Un anonimo arriva fino a rimproverare al Voltaire qualche errore di lingua e di rima; lo chiama copiatore e traduttor della Merope del Maffei; e asserisce che ne peggiorarla maggior parte, e se ne allontana con isvantaggio, come fece nell’atto V che non piacque a’ Francesi.
In essa Durante ingannato dagli abiti di Lisetta la prende per Lucilla, e la rimprovera per averla sorpresa nell’atto che Dami le bacia la mano.
Ed in fatti su questa lagrimosa parte della storia di Napoli è fondata la schiavitù di Alvida menata via da’ banditi Abbruzzesi, come ella stessa racconta ad Odoardo nell’atto IV.
Potrebbesi dire il medesimo della venuta di Miseno nell’atto terzo dell’Astianatte del Gratarolo. Li dialoghi d’Alvante e di Despina interposti all’azione del Solimano del Bonarelli, benché abbiano principio nell’atto primo, non debbonsi per simile cagione approvare, né sarebbe difficile rinvenire pari disordini in molte altre favole. […] Nel Solimano 22 comparisce improvvisamente Aidina con Alicola a dare il motivo della riconoscenza della favola, né da tale difetto aliena è la venuta di Licisco nell’atto 5 scena 4 dell’Aristodemo, ancorché l’autore abbia con maggiore arte degli altri legato in qualche maniera la morte d’Arena con le cose narrate nell’atto primo. […] Nel Cesare del Conti, fra gli altri sensi detti a parte, inescusabile è ciò che dice Cassio ad Albino nell’atto 3, scena 6. […] Discorso di Sabina allo sposo Orazio, ed al fratello Curiazio, i quali son per ire a combattere tra di loro nell’atto 2, scena 6.
Scenario, a dir vero, il quale non mi dà l’idea di quel che potè essere la Isabella, valente, ed eloquente, che, proprio al momento della Pazzia, nell’atto terzo, si pone in mezo di Burat. e di Franc. dicendo voler loro dire cose di grandissima importanza.
Non vogliono riflettere che la più bella musica del mondo diventa insipida qualora le manchi la determinata misura del tempo e del movimento, che troppo è difficile conservar l’uno e l’altro nelle carte musicali prive dell’aiuto del cantore e della viva voce del maestro, che in quasi tutte l’arie antiche abbiamo perduta la vera maniera d’eseguirle, onde rare volte avviene che il movimento non venga alterato o per eccesso o per difetto, e che il gusto del cantore che s’abbandona a se medesimo nell’atto di ripeterle non può a meno di non travvisarle a segno che più non si riconosca la loro origine.
E che laido catechismo non sarebbe la sfacciata sozza scena di Mirina con Cinesia suo marito nell’atto quarto?
E sino ai nostri tempi è invalso questo costume di gare all’improvviso sopra un soggetto qualunque appena disposto e sceneggiato; e molti commedianti si distinsero in questa pratica, la quale nell’atto che richiedeva talento e distrezza non ordinaria, non poteva pur mai toccare quella perfezione che presuppone la perfezione del dramma, e lo studio e l’apparecchio conveniente degli attori, che debbono rappresentarlo. […] Parimenti nella stessa passione più semplice dell’amore o dell’odio alla presenza dell’oggetto amato o abborrito nell’atto che la persona tende verso quello, o ne declina, o lo minaccia, dà alla sua voce, alla sua fisonomia a’ suoi atteggiamenti un tuono, una forma siffatta, che con alcuni tratti l’indole imita e dipinge dell’oggetto presente, dalla cui azione procede la sua passione, e con altri tende a diminuire il dispiacere, od accrescere il piacere che la passione gli fa provare.
E che laido catechismo non sarebbe la sfacciata e sozza scena di Mirrina con Cinesia suo marito nell’atto quarto?
[commento_Sez.II.7.2.4] • in questo duetto tra Megacle ed Aristea: nell’atto I, scena X dell’Olimpiade di Metastasio (1733, musicata da Antonio Caldara) si legge per esteso: «Megacle: Ne’ giorni tuoi felici / ricordati di me. […] • nel terzo atto del suo Demofoonte: nell’atto III, scena III del Demofoonte (1733, musicato ancora da Caldara) il recitativo e l’aria di Matusio (citata sotto, in forma abbreviata, da Planelli) suonano così: «Quanto le menti umane / son mai varie fra lor!