Il mal gusto prosperoso perverte i deboli e gli conquista, mentre il vero buon gusto ramingo va mendicando ricetto fra pochi sconosciuto dalla moltitudine nella stessa guisa che un uomo probo e pieno di non dubbio merito fimane confuso tralla plebe in una società corrotta, dove tutti gli sguardi e gli applausi e le decorazioni e le ricchezze si attira la malvagità ingorda e l’impostura luminosa.
Ma farei peccato veramente se osassi defraudare i lettori di questo gioiello di lettera ch'ella mi scrisse or son pochi mesi, la quale rispecchia tutta la benignità della sua natura, e con essa tutta la geniale semplicità dell’arte sua : Nata…. nel '52…. brrrr !
Tiraboschi156, havvene non pochi altri che in parte ancora esistono, e frequentavansi sotto gl’ imperadori de’ primi secoli. […] Tralle antichità di Merida, dove Augusto pochi anni prima dell’Era Cristiana mandò una colonia di Legionarii, vedesi tuttavia quasi intera quella parte del teatro che si appartiene all’uditorio, non essendovi rimasto verun vestigio della scena167. […] Non è adunque maraviglia che anche in tempi sì luminosi la drammatica avesse avuti così pochi coltivatori.
Sebbene pochi sieno gli Eruditi Spagnuoli che non abbiano poco o molto favellato del proprio teatro, tuttavolta se ne desiderava ancora una storia seguita prima ch’io l’abbozzassi nella generale de’ Teatri pubblicata nel 1777, ed i buoni nazionali urbanamente me ne seppero gradoa. […] Le commedie erano non lunghi colloquii tra due o tre pastori e una pastorella, o tra pochi personaggi di città assai bassi. […] Una commedia spagnuola rappresentata in Italia avrebbe avuto qualche cosa di particolare da spingere gli eruditi di quel tempo a farne menzione; pur niuno ne fe motto nè in Italia nè nelle Spagne prima del Nasarre morto pochi lustri prima dellà fine del secolo XVIII. […] Chiesa e legato a latere di Sisto IV a, e come attesta parimente il Mariana b, tra’ sacerdoti pochi intendevano il latino, pauci latine scirent, ventri gulae servientes . […] Del resto pur troppo vero si scorge in non pochi Spagnuoli ciò che di essi generalmente afferma il Baillet: Si l’on en croyoit ceux du pais, il ne s’en trouveroit point parmi ceux des autres nations qui les auroient surpassès, et fort peu même qui les auroient ègalès, mais il faut considerer cette opinion plutôt comme un veritable sentiment de tendresse pour leurs patrie, que comme un jugement fort sain ou fort sincere.
Stimate forse che fossero pochi i buoni Drammi? […] Sono pochi Drammi per un secolo, e per l’Italia, ma non pochi per un tempo di decadenza.
Quella cantilena che ne facea levare in ammirazione pochi anni addietro e ne dava tal diletto, ne riesce di noia presentemente e di fastidio; non perché sia men buona, ma perché divenuta vecchia, perché andata fuori di usanza. […] E già non pochi debbono essere stati più di una volta offesi a quel subito passaggio che si suol fare da un recitativo liscio et andante ad una ornatissima arietta, lavorata con tutti i raffinamenti dell’arte.
Non sanà forse senza profitto della gioventù che conoscer voglia il teatro Greco e l’arte usata da que’ repubblicani nel maneggiar la commedia antica, il presentarle qualche estratto più circostanziato che non feci nel 1777 nella Storia de’ Teatri in un solo volume, delle favole di Aristofane da tutti nominato, da pochi letto, e forsa da pochissimi compreso.
Ma invano mi adoperai presso i Preti regolari della Sacra Famiglia, fra’ quali trovansi non pochi alunni Cinesi, per farne tradurre una almeno.
E ciò che per me si dipinge, e con atti, movenze, congerature con panni ignudi in maestà, in profilo, in iscorcio, adombrati e coloriti con riflessi, con ombre morte ; e se di dieci mila figure le più belle parti scegliessi, quelle so benissimo accompagnare ; il che in pochi si ritrova : e di poi colorire di azzurro, di giallo, di perso, di vermiglio, e più e meno, come richiede lo effetto della figura.
S. e l’incomodo perche per esser Computisca in pochi momenti lei se ne sbrigha, et io aurò eterne le obbligazioni.
A pochi anni di distanza, dopo di avere scritto a essa Pelzet : « non vi faccia specie se (l’Internari) avrà qui quell’applauso che giustamente le nega Bologna.
Creò lo Zanarini al Valle di Roma la parte di Aristodemo nella tragedia di tal nome di Vincenzo Monti il 16 gennajo 1787 ; e pochi giorni appresso Volfango Goethe ne' Ricordi dell’ Italia scriveva : « L'attore principale in cui si concentra tutta la tragedia, si rivelò nella parola e nell’azione artista egregio.
Io ne ho veduta, pochi anni fa, sul teatro spagnuolo in un Intermezzo l’azione principale e la difesa del Pecoraio fatta da Patelin, e la contesa dell’avvocato e del cliente che lì vale delle di lui istruzioni per non pagarlo.
Dicesi che in Bordò da pochi anni siasi cost uito un teatro magnifico sopra tutti gli altri della Francia.
., sono a suplicarla a darmene qualche motivo, aciò sappia come regolarmi, perchè dovendo io portarmi a Bologna, fra pochi giorni, caso che si havesse d’andare a Padova o per lo Stato veneto, come mi giova di credere, lascierei parte della mia robba qui in Venetia.
Se altre favole comiche non potessero mostrare gl’ Italiani del secolo di cui parliamo se non quelle del cavaliere Napoletano Giambatista della Porta recitate in parte anche nel precedente, ma in questo pubblicate per le stampe, pochi emuli avrebbero essi da temere nella prima metà del secolo XVII. […] Non so per quale stranezza od uso sin dal XVI secolo tanto abbondassero gli eunuchi nella penisola di Spagna; ma una bolla di Sisto V ci convince che non erano pochi, e che arrogavansi il diritto di contrarre matrimonj colle donne, siccome gli uomini fanno89. […] Il mal gusto prosperoso perverte i deboli e gli conquista, mentre il vero gusto ramingo va mendicando ricetto da pochi sconosciuto dalla moltitudine; come l’uomo probo e pieno di non dubbio merito rimane confuso tralla plebe in una società corrotta, dove tutti gli sguardi e gli applausi si attira l’impostura che sa farsi un partito ed il vizio luminoso. […] Sono dunque da riferirsi a quel tempo il teatro di Urbino, in cui si ammirarono le invenzioni del Genga esaltate dal Serlio degli alberi fatti di finissima seta, prima che la prospettiva avesse insegnato in qualunque occorrenza a mostrare i rilievi a forza di ombre e di punti ben presi: il teatro antico di Bologna che era nella piazza, ma che più non esiste, di forma quadrata diviso in gran palchettoni: quello di Modena detto della Spelta, opera del cavalier Vigarani, distrutto nel 1767: quello di Milano che s’incendiò pochi anni sono: quello di Pavia: quello di Santo Stefano di Ferrara: quello dell’accademia degl’ Intronati in Siena rifabbricato verso il 1670: quello di Marco Contarini in Piazzuola nel Padovano di tal vastità, che nel 1680 vi si videro girar nella scena tirate da superbi destrieri sino a cinque carrozze e carri trionfali, e comparire cento Amazzoni e cento Mori a piedi e cinquanta a cavallo100.
[7] «Intendiamo dunque solamente di esporre i nostri dubbi sopra alcune opinioni sparse nel medesimo circa la musica e circa l’opera italtana, che non ci sono sembrate conformi all’idee giuste che dobbiamo avere dell’opera e dello stato presente dell’arte musica, ch’è trattata da molti, ma conosciuta da pochi.» […] Se però tutti questi sembrano pochi al Signor Manfredini, chi scrive gli promette di slungare in altra occasione il catalogo, e di fargli toccare con mano che la maggior parte de’ moderni maestri mettono i ritornelli e passaggi dove non ci andavano, coprono la voce colla troppo affluenza degli strumenti, hanno ecc. ecc. […] Se ciò fosse vero non si dovrebbe sdegnare l’illustre autore, che il pubblico non abbandonasse così presto l’opinione di venti secoli per l’ingegnose conghietture di pochi giorni. […] La scarsezza dei bravi artisti non può mai derogare alla perfezione d’un arte; anzi ci sembra che questo appunto sia un segno del suo valore sublime; mentre il diventare artista quando l’arte è ancor fanciulla è facile a molti, ma diventarlo eccellente quando l’arte è quasi giunta alla perfezione, è fortuna di pochi. […] E se tra i più non regna il buon gusto nelle anzidette facoltà, io ho avuto ogni ragione di dire ch’esse sono al presente nella loro decadenza; giacché lo stato d’un’arte in un secolo, e presso ad una nazione dai più si misura, e non dai pochi.
Io pure se Dio mi darà forza e salute ho ferma intenzione di ritirarmi dalle scene dopo altri cinque anni, ma prima di far ciò desidero ardentemente (per quanto il mio scarso ingegno lo permetterà) cooperare con que’ pochi ottimi artisti drammatici che abbiamo in Italia (dai quali cerco imparare e le massime e l’arte) onde formare un buon gusto generale in tutta Italia che va purtroppo scadendo colpa la noncuranza in che si tengono le cose vere e naturali, le finitezze, le sfumature dell’arte come noi le chiamiamo, per applaudire soltanto alle esagerazioni, contrarie il più delle volte al buon senso. […] Pareva che l’attrice volesse col vigore della sua anima, coll’espressione degli atti, coll’ardore del desiderio rientrare nell’entusiasmo che destò quell’alto lavoro ; pareva che un altro sentimento, non meno nobile e generoso, la infiammasse, ed era di recare un conforto, una gioia all’anima, su cui in pochi anni tanti e si fieri dolori si sono accumulati.
A quei pochi che amò singolarmente Apollo sieno permessi i supplementi del loro, come a quelli che possono entrare nella intenzione del compositore, e non sogliono aver dispareri, come si dice, col basso, e coll’andamento degli strumenti.
Ma invano mi adoperai presso i preti regolari della Sacra Famiglia (fra’ quali trovansi non pochi alunni cinesi) per farne tradurre almeno una.
Di mezzo alle parole di gran lode, altre, naturalmente, se ne levan di incredulità e di scherno da coloro, e per buona sorte sono i pochi, che a questa del Goldoni voglion contrapporre (che c’entra ?)
[2] Alcuni compositori italiani, e non pochi ancora fra i moderni poeti hanno fatto vedere in pratica ciò che la filosofia pronunziava da lungo tempo come certissimo, cioè che le modificazioni del bello sono assai varie, che i fonti del diletto nelle belle lettere e nelle arti non furono dagli antichi pienamente esauriti, che la barbarie dei nostri metodi era capace di dirozzarsi fino ad un certo punto e ringentilirsi, e che da un sistema diverso da quello dei Greci potevano gli sforzi del genio far iscaturire nuove sorgenti di vero, d’intimo, e di non mai sentito piacere. […] Diffatti pochi sono que’ maestri che sappiano diriggere il movimento di tutta l’orchestra al gran fine della espressione, e cavare da esso solo l’utilità che si potrebbe per rimettere, eccitare, trasfondere e variar le passioni. […] Tuttavia siccome né cotesti strumenti, né quelli da fiato, che s’usano comunemente, bastano a soddisfare alla immensa varietà di suoni che può somministrare l’arte drammatica, così mi sembra che la nostra musica abbia con grave scapito rinunziato all’uso di non pochi strumenti, che a tempo e luogo adoperati farebbero un grandissimo effetto. […] Se si dovesse cercare un emblema che rappresentasse al vivo il maggior numero degli odierni maestri di cappella, io crederei di averlo ritrovato in quell’artificiale automate fabbricato dal celebre Vaucanson, che suonava il flauto meccanicamente, oppure in quella macchina inventata pochi anni fa da un Boemo, e veduta nell’imperial corte di Vienna, la quale a forza di segreti ordigni giuocava perfettamente agli scacchi senza senso alcuno né cognizion delle mosse. […] Infatti bisognerebbe aver aprodato or ora da qualche isola boreale scoperta dal celebre viaggiatore Cook per ignorar i talenti e la scienza del sempre bello e qualche volta sublime Traetta; d’un Ciccio di Majo scrittore pieno di melodia e di naturalezza, il quale in pochi anni che visse ebbe la stessa sorte del Pergolesi, cui non restò inferiore nell’invenzione e nella novità; d’un Anfossi ritrovatore facile e fecondo massimamente nel buffo, e che forse ottiene fra i compositori lo stesso luogo che Goldoni fra i poeticomici; d’un Paisello tornato poco tempo fa in Italia dopo essere stato ai servigi della imperatrice delle Russie, dotato d’estro singolare e d’una maravigliosa ricchezza nelle idee musicali, e che risplende per ornatissimo stile e per nuovo genere di vaghezza; d’un Piccini maestoso insieme e venusto, di gran fuoco, di vivo ingegno, di stile brillante e florido; d’un Sacchini celebre per la sua maniera di scrivere dolce, affettuosa, e sommamente cantabile; d’un Sarti degno di essere annoverato fra i più gran compositori del suo tempo pel colorito forte e robusto, per la ragione che spicca nelle sue composizioni, e per la verità della espressione; d’un Bertoni scrittor naturale, pieno di gusto, e di scelta felice negli accompagnamenti; d’un Caffaro, d’un Millico, e per tacere molti altri, d’un Cristoforo Gluck, il quale benché tedesco di nazione ha forse più d’ogni altro contribuito a ricondurre nel buon sentiero la musica teatrale italiana spogliandola delle palpabili inverosimiglianze che la sfiguravano, studiando con accuratezza somma il rapporto delle parole colla modulazione, e dando alle sue composizioni un carattere tragico e profondo dove l’espressione che anima i sentimenti va del paro colla filosofia che regola la disposizione dei tuoni139.
Liviera, Torelli Manfredi, Cavalerino, Dolce, Groto, ed altri non pochi, arricchirono ancora di molte tragedie regolari il teatro italiano. […] Dessa é tale per l’azione grande che interessa le nazioni, e non già pochi privati, per le vicende della fortuna eroica, secondo la giudiziosa definizione di Teofrasto, per le passioni fortissime, cagioni di disatri e pericoli grandi, e per gli caratteri elevati al di sopra della vita comune. […] Ma la lingua castigliana é ricchissima, e ha non pochi giri ed espressioni simili a quelle dell’italiana, e non manca di qualche sorta di linguaggio poetico; e n’avrebbe ancor più, se fosse stato dalla propria nazione più conosciuto, e fecondato nel disegno d’arricchire e nobilitar la poesia castigliana, l’andaluzzo Herrera, buon poeta e felice imitator del Petrarca.
Ma che non nascesse nella Grecia d’oltramare, può dedursi dall’osservare che Salinatore di cui egli era schiavo, non militò se non contro gl’ Italiani e i Cartaginesi; e che appartenesse ai Greci delle Calabrie si argomenta con molta probabilità dall’essere stata questa la Grecia vinta in guerra e soggiogata da’ Romani pochi lustri prima che Andronico vi fosse condotto schiavo. […] Oh se qualor si leva un romor falso D’una in un’ altra lingua rimontando Si venisse a indagar da chi mai nacque, E gastigato il novellier ne fosse, Saria certo minor la maldicenza, E i malvagi ciarloni assai più pochi, Che sanno sempre quel che mai non sanno. […] Chi ha molto agio potrà consultare un gran numero di dotti comentatori, i quali seriamente si sono applicati a interpretare questi pochi versi scritti in una lingua morta e ignorata, e della quale non rimangono libri che accrescano le umane cognizioni, che sembrami il saggio fine dello studio delle lingue. […] Egli esser dee puro cinico di setta: pochi mobili a lui bastano, un vaso, una stregghia, un orinale, un pajo di zoccoli, un pallio e un picciolo borsotto da guardare alcuna coserella per divertirsi mentre sta in casa; questo è quanto può possedere un buon parassito. […] Tossilo allegro lo ringrazia, e promette di renderglielo fra pochi momenti, sperando di cavarlo dal medesimo ruffiano.
Egli è vero, che da alcuni di voi, o spettatori, gli è stato amichevolmente insinuato di astenersi dal troppo accusare; ma egli ne ha imposto di rammentarvi la gran difficoltà di comporre ottime commedie atte a piacere, e quanti pochi sinora vi sieno riusciti. […] De’ pubblici affari non vi si favella punto nè poco: havvi un coro di villani nulla mordace: vi si ritraggono e satireggiano ben pochi particolari, pochissimi vi si nominano: la maldicenza antica cede il luogo alla finzione, la quale sola ne forma tutta la piacevolezza. […] Il dotto Brumoy non dissimula i di lui difetti non pochi, ma ne va con profitto degli studiosi additando l’arte e le bellezze dello stile. […] Que’ pochi cittadini, tra’ quali tutta si concentrò la pubblica autorità, posero il freno alla licenza di tal dramma, e più non soffrirono di essere impunitamente sulla scena nominati e motteggiati. […] Egli compose intorno a trenta commedie, delle quali a noi non son pervenuti che pochi frammenti.
Avventuratamente possiamo in sì fangosa inondazione di pessime commedie contarne cinque di miglior gusto composte pochi anni fa in Madrid; e del racconto che son per farne, potranno ad un bisogno prevalersi al solito gli apologisti nazionali senza citar l’Italiano che gli prevenne.
Ancora : Il sentir nominar Istrioni, non sapendo l’etimologia d’Istrio, nè la derivazione, vi è chi penserà che si dica per Istrioni, Stregoni, cioè incantatori e uomini del Demonio ; e perciò vi sono paesi in molti luoghi d’Italia, che tengono per fermo, che i Comici facciano piovere, e tempestare : e un’orazione in genere deliberativo non sarebbe bastevole a dissuaderli dal mal fondato abuso…… E conclude : Io fo sapere a questi non nati ingegni, aborti della conoscenza, che, allorquando piove, le persone non escono volentieri di casa, e pochi vanno alla Commedia ; e come le persone non vanno alla Commedia, i Comici falliscono ; a tal, che le pioggie sono contrarie a’Comici, e non favorevoli.
Sebbene pochi sieno quegli eruditi Spagnuoli che non abbiano poco o molto favellato del proprio teatro, tuttavolta se ne desiderava ancora una storia seguita prima che io l’abbozzassi nella generale de’ teatri pubblicata nel 1777, ed i buoni nazionali urbanamente me ne seppero grado26. […] Le commedie erano non lunghi colloquii tra due o tre pastori e una pastorella, o tra pochi personaggi assai bassi. […] Una commedia Spagnuola rappresentata in Italia avrebbe avuto qualche cosa di particolare da spingere gli eruditi di quel tempo a farne menzione; pur niuno ne fe motto nè in Italia nè nelle Spagne prima del Nasarre morto da pochi anni. […] E se non ebbero nella commedia Ariosti, Machiavelli, Bentivogli, Cari ed Oddi, e nella tragedia Trissini, Rucellai, Giraldi, Alamanni, Tassi e Manfredi, possono pregiarsi di aver prodotti nel Vega, nel Castro, nel Sanchez, nel Mira de Mescua, più di un Shakespear, e nel Cueva, nel Ferreira e nel Perez, e nello stesso Bermudez convinto di vergognoso plagio, alcuni pochi tragici non indegni degli sguardi del pubblico.
Ma non potè compiere il suo contratto ; chè, sviluppatasi alacremente la tisi, dovè recarsi per consiglio de’ medici prima a Pisa, poi a Firenze, ove in capo a pochi mesi (il luglio del 1868) morì compianta da quanti la conobbero. […] Ben pochi, forse nessuno : ma io sì : e dico con orgoglio a Clementina, e con rammarico per le altre — che ella fu grande, perchè fu vera, vera nel vero patologico e non in un forzato e ricercato verismo con combinazioni di nervosità che fanno della verità una menzogna, dell’arte un giuoco di prestidigitazione !
Non crediamo adunque che i pochi monumenti teatrali ritrovativi abbiano preceduto la drammatica del Vechio Mondo; ma per non interrompere la serie de’ teatri Europei, parleremo quì degli spettacoli scenici del l’America.
Non crediamo adunque che i pochi monumenti teatrali ritrovativi abbiano preceduto la drammatica del Vecchio Mondo; ma per non interrompere poi la serie de’ teatri Europei, parleremo quì degli spettacoli scenici dell’America.
In quella nazione cioè dove per poco non s’innalzanda per tutto gli altari al sublime genio del poeta cesareo; dove i suoi versi sono oggimai divenuti proverbi, cantandosi nelle bocche di tutti, come già si faceva nella Grecia di quelli di Omero e di Euripide; dove tante penne di rinomati scrittori si sono per l’addietro stancate e si stancano tuttora nel celebrarlo; e dove così male è tornato a quei pochi meschini, che ardirono disturbare anche in menoma parte la sua luminosa e pacifica gloria? […] [6] Con non minore felicità, ha egli trasfuse nel suo linguaggio le sublimi bellezze della ebraica poesia, siccome può vedersi nel cantico di Giudita nella Betulia liberata, dove pochi poeti sono arrivati a dipingere l’onnipotenza del dio degli eserciti con colori tanto grandiosi. […] Anche negli scrittori approvati da questa si ritrovano non pochi modi di favellare che sarebbero scorretti attendendo alle regole, ma che furono poscia autorizzati dal tempo e dalla fama degli autori. […] Io giurerei, Che fra pochi non sei tenaci ancora Dell’antica onestà. […] Riconoscano come eccellenti la Clemenza di Tito, Achille in Sciro, l’Olimpiade, Demofoonte, Issipile, Zenobia, Regolo, Temistocle, la Betulia liberata, il Gioas con pressoché tutti gli altri oratori sacri; come buone l’Ezio, l’Artaserse, l’Eroe cinese, il Demetrio, il Catone, l’Ipermnestra, l’Adriano, il Ciro riconosciuto, il Siroe, la Nitteti, il Trionfo di Clelia, l’Asilo d’Amore, la Contesa dei numi, l’Astrea placata con pochi altri de’ suoi componimenti drammatici più piccoli.
Ma che non nascesse nella Grecia d’oltremare, può dedursi dall’osservare che Salinatore, di cui egli era schiavo, non militò se non contro gl’Italiani e i Cartaginesi; e che appartenesse ai Greci delle Calabrie, si argomenta con molta probabilità dall’essere stata questa la Grecia vinta in guerra e soggiogata da’ Romani pochi lustri prima che Andronico fosse condotto schiavo in Roma. […] Saria certo minor la maldicenza, E i malvagi ciarloni assai più pochi, Che sanno sempre quel che mai non sanno. […] Chi ha molto agio potrà consultare un gran numero di dotti comentatori, i quali seriamente si sono applicati a interpretare que’ pochi versi scritti in una lingua morta e ignorata, e della quale non rimangono libri che accrescano le umane cognizioni; che sembrami il saggio fine dello studio delle lingue. […] Egli esser dee puro cinico di setta; pochi mobili a lui bastano: un vaso, una stregghia, un orinale, un pajo di zoccoli, un pallio e un picciolo borsotto da guardare alcuna coserella per divertirsi mentre stà in casa; questo è quanto può possedere un buon parassito. […] Tossilo allegro lo ringrazia; e promette di renderglielo fra pochi momenti, sperando di cavarlo dal medesimo ruffiano.
I giornalisti Olandesi ne manifestarono varj pregi, e quelli di Trevoux asserirono che pochi tragici pareggiavano il Martelli. […] Vi si scorgono di bei passi nè pochi. […] Ciò nocque alla loro rinomanza rimanendone confinato il diletto entro pochi instruiti leggitori che ne ammirano singolarmente i pregi dello stile. […] Tu cancellasti In pochi giorni da mia mente inferma L’idee del fanatismo, e del furore. […] Questa tragedia ha avuti di gran lodatori, e di censori non pochi.
Gli ultimi anni del secolo XVIII ci presentano pochi componimenti ma ben degni di nominarsi con onore. […] Noi facciamo notare tralle cose più lodevoli di questa favola le origini della corruzione del carattere di Don Mariano indicate ottimamente nella seconda scena dell’atto I, e la di lui vita oziosa descritta da lui stesso in pochi versi nella settima del medesimo atto.
Io vi credo assai saggio per capire come debba parlare un attore; ma pochi sono in Italia atti in questo a dar buon giudicio; e però appena pubblicate, le tengo come suppresse, sì perché ne ho in prova altre due che voglio aggiungere a queste quando usciran dalla lima, sì ancora perché in queste voglio prima udire il giudizio de’ giornalisti franzesi, a’ quali procurerò di farle avere a suo tempo4. […] [1.24ED] Ti rammenterai pur anche di aver letto come io, sott’altro pretesto, pria di morire mi feci recare in Eubea due tazze, l’una del vino di Lesbo, l’altra di quello di Rodi, e che gustatone di ambidue, fu il primo per me preferito: lo preferii come più acconcio a custodire lo spirito che furtivamente v’infusi del mio possente preservativo; di modo che quel giorno fu ben fatale a Demostene in Puglia, ma non a me che, fattomi chiuder in una cassa di cedro di cui mi era ascosa nel manto la chiave, ne uscii nascosamente d’indi a pochi giorni, e coll’arte stessa cangiando in oro quanti metalli mi venivano alla mano, diedi nuovo cominciamento alla vita che va a finir pochi lustri dopo la tua. [1.25ED] Ed ecco quanto io posso addurti per render più verisimile quello che io ben m’accorgo te credere tuttavia ostinatamente impossibile. […] [1.107ED] Sin ad ora le tue sono uscite in teatro felicemente e molto popolo di più città dell’Italia ha pagato per ascoltarle. [1.108ED] A questo cimento si attendono le tragedie de’ pochi mesi. […] — [1.113ED] — Poiché dunque — io dissi — dobbiam parlare della tragedia e insensibilmente siam penetrati nella materia, né tu vuoi dare la decisione fra le tragedie de’ pochi mesi e le altrui, attendiam l’opinione del popolo che ha udite le prime recitate per chi le leggeva sonoramente in quella tal quale conversazione. [1.114ED] Questo popolo adunque non crede che rappresentate possano ricevere quell’applauso che vari passi bellissimi e forti meriterebbero e, se ben peso questa popolare sentenza, nell’una parte la trovo giusta, ma nell’altra merita appello. […] Riserbo dunque alla mia curiosità il saziarsi con lunga dimora in una quasi città ch’è nata tanti secoli dopo di me e in sì pochi lustri è cresciuta, e di cui ho letto e sento dir meraviglie. [5.7ED] Ma a te che vieni dalla bella Italia e da’ pomposi giardini di Roma, in qual aspetto si è presentata Versaglie?
Non usò pure il purissimo Bettinellli non pochi latinismi non usitati fra’ Toscani?
Dopo l’Armida rinunziò Quinault al teatro, e Lulli ricorse a Campistron, che compose per lui Aci e Galatea rappresentata pochi mesi dopo, e piacque al sommo.
Dopo l’Armida Quinault rinunziò al teatro, e Lulli ricorse a Campistron, che fece per lui Aci e Galatea rappresentata pochi mesi dopo, e piacque al sommo.
Voltaire che in simili opere spendeva talora pochi giorni, si occupò a perfezionare il Fanatismo intorno a sei anni. […] La scena che richiede somma varietà, correrebbe rischio di rimaner presto senza spettatori riducendosi a que’ pochi argomenti atti a maneggiarsi senza bisogno di frammischiarvi scellerati che contribuiscono ad esercitar l’eroismo e la virtù in mille guise e a dar fomento all’energia delle passioni ed in conseguenza a mantenervi la vivacità che ne sostiene l’interesse. […] Rapportiamoci dunque su gli altri di lui difetti nè piccioli nè pochi come poeta a ciò che ne dissero i Francesi stessi, e diamo qualche sguardo a’ di lui maligni errori come storico. […] Ella ricusa di dare una risposta precisa che si riserba di dare fra pochi istanti.
Voltaire che in simili opere spendeva talora pochi giorni, si occupò a perfezionarlo intorno a sei anni. […] Rapportiamci dunque sugli altri di lui difetti nè piccioli nè pochi come poeta a ciò che ne dissero i Francesi stessi, e diamo qualche sguardo a’ di lui maligni errori come storico. […] La scena che richiede somma varietà, correrebbe rischio di rimaner presto senza spettatori riducendosi a que’ pochi argomenti atti a maneggiarsi senza bisogno di scellerati, che contribuiscono a far esercitar l’eroismo e la virtù in mille guise, e a dar fomento all’energia delle passioni, ed in conseguenza a mantenervi la vivacità che interessa.
Leandro Alberti vide nel sito ove era Acradina e Tica alcuni pochi rottami di questo superbo teatro tagliato nel sasso2.
Non è adunque meraviglia che anche in tempi luminosi la drammatica contati avesse così pochi coltivatori.
I funerali furono una imponente testimonianza di affetto e di ammirazione sì a Bari, come a Fano, dove fu traslata la salma. « Non dimenticare che amò i giovani attori e li protesse, che fu buono, onesto e glorioso, e che a punto per la sua rettitudine preferì sempre l’arte sana, le persone buone, pochi ma sinceri amici. » Con queste parole il figliuolo chiude la sua memoria, ed io le metto qui come chiusa dell’articolo, chè non saprei trovarne di migliori.
La condotta n’è così maestrevole che il leggitore dal principio sino alla fine vi prende parte come nato in Grecia: tale essendo l’arte incantatrice degli antichi posseduta da ben pochi moderni, che la più semplice azione viene animata dalle più importanti circostanze con tanta destrezza, che il movimento e l’ interesse va crescendo coll’ azione a misura che si appressa al fine. […] Ardua impresa per sì pochi anni, gareggiare colla rinomanza di un Sofocle! […] Archelao buon commediante rappresentò in Abdera l’Andromeda in una state sommamente calda, e non pochi spettatori uscirono dal teatro febbricitanti. […] In fatti questa città marittima della Tracia era popolata da gente stupida e grossolana per testimonianza di Cicerone, Giovenale e Marziale, sebbene di tempo in tempo avesse prodotti non pochi uomini illustri, come Protagora, Democrito, Anassagora, Ecateo lo storico, Niceneto il poeta, ed altri, de’ quali vedasi Stefano Bizantino alla voce Ἅβδηρα, e il Dizionario Critico di Pietro Bayle. […] Anche Euripide compose una Antigone, della quale si sono conservati soltanto alcuni pochi versi.
ann. 1473), tra’ sacerdoti pochi intendevano il latino, «pauci latine scirent, ventri gaulae servientes»; e se pur anche non gli fosse stato ignoto tutto ciò che col’autorità di vari scrittori narra il P.
La condotta n’è così giudiziosa che il leggitore dal principio alla fine vi prende parte al pari di chi nacque in Grecia; tale essendo l’arte incantatrice degli antichi posseduta da ben pochi moderni, che la più semplice azione viene animata dalle più importanti circostanze con tanta destrezza, che il movimento e l’interesse va crescendo a misura che l’azione si appressa al fine.
Leandro Alberti vide nel sito, ove era Acradina e Tica, alcuni pochi rottami di tal superbo teatro tagliato nel sassob.
Comprese quella nazione pensatrice e di gusto sì fine, che la Scenica Poesia portata all’eccellenza è la scuola de’ costumi; che niun genere meglio e più rapidamente si comunica agli stranieri e meglio contribuisca alla gloria nazionale; che i poeti epici e lirici trattengono i pochi e i dotti, ma che i drammatici son fatti per tutti; che il legislatore può adoperarli per le proprie vedute; che la sapienza morale non disviluppa con successo felice i suoi precetti, se non quando è messa in azione sulla scena.
Ve ne ha, Signor Lampillas, ve ne ha, nè sono pochi, nè scioli da cassè questi, che io pur chiamo Criticastri; anzi sono tenuti in sommo pregio da voi appunto, che solete spedire patenti di eruditissimi a coloro, che dicono quel che voi volete. […] Fede ne facciano non pochi Recitativi cogli stromenti obbligati, ne’ quali si ammira un bellissimo canto senza esser manifesto, assai più naturale della declamazione Francese, non che della Spagnuola.
I giornalisti Olandesi ne manifestarono varii pregi ; e quelli di Trevoux asserirono che pochi tragici pareggiavano il Martelli. […] Vi si scorgono di bei passi nè pochi. […] Ciò nocque alla loro rinomanza, rimanendone confinato il diletto entro pochi istruiti leggitori che ne ammirano singolarmente i pregi dello stile. […] Tu cancellasti In pochi giorni da mia mente inferma L’idee del fanatismo e del furore. […] Tra tanti passi eccellenti è ben difficile scerne alcuni pochi senza far torto al rimanente ; pur ne indicheremo alquanti.
Scrisse egli buone Riflessioni sulla Poetica, benchè in esse in prima copiasse molte osservazioni Italiane, approfittandosi degli scritti del Tasso, del Riccoboni, del Castelvetro, e di Paolo Beni, che egli chiamava, Dottore in tutto, fuorchè nella corda che a lui dissonava, cioè quando parla della sua Nazione: di poi vi censurasse per lo più mal fondatamente gl’Italiani e gli Spagnuoli, chiamandoli ignoranti nelle regole Aristoteliche, malgrado di non pochi Italiani ch’egli pur cita e trascrive: e appresso vi attaccasse con armi fragili, non solo il Poema del Chiabrera e dell’Ariosto, ma quello del Tasso, e finalmente tratto tratto vi contradicesse e Aristotile, di cui pure affermava, che on s’égare dès qu’on ne le suit pas, e se medesimo ancora in più di una censura.
V ci convince che non erano pochi, e che arrogavansi il diritto di contrarre matrimonii colle donne, siccome i veri uomini fannoa?
Mariano indicate ottimamente nella 2 scena dell’ atto I: la di lui vita oziosa descritta da lui stesso in pochi versi nella 7 del medesimo atto25: l’incontro comico della 13 dell’atto II di D.
Mai abbastanza a costoro non si ripete che il tuono decisivo e inconsiderato è quello della fatuità, e che debbono apprendere e ritenere, per sovvenirsene nelle loro decisioni, che questo Aristofane era un Ateniese, e che fioriva sul principio del quarto secolo di Roma nell’ olimpiade LXXXV, pochi annimeno di quattro secoli e mezzo prima dell’ era Cristiana. […] Cartaud de la Vilade preteso legislatore filosofo e storico del Gusto (cioè del proprio gusto) il quale nè arte ne ordine riconosceva in questa favola e si rideva della semplicità di Madama Dacier che l’aveva letta quaranta volte a, si sarebbe egli mai immaginato che contenesse tante bellezze e tant’arte, mal grado di alcuni pochi difetti che vi si notano e dell’empia calunnia che la deturpa? […] Degno di lode (ei dice) è questo nostro al pari de’ poeti antichi, perchè egli abborrisce que’ medesimi che noi detestiamo, e perchè non teme di dire con franchezza ciò che è giusto… Egli è vero che da alcuni di voi, o spettatori, gli è stato amichevolmente insinuato di astenersi dal troppo accusare; ma egli ne ha imposto di rammentarvi la gran difficoltà di comporre ottime commedie atte a piacere, e quanti pochi sinora vi sieno riusciti. […] De pubblici affani non vi si favella punto nè poco: vi si ritraggono e satireggiano ben pochi particolari, pochissimi vi si nominano, la maldicenza antica cede il luogo alla finzione, la quale sola ne forma tutta la piacevolezza.
Euripide scrisse ancora un’Antigone, ma ne abbiamo soltanto pochi versi. […] Ardua impresa per sì pochi anni gareggiar colla riputazione d’un Sofocle! […] Questa tragedia ha non pochi difetti e incoerenze, ma é sommamente teatrale.
La nobiltà dello spettacolo il rese accetto; e certo ei merita gran lode come inventore fra latini di quel genere di poesia; ma i pochi frammenti che di lui ci rimangono, giustificano il poco favorevole giudizio portatone da Cicerone, il quale attesta, che le favole liviane non meritavano di esser lette la seconda volta64. […] Brumoy la più stravagante di tutte (perché qual più stravagante dell’Ercole Oeteo, e pur l’istesso dotto critico l’attribuiva all’autor dell’Agamennone), ma parimente vi si ammirano non pochi tratti veramente sublimi, e di più una vivacità di colorito nelle passioni, che non é si facile di rinvenirsi altrove. […] La Caterva introdotta nella Cistellaria di Plauto, e il Grex che si trova nell’Asinaria, ne’ Cattivi, nella Casina, nell’Epidico, e nella Bacchide del medesimo, non sono altra cosa che il corpo, o coro intero degli attori, il quale con pochi versi prende commiato dal popolo.
Capo IV Teatro Italiano nel Secolo XVIII Que’ pochi eruditi che con sommo cordoglio e indignazione verso la fine del passato secolo vedevano la depravazione dell’eloquenza poetica e oratoria nel seno della madre delle arti, ebbero finalmente la buona ventura di far tanti proseliti e allievi del vero gusto, che nel 1690 poterono instituire in Roma un’accademia sotto il semplice nome d’Arcadia, e seminarne di mano in mano per l’altre città d’Italia varie colonie. […] Martelli meritò gli elogi de’ giornalisti olandesi, e di quelli di Trévoux, i quali asserirono che pochi tragici francesi lo pareggiano; e sarà sempre ammirato da quanti comprendono le vere bellezze tragiche.
[19] Nello stato di decadenza in cui ricevettero i moderni l’arti musicali e rappresentative, e nella poca filosofia di coloro che furono i primi a restituirle, non è maraviglia che s’introducessero non pochi abusi avvalorati in seguito dall’usanza, e dal gusto del popolo. […] La loro musica non meno che la loro cadenza consisteva in una serie di note lunghe lente e posate accompagnate dal pochi strumenti, e questi de’ più gravi, cosicché i brillanti giovani e le vezzose giovanette rassomigliavano piuttosto ad un coro di Certosini che volteggiassero, che non ad una truppa di giulivi danzatori. […] Dovrebbe soltanto la pantomima aver luogo terminato che fosse il dramma, e se questo sarà troppo lugubre e tragico, il ballo che vi s’introduce potrebbe convenevolmente essere d’un genere diverso; dal che ne risulterebbero non pochi vantaggi.
Anche Euripide compose un’ Antigone, della quale si sono conservati alcuni pochi versi.
[29] Che se pochi autori hanno osservate ne’ loro scritti siffatte distinzioni, se si leggono arie, recitativi, e duetti lavorati su principi diversi, ciò altro non prova se non che pochi autori hanno penetrato nello spirito dell’arte loro, e che appunto veggonsi tanti drammi noiosi e languidi perché non sono stati scritti secondo le regole, che prescrive una critica filosofica.
La seconda, perché pochi essendo i principi veri sui quali s’appoggia e dipendendo in parte dalle nozioni di certe idee oscure di sua natura non ancor definite né da tutti universalmente accettate, non può far di meno che non divenga arbitraria e vaga nelle sue conseguenze. […] Però forniti che siano quei pochi tratti caratteristici che distinguono quella tal situazione, i protagonisti cadono anch’essi in idee comuni applicabili a cento casi diversi, e incapaci per conseguenza di svegliare un vivo interesse.
Non ci addosseremo mai la fatiga per noi singolarmente ardua troppo di presentar partitamente analisi compiute de i drammi di questo maraviglioso Inglese, ben persuasi della difficoltà che incontrano, non che altri, non pochi Inglesi medesimi in bene afferrarne lo spirito e l’energia dello stile e la grandezza de’ pensieri.
Vero è pur anco che il teatro della commedia francese ha ricevuti pochi anni fa notabili miglioramenti.
Sopra simili fondamenti i due citati autori, seguiti pochi anni fa dal riputato cavaliere Antonio Planelli mio amico, veggono l’opera in musica dovunque cantaronsi versi, cioè ne’ canti de’ pellegrini di Parigi, nelle sacre cantate delle chiese, nelle cantilene riferite di Albertin Mussato.
Menestrier e ’l Bayle, seguiti pochi anni fa dal cav.
Ardua impresa per sì pochi anni gareggiare colla rinomanza di un Sofocle. […] Archelao buon commediante rappresentò in Abdera l’Andromeda in una state sommamente calda, e non pochi spettatori uscirono dal teatro febbricitanti.
Quanto poi al merito letterario di tal componimento, ne’ giornali stessi di Parigi se ne rilevarono molti difetti particolari, lentezze, inverisimiglianze, monotonia di scene, e non pochi vizii nello stile.
[Sez.I.1.0.19] Non pochi uomini di lettere celebrano il Rinuccini come inventore, non che perfezionatore de’ melodrammi: chiamandosi anche inventore chi a una invenzione altrui aggiunga nuovo lume, e bellezza. […] La quale povertà ed uniformità dell’antica tragedia non sole apparisce da ciò che di essa ne rimane, ma ancora (perché altri non dica che da pochi avanzi di quella mal si argomenta ciò ch’essa fu) lo conferma Aristotile, il quale nel Capo XIII della Poetica confessa che le migliori tragedie si aggiravano intorno a poche famiglie, come a quella d’Oreste, d’Edipo ed a qualche altra. […] Nondimeno, siccome pochi tra questi convengono alla tragica dignità, è necessario che l’attore prenda di mira particolarmente i personaggi d’alto affare. […] • Tespi: Tespi è, secondo una tradizione che sfuma nel mito, l’inventore della tragedia in Grecia: i pochi frammenti conservati sotto il suo nome sono quasi certamente spuri. […] Le pagine di Planelli nel sottinteso antimimetico («le cose reali, le creature non possono essere suggetti di poesia», p. 23), anticipano di pochi anni quanto teorizzato da Saverio Bettinelli in Dell’entusiasmo delle belle arti (Milano, 1769: edizione propiziata da Pietro Verri).
Le parole della Regina per lo più sobrie e convenienti all’evento tragico ed al di lei carattere, malgrado di non pochi difetti, danno fine a questo componimento interessante. […] In generale questo scrittore usa della libertà spagnuola meno dal Calderòn, per lo più nelle sue favole distendendosi la durata dell’azione a pochi giorni. […] Se s’illumineranno co’ viaggi, co’ libri savii e colla conversazione de’ sapienti e de’ buoni, come fece Pietro il grande di Russia, e come hanno fatto a’ nostri giorni diversi altri principi, essi sapranno in pochi anni, rifondere e rigenerare le nazioni, e divenirne i creatori.
Le querele della regina per lo più sobrie e convenienti all’evento tragico ed al di lei carattere, mal grado di non pochi difetti, danno fine a questo componimento interessante. […] In generale questo scrittore usa della libertà spagnuola meno di Galderon, per lo più distendendosi la durata dell’azione a pochi giorni. […] Se s’illumineranno co’ viaggi, co’ libri savj e colla conversazione de’ sapienti e de’ buoni, come fece Pietro il Grande di Russia, essi sapranno in pochi anni rifondere le nazioni ed esserne i creatori.
La forza movente della melodia consiste nell’afferrare col mezzo dei suoni quei pochi ma caratteristici tratti, che fornisce l’oggetto preso ad imitare. […] [NdA] Che i Romani conoscessero l’influenza del ritmo nella musica strumentale per dar lena ai soldati, è opinione del celebre segretario fiorentino nell’arte della guerra (dialogo 2) e il Maresciallo di Sassonia nelle sue Memorie è parimenti d’avviso che se i soldati s’avezzassero a seguitar con esattezza nelle loro marcie la battuta dei tamburi e dei pifferi, si potrebbero ricavar con questo mezzo non pochi vantaggi.
Fra tanti passi eccellenti è ben difficile scerne alcuni pochi senza far torto al rimanente; pur ne indicheremo alquanti. […] Non tutti però i pochi partigiani dichiarati dell’opera mitologica costantemente a questa si attennero. […] Il disviluppo segue acconciamente con que’ pochi versi che dal canto possono ricevere espressione e calore. […] Egli lo loda, e vi trova (par che parli l’autore stesso) più estro, più calore che in qualunque altro scritto all’età dell’autore da due altri celeberrimi poeti defonti pochi anni scorsi, cioè a dire dal Zeno e dal Metastasio. […] che fin anco il Pagano l’ha impiastricciata pochi anni fa nel suo Gerbino.
Per Dotti intendo ancora un buon numero d’ingegnosi Militari, di cui conosco alcuni, i quali al brio marziale, al buon gusto, alla pratica del Mondo, hanno accoppiato uno studio delle Fisiche, una intelligenza delle dottrine di Keplero, di Leibnitz, e di Newton, da fare arrossire non pochi di certi Savj Solitarj, che si credono i soli custodi della Scienza.
Mentre dunque gran parte dell’Europa adulterato il gusto teneva dietro alle stranezze di Lope de Vega, e di Giambatista Marini e di Daniele Gasparo di Lohenstein, il Caraccio ed il Delfino con pochi altri scrittori del loro tempo si considerano dal Gravina e dal Crescimbeni e da altri celebri letterati come i primi ristoratori del buongusto in Italia.
I critici giudiziosi riprendono nel Pompeo varie espressioni nella descrizione degli effetti della strage di Farsaglia e non pochi concetti affettati del racconto di Acoreo dell’ammazzamento di Pompeo e del presente fatto a Cesare della di lui testa.
Maria Ignacia Ordoñes, già prima dama ne’ teatri di Madrid rappresentò non senza energia tanto la parte di Ormesinda nella tragedia del Moratin, quanto quella di Elvira nel Sancho Garcia, e morì pochi mesi dopo. […] Non è ragionata perchè nulla addita nè degli errori nè delle bellezze de i drammi; non completa perchè non pochi altri componimenti dovrebbe contenere; non iscelta, perchè alcuni in essa s’inserirono senza merito particolare.
Il dialetto bolognese (checché ne pensi in contrario Dante, o chiunque sia l’autore dell’antichissimo libro della volgare eloquenza) il genovese, il romagnuolo, il piemontese con pochi altri di niun giovamento sarebbero alla musica pel duro e frequente accozzamento delle consonanti, pei suoni oscuri, offuscati, ed ambigui delle vocali, per la sintassi mal definita, e per altre cause.
Alcune tragedie Cristiane perdute si vuole che scrivesse ancora il benedettino mantovano Teofilo Folengo morto nel 1544, bizzarro ed ingegnoso autore delle Poesie maccaroniche sotto il nome di Merlin Cocajo, e del raro poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col nome di Limerco Pitocco, del quale nel 1773 fece in Parigi una elegante edizione, pochi giorni prima di partirne, l’erudito nostro amico Carlo Vespasiano sotto il nome Arcadico di Clariso Melisseo, corredandolo di curiose erudite note. […] Dessa è tale per l’azione grande che chiama l’attenzione delle intere nazioni, e non già di pochi privati, per le vicende della fortuna eroica (secondo la giudiziosa diffinizione di Teofrasto), per le passioni fortissime che cagionano disastri e pericoli grandi, e pe’ caratteri elevati al di sopra della vita comune.
Quindi si scorge qual alta impressione facessero nell’animo di Cecilio pochi soli versi di Terenzio. […] Forse egli collocò la morte di Cecilio un anno prima della rappresentazione dell’Andria; e forse potè quel poeta mancare o nell’anno stesso 587, o pochi mesi prima.
Per non dir nulla delle tante difficili inezie onde la musica era allor caricata, da paragonarsi agli anagrammi, logogrifi, acrostici, paranomasie, equivoci, e simili sciocchezze ch’erano in voga presso a’ poeti nel secolo scorso: come sarebbe a dire di far cantare una o più parti delle composizioni musicali attorno alle imprese o armi di qualche personaggio, ovvero su per le dita delle mani, o sopra uno specchio: o facendo tacer le note, e cantar le pause, o cantando qualche volta senza linee sulle parole, e indicando il valor delle note con alcune ziffere stravaganti, o inventate a capriccio, o tolte dalle figure simboliche degli egizi, con più altre fantasie chiamate da essi “enimmi del canto” con vocabolo assai bene appropriato, delle quali ho veduto non pochi esempi.
Altre tragedie inedite si trovano in Madrid applaudite da que’ pochi che l’hanno lette, come un’altra Numanzia del Cadhalso, una Rachele di Huertas, e una Zulima dell’italiano Gajone scritta in una spezie di alessandrino castigliano che parve non solo cattivo, ma nuovo a uno spagnuolo, che volle censurarla.
La lingua Latina non solo si obbliò generalmente, ma degenerò ne’ pochi scrittori imbarbariti, e contrastando con cento idiomi oltramontani si convertì in certi nuovi parlari gergoni, i quali presero un carattere nazionale e distinto in Italia, in Francia, e nelle Spagne.
Noi non ci addosseremo mai la fatiga per noi singolarmente ardua troppo di presentar partitamente analisi compinte de i drammi di Shakespear; ben persuasi della difficoltà che incontrano, non che altri, non pochi suoi nazionali in afferrare lo spirito, l’energia dell’espressione e la grandezza de’ suoi concetti.
Quindi si scorge quale alta impressione facessero nell’animo di Cecilio pochi soli versi di Terenzio. […] Forse egli collocò la morte di Cecilio un anno prima della rappresentazione dell’Andria; e forse potè quel poeta mancare o nell’anno stesso 587, o pochi mesi prima.
di Voltaire volle negarci questi pochi anni, e confessò che la ville de Vicence en 1514 fit des depenses immenses pour la reprèsentation de la première tragedie qui on eût vue en Europe depuis la decadence de l’Empire . […] Du Bos e da non pochi altri bravi letterati oltramontani.
Alcune tragedie Cristiane perdute si vuole che scrivesse ancora il Benedettino Mantovano Teofilo Folengo morto nel 1544, bizzarro ed ingegnoso autore delle poesie maccaroniche sotto il nome di Merlin Cocajo e del raro poema romanzesco l’Orlandino pubblicato col nome di Limerno Pitocco, del quale nel 1773 fece in Parigi una elegantissima edizione, pochi giorni prima di partirne, il dotto nostro amico Don Carlo Vespasiano sotto il nome Arcadico di Clariso Melisseo, corredandolo di curiose ed erudite note. […] Dessa è tale per l’azione grande che interessa l’intere nazioni, e non già pochi privati, per le vicende della fortuna eroica (secondo la giudiziosa diffinizione di Teofrasto), per le passioni fortissime che cagionano disastri e pericoli grandi, e pe’ caratteri elevati al di sopra della vita comune.
Giunsero non pochi fra loro a scordarsi, che la simonia, la venere sciolta e l’adulterio fossero peccati, e vi si trovano parecchi canoni de’ concili a que’ tempi destinati unicamente a rammentar ai preti quelle verità, che mai non ebber bisogno di pruova presso le nazioni più incolte.
E il Sassone, l’Hendel, il Bach, e il Gluck e tanti altri posero sotto le note i drammi italiani che si videro signoreggiare imperiosamente in tutte le corti europee da Petersburgo perfino a Lisbona, e da Pultava fino ad Amsterdam eseguiti da uomini e donne italiane non senza vantaggio considerabile d’infinite famiglie e di moltissimo oro colato in Italia per questa via. né minore si fu la riputazione che del buon gusto e del prospero stato delle arti italiane presero gli oltramontani, in veggendo le tante colonie composte di maestri, di sonatori, di cantanti, di ballerini, e di macchinisti bravissimi, che sortivano dal loro paese per procacciar ad essi un sì vario, sì gentile, e sì perfezionato diletto, né minori i contrassegni, onde vennero distinti non pochi Italiani celebri solo per questo merito; Ferri, Matteucci, e Guadagni furono creati cavalieri, Farinelli ebbe la croce di Calatrava in Ispagna, dove sotto la sua direzione, e regolamento si rinovellò negli spettacoli teatrali tutta la magnificenza e il buon gusto dell’antica Atene; la Tesi fu premiata coll’acquisto dell’ordine della Fedeltà e Costanza in Danimarca, e così via discorrendo.
I pochi mezzi, ch’io avea per le mani mi faceano cader d’animo intieramente, né mi lasciavano altro conforto che quello d’abbandonarmi a delle querele inutili.
Un giovane studioso ne osserverà i riferiti pochi tratti naturali e felici, e fuggirà d’imitar l’autore nel carattere d’un padre di famiglia, che piange a tutte le ore, e filosofa vanamente: d’un padre, cui non manca buon cuore e tenerezza per gli figli, ma si bene una prudenza attiva nelle circostanze scabrose: d’un padre ricco, che invece di far la figura principale in ciò che maggiormente importa, si riduce a rappresentare il secondo personaggio dopo il commendatore, che colle sue maniere, co’ suoi pregiudizi, colle sue stravaganze mette la casa in iscompiglio, e ridusse alla disperazione il nipote243.
Tutto va senza intoppi al suo scopo, tutto è animato dalla passione, e pochi sono que’ passi, ne’ quali possa dirsi di aver più parte la mente che il cuore.
Tutto va senza intoppi al suo scopo, tutto è animato dalla passione, ed havvi pochi passi ne’ quali possa dirsi di aver più parte la mente che il cuore.
Del Matamoros (Fiorillo) per esempio, il quale « per farc il Capitano Spagnuolo – egli dice nello stesso libretto – non ha hauuto chi lo auanzi, & forse pochi che lo agguaglino ?
Il disviluppo segue acconciamente con que’ pochi versi che dal canto possono ricevere espressione e calore. […] Costui lo loda, e trova in esso (parole che gli presta l’autore) più estro, più calore che in qualunque altro scritto all’età dell’autore da due altri celeberrimi poeti defunti pochi anni scorsi, cioè a dire di Zeno e di Metastasio. […] Il Varano, il Conti, il Marchese, il Granelli, e soprattutto, il Maffei, Ipolito Pindemonte, l’illustre Alfieri, non pochi altri, sostengono l’impero di una Melpomene Italiana, mentre il Goldoni, l’Albergati, il Giraud e qualche altro militano gloriosamente sotto il vessillo di Talia.
Morto Ataulfo si spendono tre altre non brevi scene nello svenimento di Placidia, nell’uccisione di Vernulfo, nelle insolenze di Rosmunda e nella di lei volontaria morte, cose che doveano soltanto accennarsi in pochi versi per non iscemare o distrarre l’ attenzione ad altri oggetti che al gran misfatto dell’uccisione di Ataulfo.
La figura dell’attore Petronio Zanerini veniva d’altronde citata anche nel trattato (Intro.18), nell’elenco di quei pochi interpreti italiani che si segnalassero in un orizzonte complessivamente povero. […] Ed i pochi tratti allusivi, che di qualche scrittore di quei tempi ci rimangono, non servono ad altro che al perditempo de gli eruditi, i quali senza pruove più chiare si affogano su tali ricerche in vane ipotesi e ridicole conjetture. […] [5.32] I pochi tratti, che abbiamo dato di ciascuno organo della pronunciazione visibile, bastano a provarci come ciascuno nella maniera sua propria concorre ad esprimere la passione. […] Le Brun ci ha dato il disegno del riposo; ed io credo opportuno il qui soggiungere i pochi, ma veri tratti che ne ha dati Dante, descrivendo lo stato di Belacqua: Là ci traemmo; ed ivi eran persone Che si stavano all’ombra dietro al sasso, Come l’uom per negghienza a star si pone. […] Ed, ancorché in breve, tutta la forza n’espresse ancor Dante ne’ pochi versi notissimi, in cui descrive la sorte di Francesca da Rimini.
La musica delle canzoni provenzali non solo nell’esempio di Francone citato di sopra, ma anche ne’ versi di Tebaldo Conte di Sciampagna, e in altri non pochi da me veduti e disaminati è tanto semplice e povera che niuno si ravvisa di quei difetti attribuiti dal Sarisberiense alla musica ecclesiastica.
[55] Che se a questa classe voglionsi aggiugnerc gli ippocriti di sentimento, quelli cioè che affettano di provar diletto nella musica per ciò solo che stimano esser proprio d’uomo, di gusto il provarlo: se noveriamo anche i molti che, invasati dallo spirito di partito, commendano non ciò che credono esser buono, ma quello soltanto che ha ottenuta la lor protezione; se vorremo separare i non pochi che essendo idolatri di un solo gusto e di un solo stile circoscrivono l’idea del genio nella esecuzione di quello, e rassomigliano a quel capo dei selvaggi, il quale stimando esser le sue campagne il confine del mondo, e se stesso l’unico sovrano dell’universo, esce ogni mattina dalla sua capanna per additar al sole la carriera che dee percorrere in quel giorno; si vedrà che alla fine dei conti quel gran pubblico signorile e rispettabile si risolve in un numero assai limitato di uditori che capaci siano di giudicare direttamente.
Questo effetto di «refrain» rende l’idea di un’opera non rifinita, scritta in modo discontinuo in un arco di tempo piuttosto lungo, che andava componendosi per progressive giunte, aggregate attorno a pochi ma solidi nuclei argomentativi. […] Non pochi altri hanno nelle protasi seguito le medesime orme. […] Nulladimeno non può negarsi ch’ella non facesse un buon effetto per tutti gli argomenti che al popolo non son noti, di che li Greci non abbisognavano, perciocché versavano sempre intorno a pochi successi famosissimi. […] Altra, assai comune anche di presente, fu di soli endecasillabi sciolti; altra di versi ettasillabi sovente rimati con interposizione di pochi endecasillabi piacque prima allo Speroni, e fu dal Dolce in alcune scene imitata.