimo artista sotto la maschera del Dottore, e col nome teatrale di Dottor Brentino, a differenza del suo omonimo Giovan Angiolo Lolli che sotto la stessa maschera fu celebre in Francia col nome di Dottor Baloardo.
Ora se ciò stà alla vista di ogni Leggitore, se il Signor Sedano non niega questa moltiplicità di azioni, egli è assai notabil cosa che l’Apologista impugni l’evidenza, e che, quando a due azioni dell’Ecuba Greca diede il titolo di molte, a queste dell’Isabella, che molte sono, dia il titolo di Una. […] E pura, elegante la locuzione: ma è conveniente al genere teatrale, che ricusa molte figure, molte descrizioni, molti ornamenti poetici permessi ad altri generi? […] Altre molte e molto delicate ne prescrivono, non che Aristotile, Orazio, Gravina, Boileau, Luzán, il Verisimile e l’Interesse teatrale veri Maestri di Poetica.
Il ’58 aveva stampato a Brescia un progetto per la fondazione di un Istituto drammatico nazionale in Torino, in cui sono molte cose buone, e soprattutto pratiche.
Riflessioni ad alcune delle molte prerogative che rendono grata a tutti la medesima Virtuosa Alla modestia unir spirto e bellezza, Formar più vezzi, e non macchiar il core ; Con laude oprar, e disprezzar l’honore ; Di più lingue3 erudite haver vaghezza.
Certo è però, che tralle Maschere, che appartengono alla antica Italia, trovansene di molte satiresche; e che i Romani nel copiare i Teatri Greci materiali, secondo Vitruvio non lasciarono di apprestare al Dramma Satiresco la sua Scena, e le decorazioni corrispondenti. […] Così l’egregio Signor Lampillas aspirando (senza saper perché) all’anteriorità della Pastorale, che è l’Itaca che fugge davanti al nostro Catalano Ulisse, ha trasformata una bell’Ecloga in molte parti, tenera, e delicata, in un informe, difettoso, meschino Dramma Pastorale1.
Ne uscirono per L’Italia ed oltramonti molte edizioni e traduzioni francesi, ed inglesi. […] Si vede in questa più artificio nel piano, viluppo più teatrale, caratteri più varii, passioni più vivaci, locuzione ricca di molte grazie naturali e conveniente alle persone imitate.
Ne uscirono per l’Italia ed oltramonti molte edizioni e traduzioni Francesi ed Inglesi. […] Vi si vede più artifizio nel piano, viluppo più teatrale, caratteri più varj, passioni più vivaci, locuzione ricca di molte grazie naturali ed assai conveniente alle persone imitate.
Si trovano fra loro ancora molte biblioteche.
Lascio finalmente agli altri le liti circa l’introduzione della rima nella poesia moderna, quantunque molte cose potrebbono forse in mezzo recarsi contro alle opinioni più ricevute degli eruditi, e mi restringo ad esaminare soltanto i vantaggi che ha la lingua italiana per la musica: circostanza che più d’ogni altra cosa ha contribuito all’incremento di essa, ai progressi della poesia drammatica, e allo splendore di codesto leggiadrissimo ramo della italiana letteratura. […] [3] Dal primo semplicissimo riflesso intorno alla formazione delle vocali, e delle consonanti risulta che la lingua più a proposito per il canto sarà quella: primo, che conti maggior numero di vocali, perché facendosi in esse le permanenze della voce, sarà maggiore il numero delle intonazioni, e per conseguenza degli elementi del canto: secondo, che impieghi maggior numero d’inflessioni diverse nel proferirle, perché ogni inflessione diversa nella pronunzia apporta seco un nuovo tratto di espressione nella melodia: terzo, dove la pronunzia di essi suoni sia più decisiva, e marcata, perché ivi avrà più forza l’accento, e più sensibile renderassi il valor musicale delle note: quarto, che non usi nelle parole di troppo rincontro di lettere consonanti senza l’interruzione delle vocali, perché tardandosi troppo nel proferirle, la misura si renderebbe lesta ancor essa, ed imbarazzata, e perché costretto il compositore a escludere molte parole, come disadatte alla espressione, s’impoverirebbe di molto il linguaggio musicale: quinto, dove il passaggio di parola in parola sia più spedito, e corrente, perché ciò contribuisce non meno alla dolcezza della lingua, che all’agevole collocazione delle note. […] Misura altresì molte parole alla foggia de’ Greci, e de’ Latini, o almeno la pronunzia di esse è tale che facilmente potrebbero misurarsi, ond’è che può formare dei piedi il trocheo, come “venne fronde”, il giambo come “farò virtù”, l’anapesto, come “gradirò”, lo spondeo, come “sogno”, e il dattilo, come “timido”, dal vario accopiamento de’ quali può conseguentemente imitare dei versi l’esametro, il pentametro, l’asclepiadeo, il saffico, l’idonico, il faleucio, l’anapesto e il giambo15. […] [19] La seconda, della immaginazione pronta e vivace, che tanto influisce sul naturale degli Italiani, la quale fra le molte modificazioni degli organi destinati all’esercizio della parola trova subito quelle, che alla maniera loro di concepire maggiormente si confanno. […] Le donne inoltre, dalle quali ogni civile socievolezza dipende, avendo per cagioni che non sono di questo luogo acquistata una influenza su i moderni costumi che mai non ebbero appresso gli antichi, giovarono al medesimo fine eziandio ora per l’agio, e morbidezza di vivere, che ispira il loro commercio, onde s’addolcì la guerresca ferocia di que’ secoli barbari: ora per l’innato piacere che le trasporta verso gli oggetti che parlano alla immaginazione ed al cuore: ora per lo studio di molte posto nelle belle lettere, e nelle arti più gentili, dal che nacque il desiderio d’imitarle ne’ letterati avidi di procacciarsi con questo mezzo la loro grazia, o la loro protezione, massimamente nel Cinquecento, secolo illustre quanto fosse altro mai per le donne italiane: ora per le fiamme che svegliano esse nei petti degli uomini, onde questi rivolgonsi poi a cantare la bellezza, e gli amori, piegando alla soavità lo stile, e la poesia.
Che l’Etruria fosse fiorita prima della Grecia, e che a questa dato avesse molte arti e scienze, viene quasi ad evidenza provato con autorità e ragioni dal ch. […] Cornelio Silla amasse così eccessivamente i buffoni, o sia attori di farse, che quando essi riuscivano di suo gusto, regalava loro in ricompensa molte moggia di terra.
Cintio dice a Fulvio : Nel crociuolo della fede l’oro della nostra amicizia a fiamme d’amore è stato molte volte copellato, et i sophistici moltiplicamenti di sdegni o disgusti si consumeranno mai sempre a si pure fiamme. […] » Fra le molte cose occorsegli nella vita, scelgo anch’io l’aneddoto riportato dal Bartoli.
Lessi costantemente tutte le critiche, che mi si fecero ; molte ne accettai, molte ne ripudiai : non fui scosso mai dall’impressione che le mie interpretazioni destavano nel pubblico o nella critica : non sentii mai orgoglio d’un applauso, mai ribellione per un fischio : non sollecitai mai un articolo di lode, nè….
[Nota d’autore n. 1] Tra le molte cose che allegar si potrebbono scritte contro all’opera, uno scrittore inglese si esprime cosl: «as the waters of a certain fountain of Thessaly, from their benumbing quality, could be contained in nothing but the hoof of an ass, so can this languid and disjointed composition (of the opera) find no admittance but in such heads as are expressly formed to receive it», The World, n. 156.
A fronte di Giuseppe Majani seppe farsi distinguere, specialmente quando nell’anno del 1762 rappresentò per molte sere il Cavaliere di spirito ovvero la Donna di testa debole ; e poi l’Apatista, ossia l’Indifferente, commedie del signor dottor Goldoni.
Ognuno contento partivasi dandogli molte lodi, e tornando sovente con piacere ad udirlo.
Lontano fatalmente dalla famiglia, a cui non può mai pienamente sostituirsi nessuna amicizia, anche se rara e quasi favolosa come fu quella che tra molte ti sapesti meritare, tu muori, o amico, con l’amarezza nel cuore e il pianto negli occhi ; tu che eri avvezzo a sentirti sonare dintorno il vasto riso dei popolosi teatri, suscitato dalla tua comicità arguta e gentille.
Grisostomo) n’ebbe in poco tempo deserto il teatro, e dovè ricorrere, l’autunno del 1772, a Maddalena Battaglia, prima donna allora di grandissima fama, che gli recò non comune sollievo, specialmente con le molte rappresentazioni della Semiramide di Voltaire.
Dopo molte peregrinazioni artistiche, in cui, talvolta, soddisfare alla fame era problema di assai difficile soluzione, riuscì attore egregio per le parti generiche, e fu nelle migliori nostre compagnie, amato dai compagni per la innata bontà, e ammirato dal pubblico per la sobrietà e verità di recitazione, e per quella specie di bonomia ch'ei sapeva trasfondere ne' personaggi.
Ma il successo non essendo stato qual era da sperare, dopo non molte recite, egli fu ancora in Provincia, a Bordeaux, a Bruxelles, a Cambrai, donde restituitosi a Parigi, fu accolto nella Compagnia dei Nuovi Comici italiani.
Antonio Mureto, benchè per nascita all’Italia non appartenga, avendo non pertanto quì composta la sua tragedia Julius Caesar, stimiamo più opportuno registrarla fralle molte latine degl’Italiani, che lasciarla isolata nel teatro francese di questo secolo. […] Fiorendo verso il 1530 egli divenne il Seneca del regno di Napoli anzi dell’Italia, per lo studio che ebbe di recare egli solo nella latina favella molte delle più pregevoli favole greche.
Delle vicende artistiche del Fidenzi poco possiam dire, per la scarsezza dei documenti fin qui trovati ; ma due lettere di lui che esiston nell’Archivio di Modena, qui riferisco per intero come quelle che ci dànno, se non molte, curiose notizie del nostro artista. […] Dal Prologo da recitarsi dalla Compagnia accademica-toscana addetta al regio teatro degl’Intrepidi di Firenze, principiando le sue recite in Livorno l’estate dell’anno 1790 (Siena, Rossi), possiam trarre molte notizie riguardanti la vita di questo attore che recitava nella Compagnia Roffi, al tempo di Francesco Bartoli, con aggiustato sentimento, conosceva l’interesse e la situazione de’scenici fatti, e con zelo si adoperava nell’esatta esecuzione del suo proprio dovere.
Colli-Pellegrini Aldigonda, nata in Fermo nel 1783, entrata in arte giovanissima, trovò modo di farsi ammirare in molte città del napoletano.
Oggi abbiamo il “emperamento artistico” : con queste due parole si scusan molte stramberie sulla scena.
La poca felicità notata da’ critici negli scioglimenti delle sue favole, qualche passo dato talvolta oltre il verisimile sol per far ridere, alcuna espressione barbara, forzata, o nuova nella lingua, ripresa da Fénélon, La-Bruyere, e Bayle, molte composizioni scritte per necessità con soverchia precipitazione, la mancanza di vivacità che pretendono di osservarvi gl’Inglesi, tutte quelle cose, ancor, ché fossergli con tutta giustizia imputate, dimostrerebbero in lui l’uomo; ma tanti e tanti suoi pregi, fino a quell’ora trovati coll’esperienza inimitabili, lo manifestano grande a segno, che al suo cospetto divengono impercettibili i contemporanei e i successori. […] Le sue commedie hanno un dialogo felice e grazioso, e vanno in dieci tomi, benché si vuole, che molte ne pubblicassero alcuni anonimi sotto il di lui nome. […] Il cardinale la fé rappresentar molte volte in Vincennes in presenza del re. […] I difetti dei grandi esemplari sono sempre fatali alle belle arti, perché accompagnati da molte bellezze e da virtù incomparabili; quindi é che le critiche fatte da uomini di molto sapere e di squisito discernimento giovano assai nella repubblica letteraria, perché formano il gusto, raffinano il giudicio, e producono altri buoni effetti.
[1] Qualora sentesi nominare questa parola “opera” non s’intende una cosa sola ma molte, vale a dire, un aggregato di poesia, di musica, di decorazione, e di pantomima, le quali, ma principalmente le tre prime, sono fra loro così strettamente unite, che non può considerarsene una senza considerarne le altre, né comprendersi bene la natura del melodramma senza l’unione di tutte. […] Così è fino a noi pervenuta la fama di Zeusi, che volendo far il ritratto di Elena, e non trovando alcun individuo della natura, il quale adeguasse quella sublime idea della perfezione, ch’egli avea nella sua mente concetto, raccolse da molte fanciulle bellissime i tratti più perfetti, onde poi un tutto formò, che non esisteva fuorché nella mente del pittore. […] Dall’applicazion convenevole di tai principi alle diverse passioni dedur si potrebbe una teoria generale cavata dalla natura delle cose, che risparmierebbe molte critiche poco fondate, e che riuscirebbe utilissima a chi vuol innoltrarsi nella difficile, e delicata carriera del teatro. […] [42] Dalle leggi generali stabilite di sopra relativamente alla interna costituzione del dramma si deducono molte altre in particolare spettanti alla natura delle parti che lo compongono. Ma molte di esse sono state di già accennate in passando, altre si ricavano facilmente da’ princicipi proposti, altre si toccheranno nel seguito di quest’opera.
Per queste mie terze cure l’edizion vostra porterà seco non poche novità nella storia tanto perchè vi s’inserisce quello che nel 1798 (che non passò oltre delle Sicilie per le luttuose vicende di Napoli) quanto per le molte altre cose notate ne’ primi cinque anni del secolo XIX sul Rodano, sulla Senna e nel l’Alta Italia.
L’Ateniese quì nominato fu poeta tragico, a cui, fra molte altre tragedie, per le quali fu varie volte coronato, se ne attribuisce una intitolata Alope.
Sono Impresario, soggiunse, ma deggio, in molte cose, da essa dipendere.
E finalmente : Ella reciterebbe solo cinque volte alla settimana, in una sola produzione per sera in principio della serata con diritto di rifiutare quelle parti immorali sulle quali molte revisioni passano sopra, come Il Fallo, Dopo sedici anni, Dieci anni di vita di una donna, Stifelius, Clarissa Harlowe, ecc. : quelle parti insomma con le quali, per quanto sieno eseguite con dignità, è d’uopo sostenere una posizione imbarazzante verso il pubblico, e le quali il signor Righetti potrebbe far eseguire da chi meglio credesse. […] » L'11 gennajo '55 scriveva da Torino alla Principessa Hercolani a Bologna : ….. le ingenti spese, e le molte esigenze del popolo francese, rendono molto pericoloso quell’esperimento, sia dal lato interesse, che da quello di un favorevole successo.
La filosofia consiglierà sempre a valersi della nota sagacità di quel Greco pittore che raccolse da molte leggiadre donne le sparse parti della beltà per formarne la sua Venere. […] Io auguro all’Italia e alla Francia molte tragedie che pareggino queste due Meropi, dovessero anche averne i difetti; essi saranno le macchie degli Omeri, de’ Virgilj, de’ Sofocli fra’ raggi dell’immortalità. […] Egli pur ebbe molte situazioni interessanti e teatrali in mezzo alle stranezze; egli fu dunque calzando il coturno ciò che era il nostro Cerlone nelle sue chiamate commedie mostruose e talvolta interessanti reimpresse in Roma colla falsa data di Bologna. […] Le bellezze delle scene indicate sono molte. […] Tutto è per me teatrale ciò che sa interessar chi ascolta, ed è allora quest’effetto più fine ed ingegnoso, quando si ottiene con minor apparato e senza molte ipotesi.
Imita spesso i Greci, e se ne appropria molte bellezze; ma le sue favole assai più complicate delle più ravviluppate delle greche, rendono talora difficile il rinvenirvi l’unità di azione; potrebbero ancora notarvisi varie allegorie, apostrofi, perifrasi poco proprie della scena e della passione. […] Ma molte scene inimitabili invitano i più schivi a leggere e ad ascoltare il Maometto. […] Soffre poi l’ombra di Nino molte e rilevanti opposizioni. […] Abbiamo accennate queste poche cose senza curarci del rimanente deriso dal citato giornalista, il quale ne additò anche molte espressioni false, gigantesche e puerili. […] Il ciel conservi loro codesto candore e generosità naturale; ma la stomachevole vanità del Belloy ci obbliga a dire che i Francesi di que’ tempi non diedero molte pruove di candidezza ed umanità ne’ luoghi dove fecero la guerra e dove dimorarono.
Bartoli – intorno al 1715, lasciando di sè pei meriti suoi, una rinomanza la più ricordevole ed onorata. » I quali meriti suoi non si limitarono a quei dell’attore, ma altresì dello scrittore, chè molte opere in verso e in prosa egli pubblicò non senza alcun pregio scenico e letterario di cui ecco l’elenco : Il Trionfo del merito.
Seneca spessissime volte per troppa voglia di farsi ammirare cade in una manifesta affettazione; ma Seneca ha molte bellezze che meritano di notarsi, e se non vince o non uguaglia sempre i Greci, talora ai soggetti medesimi di Euripide presta maestà e vigore127. […] Se i giovani leggeranno le opere teatrali in simil guisa, ravviseranno molte bellezze degli antichi, e mostreranno a pruova di saper ben leggere e bene intendere, e daranno a’ critici di sistema occasione di rilegger canuti gli autori dal loro tripode approvati o condannati negli anni più verdi. […] Sublime n’è lo stile, molto vaghi ne sono i versi, nè vi si scorgono molte antitesi e sentenze affettate che la deturpino (Nota XII). […] Poetiche sono molte comparazioni, ma sembrano assai improprie nel genere rappresentativo, quando sono lunghe e troppo circostanziate. […] Brumoy, il quale in parlando della Medea di Euripide, ne ha fatto il paragone con questa di Seneca, nella quale ha notate molte rare bellezze e varii tratti degni di ammirazione.
Fu allora che il Conte Carlo Gozzi, già forte estimatore dell’ingegno di lui, pensò di venirgli in ajuto, esordendo come autore la sera del 25 gennajo 1761 con la fiaba L'amore delle tre Melarance, « caricata parodia buffonesca sull’opere dei signori Chiari e Goldoni, che correvano in quel tempo ch'ella comparve. » Fu preceduta da un prologo in versi « Satiretta contro a' Poeti, che opprimevano la Truppa Comica all’improvviso del Sacco », e « nella bassezza de'dialoghi e della condotta e de'caratteri, palesemente con artifizio avviliti, l’autore pretese porre scherzevolmente in ridicolo Il Campiello, Le massere, Le baruffe Chiozzotte, e molte plebee e trivialissime opere del signor Goldoni. » Che Dio l’abbia in gloria ! […] Bartoli che fu nella sua Compagnia sei anni, senza buona fortuna, tesse di lui le più ampie lodi ; lo dice istruito, specialmente intorno alla Storia Universale, direttore egregio per le opere serie come le comiche, gran comico, ritrovatore di molte scene, di cui lardellava i vecchi soggetti dell’arte, che ne venivan così risanguati, autore di scenarj, fra cui del fortunatissimo Truffaldino molinaro innocente.
Fioriva la prima in molte arti di lusso, non che di necessità; ma non ebbe della drammatica se non que’ semi, i quali sogliono produrla da per tutto, cioé travestimenti, ballo, musica, e versi accompagnati da’ gesti.
XV, n. 8) cogli acquisti fatti della dottrina Italiana; e leggendo per un gran pezzo in Salamanca, non ostante l’ opposizione degli Scolastici che di favorir la novità l’accusarono, inspirò a’ suoi nazionali l’amor delle lettere, onde fu caro al Re Cattolico, che lo volle perciò in Corte per iscrivere la sua storia, e fu dal Cardinal Ximenes impiegato nell’edizione della Bibbia Poliglotta, e di poi alla direzione dell’Università di Alcalà di Henares, ove si morì nel 1522, e lasciò molte opere.
Si volle da alcuno che tra il Maffei e la Flaminia fosse una corrente di simpatia, rafforzando l’opinione nel fatto che il Maffei seguitasse la Compagnia, intervenendo in molte città alle recite della sua Merope.
Ormai egli aveva ottenuto l’intento : nullameno perseverò nella protezione, poichè voleva fare di lei un’attrice completa ; toglierle tutte quelle angolosità che provenivano pur troppo dall’ignoranza : ignoranza assai frequente in molte delle attrici dell’Italia d’allora !
Andrea Perucci più volte ricordato dà in modo particolareggiato tutte le regole del recitare all’improvviso, molte delle quali sparse in quest’ opera a' nomi de' più famosi recitanti. […] S., et in vero credetti poterlo fare, perchè vedevo quasi tutti alborottati et con molte difficultà nel mantenersi uniti, come è solito de Comedianti.
Corbolo con molte astuzie cerca di puntellare la sua menzogna cadente ; ma il vecchio insospettito mena seco il Cremonino, per esaminarlo in casa senza che Corbolo possa interromperlo. […] Delle molte bellezze di questa favola additiamone alcuna che ne sembri più piacevole, e più degna di esser notata. […] Al primo egli promette di portare in casa una cassa con un cadavere per fare uno scongiuro; e per preparare la stanza alla finta evocazione, domanda molte ricche tele, argenti ed altre cose di prezzo. […] In molte parti si desidera quel verisimile che accredita le favole sceniche e chiama l’attenzione dello spettatore. […] Questo piacevolissimo scrittore che morì d’anni sessantacinque nel 1563, fu calzolajo, ma si distinse in Firenze per molte lezioni recitate nell’Accademia Fiorentina, e per alcune traduzioni.
Corbolo con molte astuzie cerca di puntellare la sua menzogna cadente; ma il vecchio insospettito mena seco il Cremonino per esaminarlo in casa senza che Corbolo possa interromperlo. […] Delle molte bellezze di questa favola additiamone alcuna che ne sembri più piacevole e più degna di esser notata. […] Al primo egli promette di portare in casa una cassa con un cadavere per fare uno scongiuro; e per preparare la stanza alla finta evocazione, domanda di molte ricche tele, argenti, ed altre cose. […] In molte sue parti si desidera quel verisimile che accredita le favole sceniche e chiama l’attenzione dello spettatore. […] Questo piacevolissimo scrittore che morì d’anni sessantacinque nel 1563, fu calzolajo, ma si distinse in Firenze per molte lezioni recitate nell’Accademia Fiorentina, e per alcune traduzioni.
Sappiate, Signor mio (che io ben mi avveggo, che i vostri gravi studj vi avranno tenuto lontano da molte cose, che sono fuori di voi), che los Chisperos, los Arrieros, e simile gentame, trovandosi al coperto in quelle tenebre, specialmente prima d’incominciare la rappresentazione, per la loro naturale rozzezza, e non curanza per la decenza, soleano bere del vino, fumare, mangiar degli agrumi, delle frutta, delle nocciuole, e gettarne via le bucce sull’altra gente.
E come sarebbe dall’Attica passata la scenica in Italia, quando vari monumenti storici ci assicurano, che ancor dopo molte età, per la solita primitiva gelosia nazionale, neppur tutti i piccioli continenti italiani si conoscevano tra loro?
Come poi sarebbe dal l’Attica passata la scenica in Italia, quando varj monumenti istorici ci assicurano, che ancora dopo molte età, per la solita primitiva gelosìa nazionale, neppure tutti i piccioli continenti Italiani si conoscevano tra loro?
Come poi sarebbe dall’Attica passata la scenica in Italia, quando varj monumenti istorici ci assicurano, che ancora dopo molte età, per la solita primitiva gelosia nazionale, neppure tutti i piccioli continenti Italiani si conoscevano tra loro?
Altre molte ne abbiamo insignificanti di augurio, o di congratulazione, o di raccomandazione, o d’invio di doni : talvolta di una cartella miniata superbamente da grande artista di passaggio in Napoli, tal altra della pianta e relazione di feste, tal altra ancora del Teatro Eroico de' Vicerè.
Notate bene che si recitava allora Miss Multon, e io ci facevo la bambina : si replicava da molte sere, e mi trovai a faire nella stessa sera la bambina nella commedia, e quella vecchiaccia nella farsa….
Non è meno comica la seconda scena del medesimo atto di molte donne Capuane co’ soldati Cartaginesi. […] L’eruditissimo Apostolo Zeno preferisce lo stile del Solimano a quello dell’Aristodemo; e certo in questo non iscarseggiano le inezie liriche, come le chiamò il conte di Calepio, benchè di molte se ne veggano anche nella tragedia del Bonarelli. […] Si vogliono mentovare le seguenti tragedie tralle regolari di questo secolo, le quali possono apprestare alla scorta gioventù qualche squarcio energico e sublime in mezzo a molte liriche affettazioni.
Tu stesso ne prendesti (dice poscia ad Ennio volgendosi) molte cose, se vuoi confessarlo, o le rubasti, se pretendi dissimularlo42. […] Oltramonti il celebre poeta Portoghese Luigi Camoens nel suo Anfitrione conservò molte bellezze del latino originale. […] Sopra ogni altro il noto Moliere colse il fiore di tutte le bellezze Plautine nel suo Anfitrione, molte altre aggiugnendone. […] Intanto un pescatore raccoglie nelle reti un involto appartenente al ruffiano, che contiene molte sue ricchezze e una cestina cogli ornamenti infantili della fanciulla Palestra e varii altri contrassegni per gli quali un dì potesse conoscere i proprii parenti. […] Il di lui carattere con somma maestria e con cento grazie dipinto da Plauto, è stato mille volte copiato da Italiani, Spagnuoli, Francesi e Inglesi; e lo scioglimento di questa favola in molte commedie moderne si è ripetuto.
Valerio Massimo 188 ci riporta che i Lacedemoni correano animosi alla zuffa, allorché i loro bellici strumenti facevano sentire l’anapesto; e difatti mercé la veemenza e l’impeto di questo piede Tirteo riaccese negli animi loro il valor guerriero, che da molte reiterate perdite era quasi spento del tutto. […] Del che tenterò accuratamente di spiegar le ragioni, e soprattutto d’avvalorarle cogli esempi onde sieno meglio intese; giacché molte di tali sensazioni si devono collocare nel novero di quelle percezioni indistinte, che noi proviamo spesso senza poterle valutare, e quasi senza conoscerle. […] Vò scorrendo tutti i tropi, tutte le figure onde si serve la musica del pari che l’eloquenza a piacere, commovere, e persuadere; parlo de’ suoi dialoghi e delle sue riflessioni, e mi sforzo di svelare infinite sue bellezze parando innanzi l’analogia che hanno coi fenomeni che ci stanno intorno; paragono le nostre opere in musica con le tragedie antiche, e quinci ne traggo molte cose nuove accende a riordinare la forma de’ nostri drammi lirici, che di tutti i drammi sono certamente i più imperfetti, non essendo per lo più che una serie d’episodi staccati fra loro senza verun bisogno e senza veruna verosimiglianza. […] [NdA] Secondo Iginio, Apolline non vinse Marsia se non perché questi che servivasi d’un flauto adatto soltanto al modo frigio, non potè uscire giammai di questo modo, dovecchè Apolline sulla sua lira toccava molte differenti modulazioni.
Non è meno comica la seconda scena del medesimo atto di molte donne Capuane co’ soldati Cartaginesi. […] L’eruditissimo Apostolo Zeno preferisce lo stile del Solimano a quello dell’Aristodemo, e certo in questo non iscarseggiano le inezie liriche , come le chiamò il conte di Calepio, benchè di molte se ne veggano anche nella tragedia del Bonarelli. […] Si vogliono mentovare le seguenti tragedie tralle regolari di questo secolo, le quali possono apprestare alla scorta gioventù qualche squarcio energico e sublime in mezzo a molte liriche affettazioni.
Riserbandosi poi questo per alcune occasioni, dove la verità della storia o la pompa dello spettacolo o l’ingresso d’un principe trionfante o qualche altro pubblico evento sembravano giustificare la radunanza di molte persone in un luogo; al quale riflesso per non aver posto mente i Greci, e per essersi lasciati strascinare da un invecchiato costume, caricarono (checché ne dica in contrario la prevenzione) le loro tragedie di mille sconvenenze a fatica ricompensate colle originali bellezze, che dopo venti e più secoli siamo pur costretti ad ammirare nei loro scritti drammatici. […] Tra le molte imprese a cui porse mano con gran vantaggio della sua nazione, una fu quella di migliorare il dramma.
Spicca tralle prime il Canuto, benchè dicasi che contenga molte belle scene senza formare una bella tragedia. […] Degna di molte lodi fu la sua pastorale Evandro ed Alcimna tradotta ed imitata in Francia.
Spicca tralle prime il Canuto, benchè dicasi che contenga molte belle scene senza formare una bella tragedia; tralle seconde si applaude il Misterioso per la decenza e per la moralità, benchè vi si desideri la piacevolezza comica. […] Due tragedie in prosa sul gusto Inglese si coronarono non ha molti anni in Amburgo, cioè i Gemelli di Klinker, e ’l Giulio di Taranto di Leusewitz, nella quale si notano molte bassezze ed assurdità.
Leggete, o mio caro giornalista, l’aureo trattato del Brown sull’unione della musica e della poesia, e imparerete molte cose che ignorate. […] [53] In primo luogo l’estrattista attacca al suo solito la mia proposizione isolata, e non adduce neppur una sola delle molte pruove che la fortificano. […] Parmi per altro d’aver toccate molte cose non osservate imprima da nessuno scrittore, particolarmente intorno alle cagioni del difetto, e ai mezzi di correggerlo. […] [87] «Nei tre seguenti capitoli, cioè nel terzo, quarto, e quinto, che compiscono questo secondo tomo, grazie al cielo non vi sono tante opinioni che ci facciano dubitare di loro certezza, ma anzi vi sono tante belle verità, specialmente sopra l’infame usanza dell’evirazione, e sopra molte altre cose, che ci uniamo ben volentieri alle giuste idee del N. […] È poi una incoerenza delle molte, in cui è solito d’incorrere il logicismo estrattista, il dire che le composizioni del Pergolese, e del Leo fra gli altri potranno sempre servire di classico esemplare ai giovani che volessero diventar eccellenti nell’arte di comporre.
Fornì questo a molte città d’Italia il modo di rimettersi in libertà, sotto i cui auspici solo possono gl’ingegni uscir della stupidità e inazione.
Se la voracità del tempo avesse rispettato il trattato della Commedia Antica di Camaleone, o la Storia Teatrale scritta da Juba re della Mauritania citata da Ateneo nel quinto libro, saremmo forse meno di quel chesiamo incerti in molte cose necessarie per illustrarla.
Ho molte occupazioni, non posso farlo.
Ma dopo il ritratto che di Luigi Del Buono ci lasciò il Morrocchesi nelle sue memorie tuttavia inedite, pubblicato per la prima volta dallo stesso Jarro insieme ad altre molte notizie concernenti la maschera e l’artista (ivi, 13 e 20 aprile ’91), io credo che il nome di Stenterello egli prendesse da sè stesso, essendo piccolo di statura, magro, sparuto, di carnagione giallastra, ma non difettoso della persona.
Furono tutte rappresentate con grande applauso molte volte in Verona, Vicenza, Venezia, e Bologna dalla compagnia del celebre commediante Luigi Riccoboni. […] Francesca Manzoni, donna assai valorosa di Milano, e di cui abbiamo molte buone poesie, é ancor autrice di una tragedia passabile. […] In Firenze il grazioso Giambatista Fagiuoli ha composte e rappresentate su’ teatri accademici molte commedie ingegnoso e piacevoli. […] Il signor Ottavio Diodati, patrizio lucchese, pubblicò in Lucca nel 1761 Biblioteca Teatrale Italiana, in cui ha inserite produzioni originali, traduzioni, e molte cose proprie di poco merito.
«Tu stesso ne prendesti (dice poscia ad Ennio volgendosi) molte cose, se vuoi confessarlo, o le rubasti, se pretendi dissimularloa.» […] Oltramonti il celebre poeta Portoghese Luigi Camoens nel suo Anfitrione conservò molte bellezze del latino originale. […] Sopra ogni altro il noto Moliere colse il fiore di tutte le bellezze Plautine nel suo Anfitrione molte altre aggiungendovene. […] Intanto un pescatore raccoglie nelle sue reti un involto appartenente al Ruffiano, che contiene molte ricchezze e una cestina con gli ornamenti infantili della fanciulla Palestra e varii altri contrassegni per gli quali un dì potesse conoscere i proprii parenti. […] Il di lui carattere con somma maestria e con cento grazie dipinto da Plauto è stato mille volte copiato in Italia, in Ispagna, in Francia ed in Inghilterra, e lo scioglimento di tal favola in molte comedie moderne si è ripetuto.
Il celebre quanto infelice gran poeta Portoghese Luigi Camoens autore del poema epico Las Luisiadas composto nell’Indie, perfezionato in Europa quando vi fece ritorno nel 1569, e pubblicato sette anni prima della di lui morte dopo aver menato una vita da mendico sotto gli occhi del Sovrano cui avea servito colla penna e colla spada, Camoens, dico, dee contarsi tra’ benemeriti del patrio teatro pel suo Anfitrione tratto da Plauto di cui ritiene molte grazie, e per un’ altra picciola farsa che leggesi nelle di lui opere. […] Ottennero anche distinte lodi dal Cervantes l’eloquenza e la dottrina del Tarraga, l’acutezza di Aguilar, di Antonio Galarza, e di Gaspar de Avila scrittori di molte commedie. […] Il Nasarre che cercava fuori di Lope e Calderon le glorìe drammatiche della sua nazione, ed il Lampillas che faceva pompa di molte commedie per lo più cattive da lui mentovate per le relazioni avutene da Madrid, doveano anzi di simili erudite produzioni andare in traccia, e non attendere che uno straniero le disotterrasse. […] Andres si è diffuso in molte pagine a dar conto delle varie edizioni della Celestina. […] Se avesse prodotto il gran Prologo mentre io vi dimorava, avrei potuto disingannarlo, presentandogli molte prefazioni, approvazioni a’ libri e cose simili, nelle quali ciò si asseriva.
Prima io mi sforzarei d’ hauer comedia che mi satisfacesse, con di quelle osseruationi, che dissi principalmente conuenirsi a tali poemi, e sopra tutto di bella prosa contesta, et che non fosse noiosa per molti soliloquij, o lunghi episodij, o dicerie impertinenti. per ciò ch’ io concorro nel parere di coloro, che hanno detto quella comedia esser perfetta, che leuandone una poca parte resti imperfetta. ma noua la comedia uorrei, se fosse possibile, o almeno poco nota, fuggendo più ch’ io potessi le stampate, quantunque piu belle. si per che ogni cosa noua piu piace ; et si per esser parer quasi comune, che le comedie, delle quali lo spettatore, hà notitia ; rieschino poco grate, per di molte cagioni, tra le quali, principale cred’io che sia questa : che douendo l’histrione ingegnarsi, et sforzarsi quanto piu può [come diremo] d’ingannar lo spettatore in tanto, che li paiano ueri i successi, che se gli rappresentano, sapendo l’ascoltante prima, quello che hà a dire et a fare il recitante, li par poi troppo aperta et sciocca menzogna, et la fauola perde di quel suo naturale, con che ella ha sempre da esser accompagnata, onde l’ uditore quasi schernito non solo uilipende lo spettacolo, ma disprezza anco se medesmo, che come fanciullo si sia lasciato condure, a udir, come si dice in prouerbio, la nouella de l’ oca. il che non auiene cosi delle comedie noue, per che quantunque l’huomo sappia da principio, hauer da udir cose non uere ; stando però atento alla nouita de i casi, par che ei si lasci ingannar da se medesimo a poco a poco, tanto che gl’ assembra di ueder in effetto, quei successi che se gl’ appresentano. se pero gl’ histrioni saranno bene essercitati, come gli si richiede. […] Tanto, che è da stupirne, et oso dire, anzi affermo per uero, che piu importi hauer boni recitanti, che bella comedia, et chel sia il uero habbiamo ueduto molte uolte riuscir meglio, al gusto de gl’ascoltanti, una comedia brutta, ma ben recitata, che una bella mal rappresentata. […] Et molti altri che potiamo hauer conosciuti a tempi nostri] mirabile mi è sempre paruto et pare il recitare d’ una giouane donna Romana nominata Flaminia, la quale oltre all’ essere di molte belle qualita ornata, talmente è giudicata rara in questa professione, che non credo che gli antichi uedessero, ne si possi fra moderni ueder meglio per chè in fatti ella è tale su per la scena, che non par gia a gli uditori di ueder rappresentare cosa concertata ne finta, ma si bene di ueder succedere cosa uera et improuisamente occorsa ; talmente cangia ella, i gesti, le uoci, et i colori, conforme a le uarietà delle occorenze, che commoue mirabilmente chiunque l’ascolta non meno a marauiglia, che a diletto grandissimo. […] hora per tornar a parlar de recitanti in generale dico di nouo che bisogna hauerci dispositione da natura, altrimente non si può far cosa perfetta ma però chi intende ben la sua parte, et che abbia ingegno troua anco mouimenti et gesti assai apropriati, da farla comparire come cosa uera, Et a questo gioua molto [come anco in molte altre parti è utile] lo hauer per guida lo stesso autore de la fauola, il quale hà uirtu generalmente, de insegnar meglio alcuni ignoti suoi concetti, che fanno comparir il poema piu garbato, et i suoi recitanti per conseguenza paiono piu desti. […] Senza convenzionalismi arte non v’ha : e molte volte per isbandirne uno a casaccio, se ne crea un altro maggiore e peggiore.
Nell’Ajace detto flagellifero dalla sferza colla quale quest’eroe furioso percoteva il bestiame da lui creduto Ulisse e gli altri capi del campo Greco, tra molte bellezze generali e varii pregi della favola e de’ caratteri, si ammirino con ispezialità le tre seguenti bellissime scene: la situazione patetica di Ajace rivenuto dal suo furore col figliuolo Eurisace e colla sua sposa Tecmessa; la pittura naturalissima della disperazione di Ajace che si ammazza; ed il tragico quadro che presenta la troppo tarda venuta di Teucro ed il dolore di Tecmessa e del Coro allo spettacolo di Ajace ucciso. […] Ma sì lieve neo, se vogliasi tale, non meritava di esser tanto esagerato in una tragedia che gli presenteva molte bellezze da esercitare il gusto e l’erudizione di chiunque e da ammaestrare la gioventù.
Chiaramente da essa si ravvisa che dentro delle Alpi, dove appresero gli altri popoli a vendicarsi in libertà, e propriamente in Piacenza, in Padova, in Roma, colle rappresentazioni de’ Misteri rinacque l’informe spettacolo scenico sacro: che quivi ancora, e non altrove, nel XIV secolo se ne tentò il risorgimento seguendo la forma degli antichi coll’Ezzelino e coll’Achilleide tragedie del Mussato, e colle commedie della Filologia del Petrarca e del Paolo del Vergerio: che nel XV, il secolo dell’erudizione, continuarono a scriversi tragedie dal Corraro, dal Laudivio, dal Sulpizio, dal Verardo, e commedie dal Bruni, dall’Alberti, dal Pisani e dal Polentone, ed in volgare assicurarono alle italiche contrade il vanto di non essere state da veruno prevenute nel dettar drammi volgari, la Catinia, l’Orfeo, il Gaudio di amore, l’Amicizia, molte traduzioni di Plauto, il Giuseppe, la Panfila, il Timone: finalmente che gl’Italiani nel XIV e XV secolo nel rinnovarsi il piacere della tragedia non si valsero degli argomenti tragici della Grecia, eccetto che nella Progne, ma trassero dalle moderne storie i più terribili fatti nazionali, e dipinsero la morte del Piccinino, le avventure del signor di Verona, la tirannide di Ezzelino, la ferita del re Alfonso, la presa di Granata, l’espugnazione di Cesena.
E l’eccellente attrice seppe serbarsi intatta la fama acquistata, alla quale non nocque punto nè meno il suo difetto capitale comune a molte donne : la gelosia di mestiere….
Seneca spessissime volte per troppa voglia di farsi ammirare cade in una manifesta affettazione; ma Seneca ha molte bellezze degne di notarsi; e se non vince o non uguaglia sempre i Greci, talora ai medesimi soggetti di Euripide presta maestà e vigorea Seneca dunque non sempre è affettato declamatore e secco filosofo, e doveasi dagl’intelligenti (se volevano dar prova di non copiarsi alla cieca l’un l’altro) sceverar dal grano la paglia, ciò chè rare volte si è praticato. […] Se i giovani leggeranno le opere teatrali in simil guisa, ravviseranno molte bellezze degli antichi e mostreranno a pruova di saper ben leggere e ben intendere, e daranno a’ critici di sistema occasione di rilegger canuti gli autori dal loro tripode mimico approvati o condannati negli anni loro più verdi. […] Poetiche sono molte comparazioni ma sembrano assai improprie nel genere rappresentativo, quando sono lunghe e troppo circostanziate. […] E’ da vedersi il Teatro Greco di Pietro Brumoy, il quale in parlando della Medea di Euripide, ne ha fatto il paragone con questa di Seneca, ed in questa ha notate molte rare bellezze, e varii tratti degni di ammirazione.